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3 – Tecniche derivate dal Problem Solving

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Academic year: 2021

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3 – Tecniche derivate dal Problem Solving

La teoria del Problem Solving è talmente diffusa nel mondo e nelle varie discipline che molti studiosi hanno elaborato una loro tecnica basandosi su tale teoria. Nei paragrafi successivi sono riportati alcuni esempi.

3.1 - Il Problem Solving Strategico

Il Problem Solving Strategico (PSS) è un modello sviluppato da Giorgio

Nardone e rappresenta la tecnologia avanzata per trovare soluzioni

realmente efficaci ed efficienti a problemi complessi. Questa metodologia si applica per definizione a qualunque tipo di problema: particolare successo lo ha nel contesto manageriale ove chi gestisce organizzazioni ed aziende necessita di capacità per risolvere in tempi brevi situazioni davvero complicate.

Il modello di Problem Solving Strategico utilizza il sistema degli autoinganni strategici, in grado di permettere di spingersi oltre alle solite forme di ragionamento nell’analisi di un problema, consentendo, così, di accedere alle risorse della mente altrimenti sedate e facendo sì che l’inventiva personale e la creatività trovino libero spazio di espressione.

Tale modello si basa su 7 passi da seguire:

1) Definire il problema nei termini più concreti e descrittivi possibili

Nel ridefinire il problema in termini concreti, è utile immaginare come potrebbero percepire il problema altre persone, assumendo il loro punto di vista. Questo apre la strada ad una percezione diversa e più ampia, dando al problema delle nuove prospettive.

La definizione del problema è uno dei passi sul quale è consigliabile spendere più tempo, perché permette di risparmiare molto tempo in seguito.

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Pagina 34 2) Concordare l’obiettivo

Risulta necessario definire cosa effettivamente rappresenti il cambiamento risolutivo rispetto al problema, quale sarebbe la realtà concreta che farebbe ritenere l’obiettivo raggiunto.

Quando si lavora con più persone, inoltre, il concordare un obiettivo da raggiungere voluto da tutti, svolge anche il ruolo di consolidare la squadra nel proprio team di lavoro, ovvero creare un gruppo allineato allo scopo. L’intento è quello di portare il team a sviluppare un forte spirito di collaborazione e di coesione rispetto allo scopo desiderato: questo è un primo, importante passo per ridurre le eventuali resistenze al cambiamento che il soggetto, o il gruppo, potrebbe mettere in atto, consciamente o inconsciamente, se non si sentisse partecipante alla costruzione delle soluzioni.

3) Individuazione e valutazione di tutte le soluzioni tentate fino ad ora per risolvere il problema ed anche di tutti i tentativi fallimentari messi in atto allo stesso scopo

Concentrare l’attenzione sui tentativi fallimentari messi in atto per raggiungere l’obiettivo prefissato libera dalla tendenza a sforzarsi attivamente di trovare soluzioni senza prima aver indagato su tutto ciò che non funziona.

Questo permette di:

⋅ Individuare cosa non fare, poiché non ha funzionato e orientare la capacità di progettare una soluzione verso delle svolte alternative che possono essere risolutive;

⋅ Mettere in evidenza ciò che ha funzionato bene fino ad ora. Se sono state trovate delle soluzioni efficaci, è necessario valutare se esse sono riproducibili nella presente situazione.

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Pagina 35 Tale tecnica consiste nel rispondere alla seguente domanda: “Se volessi far peggiorare ulteriormente la situazione invece di migliorarla, come potrei fare?” e si cerca di descrivere tutte le possibili modalità, sempre espresse in termini precisi e concreti.

Questo gioca un ruolo importantissimo nella risoluzione, in quanto ha l’effetto di creare un’avversione verso tutte le possibili azioni fallimentari compiute in precedenza ed accende la consapevolezza che le tentate soluzioni hanno mantenuto vivo il problema e che quindi il cambiamento è inevitabile; tutto ciò determina una forte leva motivazionale propulsiva. 5) Tecnica dello scenario oltre al problema

Il problem solver deve immaginare quali sarebbero tutte le caratteristiche della situazione ideale, ipotizzando che il problema sia stato pienamente risolto.

L’immaginazione viene lasciata libera di vedere lo scenario, per poi, in un momento successivo, selezionare gli aspetti realizzabili concretamente ed individuare gli effetti collaterali indesiderati, che potrebbero ostacolare il successo del progetto. In tale modo si può pensare ad agire preventivamente.

6) La tecnica dello scalatore o dei piccoli passi

Applicazione della strategia ideata concentrandosi sul più piccolo intervento da realizzare e poi proseguire a piccoli passi.

