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CAPITOLO 2 LA PREVIDENZA SOCIALE E I MODELLI DI SISTEMI PREVIDENZIALI

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CAPITOLO 2

LA PREVIDENZA SOCIALE E I MODELLI DI SISTEMI

PREVIDENZIALI

2.1 Introduzione

La “pensione” è una prestazione volta a supportare l’individuo al termine della sua vita lavorativa fino al suo decesso. Tale prestazione economica è riconosciuta dalla legge che fissa i requisiti per accedervi.

Tra i motivi che la teoria economica ha individuato a favore di un sistema previdenziale capace di sopperire alle esigenze degli individui quando questi non saranno più nelle condizioni di garantirsi autonomamente il proprio sostentamento, vi è quello di favorire il trasferimento di reddito dal periodo lavorativo a quello non lavorativo affinché l’individuo possa mantenere nell’arco dell’intera vita un livello di consumo sostanzialmente costante; primo su tutti a sostenere questa teoria fu il premio Nobel Franco Modigliani che, con il Modello del Ciclo di Vita, ha ben sottolineato che un individuo razionale dovrebbe ragionare tenendo in considerazione tutti i redditi in grado di produrre e tutte le esigenze che intende soddisfare al fine di non essere costretto a subire drastiche riduzioni nei propri consumi1.

Nei primi anni ’50 Franco Modigliani, insieme a Richard Brumberg e successivamente con Albert Ando, formulò la “teoria del ciclo vitale del consumo e del risparmio”, che ha riscosso un enorme e indiscusso successo per almeno tre decenni. Essa ha soppiantato la “legge psicologica fondamentale” del risparmio di John Maynard Keynes, secondo la quale le propensioni marginale e media al risparmio crescono all’aumentare del reddito. Diversamente, la teoria del ciclo vitale sostiene che il livello dei risparmi dipende dall’età dei consumatori, e quindi dalla struttura demografica della società, piuttosto che dal livello del reddito familiare2. Il modello di scelte del consumatore legato a questa teoria si basava sull’idea che le persone hanno una forte preferenza per la stabilità del consumo nel tempo e che gli individui effettuano scelte intelligenti su quanto desiderano spendere a ogni età, con il solo limite delle risorse disponibili nel corso della loro vita. Questa semplice idea è alla base dell’ipotesi del ciclo di vita: si risparmia da “giovani”, quando si dispone di un reddito da lavoro, per poter spendere e finanziare le spese da “vecchi”, quando quel reddito mancherà; in base a questa logica il ciclo di vita del risparmio è positivo durante la fase lavorativa, negativo durante il pensionamento3.

L’ipotesi del ciclo di vita di Modigliani contrastava anche con la teoria di Friedman sul

1 Inps – La previdenza obbligatoria – La previdenza e il ciclo di vita -

https://www.inps.it/portale/default.aspx?sID=0%3b6750%3b6752%3b&lastMenu=6752&iMenu=1&GoAudioVideo=426 2 Moneta e Credito, vol. LVIII (2005) - Baranzini M. – La teoria del ciclo vitale del risparmio di Modigliani cinquant’anni dopo - http://ojs.uniroma1.it/index.php/monetaecredito/article/viewFile/9736/9622

3 Moneta e Credito, vol. LVIII (2005) – Jappelli T. – L’ipotesi del ciclo vitale, la politica fiscale e la previdenza sociale - http://ojs.uniroma1.it/index.php/monetaecredito/article/viewFile/9737/9623

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41 risparmio che si basava sul modello del reddito permanente con vita infinita. La differenza tra le due teorie riguarda appunto la lunghezza del periodo di pianificazione: per Friedman il periodo è infinito, traducendosi nell’intenzione delle persone di risparmiare non solo per sé stesse ma anche per i propri discendenti, per Modigliani l’orizzonte è finito e le persone risparmiano solo per interessi propri. Per quanto, in alcuni casi, la teoria del reddito permanente di Friedman e la teoria del ciclo vitale di Modigliani conducano alle stesse previsioni, molte implicazioni individuali e, in modo ancora più evidente, quelle aggregate della teoria di Modigliani sono uniche e molto diverse da quelle di modelli con vita infinita. Per quanto riguarda infatti il comportamento individuale, dal postulato della massimizzazione dell’utilità deriva che il consumo è distribuito in maniera uniforme nel corso del ciclo di vita e ciò a sua volta implica che l’individuo da giovane accumula ricchezza che consumerà al termine della vita lavorativa4. Il profilo della ricchezza nel corso del ciclo di vita ha quindi un andamento “a gobba”, un’implicazione che non è condivisa da modelli con orizzonte infinito. Le previsioni che Modigliani considerava di cruciale importanza riguardavano inoltre l’assunzione che:

 il saggio di risparmio aggregato dipende dalla struttura demografica di un paese e dalla speranza di vita della popolazione, ma è del tutto indipendente dal livello del reddito nazionale;

 un sistema economico può accumulare un notevole livello di ricchezza anche in mancanza di lasciti ereditari;

 il parametro principale che controlla il rapporto fra ricchezza accumulata e reddito nazionale è la durata media del periodo di pensionamento.

L’ipotesi del ciclo vitale (di seguito LCH – life-cycle hypothesis) rappresentò una svolta fondamentale per il dibattito economico del secondo dopoguerra e ancora oggi è uno strumento di analisi che fa parte del bagaglio di conoscenza di tutti gli economisti e banche centrali, centri di ricerca e organismi economici internazionali traggono ispirazione dai modelli macroeconomici di Modigliani. Proprio per questa capacità di spiegare non solo i comportamenti individuali, ma anche quelli aggregati, la LCH ha rappresentato lo strumento principale per lo studio del risparmio e delle decisioni intertemporali delle famiglie, con un profondo impatto sullo sviluppo di modelli macroeconomici con orizzonte finito e generazioni sovrapposte, e su tutta la letteratura successiva, teorica ed empirica per l’analisi delle conseguenze della politica fiscale e della previdenza sociale, ad esempio per studiare l’effetto delle imposte, della spesa pubblica e del debito pubblico sul risparmio nazionale, o l’effetto sul risparmio individuale e nazionale di un sistema previdenziale5. Analizziamo questa teoria più nel dettaglio.

