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2.Il processo conciario

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Academic year: 2021

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2.Il processo conciario

1. Introduzione

Prima dell’esposizione del lavoro sperimentale svolto durante il dorrotato, è necessario illustrare brevemente le varie tappe che compongo l’intero processo conciario. Partendo dalla pelle grezza dell’animale, vedremo in che modo si riesce ad ottenere il cuoio finito.

Numerose sono le tipologie di conduzione del processo e dipendono essenzialmente dal tipo di pelle grezza di partenza e dal tipo di prodotto che si intende produrre.

In particolare verrà fatto riferimento al più comune processo conciario che, partendo dalla pelle di vitello, produce cuoio da tomaia: non soltanto perché è il processo di gran lunga più impiegato nella zona industriale di Santa Croce sull’Arno, ma perché, nel lavoro sperimentale effettuato, è stato oggetto della ricerca.

L’insieme di tutte le operazioni del processo conciario può essere ricondotto a quattro gruppi di lavorazioni.

1. Lavori di riviera. Sono le prime operazioni, chimiche e meccaniche, a cui viene sottoposta la pelle allo stato grezzo, e servono a prepararla alle lavorazioni successive di concia;

2. Concia. E’ il gruppo delle lavorazioni chimiche che hanno lo scopo di stabilizzare le fibre del derma, attraverso la formazione di legami interfibrillare nel collagene;

3. Riconcia, tintura e ingrasso. E’ l’insieme di quelle lavorazioni che conferiscono alla pelle determinate caratteristiche organolettiche e merceologiche;

4. Rifinizione. E’ il gruppo di lavorazioni eseguite sulle pelli asciutte, dopo la precedente fase di caratterizzazione (riconcia, tintura e ingrasso), con lo scopo di migliorare le caratteristiche estetiche e merceologiche della pelle.

L’intero processo conciario, suddiviso nelle categorie precedentemente accennate, può essere così schematizzato:

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Ricevimento e controllo pelli

Tara sale e peso salato

Lavaggio e rinverdimento Calcinaio-depilazione Scarnatura Peso trippa Decalcinazione-macerazione Piclaggio Concia al cromo Sosta a cavalletto Pressatura e spaccatura Scelta in wet-blue Rasatura Peso rasato Riconcia minerale Disacida

Riconcia con tannini, resine o altro

Tintura

Ingrasso

Sosta a cavalletto

Messa a vento e eventuale rullo caldo Asciugamento a sottovuoto Ricondizionamento Palissonatura e inchiodatura Scelta in crust Rifinizione Misurazione e vendita Asciugamento su catena aerea

Fase di ri vi era F ase a um ido

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2. Lavori di riviera

Con il termine “lavori di riviera” si indica una serie di operazioni chimiche e meccaniche, al termine delle quali la pelle viene denominata pelle in “trippa”.

Le fasi operative della riviera sono: ƒ Rinverdimento

ƒ Depilazione – Calcinazione ƒ Scarnatura

ƒ Decalcinazione ƒ Macerazione

Le operazioni di riviera sono tra le più importanti di tutto il processo conciario. Le modificazioni che la pelle subisce in questa fase, influenzano in maniera determinante le proprietà finali del cuoio.

2.1. Operazioni preliminari

Le pelli, una volta scuoiate dalla carcassa dell’animale, vengono o salate (pelli salate fresche) o essiccate (pelli secche); in entrambi i casi perdono parte del loro contenuto d’acqua. La disidratazione delle pelli viene effettuata perché è essenziale alla loro conservazione: il basso contenuto d’acqua impedisce la crescita di batteri ad azione proteolitica, che in breve porterebbero la pelle alla putrefazione. Nelle pelli salate fresche, dove il contenuto d’acqua rimane più alto, è soprattutto il cloruro di sodio che limita fortemente lo sviluppo e la crescita dei batteri.

Generalmente, in conceria si fa uso di pelli salate fresche.

All’arrivo delle pelli in conceria, prima della loro sistemazione in magazzino, si verifica che la merce comprata corrisponda a quella pattuita precedentemente con il rivenditore di pelli grezze. Si controllano, poi, lo scacco peso del lotto comprato, si effettua la tara sale e si cerca di individuare possibili difetti, che comportano un deprezzamento della pelle. Per determinare la tara sale, si sceglie un certo numero di pelli che, dopo essere state pesate, vengono sbattute una volta dal lato carne e una volta dal lato fiore. Le pelli-campione vengono pesate di nuovo e dalla differenza dei due pesi, quello iniziale e quello dopo lo sbattimento, si ricava la tara sale, che viene estesa all’intera partita di pelli comprate.

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La differenza tra il peso delle pelli non sbattute e la tara sale prende il nome di peso salato delle pelli, sul quale verranno calcolati i reagenti nelle fasi successive.

2.2. Il rinverdimento

Lo scopo primario del rinverdimento consiste nel riportare le pelli al loro naturale stato di idratazione.

Oltre alla reidratazione, il rinverdimento viene effettuato per rimuovere dalla pelle lo sporco (sangue, sterco, etc.) e parte del sale (se lavoriamo con pelli salate fresche). E’ importante in questa fase, anche la solubilizzazione di gran parte delle proteine globulari interfibrillari, che permette una più facile penetrazione dell’acqua tra le fibre di collagene.

Operativamente, nella fase del rinverdimento è essenziale tenere conto non solo delle condizioni conservative, ma anche delle qualità organolettiche della pelle durante il processo.

Prima del rinverdimento vero e proprio, viene effettuato il pre-rinverdimento, che consiste in un lavaggio preliminare delle pelli, in modo da eliminare parte del sale e dello sporco. Nei bagni del pre-rinverdimento può essere utile un tensiottativo, per migliorare la bagnabilità della pelle, ma soprattutto è fondamentale l’aggiunta di un antibatterico: in presenza d’acqua, infatti, i batteri riprenderebbero la loro normale attività proteolitica, e, attaccando il derma, provocherebbero sul prodotto finito i cosiddetti antiestetici “bassi di fiore”.

Uno tra gli antibatterici più usati è il dialchildimetilammonio cloruro.

N+ R1 R CH3 CH3 Cl -Figura 2.2.1 - Dialchilmetilammonio

Dopo il pre-rinverdiemento, della durata di circa 30’, le pelli, se non troppo secche, vengono generalmente fatte ruotare scaricando ad ogni giro del bottale un po’ d’acqua fino a secchezza (greminatura), affinché, grazie all’aumento dell’azione meccanica

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derivante dal minor rapporto H2O/pelle che si viene a creare, si allentino le fibre di

collagene, permettendo una migliore penetrazione dell’acqua.

Dopodiché, si passa alla fase di rinverdimento vero e proprio che, per pelli salate fresche ha la durata di circa un giorno.

