• Non ci sono risultati.

Criteri diagnostici in psichiatria

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Criteri diagnostici in psichiatria"

Copied!
10
0
0

Testo completo

(1)

Criteri diagnostici in psichiatria

Prof. Filippo Bogetto, Prof. Silvio Bellino

Il problema che ci proponiamo di affrontare è quello di chiarire come lo psichiatra possa fornire al medico legale elementi clinici utili a valutare la presenza e l’entità di un danno biologico di natura psichica.

L’obiettivo della clinica psichiatrica è quello di individuare e di caratterizzare le malattie di mente, cioè delle entità discrete a cui sia possibile attribuire uno specifico meccanismo eziopatogenetico, delle caratteristiche cliniche e psicopatologiche ben definite e appropriati provvedimenti terapeutici.

Poiché la determinazione dei meccanismi eziopatogenetici è tuttora in gran parte ipotetica per la maggioranza dei quadri clinici psichiatrici, nelle classificazioni tradizionali si è fatto ricorso ad un criterio eziopatogenetico (si veda in particolare la classica distinzione endogeno/psicogeno) sulla base di modelli teorici a cui non corrispondevano adeguati riscontri clinici e sperimentali.

Procedendo da questa considerazione, gli estensori della classificazione internazionale attualmente più diffusa, il DSM-IV dell’American Psychiatric Association (1994), hanno scelto di rinunciare a un modello teorico di riferimento e di adottare un approccio descrittivo-sintomatologico che ha portato alla formulazione del concetto di disturbo psichico, in alternativa a quello di malattia che richiede, come si è visto, la presenza di un numero più alto di parametri.

La definizione di tale concetto è enunciata nella sezione introduttiva del DSM ed è riportata integralmente nella tabella I. In sintesi, il disturbo mentale si caratterizza come una sindrome o un comportamento clinicamente significativo che si accompagna a sofferenza e/o a una rilevante compromissione delle abilità sociali: la compromissione del funzionamento sociale, lavorativo ed interpersonale è quindi un elemento integrante della definizione di disturbo psichico che si affianca al riconoscimento di un raggruppamento di sintomi fra loro correlati e alla definizione di elementi quali l’età di esordio e il tipo di decorso.

Sulla base di questi criteri generali e dei risultati della ricerca clinica e biologica volta a caratterizzare le diverse entità cliniche, è stata formulata una serie di categorie diagnostiche raggruppate in classi. Le classi di disturbi mentali presentate nel DSM-IV sono elencate in tabella II.

II Cattedra di Psichiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Torino

(2)

Se i disturbi psichici sono caratterizzati basandosi sulla descrizione delle sindromi e delle loro conseguenze funzionali, si pone l’esigenza di studiare i rapporti che intercorrono tra queste entità e le alterazioni del funzionamento cerebrale. Lo studio dei correlati biologici dei disturbi psichici apre il problema, cruciale per una psichiatria medica, del rapporto corpo-mente e in particolare cervello- mente. E’ una questione a tutt’oggi aperta: in alcuni casi esistono evidenti rapporti tra alterazioni del cervello e disturbi psichici, in molti altri casi (fra i quali le più emblematiche malattie psichiatriche, come la schizofrenia ed il disturbo bipolare) le alterazioni cerebrali sono suggerite da dati sperimentali, ma questi non consentono ancora di trarre delle conclusioni definitive. Allo stato attuale delle conoscenze, l’elemento più importante a sostegno di un’impostazione biologico- medica della concezione delle malattie mentali è dato dalla constatazione dell’efficacia delle terapie psicofarmacologiche: riassestando il funzionamento dei meccanismi cerebrali si ripristinano i fenomeni psichici alterati. Certamente ci mancano ancora molti elementi per poter costruire un modello di psichiatria in cui alla sintomatologia del disturbo possa associarsi un dato biologico caratteristico che indirizzi a sua volta a una condotta terapeutica mirata.