4 Moneta e Credito, vol. LVIII (2005) – Jappelli T. – Op. cit., pag. 40 5 Ibidem

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2.2 La teoria del ciclo di vita di Franco Modigliani

La formulazione più semplice della LCH – quella che Modigliani chiamava “stripped down version”, e a volte “elementary” o “standard version” – è stata nel tempo generalizzata, spesso dallo stesso Modigliani, per tenere conto di innumerevoli altri fattori che influenzano le decisioni di risparmio: il ciclo di vita familiare, l’incertezza sul futuro, i trasferimenti intergenerazionali, l’offerta di lavoro, le abitudini di consumo, l’interazione con i mercati del credito e assicurativi. La LCH ha dimostrato di avere una struttura flessibile che ha consentito di tenere conto di questi e molti altri elementi senza modificare le intuizioni fondamentali6.

Come abbiamo già anticipato la LCH assume che gli individui (o le famiglie, ma non le dinastie) tentino di massimizzare l’utilità derivante dal consumo lungo tutto il loro ciclo vitale. Di conseguenza il consumo deve essere una variabile continua, anche se nell’arco della vita il reddito è discontinuo, e il risparmio è principalmente diretto a finanziare il consumo durante gli anni trascorsi in pensione. Un profilo microeconomico così stilizzato del consumo e del risparmio presenta inevitabilmente numerose implicazioni macroeconomiche quali:

1. il saggio di risparmio di un dato paese è del tutto indipendente dal reddito pro capite del paese;

2. differenti saggi nazionali di risparmio sono coerenti con un identico comportamento individuale nel ciclo vitale;

3. tra paesi con identico comportamento individuale, il tasso aggregato di risparmio risulterà tanto più elevato quanto maggiore è il tasso di crescita di lungo periodo dell’economia, e sarà nullo in condizioni di crescita nulla;

4. il rapporto tra ricchezza e reddito è funzione decrescente del tasso di crescita, raggiungendo il valore massimo in condizioni di crescita nulla;

5. un’economia può accumulare uno stock notevolissimo di ricchezza in rapporto al reddito anche in assenza di lasciti ereditari;

6. il parametro principale che governa il rapporto ricchezza-reddito e il tasso di risparmio in corrispondenza di una determinata crescita è la lunghezza prevalente del periodo trascorso in pensione7.

Secondo Modigliani la versione “base” o “stilizzata” della LCH si fonda sulle seguenti

assunzioni:

a. Economia stazionaria;

b. Ogni individuo massimizza la sua funzione di utilità rispetto al proprio consumo vitale sotto il vincolo delle sue risorse di vita;

c. Individui con preferenze di consumo identiche e ciascuno trova conveniente mantenere un livello costante di consumo C per tutta la vita di durata L anni, di cui N anni

6 Moneta e Credito, vol. LVIII (2005) – Jappelli T. – Op. cit, pag. 40 7 Moneta e Credito, vol. LVIII (2005) - Baranzini M. – Op. cit., pag. 40

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43 trascorsi a lavorare;

d. Reddito Y costante e identico per tutti i lavoratori fino alla pensione, e nullo da lì in poi; durante il periodo di pensionamento, quindi, di durata L-N anni, i lavoratori non ricevono alcun reddito e saranno quindi in grado di consumare solo se, durante la loro vita lavorativa, hanno accumulato una quantità sufficiente di ricchezza;

e. Tasso d’interesse nullo; f. Non esistono lasciti ereditari8.

Sulla base di questi assunti, il primo passo per rappresentare le combinazioni possibili di consumo presente e futuro è quello di rappresentare il c.d. “vincolo di bilancio

intertemporale” a due periodi. Si raffigurano la quantità di consumo attuale I0 e la quantità di consumo futuro I1 considerando poi tre differenti situazioni:

Figura 2.1 – Vincolo di bilancio intertemporale

Fonte – La spesa previdenziale: aspetti generali e il caso italiano – Prof. Michele Sabatino9

a. Consumare tutto il reddito al momento in cui si percepisce e quindi suddividendo la vita in due momenti, consumare completamente I0 nel presente e I1 nel futuro. Da ciò ne deriva che il punto di dotazione A è quando il soggetto non risparmia e non prende a prestito;

b. Risparmiare parte del reddito S e consumarlo in futuro. Se i risparmi vengono investiti al tasso r il consumo futuro potrà aumentare di (1+r)S. Il consumatore si sposterà al punto D a sinistra della dotazione iniziale A;

8

Modigliani era consapevole che fra tutti i “fatti stilizzati” il meno convincente fosse l’ipotesi di assenza di lasciti ereditari ed egli stesso, nella sua Nobel lecture del 1985, dedica molto spazio alla confutazione dei risultati di altri economisti (tra cui Kotlinkoff e Summers) secondo i quali la quota di lasciti intergenerazionali nello stock di capitale totale è molto al di sopra della metà. “…in realtà una frazione considerevole dei lasciti intergenerazionali va attribuita al movente precauzionale [derivanti dall’incertezza del momento della morte]. L’evidenza suggerisce che solo una piccola parte della popolazione, in particolare negli scaglioni di reddito più elevati, la detenzione di ricchezza risulta condizionata in misura significativa da un reale movente del lascito. Ciò ci induce a ritenere che l’importanza della ricchezza derivante dal movente del lascito possa essere stimata in un valore piuttosto contenuto, con ogni probabilità inferiore a un quinto”. Moneta e Credito, vol. LVIII (2005) - Baranzini M. – La teoria del ciclo vitale del risparmio di Modigliani cinquant’anni dopo - http://ojs.uniroma1.it/index.php/monetaecredito/article/viewFile/9736/9622

9 Sabatino M. – Facoltà di Scienze Economiche e Giuridiche di Enna - Corso di Economia aziendale a.a. 2015/2016 - La spesa previdenziale: aspetti generali e il caso italiano - http://www.unikore.it/index.php/documenti-download/category/88-documenti-prof-michele-sabatino?download=13840:scienza-delle-finanze-2015-2016-3

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44 c. Consumare più di quanto si percepisce e ricorrere al prestito ad un tasso r in previsione del suo reddito futuro. Il consumo futuro dovrà ridursi dell’ammontare dei fondi presi a prestito B più l’interesse rB. L’individuo quindi aumenterà oggi il suo consumo di B (i fondi presi a prestito) essendo disposto a ridurre il suo consumo futuro di (1+r)B e la sua dotazione si sposterà nel punto F a destra del punto di dotazione iniziale A.

