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Capitolo Primo IL SISTEMA DELLE FONTI FISCALI EUROPEE

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Capitolo Primo

IL SISTEMA DELLE FONTI FISCALI EUROPEE

SOMMARIO:1. Introduzione. - 2. Il quadro normativo prospettato dai Trattati europei.

- 2.1. L’assenza di una potestà impositiva esplicita. - 2.2. La complementarietà della funzione fiscale rispetto all’azione doganale. - 2.3. Segue: e rispetto alla salvaguardia del mercato interno. - 2.4. Il carattere neutrale della fiscalità nei Trattati. - 2.5. Il coordinamento delle politiche fiscali alla luce della nuova governance economica europea e il ricorso alle fonti extra-ordinem (TSCG e ESM). - 3. I principi generali applicabili al settore fiscale. - 3.1. Il rango gerarchico dei Trattati nel sistema delle fonti. - 3.2. L’assenza di una Costituzione (fiscale) europea al vertice del sistema delle fonti. - 3.3. La supplenza dei principi generali contenuti nei Trattati. - 4. Il rilievo della fonte giurisprudenziale nella creazione del diritto fiscale. - 4.1. Lo stare decisis europeo. - 4.2. Il ruolo negativo svolto dalla CGUE: l’eliminazione delle diseguaglianze. - 4.3. Le più importanti sentenze in materia di fiscalità diretta. - 5. I più recenti provvedimenti in materia di fiscalità diretta. - 5.1. Il diritto derivato: la scelta della fonte. - 5.1.1. Le imposte sulle società: la Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB). - 5.1.2. Le imposte sulle persone. - 5.1.3 L’imposta sulle transazioni finanziarie: la cooperazione rafforzata, un esempio concreto di Europa a più velocità fiscali. - 5.2. Le fonti di soft law nel diritto europeo. - 5.2.1. L’inquadramento della categoria tra efficacia e vincolatività. - 5.2.2. La funzione preparatoria e di indirizzo in tema di lotta all’evasione e trasparenza fiscale: il Codice di condotta. - 5.2.3. Gli atti adottati dalla Commissione a partire dal 2012. - 5.3. Gli strumenti della cooperazione amministrativa. - 5.3.1. Lo scambio di informazioni: la Direttiva 16/2011/UE. - 5.3.2. La collaborazione tra Autorità Fiscali nazionali: il Regolamento 1286/2013/UE (Fiscalis 2020). - 5.4. Cenni in merito alle fonti extra-ue. - 5.4.1. La sfida fiscale a livello internazionale. - 5.4.2. The Base Erosion and Profit Shifting package: principali problematiche - 5.4.3. The Convention on Mutual Administrative Assistance in Tax Matters. - 5.4.4. Il coordinamento tra le iniziative adottate in sede OCSE e le azioni europee. - 6. Conclusioni.

1. Introduzione

L’analisi deve prendere avvio dalla ricostruzione del sistema europeo delle fonti attualmente vigente in ambito fiscale, al fine di verificare quali sono le norme che disciplinano il profilo impositivo, quali poteri esse attribuiscano agli organi europei e in definitiva, quale evoluzione abbia subito l’impostazione ideata, in origine, dai paesi fondatori. Tale punto di partenza si giustifica in base alla profonda influenza, che il sistema delle fonti esplica, in maniera immediata e diretta, sulla forma di Stato e sulla forma di Governo di un determinato ordinamento giuridico.

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È opportuno sin da subito rilevare alcune delle principali criticità, che l’interprete può incontrare ove intenda approcciarsi allo studio del sistema europeo, indossando gli occhiali dello studioso del diritto

pubblico e costituzionale nazionale, poiché il quadro europeo è dotato

di numerose peculiarità, che in alcuni casi creano delle dissonanze rispetto agli schemi ricostruttivi offerti dalla dottrina tradizionale. I Trattati sono stati strutturati in modo da assicurare ai paesi aderenti un riparto di competenze chiaro, offrendo loro reciproche garanzie di indipendenza e autonomia, per ciò che concerne gli ambiti esclusi dalla cooperazione, in ossequio al principio del regem superiorem non

reconoscentes. Sin dal 1957, si decise di offrire un’architettura

istituzionale fondata su una esplicita elencazione di materie, in modo che ogni Stato fosse messo in condizione di conoscere in anticipo gli ambiti che sarebbero stati oggetto di condivisione e conseguentemente, in modo da tenere sotto controllo il grado di sovranità che veniva di volta in volta ceduta all’organismo sovranazionale. La naturale refrattarietà degli Stati a cedere blocchi di competenze al buio, unita al rispetto del principio di legalità e di certezza del diritto, non avrebbero potuto consentire metodi alternativi, soprattutto se si pensa alla specifica fase storica nella quale il percorso di integrazione prese avvio. Un sistema così atteggiato avrebbe dovuto essere in grado di ridurre al minimo i rischi relativi agli straripamenti di competenza, garantendo il massimo rispetto delle prerogative nazionali. Eppure, anche un assetto così accuratamente progettato, non è andato esente da forzature, dimostrandosi più vulnerabile di quanto si potesse immaginare, prestando il fianco a un progressivo ampliamento dell’ingerenza europea, in materie formalmente non ricomprese nel novero dei Trattati. Gli esiti di una simile operazione, in alcuni casi, ha comportato effetti tutt’altro che deprecabili.

Tra le principali ragioni storiche che hanno consentito, recentemente, la perpetrazione di simili forzature, spicca decisamente la decennale situazione di crisi1 del sistema economico e finanziario, che ha imposto la predisposizione di misure coordinate e tempestive, basate su una regìa centralizzata, al fine di arginare le conseguenze negative per i sistemi nazionali. In altri termini, non potendosi concedere alle liturgie europee di concertazione, tutto il tempo di cui necessita la ricerca di un consenso ampio – spesso unanime -, sono state percorse strade alternative, fondate sostanzialmente sull’utilizzo di due metodologie, che non si escludono l’una con l’altra.

In primo luogo, si è fatto un uso più spregiudicato dell’interpretazione

estensiva, con riguardo al novero sia delle materie ricomprese

nell’elenco di quelle esclusive attribuite all’Unione, sia di quelle concorrenti, in modo da consentire un intervento diretto di matrice

1 IOANNIDIS M., Europe’s new transformations: How the EU economic

constitution changed during the Eurozone crisis, in Common Market Law Review, 2016, 1240.

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comunitaria in settori complementari, rispetto a quelli formalmente

richiamati in maniera tassativa.

In secondo luogo, si è assistito alla proliferazione di fonti – latu sensu -

atipiche, dovendosi ricomprendere in tale genus, sia quelle sconosciute

al diritto europeo, poiché non contemplate nell’art. 288 TFUE, sia quelle note - in quanto astrattamente prive di un’intrinseca efficacia vincolante o precettiva -, ma allo stesso tempo dotate di una pervasiva funzione di indirizzo, di stimolo o di coordinamento, per cui capaci di condizionare i legislatori nazionali.

