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Capitolo 1. Introduzione

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Capitolo 1.

Introduzione

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1. L’Echinacea

1.1 Classificazione

Echinacea è un genere di piante erbacee, selvatiche e perenni, native

delle praterie centrali del Nord America, appartenente alla famiglia delle

Asteraceae o Compositae [1]-[5].

Tabella 1: Classificazione dell’Echinacea

A tale genere appartengono dieci specie [6]:

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6 Gli Autori suddividono il genere Echinacea in nove specie [7], in quanto l’Echinacea tennesseensis è indicata come una varietà di E. angustifolia per la forte somiglianza morfologica.

Recentemente, in base alla distribuzione dei principi attivi nelle diverse specie, è stata fornita una nuova classificazione tassonomica, che prevede quattro specie ed otto varietà. Il genere Echinacea è stato così suddiviso:

E. purpurea;

E.pallida varietà angustifolia, pallida, sanguinea, tennesseensis, simulata;

E. laevigata;

E. atrorubens varietà paradoxa, neglecta, atrorubens [8][9].

Linneo assegnò a questa pianta il nome Rudbeckia, in memoria di O. Ludbeck, botanico svedese del XVII sec. Il genere fu poi rinominato

Echinacea (dal greco echinos, riccio) da Moench, nel 1794,

probabilmente a causa della struttura dei semi, che possiedono alla loro sommità un margine con 4 denti appuntiti; secondo altri studiosi, tale nome deriva, invece, dalle brattee pungenti del capolino.

In passato vi era molta confusione sulla nomenclatura del genere e delle varie specie: fino a tempi recenti, infatti, queste sono state largamente confuse tra loro nelle caratteristiche e nelle proprietà, anche a causa di forti somiglianze morfologiche. Recentemente, attraverso moderni metodi analitici, si è pervenuti alla loro differenziazione filogenetica su basi biochimiche [10].

In terapia vengono utilizzati soltanto gli estratti di E. pallida, di E.

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7 1.2 Morfologia

Le Echinacee sono piante erbacee poliennali con riposo vegetativo invernale (la parte epigea si dissecca in autunno): appaiono dalla primavera inoltrata all’autunno e fioriscono tra Giugno e Agosto.

Il fusto, di altezza variabile da 50 a 150 cm, ha un portamento eretto, si presenta più o meno peloso, ramificato e rivestito di poche o molte foglie, a seconda della specie. Le foglie, riunite in rosette basali e poi distribuite lungo gli scapi, sono lanceolate od ellittiche, con margine intero o seghettato e generalmente provviste di peli. Il capolino è terminale, lungamente peduncolato, con ricettacolo conico, fiori ligulati (sterili) di lunghezza e tonalità variabili dal bianco-rosato al rosa-purpureo e fiori tubulosi (fertili) ermafroditi; il polline può presentare diverse colorazioni. Il frutto è un achenio quadrangolare con presenza od assenza di pigmentazione marrone chiaro all’apice e fornito di un piccolo pappo. L’apparato radicale è più o meno fascicolato, con radici singole di calibro differente [10]; il sapore è prima dolce, poi agrodolce; l’odore è nullo [7]. Nonostante le forti somiglianze morfologiche, è possibile individuare elementi caratterizzanti di ciascuna delle tre specie di Echinacea utilizzate in terapia.

L’E. angustifolia (Figura 1) ha una radice lunga e spinosa; il nome della specie deriva dalle caratteristiche foglie con lamina ellittico-lanceolata a margine intero, che si restringe all’apice e alla base.

La superficie della foglia è marcata da nervature principali che procedono più o meno parallele al lembo e si riuniscono insieme all’apice; la foglia presenta peli rigidi che la rendono ruvida al tatto. I fiori, irsuti e rigidi, con un disco prominente a forma di cono, sono circondati da petali dal colore viola più o meno intenso [12].

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Figura 1: Echinacea angustifolia

L’E. purpurea (Figura 2) ha radici fibrose e un rizoma che non penetra troppo profondamente nel terreno; questa specie si distingue dalle altre grazie alle foglie, al disco e ai fiori. Le sue foglie sono ovali, acuminate, grossolanamente dentellate e completamente glabre ed hanno i piccioli rossastri e le nervature lievi. Il suo disco è meno conico rispetto alle altre due specie. I suo fiori sono di colore viola intenso (da questo deriva il nome della specie). L’E. purpurea si può distinguere dalle altre specie anche grazie alla presenza di peli ruvidi e inclinati sui capolini.

