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[π x ( Tg –Tm )]

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fig. 2.6

Ovviamente un tale approccio non considera possibili differenze di temperatura della stampata al momento dell’estrazione, causate da eventuali surriscaldamenti durante l’iniezione per effetto dell’ attrito viscoso. Nota la quantità di calore da asportare e la durata prevista del ciclo di raffreddamento, si può passare ad un dimensionamento di massima del sistema di raffreddamento calcolando la portata di fluido refrigerante necessario. La velocità di raffreddamento si ripercuote direttamente sulle qualità del pezzo. Tempi troppo brevi infatti non permettono, specie nei materiali semi-cristallini, l’instaurarsi di una struttura cristallina stabile, cosa questa che genera, nel tempo, problemi di post-ritiro. Nella figura 7 si vede come il post-ritiro diminuisca con l’aumento della temperatura stampo ed il conseguente aumento di cristallinità per diversi valori di temperatura di esercizio del manufatto.

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fig. 2.7

Quindi la temperatura di stampo ottimale, strettamente legata alla durata del tempo di raffreddamento, va ricercata in grafici sperimentali come quello della figura 2.7 e scelta in funzione delle proprietà richieste al manufatto. La stima del tempo minimo di raffreddamento si può ottenere sperimentalmente, abbassandolo sempre più fino al punto di ottenere livelli di plasticizzazione non più sufficienti, giocando opportunamente con tutte le variabili che la condizionano. Tuttavia un tale modo di procedere si ripercuoterebbe negativamente sulla produttività. Quello che si fa invece è prevedere a priori il maggior numero possibile di condizioni di stampaggio lasciando alla sperimentazione la sola funzione di affinamento di alcuni parametri. La formula più sfruttata per calcolare tale tempo di raffreddamento è quella proposta da Ballman e Shusman nel 1959 riportata di seguito.

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-t

2

x log

e

[π x ( Tg –Tm )]

T

raff = ________________________________________

2 π α [4 x ( Tc – Tm )]

Nella formula t rappresenta lo spessore del pezzo,

α la diffusività termica del polimero, Tc la temperatura del materiale °C, Tm la temperatura dello stampo °C, Tg temperatura di estrazione del materiale °C.

Tale formula è stata ricavata supponendo le due seguenti semplificazioni : che la rimozione del calore avvenga in una sola direzione (condizione accettabile nel caso di piastre a spessore molto sottile rispetto alla larghezza, condizione questa abbastanza frequente nella pratica ) e che la temperatura della cavità faccia un salto immediato ad un valore costante funzione delle sole distanze; ottenendo così una rappresentazione adimensionale del processo, dove un'unica curva a gradiente costante viene modulata in funzione del tempo.

Dunque si verifica trasmissione del calore in regime stazionario anziché transitorio.

CAPITOLO 3

3.1 Sistemi di iniezione

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Il sistema di alimentazione dello stampo comprende l’insieme di canalizzazioni che hanno lo scopo di convogliare il polimero fuso nella cavità dello stampo stesso. Il loro dimensionamento è strettamente correlato e influenza in modo sostanziale sia i costi di esecuzione che la qualità dei prodotti ottenuti.

Un errato dimensionamento di tali canali può, infatti, comportare le seguenti problematiche:

• Manufatti difettosi perché non sono soddisfatti i criteri minimi di omogeneità delle variabili di campo quali ad esempio la temperatura.

• Necessità di utilizzo di presse sovradimensionate con conseguente aumento dei costi operativi e maggiori scarti di avviamento.

• L’utilizzo di presse sovradimensionate inoltre aumenta il rischio di degradazione del materiale.

Dal punto di vista dimensionale i canali di iniezione devono soddisfare esigenze contrastanti. Se da un lato si cerca di ridurne la sezione per diminuire tempo di ciclo e sprechi di materiale, dall’altro si cerca di aumentare le sezioni per ridurre le pressioni in gioco. Una valida soluzione a questo tipo di problematiche è rappresentata dall’utilizzo di canali di iniezione caldi, una loro scelta viene comunque preventivamente concordata con il proprietario dello stampo stesso.