Il bagno di rinverdimento, oltre all’antibatterico, può contenere:

tensioattivi, per migliorare la permeabilità dell’acqua ed emulsionare i grassi della pelle. Tutti i tensioattivi, essendo molecole costituite da una parte idrofila e lipofila, possono essere impiegati come sgrassanti, emulsionanti, imbibenti o disperdenti.

Nel precedente lavaggio di pre-rinverdimento è stato utilizzato un tensioattivo a spiccata azione imbibente, di natura anionica a base di diottilsolfosuccinato.

C O O C O O CH2 R S O O ONa R R=radicale ottilico Figura 2.2.2 - Diottilsolfosuccinato

Nella fase di rinverdimento, invece, il tensioattivo utilizzato è di natura non ionica ed ha un azione prevalentemente sgrassante: emulsionando i grassi della pelle, favorisce indirettamente anche la sua idratazione.

ossido di magnesio il quale, essendo un basificante a lento rilascio degli ioni OH-, porta alla rottura di parte dei legami salini e a ponte idrogeno tra le fibrille di collagene, provocando un modesto gonfiamento elettrostatico e facendo dunque penetrare acqua nel derma.

enzimi proteolitici, che provocano una leggera frammentazione della struttura proteica, aumentandone la permeabilità all’acqua.

L’azione degli enzimi consiste in una degradazione controllata del derma: questa, se mal condotta, può portare ad un attacco eccessivo della struttura collagenica, con perdita di sostanza dermica. In questo caso, si otterrebbe una pelle troppo “abbattuta”.

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Polifosfati, usati per complessare i metalli (che possono danneggiare il cuoio), presenti o nella pelle (soprattutto il ferro, presente nei residui di sangue dell’animale) o nelle acque.

La temperatura di lavoro ottimale per il rinverdimento è di circa 26/28°C. Lavorando ad una temperatura superiore, il processo di idratazione sarebbe sicuramente più veloce, ma contemporaneamente aumenterebbe l’attività proteolitica dei batteri, fino a livelli compromettenti per il derma.

Accettata la buona reidratazione della pelle, si passa alla fase successiva di lavorazione, il calcinaio.

2.3. Calcinaio-Depilazione

In questa fase il tessuto dermico viene allentato e rilassato per aumentarne la reattività e la capacità di assorbimento dei prodotti concianti. I tradizionali prodotti utilizzati sono idrossido di calcio, solfuro e solfidrato sodico, enzimi proteolitici, ausiliari ad azione tensioattiva.

Questa fase di riviera verrà meglio analizzata in un successivo capitolo poiché è stata specifico oggetto del lavoro di dottorato.

Macchie di calce. Sul fiore delle pelli calcinate è possibile che si formino le cosiddette “macchie di calce”. Infatti, il calcio presente nelle pelli può precipitare come carbonato di calcio, reagendo o con l’anidride carbonica dell’aria o con i carbonati presenti nelle acque di lavaggio. Il carbonato di calcio, essendo poco solubile, forma sulla pelle delle macchie biancastre difficilmente rimuovibili.

Dopo il calcinaio e durante le successive fasi meccaniche, per evitare il fenomeno delle macchie di calce, è necessario controllare la durezza delle acque di lavaggio e non tenere le pelli liberamente all’aria.

2.4. Scarnatura e spaccatura in trippa

La scarnatura è un’operazione meccanica attraverso la quale viene separato dal derma il tessuto sottocutaneo, che viene raccolto (prendendo il nome di “carniccio”) e può essere utilizzato per la produzione di gelatine, concimi, ecc… .

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La scarnatura viene effettuata quasi sempre dopo il calcinaio perché su una pelle gonfia il processo di scarnatura è più semplice e sollecita meno le fibre del collagene. Oggi le pelli non vengono più scarnate a mano, ma si utilizzano le cosiddette macchine scarnatrici, ovvero macchine provviste di rulli, che trascinano e premono la pelle contro un cilindro rotante ad alta velocità (1000-1500 giri al minuto) che asporta il tessuto sottocutaneo. Il cilindro è a lame elicoidali, disposte come in figura 2.4..

Figura 2.2.3 - Scarnatrice, disposizione dei principali rulli e particolare del cilindro a

lame.

La spaccatura è l’operazione meccanica che permette di dividere le pelli in due strati, uno contenente il fiore, l’altro il lato carne. L’obiettivo primario è quello di uniformare lo spessore del fiore, ovvero della parte più pregiata della pelle; ma da tale operazione si ottengono anche le cosiddette “croste” (lato carne) che, se sufficientemente spesse, trovano un loro mercato.

La spaccatura può avvenire in due momenti: o dopo la fase di calcinaio ( e quindi si dice “ spaccatura in trippa”), o dopo la concia. Entrambi i casi presentano degli svantaggi e dei vantaggi. Infatti, spaccando le pelli dopo il calcinaio, nelle successive fasi di

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lavorazione ed in particolare durante la concia, si lavora con delle pelli di minore spessore e con un’apertura delle fibre maggiore. Pertanto, i tempi di diffusione dei reattivi si riducono e si ottiene un fiore più morbido e una maggiore resa superficiale. L’inconveniente consiste nella disomogeneità dello spessore del cuoio finito, per cui spesso è necessario effettuare una seconda scarnatura per uniformare lo spessore.

Se invece si spaccano le pelli dopo la concia, i tempi di diffusione dei reattivi durante tale fase sono più lunghi, e si ottengono delle minori rese superficiali del cuoio; tuttavia, lo spessore del cuoio finito risulta più omogeneo.

2.5. Decalcinazione – Macerazione

Una volta che le pelli sono state scarnate vengono nuovamente pesate: il loro peso è detto peso trippa, e su tale peso vengono calcolati i reattivi fino alla concia.

Normalmente, le operazioni di decalcinazione e macerazione sono condotte a temperature di circa 35-37°C in un unico bagno: prima viene effettuata la decalcinazione, e successivamente la macerazione.

Decalcinazione. Sono due i principali obiettivi della decalcinazione: 1. abbassare il pH delle pelli calcinate a valori di pH=8/9 2. ridurre il grado di gonfiamento delle pelli

Come ben si può dedurre dal nome, con la decalcinazione si ottiene la rimozione dalla pelle della gran parte della calce usata nel processo di depilazione.

La calce è presente o come collagenato e saponi di calcio, oppure è semplicemente depositata tra le fibre di collagene. In ogni caso deve essere eliminata perché, durante il processo di concia al cromo, le molecole concianti devono poter legarsi ai gruppi carbossilici dissociati (-COO-), che potrebbero essere occupati dagli ioni Ca2+. Affinché una effettiva decalcinazione abbia luogo, è necessario usare come decalcinante un acido, la cui costante di dissociazione acida sia superiore a quella dei gruppi carbossilici del collagene, ai quali il calcio è legato (circa pK=3.5). Tuttavia, non è solo la forza dell’acido a dover essere valutata, bensì anche la propria capacità sequestrante nei confronti del calcio e la capacità di formare con questo dei sali che siano solubili e quindi facilmente eliminabili.