Con riguardo alle ipotesi di interpretazione estensiva, ad esempio, si dovrà rilevare che, pur in assenza dell’esplicito richiamo nei Trattati ad una competenza impositiva in capo all’Ue, è stato comunque possibile adottare numerosi provvedimenti con ricadute fiscali2, in ragione della loro indiretta e strumentale incidenza rispetto alla materia della concorrenza e del funzionamento del mercato interno. Così facendo, la fiscalità ha assunto il ruolo di corollario della concorrenza3, nella misura in cui, i correttivi imposti dalle norme di rilevanza fiscale, hanno consentito di porre rimedio ad alcune anomalie, che impedivano il corretto funzionamento del mercato interno. Si pensi ad esempio all’eliminazione delle discriminazioni tributarie in ragione della nazionalità, oppure alle misure che hanno permesso di arginare i fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva fondate sui tax ruling4. Analogamente, sul versante del ricorso alle fonti atipiche, basterà ricordare il ricorso allo strumento del Trattato internazionale per la definizione di precisi vincoli di bilancio5, o ancora, alla creazione di una società di diritto lussemburghese per la gestione temporanea di un fondo salva Stati6. In entrambi i casi, il ricorso a strumenti

extra-ordinem è stato giustificato sulla base di ragioni emergenziali, che

imponevano la massima celerità, anche se – contemporaneamente - è sempre stato assunto l’impegno di regolarizzare quanto prima la situazione, tramite una normalizzazione normativa, capace di assorbire tali istituti all’interno del sistema ordinario 7 . Nelle more del

2 Infra, par. 5 e ss. 3

POLICE A., Tutela della concorrenza e pubblici poteri. Profili di diritto amministrativo nella disciplina antitrust, SCOCA F.G. - ROVERSI MONACO F. - MORBIDELLI G. (a cura di), Sistema del diritto amministrativo italiano, Giappichelli, Torino, 2007, 1-364.

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Per una disamina degli interventi posti in essere dall’Unione per reagire agli accordi fiscali segreti stipulati tra i Governi d alcuni Stati membri e note multinazionali, si rinvia supra, Cap. 2, par. 2.3.2.

5

Il richiamo è da intendersi al Trattato sulla Stabilità, Coordinamento e Governo dell’Unione (d’ora in poi TSCG) conosciuto come Fiscal Compact, che è stato stipulato da 25 Stati su 27, vista la mancata adesione del Regno Unito e della Repubblica Ceca. Infra, par. 2.5.

6 Il riferimento è allo European Financial Stability Facility (EFSF), creato il 9

Maggio 2010 con la finalità di preservare la stabilità finanziaria dell’Eurozona, offrendo sostegno finanziario agli Stati membri in difficoltà. Infra, par. 2.5.

7 In tal senso si esprime l’art. 16 del TSGC, ove prevede che entro cinque anni dalla

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recepimento, si è assistito a una Europa a due o – addirittura - a più

velocità, in base al numero di statuti normativi contemporaneamente

vigenti: vi erano gli Stati che appartenevano all’Unione, quelli facevano parte dell’Eurogruppo e quelli che avevano stipulato gli atti internazionali, alimentando così le asimmetrie e i disallineamenti normativi8.

Sull’altro versante, ossia quello delle fonti formalmente non vincolanti, il riferimento corre alla cospicua produzione di Comunicazioni, Risoluzioni, Libri Bianchi, Libri Verdi, Memoranda of Understatement, nonché a tutti gli altri atti, emanati al margine degli

incontri dell’Eurogruppo, o di intese politiche, oppure all’esito di Gruppi di lavoro o di Gruppi tecnici creati ad hoc su impulso delle Istituzioni europee, che hanno sempre più di frequente fornito indicazioni, alle quali gli Stati erano chiamati a conformarsi

spontaneamente. Le Istituzioni europee hanno iniziato, con una

frequenza crescente9, a fare ricorso a tali strumenti in materia fiscale, ponendo degli obbiettivi comuni, auspicando che la naturale convergenza dei paesi aderenti verso obiettivi condivisi, potesse consentire in una prima fase, un riavvicinamento volontario delle legislazioni, preparando contemporaneamente il campo ad una seconda fase, nella quale – eventualmente - adottare gli atti vincolanti10. In altri termini, in assenza del necessario consenso unanime, che avrebbe dovuto caratterizzare l’adozione di determinati atti formali, la Commissione – che è stata l’organo maggiormente attivo - ha proposto

europeo, sempre che vi sia una valutazione positiva in merito al l’esperienza maturata.

8 ZORZI GIUSTINIANI A.G., Parlamento Europeo e Parlamenti Nazionali nella

governance economica e finanziaria europea, in LANCHESTER F. (a cura di), Parlamenti Nazionali e Unione Europea nella governance multilivello, Milano, Giuffrè, 2015, 141.

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Nelle conclusioni si avrà modo di dare conto dei più recenti interventi operati negli ultimi due anni da parte soprattutto della Commissione, che in concomitanza con la firma della Dichiarazione di Roma, sottoscritta dagli Stati membri il 25 Marzo 2017, in occasione dell’anniversario dei sessant’anni del Trattato di Roma, ha avviato una riflessione approfondita sui principali temi che richiedono una riforma dell’approccio europeo, in chiave evolutiva. Si tratta dei seguenti documenti: Libro Bianco sul futuro dell’Europa, riflessioni e scenari per l’Ue a 27 verso il 2025, COM(2017) 2025 del 1° marzo 2017; Documento di riflessione sulla dimensione sociale dell’Europa, COM(2017) 206, 26 aprile 2017; Documento di riflessione sulla gestione della globalizzazione COM(2017) 240 del 10 maggio 2017; Documento di riflessione sull’approfondimento dell’Unione economica e monetaria COM (2017) 291 del 31 maggio 2017; Documento di riflessione sul futuro della difesa europea COM (2017) 315 del 7 giugno 2017; Documento di riflessione sul futuro delle finanze dell’Ue, COM (2017) 358 del 28 giugno 2017.

10 Un esempio di tale approccio, che sarà analizzato infra, al par. 5.2.2., ha riguardato

il c.d. Codice di condotta in materia di tassazione delle imprese introdotto dalla Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti di Governo degli Stati membri, a margine delle conclusioni della riunione del primo Dicembre 1997, che ha poi preparato il terreno per l’adozione della proposta di direttiva sulla Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB),inizialmente affidata alla Proposta di Direttiva 121-2011.

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agli Stati di convergere su determinate soluzioni, in virtù della indubbia utilità dei rimedi proposti, nella speranza di ottenere un adeguamento volontario.

Lo sfondo sul quale tutte le precedenti vicende si sono svolte, rimane quello di una struttura sovranazionale ancora prevalentemente dominata dal metodo intergovernativo, per cui molto sensibile –

rectius, vincolata - alle indicazioni politiche provenienti dai Governi

nazionali; per cui ogni forzatura è possibile, solo ove vi sia una precisa comunione di intenti che ne autorizzi, con riguardo ad un determinato momento storico, la concreta attuazione.

L’avvento di una delle peggiori crisi, dopo quella del 192911

, sembra aver consentito l’adozione di misure straordinarie, le quali hanno consentito un processo di riforma – ormai irreversibile - della

governance economica europea, che sino adesso è stato attuato a

Trattati invariati, ma che nel prossimo futuro richiederà l’avvio di una stagione riformatrice, ove non si intenda perdere l’opportunità di stabilizzarne i perfettibili effetti raggiunti sino adesso12.

Nel corso del primo capitolo si tenterà di analizzare in maniera sistematica il complesso delle fonti europee vigenti in materia fiscale, che appare alquanto atomizzato. La trattazione si ispirerà all’ordine derivante dal principio gerarchico, non senza i necessari adattamenti e correttivi, giustificati da un contesto anomalo.

Sul gradino più alto si trova il diritto originario contenuto nei Trattati, che si pongono come una fonte omnicomprensiva e autarchica: l’analisi si soffermerà sia sulle norme che sono esplicitamente dotate di una vocazione fiscale, sia su quelle che mostrano una indiretta capacità di influenzare gli aspetti rilevanti in materia. Come anticipato, il primo livello gerarchico sembra oggi essere stato affiancato dalle fonti

extra-ordinem che si sono occupate di integrare le modalità di

programmazione e di attuazione degli obbiettivi di governance. L’inquadramento dei Trattati su un piano quasi-costituzionale, o comunque più che primario, è stato avallato sia dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (d’ora in poi CGUE), che dai giudici nazionali, comportando una interpretazione del diritto derivato, alla luce dei principi generali ivi contenuti; tuttavia l’assenza di una Costituzione formale al vertice del sistema europeo, che fosse caratterizzata

11 CHITI M.P., La crisi del debito sovrano e le sue influenze per la governance

europea, i rapporti tra stati membri, le pubbliche amministrazioni, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., fasc. 1, 2013, 1-32; MICCÙ R., Economia e Costituzione. La costituzione economica nell’ordinamento composito europeo, Torino Giappichelli, 2011, 1 ss.; PACE L.F., La crisi del “sistema euro” (2009-2013): cause, fasi, players e soluzioni, in Scritti in onore di Giuseppe Tesauro, Napoli, Editoriale Scientifica 2014, 2135 ss.

