PAROLE FRA NOI
CARMINE LUBRANO LETANIE VIRALI 1
Letania di agosto
amici miei cari compagni musici e poeti perché solo (o quasi) mi avete lasciato a lottare contro le streghe de Beneviento e ‘nmieze a ll’acqua e a lu viento
e tra polverosi scaffali con assenze indecenti in queste vuote stanze vuote
e la tua prima lavatrice Adriano è stata ormai rottamata
indifeso mi avete lasciato tra Michele Zarrillo e la donna cannone il fenomeno da baraccone l’altra sera ricordavo Filippo (Bettini)
che spesso diceva: non riesco a decidermi se Lubrano è più bravo in cucina o nei versi ed intanto si beveva e le bottiglie vuote
diventarono sei quel giorno prima della sua partenza per la Sicilia
poi ci fu quella sfida famosa tra Gino e Filippo con le mozzarelle di bufala dopo e prima
che all’acropoli
e famoso negli anni ottanta e novanta (come cuoco e come poeta) lo stavo diventando davvero e con il Lab-Oratorio il numero dieci e le dieci poetesse dieci e più volte al Costanzo show
e quella antologia i poeti contro i berlusconi gli articoli a piena pagina su Repubblica
su Liberazione il Mattino L’Unità ed il Corriere e giravo per Piazza Navona tra Ferreri
e ragazze arrivate in ferrari a Milano i teatri erano pieni
e così che un po’ troppo ingombrante
per amici e parenti per politici corrotti e potenti e tra grandi imbecilli e mediocri e ostinati giurati sono stato amato ed odiato
perché ho pubblicato con Scheiwiller perché ho vinto il Premio Feronia per i miei percorsi perVersi e perché Sanguineti
e tentarono in molti troppi a lasciarmi da solo ma solo non lo sono mai stato
sono stato odiato ed amato
e sono arrivato fino a qui qualcuno dice
ormai poeta laureato ( e con i premi alla carriera poetica ) ma continuo a pisciare nei prati
continuo nudo a mostrarmi
dovrei scrivere mi dicono per così dire un romanzo di quelli col morto col botto con il commissario
ed il tiramisù per scalare le classifiche fare il firmacopie nelle librerie complimentarmi con le scollature delle signore rifatte e pronte semmai a farsi masturbare nei cessi nei retrobottega
ma tutto questo non mi compete
ho voglia di scrivere ancora con le metastasi della parola e che le cozze che oggi ho mangiato erano buone
e perché ancora ti sogno nel tinello come in un bordello come la Sandrelli
come ancora canto di tanto e nel PoemAverno e scriverei clitoletanie per te seduta sul bidet di un albergo di periferia
e ti vorrei amare qui in questo Salento
ti vorrei amare e senza la paura di invecchiare senza lavarmi le mani le labbra la barba e mangiare pane e burro col sapore di . . . sale e così sono stato amato da santi e mariuoli da regine mignotte e mignotte regine ho attraversato cunicoli e grotte infernali
futuriste piedigrotte e portoni barocchi
mi sono salvato dai roghi a cui ero stato condannato e dal canto di sirene silenti ho pianto
ho gridato ho bestemmiato e possibilmente ululato ma sono poi ritornato alla vita
ed eccomi qui ancora come in una nota canzone da istrione napoletano
tra di voi quattro spettatori ed il genio si vedrà
si vedrà
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Letania del 4 agosto
la copertina cartonata con la mosca ed il culo e sono ancora qui a Roca e come in quel libro scritto dieci anni fa dieci anni ormai son passati tra nostalgie e pareti imbiancate e tra preghiere in alveari e tra sperma e verderame
tra zumpa zumpa na na Ninella ni na’
ed eccoci qua ancora in questo corollario di Kalimere inespresse di briciole e ragnatele e tra desiderio e jastemme tra letanie
ed ancora letanie ora vecchie ora nuove ora in lengua franciosa e con i francisi poeti ora in griko e con neapolitane aperture parole parole ancora parole raccolte
con divozione dai colmi pisciatures e nel vaporum dei mestrui di Messaline che si offrono nude nei bordelli e tra cene trimalcionesche
