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OLFATTOMETRIA DINAMICA (Normativa TecnicA EN 13725)

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3

OLFATTOMETRIA DINAMICA

(Normativa TecnicA EN 13725)

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Quando all’inizio degli anni ’70 diventava sempre più urgente la necessità di gestire in modo efficace il problema delle emissioni maleodoranti, furono evidenti le lacune normative e metodologiche dell’approccio all’inquinamento olfattivo. I Paesi Europei più all’avanguardia in campo scientifico e ambientale, come Olanda, Francia e Germania, e poi anche Stati Uniti, Canada e Australia, si mossero con le prime linee guida specifiche, producendo un mosaico di diversi approcci alla misura degli odori e alla valutazione dell’impatto olfattivo [15,16,29]. Anche se fin da subito si individuò nelle tecniche sensoriali, ed in particolare nell’olfattometria, lo strumento più adatto alla complessa e particolare natura degli odori, mancavano metodologie univoche e standard che garantissero l’oggettività e la riproducibilità delle misure.

Per questo, nel 1992, all’interno del Comitato Europeo per la Normalizzazione (CEN), venne istituita la (sub)Commissione Tecnica CEN/TC264/WG2 “Qualità dell’Aria – Odori”, con l’obiettivo di sviluppare procedure standard per la misura olfattometrica dei livelli di odore, e di introdurre (per la prima volta nel campo delle misure sensoriali) i criteri di qualità per i risultati sperimentali, in termini di accuratezza e precisione. Nel 1995 fu pubblicata una prima bozza dello Standard prEN 13725 (Draft): “Determinazione della concentrazione di odore mediante olfattometria dinamica”, elaborata sulla base principalmente dei regolamenti e delle metodologie già esistenti in Germania, Olanda e Francia, e diffusa per raccogliere osservazioni dal mondo scientifico. La versione definitiva è stata pubblicata nel 2003: “Qualità dell’aria- Determinazione della concentrazione di odore mediante olfattometria dinamica”, senza modifiche significative rispetto alla prima bozza ma con una più ampia e dettagliata sezione dedicata al campionamento delle emissioni odorigene [3]. L’Italia ha avuto un ruolo passivo nello sviluppo del metodo e solo adesso si stanno muovendo i primi passi di uniformamento alla Norma CEN, attraverso l’imposizione di limiti alle emissioni degli impianti di compostaggio (in realtà si tratta di provvedimenti decretati solo da alcune Province).

In questo capitolo viene prima di tutto descritto il metodo olfattometrico come riportato dalla Normativa Tecnica Europea: procedure di campionamento, modalità di conduzione delle misure di concentrazione e di selezione del panel, criteri di qualità per i risultati, ecc. Vengono anche discussi i vantaggi introdotti dell’olfattometria rispetto alle classiche tecniche di analisi, i principali limiti che tutt’oggi presenta e i futuri obiettivi della ricerca sugli odori. Nella seconda parte, viene descritto il laboratorio olfattometrico TESECO, di cui si è usufruito per la parte sperimentale di questo lavoro di tesi, che è stato realizzato in modo da rispondere pienamente ai requisiti richiesti dalla EN 13725.

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3.1 IL METODO OLFATTOMETRICO

L’olfattometria è una tecnica sensoriale che consiste nell’impiego di uno strumento di diluizione (olfattometro) per la presentazione controllata degli odoranti, a vari livelli di concentrazione, ad un panel di valutatori, e nella registrazione ed elaborazione statistica delle loro risposte, per ottenere il risultato finale della misura. Attraverso l’olfattometria si misura principalmente la concentrazione di odore, in relazione alla determinazione della soglia di percezione del panel, ma, a livelli di concentrazione superiori alla soglia, si possono valutare anche intensità di odore e tono edonistico, parametri altrettanto importanti per la valutazione del disturbo (Capitolo 2). La Norma EN 13725 però tratta solo la misura della concentrazione di odore; indicazioni per la misura olfattometrica di intensità e tono edonistico si trovano nelle Norme Tecniche Tedesche VDI 3882 e VDI 3883.

La EN 13725 comprende una sezione dedicata al campionamento, in cui si specificano sia i principi generali per la pianificazione di campagne d’indagine rappresentative della sorgente o del fenomeno in esame, sia le procedure per effettuare prelievi di effluente dalle diverse tipologie di fonti odorigene e le modalità di trasporto e conservazione dei campioni fino al momento dell’analisi.

3.1.1 PRINCIPIO DEL METODO OLFATTOMETRICO

L’olfattometro effettua la miscelazione del campione odoroso con aria neutra e inodore, e poi lo invia alle postazioni di misura dei valutatori che partecipano all’analisi. Essi sono chiamati, a turno, ad annusare il campione e a confrontarlo con un riferimento di sola aria neutra, per dare una risposta in termini di “sento” o “non sento” l’odore (come differenza rispetto al riferimento). Entrambi i flussi sono forniti attraverso apposite “porte di annusamento”, che possono avere varie configurazioni (coni metallici rovesciati, mascherine). Inizialmente, si imposta sullo strumento una diluizione piuttosto spinta del campione originale, tale che nessun panellist percepisca differenze con l’aria neutra. Dopodiché, le diluizioni procedono decrescendo ogni volta di un fattore di scala (FS), costante e caratteristico dello

strumento (generalmente compreso tra 2 e 3), e ogni nuova concentrazione dell’odorante viene presentata al panel, fino a che non si raggiunge il valore in corrispondenza del quale la metà dei valutatori avverte l’odore. Tale concentrazione corrisponde alla soglia olfattiva di percezione del panel, definita come la concentrazione minima di odorante che è percepita con probabilità pari a 0,5 (Capitolo 1). Le risposte del panel vengono acquisite ed elaborate statisticamente dal software che generalmente supporta l’olfattometro. La concentrazione di odore (in Unità Odorimetriche) è numericamente uguale al fattore di diluizione alla soglia di percezione: una concentrazione pari a 100 OU/m3, significa che il campione originale è stato diluito di un fattore 100 per raggiungere la soglia del panel.

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C

od

C

od threshold = 1 OU/m3 Fattore di diluizione alla

soglia di percezione Z

Concentrazione di odore dell’odorante incognito

Concentrazione di odore alla soglia di percezione del panel

Figura 3.1: Principio del metodo olfattometrico

Poiché per raggiungere la soglia del panel il campione deve essere diluito Z volte secondo il fattore FS, la

concentrazione di odore iniziale nel campione (Cod) sarà Z volte più alta di quella corrispondente alla

soglia di percezione. Per definizione, la concentrazione di qualunque odorante singolo o complesso, corrispondente alla soglia di percezione, è pari a Ctreshold=1 OUE/m3, per cui la concentrazione di odorante

nel campione originale sarà determinata mediante la semplice relazione:

C

od

= Z × C

od threshold

= Z

[OUE/m3] (3.1)

3.1.2 UNITÀ DI MISURA DELLA CONCENTRAZIONE DI ODORE

La concentrazione di odore è numericamente uguale al fattore di diluizione alla soglia di percezione che, essendo un rapporto, è di per sé un numero adimensionale. Tuttavia, per esprimere e trattare la concentrazione di odore in modo analogo alla concentrazione in massa dei comuni inquinanti gassosi, è stata introdotta la OU/m3.

La Odour Unit (Unità di Odore, 1 OU) viene definita come la quantità di odorante che, fatta evaporare in 1 m3 di aria neutra, in condizioni standard di temperatura e pressione (T=25°C e P=101,3KPa), ed

analizzata mediante olfattometria dinamica, produce nel panel una risposta fisiologica (soglia di percezione) equivalente a quella generata da una quantità del gas di riferimento n-butanolo pari a 123 µg, fatta evaporare in 1 m3 di aria neutra in condizioni standard (si produce una concentrazione di n-butanolo pari 0,04 µmoli/moli). Questo implica che qualsiasi odorante, singolo o complesso, in corrispondenza della soglia di percezione, ha una concentrazione uguale a 1 OUE/ m3, come n-butanolo.