12

ZORZI GIUSTINIANI A., La governance economica europea alla vigilia della ratifica del trattato costituzionale, COLOMBINI G. e NUGNES F. (a cura di), Istituzioni, Diritti, Economia. Dal Trattato di Roma alla Costituzione Europea, Pisa, Edizioni Plus, 2004, 169- 207.

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dall’enunciazione dei fondamentali principi fiscali (uguaglianza sostanziale, funzione redistributiva e sociale, capacità contributiva) ha causato delle conseguenze rilevanti, soprattutto per ciò che concerne il bilanciamento tra situazioni giuridiche contrapposte. In assenza di una gerarchia tra diritti, è emersa una sorta di equivalenza assiologica, nel contesto europeo, tra i diritti fondamentali dell’individuo e le libertà economiche, che non pare poter essere risolta neppure a seguito del rinvio operato dall’art. 6 TFUE alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Ue (CDFUe) e alla Convezione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo (CEDU)13

.

Si potrà verificare come tale lacuna sia stata in parte colmata dall’opera interpretativa portata avanti con coerenza e continuità dalla CGUE, che si è occupata prima di censire i diritti e le libertà contenuti nei Trattati e successivamente di attingere ai principi comuni alle tradizioni costituzionali dei paesi membri, per ampliare il margine della propria azione interpretativa. Il ruolo svolto dalle sentenze della CGUE, soprattutto per ciò che concerne quelle rese in sede di rinvio pregiudiziale, ha ormai assunto la valenza di una fonte primaria, in virtù dell’obbligo di conformazione al quale sono tenuti i giudici interni, nonché in ragione della stabilità che assumono i precedenti, nei confronti della giurisprudenza successiva, della Corte stessa.

I segnali più evidenti delle tensioni che il sistema sta vivendo si rendono più evidenti, qualora si scenda al livello delle fonti di diritto derivato: da una parte vi sono quelle adottate nel rispetto del riparto formale di competenza, con le quali però si azzarda spesso una forzatura dei limiti, tentando di dettare norme in materia di imposizione diretta, finalizzate a rafforzare la concorrenza; dall’altra parte, si assiste alla proliferazione delle fonti atipiche, dichiaratamente finalizzate ad aggirare i vincoli formali, nel tentativo di velocizzare i tempi e i modi della collaborazione.

La disamina si concluderà scendendo ancora, stavolta sino al contesto amministrativo, un altro ambito in cui l’Unione ha proposto misure di cooperazione sempre più stringenti e convincenti, in modo da realizzare sul piano secondario – nazionale – ciò che sino adesso non si è potuto raggiungere a livello primario – europeo -, ossia, una gestione coordinata delle misura fiscali, capace di provocare un’azione comune tra le pubbliche amministrazioni.

Infine, meriterà un cenno, il richiamo a quanto avviene a livello extra-europeo: in seno ad organizzazioni internazionali, quali l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), è in atto da tempo un’implementazione delle misure volte ad accrescere il livello di collaborazione fiscale tra gli Stati sovrani, nella consapevolezza che il problema della sottrazione delle risorse primarie

13 SEER R., Le fonti del diritto comunitario ed il loro effetto sul diritto tributario, in

DI PIETRO A. (a cura di), Per una Costituzione fiscale europea, Padova, Cedam, 2008, 31-53.

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a danno dei bilanci pubblici, è un problema planetario, che va combattuto coinvolgendo il maggior numero di attori possibili. Ne consegue una conferma della bontà delle iniziative adottate in campo europeo e contemporaneamente, anche l’esigenza di procedere a un più efficace coordinamento tra le iniziative, visto che molti degli Stati che aderiscono all’OCSE, fanno parte dell’Ue.

2. Il quadro normativo prospettato dai Trattati europei 2.1. L’assenza di una potestà impositiva esplicita

Il quadro normativo in ambito di aspetti impositivi, vigente, è sostanzialmente omogeneo a quello che fu sancito nel 1957 dai paesi fondatori14, visto che le modifiche che si sono succedute negli anni, non hanno mutato la concezione mercantilista, relativa al ruolo delle norme fiscali all’interno dell’Unione15

.

Sin dall’origine, l’imposizione fiscale è stata concepita come uno strumento di natura economica, teso a correggere le distorsioni della concorrenza, favorendo il libero scambio delle merci all’interno del mercato unico, senza che ciò presupponesse una visione solidaristica in chiave redistributiva. In tal modo, la fiscalità assumeva una funzione “negativa”, ossia finalizzata all’eliminazione degli ostacoli nei confronti del libero esercizio delle libertà fondamentali, legate alla circolazione di beni, persone, servizi e capitali.

Le finalità redistributive, che tipicamente connotano le politiche fiscali, venivano lasciate agli Stati membri, sia per quanto concerne l’ambito del riparto delle competenze, che in ragione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità.

Passando ad analizzare nel dettaglio il testo dei Trattati, si deve rilevare che il fondamento sul quale si ispira la loro impostazione, risiede in un formale riparto di competenza: esso si fonda a sua volta su un superiore principio di legalità formale, in base al quale, le funzioni attribuite all’organismo sovranazionale, nonché le modalità di

14 TESAURO G., Diritto dell’Unione Europea, Padova, Cedam, 2012, 160 ss.;

PREDIERI A., Il diritto europeo come formante di coesione e come strumento di integrazione, in Diritto dell’Unione Europea, 1996, 35 ss.

15

CANNIZZARO E., Il diritto dell’integrazione europea: l’ordinamento dell’Unione, Torino, Giappichelli 2014, passim; LUCIANI M., Gli atti comunitari e i loro effetti sull’integrazione europea, in AA.VV., L’integrazione dei sistemi costituzionali europeo e nazionali, in Atti del XX Convegno annuale. Catania, 14-15 Ottobre 2005, Padova, 2007, 330 ss; AUJEAN M., Le fonti europee e la loro efficacia in materia tributaria, tra armonizzazione, coordinamento e concorrenza fiscale leale, in DI PIETRO A. (a cura di), Per una Costituzione fiscale europea, Padova, Cedam, 2008, 9-29.

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esercizio delle stesse, devono essere dettagliatamente disciplinate. All’epoca della fondazione della Comunità, nel periodo storico post bellico, una simile garanzia appariva imprescindibile per consentire agli Sati di avviare gradualmente una collaborazione, che convergesse in maniera selettiva – solo - su alcune specifiche materie, non inficiando la loro sovranità complessiva.

Per tali ragioni gli artt. 1 e 2 TFUE ribadiscono tali concetti, stabilendo che tutte le norme relative al funzionamento dell’Unione siano –

rectius, debbano essere - rinvenibili nei Trattati, in modo da offrire

organicità e completezza alle fonti formali poste al vertice del sistema delle fonti europee e conseguentemente stabiliscano il margine di intervento dei vari attori, in relazione al tipo di competenza che viene in rilievo. È stabilito che nelle materie di competenza esclusiva, gli Stati possono solo intervenire per dare attuazione agli atti legislativi vincolanti adottati dall’Unione, oppure devono essere espressamente autorizzati all’intervento; ove è prevista una competenza concorrente, altresì, sia l’Unione che gli Stati sono autorizzati ad emanare atti giuridicamente vincolanti, ma questi ultimi possono farlo nella misura in cui la prima non abbia esercitato la propria potestà.

Sin da subito, il Legislatore europeo, consapevole della possibile frammentarietà insita nella suddivisione di competenze tra più soggetti, ha abilitato l’Unione ad agire con misure tese al coordinamento, al sostegno, nonché al completamento delle singole azioni poste in essere, sempre nel rispetto del quadro prospettato.

