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Principi di assicurabilità e responsabilità contrattuale di Daniele De Strobel

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Academic year: 2022

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Principi di assicurabilità e responsabilità contrattuale

di

Daniele De Strobel*

Dal superamento delle prime perplessità sulla assicurazione della responsabilità civile e resistenze sulla copertura della responsabilità contrattuale

L'assicurazione della responsabilità civile ebbe il suo pieno sviluppo solo dopo la caduta delle iniziali riserve alimentate peraltro anche dalle disposizioni del codice di commercio (approvato nel 1882, pubblicato e messo in vigore con 1° gennaio del 1883) il cui articolo 434, riprendendo concetti già espressi in via generale dal precedente art. 417, che introduceva tutto il tema dell'assicurazione, ripeteva che dal punto di vista della causalità, possono essere oggetto della copertura assicurativa solo i danni dovuti ai "casi fortuiti o di forza maggiore" con espressa e categorica esclusione di quelli cagionati da fatto o colpa dell'assicurato o dei suoi agenti, committenti o commissionari.

La rigorosa applicazione di questi principi si andò successivamente attenuando (come ricorda il vivente nella sua pregevole opera di commento al codice in questione UTET Torino ed 1936 parag.

264 pag. 215 ) perché "la vastità delle imprese commerciali, l'uso degli arnesi pericolosi introdotti nell'economia domestica, la fretta affaccendata che tutti ci incalza, ci rendono spesso impossibile di esercitare sull'opera dei nostri commessi ed anche sull'opera nostra una assidua sorveglianza: da ciò la tendenza dell'assicurazione di estendere la sua sfera di risarcimento ai sinistri colposi.

Tuttavia ciò (come scrive il nostro al par. 265 pag. 217 dell'opera citata ) non al di la della “colpa grave” perché in questo caso si “metterebbe in pericolo la sicurezza sociale”.

Oggi la situazione è totalmente diversa, per esigenze sociale, evidentemente non di attentato alla sicurezza, della società medesima ma di esigenza di ristoro dei danni, che nonostante le attività di prevenzioni, la moderna attività non riesce ad evitare, si adotta come rafforzamento del sistema della responsabilità civile, quell'assicurazione un tempo bandita.

Tuttavia l'influsso della concezione richiamata ha continuato ad avere una certa influenza, nel limitare l'applicazione del contratto assicurativo della responsabilità civile alla sola ipotesi della responsabilità extracontrattuale.

Si riteneva allora che soltanto la responsabilità da illecito (quasi delitto) potesse mantenere nel sistema assicurativo il requisito dell'assicurabilità, nel senso che, i sinistri non possono derivare da successioni causali preordinate, ma come il richiamato art. 417, cardine dell'assicurazione danni, recita il contratto obbliga l'assicuratore "mediante un premio, a risarcire le perdite o i danni che possono derivare all'assicurato da determinati casi fortuiti o di forza maggiore".

In ultima analisi come altro testo d'epoca riportava (del contratto di assicurazione per 1'Avv, Manfredi Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi Milano manca l'anno di stampa) l'assicurazione aveva come oggetto “eventi, la cui origine viene comunemente attribuita alla cieca fatalità" perché altrimenti si avrebbe “una obbligazione dipendente dalla mera volontà del creditore, obbligazione che ... nessuna persona sensata si vorrebbe assumere”.

Per sostenere l'opportunità di mantenere l'assicurazione della responsabilità civile al solo illecito aquiliano si traeva spunto da quanto sarebbe accaduto se “nei rapporti commerciali o nelle prestazioni professionali i contraenti sapessero di poter contare su di una assicurazione che in certo modo sostenesse il peso delle loro mancanze ed inadempienze”.

E come esempio pratico il Durante (in un vecchio manuale del 1943 edito dalla rivista

"l'assicurazione") scriveva: “Se Caio non paga l'affitto, Tizio lo sfratta e sequestra i suoi mobili; se non consegna la merce promessa, l'altro pretende di ritorno il suo danaro e provoca magari il fallimento ma questo equilibrio si romperebbe se Caio sapesse che pur non pagando la pigione, Tizio non lo sfratterà perché altri (l'Assicuratore) avrà corrisposto in sua vece quanto dovuto; o se, nel

* Avvocato Giurista e Professore a Contratto ll’Università di Parma

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caso della compravendita, non dovesse temere le conseguenze della mancata consegna, gravando tali conseguenze su altri (ancora l'assicuratore)”.