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La relazione che collega la concentrazione in massa del gas di riferimento n-butanolo a quella di qualunque altro odorante in OUE/m3 è valida solo alla soglia di percezione, e per questo l’analisi

olfattometrica procede alla presentazione di varie diluizioni del campione originale fino alla soglia del panel, dalla quale poi si ricava la concentrazione di odore iniziale. Essa, inoltre, si basa su una forte assunzione, ossia che la risposta del panel all’odorante di riferimento sia indicativa della sua sensibilità verso qualsiasi altro odorante (ipotesi di trasferibilità). Tuttavia, è noto che la sensibilità olfattiva umana varia notevolmente non solo tra soggetti diversi ma anche per lo stesso individuo nei confronti di sostanze diverse, nel tempo, in relazione alle sue esperienze passate, e in generale, in condizioni diverse (Capitolo 1). Pertanto, tra i più urgenti obiettivi futuri della ricerca sugli odori è compresa la produzione di nuovi odoranti di riferimento, non solo singoli composti diversi da n-butanolo, ma anche miscele che riproducano le emissioni delle più comuni sorgenti odorigene ambientali.

3.1.3 RIFERIMENTI NORMATIVI

Le seguenti Normative sono state esplicitamente seguite e citate nello Standard Europeo. Per i riferimenti ad altri regolamenti e fonti consultati per questo studio si rimanda alla bibliografia generale.

ISO/DIS 5725, part 1: 1990 Accuratezza (veridicità e precisione) del metodo di misura e dei risultati.

Parte 1: Principi generali e definizioni.

ISO/DIS 5725 part 2: 1990 Accuratezza (veridicità e precisione) del metodo di misura e dei risultati.

Parte 2: Un metodo di base per la determinazione della ripetibilità e della riproducibilità di un metodo di misura standardizzato.

ISO/DIS 5725 part 4: 1990 Accuratezza (veridicità e precisione) del metodo di misura e dei risultati.

Parte 4: Un metodo di base per la stima della veridicità di un metodo di misura.

ISO/DIS 9096: 1992 Emissioni da sorgenti stazionarie. Determinazione della concentrazione e della

portata in massa di materiale particolato nelle tubature per il convogliamento di gas. Metodo gravimetrico manuale, prima edizione.

ISO/DIS 9169: 1994 Qualità dell’aria. Determinazione delle caratteristiche di esecuzione dei metodi di

misura.

ISO 10870: 1994 Metodo per misurare la velocità e la portata volumetrica di flussi gassosi in condotti.

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3.2 PROCEDURE PER IL CAMPIONAMENTO

Il campionamento rappresenta la fase più critica dell’intera strategia di analisi per la maggior parte delle indagini ambientali, principalmente per due motivi.

Per prima cosa, spesso si incontrano notevoli difficoltà nel pianificare un campionamento effettivamente rappresentativo del fenomeno in esame, specie quando le informazioni a disposizione sono scarse o inattendibili o quando il sistema presenta elevata complessità o variabilità spaziale e temporale. Per questo, prima di procedere con l’analisi vera e propria, è opportuno raccogliere tutti i dati disponibili sul caso, ed eventualmente effettuare misure e valutazioni preliminari. In questo modo è possibile pianificare un campionamento mirato, che garantisca un buon grado di dettaglio nella caratterizzazione della sorgente anche con poche risorse, e che stabilisca con precisione numero e tipo di campioni da prelevare, distribuzione spaziale dei punti, tempi e frequenze di campionamento [34].

Inoltre, le numerose fasi di manipolazione dei campioni, il loro contatto con la strumentazione di prelievo, l’esposizione all’aria, alla luce o ad altri agenti, rappresentano potenziali fonti di contaminazione. Se i campioni non conservano la composizione e le proprietà chimico-fisiche originali, i risultati delle analisi possono risultare alterati. È necessario quindi scegliere accuratamente la strumentazione, in modo che i materiali siano compatibili con le sostanze da determinare, e fare eventualmente ricorso a vari metodi di stabilizzazione e conservazione dei campioni [34].

Entrambi i fattori di criticità descritti risultano amplificati nel caso della misura degli odori. Infatti, le sorgenti odorigene (soprattutto quelle diffuse, come le discariche) sono spesso molto complesse, variabili e fortemente dipendenti dalle condizioni meteorologiche, rendendo così estremamente difficile effettuare campionamenti razionali e rappresentativi. Inoltre, è noto che l’odore caratteristico di un effluente dipende strettamente dai rapporti di concentrazione tra i singoli componenti odorigeni, la maggior parte dei quali sono presenti a concentrazioni molto basse. Diventa quindi particolarmente importante, e allo stesso tempo difficile, mantenere inalterata la composizione originale del campionate [14,35,36].

3.2.1 METODI DI CAMPIONAMENTO DEGLI ODORI 3.2.1.1 Campionamento statico e campionamento dinamico

Il campionamento di tipo statico è quello maggiormente utilizzato per gli odoranti, perché si può applicare a qualsiasi tipo di sorgente, sia incanalata che diffusa, ed anche a quelle che variano nel tempo, come la maggior parte delle fonti odorigene reali. Esso, tuttavia, implica spesso problemi di potenziale alterazione associati alla necessità di conservare i campioni per un certo tempo a contatto con materiali estranei. L’alterazione della composizione e delle caratteristiche originali dei campioni può avvenire a causa si vari fenomeni [34]:

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• perdita di analiti per adsorbimento sulle superfici interne;

• rilascio di specie chimiche dalle pareti dei contenitori, fra cui composti odorigeni responsabili dell’“odore di fondo”;

• reazioni chimiche, trasformazioni dei componenti della miscela; • alterazione delle specie fotosensibili per esposizione alla luce; • danneggiamento dei campioni durante il trasporto.

La probabilità che i fenomeni descritti avvengano, aumenta con il tempo di conservazione dei campioni, ossia con il tempo di contatto tra il campione e i materiali estranei. Per limitare gli effetti di contaminazione, la Norma EN specifica che i campioni prelevati e trasportati al laboratorio olfattometrico devono essere analizzati entro il più breve tempo possibile, e comunque non oltre 30 ore dopo il prelievo. L’impiego di un metodo di campionamento di tipo dinamico, mediante il quale la miscela gassosa prelevata dalla sorgente viene trasferita direttamente allo strumento di misura mediante un flusso continuo, evita lo stadio di conservazione dei campioni e quindi riduce il pericolo di contaminazione. Tuttavia, questo tipo di campionamento è raramente utilizzato, sia perché è applicabile solo ad emissioni con livello di concentrazione costante per tutta la durata del prelievo (condizione che si verifica raramente per le comuni sorgenti odorigene), sia perché implica notevoli difficoltà di realizzazione, necessitando di un laboratorio olfattometrico mobile, alloggiato in un furgone o in un container, che possa essere portato sulla sorgente fino al punto di prelievo.

3.2.1.2 Campionamento mediante sacche di materiale plastico (“Lung – principle”)

La Norma Europea consiglia una tecnica di campionamento statico fondata sul cosiddetto “lung – principle” (principio del polmone). Essa consiste nell’impiego di un contenitore rigido in plastica (vessel), a tenuta, all’interno del quale viene posizionato il contenitore di raccolta, una sacca in materiale polimerico di volume variabile ma generalmente superiore a 50 L. Ad essa viene collegata, attraverso un sistema di connessioni, la sonda di prelievo, posizionata nella postazione di campionamento. Mediante una pompa viene aspirata l’aria nell’intercapedine tra le pareti del contenitore e la busta, richiamando così un volume di campione pari a quello aspirato. Questo metodo è quello generalmente utilizzato perché non implica il contatto diretto tra campione e materiali della pompa, che possono contaminarlo, a differenza del pompaggio diretto, in cui una pompa premente spinge direttamente il gas dalla sorgente nella busta. Il gas infatti, per entrare nella busta, viene in contatto solo con la sonda e con il tubo di collegamento col vessel, generalmente realizzati in politetrafluoroetilene (Teflon PTFE®) e quindi altamente inerti. Il contenitore rigido è generalmente dotato di un oblò sul coperchio per l’ispezione visiva del sacchetto durante il prelievo.

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Figura 3.2: Sistema di campionamento

Come per il campionamento finalizzato a qualunque altro tipo di analisi, la regola generale è minimizzare sia le parti di strumentazione a contatto diretto con il campione, sia i tempi di contatto tra materiali dell’attrezzatura e miscela campionata (quindi tubi di lunghezza minima, minimo numero di connettori e valvole, ecc.) [34].

La Normativa Tecnica Europea suggerisce una serie di requisiti per i materiali della strumentazione di campionamento, ed in particolare per le sacche in cui i campioni vengono prelevati e conservati:

• assenza di odore proprio; • inerzia chimica;

• bassa permeabilità ai gas e ai vapori.

Altre caratteristiche che, pur non essendo esplicitamente citate, contribuiscono a limitare la contaminazione dei campioni sono:

• bassa tendenza all’adsorbimento (superfici liscie, antiadesive e il più possibile inerti); • resistenza meccanica [34].