tra fottuti arabeschi tra chiostre e profezie inchiostri e labirinti nel mentre Villa e Costa giocano a flipper ed i flipper giocano con la poesia immersi nello scirocco e tra i lamenti di spose barocche Claudia e Carmelo con la voce distratta dallo sterco
imploso e tra ortiche le rose le rose ben altra cosa si osa nell’urto del verbo
ordito nel furto e con un mare che ci rende straniti un mare che vive i congedi da case vendute
questo mare che ci avvicina all’abbraccio del tempo questo mare nella sua oscena danza che ci prende tra i fianchi e le natiche e con baci improvvisi improvvise carezze
ora tra tamerici salmastre regine e anacoreti si ricerca il disastro che invita dalla palude i monaci al peccato ed uccide
e saranno streghe o faraglioni a creare germogli nei versi di un canto che scompiglia tra le ombre la giografia di un amaranto possibile
in questo adriatico tramonto
così strano che sembra cadere tra le onde leggere e come un prato di rossi papaveri ed ora che il vento ha deciso il suo interruptus coitus ma quali versi ( indifesi saranno ) puoi scrivere senza voce e senza parole ed ora che sanguina ancora l’inchiostro nel capriccio di una declinazione amor osa e tra fughe improvvise
rapite da una vertigine ignota
resteranno detriti quali testimoni della
napulitana tempesta tradotta
il fiore chino ozioso dal gambo spinoso tra le mani quali porosi gingilli
strummole mappine e piquogne e sang’ e pisciazza pisciazza e sang’
surece e zoccole senza crianza e co’ male ‘e panza
schiattiamo ora questa vergogna e senza scuorno soggiorniamo l’amore fuori dal coro
racchiudiamo tutto in questa febbre d’estate che un po’ ci fa paura ma saziamo la carta devota fino a qui lasciamola cantare alluccanno forte contr’ ‘a vermenara e con lava e lapilli
con eruzioni erezioni flegree
denudiamo la gioia tra i gigli di un giardino ora che piove
‘nchiaviamo al tormento il catrame e con verbi imperfetti
col vomire il cacare l’accento acuto e con la nota stonata che pur nonostante inebria arrossa le labbra come ciliegie tormentate
avidamente
inchiostriamo primaverili magie
simulando quale estremo rimedio il respiro che la voce spezzerà le catene del sonno e dell’oblio sarà ubriaca
e di bellezza gravida anche se impura e malata sarà coito copula santificata sarà medicina contro la sete
contro i vermi che infettano la pozzanghera tutta
così tradiremo il silenzio
ora che hanno vinto gli imbecilli gli idioti e aiuto aiuto i turchi son tornati
qui a Roca aiuto aiuto
distruggeranno tutto e nuovamente ruberanno gli ori alle tombe
tamaru tamariggiu la trebbia il tralcio ed il cavaturaccioli ( il pene di Dio ) taranta Thamuria tamerici e tradimenti tradiremo il silenzio
e con il silenzio dei nostri tradimenti ora che Thamuria pizzica pizzica
come taranta
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Letania di fine agosto
cielo ‘nmpisciato e munno ‘ncacato voglio cantare e tutta scurtecata
e ‘nzevata sta voce sta voce ca nun trova pace che strazia la querula del poetarum
in uso nostrum cotidianum
e con le assorbenze dell’ex-voto coi feti di fate
nei flutti fibrosi con cisti emorroidi e peste (peccaminosa) quale cerasia che specula ruggina patinata
all’afrore e tutta scurtecata
tutta scurtecata sta voce ora fugace nell’eccidio nel bivacco con lo scirocco che osa un ritmo quasi tedioso
miracula d’aferesi adiposa
azzardo d’alito o d’alveare che sia sia maldicenza o pucundria
sì vanto di cotanta calura all’imbrunire come in un blues ortodosso
a modus iuventus
e ca’ cazzimma ca’ malacrianza co’ male ‘e panza
il verso avanza a passo di danza
oleoso nel poroso nel rosso
della pozzolana così come il sangue di San Gennaro e santa lucia luntana fenesta vascia a marechiaro sarà novella comedia nolana o come il sole nei lidi di Baia corrotta e co’ tutti i suoi delitti sarà cieca e feconda
come una cagna malata di mente
e perché stiamo andando all’inferno dei santi sarà parola sanguegna cucente e cenciosa nei baci a fronn’ ‘e rose
parola comm’ ‘a curtiello pe’ taglia’ sta vesta ‘e sposa senza paraviso
