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Il ricorso incidentale tardivo inefficace non soggiace alla sanzione del versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato - Judicium

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Piera Pellegrinelli

Il ricorso incidentale tardivo inefficace non soggiace alla sanzione del versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

La Suprema Corte si occupa di delineare l’ambito di applicazione dell’art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/2002, con particolare riferimento ad un ricorso incidentale tardivo.

Giova ricordare che la condanna al versamento di una somma pari al contributo unificato rappresenta una sanzione - inserita nel nostro ordinamento giuridico dall’art. 1, co. 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228 – volta a limitare la proposizione di ricorsi di legittimità infondati e pretestuosi: è evidente la finalità deflattiva perseguita dalla norma sopra richiamata.

La disposizione prevede che, nelle ipotesi di rigetto dell’impugnazione, o di dichiarazione d’inammissibilità o improcedibilità, la parte che l’ha proposta è tenuta al versamento di un ulteriore contributo unificato, pari a quello corrisposto con l’instaurazione del gravame. La medesima sanzione si applica anche con riguardo all’impugnazione incidentale, allorquando quest’ultima è stata respinta, o dichiarata inammissibile o improcedibile.

Nel caso sottoposto all’esame della Suprema Corte il ricorso principale è stato dichiarato inammissibile, poiché: il primo motivo di ricorso si risolveva in una censura in fatto, non demandabile al giudice di legittimità;

il secondo motivo rappresentava una doglianza nuova, mai proposta nel giudizio d’appello.

La Suprema Corte ha correttamente accertato l’esistenza dei presupposti sanciti dall’art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/2002 – nel caso de quo ha dichiarato inammissibile il ricorso principale – e, di conseguenza, ha condannato il ricorrente anche al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’instaurazione del giudizio di legittimità.

Con riferimento al ricorso incidentale – tardivamente proposto, essendo stato notificato dopo la scadenza del termine per impugnare – la Suprema Corte ha escluso la possibilità di applicare l’art. 13, co. 1-quater, D.P.R.

115/2002.

In ossequio all’art. 334, co. 2, c.p.c., allorquando il ricorso principale è dichiarato inammissibile, quello incidentale, tardivamente proposto, diviene inefficace.

Secondo la Suprema Corte deve escludersi l’applicabilità dell’art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/2002, poiché l’ipotesi dell’inefficacia non è espressamente contemplata dalla norma testé citata.

Nel caso di specie, i giudici di legittimità non hanno proceduto al vaglio dei motivi indicati nel ricorso incidentale: l’inefficacia del ricorso incidentale tardivo non può essere ricondotta ad un’ipotesi di rigetto dell’impugnazione o d’inammissibilità o, ancora, d’improcedibilità.

La Suprema Corte, con la pronuncia in commento, offre un’interpretazione letterale dell’art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/2002, il quale trova applicazione nelle sole ipotesi delineate dalla norma: (i) rigetto;

(inammissibilità); (iii) improcedibilità.

Tale conclusione è sicuramente in linea con l’atteggiamento assunto dai giudici di legittimità, i quali – in altre e diverse occasioni – avevano rassegnato la medesima conclusione.

La Suprema Corte aveva parimenti escluso l’applicabilità dell’art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/2002 nelle seguenti ipotesi: (i) rinuncia al ricorso per cassazione, in quanto tale misura si applica ai soli casi - tipici - del rigetto dell'impugnazione o della sua declaratoria d'inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, "lato sensu" sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica (Cass. 12 novembre 2015, n. 23175); (ii) declaratoria d’estinzione del

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giudizio (Cass. 30 settembre 2015, n. 19560); (iii) sopravvenuto difetto d’interesse (Cass. 2 luglio 2015, n.

13636); (iv) cessazione della materia del contendere, determinando essa la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata, essendo a tali fini irrilevante la successiva valutazione della virtuale fondatezza, o meno, del ricorso in quanto avente esclusivo rilievo in merito alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità (Cass. 10 febbraio 2017, n. 3542).

Se sicuramente la pronuncia in commento è coerente con le conclusioni rassegnate dalle decisioni sopra menzionate, proseguendo nel solco delineato dalla Suprema Corte e confermando un’interpretazione letterale dell’art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/2002, non può sottacersi qualche perplessità.

Come riconosciuto dalla Suprema Corte, la ratio dell'art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/2002 va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose; ne consegue che anche l’impugnazione inefficace dovrebbe soggiacere alla medesima sanzione, avendo rappresentato un “maldestro” tentativo di chiedere la riforma della sentenza impugnata, cassato solo a causa dell’inammissibilità del ricorso principale.

Se ben può escludersi l’applicazione della sanzione per le ipotesi sopravvenute – le quali, ex post, incidono sull’impugnazione proposta - l’inefficacia non può annoverarsi tra queste, così che non si giustifica la conclusione rassegnata dalla Suprema Corte.

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