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9 L’E. pallida (Figura 3) presenta caratteristiche morfologiche molto simili a quelle dell’E. angustifolia: le foglie basali sono lunghe circa 30 cm e larghe 4 cm e hanno peli ispidi e duri sulla lamina, per lo più sulla faccia inferiore; le foglie caulinari sono simili a quelle basali, ma sono di dimensioni inferiori. In alcuni casi, le foglie si distinguono, inoltre, grazie alla presenza di una profonda dentellatura. Sia le foglie basali che quelle del caule hanno tre nervature principali nella pagina inferiore. I fiori sono di colore viola chiaro:

Figura 3: Echinacea pallida

1.3 Distribuzione geografica e coltivazione

Le Echinacee sono originarie del Nord America, presentano un areale molto esteso, che va dalle zone costiere del Golfo del Messico alle Grandi Pianure, fino al Lago Grande a nord, alle montagne Rocciose ad ovest ed alla catena degli Appalachi ad est, interessando numerosi stati (Figura 4).

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Figura 4: Cartine geografiche - http://plants.usda.gov

Le Echinacee mostrano una notevole adattabilità alle diverse condizioni ambientali; crescono spontaneamente sia nelle zone di pianura che ad alta quota (fino ad oltre 1500 m di altitudine), privilegiando aree aperte e soleggiate, senza esigenze particolari di terreno, anche se prediligono suoli moderatamente fertili, ben drenati e tendenti al sabbioso, come quelli delle grandi praterie nordamericane [10]; sono capaci, inoltre, di tollerare la siccità e il gelo [13]. L’Echinacea da molto tempo è coltivata ampiamente anche in Europa, soprattutto in Germania proprio per le sue note proprietà medicinali [14].

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11 1.4 Storia, folklore e leggende sull’uso dell’Echinacea

Prima della colonizzazione da parte degli Europei, alcune popolazioni native americane (Blackfoot, Cheyenne, Choctaw, Comanche, Dakota, Delaware, Lakota, Sioux e altre) usavano alcune preparazioni a base di

Echinacea a scopo medicinale, preparando con le radici della pianta

impiastri per applicazioni cutanee, colluttori e infusi. Questi erano utilizzati per il trattamento di stomatite, mal di denti, raffreddore, tonsillite, infezioni, morsi di serpenti, tosse e stati infiammatori generici [2][3].

Dall’incontro con i nativi, i colonizzatori impararono a conoscere l’Echinacea. Le prime citazioni storiche sull’Echinacea risalgono a Clayton in “Flora Virginica” (1762) e a Schöpf in “Materia Medica Americana” (1787) [2][3]. Nel 1852 l’Echinacea entrò a far parte dell’American Dispensatory e verso la fine del XIX secolo fu utilizzata da un gruppo di medici noti come “Eclettici”, la cui pratica medicinale si basava principalmente sull’uso di piante per il trattamento di alcune infezioni batteriche croniche, della sifilide e di una varietà di disturbi a carico dei reni e del tratto urinario. L’Echinacea divenne così uno dei rimedi più popolari dei successivi cinquant’anni, anche se il suo utilizzo rimase circoscritto all’ambito della medicina popolare fino al 1870, quando un fornitore di specialità medicinali, il dott. H.C.F. Meyer, la inserì come ingrediente nel suo rimedio “Meyer’s Blood Purifier”. Questo preparato fu presentato come una sorta di panacea, efficace nel trattamento di intossicazioni del sangue, del morso del serpente a sonagli e di tutta una serie di altre malattie.

Nel 1916 le radici di E. angustifolia e di E. pallida vennero catalogate come droghe officinali e furono introdotte all’interno del Formulario Nazionale degli USA, dove permasero fino al 1950. Tuttavia, a causa del progressivo sviluppo dei farmaci di sintesi, negli anni seguenti la comunità medica perse interesse nei confronti delle erbe, inclusa l’Echinacea [15].

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12 Nonostante questo, nel secolo scorso, l’uso di preparazioni a base di

Echinacea è rimasto popolare in Nord America e in Germania [16], dove

la pianta fu per la prima volta analizzata e testata per scopi omeopatici. Oggigiorno la Germania è all’avanguardia nel settore commerciale e della ricerca scientifica, raggiunta solo nell’ultimo decennio dagli Stati Uniti [14].

Attualmente i prodotti a base di Echinacea costituiscono uno dei settori più ampi del mercato delle erbe medicinali: è stato stimato che le vendite del 1998, solo negli USA, hanno prodotto un giro d’affari di circa 300 milioni di dollari [17].

Centinaia di preparazioni commerciali, comprendenti succo puro pressato, estratti secchi totali alcolici o acquosi, foglie e fiori secchi in polvere, pomate o tinture sono disponibili in drogherie, farmacie e negozi di cibi naturali [14]. L’utilizzo delle tre specie medicinali di

Echinacea è ampio e diffuso; in Germania, più di 300 preparazioni

farmaceutiche contengono tali specie, spesso presenti in associazione tra loro o con altre sostanze. Tra i loro usi principali si riscontrano [18]:

 azione antibatterica e antifungina [19]-[22];  disinfezione delle ferite [23]-[26];

 cura di infezioni della cavità orale [25][27]-[30];  cura delle piaghe causate da Herpes simplex;  azione antivirale [8][31]-[36];

 azione antiossidante [25][37][38];

 prevenzione dell’influenza e del raffreddore [39]-[45].