Le buste per il campionamento dei gas sono disponibili sul mercato in diversi materiali, per lo più polimeri plastici (Tedlar®, Teflon®, Nalophane®, Saran®) o combinazioni multistrato di polimeri e film metallici (Cali-5-Bond®), in forme, dimensioni e volumi variabili da pochi a più di 100 L (la misura sensoriale richiede generalmente volumi elevati di campione).

I materiali ritenuti più idonei secondo la Normativa Europea, sono:

• Copolimeri di terafluoroetilene-esafluoropropilene (Teflon®, FEP) • Polivinilfluoruro (Tedlar®, PVF)

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Uno dei principali problemi legati all’impiego delle sacche è l’odore di fondo che esse possono presentare a causa del rilascio di specie odorigene dalle loro superfici interne, soprattutto solventi, che rimangono nei film polimerici come residuo dopo le varie fasi di sintesi e trattamento. Tali residui possono essere rilasciati nel tempo con leggi che variano a seconda del materiale e del grado di contaminazione, ma, nella maggior parte dei casi, la loro natura e le quantità presenti nei film sono sconosciute. Per limitare l’effetto di questo fenomeno, le buste nuove devono essere sottoposte ad una procedura di pulizia prima del loro utilizzo, riempiendole e svuotandole con aria neutra ed inodore, in modo da rimuovere i composti rilasciati dalle superfici interne delle buste. La Normativa Tecnica CEN consiglia di flussare almeno 3 volte successive ogni sacchetto prima del suo utilizzo, ma per alcuni lotti di buste possono essere necessari numerosi cicli per ridurre significativamente l’odore residuo.

La EN 13725 indica anche un test da eseguire sui sacchetti puliti prima del loro utilizzo, per misurare i valori di odore residuo e verificare l’efficienza della pulizia. Il test consiste nel riempire almeno tre buste (pulite preliminarmente almeno tre volte) del materiale in esame con aria o gas inodore, e di conservarle per 30 ore. Alla fine del tempo di conservazione l’aria contenuta nelle buste viene sottoposta ad analisi olfattometrica per determinare la concentrazione di odore, che si può ritenere dovuta esclusivamente al rilascio di odoranti delle pareti delle buste. L’odore del materiale si considera trascurabile se il risultato più elevato della misura (la concentrazione di odore più elevata tra le tre buste) è inferiore di almeno un fattore FS4 al valore di concentrazione atteso per il campione, o se comunque, in nessuno dei tre casi il

panel raggiunge la soglia. Altrimenti, il risultato dell’analisi olfattometrica potrebbe essere falsato, in modo imprevedibile, dalla sovrapposizione dell’odore della busta con quello del campione. Dal momento che non si può pensare di separare i due contributi all’odore complessivo misurato, non si può ottenere un risultato valido e non ambiguo per la concentrazione di odore nel campione. Il test presuppone che si siano effettuate delle misure olfattometriche preliminari per stimare l’ordine di grandezza della concentrazione di odore alla sorgente in esame, con il quale confrontare i valori ottenuti per l’odore residuo delle buste. Quindi, l’idoneità o meno di un materiale al prelievo e alla conservazione di odoranti non è mai assoluta, ma dipende dalle specifiche condizioni sperimentali, come la concentrazione iniziale di odore e la composizione dell’effluente.

Nell’autunno 2003 è stato condotto uno studio finalizzato alla valutazione e al confronto di tre diversi tipi di sacche: Nalophane® (PET), Tedlar® (PVF) e Cali-Bond® (multistrato costituito da quattro fogli polimerici e un film di alluminio). Sono state condotte misure olfattometriche, per valutare l’odore residuo di ciascun materiale, ed analisi chimiche (GC-MS), per determinare il rilascio di sostanze dalle superfici interne delle sacche. I risultati hanno dimostrato che il Nalophane è il materiale meno contaminato, oltre che il più economico, presentando un odore di fondo praticamente impercettibile e quantità trascurabili di contaminanti.

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Il riutilizzo delle buste è fortemente sconsigliato, specie se sono state impiegate per prelevare campioni ad elevata concentrazione di odore o se i campioni sono stati conservati per molto tempo. Tuttavia in alcuni casi si possono riutilizzare, ma devono essere accuratamente pulite, mediante ripetuti cicli di flussaggio con aria neutra, per eliminare ogni possibile traccia e odore residuo dei campioni precedentemente contenuti.

Prima del prelievo vero e proprio dei campioni, le buste devono essere precondizionate con l’aria o l’effluente da campionare, ossia devono essere riempite parzialmente con essa almeno una volta, e poi nuovamente svuotate. La procedura di condizionamento serve per rendere più inattiva possibile la superficie interna delle buste, che verrà in diretto contatto con il campione, saturando eventuali siti di adsorbimento o di interazione.

Infine, quando la concentrazione attesa per il campione è molto elevata o quando i gas emessi hanno elevata temperatura ed umidità, si consiglia di effettuare una prediluizione del campione, riempiendo preliminarmente la busta con una quantità nota di aria o gas inodore, che andrà a diluire (in un rapporto esattamente noto, generalmente compreso tra 1 e 3) la miscela prelevata alla sorgente. Lo scopo della prediluizione è quello di limitare la probabilità che si formino vapori o condense sulle pareti delle buste che possono provocare perdite di composti che vengono così sottratti all’analisi. Per lo stesso motivo è necessario anche controllare sempre la temperatura a cui si trovano i campioni, che generalmente dovrebbe essere mantenuta costantemente uguale a quella dell’emissione, e comunque non inferiore a 25°C [34]. La prediluizione si effettua con aria o azoto neutri e trattati in modo da essere il più inodori possibile. La Norma Europea consiglia le seguenti modalità per ottenere il gas neutro:

• aria generata mediante un compressore (che funzioni senza nessun tipo di olio), filtrata per rimuovere il materiale articolato, deumidificata per evitare la condensazione e infine passata su carboni attivi per rimuovere eventuali odori residui;

• aria sintetica già neutra e inodore, direttamente prelevata da una bombola; • azoto prelevato direttamente da una bombola.

3.2.2 STRATEGIE DI CAMPIONAMENTO

La definizione della strategia di campionamento prevede la pianificazione di un campionamento rappresentativo, che assicuri la raccolta di campioni idonei a fornire un’immagine sufficientemente fedele della sorgente o del fenomeno in studio, e la scelta di una tecnica di prelievo adeguata alla natura e alle caratteristiche della fonte emissiva.

È di fondamentale importanza programmare il campionamento in tutti i dettagli, formulando una strategia di campionamento che tenga in considerazione l’obiettivo delle misure, la natura della corrente di odorante, la sua variabilità spaziale e temporale. È quindi consigliabile una visita preliminare sul luogo per prendere conoscenza dei seguenti dati:

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• identificazione dei processi rilevanti di produzione di odore;

• posizionamento delle fonti di emissione di odore (per stabilire la localizzazione e la distribuzione spaziale dei punti di prelievo);

• le eventuali fluttuazioni nel tempo delle emissioni di odore (per programmare i tempi e le frequenze di prelievo);

• le condizioni che possono influenzare le emissioni di odore, prime fra tutte le condizioni atmosferiche

• accertamento dei potenziali rischi di tossicità delle emissioni.

In base alle informazioni raccolte o già disponibili sul sito e sul fenomeno emissivo oggetto dell’analisi, si definisce la campagna di campionamento e misura, che deve essere mirata in modo da ottimizzare l’impiego di risorse e garantire comunque un buon dettaglio nella rappresentazione del sistema [34,36].

