CAPITOLO 2
La finestra tettonica delle Alpi Apuane
2.1 Principali unità tettono-stratigrafiche
Le Alpi Apuane rappresentano la porzione geometricamente più profonda dell'edificio strutturale Appenninico.
All'interno della regione apuana affiorano differenti unità tettoniche derivanti dal Dominio Toscano che, nella letteratura più recente, vengono distinte in:
- Unità di Massa; - Unità delle Apuane.
2.1.1 Unità di Massa
L'Unità di Massa affiora sul fianco occidentale dell'edificio Apuano ed è tettonicamente interposta tra la Falda Toscana e l'Unità delle Apuane.
L'Unità di Massa (Figura 4), è caratterizzata dalla presenza di un basamento paleozoico, già interessato da deformazione e metamorfismo ercinico in facies scisti verdi (Conti et al., 1993), e da una copertura del Trias medio-superiore interessata solamente da metamorfismo alpino. Il basamento è formato da filladi e quarziti del Cambriano superiore-Ordoviciano inferiore, porfiroidi e scisti porfirici dell'Ordoviciano medio, associati a metarenarie, filladi e dolomie ad Orthoceras del Siluriano.
La copertura triassica più completa affiora a Punta Bianca e, al suo interno, è possibile riconoscere due cicli trasgressivi (Ciarapica & Passeri, 1982; Passeri, 1985; Rau et al., 1985). Il primo ciclo è compreso tra l'Asinico e il Ladinico ed è caratterizzato da metaconglomerati quarzosi di fan alluvionale che gradano verso l'alto a metarenarie di piana costiera, metasiltiti e filladi, ricoperti da corpi di metabrecce e metacalcareniti associabili a processi di debris-flow (Marmi di Punta Bianca). Questa successione rappresenta una progressiva evoluzione da un ambiente continentale ad un ambiente di piattaforma carbonatica fino a depositi di mare più profondo. La sedimentazione viene interrotta bruscamente da colate di lave basaltiche sottomarine, a chimismo mediamente alcalino (Ricci & Serri, 1975; Stoppa, 1985), che testimoniano un tentativo di rifting precursore di quello che porterà all’apertura della Tetide nel Giurassico (Elter, 1975; Kligfield, 1979; Martini et al.,
1986).
Durante il secondo ciclo (Ladinico-Norico) si ha un’improvvisa emersione indicata dalla comparsa di sedimenti litorali e fluviali che costituiscono la “Formazione del Verrucano”.
Secondo Patacca et al., 2011, a scala regionale, l'Unità di Massa, è composta da tre corpi principali caratterizzati da differenti sequenze stratigrafiche e separati da zone di taglio duttili sin-metamorfiche, che tagliano obliquamente l’edificio tettonico. L’architettura strutturale presenta uno stile tettonico come quello apuano dove sono sviluppate pieghe sin-e tardo-metamorfiche che mostrano laminazioni di fianchi rovesci e decapitazioni di fianchi dritti lungo zone di taglio duttile.
Figura 1: colonne stratigrafiche rappresentative della copertura metasedimentaria tardo/post-ercinica dell'Unità di Massa correlate con la successione di Punta Bianca (Patacca et al., 2011).