I rapporti tra disturbi psichici e alterazioni del funzionamento cerebrale che abbiamo delineato nella loro attuale configurazione, possono essere schematizzati facendo riferimento a tre situazioni principali:

1) i disturbi in cui è possibile evidenziare con gli attuali strumenti d’indagine una lesione anatomo-patologica. In questi casi è certo che al disturbo corrisponde una compromissione del funzionamento cerebrale. Esempi di questa situazione sono la demenza di tipo Alzheimer e la demenza dovuta ad un trauma cranico che abbia provocato lesioni cerebrali evidenziabili. Le caratteristiche cliniche e i correlati anatomo-patologici di questi disturbi sono sinteticamente descritti nelle tabelle III e IV;

2) i disturbi in cui è possibile riconoscere un’alterazione fisiopatologica sulla base di un complesso di dati provenienti da ricerche di biochimica, biologia molecolare, genetica e brain imaging funzionale. In questi casi la compromissione del funzionamento cerebrale non è certa, ma è ipotizzabile con un alto grado di probabilità ed è ulteriormente supportata dalle evidenze di efficacia delle terapie psicofarmacologiche. Esempi di questa situazione sono la grande maggioranza dei disturbi psichici previsti nel DSM-IV, ad esempio la depressione maggiore o il disturbo ossessivo-compulsivo che sono descritti nelle tabelle V e VI;

3) i disturbi in cui non si verifica né l’una né l’altra delle due situazioni precedentemente descritte e pertanto non consentono di disporre di alcun elemento che permetta di identificare un’alterazione del funzionamento cerebrale. In altre parole, non è possibile determinare un evento di tipo biologico che possa essere correlato alla comparsa delle

(3)

manifestazioni psicopatologiche. E’ il caso di costellazioni sindromiche meno ben definite come le sindromi miste ansioso-depressive e le sindromi sottosoglia con espressioni sintomatologiche sfumate. Si tratta di sindromi che sono riscontrate assai frequentemente, ma a cui non è riconosciuto dalle attuali classificazioni la collocazione fra i disturbi di rilevanza clinica. In questo gruppo potrebbe trovare collocazione anche il disturbo dell’adattamento che, pur essendo classificato a pieno titolo tra i disturbi mentali del DSM-IV, si caratterizza per la presenza di manifestazioni cliniche reversibili, la cui persistenza è strettamente circoscritta al periodo di tempo in cui agiscono i fattori stressanti responsabili del disturbo (tabella VII).

Questo schema, in particolare per quanto riguarda la distinzione fra i gruppi 1 e 2, era sostanzialmente ripreso nella classificazione dei disturbi psichici proposta dal DSM-III (1980) e dal DSM-III-R (1987), in cui era previsto un capitolo per i disturbi mentali organici, che comprendeva le demenze senili e presenili, i disturbi indotti da sostanze psicoattive e i disturbi associati con le condizioni fisiche dell’Asse III. Tale capitolo comprende quindi i disturbi in cui è evidenziabile una lesione anatomo-patologica a carico del SNC (ad es. la demenza di Alzheimer) o in cui l’eziologia è riconducibile all’uso di sostanze psicoattive (ad es. il delirium da sospensione di alcool), o agli effetti di un disturbo fisico associato (ad es. il disturbo d’ansia organico da iper/ipotiroidismo). Il capitolo dei disturbi psichici di natura organica si ritrova attualmente nella classificazione dell’ICD- 10 formulata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (1992), mentre non è più contemplato dal DSM-IV. Gli estensori del manuale hanno infatti ritenuto che il termine “disturbi mentali organici”

implicasse che gli altri disturbi mentali non avessero una base biologica: tale distinzione eziologica tra classi diverse di disturbi psichici viene considerata arbitraria. Nel DSM-IV sono invece previsti in ciascun capitolo un disturbo (psicotico, dell’umore, d’ansia…) dovuto a condizione medica generale e un disturbo (psicotico, dell’umore, d’ansia…) indotto da sostanze. Nelle tabelle VIII e IX esemplifichiamo i criteri forniti dal DSM-IV per queste due categorie nell’ambito della classe dei disturbi d’ansia. L’impostazione adottata dal manuale è senz’altro condivisibile sul piano teorico, anche se noi riteniamo che lo schema che abbiamo proposto corrisponda allo stato effettivo delle conoscenze e in particolare sia utile al clinico che debba contribuire all’accertamento del danno biologico di natura psichica.