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Con l’eliminazione della calce e l’abbassamento del pH a valori prossimi a quelli del punto isoelettrico del collagene, si ottiene un notevole sgonfiamento del derma.

Come agente decalcinante possono essere usati o degli acidi sufficientemente forti, (solforico, cloridrico, lattico, formico etc.). oppure dei sali a dissociazione acida, come il solfato o il cloruro di ammonio.

L’impiego degli acidi, soprattutto di quelli minerali, è pericoloso e necessita di notevoli controlli e accorgimenti, perché può provocare dei danni irreparabili al collagene. Un abbassamento repentino del pH superficiale provoca sulla superficie della pelle un gonfiamento acido, mentre la zona centrale è ancora caratterizzata da un gonfiamento alcalino. Pertanto, all’interno del derma, vi sarà una regione di transizione caratterizzata da un pH prossimo al punto isoelettrico, al quale le fibre di collagene presentano un gonfiamento minimo. Nella struttura collagenica, si generano perciò delle forti tensioni, che distorgono le fibre e compromettono le caratteristiche finali del cuoio finito.

Figura 2.2.4 - Effetto del pH sul gonfiamento della pelle

a) senza gonfiamento, b) gonfiamento regolare, c) gonfiamento irregolare [1] Più sicura è invece una decalcinazione condotta con sali a dissociazione leggermente acida, come il solfato di ammonio, che, avendo anche un’azione tamponante sul bagno, evita pericolosi abbassamenti del pH sulla superficie della pelle.

In presenza di calcio, il solfato d’ammonio forma solfato di calcio che, ad un pH di circa 8, è abbastanza solubile ed è, perciò, facilmente eliminabile.

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La decalcinazione viene controllata umettando la sezione delle pelli con una soluzione alcolica all’0.1% di fenolftaleina, che, ad un pH notevolmente basico, acquista una colorazione rosa.

Man mano che la fase di decalcinazione prosegue, la colorazione rosa della fenoftaleina sulla sezione delle pelli si assottiglia progressivamente, fino a formare un sottile filo rosa al centro del derma, indice della permanenza della calce (o comunque di un ambiente alcalino). Spesso, a questo punto, la decalcinazione viene conclusa, perché il sottile strato alcalino all’interno del derma fa acquisire al cuoio finito una maggiore fermezza e pienezza.

Oltre al vistoso sgonfiamento delle pelli, l’abbassamento del pH ha l’importante effetto di ottimizzare l’attività proteolitica degli enzimi della successiva fase di macerazione. Macerazione. La macerazione ha lo scopo di “purgare” la pelle da tutti quei residui di cheratine, materia interfibrillare e di sostanze grasse non ancora rimossi; inoltre, ha il compito di allentare ulteriormente la superstruttura collagenica e di rendere il fiore liscio, pulito e elastico.

La macerazione avviene attraverso l’impiego di enzimi, i quali, grazie all’attività proteolitica, decompongono i resti dell’epidermide, del pelo e della materia interfibrillare e contribuiscono ad un parziale abbattimento del collagene, effettuando un parziale scissione dei gruppi peptidici all’interno delle fibre.

Gli enzimi maceranti possono essere di varia natura e origine: possono essere estratti dalle ghiandole del pancreas (la tripsina), da batteri o da funghi.

L’attività degli enzimi varia al variare del pH e i valori che si raggiungono nella decalcinazione (pH=8-9), rappresentano i valori in cui è più spiccata l’attività proteolitica.

Oltre a purgare le pelli e all’azione di abbattimento del collagene, gli enzimi maceranti contribuiscono al degrassaggio delle pelli e al loro sgonfiamento: l’eliminazione dei grassi naturali della pelle porta ad una maggiore mobilità delle fibrille e ciò consente alle molecole dell’acqua di uscire più facilmente dal collagene.

Gli enzimi maceranti non sono conservati e utilizzati allo stato puro, ma hanno un supporto inerte (per esempio farina di legno) e sono miscelati con solfato d’ammonio. In genere, il contenuto di enzimi nel macerante è espresso in U.E. (numero di unità

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enzimatiche presenti) in un grammo di macerante: i prodotti normalmente usati hanno dalle 200 U.E. alle 6000 U.E. per grammo.

Una pelle ben macerata appare cascante e abbattuta, al punto che, se compressa con il polpastrello delle dita, ne rimane impressa l’impronta.

Una macerazione troppo spinta provoca danni irrimediabili sul cuoio, a causa dell’eccessiva destabilizzazione della struttura collagenica e della ingente perdita di sostanza dermica solubilizzatasi nel bagno.

2.6. Sgrassaggio

Le pelli vengono sottoposte all’operazione di sgrassaggio soltanto se contengono un eccesso di sostanze grasse naturali: in particolare, questa operazione viene eseguita quasi esclusivamente per pelli ovine e suine.

Lo sgrassaggio può essere effettuato attraverso l’impiego di detergenti e solventi organici (cherosene, trielina, alcool).

3. La concia

Lo scopo della concia consiste nel consolidamento della struttura collagenica, attraverso la formazione di legami cross-link tra le varie unità polipeptidihe del collagene. Nel caso della concia minerale al cromo, è necessario acidificare preventivamente le pelli nella cosiddetta fase di pickel.

3.1. Il pickel

Il piclaggio delle pelli ha come obiettivo primario l’acidificazione delle pelli.

I gruppi carbossilici del collagene carichi negativamente, reagendo con i concianti al cromo, devono essere protonati, affinché le molecole concianti diffondano all’interno del derma e non reagiscano prematuramente con gli strati esterni della pelle. In tal caso si creerebbe una barriera per la successiva diffusione di concianti del cromo e si produrrebbe una indesiderata contrazione del fiore, per la quale il cuoio finale risulterebbe di scarso valore commerciale.

Nel pickel si raggiungono valori di pH intorno a 2/3: con questa acidità, le pelli sarebbero sottoposte ad un pronunciato gonfiamento di natura acida, che porterebbe ad una rovinosa destabilizzazione delle fibre di collagene.

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E’ perciò necessario nei bagni di pickel l’utilizzo di un forte quantitativo di sale (d =6-8 Bé) a scarsa azione liotropica, che si opponga al fenomeno del gonfiamento acido. Si cerca di rendere così i bagni di pickel ipertonici rispetto all’acqua contenuta all’interno delle fibrille, generando una pressione osmotica tale da costringere l’acqua a passare dal collagene al bagno. Il gonfiamento del collagene risulta perciò nullo, dato che la disidratazione dovuta alla pressione osmotica annulla gli effetti di gonfiamento della forte acidità.

Il sale che più comunemente viene utilizzato è il cloruro di sodio.

