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Sui limiti del ricorso incidentale condizionato su questioni pregiudiziali di rito. - Judicium

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SILVIA IZZO

Sui limiti del ricorso incidentale condizionato su questioni pregiudiziali di rito.

1. Le Sezioni Unite intervengono nuovamente sul ricorso incidentale “condizionato”

superando, con il peso derivante dalla composizione come dall’impegno argomentativo profuso, ma senza argomenti, nuovi l’orientamento espresso nel 20011.

Il supremo collegio si esprime nel senso del condizionamento necessario del ricorso proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito avente ad oggetto questioni pregiudiziali o preliminari, l’esame del quale, dunque, risulta subordinato al previo accoglimento dell’impugnazione principale. Diversamente – e i ricorsi saranno esaminati secondo l’ordine che deriva dai motivi prospettati – ove esso riguardi una questione ancora rilevabile d’ufficio perché non decisa dal giudice a quo. In queste ipotesi, invero, non c’è motivo di utilizzare l’impugnazione e, per sollecitare il già sussistente potere della Corte, il soccombente teorico può utilmente servirsi del controricorso2.

Fin qui, dunque, vengono riallacciati meritoriamente i fili intessuti dalla precedente giurisprudenza di legittimità3 conferendo all’istituto una trama meglio definita che in passato seppure, come si vedrà, ancora non del tutto nitida. L’elemento di novità della pronuncia si riscontra, invece, nel predicare le medesime regole anche per la questione di giurisdizione, per la quale si era finora esclusa la possibilità di “condizionamento” in forza dell’(ormai non più)

1 Con le sentenze 212, 213 e 214 del 23 maggio 2001, in questa Rivista, 2001, 581, con nota critica di CHIARLONI; in Foro it., 2002, I, 493. Per una compiuta ricostruzione dell’evoluzione dell’istituto, a corredo di quanto già ampiamente esposto nella motivazione della pronuncia, cfr., NEGRI, Le Sezioni Unite sul ricorso incidentale condizionato consolidano la svolta, in Corr. giur., 2001, 1476 e ss.

2 Cfr., tra le più recenti in questo senso, Cass, sez. un., 31 ottobre 2007, n. 23019, in Corr. giur. 2008, 1105 con nota di RUSCIANO. Ancora differente è l’ipotesi in cui la questione non sia stata decisa perché assorbita. In questo caso la sede naturale della riemersione – pur se non del tutto funzionale alle esigenze di economia processuale e di durata ragionevole del processo – sarebbe il giudizio di rinvio. Cfr., ex multis, Cass. 26 gennaio 2006, n. 1691 (in questa Rivista, 2006, 2342 con nota di RUSCIANO).Secondo TARZIA, Lineamenti del nuovo processo3, Milano 2007, 375 s., al contrario, occorrerebbe anche in questo caso proporre ricorso incidentale condizionato. Per BOVE, La Corte di cassazione come giudice di terza istanza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 947 ss., vi sarebbe, invece, un onere di riproposizione. In questo senso, in forza del nuovo testo dell’art. 384, 1° comma, sembra orientata altresì GAMBINERI, Giudizio di rinvio e preclusione di questioni, Milano 2008, 265.

Vi è poi spazio per i vizi talmente gravi da non tollerare condizionamento, sui quali v. infra §. 3.

3 Da ultimo, nel senso del necessario condizionamento Cass., 10 giugno 2008, n. 15362; Cass., sez. trib., 21 gennaio

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insuperabile disposto dell’art. 37 c.p.c. che predica il rilievo del relativo difetto «in ogni stato e grado del giudizio»4.

Il sottile ma deciso revirement discende, dichiaratamente, dalla «profonda revisione» dello

«statuto processuale» e del «significato» «del concetto stesso di giurisdizione»5 ingaggiato dalle due Corti supreme6 e dall’(oramai) immancabile grimaldello del principio di ragionevole durata del processo7 ed involge temi di teoria generale classici e “terribili”8, quali la nozione di soccombenza, il doppio oggetto del giudizio, il giudicato (anche implicito) sui presupposti processuali, che in questa sede non possono essere approfonditi ma che, costituendo il reale humus del mutato orientamento, meritano di essere almeno lambiti9.

