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10064
SANTA MARIA DEL FIORE
PROPRIETÀ LETTERARIA
PIETRO FRANCBSCHINI
SANTA III I FI
DA
ARNOLFO A BRUNELLESCO
NOTIZIA STORICA
NÈ TRICUSPIDALE Ni BASILICALE DIALOGHI CRITICI
FIRENZE
Tipografia Coppini e Bocconi Viadell'Orivolo, 33
1887
ALLA MEMORIA DEL CAPOMAESTRO
FRANCESCO TALENTI
NEL RINNOVAMENTO DEL TEMPIO
DISANTA REPARATA TRIONFATORE MODESTO E GRANDE
DEGLI ARTEFICI PIÙ
SEGNALATI QUESTE PAGINE DEBITO CONTRIBUTO
ALLA RIPARAZIONE
DIUN INGRATO OBLIO NEL
DICHE
ILMONUMENTO
SQUISITAMENTE SUPERBO CON NOVELLA FRONTE
SICOMPIE
L'
AUTORE
REVERENTE CONSACRA
Signori
Coppim e Bocconi
TIPOGRAFI
Stampino
-pure se "Loro-piace l'articolo che scrissisulla istoria del Xenipio diSanta
Chiaria del j^iore*J fino dalperduto settembre;
ma
se voglionofarmi
cosa grata ristampino anche i cinque dialoghi delmio Nuovo Osservatore
Fiorentino, concernenti lanuova
facciata delmedesimo X cm
plo.^Ce
avreipiacere perchè conla convinzione che ho di essere stato in essiper- fettamente nel vero sarebbe in
modo
più diffuso antivenuta la critica straniera, che potrebbe far credere che nessuno fra noi avesse veduto e ten- tato in anticipazione di riparare gli errori che saranno ora per veder tutti.'Di Loroaffe^ionatissìmo
PIETRO FRANCESCANI.
*)Questoarticoloera stato composto peressereinseritonelvolumecol- lettivo che letipografie toscanedovevanomandarfuorinella occasione dello scoprimentodellafacciatadi Santa Maria del Flore; volume che non ha avuto più luogo.
ello è il vedere
come
sul chiu- dersi del secolo decimoterzo ilpopolo fiorentino, cresciuto in ric-
(^Mj)
cnezza'P
ensasse ad
affermare la;*We>V propria dignità col grandeggiare Sf? sugli emulivicini perla
maestà
dei pubblici edifizi; fineda
esso raggiunto rapi-damente,
sia coltogliere la sua rappresentanza daiprivati localie lesueassemblee
dallechiese, colmezzo
della residenza superba cheanche
oggiha nome
dalla Signoria, sia col largheg- giare di sussidii per la edificazione dei templidi S.
Maria Novella
e di S. Croce, con lo slar- gare la cinta delle turrite sue mura, e sopra tutto coli' affidaread Arnolfo
diCambio
loampliamento,
o rinnovazione, deltempio
diSanta
Reparata, ordinando con largoanimo
a questo artefice insigne che la trasformazione deltempio
stesso dovesse rispondere dal fin— io-
di ridurlo ilpiù onorabile di Toscana; e poco di poi che
Santa
Reparata, rinnovataanche
nelnome,
perchè dedicatanelnuovo
concetto aSanta Maria
del Fiore, divenissenon
soloil più bel
tempio
della nostra regione,ma
diogni paese cristiano altresì, che allora era
quanto
dire di tutto ilmondo
civile.Arnolfo
aveva
dato principio all'ingrandi-mento
diSanta Reparata
nel1294
conun
concetto allora affatto nuovissimo e conuna
pianta chenon aveva
enon ebbe
l'eguale;pianta che resistè quasi intatta a tutte le
innovazioni che subì la chiesa di poi e perla
quale il
nome
di luinon andò
disgiuntomai
più dalla istoria diSanta Reparata
e di SantaMaria
del Fiore.iotto
ed Andrea
Pisanoavevano
conti-V_J
nuato l'ingrandimento incominciatoda
Arnolfo;ma morto Andrea
nel 1345, la fab- bricaebbe
per dieci anni quelfermo
che diede agio e coscienzaai Fiorentini di poter tentare opera ancora più sontuosa e più bella.Francesco Talenti,
capomaestro
aSanta
Reparata,doveva
essere l' interprete del pub- blico voto, e nel 3maggio
1355 accettava—
II—
egli dagli operai l'incarico di fare
un modello
di
legname
perchè potesse servire siccomeesempio
delcome
dovessero stare le cappelle al di là delle navate,come
le finestre di que- ste; ed egline
uscì permodo
che idue
gruppi di maestri, consultatiseparatamente
dagliOpe- rai nel 15, 16 e 17 luglio di quell'anno,non