3.2.3 TECNICHE DI CAMPIONAMENTO PER LE VARIE SORGENTI ODORIGENE

La tecnica specifica di campionamento dipende ovviamente dal tipo di sorgente in esame. Le sorgenti odorigene possono essere classificate come segue:

o Sorgenti puntuali, caratterizzate da emissioni che possono essere assunte puntiformi, generalmente convogliate verso un’apertura di dimensioni ridotte dalla quale fuoriesce l’effluente gassoso (camini, ventole).

o Sorgenti diffuse, caratterizzate da emissioni distribuite su una superficie estesa (non riconducibile ad un punto) in modo più o meno uniforme a seconda del tipo specifico di sorgente. Possono essere di due tipi:

¾ Sorgenti areali con un flusso emissivo proprio (attive), caratterizzate da una portata emissiva definita e misurabile, anche se generalmente molto bassa (biofiltri, vasche di areazione per la depurazione di acque e fanghi, cumuli di compost ventilati, ecc.);

¾ Sorgenti areali senza un flusso emissivo proprio (passive), caratterizzate dall’assenza di un flusso proprio misurabile, si parla più che altro di “rilascio” di odori, in modo spesso molto eterogeneo e molto variabile nel tempo; sono le sorgenti più difficili da campionare, con i maggiori problemi di rappresentatività dei campioni (discariche, cumuli di compost, vasche di sedimentazione per la depurazione delle acque e dei fanghi).

o Sorgenti “a fuga”, termine generale per indicare qualsiasi emissione odorigena, generalmente accidentale, casuale, che non può essere correttamente definita e quantificata perché non chiaramente individuabile (perdite da tubi e valvole, da strutture o impianti, dai teli di copertura di vasche e di cumuli di rifiuti o di compost, sfiati di ventilazione passivi, rilasci occasionali dal

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suolo, ecc.); generalmente tali emissioni sono di breve durata e di scarsa entità, perciò gli odoranti rilasciati sono rapidamente diluiti e dispersi nell’atmosfera; tuttavia, se di notevole portata o se presenti in numero elevato, l’effetto complessivo può essere significativo; la Norma Europea cita questo tipo di emissioni ma non riporta né suggerisce alcun metodo specifico per il loro campionamento.

3.2.3.1 Calcolo del flusso di odore

Lo scopo del campionamento e della misura olfattometrica è la determinazione del flusso di odore (OER, Odour Emission Rate), parametro direttamente utilizzabile per caratterizzare la sorgente e per applicare modelli di dispersione atmosferica. Il flusso (portata volumetrica) di odore è la quantità di odorante che passa attraverso una sezione di emissione per unità di tempo. Viene espresso in OUE/s ed ottenuto

moltiplicando la concentrazione di odore (Cod), determinata mediante analisi olfattometrica (quindi

espressa in OUE/m3), per la velocità di uscita v (m/s) e per la sezione di uscita A (m2), oppure per la

portata volumetrica del flusso emesso (Qout), misurata in fase di campionamento (espresso in m3/s):

OER = C

od

× v × A = C

od

× Q

out (3.2)

Per ovvie ragioni di standardizzazione, il flusso di odore così calcolato deve essere corretto per essere riferito alle condizioni standard di temperatura e pressione per l’olfattometria che sono: T=25°C (temperatura ambiente) e P=101,3 KPa (pressione atmosferica normale), su base umida [14].

Per calcolare l’OER è necessario effettuare misure addizionali e preliminari al prelievo dei campioni: temperatura e pressione a cui vengono emessi i gas, dimensioni dell’apertura (per sorgenti convogliate) o estensione della superficie (per sorgenti diffuse), velocità di uscita dell’effluente [38].

Nel caso di sorgenti diffuse, si determina il flusso di odore specifico (SOER, Specific Odour Emission Rate), che si riferisce all’unità di superficie emissiva ed è quindi espresso in OUE/m2.s, dal quale si ricava

l’OER semplicemente moltiplicando per l’estensione totale della sorgente S in m2 [14]:

OER = SOER × S

tot (3.3)

Nei prossimi paragrafi sono passati in rassegna le principali tecniche di campionamento per ciascuna tipologia di sorgente odorigena [14,39].

3.2.3.2 Sorgenti puntuali

Il campionamento di questo tipo di sorgenti, che sono le più stabili e riproducibili, non presenta particolari difficoltà operative e può essere condotto seguendo le disposizioni degli standard esistenti [37,38]. La sonda viene inserita direttamente nell’apertura di emissione, in un punto scelto in modo da

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essere rappresentativo del flusso di effluente attraverso tutta la sezione del camino. Per calcolare la portata di odore dalla sorgente è necessario misurare il flusso emesso dal camino con un metodo standard al momento del prelievo.

Quando il gas si presenta molto concentrato, caldo o umido, per evitare la formazione di vapori e condense, è necessario ricorrere alla prediluizione, mentre se è presente una significativa quantità di materiale particolato sarà necessario inserire un filtro a monte del sistema di raccolta del campione.

3.2.3.3 Sorgenti diffuse con flusso proprio

Il campionamento di questo tipo di sorgenti può essere effettuato principalmente secondo due tecniche. La prima consiste nella copertura totale o parziale della sorgente con appositi teli di materiale resistente, impermeabile ed inodore, per isolarla (tutta o buona parte) dalle condizioni ambientali esterne e per ottenere, all’uscita della copertura, un campione che sia rappresentativo del flusso miscelato al di sotto di essa. Questo metodo si impiega raramente perché è difficile da realizzare, specie per sorgenti molto estese, ma può risultare vantaggioso per esempio quando il flusso emissivo è spazialmente molto eterogeneo.

La seconda si basa sull’utilizzo di una cappa statica di campionamento ed è quello più comunemente utilizzato perché non necessita di strumentazione complessa ed è relativamente semplice da realizzare. La cappa consiste in una copertura metallica (alluminio, acciaio inossidabile) di forma variabile (con base quadrata o circolare, compresa tra 0,5 e 2 m2) e un camino con diametro dell’ordine dei cm (Figura 3.3).

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La funzione della copertura è semplicemente quella di isolare una porzione della superficie emissiva dall’influenza dei fattori ambientali esterni, simulando condizioni atmosferiche di quiete, per trasformare il flusso della sorgente al di sotto della cappa, generalmente basso e distribuito in modo non uniforme, in un flusso misurabile all’uscita del camino, come se fosse un’emissione convogliata. Il prelievo viene effettuato infatti inserendo nella bocca del camino la sonda di campionamento, collegata alla busta nel vessel.

Contemporaneamente al prelievo dei campioni vengono eseguite anche la misura della velocità del flusso in uscita dal camino, attraverso un anemometro (o un termoanemometro) posizionato in corrispondenza dell’apertura, e la misura della temperatura, della pressione e dell’umidità del flusso.

La presenza della cappa deve alterare il meno possibile il flusso emissivo della sorgente, ma è inevitabile che essa introduca una perturbazione alle normali condizioni. Quindi, dopo aver posizionato la cappa nel punto selezionato per il prelievo (assicurandosi che la base aderisca meglio possibile al terreno per evitare perdite), è necessario attendere almeno due o tre ricambi d’aria all’interno della cappa prima di prelevare il campione, in modo che le condizioni si siano stabilizzate [39,40].

3.2.3.4 Sorgenti diffuse senza flusso emissivo misurabile

Le tecniche più largamente impegate per il campionamento di questo tipo di sorgenti sono: la cappa dinamica di campionamento, o un tipo particolare di sistema dinamico detto tunnel del vento (“wind tunnel”) e il metodo micrometeorologico.

La cappa dinamica è una tecnica più accurata rispetto alla cappa statica e fornisce risultati molto più vicini al flusso reale, ma è anche molto più complessa da realizzare e molto meno riproducibile. È simile a quella statica, ma è dotata, oltre che dell’uscita dalla quale si misura la velocità dei gas emessi, anche di un ingresso collegato ad una bombola di aria neutra ed inodore (o ad un sistema di generazione di aria in situ, mediante filtrazione e passaggio su carboni attivi dell’aria ambiente). L’aria viene incanalata per formare un flusso d’aria, noto e controllato, al di sopra della superficie coperta, ad una velocità generalmente molto bassa, ma sufficiente a generare un trasferimento di massa convettivo al di sopra della porzione di superficie isolata [39,40]. Anche in questo caso, dopo il posizionamento della cappa sul punto di campionamento, si aspetta un tempo pari a due o tre ricambi d’aria, per assicurare una buona miscelazione dell’aria al di sotto della copertura e la stabilizzazione delle condizioni. Quindi, all’ingresso e all’uscita della cappa vengono prelevati i campioni sui quali si effettua la determinazione olfattometrica della concentrazione di odore. La differenza di concentrazione tra l’ingresso e l’uscita può essere attribuita all’emissione di sostanze odorigene da parte della porzione di superficie isolata (Figura 3.4).

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Figura 3.4: Schema di campionamento mediante la cappa dinamica

Il problema principale associato a questo tipo di campionamento consiste nella difficile riproducibilità delle condizioni reali al di sotto della copertura e nell’inevitabile perturbazione introdotta dalla sua presenza e dalla ventilazione artificiale: fattori come la forma e le dimensioni della cappa, il tasso di ventilazione e la temperatura interna possono alterare il normale trasferimento delle molecole odorigene dalla superficie all’aria sovrastante e dunque dare risultati non rappresentativi del fenomeno reale.