Una volta impostati i termini generali del riparto, si può passare a riempire di contenuto le previsioni, richiamando le specifiche materie coinvolte. Per quanto interessa, ai fini della presente trattazione, si evidenzia che né l’art. 3 (competenze esclusive dell’Ue), né l’art. 4 (competenze concorrenti), in combinato disposto con l’art. 616 (che elenca le materie in cui l’Ue esercita funzioni di completamento delle azioni statali) del TFUE operano alcun richiamo alla materia fiscale. Pertanto, il dato formale sembrerebbe impedire in maniera tranchant ogni tipo di elucubrazione in merito, non lasciando – apparentemente - alcun margine di intervento. Eppure, apparirebbe colposamente

superficiale arrestarsi al dato formale, poiché dalla lettura delle

competenze esplicite, nonché dalla analisi dei principi generali, emerge sin da subito che l’assenza formale di un riferimento alla fiscalità impositivo non è sufficiente a decretarne l’esclusione, poiché – come si vedrà - l’elencazione prospettata dagli artt. 3 e 4 la evoca, quasi che fosse un convitato di pietra. È necessario procedere ad una attenta disamina del combinato disposto che si occupa di richiamare le materie di competenza unionale, per comprendere come sia possibile rilevare -

16 Con riguardo all’art. 6 TFUE, si segnala al suo interno il richiamo alla cooperazione amministrativa, che sarà oggetto di approfondimento successivo. Infra par. 3.

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in via interpretativa – la materia fiscale, tra quelle oggetto di interesse europeo17.

Il primo settore di competenza esclusiva riguarda l’Unione Doganale, a cui fa seguito la definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno, nonché la politica monetaria18. A ciò si aggiunga, che l’elenco delle materie concorrenti si apre con un rinnovato riferimento al mercato interno, che però sembra voler essere mitigato dai successivi richiami alle politiche sociali (seppur limitatamente agli aspetti definiti nel Trattato e non in via generale), ed alla coesione economica, sociale e territoriale. Pertanto, emerge un coacervo di materie primariamente collegate al mercato, nelle quali però non può negarsi un ruolo, quanto meno indiretto, a quella fiscale, come dimostrato dalle successive norme specifiche. Inoltre, si permetta di anticipare sin da subito, la portata inclusiva svolta non solo dai principi di sussidiarietà e proporzionalità (art. 5 TUE), ma anche da quello di leale cooperazione (art. 4 TUE), i quali orientando

teleologicamente l’azione comunitaria, autorizzando a ricorrere agli

interventi in quegli ambiti complementari o strumentali, ove ciò sia necessario ad assicurare coerenza e organicità all’azione comune.

2.2 La complementarietà della funzione fiscale rispetto all’azione doganale

L’unione doganale è stata uno dei primi obbiettivi che i paesi fondatori si erano prefissati di raggiungere, in modo da potersi dotare di uno spazio di libero scambio privo di barriere, quale presupposto imprescindibile per la creazione di un mercato concorrenziale. L’importanza dell’obbiettivo è dimostrata anche dal fatto che lo si è inteso raggiungere addirittura in anticipo rispetto alla scadenza prevista; l’abolizione delle frontiere interne, a partire dal 1993, ha segnato la tappa finale del percorso iniziato nell’immediato dopoguerra19.

17 DELLA CANANEA G., Indirizzo e controllo della finanza pubblica, Bologna Il Mulino, 1996, passim; CASSESE S., La nuova costituzione economica, Bari, Laterza, 2012, passim; DELLA CANANEA G., Lex fiscalis, in Quaderni costituzionali, n. 1/2014.

18

GIOMI V - MERUSI F, Politica economica e monetaria, in GIOMI V - MERUSI F Trattato di diritto amministrativo europeo, Giuffrè, Milano, 2007, 1453- 1482.

19 Ripercorrendo le tappe principali di questa evoluzione, si possono ricordare le

seguenti date: nel 1944 il Belgio, i Paesi Bassi e il Lussemburgo hanno dato vita al primo esperimento, mediante la creazione dell’Unione doganale del Benelux, che entrò in vigore nel 1948. Nel 1951, la stipula del Trattato CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) tra i paesi del Benelux, la Francia, la Germania e l’Italia rappresentò l’inizio di un percorso di collaborazione che ebbe tra i suoi obbiettivi

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Innanzitutto si deve rilevare che la disciplina offerta alla materia doganale è di tipo fiscale classico: si attribuisce all’Unione il potere di stabilire un tributo valido su tutto il territorio europeo, che sarà riscosso dalle singole amministrazioni nazionali, che servirà a regolare gli scambi con i paesi terzi (art. 28 TFUE). Si tratta della tariffa

doganale, la cui disciplina è stabilita dal Consiglio su proposta della

Commissione (art. 31 TFUE), il cui introito rappresenta una delle principali, risorse proprie dell’Unione20. La Commissione è tenuta a esercitare il proprio potere al fine di permettere l’evoluzione del mercato interno, accrescendo le potenzialità delle imprese, garantendo loro l’approvvigionamento di materie prime e in ultima analisi ispirandosi a principi di crescita razionale ed equilibrata del commercio (art. 32 TFUE). Ciò significa che l’Unione è titolare della piena potestà impositiva doganale, del potere riscossivo, che esercita avvalendosi degli Uffici doganali dei singoli paesi. A tale scopo, si auspica l’implementazione della cooperazione doganale tra le singole amministrazioni, abilitando l’Unione a legiferare in merito, secondo la procedura ordinaria.

La materia è stata oggetto di una rinnovata attenzione per i problemi legati al terrorismo internazionale e all’imponente aumento dei flussi migratori, che hanno imposto di rivedere alcune delle modalità di attuazione. Di recente è entrato in vigore il nuovo Codice Doganale21, che al culmine di un percorso decennale ha posto le basi di una più

principali proprio l’ampliamento dei confini doganali, come ribadito dal Trattato di Roma del 1957, istitutivo della Comunità europea. Da quel momento in poi, il percorso registrò un’accelerazione e nel 1968 - in anticipo rispetto a quanto previsto - furono aboliti i dazi doganali negli scambi intracomunitari, fu istituita una tariffa comune per il commercio con gli altri paesi del mondo, fino a giungere al 1993, quando fu sancita la completa abolizione dei controlli alle frontiere. L’ampliamento dei confini doganali proseguì ininterrottamente coinvolgendo direttamente gli Stati che decisero di aderire all’Unione europea; inoltre fu oggetto di specifici accordi con alcuni Stati extra-Ue, tra i quali figurano, Andorra, San Marino, Monaco e Turchia. Per una disamina del sistema doganale europeo e una ricostruzione storica sull’evoluzione dello stesso, si permetta di rinviare a SIKERA A., L’evoluzione del sistema dei controlli in ambito portuale: verso lo sportello unico marittimo, in Colombini G. (a cura di), La riforma del sistema portuale, Napoli, Editoriale Scientifica, 2017 in corso di pubblicazione.

20 Il peso degli introiti derivanti dai dazi doganali, che all’origine rappresentava

l’entrata più sostanziosa, è progressivamente diminuito negli anni. La Commissione, pubblicando di recente il resoconti relativi ai bilanci degli ultimi sessant’anni ha evidenziato la seguente incidenza percentuale, rispetto al complesso delle fonti finanziarie disponibili: se a fine degli anni settanta i dazi incidevano per più della metà delle entrate (il 55 % nel 1978), successivamente il dato si è andato stabilizzando (il 17 % 1998, sceso poi al 16 % nel 2018). I dati sono forniti dalla Commissione, nella già richiamata COM(2017) 358 del 28 Giugno 2017. Per una analisi dettagliata delle voci del bilancio europeo si veda supra, Cap. 3, par. 2.2.2.

