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CARMINE LUBRANO LETANIE VIRALI 1

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Academic year: 2022

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PAROLE FRA NOI

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CARMINE LUBRANO LETANIE VIRALI 1

Letania di agosto

amici miei cari compagni musici e poeti perché solo (o quasi) mi avete lasciato a lottare contro le streghe de Beneviento e ‘nmieze a ll’acqua e a lu viento

e tra polverosi scaffali con assenze indecenti in queste vuote stanze vuote

e la tua prima lavatrice Adriano è stata ormai rottamata

indifeso mi avete lasciato tra Michele Zarrillo e la donna cannone il fenomeno da baraccone l’altra sera ricordavo Filippo (Bettini)

che spesso diceva: non riesco a decidermi se Lubrano è più bravo in cucina o nei versi ed intanto si beveva e le bottiglie vuote

diventarono sei quel giorno prima della sua partenza per la Sicilia

poi ci fu quella sfida famosa tra Gino e Filippo con le mozzarelle di bufala dopo e prima

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che all’acropoli

e famoso negli anni ottanta e novanta (come cuoco e come poeta) lo stavo diventando davvero e con il Lab-Oratorio il numero dieci e le dieci poetesse dieci e più volte al Costanzo show

e quella antologia i poeti contro i berlusconi gli articoli a piena pagina su Repubblica

su Liberazione il Mattino L’Unità ed il Corriere e giravo per Piazza Navona tra Ferreri

e ragazze arrivate in ferrari a Milano i teatri erano pieni

e così che un po’ troppo ingombrante

per amici e parenti per politici corrotti e potenti e tra grandi imbecilli e mediocri e ostinati giurati sono stato amato ed odiato

perché ho pubblicato con Scheiwiller perché ho vinto il Premio Feronia per i miei percorsi perVersi e perché Sanguineti

e tentarono in molti troppi a lasciarmi da solo ma solo non lo sono mai stato

sono stato odiato ed amato

e sono arrivato fino a qui qualcuno dice

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ormai poeta laureato ( e con i premi alla carriera poetica ) ma continuo a pisciare nei prati

continuo nudo a mostrarmi

dovrei scrivere mi dicono per così dire un romanzo di quelli col morto col botto con il commissario

ed il tiramisù per scalare le classifiche fare il firmacopie nelle librerie complimentarmi con le scollature delle signore rifatte e pronte semmai a farsi masturbare nei cessi nei retrobottega

ma tutto questo non mi compete

ho voglia di scrivere ancora con le metastasi della parola e che le cozze che oggi ho mangiato erano buone

e perché ancora ti sogno nel tinello come in un bordello come la Sandrelli

come ancora canto di tanto e nel PoemAverno e scriverei clitoletanie per te seduta sul bidet di un albergo di periferia

e ti vorrei amare qui in questo Salento

ti vorrei amare e senza la paura di invecchiare senza lavarmi le mani le labbra la barba e mangiare pane e burro col sapore di . . . sale e così sono stato amato da santi e mariuoli da regine mignotte e mignotte regine ho attraversato cunicoli e grotte infernali

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futuriste piedigrotte e portoni barocchi

mi sono salvato dai roghi a cui ero stato condannato e dal canto di sirene silenti ho pianto

ho gridato ho bestemmiato e possibilmente ululato ma sono poi ritornato alla vita

ed eccomi qui ancora come in una nota canzone da istrione napoletano

tra di voi quattro spettatori ed il genio si vedrà

si vedrà

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Letania del 4 agosto

la copertina cartonata con la mosca ed il culo e sono ancora qui a Roca e come in quel libro scritto dieci anni fa dieci anni ormai son passati tra nostalgie e pareti imbiancate e tra preghiere in alveari e tra sperma e verderame

tra zumpa zumpa na na Ninella ni na’

ed eccoci qua ancora in questo corollario di Kalimere inespresse di briciole e ragnatele e tra desiderio e jastemme tra letanie

ed ancora letanie ora vecchie ora nuove ora in lengua franciosa e con i francisi poeti ora in griko e con neapolitane aperture parole parole ancora parole raccolte

con divozione dai colmi pisciatures e nel vaporum dei mestrui di Messaline che si offrono nude nei bordelli e tra cene trimalcionesche

tra fottuti arabeschi tra chiostre e profezie inchiostri e labirinti nel mentre Villa e Costa giocano a flipper ed i flipper giocano con la poesia immersi nello scirocco e tra i lamenti di spose barocche Claudia e Carmelo con la voce distratta dallo sterco