Un tipo particolare di sistema dinamico è costituito dal tunnel del vento, progettato per simulare la velocità del vento in condizioni atmosferiche semplificate, ossia nel caso di un flusso di vento parallelo alla superficie senza turbolenza (né miscelazione) verticale. Tuttavia il metodo e tutt’oggi ancora in fase di sperimentazione e presenta una notevole complessità di realizzazione. Il suo utilizzo è comunque limitato al caso di sorgenti diffuse senza flusso emissivo proprio. Il dispositivo è simile alla cappa dinamica, sebbene la forma, invece che circolare o quadrata, sia allungata. Anche in questo caso si hanno due aperture: un ingresso per il flusso d’aria neutra (con velocità notevolmente superiore rispetto alla cappa dinamica e tale da rendere il regime di moto al di sotto della copertura quasi totalmente laminare), e un’uscita dalla quale si misura la velocità del flusso e si prelevano i campioni. In Figura 3.5 è rappresentato un esempio di tunnel del vento galleggiante, progettato per campionare l’aria al di sopra di una superficie liquida [39,40].

Il metodo micrometeorologico consiste nel campionamento di aria ambiente in siti sia sopravento che sottovento rispetto alla sorgente odorigena, considerando le condizioni di stabilità, i fenomeni di dispersione atmosferica e le caratteristiche topografiche del sito . Se si scelgono punti di campionamento distribuiti lungo la direzione prevalente del vento e a determinate distanze dalla sorgente, conoscendo la velocità del vento (a varie quote dal suolo), il flusso di odore può essere calcolato dalla differenza di concentrazione tra campioni prelevati sottovento e campioni prelevati sopravento rispetto alla superficie emissiva (tale differenza si assume attribuibile alla sorgente in esame).

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Figura 3.5: Wind-tunnel per il campionamento di emissioni da superfici liquide passive

Questo metodo offre il vantaggio di essere molto semplice da realizzare, ma ha anche notevoli svantaggi come quello di richiedere un numero elevato di campioni risultando quindi lungo e costoso, di essere fortemente influenzato dalle condizioni atmosferiche esistenti al momento del prelievo e di non consentire la distinzione tra il contributo della sorgente in esame e l’odore di fondo dell’area [39,40].

3.2.4 TRASPORTO E CONSERVAZIONE DEI CAMPIONI

Dal momento del prelievo fino all’analisi strumentale i campioni devono essere trasportati, manipolati e conservati sempre in condizioni controllate, per evitare la formazione di condense e per assicurare la massima stabilità della composizione e dell’odore caratteristico.

La Normativa Tecnica Europea consiglia di analizzare i campioni entro il più breve tempo possibile, e comunque non oltre 30 ore dal prelievo. La temperatura del locale di conservazione deve essere mantenuta pari a quella originale dell’effluente e comunque non inferiore a 20-25°C e si deve evitare l’esposizione alla luce diretta.

3.3 PROCEDURE DI MISURA

3.3.1 APPARATO STRUMENTALE

L’olfattometro è il sistema strumentale che effettua la miscelazione del campione da analizzare con aria neutra a vari (e definiti) rapporti di diluizione e somministra poi i vari livelli di concentrazione dell’odorante al panel.

La Figura 3.6 mostra lo schema a blocchi di un olfattometro dinamico, che eroga in un’unica uscita il flusso di campione odoroso e di gas neutro [15].

Nel seguito vengono descritte le caratteristiche di un olfattometro dinamico, con particolare riferimento allo strumento impiegato per le analisi di questo lavoro di tesi, Olfaktomat-2n, che verrà poi dettagliatamente descritto nella sezione dedicata al laboratorio Teseco [41].

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Il dispositivo di diluizione vero e proprio, insieme ai Mass Flow Controller (sistemi che consentono un preciso dosaggio e controllo dei flussi), è generalmente racchiuso in un involucro di acciaio inossidabile, e collegato ad apposite interfacce (porte di annusamento) per la presentazione degli odoranti al panel.

Campione

osmogeno Dispositivo dosaggio campioni Dispositivo di prediluizione Aria di diluizione Dispositivo dosaggio campione Preparazione ell’aria di diluizione se applicabile Dispositivo di miscelamento Maschera o tubo di “sniffaggio”

Figura 3.6 - Schema a blocchi di un olfattometro dinamico

L’olfattometro è dotato di un ingresso dell’aria e di uno per l’odorante, che proviene dalla busta di campionamento (posizionata in un vessel metallico a tenuta) o dalla bombola di n-butanolo se si esegue una selezione. Il trasferimento del contenuto della busta al dispositivo di diluizione avviene mediante un principio simile a quello impiegato nel campionamento per riempire i sacchetti con l’aria da analizzare (operativamente si fa esattamente il contrario): attraverso un tubo proveniente dall’olfattometro viene immessa aria nel vessel, in modo da creare una pressione che comprime la sacca e fa uscire il campione, il quale viene inviato al dispositivo di diluizione.

Lo strumento è collegato ad un PC, dotato di un software che gestisce le presentazioni dell’odorante, registra ed elabora le risposte dei panellist per ottenere il risultato finale della misura (concentrazione di odore nel campione originale o soglia olfattiva al n-butanolo, nel caso di selezione). Generalmente il software comunica sia con l’operatore della misura che con i giudici; negli strumenti più moderni infatti ogni postazione di misura è dotata di un Computer Palmare (generalmente a cristalli liquidi) che guida la valutazione [41,42].

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3.3.1.1 Aspetti costruttivi

I materiali impiegati per la realizzazione dello strumento, specie quelli che devono venire in diretto contatto col campione, devono:

• essere inodori;

• essere il più possibile impermeabili e inerti per minimizzare ogni tipo di perdita o interazione chimica o fisica col campione;

• avere superfici il più possibile inerti ed antiadesive per evitare fenomeni di adsorbimento. Si devono minimizzare inoltre la lunghezza e il diametro dei tubi per il trasporto dei gas per limitare i tempi di contatto e quindi il pericolo di contaminazione.

Gli orifizi devono essere opportunamente dimensionati in modo da evitarne l’intasamento o il danneggiamento da parte di materiale particolato eventualmente presente. Comunque, qualora le emissioni campionate rivelino significative quantità di polveri in sospensione, dovrà essere posto un filtro a monte del sistema di prelievo, anche se questo comporta la perdita di eventuali sostanze odorigene associate al particolato filtrato.

Devono essere evitati dispositivi che possono influenzare lo stato termodinamico del campione e dell’aria (come anemometri a filo caldo). Inoltre la temperatura del gas in uscita dalle porte di annusamento non deve differire per più di 3°C rispetto al quella del locale di misura (intorno a 25°C).

3.3.1.2 Sistema di diluizione

Ogni olfattometro opera in un determinato range (strumentale) di diluizione, intervallo compreso tra un Zmax (fattore di massima diluizione) e un Zmin (fattore di minima diluizione), che rappresentano

rispettivamente la diluizione massima e quella minima ottenibili con lo specifico strumento. La Normativa Tecnica specifica che l’olfattometro deve essere in grado di produrre un intervallo pari ad almeno 213 tra la massima e la minima diluizione ottenibili. Se l’ordine di grandezza atteso per la

concentrazione del campione cade oltre l’intervallo di diluizione, si può effettuare la prediluizione del campione (al massimo ad un fattore 3).

Generalmente lo strumento opera con una serie di diluizioni standard, fissa, costituita da una sequenza di livelli predefiniti, che differiscono tra loro di un fattore di scala (o passo d’incremento) costante FS,

compreso tra 2 e 3. FS è definito come il fattore cui ogni passo di diluizione in una serie di presentazioni

differisce dal precedente e dal seguente. In questo modo le serie di diluizione procedono secondo decrementi costanti e si può così calcolare la concentrazione iniziale del campione dal numero di diluizioni necessarie per raggiungere la soglia del panel.

L’intervallo di misura strumentale comprende tutte le concentrazioni di odore che possono essere determinate da uno specifico olfattometro. Esso dipende dai valori di Zmax e di Zmin , e da Fs, secondo la

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Fs2 × Zmin <= intervallo di misura <= Fs2 × Zmax

3.3.1.3 Limite inferiore di percezione

Il limite di rivelabilità del metodo olfattometrico (LDL, limite inferiore di percezione) corrisponde alla minima concentrazione di odore misurabile, ad un livello di confidenza pari al 95%. Esso dipende non solo dalle caratteristiche strumentali (range di diluizione), ma anche dalle modalità di conduzione di tutte le fasi di campionamento ed analisi olfattometrica. Abbiamo già parlato di tutti i problemi di contaminazione associati al metodo di campionamento ed in particolare di come l’odore di fondo caratteristico delle buste possa alterare i risultati della misura, costituendo la principale limitazione al LDL del metodo. Abbiamo anche descritto la procedura da seguire per effettuare una quantificazione dell’odore di background delle buste e per confrontare i valori ottenuti con quelli attesi per la concentrazione di odore nel campione.