Il timore quindi si appunta sull'ipotesi di doversi accollare il contenuto delle prestazioni, così da rimettere l'eventualità del sinistro alla merce delle volontarie e discrezionali decisioni dell'assicurato, di adempiere o non adempiere.

In questi termini evidentemente il rischio esce dagli schemi dell'incertezza di accadimento dell'evento che determina l'obbligo nell'assicuratore e quindi si pone come rischio inassicurabile.

A questo punto il discorso sembrerebbe non avere possibilità di sbocco sennonché nelle possibili conseguenze di una responsabilità contrattuale, al di là del puro contenuto delle prestazioni, l’inadempimento o meglio il non corretto adempimento può generare danneggiamenti involontari e quindi imputabili all'autore a puro titolo di colpa, che investendo diritti assoluti o comunque dichiarati meritevoli della stessa tutela per legge o per giurisprudenza (vedasi i diritti di credito del famoso caso del calciatore Meroni) pongono in essere una situazione del tutto simile al casi di responsabilità aquiliana.

In questi casi viene in rilievo una particolare reazione dell'ordinamento giuridico che pur traendo l'impulso dalla violazione di un patto precostituito (responsabilità contrattuale) partecipa insieme della obbligazione extracontrattuale per l'eccezionalità dei diritti violati. (De Strobel Assicurazione RC pag: 142 Giuffrè Milano terza ed. 1992).

Oggetto del risarcimento da responsabilità contrattuale e sua affinità con quello derivante da responsabilità extracontrattuale

La giurisprudenza italiana da ormai per pacifico la possibilità di cumulo fra l'azione risarcitoria fondata sulla responsabilità contrattuale e quella fondata sulla responsabilità aquiliana quando un medesimo fatto compiuto da un soggetto violi ad un tempo diritti derivanti dal contratto e diritti di altra natura.

La distinzione fra le due azioni è tuttavia conservata in via, ma nonostante ciò le funzioni dell'obbligazione fondata sull'elemento comune la responsabilità tendono a convergere verso il medesimo scopo come il Franzoni (M. Franzoni dei fatti illeciti Zanichelli Bologna pag. 17 in comm.

Cod. civ) giustamente scrive: mentre l'adempimento a causalmente collegato alla nascita dell'obbligazioni ed assicura la realizzazione dell'interesse del creditore, la responsabilità ha la precisa funzione di imporre il risarcimento che consiste nella reintegrazione del creditore leso proprio dall'inadempimento. Manca dunque, nella responsabilità quel naturale collegamento con l'interesse a conseguire la prestazione che viceversa è implicito nell'adempimento anche quando si realizzi mediante l'esecuzione in forma specifica.

Pertanto togliendo dalla garanzia gli effetti dovuti all'inadempimento sulle prestazioni e quindi escludendo quanto attiene all'interesse proprio delle parti, le conseguenze risarcitorie, come avviene nell'eventualità del cumulo delle due azioni fondate sulla duplice responsabilità contrattuale ed extracontrattuale finiscono per coincidere nel medesimo petitum, rispetto al danno dacché, come è ovvio al cumulo delle azioni non può assolutamente far seguito una duplicazione del risarcimento.

Pertanto ferma la distinzione sulla fonte dell'obbligazione risarcitoria (contratto o illecito ex 2043 c.c, ) e la relativa diversa disciplina (Franzoni ibidem ) i criteri ristoro coincidono.

Con questo mi sembra sufficientemente dimostrato che quelle preoccupazioni che vengono formulate, come esposto nel precedente paragrafo, sul timore di doversi accollare la prestazione possono essere superate.

Naturalmente restano nei singoli casi le necessità di salvaguardare i principi dell'assicurabilità, nel senso che l'evento che può far nascere le responsabilità, non può essere comandato dalla specifica intenzionalità dell'assicurato o dalla caratteristica propria del modo di effettuare la prestazione di organizzare. Cosicché gli acerrimi avversari dell'indispensabile requisito dell'accidentalità riflettano sul suo ponderato utilizzo, collaborando ad un migliore chiarimento in proposito.