parola sì ddoce pe’ veste scullate pe’ zizze prufumate
parola pensosa pe’ l’auciello e pe’ ‘u pucuriello pe’ chi scaveze cammina ‘ndint’ ‘e vicoli stritti e ca fetene ‘e lota
addo’ zitta zitta se ne more sta voce
tra pili ricci con approcci di concreta cerimonia l’esprit de géometrie ch’escreta scorie
ed occulta nell’avido squarcio l’essenza l’inghiottire
l’anticaglia
sarà come scavare una grotta e per di più in una sola notte
sarà come tenere in due l’asso di cuori e senza barare
sarà che ti chiederò ancora l’estate ed il peccato l’intreccio del rame e dell’oro ti chiederò il languore
ti chiederò di non mordermi sul collo con i tuoi tacchi a spillo ti chiederò di non ferirmi con la puntura dell’assillo
ti chiederò di non essere troppo gelosa di questa canzone così simile alla bestemmia all’orazione
ti chiederò il pane ed il vino
e l’oziosa avemaria delle tue cosce nervose e sarà come scavare una grotta
e perdipiù in una sola notte perdipiù
in una sola notte
cu stu cielo ‘nmpisciato stu munno ‘ncacato
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Letania per Bàino e… per la guerra
mi scrive su messenger Mariano (Baino) (amico e compagno di viaggio ne lo cunto de la voce de la Terza Ondata) :
mio caro collega-soldato-giapponese-rimasto-nella giungla-dopo che la guerra è finita- perché l’abbiamo persa-ma eravamo i combattenti migliori.
. . .
sì l’abbiamo forse persa ma non è finita la guerra
non è finita tra covid e farmacia poetica tra referendum e bordellum politico ABBISOGNA ancora parlare Bene bene di Villa
con la Letania di un merlo in un COMIZIO a Manduria
scritta da Carmine Lubrano tra gli applausi di Spatola e Zanzotto
il dissentire di Sanguineti e che Mario Quattrucci su Malacoda pubblicherà ANCHE LA POESIA È UNA MOSCA CHE FIUTA L’ODORE DI DONNA e tra immonde macchie arrugginite abbandonate dal tempo
in questa aristotelica prospettiva ora distante dal concetto perfetto di geometria compresa compressa tra fogli piegati piagati
e su carta consumata e con altre presenze tipo saliva di poesia rilevata nel testo quasi ai limiti della violenza formale
l’inesistenza ( sia pur con prudenza ) di un intimo gesto
e l’ombra di ogni singola parola riflessa in una eccitazione stagnante che vegeta nel rendimento di un ritmo perorato sulla cute rugosa con il diagramma insanguinato ed eloquente alla luce ma l’acqua e la pioggia nel tardo del pomeriggio si annusano già dalla placenta
e con qualcosa di marcio o incolorato grigio congiunzione sincronica la triste profezia ovvero la Letania di un merlo
e dalle tre poesie giovanili
tra i fiori e le ossa il graffio che bacia la bocca nella fuga del verso e che beve il mare
nella canzone caduta nel pozzo
con una carezza nel meridionale agosto
i girasoli ubriachi ed il gatto che sembra morto i fuochi tra la salvia mentre si consuma lo scirocco nella festa del vino e dei baci sotto un sole indeciso ( annega nel richiamo di una inquietudine
oscura come una spada a forma di pesce ) ( invisibile )
così il flusso il riflusso l’imprecazione il presagio di un fico che non matura mai oscillando nello zodiaco
e c’è che trema non per vanto questo rumore
sull’intonaco guasto la malinconica bellezza di una ragazza di campagna come i panni stesi ad asciugare e quasi
vertigini adombrate
oppure il suono rauco di un liuto spezzato che vive ancora i suoi legami nell’accento di giunture schioccate
e mai sazi saremo senza scoprire le origini
del comune tedio tra l’ozono e la storica testimonianza confusa con paraustielli di parrocchie a rimorchio e laceri tra tovaglie nuziali
sarà carognata o forse sarà una bella giornata dai Novissimi immolata al sortilegio paraclitico ma le diciassette variazioni sui temi proposti per una pura ideologia fonetica
coniugate con l’ubiquo musicate mentre stridono pesce e spago li entroil genial o natal
recapito di ideogrammi spreme-gauche carambole incidentelle accidentelle X Y Z oh là là !