2. Nel caso di specie il ricorso incidentale, non espressamente condizionato, aveva ad oggetto la già esaminata questione di giurisdizione rispetto al convenuto straniero, sottoposta ratione

4 Cfr. Cass. Sez. Un., 9 ottobre 2008, n. 24883 (in questa Rivista, 2009, 412 con osservazioni critiche di VACCARELLA e 1460 di CARRATTA) ID.,10ottobre 2008, n. 26019 (in Foro it., 2009, I, 810, con nota di G.G.POLI), e ID., 18 dicembre 2008, n. 29523 (in Corr. giur., 2009, 379 con nota critica di CAPONI) che, per prime, hanno ritenuto che «l’art. 37 c.p.c., con interpretazione adeguatrice, deve leggersi nel senso che dopo due gradi di giudizio conclusisi con decisioni di merito non è più possibile sollevare o rilevare (d’ufficio) la questione di giurisdizione per formazione del giudicato implicito, anche se non c’è stata pronuncia sul punto».

5 § 9.2.

6Il riferimento è alle sentenze n. 4109/2007 delle Sezioni Unite e n. 77/2007 della Corte costituzionale sulla translatio judicii tra giudici di ordini differenti. Sulla «divergenza» delle soluzioni ivi raggiunte, quale specchio di una diversa lettura del principio di effettività della tutela giurisdizionale cfr. le considerazioni di VACCARELLA, Rilevabilità del difetto di giurisdizione e translatio iudicii, in questa Rivista, 2009, 414 e s. (del quale è pure l’espressione virgolettata). Cfr.

pure Cass. Sez. Un., 23 dicembre 2008, n. 30254, che amplia, non poco, i limiti del sindacato sulla giurisdizione, in Riv.

dir. proc., 2009, 449, con nota di VERDE.

7 Per una rassegna delle interpretazioni, molto spesso abrogatrici, che la giurisprudenza ha tratto dal principio si rimanda a DALFINO, Ragionevole durata, competitività del processo del lavoro ed effettività della tutela giurisdizionale, in Foro it., 2009, V, 183. Sull’operazione ermeneutica ingaggiata, cfr., CAPONI, Quando un principio limita una regola (ragionevole durata del processo e rilevabilità del difetto di giurisdizione), in Corr. giur., 2009, 380.

8 Così CONSOLO, Travagli “costituzionalmente orientati” delle Sezioni Unite sull’art. 37 c.p.c., ordine delle questioni, giudicato di rito implicito, ricorso incidentale condizionato (su questioni di rito o, diversamente operante, su questioni di merito), in corso di pubblicazione in Riv. dir. proc., 2009, p. 6 del dattiloscritto, con riferimento al più generale tema del condizionamento dell’impugnazione.

9 Le riflessioni saranno pertanto limitate all’impugnazione incidentale che abbia ad oggetto questioni pregiudiziali di rito e non preliminari di merito, per le quali il discorso dovrebbe essere impostato differentemente. Per una

panoramica sulla problematica e per i necessari riferimenti bibliografici, cfr., NEGRI, cit., 1478 e ss.; BACCAGLINI, Ricorso incidentale subordinato e questioni pregiudiziali di rito: una decisione non pienamente condivisibile, in Corr. giur. 2009, 1986.

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temporis alla disciplina di cui all’art. 37 c.p.c. L’impugnazione viene dichiarata «assorbita» a fronte del rigetto di quella principale.

Nel ragionamento delle Sezioni Unite il rispetto dell’ordine logico d’esame delle questioni, da principale ragione ostativa al condizionamento che era10, diviene cardine della soluzione inversa11. E’ la regola della pregiudizialità, difatti, «in uno dei suoi profili più pregnanti», a far divieto al giudice «di esaminare il merito del gravame, prima di aver acclarato l'esistenza di tutti i relativi presupposti di ammissibilità, ivi compresa [..] la legittimazione ad impugnare» del ricorrente incidentale12. Orbene, nel mutato convincimento delle Sezioni Unite, l’accoglimento - o quanto meno la valutazione di fondatezza13 - del ricorso principale, si impone quale momento di verifica di essa nelle sue due componenti della soccombenza e dell’interesse14. Ne l’una né l’altro risulterebbero, difatti, integrati dalla mera proposizione dell’impugnazione principale, pur «di per sé capace di rendere incerta la vittoria conseguita nel merito»15. Secondo le Sezioni unite finché quest’ultima non sia concretamente rimessa in discussione, la soccombenza non è soltanto teorica, ma inattuale «e di futura e solo ipotetica attualizzazione»16. Ugualmente a dirsi per l’«interesse alla pronuncia sulla propria impugnazione» che, se accolta, non garantirebbe al soccombente teorico

«un risultato più favorevole in concreto di quello derivante dal rigetto del ricorso principale», esponendolo anzi al rischio del riesame della soluzione adottata dal giudice di merito17.