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Per formulare un esempio in materia di prestazioni professionali, possiamo dire che resta assicurabile, perché accidentale, l'omessa sterilizzazione delle apparecchiature di un odontoiatra anche se comportamento, casualmente, si ripete, mentre di fronte ad una strutturale organizzazione di uno studio ove venissero sistematicamente impiegate attrezzature organicamente infette, questi eventi si porrebbero fuori della assicurabilità, perché mancanti di quell'irrinunciabile requisito che renda la possibile conseguenza dannosa, sufficientemente incerta (dovuta al caso) e quindi garantente la aleatorietà del negozio.

Mutamento convenzionale delle norme di legge

La sintetica dizione del titolo, può suscitare delle immediate critiche in quanto le norme sulla responsabilità extracontrattuale, dettate da interessi generali della società e quindi di natura pubblicistica, non consentono patti contrari o di esonero.

Le disposizioni in materia sono quindi sottratte alla contrattazione privatistica ed è invalida ogni convenzione che ne volesse cambiare i principi, specialmente quelli che ineriscono alla individuazione dei soggetti a cui deve essere imputata la responsabilità.

Tuttavia nel caso di lavori in comune fra più aziende, i cui rapporti vengono regolati anche attraverso, contratti più o meno ben strutturati i riferentisi alle figure dell'appalto, sub-appalto e sub- fornitura, può avvenire che il committente (specie se si tratta, d'impresa o ente avente una posizione di preminenza nel settore) richieda di essere sollevato, da un eventuale concorso in responsabilità, per l'operato dell'esecutore dell'attività concordata, richiedendo a quest'ultimo un impegno convenzionale di rivalsa.

In altri termini il committente che può essere chiamato a rispondere dell'eventuale danno provocato dall'esecutore, sia perché, nonostante l'appalto abbia interferito nelle modalità di esecuzione, sia perché a lui può essere residuata una potestà di diritto e di fatto per controllo o sorveglianza sui lavori, pretende, mediante patto, inserito nel capitolato, che gli oneri risarcitori a lui attribuibili per legge, ricadano in via di diritto di regresso sull'esecutore, appaltatore, sub- appaltatore, o sub-fornitore.

Una tale situazione, come appare ben evidente, va a mutare aggravandolo il rischio eventualmente, trasferito ad un assicuratore dal soggetto in parola (appaltatore, subappaltatore sub- fornitore).

A sollievo dell'assicuratore valgono certamente, in questo caso le norme sulle, dichiarazioni dello stato di rischio, ma ad ogni buon conto le polizze delle responsabilità civile contengono una clausola del seguente tenore:

"La garanzia non comprende i danni derivanti da responsabilità volontariamente assunte dall'assicurato ed allo stesso non imputabili à' sensi di legge."

La dizione di questa clausola potrebbe essere migliorata in quanto nelle ipotesi sopra illustrate, non si tratta di assunzione in proprio di responsabilità altrui, che la legge non consente, ma di accollo delle conseguenze economiche di dette altrui responsabilità.

In ogni caso ci troviamo di fronte ad un apparente rifiuto degli assicuratori di coprire impegni di responsabilità, passanti attraverso convenzioni di tipo contrattuale, ma diversamente dal tema sinora trattato, delle responsabilità contrattuali che possono entrare nell'ipotesi assicurativa, qui si tratta di convenzioni che mutano le regole non variabili del sistema generale della responsabilità civile, convenzioni che alterano profondamente lo stato di rischio e che se taciute inducono l'assicuratore a calcolare il premio e a formulare il proprio consenso su presupposti sbagliati con risultati che certamente portano ad una pre-raccolta della provvista deficitaria, rispetto al fabbisogno in caso di sinistro.

Versiamo quindi in un problema del tutto particolare e differente dalle questioni che stiamo dibattendo.

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Per chiudere questo particolare argomento in chiave positiva e in modo costruttivo, mi preme precisare e suggerire la soluzione assicurativa principale alle esigenze che questi tipi di contrattazioni denunciano.

Invece, di ricorrere a patti consimili (rivalsa, regresso, accollo etc. ) non supportati da sicuri inquadramenti giuridici la soluzione più facile e lineare è quella di ricorrere alla forma contrattuale prevista dall'art.1891 c.c. e cioè l'assicurazione per conto altrui.