arche de carogne par ex-simple voilà la formule in verboracula in accidiosa mentis fabrica accidiosa che piscem dulcedine in oscinem citrullum
sì corpore scisso in nigra luna nigra o [ ra ] culo vomitans vomitaren :
rauca vherba molecula hieracula visceralis coeli penis rictus cordi flagellum
sex orx mors oculis e che saltafossum
con ampex annudati nel perentorio di patriottica melma oh sibilla sibilla
tra foraggi si balla e tra sgabelli
così tra incunaboli tra canaglie e saltimbanchi
e si sa che la figlia di Giove conduce gli uomini alla follia bisogna trovare la stanza il quantum gonfio
per uscire dal senso sulla coda del passero così signum vocis
signum X - 1 signum signi
est ultra naturam con malsania mestruale
finta miracula nella pignatta signum parti-culiere e che in chiava che danza che ronza
in questa stanza strazia la scorza in ospizio dona il guaraguazzo
e come si sa sa sa sa sa sa sanguina ruffiana a l’aprir velami sa sa sa sa sangiuvanno smisturianno supraffiggia ruffianiggia ca’ smorfia ‘e mastuggiorgio
e ninnanonna ninnanonna
sculupea sculupea ciufelia ‘e morte
così ANCHE LA POESIA È UNA MOSCA CHE FIUTA L’ODORE DI DONNA
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LAWS_OF_CREATION (giorno 2)
la mia sposa barocca mi vuole distratto dal dubbio tra fiorami ed arsure tra scorie e sicumere tra sonetti usurati ed acrostichetti imperfetti
con un carmen carnale che agghiaccia vajasse e janare nel chiarore di smorfie e che graffia il fegato di un rospo ferito da nenie ora archiviate tra rughe dove s’inbriglia s’inbroglia e nella gramigna nel garbuglio eiaculando germogli
si scompiglia in un fandango e coi tulipani tra fiori di plastica gialli e come l’America di una canzone al grammofono e perché a pagina centoventitre si promette
l’amore tra infezioni e cancrene con le diarree dei vermi in trincea sarà forse un neapolitano comizio ouverture ed elencazione-eiaculatoria di stralci est ultra naturam
e co’ trummette trummettelle e tamburi
in un brodo se vuoi afrodisiaco
e con tutti i sapori dell’orto di Epicuro così passeggio con cilindro e parapioggia e senza corona di alloro
oppure nuotando controcorrente
tra ponti crollati data la statura del vento tra colera e colori del buio
tra notai e banchieri
che ti chiedono i sessanta danari e con l’allegoria e l’antiromanzo le sbronze testuali il suicidio di Tenco
l’emporium il sesso nei cessi il vaffanculo ci hai rotto e così ti si fatta ‘na vesta scullata
‘nu cappiello co’ i nastri e co’ ‘e rose e parlanno ‘o franciso tu sposa
barocca finita a capofitto tra aborti e recinti e fino a scorreggiare leggendo Majakovskij ma Dino Campana e rRose Sélavy
non avevano niente in comune a parte le ustioni sconosciute all’anagrafe allora
e così le passiflore tra i gerani e la zagara l’arenaria ed il sillabario così le canzonette
ed i confetti e quel prete brutto vecchio e puzzolente tutto guasto dal mal francese
così c’era una volta una gatta sui tetti ed il Cristo morto
in processione portato legato con sacre parole e tutti al rogo finiremo noi tutti
finiremo i nostri giorni alla Confraternita dei Puttanieri
la mia sposa barocca da solo mi lascia sui tetti a fare una scelta
tra Giordano Bruno e la fata turchina così ancora nel dubbio
così tra paura e vermenara tra cazzimma e sparagno
tra cummara schiattosa e cachera ‘nzevosa così che ancora una volta