Così rilette le due componenti della legittimazione, non può che riconoscersi una pregiudizialità necessaria tra decisione dell’impugnazione principale ed esistenza del dovere del giudice di pronunciarsi sul merito di quella incidentalmente proposta, indipendentemente dalla

10 Cfr. Cass., 24 maggio 1955, n. 1541, in Foro it., 1956, I, 60, prima nel senso dell’inammissibilità del condizionamento.

11 Facendo propri gli argomenti della dottrina che più ampiamente si è dedicata al tema, cfr. CHIARLONI,L’impugnazione incidentale nel processo civile, Milano,1969;GRASSO,Le impugnazioni incidentali, Milano 1973.

12 §. 8.7., riprendendo testualmente CHIARLONI, cit., 136.

13 Distinzione che le Sezioni Unite non considerano, utilizzando indifferentemente le due formule. ATTARDI, (Sulle impugnazioni incidentali condizionate, in Giur. it.,1991,IV, 297) riteneva l’esame dell’impugnazione incidentale condizionato alla fondatezza per le questioni di rito, all’accoglimento per quelle preliminari di merito. Nel medesimo ordine di idee CONSOLO, cit., p. 17 del dattiloscritto. Di «accertamento della fondatezza» discorre CHIARLONI, cit., 560.

TURRONI, La sentenza civile sul processo, Torino, 2006, 140, n. 77, rileva che «se davvero l’impugnazione principale fosse tecnicamente accolta, il giudice non potrebbe in un secondo momento rimuoverla; né, quindi, potrebbe dare ulteriore corso al giudizio per valutare se sussista l’impedimento prospettato nell’impugnazione principale».

14 Così la pronuncia riprendendo CHIARLONI, cit, 135. Per i necessari approfondimenti, cfr., SALVANESCHI, L’interesse ad impugnare, Milano 1990, 33 e ss., sp. 39.

15 Come invece secondo Cass., Sez. un. n. 212/2001, cit.

16 CONSOLO, Il cumulo condizionale di domande, I, Padova, 1985, 542.

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scelta espressa dalla parte18. Dunque, nel pieno rispetto dell’art. 276, verranno decise «gradatamente le questioni pregiudiziali» - prime tra tutte le condizioni di ammissibilità dell’impugnazione –

«quindi il merito». «Merito» che potrà consistere altresì, con un rovesciamento del rapporto di successione tra questioni soltanto apparente19, in una questione di rito.

La soluzione adottata riconosce, quindi, l’esistenza di un doppio e graduale interesse20, da un lato quello alla proposizione del gravame – eminentemente processuale e finalizzato ad evitare una preclusione – dall’altro quello all’esame dello stesso, volto invece ad eliminare il pregiudizio sostanziale che la (“revisione” della soluzione offerta in) decisione reca.

3. Tutto ciò fino a quando il potere della Corte di esaminare le questioni pregiudiziali derivi dalla «domanda di impugnativa» proposta dalle parti e sia, dunque, delimitato dai motivi ivi spiegati21. Diversamente a dirsi ove sussista la possibilità di rilevare d’ufficio gli impedimenti processuali, ossia22 quando la sentenza sia affetta da vizi insuscettibili di consolidarsi in forza degli articoli 329, 2° comma c.p.c. e 324 c.p.c. o che, comunque, meritino una decisione assolutamente pregiudiziale.

Tra queste ipotesi, finora, era stato incluso il riesame della questione di giurisdizione atteso che, venendo «in considerazione lo stesso potere decisorio del giudice […]» essa «non poteva essere condizionata ad "eventum litis", dato che una siffatta valutazione postula pur sempre l'esercizio dello stesso potere decisorio che con il ricorso incidentale si intende contestare»23.

In ragione della «profonda revisione» del concetto di giurisdizione, le Sezioni Unite mutano orientamento e riconducono il relativo difetto tra le nullità processuali ordinarie, di cui «il giudice non ha più la piena disponibilità […] se non in primo grado»24.