Di seguito verrà descritto il test suggerito dallo Standard per determinare il LDL complessivo del metodo. Il limite di percezione corrisponde al limite inferiore dell’intervallo di misura strumentale (come definito nella sezione precedente), ovvero a Fs2 . Zmin, solo quando è stato escluso il contributo di qualsiasi fattore

associato alle operazioni di campionamento e misura, mediante una semplice prova in bianco. Il test consiste nel riempire un sacchetto con aria neutra mediante la stessa tecnica impiegata per prelevare i campioni reali, e sottoporlo poi alle stesse procedure di conservazione ed analisi olfattometrica. Si devono effettuare almeno 6 misurazioni indipendenti, e dai risultati si calcola il LDL dalla seguente relazione:

LDL = 10

yLDL

+ 10

t0,95× sLDL [OUE/m3]

dove sLDL è la deviazione standard dei risultati delle misure sul bianco, t0,95 è il fattore t di Student (per n-1 gradi di libertà) e yLDL è la media dei risultati sui bianchi.

Se invece la misura non fornisce alcun valore di soglia individuale, il LDL può essere assunto uguale al limite inferiore dell’intervallo di misura (Fs2 × Zmin).

3.3.1.4 Interfaccia tra olfattometro e panel

Le aperture per la somministrazione dell’odorante al panel (“porte di annusamento”), che rappresentano l’interfaccia tra il sensore e lo strumento, possono avere diverse configurazioni e caratteristiche. Lo Standard si limita ad indicare le caratteristiche generali a cui devono rispondere:

• la forma e le dimensioni devono essere tali da consentire ai giudici di annusare con facilità e senza distrazioni: i tipi più comuni sono delle semplici aperture che consentano l’alloggio del naso, per esempio a cilindro o a cono rovesciato, ma si possono utilizzare anche delle mascherine o dei tubi

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che vengono inseriti direttamente nel naso (per evitare la diluizione del gas in uscita dalla porta con l’aria ambiente);

• la portata del gas in uscita dall’apertura deve essere di almeno 20 l/min; nel caso di aperture la forma della porta deve assicurare che la velocità del flusso in uscita sia uniforme su tutta la sezione e tale velocità deve essere di almeno 0,2 m/s per garantire un flusso sufficiente a rendere trascurabile la diluizione con l’aria ambiente, ma comunque non superiore a 0,6 m/s per non creare disagio ai panellist durante la valutazione; nel caso delle mascherine invece la velocità del flusso somministrato deve essere uguale a quella della normale inspirazione.

3.3.1.5 Camera di misura

Le caratteristiche del locale di misura, dove è alloggiato l’olfattometro e dove si svolgono quindi le analisi, devono essere controllate, soprattutto quando lo strumento è dotato delle più comuni aperture dalle quali fuoriesce il flusso di gas, mentre per gli strumenti che impiegano tubi o mascherine le condizioni esterne assumono importanza secondaria.

Il principale requisito che la camera di misura deve soddisfare è quello di essere il più possibile inodore. Questo implica l’assenza al suo interno di materiali, strumentazione e qualsiasi altro oggetto che possa rilasciare odoranti. Inoltre è necessario assicurare il continuo ricambio dell’aria presente all’interno della stanza, mediante un sistema di ventilazione, per fornire continuamente aria fresca ed inodore ai panelist. La temperatura deve essere mantenuta a valori confortevoli, intorno a 25°C, mediante un sistema di condizionamento, con fluttuazioni ammesse durante una misura di massimo 3°C. Vale comunque la regola, come per la conservazione dei campioni, che la temperatura deve rimanere superiore a quella di rugiada dei componenti (quando noti) della miscela, per evitare la formazione di condense e quindi la sottrazione di composti all’analisi.

L’aria inoltre, prima di essere immessa nella camera, deve essere filtrata per eliminare l’eventuale contenuto di particolato in sospensione e passata su carboni attivi per eliminare tutti gli eventuali odori residui.

Per rendere ottimali le condizioni di misura, la stanza deve essere confortevole e priva di elementi che possono distrarre i giudici durante la misura. Il notevole rumore prodotto dall’olfattometro in funzione, per esempio, rappresenta un fattore di disturbo non trascurabile; pertanto, per strumenti particolarmente rumorosi si consiglia l’uso di tappi o cuffie per le orecchie.

(21)

3.3.2 IL PANEL

Il panel rappresenta il gruppo di valutatori qualificati per essere impiegati come “sensori” nell’analisi olfattometrica e sulla loro risposta olfattiva, in termini di soglia di percezione, si fonda il calcolo della concentrazione di odore nei campioni.

Il panel dovrebbe quindi essere un campione rappresentativo dell’intera popolazione umana, ma questo implicherebbe l’impiego di un numero molto elevato di soggetti (centinaia), necessario per rappresentare adeguatamente l’elevata variabilità biologica della sensibilità olfattiva, ma assolutamente incompatibile con i vincoli operativi e pratici della misura sperimentale. Il numero di valutatori che partecipano ad un’analisi può variare tra un minimo di 4-5 soggetti fino a un massimo di 15. Quindi, fin dai primi sviluppi dell’olfattometria, fu abbandonata l’idea di effettuare le misure con un campione statisticamente rappresentativo della popolazione esposta, compensando con la standardizzazione del panel, ossia la scelta (non più statistica, casuale, ma secondo opportuni criteri di selezione) di un gruppo di soggetti dotati di una sensibilità olfattiva media, comune. In questo senso (e non in senso strettamente statistico) si può ritenere il panel rappresentativo della sensibilità olfattiva media della popolazione [43,44].

3.3.2.1 Selezione

Fra tutti gli aspiranti (ossia tutti i soggetti interessati che vengono reclutati in fase di selezione), solo i soggetti che risultano conformi ai requisiti richiesti dallo Standard Europeo diventano qualificati e possono essere utilizzati come valutatori nelle analisi olfattometriche.

La selezione dei panelist viene fatta in base alla valutazione della loro risposta olfattiva (in termini di soglia di percezione) verso un odorante di riferimento, il gas n-butanolo, che deve risultare compresa in uno stretto intervallo di variazione e sufficientemente stabile nel tempo. La selezione si basa sull’ipotesi di trasferibilità della risposta dei valutatori verso l’odorante di riferimento a qualunque altro odorante. Una volta selezionati, inoltre, i giudici vengono monitorati in modo continuo nel corso del tempo (almeno una volta l’anno), per verificarne la rispondenza ai criteri e la stabilità della loro risposta olfattiva.

3.3.2.2 Codice di comportamento

Il reclutamento degli aspiranti panellist deve riguardare soggetti di età compresa tra 16 e 50 anni. Studi sulla sensibilità olfattiva dimostrano infatti che questa subisce una notevole riduzione con l’età, per diminuzione della neurogenesi (nascita di nuove cellule olfattive, che ogni 60 giorni circa muoiono e vengono sostituite). Si consiglia, quindi, di scegliere soggetti giovani di età compresa tra i 20 e i 30 anni, anche perché presumibilmente più motivati e con più tempo libero a disposizione.

Sia i panelist qualificati che gli aspiranti (nel periodo delle selezioni) devono rispettare alcune semplici norme di comportamento, che servono a mantenere entro limiti accettabili la variabilità sperimentale e a garantire una certa attendibilità e riproducibilità ai risultati delle misure:

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• devono essere motivati ed eseguire il loro compito coscienziosamente;

• devono rendersi disponibili almeno per un’intera sessione di misura, preferibilmente per un periodo di tempo sufficiente a definire la loro “storia di misura”;

• non devono mangiare, bere (a parte l’acqua), fumare o masticare chewing-gum nei 30 minuti antecedenti la misura;

• non devono interferire con la percezione propria o degli altri giudici a causa di scarsa igiene personale o, al contrario, con l’uso di profumi, deodoranti, ecc.;

• devono presentarsi nel laboratorio olfattometrico (nella camera di misura o in un locale adiacente con caratteristiche analoghe) almeno 15 minuti prima dell’inizio dell’analisi, per adattarsi all’odore naturalmente presente nell’ambiente;

• non devono partecipare alle misure se affetti da raffreddore o da qualsiasi altra indisposizione che possa interferire con le capacità percettive (allergie, sinusiti, ecc.);

• durante la misura non devono comunicare a nessuno l’esito delle loro risposte e devono mantenere la concentrazione.

