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Academic year: 2021

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3. Consociazioni con colture di copertura: facilitative 

intercrops

Una categoria di consociazioni particolare è quella che associa una coltura da reddito con una coltura di copertura: la peculiarità di questo tipo di consociazioni consiste nel fatto che una delle componenti viene scelta in primo luogo per i servizi agroecologici che è in grado di assicurare, allo scopo di garantire un vantaggio produttivo alla componente redditizia (Vandermeer, 1989; Paolini et al., 1988; Liebman e Dyck, 1993; Wojtkowski, 2006).

Tali servizi agroecologici sono riconducibili ai meccanismi biologici generali che sono già stati presi in esame e che possono portare vantaggi produttivi in qualsiasi tipologia di consociazione: sono riassunti di seguito, con estrema sintesi.

• Maggiore disponibilità di alcuni elementi nutritivi, con la possibilità di sfruttare quote di tali elementi altrimenti non disponibili per la coltura principale.

• Controllo della vegetazione infestante.

• Minore incidenza di fitofagi, parassiti e patogeni.

• Condizionamento microambientale favorevole.

• Maggiore copertura del suolo e protezione dall'erosione.

Difficilmente una sola specie potrà soddisfare tutte queste esigenze in maniera ottimale: la scelta della coltura di copertura dovrà essere effettuata dopo aver stabilito una scala di priorità delle caratteristiche desiderabili, in base al contesto ambientale in cui si opera ed agli obiettivi produttivi che si perseguono.

Dal momento che la coltura di copertura non ha scopo produttivo all'interno delle consociazioni in esame, i criteri della scelta di queste componenti prescindono dalle valutazioni relative alla produzione vendibile, per concentrarsi invece su due ordini di considerazioni (Paolini et al., 1988; Wojtkowski, 2006):

 capacità di assicurare le funzioni agroecologiche di interesse, in un dato

contesto ambientale e in conseguenza di determinati obiettivi produttivi;

 alto grado di complementarità con la coltura principale, in modo da minimizzare

la competizione con essa.

Per quanto riguarda questo secondo requisito, Wojtkowski (2006) puntualizza alcune caratteristiche molto importanti per una coltura di copertura da inserire in

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consociazione con una coltura produttiva: essa dovrebbe avere una taglia inferiore alla coltura principale ed essere ben adattata all'accrescimento in condizione di ombreggiamento, oltre a possedere una buona capacità di copertura a livello del suolo ed una buona resistenza alle condizioni climatiche avverse. Essa deve inoltre adattarsi in modo soddisfacente alla sequenza delle operazioni colturali necessarie alla coltura principale, dalla semina alla raccolta. È auspicabile che possieda caratteristiche tali da risultare repellente per organismi dannosi, oppure in grado di attirare i loro nemici naturali, e proprietà allelopatiche nei confronti delle specie infestanti.

Le consociazioni con colture di copertura sono generalmente gestite con una di queste due tecniche principali:

− living mulch: la coltura di copertura è consociata con quella principale per tutta la durata dei loro cicli vitali (Ilnicki et al., 1992; Hiltbrunner et al., 2007);

− sovescio in coltura: la coltura di copertura viene interrata ad un certo punto del suo ciclo vitale, solitamente ad uno stadio piuttosto precoce di sviluppo (Pandley e Pendleton, 1986; Guiducci et al., 2007; Li Destri Nicosia, 2007).

In genere si ricorre alla tecnica del living mulch quando si attribuisce un peso maggiore agli obiettivi di controllo delle infestanti e protezione del suolo, mentre la tecnica del sovescio in coltura ha come obiettivo primario il contributo alla nutrizione della coltura principale: questa affermazione ha carattere puramente generale e indicativo, in quanto il vantaggio principale di questo tipo di tecniche risiede proprio nella molteplicità di servizi agroecologici che riescono a garantire.

L'adattamento della tecnica colturale convenzionale, in termini di tipologia di interventi e momento in cui vengono eseguiti, ricopre un'importanza fondamentale se si vogliono applicare con successo queste tecniche alternative. Gli interventi di gestione agronomica, come già discusso in precedenza, possono modificare in maniera rilevante i rapporti di competizione fra le colture consociate (Willey, 1979b; Midmore, 1993): dal momento che nella tipologia di consociazioni in esame c'è una sola componente produttiva, mentre l'altra è in larga misura “asservita” alla coltura principale, l'indirizzo degli equilibri competitivi nella direzione desiderata acquista un'importanza ancora maggiore rispetto alle consociazioni interamente produttive. A titolo di esempio sono di seguito sviluppate alcune riflessioni in merito ad alcuni aspetti particolari della tecnica colturale, seguendo le indicazioni rintracciabili nella bibliografia di riferimento.