18 Senza che rilevi, dunque, il potere dispositivo (ritenuto sussistente, al contrario, da ANDRIOLI, A proposito di ricorso incidentale subordinato, in Riv. dir. proc., 1956, II, 103 e s . Gli argomenti sono dunque speculari rispetto a quelli che sostenevano l’orientamento inverso, cfr., ancora, Cass. Sez. un., 212/2001 cit., « il condizionamento apposto non ha alcuna efficacia, dal momento che con lo stesso - ove se ne ammettesse la rilevanza - si finirebbe, per il rispetto di un preteso potere dispositivo delle parti, per sovvertire l’ordine logico delle questioni». Nel medesimo senso in dottrina FAZZALARI, Sui ricorsi incidentali “condizionati”, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1961.

19 CHIARLONI, op. loc. ult. cit.

20 Sulla scia di GRASSO, cit., 53 e ss.

21 La ricostruzione del ricorso per Cassazione come autonoma domanda di impugnativa, e dei motivi di ricorso alla stregua di causa petendi limitativi dei poteri della Corte è propria del CALAMANDREI (La Cassazione civile, II, 152 e 158).

Qui la si richiama (assieme a E.F.RICCI, L’esame d’ufficio degli impedimenti processuali nel giudizio di cassazione, in Riv.

dir. proc., 1978, 425) come schema con il quale delineare i rapporti tra iniziativa di parte e poteri del giudice.

22 Per quanto qui preme approfondire. Per il caso di questione ancora rilevabile perché non decisa, cfr. supra n. 2.

23 Cass. civ. Sez. Unite, 21 dicembre 1990, n. 12134, in Foro it. Rep., 1990, voce Cassazione civile, n. 118 che è tra le prime e più ampiamente motivate in questo senso.

24 §. 9.5.

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Sicché, d’ora in poi25, una volta pronunciata una decisione di merito, la questione di giurisdizione potrà essere esaminata dalla Corte di cassazione a) se espressamente impugnata secondo le regole proprie della formazione progressiva del giudicato; b) se, «per effetto dello sviluppo» della decisione sull’impugnazione principale, la «parte già vittoriosa nel merito, diventi»

in esso soccombente26; c) anche d’ufficio e per la prima volta soltanto se l’unico tema dibattuto in precedenza «sia stato quello relativo all’ammissibilità della domanda, o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum»27.

In tal modo il supremo collegio quadra il cerchio tracciato con le sentenze nn. 24883, 26019 e 29523 del 2008, che hanno reinterpretato il disposto dell’art. 37 c.p.c. nel dichiarato intento di bilanciare la garanzia costituzionale della precostituzione del giudice naturale con quella della ragionevole durata del processo28.

In coerenza con i principi in quelle sedi affermati, l’onere di impugnazione e, con esso, il condizionamento sussistono tanto in presenza di una statuizione espressa, quanto ove essa manchi in forza dell’estensione del giudicato interno ai presupposti della decisione di merito. Ciò in quanto, in adesione alla teoria del doppio oggetto del giudizio, «stante l’obbligo del giudice di accertare l’esistenza della propria giurisdizione prima di passare all’esame del merito o di altra questione ad essa successiva, può legittimamente presumersi che ogni statuizione al riguardo contenga implicitamente quella sull’antecedente logico da cui è condizionata e, cioè, sull’esistenza della giurisdizione, in difetto della quale non avrebbe potuto essere adottata»29.

L’ultima pronuncia del “trittico”, la n. 26019, fa però, riferimento ad altre ipotesi in cui la nullità da cui è affetta la sentenza impugnata è talmente grave da non sottostare alla regola della formazione progressiva del giudicato o, quanto meno, vista una certa ambiguità della motivazione30, di quello implicito.

25 Invero, si era già orientata a favore della soluzione odierna Cass. Sez. un., 31 ottobre 2007, n. 23019, cit.

26 §. 9.5.

27 Cass. Sez. Un.29523/2008 cit. In questi casi il giudicato non si estende alle condizioni di ammissibilità della domanda e non implica, di conseguenza, alcun onere di impugnazione. Così argomentando le Sezioni unite affiancano alla teoria della pregiudizialità del rito rispetto al merito il differente modello di decisione fondato sul «primato della ragione più liquida». Su tale teoria cfr., FORNACIARI,Presupposti processuali e giudizio di merito,TORINO,1996.