È compito dell’operatore della misura assicurarsi che ciascun membro del panel rispetti il codice di comportamento ed esegua correttamente la sua valutazione, cercando anche di mantenere alta la motivazione e la concentrazione, specie quando i tempi di analisi sono lunghi.

3.3.2.3 Taglia

Il numero di membri del panel è uno dei fattori di scelta più critico dell’analisi olfattometrica. Lo Standard si limita ad affermare che il numero di valutatori non dovrebbe essere inferiore a 4, dopo lo screening retrospettivo (analisi dei risultati effettuata autonomamente dal software, per eliminare i panellist che danno risposte evidentemente distorte). Quindi si consiglia di impiegare un panel di almeno 5 membri, per avere una misura valida anche nell’eventualità che uno dei giudici venga escluso. L’impiego di un numero di valutatori più elevato determina da una parte un miglioramento dei risultati dell’analisi, in termini di accuratezza e precisione, ma dall’altra fa aumentare i già critici tempi di analisi, limitando il numero di campioni analizzabili con lo stesso panel. Si tratta quindi di stabilire la taglia ottimale del panel valutando, nei casi pratici, gli obiettivi della misura e il livello di qualità richiesto per i risultati sperimentali. Generalmente, per misure preliminari o di confronto si considera sufficiente un panel di 4-5 membri, mentre per analisi di caratterizzazione e valutazione è consigliabile un panel di 6-8 membri.

(23)

3.3.3 MODALITÀ DI PRESENTAZIONE DEGLI ODORANTI AL PANEL 3.3.3.1 Metodo di presentazione

Esistono due metodi attualmente standardizzati (a cui fa riferimento anche lo Standard CEN) per la presentazione degli odori al panel:

• METODO SI/NO

• METODO DI SCELTA FORZATA.

Lo Standard le descrive entrambe ma consiglia il metodo di scelta forzata perché riduce notevolmente la variabilità e l’incertezza associata alle misure ed aumenta la riproducibilità dei risultati sperimentali. METODO SI/NO

Ogni membro del panel è chiamato, a turno, ad annusare il gas uscente dalla “porta di annusamento” e ad indicare se percepisce un odore oppure no; dalla porta può uscire il campione odorigeno diluito con aria neutra (in un definito rapporto di diluizione) oppure un bianco costituito dalla sola aria di riferimento, che serve come controllo. La Normativa Europea impone che in ogni serie di diluizioni siano inseriti almeno il 20% di bianchi.

La tabella di verità per questo metodo di presentazione è riportata in Tabella 3.1.

Tabella 3.1: Tabella di verità per il metodo SI/NO Risposta Esito della scelta

Non disponibile 0

FALSO NO VERO SI Si possono applicare tre metodi per esaminare il campione odoroso:

1. Il panellist annusa dalla porta mentre il campione è presente nel flusso di aria per alcuni secondi; esso deve valutare senza ulteriori informazioni se l’odorante è presente o no, oppure deve rispondere dopo un’interrogazione da parte dell’operatore della misura.

2. Il panellist confronta il campione odorigeno alle varie diluizioni con l’aria di riferimento che può essere messa a disposizione dell’annusatore mediante un’altra porta o mediante la stessa da cui successivamente si fa uscire il campione.

3. Il panellist prende posto all’olfattometro solo se richiesto dall’assistente, annusa il gas dalla porta di uscita, valuta se c’è o meno l’odore e lascia di nuovo lo strumento [15].

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METODO DI SCELTA FORZATA

Il metodo di scelta forzata viene applicato per olfattometri dotati di due o più porte di annusamento, delle quali solo una eroga il campione di odore, mentre dalla o dalle altre fuoriesce aria di riferimento; la posizione dello stimolo viene distribuita casualmente tra le porte. In questo caso non è necessaria la somministrazione di bianchi perché il riferimento di aria neutra è sempre disponibile insieme al campione.

Ogni valutatore a turno, è chiamato a prendere posto allo strumento e ad annusare il gas che fuoriesce dalle porte che ha di fronte, per indicare da quale di esse fuoriesce l’odorante. Nel caso in cui esso non riesca a distinguere l’odore o sia in dubbio, gli sarà comunque richiesto di indicare una porta a caso (per questo il metodo si chiama di scelta forzata). In questo modo, se l’olfattometro ha n porte, finchè la concentrazione di odore rimane sotto la soglia di percezione del panel, ogni porta sarà scelta con probabilità 1/n perché la risposta dei panellist sarà sempre casuale, mentre, aumentando la concentrazione, la porta giusta verrà individuata con probabilità sempre maggiore fino a 1, quando tutti i valutatori hanno raggiunto la soglia e distinguono chiaramente l’odore.

Il metodo di scelta forzata si può in realtà applicare anche ad olfattometri dotati di una sola porta di annusamento, facendo esaminare al valutatore due o più flussi in successione, di cui solo uno contiene l’odore. Tuttavia, tale procedura risulta più complicata e implica la capacità del valutatore di memorizzare il primo stimolo per confrontarlo con il successivo.

Il metodo di scelta forzata riduce la variabilità e consente di ottenere risultati confrontabili con quelli ottenuti con il metodo SI/NO. Secondo la procedura riportata dalla norma Tecnica Europea, si applicano delle correzioni domandando al valutatore con che grado di certezza ha effettuato la scelta della porta. Il panellist può scegliere fra tre alternative: Certain, se ha indicato con certezza la porta da cui fuoriesce il campione, Inkling, se era in dubbio tra due o più porte, Guessing, se ha scelto a caso perché non è stato in grado di distinguere nessun odore. In questo modo, dalla combinazione delle risposte, il risultato può essere classificato come vero o falso e si può costruire la tabella di verità riportata in Tabella 3.2.

Tabella 3.2: Tabella di verità per il metodo di scelta forzata Risposta Codice Esito della scelta Certezza

FALSO 1 errata Guessing

FALSO 2 corretta Guessing FALSO 3 errata Inkling FALSO 4 corretta Inkling FALSO 5 errata Certain VERO 6 corretta Certain

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3.3.3.2 Tempo di esposizione allo stimolo

Il panel è chiamato a dare una risposta istintiva e spontanea allo stimolo che gli viene presentato ed è quindi tenuto ad annusare il flusso solo per pochi secondi. Secondo la Normativa Europea, il tempo massimo è di 15 secondi, mentre l’intervallo tra due presentazioni successive allo stesso valutatore deve essere maggiore di 30 secondi per evitare l’assuefazione all’odore (fenomeno di adattamento) [6].

3.3.3.3 Modalità di esecuzione di una misura valida

Per arrivare alla determinazione della soglia del panel sono necessari almeno due cicli validi di misura nei quali si determinano le soglie individuali di tutti i valutatori. Generalmente però una misura consiste di tre round successivi, ovvero di tre repliche della stessa singola misurazione, scartando i risultati del primo ed utilizzando gli altri due per il calcolo dei risultati. Teoricamente, aumentando il numero dei cicli la riproducibilità dei risultati aumenta, ma è stato dimostrato che utilizzando più di tre cicli si ottengono miglioramenti trascurabili in termini di riproducibilità, ed il tempo di analisi aumenta considerevolmente. Per ritenere valida la misura, il numero di livelli di diluizione presentati al panel in ogni round deve essere maggiore di cinque e l’ordine con cui i vari livelli di concentrazione vengono presentati deve essere crescente (cioè rapporti di diluizione decrescenti); se le varie concentrazioni di odorante vengono presentate in ordine decrescente, a partire dalla più elevata, c’è il rischio di adattamento dei giudici all’odore che può causare la diminuzione temporanea della loro sensibilità e alterare i risultati (in termini di sovrastima della soglia di percezione).

Inoltre, devono essere soddisfatti i seguenti requisiti:

• il set di serie di diluizioni presentate ad un panelist deve produrre una stima della soglia individuale;

• ogni serie di diluizioni di ogni valutatore deve contenere almeno due risposte VERO contemporanee per le due presentazioni con la più alta concentrazione di odorante;

• nel caso del metodo SI/NO, se più del 20% delle risposte sui bianchi di qualsiasi panelist corrispondono a falsi positivi, tale valutatore dovrà essere escluso dal calcolo del risultato della misura.

La procedura standard proposta dalla Norma Europea suggerisce quindi che vengano effettuati 3 cicli di misura, scartando i risultati del primo, con serie di almeno sei livelli di diluizione decrescenti in ogni round, e con un panel di almeno 5 (fino a 8) membri.