I canali caldi prevedono l’utilizzo di sistemi di condizionamento che siano autonomi dal resto dello stampo. Utilizzando i canali caldi, si riesce ad alimentare il pezzo in zone altrimenti difficilmente raggiungibili, il tutto mantenendo su valori accettabili la pressione massima di iniezione. Spesso analisi tecnico-economiche più approfondite portano alla scelta di canali ibridi (canale caldo + canale freddo ) che ovviamente rappresentano un evidente compromesso tra le opposte esigenze di un dimensionamento molto piccolo e uno molto grande. Altro problema molto sentito nella pratica è quello della scelta del numero di iniezioni da utilizzare. Se da un lato l’aumento dei punti

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iniezione garantisce minori lunghezze di flusso e quindi maggiore facilità nel riempimento del pezzo a parità di pressione, dall’altro, più iniezioni possono aumentare la complessità ed il costo dello stampo come anche la qualità del prodotto che presenterà inevitabilmente aree di giunzione dei diversi flussi dove sono notevolmente maggiori i rischi di decadimento delle proprietà meccaniche o, quantomeno, di quelle estetiche.

3.2 Sistemi di alimentazione tradizionali

Un tipico esempio di sistema di alimentazione tradizionale è visibile nella figura 3.1 sottostante.

fig. 3.1

Esso è composto da tre elementi fondamentali che sono: carota, runner, gate di iniezione.

La carota viene collegata alla camera di plastificazione della pressa tramite un ugello che è praticamente un canale caldo. A seconda che il polimero sia più o meno fluido si rende necessario l’utilizzo di ugelli a otturazione o a caduta di

Sistema di alimentazione a tunnel multiplo

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pressione controllata. In entrambi i casi quello che si vuole evitare è il gocciolamento del polimero fuso, che avrebbe come conseguenza potenziale l’inglobamento nel pezzo di materiale freddo con conseguenti problemi di qualità del manufatto.

3.3 Bussola di iniezione

La prima parte della carota viene ricavata all’interno della bussola, un elemento soggetto a forti sollecitazioni dovute al contatto con l’ugello pressa che spesso avviene ciclicamente. Essa viene scelta essenzialmente in funzione delle dimensioni del pezzo da realizzare e del tipo di materiale da iniettare.

Nell’immagine seguente (fig. 3.2) è illustrato un esempio tipico di accoppiamento ugello pressa bussola di iniezione.

fig. 3.2

La letteratura tecnica del settore utilizza le seguenti relazioni per il dimensionamento di tale componente:

• Ru = Rb - 0,5mm.

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• Db = s + 1mm ( Db è evidentemente funzione dello spessore del pezzo ).

Du < Db ( per scongiurare eventuali problemi di sottosquadri ).

• Du = Db - ( 0,5 – 1 )mm.

• Conicità di 2° - 3° nella formatura per materiali amorfi rinforzati o caricati.

• Conicità di 1° - 2° per quelli ad elevata cristallinità.

Rf ≈ 1 – 2 mm per evitare rotture durante i continui accostamenti in pressione.

Nell’ eventualità che la carota possa alterare la temperatura della parte fissa si può utilizzare un sistema di raffreddamento anulare sulla bussola.

3.4 Canali di alimentazione

Rappresentano il collegamento tra la carota e i pezzi attraverso i vari “gate”, che altro non sono che una loro restrizione.

Si possono distinguere due tipologie di canali :

• Caldi.

• Freddi.

I canali caldi vengono il più possibile isolati dal resto dello stampo e contenuti in un blocco chiamato “manifold” che lavora a temperature che superano di 150 – 300 °C quella dello stampo, ( vedi fig. 3.3 ).