L’acido di gran lunga più utilizzato nel pickel è l’acido solforico. Generalmente, prima dell’acido solforico, o di qualsiasi altro acido minerale, le pelli vengono prima leggermente acidificate con una acido organico, per esempio acido formico. In questo modo, si esegue una più lenta acidificazione delle pelli, evitando la possibilità di locali e alti gradienti di pH, tra la superficie e l’interno della pelle.

3.2. La concia

La concia è quella fase attraverso la quale si vengono a formare irreversibili legami trasversali tra le catene polipeptidiche del collagene.

Questo consolidamento, dovuto al fatto che le molecole concianti sono in grado di legarsi con più gruppi reattivi di diverse protofibrille, porta ad una maggiore stabilizzazione della struttura collagenica e ne modifica alcune proprietà. Il collagene acquista una maggiore stabilità termica e resistenza chimica e un certo livello di disidratazione. La pelle diventa inoltre non putrescibile e aumenta la propria resistenza meccanica.

Industrialmente sono numerose le sostanze che hanno proprietà concianti.

Possiamo divedere le sostanze concianti in tre categorie: minerali, poliaromatiche, aldeidiche.

Concianti aldeidici. Questo tipo di concianti crea tra le catene proteiche dei legami covalenti, attraverso l’eliminazione di molecole semplici, come ad esempio acqua. Tra i vari tipi di legame, quelli covalenti sono legami saldi e assai resistenti e conferiscono alla struttura del collagene una notevole stabilità.

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Molte sono le sostanze che conciano le pelli mediante cross-link di natura covalente, tra le quali quelle che rivestono una qualche importanza industriale sono: aldeide formica, glutaraldeide, solfonilcloruri, chinoni, olii di origine animale marino e altre. Ognuna di tali sostanze ha una propria reattività nei confronti del collagene.

Per fare un esempio, la formaldeide è in grado di reagire con i gruppi basici del collagene (–NH2), non carichi elettricamente e situati alle estremità dei gruppi laterali

della proteina. Perciò, è conveniente eseguire questo tipo di concia a pH leggermente alcalini, al di sopra del punto isoelettrico del collagene.

Policromatici: I composti poliaromatici usati in conceria sono i cosiddetti “tannini”, ovvero delle macromolecole, di origine vegetale e sintetica, formate dalla condensazione di un gran numero di anelli aromatici. I vari tannini vegetali che vengono comunemente utilizzati per la concia al vegetale possono essere distinti in base alla classe chimica di appartenenza in:

- Tannini catechinici: derivano dalla molecola di catechina e hanno pH compresi tra 4 e 5. Vengono chiamati anche tannini “condensati” perché, in presenza di acidi, tendono a polimerizzarsi generando così delle macromolecole (dette flobafeni) che precipitano per la loro scarsa solubilità.

Tannini pirogallici: sono esteri degli acidi gallici ed ellagici di elevato peso molecolare. Sono detti anche tannini “idrolizzabili” perché vengono facilmente idrolizzati dagli acidi, dagli alcali, dagli enzimi e dal calore. A seguito di tale idrolisi si arriva alla formazione di acido gallico o di acido ellagico e perciò possono essere a loro volta suddivisi in gallotannini ed ellagitannini.

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Figura 2.3.1 A) Struttura della Catechina, B) Molecola dell'Acido Gallico, C) Molecola

dell'Acio Ellagico

Nelle piante oltre ai tannini si trovano i cosiddetti “non tannini”, molecole di peso e di grandezza molecolare molto bassi e scarsamente, o addirittura per niente, polifunzionali. Per tale motivo i non tannini reagiscono con il collagene in modo limitato, ma non per questo rivestono un minor interesse, anzi, sono di fondamentale importanza per dare pienezza e compattezza al cuoio finito. Analogamente ai tannini di origine vegetale possono essere utilizzati anche dei tannini sintetici. Sono sostanze chimiche di natura fenolica e naftalenica la cui composizione è simile ai tannini vegetali.

Possono essere suddivisi in Tannini Ausiliari e in Tannini di sostituzione.

I primi hanno uno scarso potere conciante e normalmente vengono impiegati con i tannini vegetali per le loro proprietà disperdenti che consentono:

una migliore penetrazione dei tannini nella pelle,

la solubilizzazione dei flobafeni originati dalla condensazione dei tannini catechinici, di ottenere dei cuoi con un colore chiaro ed uniforme.

I tannini di sostituzione, invece, hanno una struttura chimica molto simile ai tannini naturali e sono perciò in grado di conciare le pelli senza l’ausilio di altri concianti. Tuttavia non vengono utilizzati come concianti principali perché non riescono a dare alla pelle la stessa pienezza e resistenza dei tannini vegetali in quanto privi dei non tannini; hanno però la caratteristica di conferire al cuoio un colore particolarmente chiaro e perciò vengono utilizzati come preconcianti o concianti per pelli destinate alla realizzazione di colori pastello. Per quanto riguarda il meccanismo di fissazione dei tannini al collagene e la formazione dei relativi legami trasversali, nonostante le numerose ricerche, ancora non si è giunti a nessun risultato certo. Fondamentalmente si

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ritiene che tali unioni siano dovute alla formazione di legami dipolari o a idrogeno con i gruppi peptidici delle catene aminoacidiche (vedi figura 2.7); tuttavia, la complessa struttura dei tannini non ci permette di escludere la formazione di altri tipi di legame con i vari siti ionici del collagene.

O H O H OH C O N H CH R C NH CH C O O R HN CH R C NH CH C O O R

Figura 2.3.2 - Formazione dei legami trasversali attraverso legami idrogeno

La fissazione dei tannini alle fibre collageniche è notevolmente influenzata sia dalla natura del tannino stesso che dalle condizioni di lavoro. I tannini, infatti, possono essere “astringenti” se sono particolarmente reattivi oppure “dolci” se hanno una reattività minore. Per quanto riguarda le condizioni di lavoro, un’elevata reattività può essere raggiunta aumentando la concentrazione del tannino nel bagno di concia oppure aumentando l’acidità del bagno o, ancora, portando la temperatura a 30-35°C. Lavorando in queste condizioni, però, il tannino sarebbe troppo reattivo, la sua diffusione troppo lenta ed avremo solamente una concia superficiale.

Nella pratica, infatti, la concia viene svolta inizialmente a basse temperature, pH elevati (circa 5-6) e basse concentrazioni dei tannini, in modo da favorire la penetrazione del conciante negli strati dermici più interni. Solamente nella fase finale si vanno a modificare le condizioni di lavoro per rendere il tannino più astringente, così da ottenere un cuoio più fermo, compatto e resistente.

Minerali. Questo gruppo di concianti è costituito da sali basici di metalli polivalenti (quali il cromo, il ferro, l’alluminio, lo zirconio), che riescono a generare dei legami trasversali di natura coordinata tra i gruppi carbossilici delle proteine.