Il consumatore ha delle preferenze sul consumo futuro e presente, rappresentate dalle curve di indifferenza, e, come sappiamo, le curve che si trovano più in alto rappresentano livelli di utilità più elevati. La scelta del paniere ottimale di consumo si trova nel punto di tangenza la curva di indifferenza ed il vincolo di bilancio nel punto E1 della figura 2.2 dove

viene consumato c*0 e c*1. In tale situazione, essendo c*0 inferiore a I0 il consumatore realizzerà un risparmio del suo reddito pari a I0-c*0. Viceversa si sarebbe indebitato.

Figura 2.2 – Vincolo di bilancio intertemporale e scelta ottima

Fonte – La spesa previdenziale: aspetti generali e il caso italiano – Prof. Michele Sabatino10

Sulla base della logica appena rappresentata la rappresentazione grafica delle curve del reddito, del consumo, dei risparmi e della ricchezza, è riportata nelle figure 2.3.

Il contesto è leggermente modificato: infatti si prevede che gli individui inizino con un tasso di risparmio negativo; in altri termini, tra i venti e i trent’anni di età essi non risparmiano affatto perché il loro reddito è inferiore al loro consumo; il risparmio diviene positivo sul finire dei quarant’anni e nel corso dei cinquanta, quando il reddito raggiunge il livello massimo. Successivamente si osserva un nuovo risparmio negativo appena gli individui vanno in pensione, e da lì fino al momento della morte.

10 Sabatino M. – Op. cit., pag. 43

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Figura 2.3: La versione stilizzata della Teoria del Ciclo Vitale di Modigliani, Blumberg e Ando Fonte: La teoria del ciclo vitale del risparmio di Modigliani cinquant’anni dopo – Mauro Baranzini11

Nella figura 2.4, secondo la rappresentazione tratta da Modigliani, si assume invece che gli individui, o le famiglie, inizino con un tasso di risparmio positivo, e, come Modigliani stesso spiega, poiché il periodo della pensione è successivo a quello dei guadagni, il perseguimento di un livello di consumo costante comporta un andamento “a gobba” della ricchezza12

.

Figura 2.4 – La versione stilizzata della Teoria del Ciclo Vitale di Modigliani, Blumberg e Ando Fonte – La spesa previdenziale: aspetti generali e il caso italiano – Prof. Michele Sabatino13

Algebricamente possiamo rappresentare il modello in questo modo: ponendo w1+NY, le risorse vitali, dove con w1 rappresenta la ricchezza finanziaria iniziale e con NY la ricchezza prodotta negli anni di lavoro, il consumo annuo risulta da

;

ne ricaviamo la propensione marginale al consumo rispetto alla ricchezza e la

11

Moneta e Credito, vol. LVIII (2005) - Baranzini M. – Op. cit., pag. 40

12 Ibidem

13 Sabatino M. – Op. cit., pag. 43

Ricchezza

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46 propensione marginale al consumo rispetto al reddito tale che, sostituendo, il consumo annuo è dato da:

Abbiamo assunto che non vi siano però lasciti ereditari ma che la sua ricchezza sia frutto del solo lavoro. Supponendo quindi una ricchezza iniziale pari a 0, il livello costante di consumo C è dato da:

e specularmente la funzione del risparmio S è dato da:

durante la vita lavorativa e

durante il periodo di pensionamento in cui abbiamo la decumulazione di ciò che era stato risparmiato durante la vita lavorativa.

2.3 Gli effetti dei sistemi previdenziali sulle scelte individuali

Il risparmio previdenziale, rappresentato dalla parte di reddito conservata e versata sottoforma di contributi pensionistici altro non è, quindi, che un differimento di consumo.

E’ su questa logica che nel corso degli ultimi cinquant’anni tutti gli Stati moderni si sono adoperati nell’istituire un sistema previdenziale obbligatorio, c.d. “primo pilastro” (in Italia rappresentato dal programma IVS gestito dall’INPS ed altri enti pubblici e privati).

Con l’introduzione della previdenza sociale e l’assunto che i rendimenti che ne derivano siano esattamente uguali a quelli privati r, il consumatore è costretto a versare contributi T negli anni lavorativi per una pensione (1+r)T. Come rappresentato in figura 2.5, con l’istituzione di un “risparmio obbligatorio” la dotazione iniziale si sposterà da A a R. Partendo infatti dalla dotazione iniziale di A il consumo attuale risulta ridotto di T ma allo stesso tempo il consumo futuro aumenterà di una quota pari a (1+r)T. Considerate le curve di indifferenza il comportamento di consumo sarà corrispondente al punto E1. Tuttavia la necessità di risparmio sarà minore e cioè pari a .

Si evince infatti che l’introduzione di sistemi pensionistici pubblici obbligatori tende a “spiazzare” il risparmio privato, fenomeno noto con il nome di effetto sostituzione della

ricchezza: il consumatore considererà i contributi come parte del suo risparmio per cui

risparmierà meno volontariamente. L’analisi empirica conferma che la previdenza sociale riduce il risparmio privato a causa dell’effetto sostituzione ma non è chiaro in che misura.

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Figura 2.5 – Spiazzamento del risparmio privato da parte della previdenza sociale Fonte – La spesa previdenziale: aspetti generali e il caso italiano – Prof. Michele Sabatino14

Inoltre si riscontrano altri effetti derivanti dalla previdenza sociale oltre a quello sopra richiamato. Si tratta dell’effetto di anticipo dell’età del pensionamento e l’effetto eredità: il primo si collega al fatto che i lavoratori, sentendosi in “diritto” di ricevere la pensione, tenderanno ad anticipare quanto prima il momento del pensionamento e poter godere della rendita dei loro contributi, indipendentemente dalla loro facoltà fisica di proseguire la loro attività lavorativa; il secondo riguarda il senso di responsabilità che i pensionati sentono di avere nei confronti dei loro figli, attuali lavoratori che contribuiscono al pagamento delle pensioni, che induce i genitori pensionati a compensare l’impoverimento dei figli con maggiori lasciti ereditari15. In entrambi i casi, sia per il venir meno dell’effetto sostituzione dovuto alla partecipazione del sistema previdenziale, sia per un maggior risparmio dovuto al movente ereditario, si avrà un aumento del risparmio volontario.