2.1.2 Unità delle Apuane
L’Unità delle Apuane (Figura 5) affiora nella parte centrale della finestra tettonica ed è costituita da un basamento paleozoico e dalla sua copertura mesozoico-terziaria. Il basamento paleozoico
mostra, nella finestra tettonica delle Alpi Apuane, la successione più completa e meglio esposta. Dal basso verso l’alto troviamo:
- Filladi Inferiori (Cambriano superiore-Ordoviciano inferiore) costituite da un'alternanza di arenarie quarzitiche, quarziti filladiche e filladi in cui a volte si riconoscono strutture sedimentarie relitte (gradazione granulometrica e cross-bedding). Questa formazione è stata interpretata come deposito torbiditico di conoide o bacinale (Albani et al., 1985);
- Porfiroidi e Scisti Porfirici (Ordoviciano medio) rappresentati da quarziti e filladi derivate da vulcaniti a composizione da acida ad intermedia e prodotti della loro erosione subaerea. Queste rocce sono collegate allo sviluppo di un vulcanismo calc-alcalino di arco dell'Ordoviciano medio (Memmi et al., 1983; Carmignani et al., 1992a,b). Alla base di questa formazione è presente una superficie erosionale marcata da conglomerati e quarziti testimonianti una unconformity correlabile a quella che separa le arenarie di San Vito-Solanas e le vulcaniti ordoviciane della Sardegna (Conti
et al., 1991; Pandeli et al., 1994);
- Metarenarie, Quarziti e Filladi (Ordoviciano superiore) costituita da quarziti filladiche e filladi quarzitiche, derivanti da sedimenti probabilmente depositati in un ambiente marino epicontinentale. Questi depositi sono relativi ad una fase estensionale con collasso dell'arco vulcanico a causa del blocco della subduzione (Carmignani et al., 1992a,b);
- Filladi Grafitiche, Dolomie a Orthoceras, Calcescisti e Marmi Dolomitici (Siluriano-Devoniano) si tratta di filladi, filladi grafitiche con liditi e resti di graptoliti (Gortani, 1933) depositate in ambiente pelagico anossico, e limitate intercalazioni di dolomie (Dolomie a Orthoceras) e calcescisti. Le dolomie sono caratterizzate da locali intercalazioni di filladi grafitiche; oltre ai resti di Orthoceras e articoli di crinoidi si trovano anche conodonti del Siluriano Superiore (Bagnoli & Tongiorgi, 1979). Come per l'Unità di Massa, anche nell'Unità delle Apuane il basamento paleozoico ha registrato una deformazione pre-alpina in facies scisti verdi.
Sul basamento poggia in discordanza una copertura mesozoico-terziaria (Coli & Fazzuoli, 1992) che riflette l'evoluzione del margine continentale passivo di Adria. La successione include metaconglomerati poligenici poco maturi appartenenti al Verrucano (Ladinico superiore-Carnico) di ambiente fluviale in clima sub-arido (Rau & Tongiorgi, 1974; Tongiorgi et al., 1977; Coli et al.,
2003), che localmente passano verso l'alto alla Formazione di Vinca (Nardi, 1967) del Carnico,
rappresentata da metaconglomerati, metabrecce e dolomie, la cui deposizione è collegata ad un ambiente transizionale-neritico (Pellegrini, 1985) con una piattaforma carbonatica in condizioni di scarsa ossigenazione, alta energia di sedimentazione e ripetuti input silicoclastici (Coli et al., 2003).
Figura 2: Colonna litostratigrafica dell'Unità delle Apuane. (FAF) Filladi Inferiori con intercalazioni di metavulcaniti basiche (FAFa); (PRS) Porfiroidi e Scisti Porfirici; (MRQ) Metarenarie, Quarziti e Filladi superiori; (OTH) Dolomie ad Orthoceras con livelli di filladi grafitiche (OTHa), dolomie cristalline grigio scure (OTHb) e metacalcari rossi nodulari (OTHc); (LCS) Calcescisti e dolomie scistose; (VIN) Formazione di Vinca con (VINa) filladi e conglomerati, (VINb) dolomie e (VINc) marmi; (GRE) Grezzoni con livelli di dolomie brecciate (GREa) e marmi neri (Nero di Colonnata) (GREb); (MMG) Marmi a Megalodonti; (BSE) Brecce di Seravezza con livelli di filladi a cloritoide (BSEa); (MDD) Marmi dolomitici; (MAA) Marmi; (MRZ) Marmo Zebrino con livelli di marmi a muscovite e calcescisti (MRZa); (FAN) Formazione di Arnetola; (CLF) Calcari Selciferi; (CCI) Calcescisti; (DSD) Diaspri; (ENT) Calcari Selciferi a Entrochi; (SSR) Scisti Sericitici; (MCP) Cipollini; (PSM) Pseudomacigno (Carmignani et al., 2007).