L'esecutore ultimo dell'attività, mediante unica polizza può stipulare una assicurazione in nome e conto proprio, per le proprie possibili responsabilità derivanti dal suo autonomo operato, ed in concomitanza una assicurazione in nome proprio, ma per conto altrui, che garantirà i debiti da responsabilità eventualmente addossabili al committente (sia in via esclusiva che concorrente) per la condotta o semplice situazione di posizione giuridica, sulla base delle quali può essere chiamato a rispondere (anche senza sua colpa) del fatto altrui.

Casi giurisprudenziali di concorso fra i due tipi di responsabilità

In questo breve paragrafo conclusivo mi sembra opportuno ricordare i casi più significativi ove viene riconosciuta l'applicazione, per un medesimo danno, della disciplina giuridica, che regola sia la responsabilità contrattuale sia quella aquiliana.

La fattispecie rammentata da quasi tutti gli autori quella del contratto di trasporto di persone (gratuito od oneroso) con esclusione ovviamente del trasporto cosiddetto di cortesia che soggiace alle norme generali dell'illecito.

Un vasto campo di applicazione della responsabilità contrattuale, supportato da applicazioni assicurative, è il campo dell'infortunistica sul lavoro.

Sin dall'inizio in applicazione dell'art. 1124 del c.c. del 1865, si sostenne che il datore di lavoro, in virtù del contratto di locazione d'opera fosse tenuto, non solo a corrispondere il salario convenuto, ma anche a garantire la sicurezza del dipendente (De Strobel op, cit. pagg, 494 e segg.), tesi

"rafforzatasi con l 'emanazione del codice civile del 1942, il cui art. 2087, divenuto fonte primaria sia per la responsabilità civile che penale, dispone che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità dei prestatori di lavoro.

Tale norma secondo lo Spagnolo Vigorita (citato da G. Marando le azioni di RC per infortuni sul lavoro e malattie professionali, Giuffrè Milano1977 pag, 71) impone al datore di lavoro nei confronti del prestante "obblighi che risultano immediatamente e direttamente collegati alle specifiche carat- teristiche della tipica relazione contrattuale, tra loro intercorrente, e che, per conseguenza sono da adempiere mediante uso di strumenti giudici introdotti esclusivamente dal contratto e solo con questi compatibili.

Nel proseguire la rassegna di questi casi ci sembra opportuno ricordare la singolare situazione derivante dall'art. 1669 cc rovina e difetti di cose immobili, in riferimento alla sua natura giuridica.

Come è noto sulla base di questo articolo, si sono sviluppate, in campo assicurativo, le polizze di responsabilità civile che danno garanzie, per la responsabilità civile ai progettisti e direttori dei lavori.

La peculiarità di questo regime di responsabilità è il fatto che "benché collocato tra le norme disciplinanti il contratto d'appalto, in esso si configura un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, in quanto tutelante un'esigenza di ordine pubblico quella della conservazione e funzionalità degli edifici destinati per loro natura a lunga durata (Cass, 12304 del 93 e Cass, 9635 del 1987).

Siamo quindi di fronte ad una responsabilità che ha come presupposto un vincolo contrattuale, presupposto necessario ed indispensabile, ma che per effetto della particolare destinazione della norma, volta alla tutela, di interessi di carattere generale e primario, "trascende i limiti del contratto"

(Cass. 538 del 1959) e quindi muta o forse semplicemente aggiunge al suo carattere originario, tutelante interessi dei contraenti, quello rispondente ad esigenze di interesse pubblico, a tutela della incolumità personale dei cittadini.

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Connesso al Tema ci sembra la vicenda giudiziaria legata caso di infortunio subito nell'espletamento di un servizio "da guardiamarina medico di complemento raffermato, mentre veniva riportato al proprio comando su un'autovettura di proprietà del ministero, all'amministrazione pubblica che invocava la competenza della controversia al tribunale amministrativo la Cassazione (sent. n. 5626/96) ha opposto che “la giurisdizione del giudice amministrativo, riguarda le controversie che, trovino titolo immediato e diretto nel rapporto di pubblico impiego, le controversie cioè, nelle quali il rapporto d'impiego funge da momento genetico dei diritti che si assumono disconosciuti o lesi dall'ente pubblico. Esulano invece, da tale giurisdizione e rientrano in quella del giudice ordinario le domande proposte contro l'amministrazione, la cui ragione sia costituita dalla responsabilità per fatto illecito, se questa dipenda dalla violazione di doveri che incombono sulla pubblica amministrazione, come ogni altro soggetto, verso la generalità delle persone ne risultano lesi diritti che non derivano dal rapporto di pubblico impiego com'è nel caso in cui il diritto sia quello all'integrità personale: "ciò anche se il comportamento dannoso sia tenuto in confronto del pubblico dipendente, per completare la casistica si può richiamare il considerevole numero di decisioni in materia professionale specialmente quelle che riguardano l'arte medica e i ricoveri nei centri ospedalieri.