1.5 Composizione chimica

Per molto tempo la radice di Echinacea è stata impiegata come droga e solo successivamente sono state individuate molecole

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13 biologicamente attive anche in altre porzioni della pianta, quali foglie, rizomi, fiori e semi (Figura 5).

Figura 5: Echinacea: parti della pianta e forma farmaceutica a base di estratto secco.

Fino ad oggi le tre specie di Echinacea (E. purpurea, E. angustifolia, E.

pallida) sono state usate in terapia indistintamente. Recentemente

sono stati condotti alcuni studi per identificare e caratterizzare i principi attivi peculiari di ognuna delle tre specie medicinali [18]. In particolare queste analisi hanno permesso di identificare delle notevoli differenze nella distribuzione dei composti chimici fra specie e specie.

Estratti alcolici di radici e foglie delle specie considerate sono stati inizialmente analizzati attraverso una cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC), quindi la loro massa è stata determinata con l’assorbanza alla luce ultravioletta e con analisi spettrofotometrica: questo metodo ha permesso di caratterizzare ed identificare i componenti ottenuti [46]. In questo modo è stato possibile

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14 individuare tre classi principali di composti chimici, ognuna delle quali risulta costituita da un numero variabile di principi attivi [47]: una frazione polifenolica, una frazione polisaccaridica ed una frazione lipofila.

frazione polifenolica La frazione polifenolica risulta composta da molecole di media polarità, che godono di una buona solubilità in alcool, annoverate sotto la comune definizione di fenilpropanoidi. A questo gruppo appartengono [48]:

 glicosidi dell’acido caffeico come l’echinacoside, il verbascoside ed il caffeoilechinacoside (Figura 6):

Figura 6: Struttura chimica dei fenilpropanoidi

 esteri dell’acido caffeico e dell’acido quinico come l’acido clorogenico e l’acido isoclorogenico (Figura 7):

Figura 7: Struttura chimica di acido clorogenico, isoclorogenico e cinarina.

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15  esteri che derivano dall’acido tartarico, come l’acido caftarico e

l’acido cicorico (Figura 8):

Figura 8: Struttura chimica dell’acido cicorico (acido 2,3-diceffeoil tartarico) e dell’acido caftarico (acido 2-caffeoil tartarico)

Nelle diverse miscele dei derivati dell’acido caffeico, l’echinacoside risulta come componente principale delle radici di E. angustifolia ed

E. pallida (4), mentre l’acido cicorico figura come primario nelle radici

e nelle porzioni aeree di E. purpurea [49][50]. La cinarina è presente nella radice di E. angustifolia [46], ma non in quella delle altre due specie e questo fa sì che si possa discriminare con certezza tra le radici di E. angustifolia e radici di E. pallida [13].

L’echinacoside costituisce la principale molecola di natura idrofila nella specie angustifolia, in percentuale variabile ed inferiore rispetto a quella riscontrata nell’E. pallida, pari allo 0.4-1.7% [51].

L’acido cicorico è presente in E. purpurea in concentrazioni variabili in relazione al periodo di crescita: campioni di questa specie raccolti in estate ed in autunno hanno hanno mostrato che, nel periodo compreso tra gennaio ed aprile, si ha una significativa diminuzione del contenuto del principio attivo nelle porzioni aeree (75%) piuttosto che nelle radici (25%). Gli stessi Autori [51] hanno effettuato test analoghi valutando i livelli di acido caftarico, ma i risultati ottenuti mostrano una diminuzione della sua concentrazione soltanto nelle parti apicali della pianta. Perry e coll. [51] hanno condotto studi analoghi sui composti fenolici delle altre due specie di Echinacea ed

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16 hanno rilevato che la variazione stagionale delle droghe considerate è simile (studi non disponibili).

L’acido clorogenico è stato invece ritrovato nelle tre principali specie di Echinacea, concentrato soprattutto nelle parti aeree [47].

frazione polisaccaridica La frazione polisaccaridica è la parte polare dei principi attivi ed è formata da strutture ad alto peso molecolare come eteroxilani, arabinogalattani, xiloglucani e fruttani, che, nel loro insieme, si ritengono i responsabili dell’attività immunomodulatrice dell’Echinacea. Nello specifico sono due i polisaccaridi, isolati dalle porzioni apicali di E. purpurea, dotati di questa attività: PSI, un metilglucuronoarabinoxilano (PM 35KD) e PSII, un acido ramnoarabinogalattano (PM 450KD)[52].