ostante che fra di essi fossero artisticome
frate
Jacopo
Talenti, Neri di Fioravante, Gio- vanni diLapo
Ghini eTaddeo
Gaddi,non
si trovò in quel
modello
cheda
lodarequanto
egli
aveva
fatto.L'ideale però che si era cominciato a va- gheggiare dai Fiorentini
non
era questo, giac- ché per quelmodello
tutto restava in piediil già fatto con la selva delle colonne che Arnolfo vi
doveva
aver poste,non
atte certo a prestarsi a quel fare largo e magnificoche
si era introdotto nell'arte di edificare
dopo
lamorte
di lui.Dall'esame del
modello de
1 Talenti pas- saronodue
anniprima
che si venissead una
risoluzione,ma
questi erano stati sufficienti a dimostrare che per far cosaveramente degna
dei tempi e dellagrandezza
cui era giunto ilpopolo fiorentino era necessario
cambiare
so- stanzialmente di via.—
12—
d Arnolfo, Giottoed
Andrea
Pisano,come
/V
si è veduto, erano succeduti in Firenzealtri maestri, i quali senza distinzione ven- nero chiamati a partecipare
ad un nuovo
di-segno
del tempio, a dare Yindirizzo dellaSanta Maria
del Fiore, a discuterne lemo-
dalità a concorrere alle parziali
membrature
ed ornati, aquanto insomma
era necessario a tal fine; e per dimostrare che iltempio
do-veva
essere cosa affatto nuova, dinuovo
e conla
massima
solennità si gettava nel dì 5 luglio dell'anno1357
laprima
pietradove
ave-vano
deliberato i maestri consultati di fon- dareun
pilastro e precipuamente nei fonda-menti
di quello cheprimo
si incontra neltempio
e spicca isolato sulla destra di chi vi acceda per la porta maggiore.Arnolfo, Giotto ed
Andrea
Pisano, così per la capacità deltempio come
per ladeco- razione dell' interno delmedesimo
erano dun-que
postida
parte, giacché delle costruzioni a loro dovute si lasciava in piedi la sola pa- rete frontale, già incominciata a far bellada
Andrea, ed
i muri laterali prossimi allame-
desima, in parte soltanto già rivestiti.-
13—
,er dimostrare la prontezza del concepire
1
e dell'eseguire dei nostri vecchi maestri,diremo
che dalla idea della ripresa dei lavori alDuomo
al getto dellaprima
pietranon
corse cheun mese;
e questa deliberazione era dovuta a frateJacopo
Serlupi, architetto, do-menicano
di S. Marco, a frateJacopo
Talenti diSanta Maria
Novella, a Riccardo diFran-
ceschino degli Albizi,chiamato non come
ar- tista,ma come uomo
dibuon
gusto nell'arte;a Neri di Fioravante, architetto,
ad Andrea
Orcagna,scultore e pittore, aGiovanni
diLapo
Ghini, raro maestro di muramenti, gente tutta
il cui
nome
in proposito delDuomo
per oltre quattro secolinon apparve mai
nell' istoriaavendo
la tradizionenon combattuta
dalVa-
sari,
ma
raccoltada
lui, in onta alla verità e alla giustizia lasciato ogni merito del dise-gno
diSanta Maria
del Fiore quale la ve-diamo, ad
Arnolfo.l principio
dunque
a discutere diSanta Maria
del Fiore,non vediamo
che pochi soggetti;ma non
eraappena
fermata la di-mensione
delle navi e la spaziatura che do-—
14—
veva
intercedere fra pilastro e pilastro che insorgevano le dispute fra i Commissari sulle formeda
darsi alla chiesa; e bella,dramma-
tica, e piena di
ammaestramento
è la discus- sione sortanon appena
gettato ilfondamento
delprimo
pilastro, dalla quale scaturisce la necessità di fare ilmodello
del pilastrome-
desimo;modello
del quale accettano la provaAndrea Orcagna
e Francesco Talenti, previa solo la quantità del gesso necessaria a cia- scuno a formarlo.Si ordinò
dunque
ai maestri suddetti cheil
modello
del pilastronon
oltrepassasse ilbraccio e
mezzo
dellamisura fiorentina, perchè fosse facile agli Operai della fabbrica collo- carlodove
loro fosse meglio piaciuto; ciò che fu dai Talenti e dall'Orcagna