Per determinare il primo passo, l’obiettivo principale viene frazionato in una serie di stadi, o micro-obiettivi da conseguire, che prendono avvio dal punto di arrivo che si vuole raggiungere – l’obiettivo – e tornano indietro fino al punto di partenza – il problema.

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Pagina 36 Se il problema fosse complesso a tal punto da richiedere non una singola soluzione, ma un insieme di soluzioni in sequenza, è fondamentale non affrontare insieme tutti i problemi e iniziare invece ad affrontare quello più accessibile sul momento.

Una volta risolto il primo, si passa al secondo e così via, mantenendo però fin dall’inizio la visione della globalità e delle possibili interazioni fra le concatenazioni dei problemi. L’intento è quello di aggiustare progressivamente il tiro, tenendo sempre presente dove si vuole arrivare e agendo in modo dinamico per far fronte a tutti i cambiamenti che si presentano.

3.2 – Il Problem Solving in ambito Counselling

3.2.1 - Il counselling

La figura professionale di Chiara Svegliado (scrittrice di tale articolo) è quella di advanced counsellor e pedagogista clinico.

Il Counsellor è una figura professionale che, a seguito di uno specifico percorso di studi, è in grado di favorire la soluzione di disagi di varia natura con competenza e professionalità e con metodologie avanzate di lavoro. Il counselling propone dei percorsi mirati sulla persona in relazione ai suoi obiettivi, in modo da liberarla dai condizionamenti del passato e dalle convinzioni limitanti, accrescendo la sua autostima e favorendo l’acquisizione di un maggior benessere psicofisico.

3.2.2 – Come affrontare un problema

Un problema esiste quando c’è un ostacolo al raggiungimento di un obiettivo. Il problema non corrisponde all’ostacolo, ma a una condizione in

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Pagina 37 cui, a causa della presenza di ostacoli o impedimenti, il solutore è costretto ad individuare nuove azioni, chiamate soluzioni, per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Non sempre il cambiamento richiesto dalla situazione corrisponde alla rimozione dell’impedimento. Esistono infatti diversi modi per affrontare un ostacolo:

Rimuoverlo: per alcuni problemi la soluzione più semplice, se

praticabile, è rimuovere l’ostacolo in quanto rappresenta un peso inutile;

Aggirarlo: in altri casi, è più proficuo non tenere conto

dell’ostacolo, praticando altre strade;

Utilizzarlo: alcuni ostacoli non possono essere eliminati o aggirati

ma, se osservati da un’altra prospettiva, possono addirittura diventare una risorsa.

3.2.3 - Le fasi del Problem Solving

FASE 1: Identificazione del problema e dell’obiettivo: Definizione dell’obiettivo;

Analisi degli ostacoli.

FASE 2: Generazione di possibili soluzioni: Generazione di idee (brainstorming); Trasformazione delle idee in soluzioni.

FASE 3: Scelta, valutazione e pianificazione della soluzione: Scelta della soluzione;

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Pagina 38 Pianificazione (cosa, quando, come e con quali risorse).

FASE 4: Messa in pratica: Esecuzione del piano; Valutazione dei risultati.

Le quattro fasi sono consequenziali: seguirle nella loro progressione consente di impostare correttamente il problema.

Il Problem Solving non è da considerare come un processo interamente razionale e lineare, come una specie di “catena di montaggio del pensiero”. Al contrario lo scopo del Problem Solving è aiutare a integrare le risorse in possesso al risolutore, sia quelle logiche e critiche, che quelle creative, indispensabili per arrivare alla soluzione.

In particolare la creatività e l’intuizione sono il cuore della seconda fase: dopo aver identificato gli obiettivi e i reali ostacoli al loro raggiungimento, la mente va lasciata libera di creare idee, immagini, collegamenti, prendendo nota di tutto ciò che passa per la testa senza criticarlo o analizzarlo (brainstorming). Solo successivamente si andrà a valutare come le idee potranno essere effettivamente realizzate e tutti i possibili limiti e problemi del progetto.

3.2.4 - Problem Solving per problemi emotivi e interpersonali

Anche quando non si tratta di problemi pratici ma emotivi o interpersonali, i principi fondamentali del Problem Solving rimangono, con alcuni adattamenti, gli stessi.

I problemi interpersonali nascono dalle difficoltà di relazione con gli altri, quelli emotivi sono quelli in cui si sente un forte senso di disagio il quale va eliminato o ridotto almeno in parte.

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Pagina 39 Una delle ragioni per cui risulta difficile risolvere problemi emotivi e interpersonali è la confusione tra problema e disagio: il problema non è il disagio. Il malessere è piuttosto un segnale dell’esistenza del problema, l’espressione di bisogno o difficoltà che, non trovando soluzioni migliori, si manifesta appunto attraverso le emozioni sgradevoli o dolorose. Pertanto è importante riuscire a identificare quali esigenze profonde si celano dietro le emozioni per arrivare a porre obiettivi giusti, obiettivi positivi, non semplici negazioni dell’ostacolo.