Parlando di sistema previdenziale obbligatorio (definito precedentemente “primo pilastro”) e di risparmio volontario è utile infine segnalare che negli anni più recenti, i governi degli Stati moderni si sono mossi nell’incentivare la formazione di un sistema previdenziale a più “pilastri” (di cui parleremo più specificatamente nel paragrafo 2.6) quali:

-

Il secondo pilastro: forme pensionistiche alternative rappresentate da fondi pensione negoziali (di categoria) e dai fondi pensione chiusi ad adesione collettiva, ai quali è possibile accedere se si appartiene ad una determinata categoria di lavoratori (es. chimici, metalmeccanici, lavoratori del commercio, ecc.), o se si è dipendenti di una determinata azienda;

14 Sabatino M. – Op. cit., pag 43

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-

Il terzo pilastro: rappresentato da strumenti previdenziali quali fondi pensione aperti ad adesione individuale e PIP (Piani Individuali di Previdenza) che ciascun individuo può decidere di sottoscrivere liberamente;

Nei paragrafi che seguono vediamo come può essere organizzato un sistema previdenziale e come vari sistemi possano (e dovrebbero) coesistere.

2.4 Il trattamento pensionistico e le sue determinanti

La spesa per le tutele che il sistema previdenziale copre pesa in modo sostanziale sul bilancio dello Stato e dipende da numerose variabili, quali:

- Il soggetto che gestisce il sistema previdenziale, ente pubblico o privato; - La modalità con cui il sistema previdenziale è finanziato;

- Il meccanismo di calcolo delle prestazioni pensionistiche.

E’ su queste variabili che nel corso degli anni gli Stati hanno cercato di calibrare il sistema previdenziale tramite numerose riforme, al fine di, pur mantenendo come scopo ultimo il benessere di cittadini, contenere la spesa pubblica dedicata a questa voce di spesa. Data la forte attenzione di tutti gli Stati nei confronti di questo obiettivo molte sono le varianti adottate anche alla luce delle proprietà dei sistemi previdenziali.

Andiamo ad analizzare approfonditamente le variabili che incidono sul sistema previdenziale.

2.4.1 Il soggetto gestore del sistema previdenziale

Seguendo la logica poc’anzi illustrata tutti gli Stati intervennero istituendo un sistema previdenziale obbligatorio. Le motivazioni che sottintendono questo intervento sono essenzialmente due: in origine vi era l’obiettivo di sopperire alla miopia degli individui che, per quanto previdenti, avrebbero potuto sottostimare le risorse necessarie per la vecchiaia, ed oggi per contrastare la pratica del c.d. “free riding” (“azzardo morale”) che consiste nel comportamento rischioso che gli individui potrebbero assumere confidando nel sostegno dello Stato che si occupa della cura della popolazione più anziana e della lotta alla povertà. Un sistema di previdenza obbligatoria impone quindi il risparmio come forma di tutela per il lavoratore con l’obiettivo di ridurre il rischio che in futuro vi sia un pensionato povero a carico della società: il sistema previdenziale pubblico quindi è uno strumento che, in generale, rendendo obbligatorio il trasferimento di reddito nel tempo, può migliorare il benessere della società.

In realtà oggi possiamo dire che gli individui sono più consapevoli e più lungimiranti rispetto al passato, tanto da interessarsi personalmente e volontariamente alla propria previdenza, tramite l’adesione ad altre forme pensionistiche; dall’altro lato molti sostengono che l’azzardo morale potrebbe essere arginato se la lotta alla povertà fosse attuata tramite altri strumenti, ad esempio fornendo ai cittadini bisognosi un sostegno minimo o attribuendo loro beni reali anziché monetari.

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49 Ciò detto il sistema previdenziale pubblico rimane uno degli strumenti più importanti dei sistemi di Welfare State. L’evoluzione del sistema pensionistico ha negli anni sempre più incentivato l’adesione a forme pensionistiche alternative gestite da soggetti privati (imprese datrici di lavoro, fondi pensione, imprese di assicurazione), anche se dal punto di vista strettamente contabile nessuna tesi è a favore di una o dell’altra gestione.

2.4.2 Il finanziamento del sistema previdenziale

Un fattore che influenza in modo decisivo il sistema previdenziale è il meccanismo di finanziamento che vede contrapposto il sistema a capitalizzazione (o “Fully Funded”, FF) con il sistema a ripartizione (o “Pay-As-You-Go, PAYG).

La differenza tra i due sistemi consiste sostanzialmente nell’esistenza di due differenti presupposti. Infatti:

Nel Sistema a capitalizzazione: i contributi vanno a confluire in un fondo che l’ente pensionistico investe in attività finanziarie, remunerate ad un tasso di interesse r, secondo un contratto di natura privatistica, in base al quale i lavoratori hanno diritti di proprietà ben definiti sul capitale versato e sui frutti che matura; al momento della maturazione del diritto alla pensione, questa viene erogata sotto forma di rendita vitalizia.

Nel Sistema a ripartizione: i contributi vanno a finanziare direttamente i benefici degli attuali pensionati, sulla base di un contratto “sui generis”, il c.d. “patto intergenerazionale”, (anomalo per la mancanza della generazione futura alla trattativa), secondo cui le generazioni attive contribuiscono al pagamento delle attuali pensioni con la mera promessa da parte delle generazioni future che queste faranno altrettanto quando saranno loro a dover percepire una pensione. L’obbligatorietà del sistema da parte dello Stato e il presupposto che l’economia abbia durata indefinita permettono che questa promessa sia mantenuta e che il meccanismo previdenziale a ripartizione non fallisca. Questo sistema è quindi sostenibile solo nel momento in cui la forza lavoro cresce in modo sufficiente, pertanto sostenibile finché c’è una crescita della popolazione.

Detto ciò possiamo affermare che nel sistema a capitalizzazione il calcolo della prestazione pensionistica è identico a qualsiasi calcolo del montante mentre nel sistema a ripartizione l’equilibrio finanziario del sistema previdenziale dipende dall’uguaglianza tra i flussi dei contributi e delle prestazioni pensionistiche erogate in un certo periodo.

L’equazione del vincolo di bilancio dell’Ente previdenziale in entrambi i casi dipenderà dalla modalità di calcolo dei benefici ponendo alternativamente come definita l’aliquota contributiva o la prestazione, di cui ne sarà descritta la differenza nel successivo paragrafo.