3.3.3.4 Impostazione della serie di diluizione

La scelta di un conveniente intervallo di diluizione dell’odorante originale è uno dei punti cruciali dell’impostazione della misura.

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Gli strumenti moderni lavorano per lo più in modalità automatica: l’operatore della misura deve scegliere solo il setting di partenza e poi lo strumento gestisce da solo le altre presentazioni, fermando la serie solo quando tutti i panellist hanno raggiunto la soglia, e impostando il setting iniziale del round successivo in base alle risposte ottenute [41].

L’intervallo di diluizione dell’odorante dovrà essere approssimativamente centrato intorno alla soglia di percezione del panel: il primo setting della serie, corrispondente alla massima diluizione, dovrebbe risultare al di sotto del livello di concentrazione a cui il panellist più sensibile riesce ancora a percepire l’odore (solitamente 2 o 3 step di diluizione superiore alla soglia), mentre l’ultimo, corrispondente alla minima diluizione, dovrebbe risultare al di sopra del livello di concentrazione a partire dal quale tutti i valutatori riescono a percepire l’odore (solitamente 2 o 3 step al di sotto della soglia). Se non si dispone di nessuna informazione sul livello di odore iniziale, la diluizione di partenza sarà scelta in modo del tutto casuale [45].

Il raggiungimento della soglia di percezione individuale di un valutatore viene indicata da un significativo passaggio delle sue risposte da FALSO a VERO (secondo la Tabella 2.2): per convenzione lo Standard stabilisce che si considera raggiunta la soglia quando si hanno almeno due risposte VERO consecutive dopo una serie di risposte FALSO. Il livello di diluizione alla soglia individuale si calcola come media geometrica dei valori corrispondenti ai due livelli a cavallo dei quali avviene il passaggio da FALSO a VERO. Il fattore di diluizione alla soglia di percezione del panel viene quindi calcolato come media geometrica di tutte le soglie individuali e, da esso, si ricava in modo diretto il valore della concentrazione di odore nel campione.

Se invece si esegue una selezione, si determina la soglia individuale dell’aspirante panellist ripetute volte, e in base ai valori ottenuti si verifica la rispondenza ai criteri dello Standard CEN.

3.3.4 DETERMINAZIONE DELLA CONCENTRAZIONE DI ODORE IN CAMPIONI INCOGNITI Esistono modalità diverse per la determinazione della concentrazione di odore in un campione gassoso a partire dal set di risposte del panel e, ovviamente, il tipo di metodo di calcolo impiegato influenza in maniera determinante il risultato finale della misura.

Nel seguito viene descritta la procedura di calcolo riportata dallo Standard CEN per la determinazione della concentrazione di odore, col metodo di scelta forzata.

Scegliendo un opportuno intervallo di diluizione ed elaborando statisticamente le risposte del panel, si ricava il fattore di diluizione che deve essere applicato al campione originale per raggiungere la soglia di percezione del panel. Questo rapporto (ZITE) rappresenta il numero di volte che il campione originale (con concentrazione Cod) è stato diluito ed è uguale ad un multiplo intero del fattore di scala dello

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percezione, una concentrazione Ctreshold=1 OUE/m3, la concentrazione di odorante nel campione originale

sarà determinata mediante la semplice relazione:

threshold , od pan , ITE od

Z

C

C

=

×

[OUE/m3] (3.4) ITE

Z ,pan viene calcolato come media geometrica di tutte le stime di soglia individuale, ZITE. I singoli valori ZITE si calcolano come media geometrica dei valori corrispondenti ai due livelli di diluizione a cavallo dei

quali avviene il passaggio delle risposte da FALSO a VERO. Inizialmente si calcola una soglia di percezione del panel provvisoria ZITE, come media geometrica di tutti i valori ZITE che diventerà il valore finale ZITE,pan solo dopo lo screening retrospettivo, ossia l’analisi delle risposte del panel per escludere dal calcolo della concentrazione quei valori di soglia individuale ZITE ritenuti evidentemente distorti. Tale

procedura è resa necessaria dal fatto che esistono numerosi fattori che possono influenzare ed alterare le prestazioni sensoriali dei valutatori in un determinato giorno, ed inoltre esiste la possibilità che i soggetti abbiano una sensibilità anormale nei confronti della miscela campione in esame. Lo screening retrospettivo parte dal presupposto che la maggior parte dei valutatori dia risposte attendibili (in termini di soglia individuale) durante la misura: si assume che non più di 1/3 dei membri del panel mostri un comportamento distorto, deviante rispetto a quello atteso da un soggetto qualificato in base ai criteri di selezione. L’analisi viene effettuata attraverso la valutazione del parametro ∆Z, calcolato per ogni stima di soglia individuale come segue:

se ZITEZITE allora

ITE ITE Z Z Z = ∆ (3.5a)

se ZITE <ZITE allora

ITE ITE Z Z Z =− ∆ (3.5b)

Per ritenere valida una particolare stima di soglia individuale, il parametro ∆Z (calcolato per quel valore di soglia) deve rispettare il seguente criterio:

5 5≤∆ ≤

Z (3.6)

Se una o più delle stime di soglia individuale non rispettano il criterio, devono essere escluse dal calcolo dei risultati. Si ricalcala quindi il nuovo ZITE provvisorio e si effettua di nuovo l’analisi retrospettiva, ricalcolando i valori del parametro ∆Z e verificando nuovamente se tutte le soglie individuali rispettano il criterio. La procedura viene ripetuta finchè tutti i valori ZITE risultano validi. Solo a questo punto, l’ultimo

ITE

(28)

fattore di diluizione alla soglia di percezione del panel, dal quale si ricava in modo diretto la concentrazione di odore nel campione originale.

Nel seguito si riporta un esempio di calcolo della concentrazione con la procedura descritta. La misura è stata eseguita utilizzando 8 panelist e 3 cicli di presentazioni. Ai valutatori è chiesto di indicare la posizione dello stimolo odoroso tra le porte a disposizione e il grado di certezza; in base alle risposte si ricavano dei valori di VERO e FALSO come da Tabella 3.3.

Tabella 3.3: Esempio di calcolo della concentrazione di odore con la procedura CEN

diluizione Z 32768 16384 8192 4096 2048 1024 512 256 128 Prima Scelta Seconda scelta

panelist ZITE DZ ZITE DZ

SERIE 1 A 1 1 3 3 6 6 B 1 1 1 2 4 6 6 C 2 2 2 4 5 4 6 D 2 2 3 6 6 E 3 3 2 4 4 6 F 2 1 4 4 4 6 G 2 1 3 5 4 6 H 2 4 6 6 6 6 SERIE 2 A 1 1 2 4 6 6 1448 -1.4 1448 1 B 1 1 2 1 3 5 6 6 362 -5.4 362 -4 C 2 1 2 3 2 6 6 724 -2.7 724 -2 D 1 2 4 6 6 2896 1.5 2896 2 E 2 3 2 4 6 6 1448 -1.4 1448 1 F 2 1 4 6 6 2896 1.5 2896 2 G 1 2 4 4 6 6 1448 -1.4 1448 1 H 4 6 6 6 6 6 23170 11.8 0 SERIE 3 A 1 1 2 6 6 6 2896 1.5 2896 2 B 1 1 2 1 6 6 6 1448 -1.4 1448 1 C 2 1 2 3 2 6 6 724 -2.7 724 -2 D 1 2 4 4 6 6 1448 -1.4 1448 1 E 2 3 2 6 6 6 2896 1.5 2896 2 F 2 1 4 3 6 6 1448 -1.4 1448 1 G 1 2 4 4 6 6 1448 -1.4 1448 1 H 4 4 6 6 6 6 11585 5.9 0 ZITE 1961 1448

I valori del primo ciclo vengono sistematicamente esclusi. Concluse le misurazioni viene calcolata la media geometrica delle stime delle soglie individuali che in questo caso corrisponde a:

1961 = ITE Z

Il panelist H ha un ∆Z = 11.8 ed il panelist B ha un ∆Z = 5.4, entrambi al di fuori del range −5≤∆Z ≤5; pertanto si escludono i risultati del panelist H che presenta il ∆Z più grande e si calcola nuovamente la media delle stime delle soglie individuali ottenendo il valore: ZITE =1448. Vengono controllati di nuovo i

Figura

Figura 3.2: Sistema di campionamento
Figura 3.6 - Schema a blocchi di un olfattometro dinamico
Figura 3.8: Vessel e particolare del coperchio con l’oblò di vetro
Figura 3.10: Ambiente di lavoro del software Winose
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