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fig. 3.3

I canali freddi vengono ricavati direttamente nello stampo e, di conseguenza, durante il funzionamento ne assumono la temperatura. Un buon dimensionamento di tali canali deve tenere conto dei seguenti punti:

• Le cadute di pressione devono essere tali da garantire una sufficiente pressione residua per il riempimento dello stampo stesso.

• Per stampi multipli devono garantire un riempimento delle varie cavità il più possibile simultaneo, devono cioè essere ben equilibrati.

• Devono raggiungere la temperatura di non flusso solo al termine della fase di compattamento e non prima.

• Devono essere rimpiccioliti il più possibile al fine di ridurre gli sprechi di materiale ed, al contempo, abbassare i tempi di solidificazione e quindi di ciclo.

Vengono realizzati in tre forme tipiche: a sezione circolare, trapezoidale e semicircolare.

La sezione circolare è quella che ha il miglior comportamento; rende infatti minimo lo spreco di materiale a parità di caduta di pressione. Ovviamente il

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canale circolare ha la difficoltà intrinseca di dover essere realizzato su entrambe le metà dello stampo.

La sezione trapezoidale viene caratterizzata dal diametro del cerchio inscritto ed ha il vantaggio di poter essere lavorata su una sola metà dello stampo;

Molto spesso, infatti, ragioni funzionali la fanno preferire proprio per questo motivo.

La sezione semicircolare non viene praticamente mai utilizzata in quanto comporta un maggior spreco di materiale pur non avendo nessun vantaggio rispetto a quella trapezoidale.

3.5 Suggerimenti per il dimensionamento dei canali di alimentazione

L’immagine seguente (fig. 3.4) fornisce alcuni suggerimenti per il dimensionamento dell’intero sistema di alimentazione

fig. 3.4

Secondo la letteratura tradizionale il dimensionamento di un buon sistema di alimentazione non dovrebbe prescindere dall’osservare i seguenti punti:

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• Utilizzare un diametro: D = S + 1.5 mm, dove S è lo spessore del pezzo, per tutti i canali dello stampo.

• Utilizzare un diametro: D = S + 1 mm, per il canale collegato all’iniezione proseguendo all’indietro verso la carota con incrementi di 0.5 mm ad ogni diramazione

• < g/s Dimensionare i canali in base alla loro lunghezza e alla viscosità del materiale, utilizzando la seguente relazione* D = S + Incremento

*NOTA: La relazione è valida se D2 < g/s

dove g/s è il peso iniettato in grammi al secondo

I suggerimenti che si possono dedurre dalle figure precedenti, basati su risultati di prove empiriche, sono validi solo per un primo approccio come primi ordini di grandezza delle variabili.

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La semplicità della forma dei canali di alimentazione utilizzati, tuttavia, rende estremamente semplice il calcolo accurato delle variabili in gioco utilizzando i programmi numerici attualmente disponibili come ad esempio il Moldflow. Spesso si scopre come un dimensionamento basato sulle sole indicazioni empiriche sia eccessivamente cautelativo e, quindi, penalizzante da un punto di vista economico. Risulta quindi impossibile dire a priori quale debbano essere i valori di pressione in un sistema di alimentazione, sarà di volta in volta la particolare situazione a suggerire la risposta che sarà ovviamente ricavata considerando le variabili in gioco in un ottica globale e non singolarmente.

Proprio il dimensionamento di un particolare sistema di alimentazione è stato approfondito nel presente elaborato tramite l’utilizzo del software Moldflow 2.0, la metodologia e i risultati ottenuti sono ampiamente illustrati nel capitolo 6 e 7.