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2.4.3 Il meccanismo di calcolo delle prestazioni pensionistiche16

La modalità di calcolo dei benefici pensionistici rappresenta un’ulteriore variabile che incide profondamente sull’ammontare che l’Ente previdenziale dovrà erogare a favore dei pensionati, sia che venga finanziato con il sistema a capitalizzazione che con il sistema a ripartizione.

Si contrappongono, a tale proposito, il metodo contributivo (o “a contribuzione definita”) con il metodo retributivo (o “a retribuzione definita”).

Nel descrivere algebricamente le peculiarità di questi sistemi, frutto della combinazione della modalità di finanziamento e del metodo di calcolo della prestazione, risultano quattro differenti tipologie di programmi pensionistici.

Supponiamo innanzitutto che un individuo viva due periodi:

 Il periodo 0 nel quale l’individuo lavora e percepisce un salario y0 e conserva una quota del salario τ

 Il periodo 1 in cui l’individuo ha terminato la sua attività lavorativa e riceve una pensione p1

Per ciò che riguarda il sistema a capitalizzazione l’ammontare della pensione da erogare sarà dato da:

τy0(1+r)=p1

Il fatto che ad essere costante possa essere l’aliquota previdenziale τ, e quindi adottare il metodo di calcolo a contribuzione definita, o la prestazione pensionistica p1, e quindi adottare il metodo a retribuzione definita, comporta che, come è logico, rispettivamente, il pensionato riceverà una pensione variabile e dipendente dal tasso di interesse r, o una pensione dall’ammontare prestabilito. Nel primo caso eventuali oscillazioni del mercato comporteranno direttamente per il pensionato un vantaggio/uno svantaggio a seconda che il tasso di capitalizzazione sia a lui favorevole/sfavorevole; nel secondo caso spetterà al gestore del fondo, pubblico o privato, investire in attività finanziarie che, pur verificandosi delle contrazioni del mercato, permettano di coprire il debito pensionistico. In definitiva possiamo dire che il rischio di mercato ricade rispettivamente, a seconda del metodo di calcolo utilizzato, sull’individuo o sull’ente gestore.

Per ciò che riguarda invece il sistema a ripartizione poniamo che il numero dei lavoratori al tempo 0 sia pari a L0 e dei pensionati sia pari a R0.

Consideriamo poi le due alternative per ciò che riguarda il metodo di calcolo della prestazione.

Adottando il metodo contributivo poniamo costante l’aliquota contributiva τ. Il vincolo di bilancio dell’Ente previdenziale sarà:

16 Spataro L., Lezioni di Economia del risparmio e della previdenza, II parte: I sistemi previdenziali – Dipartimento di economia e Management – Università di Pisa – a.a. 2015/2016

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τy0L0=p0R0

Proseguendo nel periodo 1 e quindi considerando che i lavoratori nel periodo 0 saranno i pensionati nel periodo 1 avremo che:

τy1L1=p1L0

Ipotizzando un tasso di crescita del salario w e un tasso di crescita della popolazione n e sostituendo a y1 e a L1 le funzioni che le determinano grazie ai tassi di crescita, avremo che:

τy0(1+w)L0(1+n)=p1L0 che semplificato risulta:

τy0(1+w)(1+n)=p1

Considerando che la somma del tasso di crescita del salario w e il tasso di crescita della popolazione n equivale approssimativamente al tasso di crescita del PIL g ((1+w)(1+n)=(1+g)) possiamo concludere che in un sistema a ripartizione a contribuzione definita l’ammontare della pensione è il risultato della capitalizzazione dei contributi versati per un fattore g che rappresenta il tasso di crescita del PIL

τy0(1+g)=p1

Consideriamo invece il metodo retributivo fissando come costante non tanto la prestazione pensionistica p1 che in termini monetari nel corso del tempo può essere poco significativa, quanto la prestazione in termini reali data dal rapporto fra pensione e salario (p0/y0), e ponendo come incognita l’aliquota contributiva τ. Con questo metodo infatti il vincolo di bilancio dell’Ente previdenziale è dato da:

(p0/y0)=(L0/R0)τ

E’ chiaro che in questo caso, dovendo mantenere inalterato il rapporto fra pensione e salario, al variare degli individui e del rapporto fra lavoratori e pensionati dovrà variare, per mantenere l’uguaglianza, l’aliquota contributiva. Per questo, affinché i contributi richiesti ai lavoratori non raggiungano livelli elevati, al di là del dato demografico, assumono un ruolo fondamentale, come abbiamo precedentemente anticipato, le politiche per il lavoro che incentivino la piena occupazione.

In generale, in virtù di quanto esposto fin’ora, possiamo quindi affermare che:

 il tasso di rendimento nel sistema FF è rappresentato dal tasso di interesse di mercato r;  il tasso di rendimento nel sistema PAYG è rappresentato dal tasso di crescita del PIL g se

si utilizza il metodo contributivo; se si adotta invece il metodo retributivo dipendendo questo dalla crescita demografica e dal tasso di occupazione.

Il legislatore che intendesse massimizzare l’utilità futura di tutte le generazioni dovrebbe optare per un sistema pensionistico a ripartizione con metodo contributivo solo qualora g>r altrimenti tale sistema provocherebbe una perdita di benessere pari al valore attuale della

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52 differenza tra le pensioni che verranno corrisposte e la somma che si sarebbe ottenuta investendo i contributi sul mercato finanziario. Così come, considerando il metodo retributivo, dovrebbe optare per il metodo a ripartizione se si prevedesse un rapporto (L0/R0)>r.

2.5 Classificazione dei programmi pensionistici e rischi connessi

Stabilite le caratteristiche dei vari programmi, frutto della combinazione fra modalità di finanziamento delle uscite previdenziali e metodo di calcolo dei benefici, valutiamo analiticamente come e da chi queste varianti sono adottate. Infine, per un’analisi completa è opportuno prendere in considerazione quali rischi l’adozione di uno o dell’altro programma comporta e quali di questi possono alternativamente ricadere sulla platea dei pensionati o sull’Ente previdenziale. Sostanzialmente se ne individuano tre:

Analizziamone uno ad uno:

1. Capitalizzazione a contribuzione definita: adottato da Australia, Argentina, Cile e Messico, e dalla maggior parte dei piani individuali gestiti da enti privati, prevede che per ciascun lavoratore vengano versati in un fondo d’investimento individuale i contributi prelevati sia al lavoratore che al datore di lavoro. Al raggiungimento dell’età pensionabile il lavoratore percepirà una rendita pari alla capitalizzazione dei contributi versati nel fondo.