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A titolo di esempio, si descrivono brevemente i meccanismi d’azione del solfato basico di cromo, che, in assoluto, è l’agente conciante più utilizzato dall’industria conciaria. Il cromo, per la sua particolare struttura, è in grado di formare due diversi tipi di legame con il collagene della pelle:

- Legame di coordinazione tra il Cr 3+ ed uno o più gruppi carbossilici nella forma carica COO–;

- Legami ad idrogeno tra specie che contengono cromo e le proteine della pelle (legami presenti in qualsiasi tipo di concia).

Il cromo allo stato di elemento neutro possiede 24 elettroni, mentre nella forma di ione trivalente ne presenta solamente 21; per questo motivo il Cr3+ coordina facilmente gruppi elettron-donatori come H2O, OH-, e i gruppi COO– del collagene.

I legami di coordinazione sono resi possibili dalla formazione di 6 orbitali di tipo d2sp3 che possono ospitare altrettanti doppietti elettronici liberi come, nel caso dello ione esaquocromo, quelli offerti dall’ossigeno della molecola d’acqua.

Il Cr3+, in una soluzione acquosa acida, sarà presente solamente nella forma di esaquoione. Aumentando opportunamente il pH, però, le molecole d’acqua presenti nella sfera di coordinazione del cromo verranno gradualmente sostituite dai gruppi idrossilici OH-, fino ad arrivare alla precipitazione dell’idrossido di cromo Cr(OH)3·3(H2O). Cr H2O OH2 OH2 H2O OH2 OH2 3+

Figura 2.3.3 - Ione esaquocromo

Lo ione esaquocromo, pur avendo la possibilità di legarsi ai gruppi carbossilici del collagene, non viene però utilizzato per la concia delle pelli, in quanto, per le sue ridotte dimensioni, darebbe origine ad un cuoio estremamente piatto.

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La presenza di gruppi OH- nella sfera di coordinazione del cromo è perciò necessaria per ottenere un buon grado di gonfiamento ed una struttura notevolmente più stabile. I gruppi OH-, infatti, hanno la proprietà di formare dei ponti che riescono a legare anche più atomi di cromo insieme. Si generano così degli aggregati molecolari che riescono a legarsi a due catene polipeptidiche parallele, anche distanti fra loro, formando dei legami di tipo trasversale. Il processo di aggregazione mediante i ponti OH-, di due o più atomi di cromo, è detto “olazione” ed è di fondamentale importanza per il processo di concia. OH2 OH2 Cr H2O H2O OH OH2 HO OH2 Cr OH2 H2O OH2 OH2

+

OH2 OH2 OH2 H2O OH2 H2O H2O OH2 Cr O Cr O H H 2+ 2+ 4+

+

2H2O

Figura 2.3.4 - Formazione complesso diolo-cromo

La quantità dei gruppi OH- presenti nella molecola del conciante deve essere mantenuta

costante per poter mantenere invariate tutte le caratteristiche del cuoio finito. Per questo motivo è stata introdotta un’unità di misura della loro quantità, la cosiddetta basicità BS1.

1 Basicità Schorlemmer (dal nome del chimico che la propose): indica il rapporto tra i gruppi idrossili

direttamente legati al cromo e le valenze totali del metallo stesso. Può essere espresso in percentuale o in dodicesimi.

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Tabella 2.3.1 - Basicità dei sali di cromo

I composti di solfato basico di cromo, utilizzati normalmente in conceria, hanno una basicità del 33% 2 e contengono perciò da 1 a 1,5 gruppi OH- per ogni atomo di cromo. Composti con una basicità maggiore non vengono impiegati perché troppo reattivi verso il collagene ed inoltre difficilmente solubili in acqua.

Nelle prime fasi della concia si opera ad un pH molto basso, circa 2,5-3, in modo da favorire l’entrata dei sali concianti all’interno della pelle. A questi valori di pH, infatti, i gruppi carbossilici del collagene si presentano nella forma scarica COOH e sono perciò inattivi verso i sali di cromo. In queste condizioni riusciamo a non far reagire il cromo in superficie ma a farlo diffondere rapidamente all’interno della struttura della pelle. Successivamente, si procede ad un graduale innalzamento del pH, fino a valori di 3,8-4, in modo da rendere attivi i siti del collagene e favorire il processo di olazione dei sali di cromo ormai presenti all’interno della struttura.

Per effettuare questa basificazione vengono utilizzati prodotti come bicarbonato di sodio, soda Solvay o soda caustica che devono però essere molto diluiti e aggiunti lentamente al bagno per evitare locali precipitazioni di idrossido di cromo (cosiddetti

2 La basicità calcolata analiticamente indica soltanto un valore medio, poiché in soluzione possono

coesistere simultaneamente forme con diverso grado di basicità.

Basicità Preparazione Formula schematica in % in dodicesimi 2 Cr2(SO4)3 + 0 Na2CO3 Cr4(SO4)6 0 0 2 Cr2(SO4)3 + 1 Na2CO3 Cr4(SO4)5·(OH) 2 16,6 2/12 2 Cr2(SO4)3 + 2 Na2CO3 Cr4(SO4)4·(OH) 4 33,3 4/12 2 Cr2(SO4)3 + 3 Na2CO3 Cr4(SO4)3·(OH) 6 50,0 6/12 2 Cr2(SO4)3 + 4 Na2CO3 Cr4(SO4)2·(OH) 8 66,6 8/12 2 Cr2(SO4)3 + 5 Na2CO3 Cr4(SO4)·(OH)1 0 83,3 10/12 2 Cr2(SO4)3 + 6 Na2CO3 Cr4(OH)1 2 100 12/12

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nidi di cromo). Per tale motivo vengono spesso utilizzati anche dei prodotti detti “autobasificanti”, come l’ossido di magnesio, in grado di rilasciare ioni OH- in modo graduale per la sua scarsa solubilità.

Al bagno di concia vengono normalmente aggiunti anche altri prodotti come formiato di sodio o acetato di sodio che agiscono da “mascheranti” nei confronti del cromo. Tali composti, infatti, si legano al cromo entrando nella sua sfera di coordinazione, ne diminuiscono la carica positiva, garantendo una penetrazione più omogenea ed uniforme. L’uso di questi composti deve essere però limitato per evitare di render inattivo il conciante nei confronti della pelle.

Le pelli, terminata l’operazione di concia, necessitano di una permanenza di una notte a cavalletto: infatti, il processo di olazione continua anche fuori dal bagno di concia, con un’ulteriore reticolazione della struttura collagenica.

Terminata la concia, la pelle diventa imputrescibile, per cui può essere conservata nei magazzini anche per alcuni mesi. Le pelli conciate al cromo vengono denominate pelli wet-blu.

3.3. Pressatura, spaccatura (in conciato) e rasatura

Dopo la fase di concia, le pelli vengono generalmente pressate e rasate.