21 Il Codice doganale, adottato con il Reg. 2013/952/UE, è stato approvato al fine di

aggiornare il precedente Reg. 450/2008/CE che istituiva il Codice Doganale Comunitario (c.d. Codice doganale aggiornato), alle modifiche conseguenti all’adozione dei nuovi Trattati. Agli artt. 286 e seguenti è stata prevista l’entrata in vigore scaglionata per gruppi di disposizioni, prevedendo che il Codice giungesse a pieno regime, a partire dal 1° Giugno 2016.

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intensa collaborazione soprattutto tra le autorità nazionali, al fine di snellire i controlli e offrire una posizione di coordinamento ancora più centrale alle istituzioni europee, soprattutto in ragione del forte incremento agli scambi che ci si attende nei prossimi anni, nell’ambito dei trasporti marittimi.

Al fianco della disciplina positiva, che attribuisce la potestà all’Ue, sin da subito si richiama l’esplicito divieto imposto agli Stati, in merito alla predisposizione di ogni tipo di ostacolo alla libera circolazione, da intendersi ad esempio con riguardo alla predisposizione di dazi interni all’importazione o all’esportazione (art. 30 TFUE). È in questo contesto che il Trattato offre il primo richiamo alla disciplina fiscale, poiché viene specificato che il divieto vale anche nei confronti di tasse, o altri atti aventi valore equivalente e comunque contro ogni imposizione di carattere fiscale.

In questo passaggio si comincia a cogliere quale può essere l’inquadramento concesso alla materia fiscale: essa viene richiamata e disciplinata nella misura in cui essa in grado di risultare utile al raggiungimento di risultati ulteriori in ambito doganale22. Per cui la sembra prospettarsi una funzione servente, anziché autonoma, quale quella tipica (distributiva e redistributiva), che di solito le viene attribuita all’interno degli ordinamenti nazionali.

2.3. Segue: e rispetto alla salvaguardia del mercato interno

Una conferma del ruolo complementare della politica fiscale rispetto agli altri scopi primari elencati nei Trattati, si può cogliere durante la disamina delle norme che più da vicino si sono occupate di delimitare il nucleo essenziale della materia.

Si tratta di quanto contenuto nel Titolo VII, della Parte Terza del TFUE, ove trova dimora, tra le altre, la specifica disciplina sulla

Fiscalità. La struttura del Titolo appare costruita intorno all’esigenza

primaria di offrire una tutela forte alla libera concorrenza: il Capo

primo si premura di evitare - in maniera speculare – da un lato, le

aggressione che possono giungere da parte delle imprese private, dall’altro, quelle che possono provenire dalle politiche nazionali di sostegno all’economia.

La Prima Sezione si concentra sul divieto di conclusione di accordi anticoncorrenziali di ogni tipo (art. 101 TFUE) e di sfruttamento abusivo di posizione dominante (art. 102 TFUE).

22 Si ricordi che la materia fiscale e quella doganale afferiscono alla medesima

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L’emanazione degli atti vincolanti in materia è affidata alla procedura speciale di cui all’art. 103 TFUE, mentre la Commissione è individuata quale organo deputato a svolgere la funzione di vigilanza, attraverso il potere istruttorio - d’ufficio o su richiesta di uno Stato membro –, al fine di verificare le infrazioni e di predisporre le misure necessarie al ripristino della legalità.

La Seconda Sezione si occupa degli aiuti concessi dagli Stati, ove non siano fondati su ragioni non meritevoli di tutela. L’individuazione dei casi consentiti è operata in base a una elencazione esemplificativa (art. 107 TFUE), con una portata di interesse generale. Vi sono ricomprese ipotesi che rinviano a esigenze solidaristiche, quali ad esempio: le finalità di carattere sociale o assistenziale; gli interventi a seguito di calamità naturali o eventi straordinari; oppure gli interventi economici di tipo eccezionale, quali quelli in zone economicamente depresse, o caratterizzate da una endemica sottoccupazione, o ancora, nei casi di gravi turbamenti dell’economica. Anche in questo settore la vigilanza e l’interlocuzione con gli Stati membri – sia in ambito istruttorio che sanzionatoria - è affidata alla Commissione, la quale, in caso di mancata conformazione spontanea da parte del paese interessato, potrà adire la CGUE.

Il potere di verificare la congruità delle deroghe è lasciato al Consiglio, sia per quanto concerne la previsione di ulteriori ipotesi di carattere generale, da aggiungere al novero di cui all’art. 107 TFUE, sia per ciò che concerne l’autorizzazione di un singolo aiuto, mediante un voto unanime (art. 108 TFUE).

La disciplina si chiude con il rinvio all’adozione di successivi atti, i quali dovranno dettagliare le modalità di intervento della Commissione e indicare le categorie di aiuti che saranno dispensate dalla procedura23.

23 In precedenza la disciplina era stata dettata dal c.d. pacchetto “Monti” adottato nel

luglio 2005. A partire dal 31/01/2012 è in vigore il nuovo pacchetto di norme che disciplina gli aiuti di Stato per quanto concerne l’erogazione dei SIEG, ossia i servizi di interesse economico generale. La riforma ha esaltato il ruolo della Commissione per ciò che concerne il c.d. potere di chiarificazione, che le consente di offrire tutte le spiegazioni necessarie in merito; inoltre è stato inaugurato un approccio diversificato e proporzionato che tiene conto delle differenze sostanziali tra i vari tipi di servizi offerti. Il pacchetto si compone di: una Comunicazione che fornisce tutte le indicazioni di carattere generale, recependo la maggior parte della giurisprudenza comunitaria prodotta sotto la vigenza della precedente normativa; una decisione di esenzione che indica i casi esclusi dalla disciplina e fissa la nuova soglia di esenzione è fissata a 15 milioni di euro l'anno; una nuova disciplina per le compensazioni; e infine di un regolamento c.d. “De minimis”. Per ogni approfondimento si rinvia www.ec.europa.eu. Tra i più recenti interventi in materia, si segnalano il Reg. 2015/1588 sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali e il Reg. 2015/1589 recante modalità di applicazione dell'articolo 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, i quali hanno trovato attuazione nel nostro ordinamento con il Decreto 115 del 31 maggio 2017 del Ministero dello Sviluppo

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La disciplina prettamente fiscale è introdotta solo a questo punto, ovvero dopo che sono stati definiti puntualmente i paletti relativi alla salvaguardia della concorrenza.

La disposizione che apre il Capo Secondo è emblematica, poiché esprime con chiarezza la funzione strumentale e negativa attribuita alla fiscalità, dal Legislatore europeo.

L’art. 110 TFUE si presenta come una specificazione del principio di

non discriminazione delle merci in base alla nazionalità, al fine di

evitare che la concorrenza nel commercio transfrontaliero sia falsata da condotte protezionistiche. In altri termini, viene sancito il divieto di applicare qualsivoglia imposizione interna - diretta o indiretta -, che sia in grado di condizionare le scelte del consumatore, orientandolo verso l’acquisto di un prodotto nazionale, rispetto all’omologo europeo. Parimenti, si afferma che non può essere concesso alcun ristorno da parte delle imposizioni interne, ai prodotti esportati (art. 111 TFUE)24. Tale impianto normativo permette di svolgere due considerazioni: in primo luogo, si rileva la sintonia della norma, rispetto a quanto analizzato con riguardo agli articoli precedenti, poiché tende a completare la suddetta disciplina, prevedendo una specifica tutela avverso le aggressioni, residuali, ovvero quelle che non giungano in via diretta, né da un comportamento di privati attori del mercato, né da specifiche misure di aiuto statale. Si tratta ad esempio delle ipotesi relative a discipline generali astratte, che abbiano l’effetto involontario o indiretto di colpire degli operatori commerciali, in ragione della nazionalità. In secondo luogo, trova conferma l’impostazione generale già rilevata in ambito doganale, poiché il divieto di misure protezionistiche non è altro che una delle conseguenze che deriva dalla creazione di uno spazio di aperto di libero scambio, nel quale le frontiere sono state spostate all’esterno.