Nei casi in cui è possibile stabilire con certezza o con un alto grado di probabilità la presenza di un’alterazione del funzionamento cerebrale, si può affermare che il disturbo psichico corrisponde a un danno biologico di natura psichica: tale corrispondenza è d’altra parte una condizione indispensabile nel momento in cui si adotta una concezione medico-biologica del disturbo mentale e quindi in tutti i casi in cui si ricorre alla valutazione e all’intervento dello psichiatra. In effetti, per il momento è possibile solo individuare delle correlazioni di tipo biologico alle quali non è quasi mai

(4)

possibile attribuire con certezza un significato causale. A parte i disturbi psichici dovuti a condizione medica generale e quelli indotti da sostanze, un rapporto di causalità può essere posto in modo attendibile solo in quei casi in cui è dato accertare l’esistenza di un’alterazione anatomo- patologica, quindi di una lesione a carico del parenchima cerebrale, e ricostruire la relazione temporale fra insorgenza o aggravamento della lesione e comparsa o recrudescenza dei sintomi psichici. In tutti gli altri casi la causalità può essere solo presunta sulla base delle alterazioni fisiopatologiche che sono state messe in evidenza dalla ricerca biologica. Il limite più importante è rappresentato dal fatto che tali alterazioni risultano correlate ai disturbi mentali solo sulla base di analisi statistiche, ma la loro presenza non può essere accertata nei singoli casi clinici. In altre parole, molti dati sono concordi nell’indicare un’alterazione dei sistemi monoaminergici nella depressione maggiore, ma non è possibile identificare il singolo caso di depressione misurando i livelli di serotonina e adrenalina o la funzionalità dei relativi sistemi recettoriali. E’ un limite che potrà essere superato solo attraverso nuovi sviluppi delle indagini biologiche, che consentano di individuare correlati altamente specifici dei singoli disturbi, e soprattutto attraverso un metodo di indagine che consenta di trasferire i risultati della ricerca nella pratica clinica, fornendo adeguati strumenti per interpretare l’eziopatogenesi dei disturbi psichiatrici e quindi consentendo di definire un modello medico convincente di malattia mentale.

Al di fuori di questo modello, che allo stato attuale delle conoscenze può essere solo prospettato in via ipotetica, ci troviamo in un ambito in cui i confini stessi tra patologia mentale e normalità sono altamente convenzionali e gli eventuali nessi di causalità fra l’insorgenza di un disturbo psichico e il riscontro di eventi di qualsiasi natura possono essere solo oggetto di correlazioni su base statistica.

Va infine ricordato che, se si identifica il disturbo psichico con la sua espressione sintomatologica, quest’ultima è soggetta a numerose variabili individuali e sociali che influenzano in misura rilevante le caratteristiche del quadro clinico e condizionano quindi il giudizio sulla presenza di una condizione di rilevanza psicopatologica. Un esempio è offerto dalle espressioni molto differenti che la reazione da lutto assume in diversi contesti culturali e che richiedono una attenta valutazione per poter determinare i casi in cui si verifica il passaggio da una situazione di normalità a una condizione di lutto complicato in depressione maggiore. Queste considerazioni richiamano l’attenzione sul ruolo indispensabile che tuttora rivestono l’esperienza clinica e la capacità diagnostica dello psichiatra per individuare e caratterizzare il disturbo psichico e per riconoscere e giudicare ponderatamente le probabili relazioni fra questo e i fatti intervenuti nella vita del paziente.