Nella fase di pressatura, le pelli sono sottoposte a compressione in un sistema di cilindri rotanti: in tal modo vengono asciutte e stese, con un aumento della resa superficiale. Le pelli pressate, se già non sono state spaccate in trippa o se si tratta di pelli pesanti e spesse, sono sottoposte alla spaccatura in “conciato”(paragrafo 2.2.3.); dopo di che, passano all’operazione di “rasatura”, nella quale le pelli acquistano uno spessore uniforme su tutta la superficie.

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Figura 2.3.5 - Schematizzazione di una pressatrice in continuo

La rasatura viene effettuata attraverso macchine rasatrici, che, grazie ad una serie di rulli a lame affilate, asportano dal lato carne parte della pelle.

Figura 2.3.6 - Rasatrice

Una volta rasato, il cuoio viene pesato e sul peso ottenuto (peso rasato), si calcolano le quantità in percentuale dei reagenti da utilizzare nelle successive fasi di lavorazione.

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3.4. Disacida ( o neutralizzazione)

Prima di passare ai trattamenti di caratterizzazione (riconcia, tintura e ingrasso) è necessario che le pelli conciate al cromo vengano sottoposte al trattamento di disacida. Come si può ben intendere dal nome, l’obiettivo di questa fase consiste nell’eliminazione dell’eccessiva acidità delle pelli, in modo da renderle meno reattive con i prodotti utilizzati nelle fasi di riconcia, tintura e ingrasso. Infatti, tali prodotti, essendo per lo più sostanze a carica anionica, se posti a reagire su una pelle fortemente acida e quindi cationica, si fisserebbero solo superficialmente. Effettuando la disacida delle pelli e diminuendo, quindi, il carattere cationico della pelle, si permette ai composti anionici di diffondere meglio nella sezione della pelle.

In pratica, dopo un lavaggio accurato, le pelli rasate vengono disacidate, con sostanze a reazione alcalina, come il bicarbonato di sodio, il bicarbonato d’ammonio, l’iposolfito di sodio, il formiato, di calcio o di sodio, o l’acetato di sodio.

4. Riconcia, tintura e ingrasso

Il cuoio proveniente dalla concia non rappresenta ancora un articolo commerciale utilizzabile e deve quindi essere sottoposto ad una serie di trattamenti, atti a renderlo utilizzabile ai fini cui è destinato.

Con la concia, la pelle in trippa ha subito fondamentali modificazioni delle sue proprietà, trasformandosi in un prodotto imputrescibile con grande stabilità idrotermica e in grado quindi di mantenere le sue caratteristiche nel tempo; ciò nonostante, la sua applicabilità pratica ed il suo valore commerciale sono determinati da proprietà legate all'aspetto esterno (colore, brillantezza, finezza della superficie) e a caratteristiche fisiche e meccaniche (flessibilità, morbidezza, fermezza, rigidità).

Quindi, sotto il nome di riconcia, tintura e ingrasso vanno tutti i trattamenti chimici e le operazioni meccaniche, il cui scopo è caratterizzare il prodotto ottenuto con la concia.

4.1. Riconcia

L’operazione di riconcia consiste nel riempimento del cuoio con sostanze concianti ed inerti, non tanto al fine di stabilizzare ulteriormente le fibre, ma soprattutto per conferire al prodotto finito il desiderato grado di pienezza, morbidezza, pastosità, resistenza al sudore e altro. L’obiettivo della riconcia è dunque la forte caratterizzazione del cuoio.

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4.2. Tintura

La tintura del cuoio può essere effettuata in diversi modi. Sicuramente il più usato è quello in soluzione acquosa, dove vengono utilizzati coloranti idrosolubili o dispersi, che montano gradualmente sul supporto, permettendo così una distribuzione omogenea prima dell’ancoraggio sulla fibra. Il processo di tintura dipende strettamente dal tipo di concia effettuato, infatti un colorante può avere un comportamento diverso a seconda che il cuoio sia stato conciato al vegetale o al cromo.

La colorazione è dovuta ad un’azione reciproca fra le onde luminose e gli elettroni mobili π presenti nella molecola di colorante. Pertanto le sostanze coloranti più indicate risultano essere quelle aromatiche, che, possedendo un’ elevata mobilità elettronica, sono i costituenti essenziali dei coloranti sintetici.

Con l’aumentare dei doppi legami nella molecola, si ha un incremento della mobilità elettronica: ciò comporta un aumento delle possibili forme mesomere e, quindi, una variazione di tono del colorante.

Fattore importante per l’esistenza delle forme mesomere è che i doppi legami siano separati da un solo legame semplice, poiché soltanto così la necessaria mobilità degli elettroni π è garantita. Per la sintesi dei coloranti, le forme mesomere vengono favorite introducendo nei nuclei aromatici dei gruppi che influenzano l’ordinamento elettronico. Così, per esempio, mediante l’introduzione di nitro-gruppi nel fenolo, che è incolore, si ottengono coloranti gialli. Si comprende, dunque, come la colorazione di un colorante aumenti con l’aumentare della polarizzazione della molecola.

I coloranti destinati alla tintura del cuoio contengono parecchi anelli benzenici o naftenici, legati mediante doppi ponti di azoto (azo-gruppi): tali composti vengono chiamati azoici.

I due anelli vengono legati, ovvero “copulati”, mediante il cosiddetto processo di di-azotazione.

Facendo agire acido nitroso su anilina in presenza di acido cloridrico, si formano sali di diazonio i quali sono molto reattivi ed in genere facilmente decomponibili (la temperatura di diazotazione va per lo più mantenuta tra 0 e 5°C). Questi sali reagiscono facilmente con i nuclei benzenici o naftalenici contenenti un gruppo amminico o fenolico e tali reazioni prendono il nome di copulazioni. In tal modo si possono ottenere

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parecchi nuclei benzenici e naftalenici cosicché il gruppo azoico possa essere più volte presente nella molecola: vi sono infatti coloranti mono-di-triazoici.

N N Azo-benzolo

N N Cl Sali di daizonio

Figura 2.4.1 - Formula di struttura di azo-composti [2].

La copulazione con altri anelli aromatici può avvenire anche con un colorante che è gia montato sulla fibra e si riesce così ad ottenere un incupimento del tono.

I legami tra il colorante e il cuoio possono essere di varia natura: legami salini, ponti a idrogeno e forze dipolari. L’affinità di un colorante nei confronti della pelle risulta tanto maggiore, quanti più legami possono formarsi mediante forze dipolari o ponti a idrogeno.