Ai depositi Ladinico-Carnici si sovrappongono i Grezzoni (Norico-Retico, Ciarapica & Passeri,
1978) costituiti da brecce dolomitiche, che testimoniano l’impostazione della piattaforma
carbonatica, e da dolomie e calcari dolomitici di piattaforma carbonatica iperalina. I Grezzoni passano verso l’alto ai Marmi a Megalodonti, depositi di piattaforma continentale collegati ad un’alternanza ciclica di sedimentazione in ambienti da sopratidali a subtidali. Alla base e, talvolta, al tetto di questa formazione possono essere presenti gli Scisti a Cloritoide o le Brecce di Seravezza, derivanti dallo smantellamento in ambiente subaereo di porzioni emerse della piattaforma (Giglia &
Trevisan, 1966; Carangiu et al., 1992; Franceschelli et al., 1996). Nel Lias si instaura una nuova
piattaforma carbonatica, piuttosto articolata, da cui derivano gran parte dei marmi apuani. In questa piattaforma erano distinguibili vari subambienti, con differenti caratteristiche deposizionali, in parte responsabili della grande variabilità dei marmi, ad esempio: barriere coralline, piane costiere, depressioni più profonde dove si accumulavano materiali provenienti da aree più rilevate, lagune aperte.
Dalla fine del Lias, in seguito a processi estensionali legati all’apertura della Tetide ligure, inizia l’annegamento della piattaforma carbonatica ed il conseguente passaggio all'ambiente pelagico. Nel Sinemuriano-Aaleniano si depositano i Calcari Selciferi, che passano ai Diaspri del Malm. Alla fine del Giurassico, riprende la sedimentazione carbonatica con i Calcari Selciferi a Entrochi di ambiente pelagico, la sedimentazione continua con gli Scisti Sericitici e si chiude con la deposizione dello Pseudomacigno, un flysch costituito da metarenarie di età Oligocenica (Dallan
Nardi, 1976).
2.2 Assetto deformativo
Le geometrie di deformazione che caratterizzano il Complesso Metamorfico Apuano sono il risultato di un'evoluzione polifasica che si realizza in due fasi principali (Carmignani et al., 1980;
Carmignani & Kligfield, 1990):
- evento D1: deformazione compressiva duttile legata alla collisione continentale del basamento Sardo-Corso con il basamento della microplacca Adria;
- evento D2: deformazione distensiva duttile che porta al riequilibrio isostatico della crosta ispessita e all'esumazione del Complesso Metamorfico verso livelli strutturali più superficiali.
2.2.1 Strutture D1
Queste strutture si realizzano durante la messa in posto delle falde e sono rappresentate da pieghe isoclinali NE-vergenti a scala kilometrica associate allo sviluppo di una foliazione (S1) sin-metamorfica. Quest'ultima è parallela al piano assiale delle pieghe isoclinali, spesso a guaina, ed è associata ad una lineazione di estensione interpretata come la direzione di trasporto delle unità tettoniche.
Sia la vergenza delle strutture, sia le relazioni angolari tra il contatto tettonico di base della Falda Toscana e la scistosità della fase D1, impongono per la Falda Toscana stessa una provenienza da SW durante la fase compressiva (Carmignani et al., 1978).
Le principali pieghe isoclinali alla scala kilometrica che si formano durante la D1 sono, da W verso E: sinclinale di Carrara, anticlinale di Vinca-Forno, sinclinale di Orto di Donna-M. Altissimo-M. Corchia e l'anticlinale della Tambura.
L'evento D1, in termini di deformazione progressiva, può essere a sua volta suddiviso in D1a durante la quale si formano pieghe isoclinali NE-vergenti, e una fase D1b in cui si ha la formazione di un'antiformal stack e zone di taglio da metriche a plurimetriche con senso di movimento top-to-E/NE (Molli & Meccheri, 2000).