Tabella I. Definizione di disturbo mentale del DSM-IV

Nel DSM-IV ogni disturbo mentale è concettualizzato come una sindrome o un modello comportamentale o psicologico clinicamente significativo, che si presenta in un individuo, ed è

(5)

associato a disagio (es. un sintomo algico), a disabilità (es. compromissione in una o più aree importanti del funzionamento), ad un aumento significativo del rischio di morte, di dolore o di disabilità, o a un'importante limitazione della libertà. In più questa sindrome o quadro non deve rappresentare semplicemente una risposta attesa o culturalmente sancita ad un particolare evento, ad esempio la morte di una persona amata. Qualunque sia la causa, esso deve essere al momento considerato la manifestazione di una disfunzione comportamentale, psicologica o biologica dell'individuo. Non rappresentano disturbi mentali un comportamento deviante (es. politico, religioso o sessuale), nè conflitti sorti principalmente tra l'individuo e la società, a meno che la devianza o il conflitto siano il sintomo di una disfunzione dell'individuo, come descritto sopra.

(American Psychiatric Association, 1994)

Tabella II. Classificazione dei disturbi mentali del DSM-IV.

1. Disturbi Solitamente Diagnosticati per la Prima Volta nell'Infanzia, nella Fanciullezza o nell'Adolescenza;

2. Delirium, Demenza, Disturbi Amnestici e altri Disturbi Cognitivi;

3. Disturbi Mentali Dovuti a una Condizione Medica Generale;

4. Disturbi Correlati a Sostanze;

5. Schizofrenia e altri Disturbi Psicotici;

6. Disturbi dell'Umore;

7. Disturbi d'Ansia;

8. Disturbi Somatoformi;

9. Disturbi Fittizi;

10. Disturbi Dissociativi;

11. Disturbi Sessuali e della Identità di Genere;

12. Disturbi dell'Alimentazione;

13. Disturbi del Sonno;

14. Disturbi del Controllo degli Impulsi Non Classificati Altrove;

15. Disturbi dell'Adattamento;

16. Disturbi di Personalità.

(American Psychiatric Association, 1994)

(6)

Tabella III. Demenza di tipo Alzheimer Definizione e caratteristiche cliniche

Lo sviluppo di deficit cognitivi multipli che si manifesta con:

1. compromissione della memoria (di fissazione e di rievocazione);

2. i seguenti disturbi cognitivi: afasia, aprassia, agnosia, disturbo delle funzioni esecutive (pianificazione, organizzazione, capacità di astrazione).

Il disturbo è leggermente più frequente nelle femmine che nei maschi. Interessa il 2-4 % della popolazione sopra i 65 anni e la prevalenza aumenta con l’età. Il decorso è caratterizzato da esordio graduale e declino cognitivo progressivo.

Si distinguono due tipi: a esordio precoce e a esordio tardivo, a seconda che il disturbo compaia prima o dopo i 65 anni d’età. L’esordio tardivo è molto più comune.

Alterazioni anatomo-patologiche

Si osserva una progressiva atrofia, diffusa e simmetrica, della corteccia cerebrale, con un’ampliamento dei solchi ed un allargamento dei ventricoli cerebrali. Nel tessuto cerebrale è presente una serie di alterazioni istologiche: la morte neuronale, le placche senili intraneuronali, i grovigli neurofibrillari e la degenerazione granulo-vacuolare.

Tabella IV. Demenza dovuta a trauma cranico

L’aspetto essenziale è la presenza di una sindrome demenziale che è considerata come la conseguenza patofisiologica diretta di un trauma cranico.

Il grado e il tipo dei deficit cognitivi e dei disturbi comportamentali dipende dalla localizzazione e dall’estensione della lesione cerebrale. L’amnesia post-traumatica è frequente. Possono essere presenti deficit motori e sensoriali e sintomi quali afasia, deficit dell’attenzione, irritabilità, ansia, labilità affettiva, apatia, aggressività o alterazioni della personalità. Frequente è l’associazione con l’abuso o la dipendenza da sostanze.

Il trauma cranico è più frequente nei maschi giovani. Traumi ripetuti possono provocare una sindrome demenziale progressiva.ù

Tabella V. Disturbo Depressivo Maggiore Definizione e caratteristiche cliniche

Presenza di un episodio depressivo maggiore singolo o episodi ricorrenti.