E’ opportuno classificare i coloranti idrosolubili per la tintura del cuoio in base alla loro carica ionica. Questa infatti riveste massima importanza, in quanto avvia e rende possibili i processi di tintura. I coloranti vengono classificati nei seguenti gruppi:

ƒ Anionici ƒ Cationici ƒ Anfoteri

Coloranti anionici. Il gruppo dei coloranti anionici riveste primaria importanza per la tintura del cuoio e comprende tipi di coloranti a comportamento tintoriale molto differenziato. In genere il carattere anionico dei coloranti è determinato dalla presenza nella molecola di gruppi solfonici (R-SO3H) . Tali composti sono presenti come sali

sodici.

In figura 2.13, a titolo di esempio, si riportano due coloranti anionici.

Il primo è un colorante con un alto numero di gruppi solfonici, in rapporto al proprio peso molecolare( I ). Dato che i sali sodici degli acidi solforici in soluzione acquosa sono molto dissociati, il colorante è nettamente anionico. Quindi tale colorante viene legato prevalentemente per elettrovalenza (cioè attraverso legami di natura salina) ed in misura secondaria con legame dipolare. Possiamo dedurre che come colorante ha

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un’affinità bassa: penetra bene ma si fissa difficilmente, poiché è fortemente solubile in acqua.

Per ottenere coloranti anionici con elevata affinità è necessario ingrandire la molecola di colorante, mantenendo più basso possibile il numero dei gruppi solfonici, i quali,

comunque, devono conferire una sufficiente solubilità (II).

N N HO NH2 SO3Na NaO3S N N SO3 2HN NH2 N N N N 2HN NH2 N N SO3 ( I ) ( II )

Figura 2.4.2 - Formula di struttura di coloranti azoici anionici [2].

Coloranti cationici. I coloranti cationici sono sali di basi coloranti che formano delle lacche con le sostanze concianti vegetali. Commercialmente, le basi coloranti sono salificate con cloruro.

La loro proprietà di dare lacche con i tannini permette di tingere ottimamente cuoi conciati al vegetale: infatti, i coloranti basici a carica positiva “montano” facilmente sui tannini, che, essendo acidi organici deboli, hanno in soluzione natura anionica.

Occorre prestare molta attenzione nel disciogliere i coloranti basici, poiché sono molto sensibili all’acqua dura.

Un importante gruppo di colorati basici è quello derivato dal trifenilmetano. Questo colorante basico contiene un atomo di azoto quaternario che impartisce alla molecola una forte carica positiva.

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2HN C

N(CH3)2

3HC NH2

Cl

Figura 2.4.3 - Formula di struttura del colorante cationico fucsina [2].

Coloranti anfoteri. I coloranti anfoteri contengono oltre che ai gruppi amminici elettricamente carichi, anche dei gruppi solfonici. Tali composti si possono facilmente ottenere inserendo gruppi solfonici nei coloranti basici: questo tipo di coloranti ed altri di costituzione analoga sono dunque particolarmente adatti per la tintura al cuoio al vegetale.

Si possono ottenere composti che hanno nel contempo carica positiva e negativa, attraverso l’introduzione, nella molecola di colorante, di atomi metallici, che riescono a legarsi grazie al loro potere coordinante. Questi coloranti vengono chiamati metallo-complessi e vanno acquistando sempre maggiore importanza per la tintura del cuoio, in quanto permettono di raggiungere caratteristiche di solidità particolarmente elevate. Gli atomi metallici possono essere introdotti solo in quelle molecole di coloranti che hanno due radicali abbastanza vicini per rendere possibile un legame coordinato con l’atomo metallico. Questo avviene quando accanto ad un gruppo azoico, in posizione orto si trovano o un gruppo ossidrilico o un gruppo amminico. L’atomo metallico viene ad inserirsi in un anello esagonale stabile come illustrato in Figura 2.15.

Si rileva che la molecola di colorante riesce a saturare quattro valenze coordinate dell’atomo di cromo, diventando così stabile e solida alla luce. I coloranti anionici della suddetta struttura vengono addizionalmente legati al cuoio per mezzo di valenze coordinate libere dell’atomo metallico, potendo così fornire tinture solide all’acqua, al sudore ed al lavaggio.

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N N

O O

Cr

Figura 2.4.4 - Legami formati dagli atomi metallici nelle molecole di coloranti [2].

4.3. Ingrasso

L'ingrasso ha il principale scopo di impartire morbidezza alle pelli.

I cuoi conciati con sali di cromo, per esempio, se vengono asciugati senza ingrasso, diventano duri, rigidi, fragili e non hanno sufficiente elasticità e pienezza. Infatti, in assenza d’acqua, i filamenti di collagene si avvicinano tra loro e si legano attraverso numerosi ponti a idrogeno e legami dipolari, che non consentono loro di scorrere.

Le grosse molecole dell’ingrasso, collocandosi tra le protofibrille, impediscono l’instaurazione di legami elettrostatici e lubrificano le varie unità e sottounità strutturali del collagene, per cui ne rende possibile il movimento relativo, conferendo alla pelle morbidezza, una buona resistenza allo strappo e più alti valori di allungamento a rottura. La resistenza all'usura, la porosità, la “mano” dei pellami per tomaia, l'elasticità dei pellami per guanti, la cedevolezza ed il tocco di stoffa delle pelli per abbigliamento, sono altre caratteristiche raggiungibili dalle pelli soprattutto mediante un buon ingrasso. Questa operazione è di grande importanza, poiché la maggior parte delle caratteristiche meccaniche del cuoio ne vengono grandemente influenzate.

L’ingrasso, inoltre, permette alle pelli di non essiccarsi completamente e, contemporaneamente, ne migliora la impermeabilità. Le fibre, infatti, sono avvolte di materiale ingrassante, che non permette all’acqua di fuoriuscire dal cuoio, così da mantenerlo relativamente morbido ed elastico. D'altra parte, dal momento che gli spazi interfibrillari risultano riempiti di materiale ingrassante, diminuisce la bagnabilità del cuoio, con un miglioramento dell'impermeabilità all'acqua. L'aumento dell'impermeabilità all'acqua è tanto maggiore quanto più alta è la quantità di ingrasso incorporato dalla pelle.

Tra i prodotti ingrassanti per cuoio vanno compresi non solo gli oli ed i grassi di origine animale o vegetale, ma anche i loro prodotti di trasformazione, quali quelli derivanti

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dalla solfatazione, solfonazione, ossidazione, idrogenazione o saponificazione, così come le cere, gli oli minerali ed i prodotti sintetici.

Gli oli ed i grassi usati in conceria possono essere classificati, a seconda della loro origine, in quattro categorie :

Sostanze grasse di origine animale, come ad esempio : olio di piede di bue, giallo d'uovo, sego bovino, grasso di cavallo, lanolina, ecc;

Sostanze grasse di origine vegetale, tra cui: olio dì ricino, olio di cocco, olio di palma, olio di oliva, olio di arachidi, ecc.;

Oli di animali marini: com l’olio di spermaceti, l’olio di balena, l’olio di fegato di merluzzo, l’olio di foca ed altri;

Oli sintetici ed oli minerali.