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La decisione della data di semina può avere una grande influenza sullo sviluppo della consociazione, soprattuto se la coltura principale e la coltura di copertura vengono seminate contemporaneamente ma hanno esigenze termiche diverse in relazione alla germinazione e all'accrescimento nelle fasi precoci del ciclo (Midmore, 1993). Si può prendere in considerazione l'ipotesi di seminare le componenti in momenti diversi, così da limitare la competizione nelle prime fasi del ciclo di una componente che potrebbe essere particolarmente penalizzata da questo fenomeno (Ofori e Stern, 1987), benché questa soluzione richieda un maggior numero di passaggi in campo e quindi maggiori costi.

L'organizzazione spaziale della coltura può ricoprire un ruolo altrettanto importante nel modulare i rapporti di competizione e la complementarità ecologica fra le componenti (Midmore, 1993; Thorsted et al., 2006b): in particolare molti autori attribuiscono un peso rilevante al “grado di intimità” fra le componenti, suggerendo che con esso aumenti anche la possibilità di sfruttare pienamente i vantaggi potenziali delle caratteristiche complementari delle componenti (Willey, 1979b). Questo tipo di valutazione entra spesso in conflitto con la necessità di raggruppare le componenti in modo da facilitare la meccanizzazione delle operazioni colturali specifiche, ad esempio organizzando a coltura in strisce omogenee formate da un certo numero di file della stessa componente. Una soluzione intermedia, non sempre completamente soddisfacente per le necessità delle operazioni meccaniche, potrebbe essere la scelta di impiantare le componenti in file binate: in questo modo si salvaguarda la conservazione di un elevato grado di intimità fra le diverse componenti e nello stesso tempo si assicura un certo grado di raggruppamento degli individui della stessa componente perché possano essere sottoposti ad operazioni specifiche e diversificate fra le componenti (Midmore, 1993). Una soluzione di questo tipo, ad esempio, è stata adottata da Li Destri Nicosia et al. (2005) per facilitare l'interramento in coltura della veccia fra le file di frumento duro: entrambe le colture sono state seminate in bine per permettere l'accesso alla macchina utilizzata per il sovescio in coltura della leguminosa (multifresa) evitando di danneggiare la coltura principale.

Una considerazione relativa alla densità totale della coltura e ai rapporti fra le dosi di seme di ciascuna componente è d'obbligo: trattandosi di consociazioni in cui si ha generalmente una sola componente produttiva, è chiaro che il rapporto di semina tenderà a privilegiare quella componente, per assicurarle un vantaggio competitivo e salvaguardarne la capacità produttiva. Questo tipo di consociazioni è solitamente realizzato secondo disegni additivi (Paolini et al., 1988), in modo da mantenere la

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densità ottimale almeno per la coltura principale: tuttavia non sempre questo garantisce un vantaggio produttivo, soprattutto nel caso di produzioni che coinvolgono processi riproduttivi, a causa della forte competizione generata dall'elevato numero di individui presenti sull'unità di superficie (Midmore, 1993).

Si può valutare l'opportunità di effettuare operazioni colturali aggiuntive, specificamente mirate al controllo della coltura di copertura: queste costituiscono naturalmente ulteriori voci di costo, ma possono contribure alla reddività della coltura principale limitando la competizione operata dalla coltura di copertura, contribuendo al controllo delle infestanti ed alla nutrizione della coltura da reddito. Thorsted et al. (2006a) riportano ad esempio i risultati ottenuti in una consociazione di trifoglio bianco e frumento tenero con lo sfalcio della leguminosa e la biomassa lasciata come pacciamatura per contribuire alla nutrizione azotata: l'operazione, soprattutto se ripetuto due o tre volte nel corso del ciclo colturale, ha portato all'incremento della resa e del tenore proteico della granella del frumento, ma si è rivelata piuttosto costosa.

3.1 Consociazione di cereali con colture di copertura leguminose

Le consociazione di una coltura da reddito con una coltura di copertura riguarda nella grande maggioranza dei casi la

consociazione di un cereale con una leguminosa: questi due gruppi di colture presentano infatti un elevato grado di complementarità ecologica, soprattutto per quanto riguarda lo sfruttamento delle disponibilità di azoto (Campiglia et al., 1987; Ofori e Stern, 1987; Fujita, 1992; Thorsted et al., 2006c).