28 Tutte citate alla nota 1.

29 Cass. Sez. Un. 24883/2008 cit.

30 In un primo momento la Corte, difatti, individua vizi così radicali da giustificare la proposizione di un’autonoma actio nullitatis e, a maggior ragione, da poter essere verificati anche «in sede di legittimità, mediante proposizione della questione per la prima volta […], ovvero mediante il rilievo officioso» (§.3.5) lasciando così intendere la possibilità di riesame «in deroga ai principi generali della disponibilità della tutela giurisdizionale e dell’onere di impugnazione». In un successivo passaggio, però, si smentisce, richiamando anche per essi «l’effetto preclusivo derivante dalla esistenza di una specifica statuizione del giudice di merito e dalla mancata impugnazione al riguardo» (§. 3.11). Segnala

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Pochissimi i vizi di tal fattura. Espunto il difetto di giurisdizione, tra essi vanno annoverati il difetto di integrità del contraddittorio, la mancanza dei presupposti processuali soggettivi, l’esistenza di un precedente giudicato31.

Coordinando tali affermazioni con i principi affermati dalla sentenza in commento, si può concludere nel senso che l’impugnazione incidentale condizionata fondata sui vizi citati potrà essere esaminata con assoluta precedenza «in deroga ai principi generali della disponibilità della tutela giurisdizionale e dell’onere di impugnazione»32.

4. Qualche sparsa (e vagamente amara) considerazione finale.

Dalla pronuncia in commento e dal filone giurisprudenziale in cui essa si iscrive emerge un disimpegno profondo della Cassazione sulla tematica della componente processuale dell’accertamento giurisdizionale. «Justice is justice on the merits», afferma il supremo consesso33, ragion per cui valore preminente viene riconosciuto alla decisione di merito anche se resa all’esito di un processo malamente cominciato e/o proseguito. Ne consegue un ridimensionamento del valore riconosciuto al rispetto delle regole processuali e al bagaglio di garanzie che, non sempre ma sovente, esse implicano.

A questo preoccupante risultato vengono piegati – contrariamente alle finalità per le quali sono stati formulati – tanto il dichiarato ossequio al principio dell’ordine logico d’esame delle questioni, quanto la condivisione di fondo della teoria del doppio oggetto del giudizio.

Difatti, affrontare con priorità il rito – esame che non a caso è di sovente ammissibile d’ufficio – equivale a garantire la corretta instaurazione e il «corretto svolgimento del processo, nei suoi momenti essenziali e irrinunciabili»34 fintanto che impegni in tal senso il dovere decisorio del giudice. Finisce con giustificarne il disimpegno ove, invece, si sostenga che la pronuncia di merito implica la decisione implicita di tutte le questioni di rito35. Così inteso il principio degrada a mera regola logico-formale giustamente sacrificabile in favore di altre al fine di soddisfare esigenze diverse, tra cui la ragionevole durata del processo36.

Ugualmente a dirsi per la teoria che individua un doppio oggetto processuale - un primo e prodromico destinato alla valutazione dell’ammissibilità della domanda, ed un secondo relativo all’esame del merito. Essa nasce per dotare il fenomeno dell’accertamento sul processo (rectius sui presupposti processuali e sulle condizioni dell’azione) della stessa consistenza dell’accertamento

31Tutti menzionati (assieme alla decadenza sostanziale dall’azione, al divieto di jus novorum, al mancato esperimento della domanda amministrativa di prestazione previdenziale, al frazionamento di crediti relativi al medesimo rapporto previdenziale o assistenziale, alla litispendenza) da Cass. Sez. Un., 30 ottobre 2008, n. 26019 cit.

32 Ibidem.

33 §.9.9.

34 CERINO CANOVA, Le impugnazioni civili, Padova, 1973,75.

35 Sul portato di garanzie del principio si veda, per tutti, ROMANO, Contributo alla teoria del giudicato implicito sui presupposti processuali, in Giur. it., 2001, 1292 ss.;

36 Analogamente TURRONI, cit., 128.

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nel processo (rectius sulle situazioni giuridiche sostanziali in esso dibattute), il quale impone «una specifica decisione sul punto, presa con certe garanzie, motivata e impugnabile»37.