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imploso e tra ortiche le rose le rose ben altra cosa si osa nell’urto del verbo

ordito nel furto e con un mare che ci rende straniti un mare che vive i congedi da case vendute

questo mare che ci avvicina all’abbraccio del tempo questo mare nella sua oscena danza che ci prende tra i fianchi e le natiche e con baci improvvisi improvvise carezze

ora tra tamerici salmastre regine e anacoreti si ricerca il disastro che invita dalla palude i monaci al peccato ed uccide

e saranno streghe o faraglioni a creare germogli nei versi di un canto che scompiglia tra le ombre la giografia di un amaranto possibile

in questo adriatico tramonto

così strano che sembra cadere tra le onde leggere e come un prato di rossi papaveri ed ora che il vento ha deciso il suo interruptus coitus ma quali versi ( indifesi saranno ) puoi scrivere senza voce e senza parole ed ora che sanguina ancora l’inchiostro nel capriccio di una declinazione amor osa e tra fughe improvvise

rapite da una vertigine ignota

resteranno detriti quali testimoni della

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napulitana tempesta tradotta

il fiore chino ozioso dal gambo spinoso tra le mani quali porosi gingilli

strummole mappine e piquogne e sang’ e pisciazza pisciazza e sang’

surece e zoccole senza crianza e co’ male ‘e panza

schiattiamo ora questa vergogna e senza scuorno soggiorniamo l’amore fuori dal coro

racchiudiamo tutto in questa febbre d’estate che un po’ ci fa paura ma saziamo la carta devota fino a qui lasciamola cantare alluccanno forte contr’ ‘a vermenara e con lava e lapilli

con eruzioni erezioni flegree

denudiamo la gioia tra i gigli di un giardino ora che piove

nchiaviamo al tormento il catrame e con verbi imperfetti

col vomire il cacare l’accento acuto e con la nota stonata che pur nonostante inebria arrossa le labbra come ciliegie tormentate

avidamente

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inchiostriamo primaverili magie

simulando quale estremo rimedio il respiro che la voce spezzerà le catene del sonno e dell’oblio sarà ubriaca

e di bellezza gravida anche se impura e malata sarà coito copula santificata sarà medicina contro la sete

contro i vermi che infettano la pozzanghera tutta

così tradiremo il silenzio

ora che hanno vinto gli imbecilli gli idioti e aiuto aiuto i turchi son tornati

qui a Roca aiuto aiuto

distruggeranno tutto e nuovamente ruberanno gli ori alle tombe

tamaru tamariggiu la trebbia il tralcio ed il cavaturaccioli ( il pene di Dio ) taranta Thamuria tamerici e tradimenti tradiremo il silenzio

e con il silenzio dei nostri tradimenti ora che Thamuria pizzica pizzica

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come taranta

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Letania di fine agosto

cielo ‘nmpisciato e munno ‘ncacato voglio cantare e tutta scurtecata

e ‘nzevata sta voce sta voce ca nun trova pace che strazia la querula del poetarum

in uso nostrum cotidianum

e con le assorbenze dell’ex-voto coi feti di fate

nei flutti fibrosi con cisti emorroidi e peste (peccaminosa) quale cerasia che specula ruggina patinata

all’afrore e tutta scurtecata

tutta scurtecata sta voce ora fugace nell’eccidio nel bivacco con lo scirocco che osa un ritmo quasi tedioso

miracula d’aferesi adiposa

azzardo d’alito o d’alveare che sia sia maldicenza o pucundria

sì vanto di cotanta calura all’imbrunire come in un blues ortodosso

a modus iuventus

e ca’ cazzimma ca’ malacrianza co’ male ‘e panza

il verso avanza a passo di danza

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oleoso nel poroso nel rosso

della pozzolana così come il sangue di San Gennaro e santa lucia luntana fenesta vascia a marechiaro sarà novella comedia nolana o come il sole nei lidi di Baia corrotta e co’ tutti i suoi delitti sarà cieca e feconda