Sono di seguito approfonditi alcuni degli aspetti principali che possono essere valorizzati ricorrendo alla consociazione di cereali e coltura di copertura leguminose, in relazione alla nutrizione della coltura principale ed al controllo della vegetazione infestante.

3.1.1 Azoto

L'azoto è uno degli elementi chiave la cui disponibilità limita la resa delle colture da granella (Pandey e Pendleton, 1986): nelle consociazioni di cereali e leguminose gli aspetti principali legati allo sfruttamento delle disponibilità di questo elemento sono due.

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Innanzitutto la competizione diretta per questo elemento risulta generalmente molto ridotta fra specie graminace e leguminose, grazie al loro comportamento altamente complementare (Vandermeer, 1989): esse utilizzano due fonti diverse di tale elemento, in quanto la simbiosi specifica con batteri rizobi azotofissatori fa sì che le specie leguminose siano fra le poche specie vegetali in grado di sfruttare la più abbondante riserva naturale di azoto, costituita dalla forma gassosa N2 (78% dell'atmosfera

terrestre). Le specie graminacee fanno invece esclusivo affidamento sulle disponibilità di azoto nitrico presente nel terreno, fonte che in genere ricopre scarsa importanza per le leguminose (a meno di un fallimento nello stabilire la simbiosi con i rizobi).

Il secondo aspetto riguarda il trasferimento di quote di azoto fissato biologicamente dalla leguminosa al cereale, di cui si è già discusso nella sezione delle interazioni non competitive fra le componenti di una consociazione (vedi sezione 2.2.2). L'aspetto che acquista l'importanza maggiore in una consociazione cereale-leguminosa è la quantificazione della quota di azoto biologicamente fissato che può rendersi disponibile per l'assorbimento da parte del cereale durante il ciclo vitale della leguminosa e la comprensione dei meccanismi attraverso cui questo passaggio può avvenire.

L'escrezione di essudati radicali ricchi di azoto e la loro successiva mineralizzazione costituisce uno dei principali meccanismi accertati di trasferimento (Fujita, 1992): in relazione a questa possibilità acquista molta importanza il fatto che le colture siano coltivato con un elevato “grado di intimità”, in quanto la stretta interazione fra gli apparati radicali gioca un ruolo molto importante (Thorsted et al., 2006c). Xiao et al. (2004), in una prova in vaso, hanno stimato la quota di azoto trasferito da favino a vantaggio del frumento tenero, utilizzando una particolare tecnica di marcatura radioattiva (con 15N) dei tessuti del favino e vari gradi di interazione fra gli apparati

radicali: i risultati presentati da questi autori provano l'effettivo trasferimento di una quota di azoto fissato dal favino all'interno dei tessuti del frumento e ne stimano l'entità in circa il 5% dell'azoto complessivamente fissato dalla leguminosa.

Si ricorda anche la possibilità che la simbiosi micorrizica possa incrementare la quota di azoto trasferito alla graminacea: i funghi micorrizici (in particolare di quelli arbuscolo-vescicolari) sono organismi simbionti non specifici, quindi possono colonizzare le radici di specie molto diverse, e il loro coinvolgimento nel trasferimeno di elementi nutritivi attraverso le ife è accertato da numerose esperienze (Hamel et al, 1991; Frey e Schüepp, 1992; George et al., 1995).

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3.1.2 Fosforo

Il fosforo è solitamente presente in buona concentrazione nel terreno, ma le forme più diffuse di tale elemento non sono solubili in acqua e quindi non sono disponibili per l'assorbimento radicale: si tratta di fosfati di calcio o di ferro e alluminio, di fosfati adsorbiti su ossidi di ferro e alluminio, di forme organiche varie (Wang et al., 2007). Molte specie leguminose possiedono elevata capacità di solubilizzazione del fosforo presente nel suolo in forma non assimilabile per le piante, tramite l'escrezione di essudati radicali acidi e di enzimi del gruppo delle fosfatasi: la loro azione si concretizza nella formazione di chelati organici con gli ossidi idrati di Fe e Al, che occupa i siti con cui il fosfato reagisce preferenzialmente, e nell'incremento dell'attività fosfatasica sulla superficie radicale e nella rizosfera (Jones e Darrah, 1994; Kahm et

al., 1999; Vance et al., 2003).