I sintomi dell’episodio devono durare almeno due settimane e rappresentare un cambiamento rispetto al funzionamento precedente. Comprendono:

- umore depresso;

(7)

- diminuito interesse o piacere per la maggior parte delle attività;

- significativa perdita o aumento di peso o dell’appetito;

- insonnia o ipersonnia;

- agitazione o rallentamento psicomotorio;

- affaticamento o perdita di energie;

- sentimenti di indegnità o di colpa eccessiva;

- diminuita capacità di pensare o concentrarsi;

- ricorrenti pensieri di morte o ideazione suicidaria.

Gli episodi depressivi sono due volte più frequenti nelle femmine che nei maschi. Il rischio lifetime è del 10-25% per le femmine e del 5-12% per i maschi. I tassi di prevalenza sono più elevati nel gruppo d’età tra i 25 e i 44 anni. Il decorso è tipicamente episodico con frequenza molto variabile delle ricorrenze.

Alterazioni fisiopatologiche

Fra i numerosi correlati biologici che sono stati proposti per il disturbo depressivo maggiore, alcuni hanno ricevuto adeguate conferme dalla ricerca e comprendono:

- modificazioni elettroencefalografiche del tracciato durante il sonno;

- alterazioni della funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene;

- alterazioni dei sistemi neurotrasmettitoriali di noradrenalina, serotonina, acetilcolina, dopamina e GABA.

Tabella VI. Il disturbo ossessivo-compulsivo Definizione e caratteristiche cliniche

Presenza di ossessioni e compulsioni.

Le ossessioni sono definite come:

- pensieri ricorrenti e persistenti, che sono esperiti come intrusivi e causano intenso disagio;

- il soggetto tenta di ignorare tali pensieri o di neutralizzarli;

- il soggetto riconosce che i pensieri sono il prodotto della propria mente.

Le compulsioni sono definite come:

- comportamenti ripetitivi o atti mentali che il soggetto si sente costretto a compiere in risposta ad un’ossessione o secondo regole che devono essere applicate rigidamente;

- tali comportamenti hanno lo scopo di prevenire il disagio o qualche evento temuto; tuttavia, essi non sono collegati in maniera razionale alle ossessioni che debbono neutralizzare.

In qualche periodo nel corso del disturbo, il paziente riconosce che ossessioni e compulsioni sono eccessive o irragionevoli.

(8)

Il disturbo ha la stessa frequenza in maschi e femmine. La prevalenza lifetime nella popolazione generale è del 2.5%. L’esordio è più frequente intorno ai 15 anni per i maschi ed intorno ai 25 anni per le femmine. Il decorso può essere episodico, cronico fluttuante o stabile, o con deterioramento progressivo.

Alterazioni fisiopatologiche

Si ritiene che alla sintomatologia ossessivo-compulsiva corrisponda una disregolazione di alcuni sistemi neurotrasmettitoriali. Il sistema principalmente coinvolto sarebbe quello serotoninergico, come risulta anche dall’efficacia terapeutica degli inibitori del reuptake della serotonina. Le regioni cerebrali interessate da tale alterazione fisiopatologica sembrano essere la corteccia orbito-frontale e i nuclei caudati. Negli ultimi anni l’attenzione dei ricercatori si è rivolta anche alla disfunzione del sistema dopaminergico.

Tabella VII. Disturbi dell’adattamento.

Sintomi emotivi o comportamentali che si manifestano in risposta ad un evento stressante identificabile ed entro tre mesi dal momento in cui si è verificato.

Questi sintomi sono clinicamente significativi, come risulta da:

- un disagio chiaramente eccessivo rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare in risposta all’evento stressante;

- significativa compromissione del funzionamento socio-lavorativo.

I sintomi non rappresentano la reazione ad un lutto.

Quando l’evento stressante e le sue conseguenze hanno avuto termine, i sintomi non persistono per più di 6 mesi.