3.6 Progettazione dei punti di iniezione.

Sono quei punti di connessione tra il sistema di alimentazione e la cavità dello stampo, in gergo vengono chiamati “gates”. Tali gates devono soddisfare svariate esigenze, prima tra tutte garantire al manufatto la qualità richiesta dalle specifiche, poi rispettare i limiti costruttivi dello stampo ed infine limitarne i costi costruttivi. Sovente le varie esigenze risultano in conflitto tra di loro e dunque la scelta su cui si ricade è quasi sempre frutto del compromesso. Le varie combinazioni di tutti i parametri vanno analizzate preventivamente per ogni tipo di layout, sia esso singolo (uno stampo per un singolo pezzo) o a cavità multiple ( più pezzi realizzati contemporaneamente in uno stampo multicavità ). Di seguito sono elencate le varie esigenze che

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l’esperienza suggerisce di soddisfare nella scelta di posizionamento del punto o degli eventuali punti di iniezione:

• Limitare le lunghezze di flusso di riempimento, ovvero scegliere il punto di iniezione per limitare il rapporto lunghezza/spessore dei massimi percorsi di flusso nel manufatto.

• Evitare che il percorso del flusso incontri delle restrizioni o strozzature che porterebbero ad eccessive variazioni di pressione durante la fase di compattazione e di conseguenza a problemi di ritiro e deformazioni a raffreddamento avvenuto.

• Fare in modo che la risultante delle pressioni durante il riempimento e la compattazione non sia troppo decentrata rispetto ai piani di chiusura dello stampo, condizione questa che rischierebbe di deformare le cavità dello stampo stesso rendendo necessario l’utilizzo di presse di maggiore tonnellaggio.

• Fare in modo che le giunzioni di flusso cadano in aree del manufatto dove siano basse le esigenze estetiche e meccaniche. Le zone di saldatura tra due o più flussi, infatti, possono essere compromesse sia da temperature e pressioni troppo basse che, viceversa, da temperature troppo alte. Nel caso di temperature eccessive l’aria intrappolata tra i due flussi risulta sottoposta ad elevata pressione e, non avendo facile via di fuga, finisce col bruciare localmente il polimero per effetto diesel .

Posizionare il “gate” in maniera tale da evitare getti liberi del fronte di flusso, questo per evitare che si verifichino fenomeni di schizzi e quindi difetti superficiali e disomogeneità. Un modo molto semplice per scongiurare il problema del “jetting” è quello di posizionare il punto di iniezione in modo che si affacci ad una parete dello stampo, costringendo così il polimero ad una compressione e ad un tipo di flusso radiale più omogeneo. Qualora risultasse impossibile

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soddisfare tale condizione, l’unica strada percorribile rimane quella di aumentare le sezioni di passaggio per abbassare le velocità locali, dirette responsabili del “jetting”.

• Studiare la direzione dei flussi in caso di materiali anisotropi (rinforzati e caricati ) per far si che i ritiri differenziali si verifichino in aree non contrastate, evitando così problemi di deformazione.

• Situare l’iniezione in punti lontani da aree che saranno poi sollecitate meccanicamente durante il normale utilizzo del manufatto; questo perché la zona di distacco della materozza è sempre soggetta a fenomeni di intaglio che intensificano le tensioni.

• Non posizionare l’iniezione su superfici che richiedono elevati requisiti estetici.

• Posizionare le iniezioni anche nell’ottica più globale di semplificazione costruttiva dello stampo stesso.

Per quel che riguarda il dimensionamento delle iniezioni l’esperienza suggerisce l’osservanza dei tre punti seguenti:

• Le sezioni devono essere sufficienti a garantire il riempimento dello stampo nei tempi richiesti, senza tuttavia generare gradienti di velocità eccessivi nel polimero.

• Non devono raggiungere la temperatura di non flusso prima che la compattazione sia finita, questo per far si che la compattazione abbia la durata stabilita e non venga inficiata dal raffreddamento prematuro del gate.

• Le sezioni di attacco al manufatto devono essere il più possibile piccole, compatibilmente con le esigenze sopraccitate, per facilitare il distacco della materozza dal pezzo con tranciature nette che non lascino tracce.

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Oltre al punto di posizionamento e al dimensionamento delle sezioni bisogna valutare attentamente anche il numero delle iniezioni. A riguardo si può dire che, qualora una sola iniezione non basti per eccessive lunghezze di flusso, bisogna valutare bene anche soluzioni a più di due punti di iniezione.