eseguito, ed in così breve spazio ditempo
poterono essiadempiere
al voto deiCommissari
chedopo
soli quattordici giorni poseroin
grado
gli Ope- rai di riunire dinuovo
laCommissione
giàudita, perchè con piena libertà potesse ciascuno giu- dicarequanto Andrea
ed il Talenti avessero presentato.I più fra coloro che ebbero parte in quel- l'adunanza si mostrarono favorevoli al modello
dell'Orcagna,
ma Giovanni
diLapo
Ghini, ilcostruttore che
vedremo
tenersempre
testa in questa fabbrica aFrancesco
Talenti, che gli sarà dato acompagno
nel dirigerla,ed anche
lo sopravanzerà per l'audacia, interrogato sul merito di quei modelli, rispose
temerariamente
essere aidue egualmente
contrario pernon
piacergli cioè, e per credersi adatto lui stesso a farneuno
migliore.Gli adunati però e gli Operai
non
tennero conto di tale iattanza e diedero la preferenza almodello
dell'Orcagna
a condizione che egli togliesse dalmodello medesimo
i taber- nacoli che goticamente lo tritavano, ene
in- gagliardisse la base.Legale
era la deliberazione degli Operai;ma
i cittadini di Firenze che se in generale
non potevano
avere voto deliberativo in pro- posito, pureamavano
che nulla fosse trascu- ratoonde
il nobile decreto dellaRepubblica
divenisseuna
realtà, tanto pressarono gli Ope- rai stessi, che questi; persuasi al pari del po- polo potere il Ghini riusciread
oltrepassare col proprio genioanche
l'Orcagna, ordinarono fosseammesso anche
egli alla prova, purché— ró-
si assoggettasse a presentare il proprio
mo-
dello dentro tre giorni, perchè soli tanti ne
avevano
assegnati all'Orcagna per correggereil
modello secondo
i consigli avuti.Ma
se TOrcagna aveva
vinta laprima
provaed
il Ghiniprometteva
lasciarlo indie- tro nella seconda, Francesco Talenti, il capo- maestro diSanta Maria
del Fiore, cheaveva
dovuto cedere,non
sidava
per vinto; e fa-cendo
suo prò deltempo
e dei voti dati, tor-nava
pur egli a cimentarsi, conun modello
che,
guadagnandosi
allaprima
il favore dei delegati intervenuti al giudizio, trionfò perunanime
voto sugli altri ed amaggiore
sod- disfazione per lo stesso voto di Giovanni diLapo
Ghini, cheprima
si era vantato di vin- cere ogni già presentato modello.Parrebbe
oggi che chi era preposto alla fabbrica diSanta Maria
del Fiore avesse fattoanche
troppo il proprio dovere e si fosse po- tuto senz'altro passare alla esecuzione del- l'opera giudicata.Ma
cosìnon procedevano
inostri maggiori,
sapendo come
ogni operaumana
sia suscettibile di perfezione; e per- ciò gli Operai deliberarono che il modelletto di Francesco Talenti venisse esposto per otto giorni sulfondamento
sul quale il pilastro-17-
avrebbc dovuto
sorgere; facendocollocare sotto almedesimo un
cartello a grandi lettere, nel quale era dichiaratoche chiunque trovasseda
apporre a quelmodello
qualche difetto potesse presentarsi liberamente dentro il termine as- segnato agli Operai, o chi per loro; che diqualunque
condizione egli si fosse sarebbe graziosamente ascoltato.Fatta e chiusa la
mostra
delmodello
alla, quale oltre al
popolo
in generaleaveva
con- corso particolarmente invitato dagli Operai ogni arteficeed
ogni cittadino aventefama
di
buon
gusto,nessuno avendo
opposto, omossa
critica di sorta, fu confermato dagli Operai il giudizio già legalmente espresso a favore delmodello
del Talenti, e fu dato in accollo il pilastro nellabase
e nel fusto, riser-bandone
il capitello alsuo autore, scultore ed architettoad un
tempo.irancesco Talenti fu
confermato capomaestro
1
dellaSanta Maria
del Fiore,come
lo era stato già diSanta
Reparata, dandogli acom-
pagno
l'emuloGiovanni
diLapo
Ghini, al- trettanto esperto negli avvedimenti e nella—
i8—