2.2.2 Strutture D2
Durante l'evento deformativo D2 si sviluppano strutture collegabili ad una tettonica estensionale (Carmignani & Kligfield, 1990).
Si sviluppano pieghe asimmetriche da aperte a chiuse e con un clivaggio di crenulazione sub-orizzontale. Queste strutture deformano i fianchi dell'antiforme di scistosità e mostrano un senso di rovesciamento verso E e verso W, rispettivamente lungo i fianchi orientali ed occidentali dell'antiforme stessa.
Anche all’interno dell’evento D2 si possono riconoscere più fasi deformative che registrano il percorso di esumazione attraverso livelli strutturali progressivamente sempre più superficiali (Molli
& Meccheri, 2000). Quindi alle strutture precoci realizzate in ambiente duttile (early-D2), fanno
seguito strutture a carattere duttile-fragile (late-D2) con pieghe tipo kink, e faglie normali a medio e alto angolo (Molli & Meccheri, 2000; Molli & Ottria, 2000).
Mentre nel Complesso Metamorfico la distensione post-collisionale è prevalentemente realizzata con zone di taglio duttile, la distensione nelle unità non metamorfiche-anchimetamorfiche viene realizzata, oltre che attraverso pieghe passive di taglio semplice comprese tra i livelli di scollamento del Calcare Cavernoso e la Scaglia anche in modo prevalentemente fragile mediante faglie dirette a basso ed alto angolo (Carmignani & Kligfield, 1990; Giammarino & Giglia, 1990; Carmignani et
al., 1991; Coli, 1996).
2.3 Metamorfismo
Le unità appartenenti al dominio Toscano mostrano un'impronta metamorfica variabile da condizioni non metamorfiche ad anchimetamorfiche (Falda Toscana) ad un metamorfismo in facies scisti verdi nelle principali unità del Complesso Metamorfico Apuano. Il metamorfismo che interessa l'Unità di Massa e l'Unità delle Apuane si esprime con differenti paragenesi.
Le metapeliti dell'Unità di Massa mostrano una paragenesi costituita da cianite + cloritoide + muscovite fengitica. Franceschelli et al., 1986 stimano, tra i 420 °C e 450 °C la temperatura del picco metamorfico, e valori di pressione intorno a 0.3-0.4 GPa. Secondo Jolivet et al., 1998 sia i valori di temperatura che di pressione sono leggermente più alti variando da 450 °C a 480 °C e 0.9 GPa. Successivamente, Franceschelli & Memmi, 1999 ottengono una stima più alta del picco metamorfico (467-560 °C) attraverso il geotermometro clorite-cloritoide, mentre le stime di pressione effettuate in base al contenuto di Si nella muscovite, 0.6-0.8 GPa, sono vicine a quelle di
Jolivet et al., 1998. Infine, Molli et al., 2000b, 2002, propongono un'evoluzione articolata
schematizzata in due stadi. Durante il primo viene raggiunto il picco metamorfico nel campo di stabilità del magnesio-cloritoide, con temperature di 400-500 °C e pressioni superiori a 0.8 GPa
attribuibili ad una profondità di seppellimento di 25-30 km; il secondo stadio si riferisce ad un percorso retrogrado con diminuzione di pressione e temperatura fino a condizioni di circa 400 °C e 0.8 GPa.
Le metapeliti dell'Unità delle Apuane si caratterizzano per una paragenesi a pirofillite, cloritoide, clorite e muscovite fengitica. Kligfield et al., 1986, in base all'associazione mineralogica, stimano il picco metamorfico tra i 350 °C e i 400 °C, con una pressione di 0.3-0.4 GPa. Per primi, Di Pisa et
al., 1985, riconoscono una variazione nei valori di temperatura dai settori sud-occidentali (T ~450
°C) verso i settori centrali e nord-orientali del Complesso Metamorfico (T ~350-380 °C).
Franceschelli et al., 1986 forniscono un range di temperatura di 300-450 °C e pressioni di 0.4-0.6
GPa, quindi più ampi rispetto alle precedenti stime di Kligfield et al., 1986. Infine, Jolivet et al.,
1998, in base alla composizione del cloritoide, calcolano una temperatura compresa tra 390 °C e
410 °C ed una pressione di circa 0.8 GPa.