chiove e ghiesc’ ‘o sole
così il bambino con la merda in mano a lo spidale di Sant’Anna aspetta per sanare
i silenzi
la mia sposa barocca è l’incontro sognato tra Claudia e Carmelo al porto di Napoli è il ritorno alla città vecchia dalla nuova la mia sposa barocca ama gli orpelli della primavera origliata ama i detriti
da un crollo i cocci ritrovati tra le tombe scoperchiate
le capuzzelle rinvenute nei sotterranei di chiese sconsacrate e nel purgatorio dei nostri quotidiani pensieri
la mia sposa barocca ama il mare
con la voglia ostinata di bere quando ha sete e come A n n A ama essere presa di dietro come davanti
ama il rifugio il suffragio e con coraggio affronta i miraggi di un maggio troppo lontano per sembrare ancora così vero come allora
e come allora tra le barricate le fabbriche e le scuole occupate
e così che ancora bisogna tentare di vivere
( come si firmava Paul Valery tra le scritte sui muri ) la mia sposa barocca ama Ferrè
il suo stile è il suo culo
e come la luna ama farsi inculare dal sole ama mangiare cozze e patatine fritte bevendo un buon vino facendo profitto di un solitario algoritmo forse interdetto la mia sposa barocca è muta medusa è aspide materna e gelosa
è corrotta e corrosa fragranza
si annusa d’essenze e con urgenze ci gioca mischiando oziosi tarocchi nervosi
la mia sposa barocca con l’incenso sotto le gonne trama il tantoquanto l’innamoramentum
tra foglia rugosa e chiant’antica
è voce ‘e vasciumare e prevede il naufragio con stile inequivocabile
è porto sicuro accogliente dove niente si perde nel fondo
è parto doloroso con improvvise partenze e rinvio all’incontro precedente
è sorpresa nella sorpresa e con le dovute scuse del caso se rimani deluso ma poi ti fotte
nel broglio delle biglie che si somigliano e si veste di ori e di stracci di rosso e di nero nell’in canto dei versi nel tuffo di un sasso il plof il plaf il graffio dell’inchiostro
la chiazza che si apre in ferita che sporca le dita la mia vita seri gra fata il rayograf la luce che lascia l’impronta da inseguire nella fuga
di oggetto smarrito come in un bacio col rossetto su carta il frottage da una vecchia moneta l’assemblage
dei merletti di sottane e reggipetti
e tra gocce e colature la traccia la modella che si spoglia
la mia sposa barocca si affaccia a lu balcone che fu della Isabella regina
e sempre più bella anche ora che invecchia ed ha imparato a fare l’amore
senza timori
la mia sposa barocca mi tiene per mano insieme anneghiamo
nella bocca aperta ampia vorago
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PoetMeNotLeave (giorno 7, forse) Ouverture
la mia sposa barocca
non chiede mai permesso per fare sesso
ad oltranza e senza finzione sintetizzando l’errore con autoctona orazione e con l’implicazione
eubolica incestuosa nello stupore catatonico quasi una dichiarazione di poetica
con la criniera immatura demetriaca nel suo apparire continuo
e dove si cuce e si ricuce con l’ideogramma dell’erratica grazia d’histrio aeternalis con l’invertita dolcezza che risorge e scaccia ogni nome tacendolo in rima
mostrandosi nuda nel chiarore di un idem perduto mentre si ride si strega mentre le titillo il rossore
e si lava i piedi nella pluviale memoria nella fuga che si inscrive al dialogo primo impigliando la coda del gallo
nella clessidra già colma e sotto l’ombrello altrimenti al tramonto trainando