Il Capo si chiude con il conforto offerto dall’art. 113 TFUE, che autorizza l’adozione delle misure necessarie all’armonizzazione delle legislazioni nazionali, con specifico riguardo alle sole imposte

indirette, tra cui si enumerano esplicitamente quella sulla cifra di affari

e quella sui consumi. L’adozione delle disposizioni in esame è subordinata al rispetto di un duplice vincolo, sia formale che procedurale: il Consiglio dovrà deliberare secondo una procedura speciale all’unanimità, che oltre al coinvolgimento del Parlamento Europeo, prevede anche quello del Comitato Economico e Sociale; l’intervento è autorizzato solo nella misura in cui ciò sia necessario a garantire il funzionamento del mercato interno eliminando le

Economico, recante la disciplina per il funzionamento del Registro nazionale degli Aiuti di Stato, ai sensi dell’art. 52 comma 6 della L. 234/2012.

24

Tale aspetto, in base all’art. 112 TFUE, può essere derogato, per ciò che concerne le imposte diverse da quelle indirette (ossia sul consumo, o sulla cifra di affari) solo ove sia stata deliberata dal Consiglio su proposta della Commissione, una moratoria per un lasso di tempo delimitato.

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distorsioni alla concorrenza. Resta ferma, l’esclusione della armonizzazione delle imposte dirette: ciò si spiega nella misura in cui si ricorda che l’intervento fiscale era nato per correggere le antinomie derivante dagli scambi all’interno del mercato doganale unico; si pensi al caso dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), la cui disciplina è stata armonizzata e ha permesso di sottoporre ad un trattamento fiscale omogeneo i beni e i servizi scambiati e resi in tutto il territorio europeo25.

Ebbene il quadro appare ormai ben delineato nei suoi tratti essenziali: nella materia impositiva non emerge una competenza esplicita, piena e diretta di tipo fiscale, la quale però non è del tutto estranea al sistema europeo. Essa semmai appare relegata ad una funzione complementare, o se si preferisce, subalterna, rispetto all’obbiettivo primario, che consiste nella creazione, nella salvaguardia di un mercato interno fondato sul rispetto ferreo delle regole concorrenziali.

In coerenza con quanto rilevato, non sembrano adottabili atti unionali di diritto derivato, dotati di quella finalità redistributiva tipica, che connota le misure fiscali all’interno degli ordinamenti nazionali; pertanto appare necessario verificare quali siano le norme di carattere generale che consentono un intervento – seppur indiretto – in ambito fiscale, nonché quale sia, in ultima analisi, la finalità ultima, perseguibile mediante l’esercizio della funzione.

25 Ad oggi si stima che la disciplina in materia IVA sia armonizzata per oltre l’80%.

L’interpretazione uniforme, in materia, è garantita dall’opera incessante della CGUE, ma anche dai giudici nazionali, chiamati in prima linea a difendere le risorse dell’Unione dalle numerose frodi perpetrate in materia. Per ciò che concerne la Lotta Antifrode, si può rinviare al ruolo svolto da OLAF, l’Organismo europeo che ha la funzione di coordinare la repressione (si vedano le Decisioni: 352/1999; 478/2013; 512/2015). L’Organismo ha la competenza di indagine, mediante il ricorso a numerosi strumenti istruttori, con particolare attenzione alle indagini interne, a quelle esterne, all’accesso e allo scambio di informazioni (si vedano in merito i Regolamenti: 883/2013; 2030/2016; le Linee Guida sulle procedure di investigazione dell’1/10/2013). Inoltre esso si avvale delle Convenzioni per combattere la frodi e la corruzione, adottate a livello europeo con le altre Istituzioni e con gli Stati membri, al fine di armonizzazione il diritto penale nazionale. Negli ultimi anni OLAF ha instaurato stretti rapporti con altre Istituzioni europee e nazionali, tra cui spiccano quelli con le Corti dei Conti nazionali, la Corte dei Conti Europea e con la Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Ulteriori spunti in merito alla salvaguardia della risorse proprie sono rinvenibili da ultimo, nella sentenza della CGUE (C-105/14 Taricco e altri, relativa ad un caso di frode IVA, che ha provocato la possibile attivazione dei contro-limiti, da parte del nostro ordinamento. Si rinvia alla recente ordinanza n. 24 del 26/01/2017 che ha stabilito il rinvio pregiudiziale operato dalla Corte Costituzionale italiana.

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2.4. Il carattere neutrale della fiscalità nei Trattati

Il Titolo VII si conclude con un Capo dedicato al riavvicinamento delle legislazioni, necessario al raggiungimento degli obbiettivi primari enunciati sino qui, orientato all’instaurazione e al funzionamento di un mercato, al cui interno deve essere assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Tale finalità deve essere perseguita adattando la normativa prevista in tutti gli altri ambiti, quasi come se la superiorità assiologica del mercato interno, permettesse l’asservimento di tutti gli altri settori. Inoltre, vista l’ampiezza delle competenze attribuite all’Unione, considerata la necessità di superare le incertezze insite in un riparto, le cui materie non hanno dei confini ben definiti, l’art. 114 TFUE – non senza le dovute eccezioni - autorizza le Istituzioni ad avvalersi della procedura ordinaria26 per favorire la convergenza del diritto positivo di ogni Stato membro, verso il raggiungimento dell’obbiettivo comune, in ambito

legislativo, regolamentare e amministrativo. Oltre ad alcune materie

legate soprattutto a ragioni di ordine pubblico, che sono identificate in via indiretta27, resta esclusa dall’armonizzazione in modo esplicito, proprio l’ambito delle disposizioni di carattere fiscale. Tale esclusione sembrerebbe negare quanto visto fino ad ora, impedendo ogni intervento anche solo indirettamente connotato da ricadute fiscali. E invece, l’articolo successivo pare immediatamente correggere la portata, premettendo la possibilità, stavolta con una procedura legislativa speciale, di intervenire anche in materie diverse da quelle precedenti, purché siano in grado di esplicare una influenza indiretta sull’instaurazione e sul funzionamento del mercato interno.

Ebbene, proprio l’art. 115 TFUE, chiudendo il cerchio di quanto visto sino ad ora, è stato individuato come la principale base normativa per consentire, seppur in via indiretta e mediata, di trovare un fondamento ad una potestà fiscale impositiva, particolarmente atteggiata.

26 Analogamente, sempre mediante la stessa procedura ordinaria, è consentito al

Parlamento Europeo e al Consiglio di attivarsi di iniziativa, ove ritengano che sia opportuno evitare la permanenza di disposizioni in grado di creare una disparità tale tra legislazioni, le quali siano in grado di falsare la concorrenza, sempre che la questione non sia stata risolvibile in maniera amichevole, grazie all’intervento della Commissione (art. 116 TFUE).

27 È interessante richiamare quali sono le ragioni che giustificano la deroga, che

rientrano nel genus ampio della sicurezza e dell’ordine pubblico, poiché offrono una interessante panoramica delle esigenze contrapposte che consentono di effettuare un bilanciamento delle esigenze sovrane con le ragioni del mercato interno. Le motivazioni sono sostanzialmente quelle richiamate nell’art. 36 TFUE, ossia la moralità pubblica, l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza, la tutela della salute e della vita di persone e animali, la tutela dei lavoratori, la tutela dell’ambiente e la preservazione delle specie, la tutela del patrimonio artistico, storico, archeologico, la tutela della proprietà industriale. Allo stesso modo, è possibile apporre alle misure in oggetto, delle clausole di salvaguardia contenenti le misure provvisorie per evitare lesioni agli stati membri (ultimo paragrafo dell’art. 114 TFUE).

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Ciò consente di giungere alle prime considerazioni in merito al sistema formale delle fonti fiscali.