scienza del murare,
quanto
Francesco era fe- lice nel disegnare con maestà, congiunta alla grazia più corretta e squisita.Come
si è veduto procedere col cauto con- siglio per i pilastri, si era proceduto per la misura della distanza cheda un
pilastro al- l'altrodoveva
intercedere, eper lo slancio del saettare degli archi;ma
inalzati quei valichi e prese le disposizioni circale volte delle navi fu necessario riunire ancora i savi e gli artistiper trarne nuovi sostanziali consigli, per in-
tendere cioè
come
si dovessero decorare imuri sovrastanti alla
nave
maggiore, per de- finire, se le lucida
praticarsi nei murimede-
simi dovessero avereforma
arrotondataod
allungata.E
meritevole di osservazione lacura degli Operai perchè ilmuramento
riuscisse perfetto;finecheessireputavano raggiungere
imponendo
fino
da
principio la continua assistenza delcapomaestro
Francesco Talentiallacostruzione dei pilastri, lapena
della perdita diuna
lira per ogni pietra degli stessi che venissemu-
rata lui assente. Si procedeva bene,ma
len- tamente,ma
in tali operenon
sipuò
precipi- tare, e quasi cinque anni occorsero soload
arrivare a quella chiusura d'archi, chedoveva
—
19-
far necessitare la discussione del
punto dove
dovessero collocarsi i peducci a sostegno della voltamaggiore
a prendere la deliberazione opportuna per arricchire 1'interno della chiesa con la ricorrente terrazza, sorrettada
becca-telli che sovrasta le arcate; quella terrazza che il Boito è di parere sia dovuta per il
concetto all'
Orcagna
e per laforma
alTa-
lenti;
senza
che però,almeno
per ora, alcundocumento
pubblicato dimostri seanche
per essa fu aperta la nobile gara. Operaied
ar- tisti, religiosi e secolari si riunivano nel 17 settembre 1363 per i lavori ora enumerati; moltivolevano
allora che i peducci della voltamaggiore
chemuovono
a breve distanza dai capitelli dei pilastri si ergessero alquanto al disopra, e fra questiTaddeo
Gaddi,ma
Piero di Migliore,
Giovanni
Gherardini,Fran-
cesco Salvettied Andrea
Orcagna, che ave-vano
sostenuto e vinto il partito per le lucitonde
piuttosto che per le allungateda
altri proposte, ottennero che il ballatoio sostenutoda
beccatelli e con davanzale a tratoro ve- nisse collocato subito al disopra degli archi e si spiegasse atempo
opportunoad
eguale alzato al di là dellanave
in tutto l'aggregato delle tribune.—
20—
Prendendo
cognizione dei documenti chesi riferiscono allo svolgersi così naturale e conseguente del
monumento
di SantaMaria
del Fiore, vien datodidomandare come mai
fin oltre alla
metà
del presente secolo abbia potuto sussistere la tradizione che laSanta Maria
del Fiore, quale la vediamo, sia l'opera di Arnolfo.Viene da
meravigliarecome un
architetto qual fu lo storico dell'arte Giorgio Vasarinon
venisse in sospetto della falsità della tradizione e la traducessein istoria;da
meravigliare ancor più che oggi in tantaluce didocumenti
messi fuorida
uominibeneme-
riti, il
tempio
diSanta Maria
del Fioreda
Arnolfo si seguiti a intitolare;
mentre
quello che colpisce nell'interno di questotempio
è la purità, cioè la quiete, la mirabilearmonia
nascenteda
quelle linee che seppe imprimervi Francesco Talenti, coadiuvatoda
quella sin- golarissima accolta di ingegni, che sisono
veduti interloquire nel lavoro; quiete e gran- diosità che lo stato dell'arte ai tempi diAr-
nolfonon
ciavrebbe
potuto dare.—
21—
irancesco Talenti nel
1364
per cagioni diA
scrupolosa disciplina veniva sospeso dal sopraintendere alla costruzione diSanta Maria
del Fiore;ma
seGiovanni
diLapo
Ghini poteva succedergliper la parte statica dell'edi- fizionon
lo valevacerto per la parte estetica,nè
questo arteficeebbe