come una cagna malata di mente

e perché stiamo andando all’inferno dei santi sarà parola sanguegna cucente e cenciosa nei baci a fronn’ ‘e rose

parola comm’ ‘a curtiello pe’ taglia’ sta vesta ‘e sposa senza paraviso

parola sì ddoce pe’ veste scullate pe’ zizze prufumate

parola pensosa pe’ l’auciello e pe’ ‘u pucuriello pe’ chi scaveze cammina ‘ndint’ ‘e vicoli stritti e ca fetene ‘e lota

addo’ zitta zitta se ne more sta voce

tra pili ricci con approcci di concreta cerimonia l’esprit de géometrie ch’escreta scorie

ed occulta nell’avido squarcio l’essenza l’inghiottire

l’anticaglia

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sarà come scavare una grotta e per di più in una sola notte

sarà come tenere in due l’asso di cuori e senza barare

sarà che ti chiederò ancora l’estate ed il peccato l’intreccio del rame e dell’oro ti chiederò il languore

ti chiederò di non mordermi sul collo con i tuoi tacchi a spillo ti chiederò di non ferirmi con la puntura dell’assillo

ti chiederò di non essere troppo gelosa di questa canzone così simile alla bestemmia all’orazione

ti chiederò il pane ed il vino

e l’oziosa avemaria delle tue cosce nervose e sarà come scavare una grotta

e perdipiù in una sola notte perdipiù

in una sola notte

cu stu cielo ‘nmpisciato stu munno ‘ncacato

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Letania per Bàino e… per la guerra

mi scrive su messenger Mariano (Baino) (amico e compagno di viaggio ne lo cunto de la voce de la Terza Ondata) :

mio caro collega-soldato-giapponese-rimasto-nella giungla-dopo che la guerra è finita- perché l’abbiamo persa-ma eravamo i combattenti migliori.

. . .

sì l’abbiamo forse persa ma non è finita la guerra

non è finita tra covid e farmacia poetica tra referendum e bordellum politico ABBISOGNA ancora parlare Bene bene di Villa

con la Letania di un merlo in un COMIZIO a Manduria

scritta da Carmine Lubrano tra gli applausi di Spatola e Zanzotto

il dissentire di Sanguineti e che Mario Quattrucci su Malacoda pubblicherà ANCHE LA POESIA È UNA MOSCA CHE FIUTA L’ODORE DI DONNA e tra immonde macchie arrugginite abbandonate dal tempo

in questa aristotelica prospettiva ora distante dal concetto perfetto di geometria compresa compressa tra fogli piegati piagati

e su carta consumata e con altre presenze tipo saliva di poesia rilevata nel testo quasi ai limiti della violenza formale

l’inesistenza ( sia pur con prudenza ) di un intimo gesto

e l’ombra di ogni singola parola riflessa in una eccitazione stagnante che vegeta nel rendimento di un ritmo perorato sulla cute rugosa con il diagramma insanguinato ed eloquente alla luce ma l’acqua e la pioggia nel tardo del pomeriggio si annusano già dalla placenta

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e con qualcosa di marcio o incolorato grigio congiunzione sincronica la triste profezia ovvero la Letania di un merlo

e dalle tre poesie giovanili

tra i fiori e le ossa il graffio che bacia la bocca nella fuga del verso e che beve il mare

nella canzone caduta nel pozzo

con una carezza nel meridionale agosto

i girasoli ubriachi ed il gatto che sembra morto i fuochi tra la salvia mentre si consuma lo scirocco nella festa del vino e dei baci sotto un sole indeciso ( annega nel richiamo di una inquietudine

oscura come una spada a forma di pesce ) ( invisibile )

così il flusso il riflusso l’imprecazione il presagio di un fico che non matura mai oscillando nello zodiaco

e c’è che trema non per vanto questo rumore

sull’intonaco guasto la malinconica bellezza di una ragazza di campagna come i panni stesi ad asciugare e quasi

vertigini adombrate

oppure il suono rauco di un liuto spezzato che vive ancora i suoi legami nell’accento di giunture schioccate