Emerge un distacco chiaro rispetto alla concezione tradizionale della fiscalità impositiva in termini solidaristici e redistributivi, chiaramente evidenziata dall’assenza di un richiamo esplicito negli articoli relativi al riparto di competenza; ma non solo: una chiara conferma proviene dall’esclusione espressa che l’art. 114 TFUE effettua, al secondo paragrafo, nei confronti delle “disposizioni fiscali”, proprio con riguardo alle materie in cui è imposto il riavvicinamento delle legislazioni. Tale esclusione fa riferimento, ed ha ad oggetto però, la fiscalità intesa in termini tradizionali, così come è conosciuta all’interno degli ordinamento nazionale. Invece, l’art. 115 TFUE sembra fornire una apertura, per quanto concerne quella fiscalità complementare e strumentale, con riferimento al significato già emerso durante l’analisi dell’Unione Doganale e delle regole di concorrenza. Si tratta di una fiscalità svuotata dei suoi significati intrinseci, ma

etero-diretta in senso finalistico, in ultima analisi teleologicamente

orientata al mercato. Per tale ragione è stata imposta la regola dell’unanimità, poiché altrimenti si sarebbe perpetrata una violazione inaccettabile nei confronti della sovranità nazionale.

Nel confronto tra le norme richiamate, merita una breve riflessione, l’individuazione delle sfumature letterali che discendono dai riferimenti alla armonizzazione e al riavvicinamento. La questione, in ordine alla corretta codificazione dei termini, nasce dal confronto tra gli artt. 113 e 114 TFUE, che, per le ragioni già indicate, paiono rivolgersi ad ambiti di intervento differenti: mentre l’art 113 TFUE si riferisce alla armonizzazione delle imposte indirette finalizzate alla instaurazione e al funzionamento del mercato interno, mediante una procedura legislativa speciale, l’art. 114 TFUE – contenuto in un capo che espressamente rinvia al riavvicinamento delle legislazioni - rimanda ad una procedura ordinaria, che dovrebbe consentire la convergenza delle normative nazionali, sempre per raggiungere il medesimo scopo. Prima facie, i due ambiti sembrerebbero divergere, quanto meno sotto un punto di vista procedurale; però l’art. 114 TFUE richiama nel suo corpo (paragrafi 4 e seguenti) il concetto di armonizzazione, facendo sorgere il dubbio che possa trattarsi di una modalità di attuazione del riavvicinamento stesso. Quanto rilevato parrebbe far deporre per una sostanziale coincidenza tra i due termini. Una conferma si riceve dalle riflessioni svolte da parte della dottrina tradizionale28, la quale ha preferito concentrarsi sulla distinzione tra

armonizzazione e coordinamento delle politiche fiscali, intendo con la

28 AUJEAN M., Le fonti europee e la loro efficacia in materia tributaria, tra

armonizzazione, coordinamento e concorrenza fiscale leale, in DI PIETRO A. (a cura di), Per una Costituzione Fiscale Europea, op.cit., 23 ss; CANEPA A., Lo spazio giuridico europeo, in COLOMBINI G e NUGNES F (a cura di), Istituzioni,Diritti, Economia. Dal Trattato di Roma alla Costituzione Europea, Pisa, Edizioni Plus, 2004, 147-168.

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prima, l’adozione di un insieme di norme comuni da trasferire nei singoli ordinamenti (come ad esempio è stato fatto per l’IVA) e con la seconda, invece, un intervento che non è in grado di incidere direttamente sulle norme nazionali, ma che tende a rendere omogene le legislazioni dei vari Stati, nel rispetto delle finalità contenute nei Trattati. Pertanto se nel primo caso – armonizzazione - è necessaria l’adozione di atti precettivi da parte del Consiglio o del Parlamento Europeo, nel secondo caso – coordinamento -, può essere sufficiente l’adozione di atti di soft law, ai quali gli Stati potranno adeguarsi. Per completezza, infine, deve richiamarsi anche l’art. 352 TFUE, tra le norme che apparentemente potrebbe rendere possibile l’adozione di misure di natura latamente fiscale. Al primo paragrafo, con una norma che potremmo definire di chiusura, l’art. 352 TFUE autorizza il Consiglio, mediante una procedura speciale (all’unanimità) ad adottare le disposizioni necessarie alla realizzazione degli obbiettivi contenuti nei Trattati, ove non siano stati previsti i corrispondenti poteri. In realtà, per quanto riguarda la materia oggetto della presente ricerca, la previsione sembra coincidere con quella già contenuta nell’art. 115 TFUE, che in base al principio di specialità dovrebbe prevalere, escludendo che possa farsi ricorso alla norma generale.

Come è stato acutamente rilevato in dottrina, i Trattati hanno innovato il significato storico della funzione impositiva, aggiungendovi l’accezione legata alla neutralità economica, intesa come riduzione ed

eliminazione degli ostacoli al corretto funzionamento del mercato concorrenziale. Gli interventi fiscali non preludono e non perseguono

un determinato modello di Stato sociale, ma si premurano solo di rendere asettico il mercato, al fine di permettere alle forze che vi operano di ricercare autonomamente il naturale equilibrio, il quale sarà capace di assicurare uno sviluppo sostenibile e armonioso, una crescita economica equilibrata, in un contesto competitivo, che tenderà, in linea con gli obbiettivi indicati nell’art. 3 del TUE, alla stabilità dei prezzi, alla piena occupazione29.

La conferma di tale impostazione è desumibile in primo luogo da alcune norme specifiche contenute nel Trattato, nonché, in secondo luogo, dalla produzione di diritto derivato relativo all’imposizione fiscale diretta30.

Rientrano nella prima categoria, le norme in tema di protezione dell’ambiente e di miglioramento dell’efficienza energetica. Si mostra di essere consapevoli delle potenzialità che la leva fiscale dimostra di

29

Su tali riflessioni si rinvia a GALLO F., Le ragioni del fisco. Etica e giustizia nella tassazione, Bologna, Il Mulino, 2007, 13.

30 Alcune importanti conferme a tali riflessioni, si potranno ricavare a seguito

dell’analisi dell’impostazione offerta al tema, da parte della giurisprudenza della CGUE, che sin dagli anni sessanta ha confermato la concezione della fiscalità, intesa a eliminare le differenze e le discriminazioni, piuttosto che a creare un sistema positivo e omogeneo. L’analisi della giurisprudenza della CGUE in materia fiscale sarà affrontata infra, par. 4.3.

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possedere, quando si tratti di orientare i comportamenti virtuosi, indirizzando le azioni degli operatori del mercato; pertanto si autorizza l’Unione all’adozione di misure di natura fiscale, che abbiano l’effetto di raggiungere gli obbiettivi di salvaguardia, purché sia rispettata la procedura dell’unanimità31

.

Tra le principali norme di diritto derivato, che hanno ricavato dall’art. 115 TFUE, la propria legittimazione ad intervenire in ambito di imposizione diretta, si possono ricordare la Direttiva “madre-figlia”, quella sulle fusioni, entrambe originariamente emanate nel 199032. Tra le norme che invece non sono più in vigore, vale la pena ricordare la disposizione che era stata prevista dall’art. 293 TCE33, la quale, pur dimostrando una certa potenzialità di intervento in ambito fiscale, non è stata trasfusa nel nuovo TFUE. Il testo prevedeva la possibilità per gli Stati di stringere accordi tesi a stimolare il commercio transfrontaliero, evitando la doppia imposizione. In definitiva la suddetta norma prevedeva l’attuazione di una convergenza normativa in chiave di tutela personalistica, tesa al raggiungimento di accordi per garantire ai cittadini e alle società una certa uniformità di disciplina, finalizzata a rafforzare la libera circolazione. Secondo alcuni autori, l’art 293 TCE (ex art 220), poneva un’obbligazione di mezzi34

. Il dibattito, relativo alla individuazione delle ragioni che ne hanno determinato la mancata riproposizione nel Trattato di Lisbona, non pare ancora sopito: da una parte, l’esclusione potrebbe essere imputata all’avvenuta approvazione di numerosi strumenti bilaterali tesi a evitare le doppie imposizioni, facendo così venir meno la necessità stessa della previsione; di contro però, si potrebbe rilevare anche la

31 Si consulti, rispettivamente, l’art. 192 TFUE, paragrafo 2 lettera a), per la materia

ambientale e l’art. 194 TFUE, paragrafo 3, per ciò che concerne l’ambito energetico.