Questa azione di solubilizzazione può favorire l'assorbimento di fosforo da parte di colture consociate con specie leguminose, a patto che i loro apparati radicali crescano nelle immediate vicinanze l'uno dell'altro (Wang et al., 2007): ancora una volta si ribadisce l'importanza di un elevato grado di intimità fra le componenti perché sia possibile ottenere vantaggi da una consociazione, soprattutto in merito ad aspetti riguardanti la nutrizione.

Diverse esperienze confermano la possibilità di incrementare la disponibilità di fosforo e l'effettivo assorbimento di tale elemento da parte di un cereale grazie alla consociazione con una leguminosa: conferme giungono da prove condotte in vaso (Gardner e Boundy, 1983; Li et al., 2003; Wang et al., 2007) con frumento tenero consociato con lupino o cece (Cicer aretinum L.) e da esperienze in campo con mais e favino (Li et al., 2007).

3.1.3 Infestanti

Liebman e Dyck (1993), in un ampio lavoro di sintesi sul controllo delle infestanti attraverso la diversificazione dei sistemi colturali, mettono in evidenza il fatto che la capacità di soppressione della vegetazione avventizia propria delle consociazioni emerge soprattutto nel caso in cui una delle componenti sia scelta principalmente per rispondere a questo scopo: difficilmente infatti le caratteristiche che qualificano una specie come “rinettante” (“weed smothering”) si accompagnano alla capacità di garantire produzioni economicamente interessanti e di buon livello quantitativo e qualitativo. La definizione di quali caratteristiche conferiscano una buona capacità di soppressione è molto importante ai fini della scelta della coltura di copertura: den

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Hollander et al. (2007a) indicano fra queste la rapidità di accrescimento nelle prime fasi del ciclo, una buona capacità di copertura del suolo e la formazione di una canopy di una certa altezza (importante per la competizione per la radiazione luminosa), basandosi su un ampio lavoro di confronto di numerose specie di trifoglio allo scopo di individuare quelle più adatte ad un utilizzo come living mulch.

Numerose specie leguminose, fra queste in particolar modo diverse specie di trifoglio, presentano caratteristiche molto promettenti per un utilizzo in consociazione con una coltura da reddito: infatti diversi autori riportano risultati molto soddisfacenti in termini di soppressione delle infestanti ottenuti attraverso la tecnica del living mulch, con l'impianto della coltura principale, in genere un cereale da granella, in una coltura di copertura leguminosa già stabilita (Ilnicki et al., 1992; Thorsted et al., 2006a; Hiltbrunner et al., 2007).

Nonostante la valutazione positiva sul controllo delle infestanti spesso l'impiego di questa tecnica porta risultati produttivi inferiori rispetto alla coltura principale in purezza, talvolta in maniera marcata, a causa della competizione esercitata dalla coltura di copertura con riferimento soprattutto all'acqua ed agli elementi nutritivi (Thorsted et al., 2006a; den Hollander et al., 2007b; Hiltbrunner et al., 2007). Numerosi sono gli interventi agronomici con cui si può porre rimedio a questa problematica, agendo sia al momento della pianificazione della coltura che in seguito durante la gestione operativa: si deve innanzitutto tener conto dell'abilità competitiva della specie e della varietà della coltura di copertura al momento della scelta, ed eventualmente valutare l'opportunità di tenerla sotto controllo nel corso del ciclo colturale con interventi meccanici (ad esempio sfalci ripetuti); per ridurre la competizione nei primi stadi di vita della coltura principale, invece di impiantarla direttamente all'interno di una coltura già affermata si può eseguire una lavorazione superficiale delle strisce su cui si impianteranno le file della coltura da reddito, oppure decidere di seminare le due colture contemporaneamente (Liebman e Dyck, 1993; den Hollander et al., 2007b). Un buon risultato, sia in termini di controllo delle infestanti che di risultato produttivo, è riportato da Li Destri Nicosia et al. (2007) per tre esperienze di consociazione temporanea di frumento duro con favino e con veccia, portate avanti in diverse zone dell'Italia centrale e meridionale: queste prove prevedevano il sovescio in coltura della coltura di copertura leguminosa all'inizio della fase di levata del cereale, combinando l'effetto di competizione della coltura di copertura con l'effetto rinettante della lavorazione fra le file della coltura principale.

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