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e mai sazi saremo senza scoprire le origini

del comune tedio tra l’ozono e la storica testimonianza confusa con paraustielli di parrocchie a rimorchio e laceri tra tovaglie nuziali

sarà carognata o forse sarà una bella giornata dai Novissimi immolata al sortilegio paraclitico ma le diciassette variazioni sui temi proposti per una pura ideologia fonetica

coniugate con l’ubiquo musicate mentre stridono pesce e spago li entroil genial o natal

recapito di ideogrammi spreme-gauche carambole incidentelle accidentelle X Y Z oh là là !

arche de carogne par ex-simple voilà la formule in verboracula in accidiosa mentis fabrica accidiosa che piscem dulcedine in oscinem citrullum

sì corpore scisso in nigra luna nigra o [ ra ] culo vomitans vomitaren :

rauca vherba molecula hieracula visceralis coeli penis rictus cordi flagellum

sex orx mors oculis e che saltafossum

con ampex annudati nel perentorio di patriottica melma oh sibilla sibilla

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tra foraggi si balla e tra sgabelli

così tra incunaboli tra canaglie e saltimbanchi

e si sa che la figlia di Giove conduce gli uomini alla follia bisogna trovare la stanza il quantum gonfio

per uscire dal senso sulla coda del passero così signum vocis

signum X - 1 signum signi

est ultra naturam con malsania mestruale

finta miracula nella pignatta signum parti-culiere e che in chiava che danza che ronza

in questa stanza strazia la scorza in ospizio dona il guaraguazzo

e come si sa sa sa sa sa sa sanguina ruffiana a l’aprir velami sa sa sa sa sangiuvanno smisturianno supraffiggia ruffianiggia ca’ smorfia ‘e mastuggiorgio

e ninnanonna ninnanonna

sculupea sculupea ciufelia ‘e morte

così ANCHE LA POESIA È UNA MOSCA CHE FIUTA L’ODORE DI DONNA

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LAWS_OF_CREATION (giorno 2)

la mia sposa barocca mi vuole distratto dal dubbio tra fiorami ed arsure tra scorie e sicumere tra sonetti usurati ed acrostichetti imperfetti

con un carmen carnale che agghiaccia vajasse e janare nel chiarore di smorfie e che graffia il fegato di un rospo ferito da nenie ora archiviate tra rughe dove s’inbriglia s’inbroglia e nella gramigna nel garbuglio eiaculando germogli

si scompiglia in un fandango e coi tulipani tra fiori di plastica gialli e come l’America di una canzone al grammofono e perché a pagina centoventitre si promette

l’amore tra infezioni e cancrene con le diarree dei vermi in trincea sarà forse un neapolitano comizio ouverture ed elencazione-eiaculatoria di stralci est ultra naturam

e co’ trummette trummettelle e tamburi

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in un brodo se vuoi afrodisiaco

e con tutti i sapori dell’orto di Epicuro così passeggio con cilindro e parapioggia e senza corona di alloro

oppure nuotando controcorrente

tra ponti crollati data la statura del vento tra colera e colori del buio

tra notai e banchieri

che ti chiedono i sessanta danari e con l’allegoria e l’antiromanzo le sbronze testuali il suicidio di Tenco

l’emporium il sesso nei cessi il vaffanculo ci hai rotto e così ti si fatta ‘na vesta scullata

nu cappiello co’ i nastri e co’ ‘e rose e parlanno ‘o franciso tu sposa

barocca finita a capofitto tra aborti e recinti e fino a scorreggiare leggendo Majakovskij ma Dino Campana e rRose Sélavy

non avevano niente in comune a parte le ustioni sconosciute all’anagrafe allora

e così le passiflore tra i gerani e la zagara l’arenaria ed il sillabario così le canzonette

ed i confetti e quel prete brutto vecchio e puzzolente tutto guasto dal mal francese

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così c’era una volta una gatta sui tetti ed il Cristo morto

in processione portato legato con sacre parole e tutti al rogo finiremo noi tutti

finiremo i nostri giorni alla Confraternita dei Puttanieri

la mia sposa barocca da solo mi lascia sui tetti a fare una scelta

tra Giordano Bruno e la fata turchina così ancora nel dubbio

così tra paura e vermenara tra cazzimma e sparagno

tra cummara schiattosa e cachera ‘nzevosa così che ancora una volta

chiove e ghiesc’ ‘o sole

così il bambino con la merda in mano a lo spidale di Sant’Anna aspetta per sanare

i silenzi

la mia sposa barocca è l’incontro sognato tra Claudia e Carmelo al porto di Napoli è il ritorno alla città vecchia dalla nuova la mia sposa barocca ama gli orpelli della primavera origliata ama i detriti