32 Il riferimento va ai testi attualmente vigenti, ossia alla Direttiva 2011/96/Ue

concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, che contiene la rifusione di tutti i precedenti testi e si apre con il richiamo all’art 115 TFUE; la Direttiva 2009/133/CEE relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale di una SE e di una SCE tra Stati membri, che nella versione consolidata richiama il vecchio art. 94 TCE, che conteneva lo stesso testo dell’attuale 115 TFUE. Per la disamina dettagliata dei principali provvedimenti di diritto derivato adottati, si rinvia infra, par. 5.1.

33 L’articolo 293 era contenuto nella Parte Sesta, tra le Disposizioni generali e finali,

recitava: “Gli Stati membri avvieranno fra loro, per quanto occorra, negoziati intesi a garantire, a favore dei loro cittadini: la tutela delle persone, come pure il godimento e la tutela dei diritti alle condizioni accordate da ciascuno Stato ai propri cittadini, l'eliminazione della doppia imposizione fiscale all'interno della Comunità, il reciproco riconoscimento delle società a mente dell'articolo 48, comma secondo, il mantenimento della personalità giuridica in caso di trasferimento della sede da un paese a un altro e la possibilità di fusione di società soggette a legislazioni nazionali diverse, la semplificazione delle formalità cui sono sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie e delle sentenze arbitrali.”

34 Si veda in merito MARCHESSOU P., Diritto tributario europeo e diritto

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19

volontà di azzerare ogni spazio residuale alla possibile adozione di strumenti di concertazione fiscale. Resta però da notare, che la norma in questione, non aveva mai goduto di un’attuazione esplicita, poiché era stata relegata su un piano programmatico, priva di qualsiasi portata immediatamente precettiva35.

L’esaltazione della funzione neutrale, che la fiscalità ha assunto nel contesto europeo, secondo una parte della dottrina non dovrebbe condurre in automatico alla conclusione secondo cui “l’impostazione

di fondo dei trattati europei è fideisticamente liberista36”, ma starebbe

semplicemente a significare che la funzione primaria viene identificata nella regolamentazione del mercato, che “solo in via sussidiaria e

successiva” può essere utilizzata “per rimediare agli insuccessi prodotti dal mercato37”.

2.5. Il coordinamento delle politiche fiscali alla luce della nuova governance economica europea e il ricorso alle fonti extra-ordinem (TSCG e ESM)

Le peculiarità che caratterizzano la funzione fiscale all’interno dell’Unione trovano una conferma a seguito dell’analisi delle norme che afferiscono alla nuova governance fiscale in senso ampio, che sono state modificate e integrate negli ultimi anni, per rispondere con tempestività alla crisi finanziaria scoppiata nel 200738.

L’Unione si caratterizza per essere una aggregazione sovranazionale alla quale partecipano gli Stati, in qualità di contribuenti primari, visto che i cittadini non partecipano direttamente alla raccolta delle risorse. Al di là della formula enfatica richiamata nell’art. 311 TFUE, il bilancio europeo dipende solo in minima parte dalle risorse proprie

35

MARCHESSOU P., Le conseguenze fiscali del Trattato di Lisbona, in Rass. trib., 2010, 598.

36 BIZIOLI G. Il processo di integrazione dei principi tributari nel rapporto fra

ordinamento costituzionale, comunitario e diritto internazionale, Bergamo, Cedam, 2008, 107 ss.

37 BIZIOLI G. Il processo di integrazione dei principi tributari nel rapporto fra

ordinamento costituzionale, comunitario e diritto internazionale, op.ult.cit.

38

RIVOSECCHI G., L’indirizzo politico finanziario tra costituzione italiana e vincoli europei, Padova Cedam, 2007, passim; PISAURO G., La regola costituzionale del pareggio di bilancio e la politica fiscale nella Grande recessione: fondamenti teorici e pratici, in Atti del seminario su La nuova governance europea. Fiscal pact, cornice europea e modifiche costituzionali in Italia: problemi aperti e prospettive, Luiss Guido Carli, 9/11/2012; ZORZI GIUSTINIANI A., La governance economica europea alla vigilia della ratifica del trattato costituzionale, COLOMBINI G. e NUGNES F. (a cura di), Istituzioni, Diritti, Economia. Dal Trattato di Roma alla Costituzione Europea, Pisa, Edizioni Plus, 2004, 169- 207.

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propriamente intese, che si sostanziano nei prelievi agricoli e nei dazi doganali; per il resto, sono gli Stati a fornire le rimesse in base ad un meccanismo che ha quale parametro principale il prodotto nazionale lordo (PNL)39.

Allo stesso tempo, ormai si deve ammettere che, il luogo in cui vengono discusse e assunte le principali decisioni relative agli indirizzi di bilancio che connotano la politica fiscale dei singoli Stati membri, è proprio la sede europea40.

Il ciclo di bilancio nazionale ha da sempre rappresentato uno dei momenti cruciali all’interno del rapporto democratico tra cittadini e istituzioni, poiché è in tale momento che vengono assunte le decisioni sul reperimento e sulle modalità di spesa delle risorse pubbliche41. L’evoluzione degli ultimi anni, ha mostrato un tendenza all’avocazione in sede europea, della maggior parte del peso decisionale afferente il ciclo di bilancio, mediante un processo che ha in gran parte svuotato la sovranità fiscale dei singoli Stati, riducendo lo spazio di intervento concesso alle assemblee parlamentari nazionali. Volendo mutuare le categorie del diritto pubblico interno, oggi giorno, in materia fiscale, può riconoscersi agli Stati un potere formalmente sovrano, ma

sostanzialmente europeo. Ne emerge un quadro ancora troppo

sbilanciato sul metodo intergovernativo, che rischia di lasciare ai margini la rappresentanza democratica42.

Si rileva una accentuata disomogeneità tra la gestione delle entrate e quello delle uscite, poiché le due fasi risultano gestite in modo differente, da soggetti giuridici non coincidente. Tutto ciò avviene, a causa del fatto che l’Unione non è dotata di una autonoma potestà impositiva, per le ragioni sommariamente analizzate43; ciò comporta l’assenza di una competenza esplicita in materia, fa discendere quella concezione della fiscalità come servente, rispetto alla concorrenza. L’impostazione che ha caratterizzato i Trattati si fondava primariamente sull’accentramento della politica monetaria, finalizzata alla stabilità dei prezzi, alla quale avrebbe dovuto fare seguito una crescente condivisione delle politiche economiche e finanziarie.

39 La disamina delle modalità di calcolo relative al bilancio europee, la sua

composizione, nonché le modalità di approvazione saranno diffusamente affrontate infra, Cap. 3, par. 2.

40

AZOULAI L., POIARES MADURO M., DE WITTE B., CREMONA M., HYVARINEN A., KOCHAROV A., ADBALLAT A., Another legal monster? An EUI debate on the fiscal compact Treaty, European University Institute, Department of law, in www.cadmus.eui.eu.

41

MORGANTE D., Note in tema di “Fiscal compact” in Federalismi.it, n.7/2012; DI MARIA R. – GENNARO G., La piattaforma normativa della Governance economica U.E.: natura giuridica e rilevanza, a livello interno dei vincoli europei alla finanza pubblica. Un’ipotesi ricostruttiva, in www.Forumcostituzionale.it, maggio/2012;

42 Per ciò che concerne il ridimensionamento del ruolo delle assemblee parlamentari

nel moderno assetto istituzionale, si veda infra, Cap. 2, par. 3.

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