In questo sistema, legato direttamente all’andamento del mercato e al tasso d’interesse, il maggior rischio subìto è quello legato al rischio rendimento ed oscillazioni del tasso di interesse ricadranno inevitabilmente sui pensionati che vedranno ridursi la propria prestazione.

2. Capitalizzazione a prestazione definita: utilizzato da alcuni piani pensionistici negli Stati Uniti, prevede che i contributi previdenziali vengano raccolti in un fondo per essere investiti in attività finanziarie. Raggiunta l’età pensionabile il lavoratore riceverà una prestazione definita, non dipendente dal tasso di rendimento delle attività finanziarie, ma dal numero di anni di lavoro e il salario percepito negli anni precedenti il pensionamento. Spetterà quindi al gestore del fondo, pubblico o privato che sia, fare in modo che il fondo sia utilizzato per investire in attività finanziarie i cui rendimenti permettano di erogare le pensioni senza subire perdite. Per questo motivo il rischio rendimento sarà eventualmente sopportato dall’Ente previdenziale.

3. Ripartizione a contribuzione definita: utilizzato in Italia e in Svezia e secondo tale sistema i contributi versati vengono teoricamente capitalizzati al tasso di crescita del PIL; in pratica, secondo lo schema tipico del sistema a ripartizione, i contributi versati

non vengono investiti ma utilizzati per il pagamento delle pensioni in essere.

Secondo questa logica, è indiscutibile il legame tra crescita della popolazione e prestazioni pensionistiche erogate ed è per questo che questo sistema risenta del rischio

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53 demografico. La riduzione del tasso di crescita della popolazione, e quindi del fattore moltiplicativo dei contributi legato al PIL, comporta una riduzione della pensione. E’

chiaro quindi che il rischio demografico ricade sulla platea dei pensionati.

L’invecchiamento della popolazione, e di conseguenza l’invecchiamento dell’elettorato, comporta anche l’esposizione al rischio politico in quanto pensionati votanti avranno interesse ad eleggere quella determinata forza politica che nel proprio programma contempla un miglioramento delle condizioni del pensionato, senza considerare che siffatte promesse possano incidere sulle condizioni delle generazioni future.

4.

Ripartizione a prestazione definita: secondo tale sistema, utilizzato in Italia fino agli anni ’90, la prestazione dipende dal numero di anni di lavoro e dal salario percepito nel periodo precedente il pensionamento. Per la copertura di questi esborsi vengono utilizzati i contributi versati dai lavoratori in essere.

Anche in questo caso, il collegamento con il rischio demografico è immediato, dato il forte legame con il rapporto tra popolazione attiva e popolazione in pensione. A differenza del precedente sistema però la previsione di prestazioni definite comporta che il rischio demografico sia sopportato dalla generazione attiva e sulle generazioni future che, in corrispondenza di una diminuzione della popolazione lavoratrice, vedrà aumentare la quota del proprio reddito riservata ai contributi previdenziali per coprire il fabbisogno di risorse necessarie all’erogazione delle prestazioni promesse. L’eccessivo sforzo richiesto alla popolazione attiva comporta anche l’esposizione al rischio politico, sulla base della convinzione che i contributi pagati a favore degli attuali pensionati siano richiesti secondo un programma estremamente generoso rispetto a quanto i lavoratori attuali riceveranno quando arriveranno all’età pensionabile.

La tabella 2.1 riassume tutti i concetti appena esposti:

Metodo contributivo Metodo retributivo

A c ap it al iz za zi o n e - FF

Caratteristiche: I contributi versati da ciascun lavoratore

confluiscono in un piano individuale capitalizzato al tasso di rendimento del mercato e che sarà decumulato al momento della pensione.

Dove: Australia, Argentina, Cile, Messico Rischi: rendimento a carico del pensionato

Caratteristiche: I contributi confluiscono in un fondo

produttivo di interessi. Al raggiungimento dell’età pensionabile il lavoratore riceverà una prestazione commisurata al salario e agli anni di servizio.

Dove: USA

Rischi: rendimento, a carico della collettività

A r ip ar ti zi o n e - P A Y G

Caratteristiche: I contributi versati dagli attuali lavoratori

vengono utilizzati per il pagamento degli attuali pensionati. L’ammontare del beneficio è dato dalla capitalizzazione dei contributi ad un tasso di interesse implico nozionale legato all’andamento del PIL

Dove: Italia e Svezia

Rischi: demografico, a carico del pensionato, e politico

Caratteristiche: I contributi versati dagli attuali

lavoratori vengono utilizzati per il pagamento delle attuali pensioni calcolate sulla base del salario percepito e degli anni di servizio

Dove: Italia fino agli anni ‘90

Rischi: demografico, a carico della collettività, e politico

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54

2.6 I tre pilastri della previdenza

Come abbiamo accennato in precedenza diversi possono essere i sistemi previdenziali attuati a seconda di chi sia l’ente gestore e le modalità di finanziamento e di calcolo del trattamento pensionistico: le diverse combinazioni danno vita ai cc.dd. “pilastri” della previdenza.

La cultura della “previdenza” è stata sempre più avvertita dai cittadini italiani, come vedremo, a seguito delle riforme degli anni’90; fino ad allora il disinteresse per questa tematica derivava dal fatto che la presenza di un sistema previdenziale pubblico assicurava ai pensionati un futuro generoso (veniva erogato circa l’80% della retribuzione degli ultimi anni) ed un sistema come allora articolato lasciava poco spazio alla libertà di scelta individuale e quindi alla ricerca di eventuali alternative. Oggi le pensioni erogate dal sistema previdenziale pubblico si stanno sempre più riducendo ed in questo nuovo scenario diventa sempre più sentita l'esigenza di integrare la futura pensione pubblica con le forme di previdenza privata: gli individui infatti, soprattutto i giovani, stanno ponendo sempre maggiore attenzione a ciò che li aspetterà in futuro e si stanno organizzando per integrare il proprio reddito per la “terza età” facendo ricorso a strumenti previdenziali collettivi e individuali, con l’obiettivo di poter fare affidamento nell’età del pensionamento ad un reddito almeno pari all’80% dell’ultima retribuzione. Il raggiungimento di tale obiettivo dipende oggi dalla capacità responsabile di ciascuno di pianificare il proprio futuro facendo affidamento su “tre pilastri”:

 la pensione pubblica, erogata dall’Ente Pubblico (in Italia dall’Inps);

 la pensione complementare collettiva, ricavata dalla gestione dei Fondi pensione, in regime di capitalizzazione effettiva, con investimento dei versamenti in attività del mercato finanziario;

 la pensione integrativa individuale, frutto dei risparmi aggiuntivi stabiliti dai singoli cittadini per un investimento espressamente finalizzato alla pensione.