Talvolta, infatti, l’utilizzo di più di due punti di iniezione , pur aumentando inevitabilmente il numero di linee di saldatura tra i diversi fronti di flusso che si creano, potrebbe migliorare sensibilmente la qualità degli stessi, risultando quindi preferibile sulla scelta a due sole entrate.

3.7 Descrizione delle principali tipologie di iniezioni

Iniezione a tunnel

o L’angolo del cono dipende dal materiale, valori guida sono 10°-20° (i valori più elevati sono da preferirsi)

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o Il diametro* d dell’iniezione deve essere compreso tra 0.6-0.8 dello spessore del pezzo

o L’angolo di apertura tra l’asse del tunnel e l’asse stampo è compreso tra 30°-50°

(i valori più bassi sono da preferirsi)

*NOTA: L’intersezione del cono di iniezione col pezzo genera una sezione del tipo indicato in figura. Per diametro di iniezione si intende il diametro d.

Talvolta per particolari applicazioni in cui è richiesta una maggior portata si realizzano coni con sezione quadrata.

Iniezione sottomarina su espulsore

o Le dimensioni e l’inclinazione del tratto sottomarino sono identiche a quelle indicate la punto 4.6

o Il diametro dell’espulsore dipende dal pezzo e dal disegno dello stampo

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o La sez. trasversale x1 dipende dal pezzo e materiale; valori guida sono 1.2-1.5 mm

o La sez. trasversale x2 dipende dal pezzo e materiale; valori guida sono 3-5 mm o La lunghezza L1 dipende dal pezzo e dal materiale; valori guida sono 3-5 mm o Il vantaggio di questo sistema è che il pezzo non va smaterozzato

o L2 = L3 + 2 mm

Iniezione sottomarina con salto di divisione stampo

o Il disegno del cono e dell’apertura dell’iniezione dipendono dal pezzo o L’angolo di sformo deve essere 10°

o Lo spessore minimo del pezzo deve essere 2 mm

Iniezione a film

o Le dimensioni dell’iniezione dipendono dal materiale e dal pezzo o Lo spessore dell’iniezione h = ( 1/5 )*S in relazione al materiale usato o Dimensioni guida sono quelle di figura

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Iniezione a ventaglio

o E’ una variante dell’iniezione a film e ne segue le regole costruttive o Il ventaglio ha il compito di bilanciare il riempimento del pezzo

o La forma del ventaglio è calcolata per consentire al flusso di raggiungere contemporaneamente tutta la zona di iniezione

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o E’ una variante dell’iniezione a film e ne segue le regole costruttive

o Il vantaggio di questo sistema è che la messa a punto si può effettuare a bordo macchina

o La spatola ha il compito di aumentare la portata di materiale che alimenta il pezzo favorendone il riempimento

o Lo spessore dell’iniezione h = (1/3 ÷ 2/3)S in relazione al materiale usato o Per facilitare la messa a punto da bordo macchina y ≥ x + 2 mm

Iniezione a film ad anello

o E’ utilizzata quando serve garantire la circolarità del pezzo

o Le dimensioni dell’iniezione e la geometria dipendono dal materiale e dal pezzo o Dimensioni guida sono quelle di figura

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o Prevedere una zona ben definita di distacco

o La conicità della banana “B” deve essere almeno 5° per favorire la flessione o Il diametro “d” del canale principale dipende dal pezzo e dal materiale

o Il valore minimo del raggio di raccordo “r” è r= (3-3.5)d o Il valore minimo dell’interasse “c” è c= (2-2.5)d

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4.1 STAMPAGGIO VIRTUALE .