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da un crollo i cocci ritrovati tra le tombe scoperchiate

le capuzzelle rinvenute nei sotterranei di chiese sconsacrate e nel purgatorio dei nostri quotidiani pensieri

la mia sposa barocca ama il mare

con la voglia ostinata di bere quando ha sete e come A n n A ama essere presa di dietro come davanti

ama il rifugio il suffragio e con coraggio affronta i miraggi di un maggio troppo lontano per sembrare ancora così vero come allora

e come allora tra le barricate le fabbriche e le scuole occupate

e così che ancora bisogna tentare di vivere

( come si firmava Paul Valery tra le scritte sui muri ) la mia sposa barocca ama Ferrè

il suo stile è il suo culo

e come la luna ama farsi inculare dal sole ama mangiare cozze e patatine fritte bevendo un buon vino facendo profitto di un solitario algoritmo forse interdetto la mia sposa barocca è muta medusa è aspide materna e gelosa

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è corrotta e corrosa fragranza

si annusa d’essenze e con urgenze ci gioca mischiando oziosi tarocchi nervosi

la mia sposa barocca con l’incenso sotto le gonne trama il tantoquanto l’innamoramentum

tra foglia rugosa e chiant’antica

è voce ‘e vasciumare e prevede il naufragio con stile inequivocabile

è porto sicuro accogliente dove niente si perde nel fondo

è parto doloroso con improvvise partenze e rinvio all’incontro precedente

è sorpresa nella sorpresa e con le dovute scuse del caso se rimani deluso ma poi ti fotte

nel broglio delle biglie che si somigliano e si veste di ori e di stracci di rosso e di nero nell’in canto dei versi nel tuffo di un sasso il plof il plaf il graffio dell’inchiostro

la chiazza che si apre in ferita che sporca le dita la mia vita seri gra fata il rayograf la luce che lascia l’impronta da inseguire nella fuga

di oggetto smarrito come in un bacio col rossetto su carta il frottage da una vecchia moneta l’assemblage

dei merletti di sottane e reggipetti

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e tra gocce e colature la traccia la modella che si spoglia

la mia sposa barocca si affaccia a lu balcone che fu della Isabella regina

e sempre più bella anche ora che invecchia ed ha imparato a fare l’amore

senza timori

la mia sposa barocca mi tiene per mano insieme anneghiamo

nella bocca aperta ampia vorago

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PoetMeNotLeave (giorno  7,  forse) Ouverture

la  mia  sposa  barocca

non  chiede  mai  permesso  per  fare  sesso

ad  oltranza  e  senza  finzione  sintetizzando  l’errore   con  autoctona  orazione  e  con  l’implicazione

eubolica  incestuosa  nello  stupore  catatonico quasi  una  dichiarazione  di  poetica

con  la  criniera  immatura  demetriaca   nel  suo  apparire  continuo

e  dove  si  cuce  e  si  ricuce  con  l’ideogramma dell’erratica  grazia  d’histrio  aeternalis   con  l’invertita  dolcezza  che  risorge  e  scaccia ogni  nome  tacendolo  in  rima  

mostrandosi  nuda  nel  chiarore  di  un  idem perduto  mentre  si  ride  si  strega  mentre le  titillo  il  rossore

e  si  lava  i  piedi  nella  pluviale  memoria nella  fuga  che  si  inscrive  al  dialogo  primo impigliando  la  coda  del  gallo

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nella  clessidra  già  colma  e  sotto  l’ombrello altrimenti  al  tramonto  trainando

il  carro  con  la  ruota  già  rotta  e  con  lo  sconforto la  mia  sposa  barocca  è  eloquente  tellurico  florilegio nell’orto  di  natiche  nude