Figura 2.6 – I tre pilastri della previdenza Fonte – SanPaolo AM17

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55

2.6.1 Il primo pilastro: la previdenza pubblica

Il sistema previdenziale obbligatorio gestito dallo Stato rappresenta l’architrave del sistema previdenziale. Il sistema è retto dal principio della ripartizione, fondato sul patto di solidarietà generazionale secondo cui, come abbiamo visto, i lavoratori attivi finanziano con i loro contributi le attuali pensioni da erogare, aspettandosi che quando loro saranno a riposo le generazioni future faranno altrettanto.

Affinchè questo sistema funzioni è auspicabile che vi sia un equilibrio fra contributi versati dalla popolazione attiva e le prestazioni erogate ai pensionati, ma, a seconda dei metodi di calcolo utilizzati per la determinazione dell’ammontare della pensione, i pericoli che l’equilibrio non si realizzi dipendono sostanzialmente dall’allungamento della vita media, dalla contrazione delle nascite, dall’aumento del tasso di disoccupazione, che hanno caratterizzato fortemente questi ultimi decenni e che comportano da un lato l’aumento delle prestazioni da erogare, dall’altro la diminuzione dei contributi versati. Dovendo ricorrere alla fiscalità generale per rispettare gli impegni nei confronti dei pensionati, ciò ha portato negli anni ad un profondo disavanzo dei conti pubblici, e la crisi della finanza pubblica non poteva essere fronteggiata se non con riforme del sistema pensionistico che modificasse i parametri su cui questo si fondava e con lo sviluppo della previdenza complementare (secondo e terzo pilastro).

2.6.2 Il secondo pilastro: la previdenza complementare collettiva

La previdenza complementare collettiva è fondata su un vero e proprio sistema a capitalizzazione e il suo fine è quello di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale.

Al centro del secondo pilastro vi sono i Fondi Pensione Chiusi, entità il cui scopo è quello di erogare prestazioni previdenziali a un gruppo di persone che presentano, come caratteristica comune, l’esistenza di un rapporto di lavoro o l’appartenenza ad una categoria professionale o un altro legame simile. Essi costituiscono “centri di raccolta del risparmio” con finalità previdenziali ed attraverso l’afflusso costante di contribuzioni da parte del lavoratore e/o del datore di lavoro, si formano delle disponibilità che vengono orientate verso politiche d’investimento a medio e lungo termine.

Tali disponibilità costituiscono le riserve con le quali i Fondi pensione assolvono l’obbligo di erogare, superato un determinato periodo contributivo, trattamenti pensionistici ai propri iscritti sotto forma di capitale in unica soluzione o di rendita.

I Fondi pensione sono al tempo stesso strumenti previdenziali, in quanto forniscono un trattamento pensionistico integrativo, e strumenti finanziari, in quanto operando con il meccanismo della capitalizzazione investono le proprie riserve sul mercato mobiliare tramite intermediari esterni.

Un simile meccanismo, poiché non si basa su un patto di solidarietà intergenerazionale, non risente di fattori demografici che alterano il rapporto tra attivi e pensionati. I suoi potenziali

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56 fattori di crisi riguardano piuttosto l'andamento negativo dei mercati finanziari, oppure un’evoluzione dei tassi d'interesse non coerente con le strategie d’investimento adottate dai gestori.

2.6.3 Il terzo pilastro: la previdenza individuale

Il terzo pilastro è simile al secondo in quanto attinge agli stessi meccanismi finanziari e di mercato per generare, attraverso la capitalizzazione di somme accantonate, montanti previdenziali futuri. La caratteristica peculiare è il carattere individuale dell’iniziativa. E’ costituito da piani di accumulo, Piani Individuali di Previdenzae Fondi Pensione Aperti grazie ai quali ciascuno può adattare la copertura pensionistica più idonea alle proprie esigenze personali.

2.7 La proposta di riforma dei sistemi previdenziali di Modigliani e Ceprini18

Attualmente i sistemi pubblici in Europa si basano principalemte su schemi PAYG e normalmete rappresentano l’unica risorsa da pensionamento (vedi figura 2.7). In paesi come Italia e Spagna, dove la contribuzione obbligatoria è piuttosto elevata (di gran lunga superiore al 25% mentre in USA si aggira intorno al 12%) e i benefici pensionistici molto generosi,

l’eccessivo contributo obbligatorio, imposto per mantenere l’inaffidabile e inefficiente metodo della ripartizione, riduce la capacità dei lavoratori di versare contributi volontari in modo da sostenere adeguati piani pensionistici privati.

Figura 2.7 – Spesa pubblica e privata in pensioni in percentuale al PIL nei paesi OCSE (2012) Fonte: OCSE, Pension Markets in Focus, 201319

18 Modigliani F., Ceprini M. – Come salvare la pensione riformando il metodo di finanziamento dei sistemi previdenziali europei: il caso dell’Italia - http://www.rivistapoliticaeconomica.it/pdf/lu_ago/Modigliani-Ceprini.pdf

19 Camera dei Deputati (2014), Audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla funzionalità del sistema previdenziale pubblico e privato, Testimonianza del Direttore principale della Banca d’Italia Sandro Momigliano -

(18)

57 Verso la fine degli anni’90 l’attenzione di Modigliani per il sistema previdenziale italiano si spinse fino alla formulazione di una proposta di riforma sulla base dell’esperienza statunitense. Modigliani, insieme a Marialuisa Ceprini, sosteneva infatti che il sistema a ripartizione, noto come PAYG, era inaffidabile ed inadeguato a causa di tendenze che ne avrebbero inficiato la sostenibilità, quali l’invecchiamento della popolazione e la lenta crescita economica. Tali tendenze, capaci di minare la capacità dei sistemi a ripartizione di mantenere i benefici promessi, non avrebbero compromesso un sistema pubblico completamente finanziato dalla capitalizzazione in quanto le pensioni non sarebbero state pagate con i contributi degli attivi ma con i capitali accumulati in un fondo pensione.