3.3 - Kepner-Tregoe Problem Analysis

Il processo di pensiero razionale per individuare la causa di un problema è uno strumento molto potente se usato correttamente. Tutti i problemi possono essere risolti quando il problema viene correttamente definito e il metodo Kepner-Tregoe Problem Analysis aiuta in questa definizione se eseguito rigorosamente.

Tale metodo appartiene ad una serie di strumenti di gestione che comprendono “valutazione di situazioni e analisi decisionale”.

Tale tecnica è utilizzata da alcune delle migliori aziende del mondo per risolvere i loro problemi più complicati.

Kepner-Tregoe Problem Analysis è uno degli strumenti di Kepner-Tregoe

Business Excellence. Tale strumento si concentra sui fatti e utilizza un

approccio logico per definire e risolvere i problemi.

Si basa sul fatto che, anche se l'esperienza è preziosa per risolvere molti dei problemi comuni riscontrati dai professionisti, fare troppo affidamento sulle esperienze spesso ritarda la soluzione di un nuovo tipo di problema.

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Pagina 40 3.3.1 - K-T Problem Analysis: Coinvolgimento

Tutti coloro che possono contribuire a risolvere il problema devono essere coinvolti.

Kepner-Tregoe Facilitator presiede le riunioni, mantiene l'ordine e registra

le informazioni su un modello di foglio di calcolo.

3.3.2 - K-T Problem Analysis: Stato del problema

L'obiettivo è quello di affermare ciò che è l'oggetto e qual è la situazione indesiderabile.

Esempio:

Cliente X è infelice. Perché?

Le consegne sono in ritardo. Perché?

È stato spedito un prodotto A anzi che B. Perché?

L'oggetto è "Prodotto spedito al cliente". Il problema è che al cliente è stato inviato, in ritardo, il prodotto A anziché B. E 'essenziale che tutti i presenti siano d’accordo che questo sia il problema.

3.3.3 - K-T Problem Analysis: Specificare il problema

A questo punto, è fondamentale che tutte le informazioni vengano registrate, insieme a qualsiasi ipotesi o incertezza.

Le domande riguardano l'oggetto e la deviazione: Cosa, Dove, Quando, ed estensione (quanto)? Non solo ciò che è, ma ciò che non è?

Ad esempio, il cliente X e il cliente Y usano entrambi il prodotto B, ma solo al cliente X è stato inviato il prodotto sbagliato, quindi l'oggetto è il cliente X e non Y.

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Pagina 41 3.3.4 - K-T Problem Analysis: Identificare le possibili cause

Utilizzando l'esperienza dei presenti, le distinzioni tra la IS e IS NOT vengono utilizzate per suggerire possibili cause. Tutti i suggerimenti devono essere registrati, e in questa fase non dovrebbe essere fatto nessun filtraggio di idee.

3.3.5 - Kepner-Tregoe Problem Analysis: Valutare possibili cause

Verificare le possibili cause per verificare se effettivamente spiegano le differenze. Se diverse possibili cause potrebbero spiegare le differenze, utilizzare l'esperienza e le conoscenze per trovare la causa più probabile.

3.3.6 - K-T Problema Problem Analysis: Confermare la vera causa

Il passo finale è quello di testare la vera causa. Questo viene fatto prevedendo cosa accadrà quando la causa probabile viene rimossa, e poi sarà necessario convalidare il risultato per tentativi.

Se la causa predetta non risulta essere la causa principale, allora si devono controllare altre possibili cause.

3.3.7 - K-T Problem Analysis: Insidie

1. Cercando di risolvere più di un problema alla volta.

Ad esempio, aste metalliche sono troppo grandi e hanno spigoli. L'analisi del problema sarà ritardato se questi sono due problemi distinti, il confronto sarà sbagliato. Viceversa, se i due problemi hanno una causa, fissando una, si fissa l’altra, quindi è vantaggioso separare i sintomi. 2. Dati errati accettati come reale;

3. Mancanza di conoscenze ed esperienze;

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Pagina 42 3.3.8 – Conclusioni

Il Metodo Kepner - Tregoe utilizza alcuni parametri per identificare il problema:

⋅ Identità: in cosa consiste il problema; ⋅ Localizzazione: dove è stato osservato;

⋅ Tempistiche: quando è stato osservato (da quanto tempo, quante volte ecc.);

⋅ Magnitudine: qual è la portata del problema. Una versione alternativa e un valido aiuto: le “5 W”.

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