il carro con la ruota già rotta e con lo sconforto la mia sposa barocca è eloquente tellurico florilegio nell’orto di natiche nude
è generoso amplesso d’inchiostro coitus interruptus per dare acqua alla storia assetata nel rebus geniale è maccaruni chiatti ca’ ricotta
sagna incannulata artigianalmente lavorata secondo la migliore tradizione
e per una giusta cottura tra pori e peluria con la sottoveste smarrita che già esorta allo sputo sedotto all’insulto corrotto che sfratta mignotte
la mia sposa barocca è via crucis è resina infetta nell’uso
livido che si esalta nel paradosso di un intimo verso
che si negozia in cumizio o affabulata chimera che importa ? se smarrita è la tregua
tradita sulla pagina con la febbre di inaspettati baci a tuttapelle spalancata
così come ubriachi siamo e stremati
di manna e di sboro in questa marcia nuziale con la porcheria delirante delle nostre mutande la mia sposa barocca de-‐canta il mio sperma tra le vendemmie e con capezzoli acerbi la mia sposa barocca si lascia chiavare come una monaca prena in preghiera in una notte d’ottobre all’erotico emporio e così nottambula e stanca e tra vaneggiati endecasillabi
osceni
perché la poesia va vaneggiata e come l’amore
‘nzevata
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Letania dei fiori
tra fiori detti pensieri e rose dette presenze ecco canzoni senza pretese
che pur fanno danzare statue indecise e come un rosario di cose ammuffite te le ritrovi fra le dita ustionate e soffrono tutte di merinite acuta queste poete
dal dolore minimo di chi era Giovanni che vince il Viareggio
preghiere da salmodiare da ricucire con il mal ricucito
la poesia ( tra virgolette ) che vanta un così dire terapeutico potere
la poesia ( tra virgolette ) di chi va in giro a raccontare di una nuova farmacia e vuole cambiare il cielo della scrittura e si inchina al potere con la semplificazione in cambio di olio e di strutto
quattro fottute monete e le piazze
dove vendere cosine di scarto inutili pensierini compitati
per mercatini rionali oramai tutti uguali con la fattura orientale
ma ne abbiamo pieni i “rondoni “ ( ci sono già le botteghe ed i bottegai gli specchi e la bianca collana )
e dopo la innamorata parola del secolo scorso ( che aveva almeno imparato il mestiere ) ecco che ci ritroviamo nel nulla dipinto di nulla che più becero e trito e pericoloso nell’uso
non si può nemmeno con il candeggio canechefugge e che bisognerebbe solo ignorare
ma purtroppo quando i cessi sono colmi occorre pure sturarli
per non affogare completamente nella merda
e santa demenza santa stoltitia santa santa santa
tra covid e negazionismo populismo
e menefreghismo e le destre che avanzano ABBISOGNA
tradire il silenzio
abbandonare la macinatrice del cioccolato uscire dal buio per le strade
possedere sibille silenti con il pene di dio riprendere se mai il cadavere
squisito
per darlo quale pasto infedele alle ammaliatrici sirene emollienti
bisogna riprendersi il gusto ricco e barocco dell’inconducibilità che si sporca nel verso spermatico plurilinguista
lasciando agire la parola coi suoi fisiologici bisogni
e così che la poesia abbia un’anima dalle labbra carnose
ssi ssi e delle budella nel babelico balbettio che perturba sonante e si libera del tempo come nozione e per una nuova stagione lacerante di inquieta oscena
bellezza