Tramite l’utilizzo dello stampaggio virtuale, ovvero utilizzando software che permettono di riprodurre le condizioni in modo virtuale senza disporre del materiale reale per eseguirle, si evita di incorrere in problemi generati da scelte errate. Oltre questo vantaggio, che è insito in ogni tipo di simulazione, uno ulteriore è rappresentato dalla possibilità di isolare alcuni parametri, bloccandoli, per concentrarsi su un loro numero ridotto, cosa generalmente molto difficile se non impossibile da realizzare nella pratica. In termini pratici relativi alla creazione dello stampo ed al successivo stampaggio a iniezione possiamo utilizzare le simulazioni per ottimizzare i tre aspetti seguenti:

Risparmio di materiale, impegno macchina e personale di produzione.

• Risparmio di tempo, le modifiche possono essere eseguite rapidamente ed economicamente anche per condizione di difficile sperimentazione pratica.

Ingrandire, ridurre, spostare un o più iniezioni diventano operazioni immediate nell’ambiente virtuale.

Maggiore qualità e produttività. Infatti le simulazioni permettono di verificare molte alternative ( what – if, cosa accade se ) in modo rapido, permettendo un raggiungimento delle condizioni ottimali di stampaggio che danno al manufatto la qualità richiesta al ciclo minimo senza scarti e sfridi di lavorazione. Molto spesso, invece, uno stampo prototipo mal dimensionato può, addirittura, portare fuori strada nella ricerca delle condizioni ideali di lavorazione.

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La complessità di calcolo che si incontra nel dover simulare la realtà all’interno di un software impone inevitabilmente delle semplificazioni, infatti, sebbene il progresso degli ultimi anni abbia permesso di ridurle notevolmente, parte di esse continueranno a rimanere per la loro difficoltà intrinseca ad essere considerate. Ad esempio, durante la fase di riempimento simulato, si assume che il materiale entri in cavità stampo con una ben precisa temperatura, senza alcuna degradazione e con omogeneità assoluta.

Nella realtà, tuttavia, succede spesso che tali condizioni non si verifichino, e questo è tanto più vero se ci si trova a dover lavorare con tempi di plastificazione bassi e forze di pressione massime prossime a quelle limite della pressa. Così come la fase di plastificazione, anche le simulazioni della fase di riempimento, compattazione e raffreddamento saranno inevitabilmente affette da semplificazioni. Sarà dunque l’utilizzatore del software che dovrà sempre essere cosciente di tali approssimazioni nell’ottica di prevedere i risvolti pratici del suo operare svincolandosi dalle conoscenze puramente teoriche.

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La prima fase è consistita nella creazione delle 5 piastre di diversa dimensione in ambiente cad. ( fig. 4.1 ).

Successivamente si sono importati tali modelli all’interno del Moldflow 2.0 in formato STL.

La fase successiva è stata la discretizzazione, ovvero la suddivisione di tali piastre in tanti “elementi finiti” avendo cura che il “mesh match ratio” (un indicatore della bontà della mesh eseguita) fosse superiore al 85 %.

Nella figura 4.2 è visibile la mesh di una piastra 200 x 400.

fig. 4.1

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A questo punto è stato creato il sistema di iniezione. Nel programma i sistemi di canalizzazione vengono modellizzati attraverso degli elementi “beam” che sono visibili come linee di collegamento tra le coordinate specificate a cui poi vengono assegnate le proprietà desiderate. Ogni elemento può infatti rappresentare la carota, il canale, o il gate. Assegnate le proprietà agli elementi ( fig. 4.3 ) vengono contestualmente richieste dal programma le dimensioni caratteristiche di tali canali (ad esempio diametro iniziale ed angolo incluso per la carota) e, una volta inserite tali dimensioni, si passa alla mesh che creerà il sistema di iniezione.

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fig. 4.3

fig. 4.4

A questo punto non rimane che, dopo aver settato: il tipo di analisi da fare ( nel nostro caso Filling + packing ), il polimero da utilizzare, la temperatura del fuso, quella dello stampo e le caratteristiche della pressa ( in particolare la sua massima pressione), lanciare la simulazione e, una volta che questa è terminata, valutare i

Creazione della materozza

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