Ma per non allungare troppo la mia esposizione, mi limiterò a conclusione a richiamare due fondamentali caratteristiche di questo concorso di azioni.

In una vicenda giudiziale insorta per le lesioni riportate a seguito di una caduta cagionata da uno improvviso "scossone" delle scale mobili poste in una stazione ferroviaria, l'attore invocò in primo grado l'art, 2051 c.c. (danno cagionato da cosa in custodia) e quindi valendosi un’azione di responsabilità con i connotati dell'illecito extracontrattuale, il tribunale pronunciò la condanna sulla base dell'art. 1681 c.c., affermando che l'ente gestore non aveva fornito la prova liberatoria, necessaria in tema di responsabilità contrattuale una volta provata la lesione ed il suo nesso causale dell'inadempimento, ritenendo con ciò di aver operato una semplice riqualificazione giuridica di una medesima domanda.

In appello la difesa del danneggiato omise di riproporre la richiesta, come avrebbe dovuto fare ai sensi dell'art. 346 c.p.c. di condanna per responsabilità aquiliana (art, 2051 c.c.), cosicché la Corte di Cassazione rilevando il vizio di extrapetizione del primo giudice ha avuto occasione di ribadire i seguenti principi.

Sono proponibili, anche cumulativamente nello stesso processo, sia l'azione derivante dal contratto, sia quella fondata sulla responsabilità contrattuale.

Tuttavia l'azione di danno da responsabilità contrattuale e quella da responsabilità extracontrattuale, che sono riconosciute e rimesse alla scelta del danneggiato, rispettivamente la prima per l'inadempimento delle obbligazioni del contratto e la seconda per la violazione del precetto del "neminem laedere" sono del tutto distinte, essendo diversi i diritti in relazione ai quali sono accordate ed essendo ciascuna regolata da proprie norme giuridiche e da autonome discipline, le quali richiedono indagini su elementi di fatto differenti.

In sostanza il giudice che credendo di dare una mera diversa qualificazione giuridica, inquadra la richiesta avanzata a titolo di responsabilità di un genere (extracontrattuale) in quella di altro genere (contrattuale), in effetti compie una inammissibile sostituzione della originaria "causa petendi" o con la conseguente introduzione di una situazione giuridica in precedenza non prospettata.

Il mantenimento di queste autonomie fra le due azioni anche se cumulate, sortisce effetti di cui occorre valutarne le relative conseguenze.

Ad esempio nell'eventualità di una sottrazione di merce, già consegnata al vettore per il trasporto su strada, laddove la detta sottrazione sia dovuta all'opera delittuosa di un dipendente del vettore medesimo, si verifica un concorso di norme attinenti alla responsabilità contrattuale ex artt. 1693 e 1696 c.c. e quelle riferentisi alla responsabilità extracontrattuale ex art. 2049 c.c..

La responsabilità derivante dal contratto nel caso di specie soggiage alla limitazione stabilite dalla legge speciale n. 450 del 1985 (di cui si è occupata la corte cost. modificandola in parte) limitazione

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che trova la sua ragion d'essere nell'esigenza di porre un limite al rischio derivante dall'esecuzione del contratto di trasporto al fine di contenere i prezzi del servizio, con benefica ricaduta sui prezzi di mercato delle merci trasportate.

In tema di responsabilità extracontrattuale le suddette limitazioni non sussistono e pertanto il danneggiato invocando anche quest'ultimo principio può realizzare un risarcimento dettato dalle norme di carattere generale sull'illecito, che finiscono col prevalere sul regime speciale della responsabilità contrattuale (cosi Cass. 984 1996).

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