Le stime precedentemente riportate, anche se diverse tra loro, indicano che le due unità tettoniche hanno seguito percorsi parzialmente diversi (Jolivet et al., 1998; Molli et al., 2000b). Questi due autori supportano il fatto che l'Unità di Massa è stata metamorfosata a profondità maggiori rispetto all'Unità delle Apuane.
2.4 Relazioni deformazione-metamorfismo
La presenza di minerali indice permette lo studio delle relazioni tra la crescita dei minerali e lo sviluppo dei principali eventi deformativi.
Nell'Unità di Massa, secondo Franceschelli et al., 1986, Carmignani & Kligfield, 1990 e
Franceschelli & Memmi, 1999, la pirofillite è sin-tettonica rispetto alla S1, mentre cianite e
cloritoide crescono dopo lo sviluppo della S1 in risposta ad una risalita delle isoterme successiva alla messa in posto delle falde, come proposto da Reutter & Groscurth, 1978. Per Di Pisa et al.,
1985 la blastesi avviene durante gli stadi della D2. Molli et al., 2000b, 2002 attraverso un accurato
studio petrografico individuano che il cloritoide inizia a crescere durante i primi stadi della D1 e continua a crescere durante la fase tardiva mentre la cianite cresce solamente durante i primi stadi della D1.
Nell'Unità delle Apuane, Boccaletti & Gosso, 1980; Boccaletti et al., 1983, affermano che il cloritoide cresce prima dello sviluppo della S1 ma dopo una foliazione relitta antecedente. Per Di
Pisa et al., 1987 il cloritoide cresce durante i primi stadi della D2. Infine, Carmignani & Kligfield, 1990 e Franceschelli et al., 1997 interpretano la crescita del cloritoide come inter-tettonica rispetto
alla D1 e D2. Molli et al., 2002 osservano cloritoide in associazione con la pirofillite in relazioni sin- e post-tettoniche con la foliazione D1. Il cloritoide quindi precede lo sviluppo della S2 nei
livelli geometricamente superiori dell'unità, mentre nei livelli strutturali più profondi cresce sia durante la deformazione D1 e mostra relazioni sin- e post-tettoniche con il clivaggio di crenulazione sviluppato nella D2. Questo testimonia una differente storia termo-meccanica in differenti posizioni geometriche all'interno dell'Unità delle Apuane.
2.5 Cronologia degli eventi tettono-metamorfici
Una prima stima sull'età della deformazione sin-metamorfica, e soprattutto sull'età della D1, viene suggerita dal contenuto fossilifero di età Oligocenica nello Pseudomacigno, la formazione più giovane coinvolta nella deformazione (Dallan Nardi, 1976). Un'altra stima è stata effettuata con il metodo K-Ar. I dati ottenuti da questa metodologia vengono interpretati in maniera differente da vari autori. Giglia & Radicati di Brozolo, 1970, attribuiscono un'età di 11 Ma al picco metamorfico.
Kligfield et al., 1986, applicano il metodo K-Ar e 40Ar-39Ar su miche bianche selezionate in diversi domini di foliazione ed individuano tre gruppi di età. La mica selezionata sul dominio della S1 fornisce un'età di 27 Ma che corrisponde quindi al principale evento di piegamento e allo sviluppo del metamorfismo in facies scisti verdi. L'evento D2 viene invece datato a 12 Ma e un'età di 8-10 Ma viene attribuita alla crescita post-tettonica di microblasti di mica bianca. Nel recente lavoro di
Patacca et al., 2013, la presenza, nello Pseudomacigno, di olistostromi calcarei del Valanginiano
attribuiti ad Unità Liguri, porta ad una rivalutazione dell'età del picco metamorfico, stimata a 13-14 Ma. Questi valori si avvicinano all'età di 12 Ma di Kligfield et al., 1986.