è  generoso  amplesso  d’inchiostro  coitus  interruptus   per  dare  acqua  alla  storia  assetata  nel  rebus  geniale è  maccaruni  chiatti  ca’  ricotta

sagna  incannulata  artigianalmente  lavorata secondo  la  migliore  tradizione

e  per  una  giusta  cottura  tra  pori  e  peluria con  la  sottoveste  smarrita  che  già  esorta allo  sputo  sedotto  all’insulto  corrotto che  sfratta  mignotte  

la  mia  sposa  barocca  è  via  crucis è  resina  infetta  nell’uso

livido  che  si  esalta  nel  paradosso di  un  intimo  verso

che  si  negozia  in  cumizio  o  affabulata  chimera che  importa  ?  se  smarrita  è  la  tregua

tradita  sulla  pagina  con  la  febbre  di  inaspettati baci  a  tuttapelle  spalancata

così  come  ubriachi  siamo  e  stremati

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di  manna  e  di  sboro  in  questa  marcia  nuziale con  la  porcheria  delirante  delle  nostre  mutande la  mia  sposa  barocca  de-­‐canta  il  mio  sperma tra  le  vendemmie  e  con  capezzoli  acerbi la  mia  sposa  barocca  si  lascia  chiavare come  una  monaca  prena  in  preghiera in  una  notte  d’ottobre  all’erotico  emporio e  così  nottambula  e  stanca  e  tra  vaneggiati   endecasillabi  

osceni

perché  la  poesia va  vaneggiata   e  come  l’amore

nzevata

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Letania  dei  fiori

tra  fiori  detti  pensieri e  rose  dette  presenze ecco  canzoni  senza  pretese

che  pur  fanno  danzare  statue  indecise e  come  un  rosario  di  cose  ammuffite   te  le  ritrovi  fra  le  dita  ustionate e  soffrono  tutte  di  merinite acuta  queste  poete

dal  dolore  minimo  di  chi  era  Giovanni che  vince  il  Viareggio

preghiere  da  salmodiare  da  ricucire con  il  mal  ricucito

la  poesia  (  tra  virgolette  )  che  vanta un  così  dire  terapeutico  potere

la  poesia  (  tra  virgolette  )  di  chi  va  in  giro a  raccontare  di  una  nuova  farmacia e  vuole  cambiare  il  cielo  della  scrittura e  si  inchina  al  potere  con  la  semplificazione in  cambio  di  olio  e  di  strutto

quattro  fottute  monete  e  le  piazze  

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dove  vendere  cosine  di  scarto inutili  pensierini  compitati

per  mercatini  rionali  oramai  tutti  uguali con  la  fattura  orientale

ma  ne  abbiamo  pieni  i  “rondoni  “   (  ci  sono  già  le  botteghe  ed  i  bottegai gli  specchi  e  la  bianca  collana  )

e  dopo  la  innamorata  parola  del  secolo  scorso (  che  aveva  almeno  imparato  il  mestiere  ) ecco  che  ci  ritroviamo  nel  nulla  dipinto  di  nulla che  più  becero  e  trito  e  pericoloso  nell’uso

non  si  può  nemmeno  con  il  candeggio  canechefugge   e  che  bisognerebbe  solo  ignorare

ma  purtroppo  quando  i  cessi  sono  colmi occorre  pure  sturarli

per  non  affogare  completamente   nella  merda

e  santa  demenza  santa  stoltitia   santa  santa  santa  

tra  covid  e  negazionismo  populismo

e  menefreghismo  e  le  destre  che  avanzano ABBISOGNA  

tradire  il  silenzio

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abbandonare  la  macinatrice  del  cioccolato   uscire  dal  buio  per  le  strade

possedere  sibille  silenti  con  il  pene  di  dio   riprendere  se  mai  il  cadavere

squisito

per  darlo  quale  pasto  infedele   alle  ammaliatrici  sirene  emollienti

bisogna  riprendersi  il  gusto  ricco  e  barocco dell’inconducibilità  che  si  sporca  nel  verso spermatico  plurilinguista  

lasciando  agire  la  parola  coi  suoi  fisiologici bisogni

e  così  che  la  poesia  abbia  un’anima dalle  labbra  carnose

ssi  ssi  e  delle  budella  nel  babelico  balbettio che  perturba  sonante  e  si  libera  del  tempo come  nozione  e  per  una  nuova  stagione lacerante  di  inquieta  oscena

bellezza

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