Si distinguono un tipo acuto ed uno cronico, a seconda che la durata dei sintomi sia superiore o inferiore a 6 mesi. In base ai sintomi prevalenti, si distinguono diversi tipi: con umore depresso, con ansia, con disturbo della condotta.

Il disturbo dell’adattamento è ugualmente frequente in maschi e femmine e può presentarsi in tutte le fasce d’età. In gruppi di pazienti psichiatrici ambulatoriali la frequenza oscilla tra il 5 e il 20%.

Tabella VIII. Disturbo d’Ansia dovuto a Condizione Medica Generale

Risulta dalla storia clinica, dall’esame psichico, o dai test di laboratorio che il disturbo d’ansia è la conseguenza fisiologica diretta di una condizione medica generale.

Si distinguono tre tipi: con ansia generalizzata, con attacchi di panico, con sintomi ossessivo- compulsivi.

(9)

Le condizioni mediche generali che inducono più frequentemente un disturbo d’ansia comprendono:

- condizioni endocrine: iper/ipotiroidismo, feocromocitoma, ipoglicemia, iperadrenocorticosurrenalismo;

- condizioni cardiovascolari: scompenso cardiaco congestizio, embolia polmonare, aritmia;

- condizioni respiratorie: broncopatia cronica ostruttiva, polmonite, iperventilazione;

- condizioni metaboliche: deficienza di vitamina B12 , porfiria;

- condizioni neurologiche: neoplasie, disfunzioni vestibolari, encefaliti.

Tabella IX. Disturbo d’Ansia Indotto da Sostanze

Risulta dalla storia clinica, dall’esame psichico, o dai test di laboratorio che il disturbo d’ansia si è sviluppato durante o entro un mese dalla intossicazione o sospensione di una sostanza, oppure che il disturbo è eziologicamente correlato all’uso di un farmaco.

Si distinguono tre tipi: con ansia generalizzata, con attacchi di panico, con sintomi ossessivo- compulsivi.

Le principali sostanze d’abuso che inducono un disturbo d’ansia in caso d’intossicazione o di astinenza comprendono:

Sostanza Intossicazione Astinenza

Alcool + +

Amfetamine + Cannabis +

Cocaina + +

Allucinogeni + Inalanti + Fenciclidina +

Sedativi, ansiolotici +

(10)

Riferimenti bibliografici

AA.VV. Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999.

American Psychiatric Association: Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, third edition, American Psychiatric Press, Washington DC, 1980.

American Psychiatric Association: Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, third edition revised, American Psychiatric Press, Washington DC, 1987.

American Psychiatric Association: Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, fourth edition, American Psychiatric Press, Washington DC, 1994.

The ICD-10 classification of mental and behavioural disorders: clinical descriptions and diagnostic guidelines. World Health Organization, Geneve, 1992.

Riferimenti

Documenti correlati

Durante il corso della scuola il disturbo specifico si manifesta con caratteristiche diverse a seconda della fase evolutiva che il ragazzo attraversa.. Ciò determina la necessità

L’effettiva data di nascita delle corporazioni risale al periodo medievale, nel quale le trasformazioni economiche del tardo medioevo portarono i commercianti, gli artigiani e

enforcement of a decision of the Court and suspension of the enforcement of a measure adopted by another institution will (Footnote continues on next page)..

10 Hypothesis 1: Because of the current Euro crisis, European integration is expected to have become more politicized in the 2012 French election campaign when compared to

Consequently, translators have to pay heed to the inherent kinetic qualities of video game texts and operate accordingly, trying to preserve the reactions the source

A) Presenza per almeno due anni di numerosi periodi con sintomi ipomaniacali che non raggiungono i criteri per episodi ipomaniacali e di numerosi periodi con

Ecco perché approc- ci non mentali ma energetici, come, tra l’altro, la Terapia del sorriso e della risata, unita ad alcune forme di meditazione, visualizzazione, respirazione,

Abbiamo riscontrato spesso, ad un rilievo anamnestico, il seguente fatto: alla nascita di un bambino, futuro psicotico, i genitori hanno reagito, constatandone la perfezione fisica,