Riguardo invece alla ricostruzione del percorso esumativo del Complesso Metamorfico Apuano e della sovrastante Falda Toscana, sono state utilizzate quattro metodologie: tracce di fissione su apatiti e zirconi (AFT e ZFT) ed analisi U-T/He (ApHe e ZHe). I primi studi focalizzati sulle tracce di fissione in apatiti mostrano che il Complesso Metamorfico Apuano passa l'isoterma di 110 °C tra i 6 e i 2 Ma con tassi di uplift di 0.8-0.9 mm/yr e 1.7 mm/yr per la parte centrale ed orientale (Abbate et al., 1994).
Una successiva stima di Balestrieri et al., 2003 dimostra che le rocce passano dai 240 °C ai 110 °C tra gli 11 Ma e i 4 Ma, ed attribuiscono questo raffreddamento agli ultimi stadi dell'assottigliamento tettonico e dell'esumazione del Complesso Metamorfico delle Apuane.
Lo studio di Fellin et al., 2007 mette in evidenza che la Falda Toscana ed il Complesso Metamorfico Apuano seguono percorsi differenti fino a 4 Ma. Il grafico in figura 6 mostra che a 10-13 Ma il Complesso metamorfico era a 240°C e 9 km di profondità; questo dato è incompatibile con il picco metamorfico datato a 13-14 Ma da Patacca et al., 2013. Le età ZHe e AFT sono rispettivamente 13-14 Ma e ~8 Ma per la Falda Toscana, 5.5 ± 0.9 Ma e 4.8 ± 0.9 Ma per le Apuane, quindi quest'ultima unità raggiunge la temperatura di 110°C, 4 Ma più tardi. Nell'intervallo
tra i 6 e i 4 Ma si ha l’accoppiamento delle unità metamorfiche con la Falda Toscana e loro esumazione come un unico corpo. La storia degli ultimi 2 Ma vede la formazione di faglie ad alto angolo accompagnate da processi di denudamento erosionale. La presenza di ciottoli metamorfici nei bacini pliocenici della Garfagnana, Val di Vara e Sarzana ci suggerisce che i processi erosivi erano già attivi nel Pliocene superiore e quindi l’esumazione delle Alpi Apuane si era in gran parte completata.
Figura 3: Time-Depth path per l'Unità delle Apuane, l'Unità di Massa e la Falda Toscana (Macigno) ottenuto da dati termocronometrici di Fellin et al., 2007.
2.6 Evoluzione tettonica e problematiche
L'evoluzione strutturale delle Alpi Apuane è stata oggetto di intensi studi e, recentemente, il dibattito si è focalizzato soprattutto sui possibili meccanismi di esumazione del Complesso Metamorfico e il suo contesto geodinamico.
Sulla base di caratteristiche strutturali, le Alpi Apuane sono state definite, da Carmignani &
Kligfield, 1990, come un metamorphic core complex. In questo modello il Calcare Cavernoso
rappresenta il detachment fault che separa la sovrastante Upper Plate a deformazione fragile (Falda Toscana e Unità Liguri), dalla sottostante Lower Plate a deformazione duttile (Unità di Massa e Unità delle Apuane).
Carmignani & Kligfield, 1990, suppongono che la transizione da compressione ed estensione possa
essere la conseguenza di un cambiamento nella dinamica interna di un prisma orogenico come proposto da Platt, 1986. Vengono quindi individuati quattro stadi principali (Figura 7):
- fase di stabilità del cuneo orogenico (Cretaceo-Eocene) durante il quale si ha la subduzione della placca Adriatica sotto la placca Europea e la formazione del cuneo orogenico dell’Appennino Settentrionale;
- collisione continentale e rapido ispessimento del cuneo (Oligocene superiore). Ingresso del margine Adriatico nella zona di subduzione con conseguente impilamento delle unità tettoniche derivate dal margine adriatico e formazione di un'antiformal stack (27 Ma; evento D1);
- collasso distensivo del cuneo sovraispessito (Miocene inferiore). Il termine della convergenza porta ad un rapido collasso gravitazionale del cuneo con attivazione della tettonica estensionale a livelli alto e medio-crostali (12 Ma; early-D2);
- rifting dell’Appennino Settentrionale e apertura del Mar Tirreno. A partire dal Tortoniano si instaura un’estensione a scala crostale; questi processi sono contemporanei all’apertura del Mar Tirreno.