In passato, per effettuare l’ingrasso delle pelli in bagno, si realizzavano delle emulsioni di ingrassi attraverso l’utilizzo di tensioattivi; tuttavia, le emulsioni erano alquanto instabili e i tensioattivi, fuoriuscendo dal cuoio, trascinavano con sé gran parte dei grassi. Oggi, per ingrassare le pelli, si creano delle emulsioni stabili di ingrassanti attraverso l’introduzione di gruppi idrofili nelle grosse molecole lipofile. I gruppi idrofili possono essere di varia natura (cationica, non ionica, anfotera), ma generalmente vengono introdotti dei gruppi anionici: in particolare i grassi vengono o solfatati (R-OSO3H) o solfonati (R-SO3H). Chiaramente, un’eccessiva solfatazione o solfonazione

rendono sì l’emulsione più stabile, ma rendono l’ingrasso meno lubrificante.

In generale l’ingrassante viene incorporato per via meccanica all’interno del cuoio e può essere legato alle fibre più o meno saldamente. Per i grassi e gli oli naturali e sintetici a base esterica, sono possibili legami fra atomi di ossigeno dei grassi e gruppi peptidici del collagene, mediante ponti ad idrogeno; lo stesso dicasi per gli ingrassi a base di polieteri.

Gli oli minerali possono essere indirettamente legati al cuoio: impiegati insieme ai grassi naturali o sintetici, si sciolgono in essi e così riescono a penetrare nella struttura fibrosa del collagene. I grassi solfatati o solfonati vengono legati più stabilmente al cuoio essendo in grado di formare un legame ionico con i gruppi basici delle proteine della pelle, qualora questi abbiano carica positiva. Inoltre possono introdursi con legame coordinato nei composti di cromo presenti nel cuoio

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Al termine della tintura e ingrasso, prima delle operazioni a secco, la pelle viene fatta sostare a cavalletto per favorire la diffusione e la fissazione dei riconcianti, dell'ingrasso e dei coloranti (12-24 hr)

4.4. Asciugamento dei cuoi

Conclusa la sosta a cavalletto, le pelli, che provengono dalla fase a umido della concia, sono pronte per essere asciugate. Diverse sono le macchine che riescono ad asportare l’umidità dai cuoi e il loro utilizzo dipende dal tipo di articolo finito che si intende realizzare. L’asciugamento (o essiccazione) permette di ridurre il contenuto di umidità della pelle al valore di equilibrio igroscopico ( 14-18% ).

Messa a vento. La quasi totalità dei cuoi è sottoposta all’operazione di messa a vento, che viene condotta soprattutto per eliminare l’acqua, depositata tra le fibre, ma anche per stendere il cuoio e per attenuare le rugosità superficiali del fiore. Il nucleo operativo della macchina di messa e vento è costituito da un sistema di rulli. [figura 2.16.]

La stesura del fiore avviene grazie al cilindro a lame elicoidali e non affilate (in colore blu); il cilindro pressatore (in giallo), ricoperto di feltro che assorbe acqua, provvede ad esercitare una forte pressione sulle pelli, facendo uscire dalle fibre gran parte dell’umidità. I cilindri in verde, rivestiti di gomma, provvedono al contrasto con il cilindro pressatore e ad avvicinare il cuoio verso il rullo a lame.

Figura 2.4.5 - Messa a vento e particolare di rulli

Essiccatoio a sotto vuoto. In questo impianto per eliminare l’umidità dalla pelle, si combinano gli effetti di calore e depressione. Le pelli, preventivamente pressate, vengono distese su un ripiano in acciaio riscaldato sul quale si chiude ermeticamente un

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altro ripiano, collegato ad una pompa a vuoto: nello spazio tra i due ripiani, dove sono collocate le pelli, si ottiene un abbassamento della pressione fino a 70 mmHg. L’acqua all’interno della pelle vaporizza facilmente: i vapori vengono convogliati e inviati ad un condensatore. Questi tipi di essiccatoi sono costituiti da vari ripiani, in modo da lavorare in serie un più alto numero di pelli.

Figura 2.4.6 - Essiccatoio a sottovuoto

Sospensione all'aria. Quale che sia la tecnica con la quale le pelli sono state asciugate, queste vengono sottoposte ad un ulteriore asciugamento su catena aerea, durante la quale le pelli vengono appese a bastoni o tubolari di alluminio ( "essiccatoi a stendaggio" ) od intelaiate con l'uso di pinze ( “essiccatoi ad inchiodaggio" ).

L’essiccazione può essere realizzata “naturalmente”, in camere a circolazione forzata d’aria riscaldata, o in tunnel percorsi da una catena mobile (riscaldamento a microonde, a raggi infrarossi, per convezione).

4.5. Condizionamento, palissonatura, inchiodaggio.

La fase di condizionamento ha lo scopo di reumidificare la pelle in previsione del successivo trattamento di palissonatura. L'umidificazione è eseguita a spruzzo o per messa in segatura, seguita da impilaggio e riposo per l'uniformazione dell'umidità. I cuoi seccati e condizionati sono duri e cornei, poiché le fibre del cuoio si sono compattate a causa dell’asciugamento. E’ dunque necessaria l’ operazione di palissonatura, svolta tramite la macchina denominata palissone, nella quale si ammorbidisce la pelle attraverso un’energica azione meccanica, che rende le fibre

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uniformemente più cedevoli. Il precedente condizionamento è necessario, affinché non si verifichi la rottura delle fibre per stress meccanico.

L'operazione di inchiodaggio consiste nel sottoporre le pelli ad un'azione di stiro e bloccaggio delle dimensioni. I cuoi vengono montati e distesi su dei telai attraverso delle speciali pinze, ottenendo così un guadagno in superficie e un ulteriore stesura delle fibre.

5. Rifinizione

Con la rifinizione si nobilita l’aspetto del cuoio, oltre a proteggerne la superficie: questa operazione consta di tante lavorazioni meccaniche e chimiche, atte a migliorare l’aspetto della pelle. In generale, sul fiore vengono applicati, con vari tipi di macchine, resine polimeriche, caseine, cere, pigmenti e coloranti, allo scopo di impartire con precisione il colore voluto, coprire i difetti, dare brillantezza, tatto e tante altre caratteristiche. Questa operazione, molto complessa, esula dagli obiettivi prefissati, per cui non verrà analizzata nel dettaglio.

Dopo la rifinizione, i cuoi vengono sottoposti ad ultima scelta, misurati in base alla superficie e infine venduti.

Figura

Figura 2.1.1 - Schema processo conciario
Figura 2.2.3 - Scarnatrice, disposizione dei principali rulli e particolare del cilindro a
Figura 2.2.4 - Effetto del pH sul gonfiamento della pelle
Figura 2.3.1 A) Struttura della Catechina, B) Molecola dell'Acido Gallico, C) Molecola
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Riferimenti

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