Secondo Modigliani e Ceprini, quindi, il problema da risolvere risiedeva nel finanziamento del sistema e non, come largamente creduto, dal fatto che il sistema fosse gestito da una struttura pubblica. Sostenevano che il risparmio obbligatorio (primo pilastro) dovesse essere gestito dal governo e coprire una ragionevole porzione del consumo durante il pensionamento. La rimanente parte sarebbe dovuta essere coperta con il risparmio volontario in un sistema a capitalizzazione privato (terzo pilastro) dove un individuo liberamente decide come, quando e se versare i propri risparmi, come suggeito dall’LCH. Il nuovo sistema pubblico obbligatorio, così come suggerito, prevedeva:

1. finanziamento al 100% con la capitalizzazione,

2. investimento dei contributi in titoli quotati dell’Unione Europea;

3. mantenimento degli esistenti benefici definiti basati sulla garanzia di un tasso fisso di rendimento dei contributi.

Uno dei maggiori ostacoli al passaggio al sistema a capitalizzazione è il presunto costo della transizione da un sistema all’altro: com’è ben noto, infatti, non è sufficiente cambiare destinazione ai contributi per costruire il nuovo fondo poiché il vecchio sistema ha bisogno di quei contributi per pagare le pensioni agli attuali pensionati. Durante la transizione si renderebbe quindi necessaria una doppia contribuzione da parte dei soggetti coinvolti, una per sostenere il vecchio sistema ed un’altra per costituire il nuovo. Modigliani e Ceprini, tenendo ben presente questo ostacolo, suggerivano un metodo operativo per eseguire la transizione al minimo costo sostenibile per ogni generazione. L’esperienza statunitense dimostra che la transizione è possibile, senza l’aumento dei contributi, grazie all’utilizzo di fondi in surplus. Nel caso degli USA ciò è stato possibile grazie alla presenza di riserve accumulate nel Social Security Trus Fund attraverso surplus passati, di surplus previsti negli anni successivi, contributi del governo Clinton ed un’oculata politica di investimenti. Nel caso italiano i fondi da utilizzare per la transizione potrebbero essere quelli generati dal TFR che potrebbero coprire quel contributo necessario per permettere il passaggio al nuovo sistema senza ulteriori sacrifici per i lavoratori. La proposta prevede quindi di destinare come contributo annuale almeno 2/3 del TFR

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58 sistema a ripartizione, continuando a raccogliere contributi e pagare le pensioni promesse anche grazie ad un sussidio governativo, se necessario, fino a che il nuovo sistema non raggiungerà un livello di maturità tale da garantire al nuovo sistema di pagare tutte le pensioni promesse dal sistema PAYG e di restituire il TFR ai pensionati. A quel punto il sistema a ripartizione può essere completamente soppiantato dal nuovo sistema a capitalizzazione. I tempi per la transizione potrebbero essere lunghi (non meno di 60/80 anni) ma ciò permetterebbe il passaggio da un sistema all’altro senza comportare né aumenti di aliquote contributive né tagli dei benefici pensionistici. Modigliani e Ceprini prevedevano inoltre che ciò comporterebbe un sostanzioso taglio della contribuzione per circa 2/3, passando dal 40,4%, TFR incluso, al 14%, TFR incluso. La struttura del nuovo sistema a capitalizzazione darebbe nuova vita ai sistemi pubblici pensionistici e un’aliquota contributiva modesta permetterebbe a chi lo desidera di destinare i propri risparmi alla previdenza complementare.

2.8 Conclusioni

In conclusione di questo capitolo possiamo dire che dalla descrizione dei pro e i contro di ogni sistema previdenziale non è possibile identificare il migliore in assoluto. Indipendentemente dalla proposta di Franco Modigliani, la soluzione ottimale per ogni individuo, sostenuta dalla maggior parte dei paesi moderni e dalle istituzioni economiche internazionali, è un sistema pensionistico differenziato in cui coesistano i diversi “pilastri”: uno pubblico a ripartizione ed uno privato a capitalizzazione.

La situazione del sistema pensionistico italiano è figlia di una gestione miope nel passato, con pensioni calcolate con il metodo retributivo e senza alcuna considerazione per i contributi effettivamente versati e per la sostenibilità di lungo periodo. Attualmente la situazione è molto complicata e gli spazi di manovra sono molto ridotti. La soluzione è intervenire, salvo interventi della Corte Costituzionale, sulle pensioni più elevate per garantire una maggiore equità di trattamento, nonché favorire forme di previdenza complementare privata, con incentivi che consentano di integrare maggiormente la pensione una volta maturati i requisiti.

Nel successivo capitolo vedremo come la legislazione italiana si è mossa nel riformare il sistema previdenziale, da un lato per contenere la spesa, dall’altro per incentivare forme pensionistiche complementari.

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Bibliografia

- A. Balestrino, E. Galli, L. Spataro, (2015): Scienza delle finanze - UTET Libreria

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Sitografia

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- Moneta e Credito, vol. LVIII (2005) – Jappelli T. – L’ipotesi del ciclo vitale, la politica fiscale e la previdenza sociale –

- Sabatino M. – Facoltà di Scienze Economiche e Giuridiche di Enna - Corso di Economia aziendale a.a. 2015/2016 - La spesa previdenziale: aspetti generali e il caso italiano - http://www.unikore.it/index.php/documenti-download/category/88-documenti-prof-michele-sabatino?download=13840:scienza-delle-finanze-2015-2016-3

- SanPaolo AM, La previdenza complementare collettiva e il fondo aperto “Arturo 06” - http://slideplayer.it/slide/8030/

- Modigliani F., Ceprini M. – Come salvare la pensione riformando il metodo di finanziamento dei sistemi previdenziali europei: il caso dell’Italia - http://www.rivistapoliticaeconomica.it/pdf/lu_ago/Modigliani-Ceprini.pdf

- Camera dei Deputati (2014), Audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla funzionalità del sistema previdenziale pubblico e privato, Testimonianza del Direttore principale della Banca d’Italia Sandro Momigliano - https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2014/momigliano_110614.pdf

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