Jolivet et al., 1998 mettono invece in evidenza che il percorso retrogrado legato all'esumazione del
Nucleo Apuano si realizza lungo un gradiente geotermico di bassa termalità. Questo porta a concludere che il basso gradiente geotermico sia causato dal sottoscorrimento di unità fredde che impediscono il riequilibrio termico e, l'estensione nel Complesso Metamorfico Apuano, non sia da attribuire a processi di assottigliamento crostale ma si realizzi durante l'impilamento delle falde nelle zone interne dell'Appennino (estensione sin-orogenica).
In base ad evidenze meso- e microstrutturali, Molli et al., 2002, propongono un'esumazione a più stadi. L'Unità di Massa sarebbe sovrascorsa sull'Unità delle Apuane durante gli ultimi stadi della fase D1, quindi l'esumazione sarebbe avvenuta in condizioni di raccorciamento. Il secondo stadio di esumazione si realizzerebbe durante la fase D2.
Un'esumazione in un contesto sin-collisionale e una sovrapposizione della Falda Toscana sulle Unità Metamorfiche negli ultimi stadi della loro esumazione è stato proposto da Carosi et al.,
Figura 4: schema dell'evoluzione tettonica delle Alpi Apuane. (a) geometria pre-collisionale con tracce restaurate dei principali accavallamenti; (b) sviluppo del duplex Apuano (Oligocene inferiore); (c) sviluppo di antiformal stack e possibile inizio della tettonica distensiva (Miocene inferiore); (d) sviluppo del metamorphic core complex. (Carmignani & Kligfield, 1990).
Infine, in una nuova interpretazione di Carmignani et al., 2004, le strutture tardive vengono attribuite a meccanismi diversi rispetto a quanto visto precedentemente. In base ai caratteri delle pieghe D2 con vergenza opposta alle principali faglie ad alto angolo che bordano le Apuane, gli autori propongono un modello in cui faglie normali e pieghe sono in stretta relazione e si sviluppano quasi contemporaneamente (Figura 8). Quindi le pieghe D2 sono da mettere in relazione ad un evento di tettonica gravitativa indotta dall'uplift del footwall durante l'attività delle faglie normali. Inoltre attribuiscono a questo evento un'età Quaternaria, quindi più giovane rispetto ai 12 Ma precedentemente stimati.
Figura 5: schema tettonico della Toscana settentrionale con le strutture realizzate in seguito all'uplift del Quaternario (Carmignani et al., 2004).
Molli & Vaselli, 2006, attraverso lo studio sulle strutture, lo stile di deformazione e l'andamento di
interferenza, discutono in vario modo la storia di esumazione individuando che, le Alpi Apuane, rappresentano un esempio di deformazione medio-alto crostale contemporanea ai processi di
underplating ed esumazione in regime compressivo. Le diverse generazioni di strutture duttili,
osservabili nel settore orientale e riferite agli eventi D1 e D2, sono sin-orogeniche e registrano una storia di deformazione dove lo strain diventa sempre più coassiale con il tempo. Una componente di taglio semplice prevalente, domina la deformazione D1 ed è testimoniata dallo sviluppo di pieghe isoclinali fortemente non cilindriche (pieghe a guaina); ed una componente di taglio puro domina invece l'evento D2 che produce pieghe centrifughe rispetto al duomo di scistosità. La deformazione non-coassiale registra quindi l'accrezione al prisma delle unità metamorfiche attraverso processi di
underplating, mentre il regime coassiale è associato al raccorciamento verticale delle unità durante
il percorso di esumazione, quando nelle porzioni più profonde del prisma il processo di accrezione è ancora attivo.