In questo quadro si innesta, dunque, lo spostamento dell’asse della soccombenza verso il suo significato classico – non a caso più volte richiamato dalla pronuncia in commento –, di rigetto della domanda proposta o di accoglimento della pretesa avversaria. L’esame dell’impugnazione incidentale richiede, così, una soccombenza che da teorica si attualizzi fino a divenire pratica e formale in seguito all’accertata fondatezza di quella principale.

Una volta riconosciuta l’idoneità al giudicato formale dei capi della decisione, anche impliciti, relativi alla soluzione di questioni pregiudiziali di rito, l’interesse del soccombente teorico alla proposizione dell’impugnazione, non può di certo essere negato38. La soluzione sfavorevole delle questioni di rito potrebbe, pertanto, costituire autonomo oggetto di impugnazione incidentale a prescindere dalla valutazione di fondatezza del ricorso principale39.

Se, invece, l’asse della legittimazione si posta sulla considerazione del pregiudizio sostanziale, il discorso cambia e la soccombenza teorica non basta più40.

In questo senso - a seguire quello, in controluce, il ragionamento adottato dalle Sezioni unite - deporrebbe altresì il novellato regime di impugnazione in cassazione delle sentenze non definitive su questioni. La questione di rito (fonte di soccombenza teorica) può essere sottoposta all’esame della Corte soltanto se accompagnata – anche attraverso la presenza di due impugnazioni – da doglianze di merito (fonte di soccombenza pratica)41.

I vizi relativi al rito della decisione, per quanto gravi possano essere, non hanno dunque rilievo in sé e per sé considerati.

Va, tuttavia, rilevato che anche l’ultima riforma del giudizio di cassazione sembra muoversi nel senso di un sostanziale ridimensionamento della rilevanza dei vizi processuali della decisione.

L’articolo 360-bis, prevede, infatti, che il ricorso sia dichiarato inammissibile anche ove sia

«manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto

37 Così CONSOLO, che della teoria è il maggior esponente in Italia, op. ult. cit., seppur in un differente contesto.

38 Una volta, cioè, riconosciuta la dignità di capo o parte di sentenza alla «decisione su questione» occorre necessariamente concludere che «un potere di impugnazione sorge per ciascuna decisione». Cfr. CERINO CANOVA, cit.,167, dissentendo rispetto alla teoria c.d. del doppio oggetto del giudizio.

39 Come ritenuto dal precedente orientamento e, ancora, limitandosi ai contributi più recenti, da CONSOLO,Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2006, 193-194; Id., TRAVAGLI, cit.; TURRONI, cit., 141

40 Questa la prospettiva di FAZZALARI, Il giudizio civile di cassazione, Milano, 1960, 131 che rileva «difficoltà (per non dire impossibilità manifesta) di inserire nel sistema una impugnazione che, contro i principi, non sarebbe coordinata al rigetto della domanda (cioè alla vera e propria soccombenza)». Sull’inquadramento differenziato tra «interesse al processo» e diritto sostanziale, cfr. SASSANI, Note sul concetto di interesse ad agire, Rimini, 1983, 117 ss.

41§.10.1. In realtà, proprio le norme che ammettono l’impugnazione avverso le sentenze non definitive su questioni pregiudiziali di rito risultano capaci di valorizzare la ricostruzione della soccombenza teorica come requisito di legittimazione autonomo e sufficiente. Sottolinea la debolezza dell’ argomento altresì CONSOLO, Travagli, cit., p. 9, n.

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processo». Secondo parte della dottrina42 la disposizione avrebbe l’effetto di restringere il catalogo delle nullità processuali denunciabili ai sensi del n. 4) dell’art. 360 limitandolo soltanto a quelle capaci di determinare la violazione dei richiamati principi. L’applicazione della norma rivelerà quali siano ma, oramai sembra indiscutibile, fin d’ora può dirsi che tra essi non rientra la precostituzione del giudice per legge.

42 COSTANTINO, La riforma del giudizio di legittimità: la Cassazione con filtro, in Giur. It., 2009, 1560 ss., CONSOLO, Una buona «novella» al c.p.c.: la riforma del 2009 (con i suoi artt. 360 bis e 614 bis) va ben al di là della sola dimensione processuale, in Corriere Giur., 2009, 740. ContraBALENA, La nuova pseudo-riforma della giustizia civile (un primo commento alla legge 18 giugno 2009, n. 69), in www.judicium.it, § 18; E. F. RICCI, Il filtro in Cassazione scivola sui paradossi, in Il Sole 24 ore del 29 maggio 2009, 35.

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