Il succo ottenuto dalla spremitura delle parti aeree di E. purpurea contiene polisaccaridi eterogenei con peso molecolare inferiore a 10KD, porzioni di tipo inulinico (PM 6KD), un polisaccaride acido altamente ramificato dell’arabinogalattano (PM 70KD)[53], ed Echinacina B una molecola polisaccaridica specie specifica. Dal succo della pianta si ottengono anche glicoproteine: alcune di queste hanno una ricca componente polisaccaridica, mentre altre possiedono una maggiore concentrazione amminoacidica in serina, alanina ed idrossiprolina [54].

frazione lipofila La porzione lipofila delle specie di Echinacea contiene, oltre ai componenti tipici degli oli essenziali [7], numerosi acetileni ed alchilamidi [47]. La famiglia delle Asteraceae è nota per contenere alti livelli di questi composti, soprattutto nelle radici. Tra le tre specie del genere Echinacea la pallida è quella in cui si riscontra la maggior concentrazione di chetoalcheni e chetoalchini [13]. Queste sostanze conferiscono alla radice di questa pianta un caratteristico sapore di terra, fatto che ne agevola l’identificazione.

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17 Le alchilamidi non sono costituenti comuni delle piante: se ne contano almeno venti, principalmente isobutilammidi di acidi grassi a lunga catena lineare con legami olefinici e/o acetilenici [55][56][57][58]. Sono chimicamente formate da acidi carbossilici altamente insaturi, legati ad ammine, più comunemente isobutilammine o 2-metilbutilammine. L’alto quantitativo di doppi legami è uno dei fattori di instabilità di queste molecole, che possono andare incontro a fenomeni ossidativi [13].

Lo studio del profilo fitochimico della porzione lipofila, attraverso l’analisi di estratti alcolici delle tre specie vegetali con HPLC a fase inversa, ha consentito una discreta caratterizzazione tassonomica. La maggior parte delle alchilamidi presenti in E. purpurea sono composti del tipo 2,4-dieni; le radici di E. angustifolia sono caratterizzate dalla presenza di alchilammidi monoeni e tetraeni, mentre in E. pallida i composti principali sono polieni e poliini [9].

Un’analisi dettagliata dei principali componenti lipofili presenti nelle radici di Echinacea purpurea attraverso tecnica GC-MS, ha permesso l’identificazione di tre gruppi di composti.

Le alchilamidi costituiscono la frazione principale (86,13%), di cui l’isobutilammide dell’acido dodeca-2E,4E,8Z,10E/Z tetraenoico è il maggior rappresentante (29,37%) insieme al suo corrispettivo geometrico 10E (15,07%), (Figura 9):

Figura 9: Struttura chimica dell’isobutilammide

C H3 N O C H3 H H

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18 I sesquiterpeni sono la porzione lipofila seconda per quantità (13,19%), mentre i polieni sono stati riscontrati soltanto in tracce (0,68%)[59].

Binns e coll. [9] hanno condotto uno studio sulle principali classi dei componenti di Echinacea, sia idrofili che lipofili, ed hanno riscontrato che la loro disposizione tra le diverse specie esistenti può tradursi con una nuova classificazione tassonomica. Questa revisione ha permesso di evidenziare che i maggiori contenuti di acido cicorico si concentrano nelle infiorescenze più vecchie di E. pallida var.

sanguinea, mentre quelle di alchilamidi sono presenti nelle radici di E. purpurea.

Già nel 2001 Sloley e coll. [46] avevano evidenziato che una precisa distribuzione delle droghe può permettere la distinzione di estratti ottenuti da foglie e da radici delle tre specie più usate. L’analisi accurata degli Autori ha consentito la seguente schematizzazione per i contenuti nelle radici:

Acido cicorico e verbascoside in estratti di E. purpurea.

 Cinarina ed isobutilammide dell’acido dodeca-2E,4E,8Z,10E/Z- tetraenoico in estratti di E. angustifolia.

Echinacoside e 6-O-caffeoilechinacoside in estratti di E. pallida.  Assenza di isobutilammide dell’acido dodeca-2E,4E,8Z,10E/Z

tetraenoico negli estratti di E. pallida ed abbondanza del contenuto di acido cicorico.

Assenza di acido cicorico negli estratti di E. angustifolia.  Abbondante presenza di acido cicorico ed isobutilammide

dell’acido dodeca-2E,4E,8Z,10E/Z tetraenoico negli estratti di E.

Figura

Tabella 1: Classificazione dell’Echinacea
Figura 1: Echinacea angustifolia
Figura 3: Echinacea pallida
Figura 4: Cartine geografiche - http://plants.usda.gov
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