perciò sultempio
la balìa che era stata conceduta a Francesco; ilche è dimostrato dal vedersi
appunto da
quel giorno sottoposto il lavorìo diSanta Maria
del Fiore alle visite mensuali diuna Commissione
di artisti e di cittadini che veniva col capo- maestro
ad
assumere per così dire la responsa- bilità della difficile costruzione.el luglio del 1
366
gli Operaivennero
av-1
1 visati che alcuni cretti si erano mostrati nelle volte delle navi laterali,non
condotte allora oltre laseconda
arcata; e gli Operai, per nulla fidandosi del lorocapomaestro
e di chi li faceva sicuri, riunirono attorno a sè ottanta cittadini perchè incaso tanto impre- veduto esaminassero la cosa e porgessero loro consiglio. Figurarono fra questi quel Neri di Fioravante, a cui èdovuta
la costruzione dellaCJKa-
—
—
22—
loggia della Signoria, quel Benci di Cione, espertissimo, che
aveva
avuto voce nelCon-
siglio del 1357;
Francesco
Salvetti, Giovanni Gherardini edAndrea
Orcagna.Il disegno di
massima
che servì a dar principio ai lavori nel 1357 si disse chenon
portava che tre arcate per nave, cioè chetre valichi per lato nel lungo delle navimede-
sime,mentre
nessundocumento
sta a provarlo ed alla ragione contrasta; perchè lalunghezza della parte anteriore deltempio non avrebbe
avuto sviluppoconvenientemente
proporzio- nato alla larghezza, etantomeno una
estetica corrispondenza col grandioso aggregato delle tribune, chedovevano
formare la parte più eletta deltempio
stesso, quella riservata alle cappelle all'altaremaggiore ed
al coro;ma
sta in fatto che, nonostante che nel1366
due soli fossero i valichi compiti, cinque, enon
tre,ne
erano destinati a precedere la tribuna, constando perdocumenti
che i pilastri neces- sari a quei valichi in queltempo
erano già stati tutti inalzati.Il
discutere dei cretti, che fortunatamente
non avevano
importanza, fuuna
occasione di tornare sullaconvenienza
di correggere ildisegno di
massima
approvato dai deputati del 1357,anche
per sottrarre il lavoro alla oscillazionedi dover procederepezzo
perpezzo
e fargli prendereda
allora in avanti più ra- pido e più naturale indirizzo.Gli Operai
anche
questavolta vollero porre al coperto la loro responsabilità colchiamare
a Consiglio i Consoli dell'arte dei medici e speziali e quelli dell'arte di PorSanta Maria
o della seta;mentre
quei consoli inviavano a rappresentare le loro corporazioni, i primi unnumero
di pittori, l'altro di orefici.Gli oreficifurono interrogati i primi e
come
presi
da un
preconcetto consigliaronoche
le navate della chiesa per quelmomento non
si dovessero proseguire; e per aver agio di studiare
quanto
occorressead
assicurare e cor- reggere la parte già fatta siponesse
subitomano
allosvolgimento delle tribune, framezzo
allequali
doveva campeggiare
l'aitarmaggiore.In questa sentenza
scendevano
essi sopra tutto perchènon
erano convinti che la parte costruita avesse l'alzato conveniente; che le finestre giottesche,mantenute dopo
la trasfor-—
24 —
mazione
sostanziale dell' internonon
potes- sero più convenire, essendo necessario per lamaestà
dell'edificio cheuna
solane campeg-
giasse al centro dei muri di ogni arcata; (i) perchè dei valichicredevano
essi fossero suf- ficienti quattro,onde
tuttovenisse acomporre con
quella corrispondenza felice, con quella veragrandiosità dellaqualeper loro era difetto nel disegno fino a quelpunto
seguito.L'arte
dei medici e speziali,come
si è detto,aveva
delegato a rappresentarla pittori, equando
si sappia che fra questi eranoTad- deo
Gaddi, successore di Giotto, e l'Orcagnaavremo
già la misuracon
quale lodevole cri- terio avesse proceduto. I pittoridomandarono da
principioun mese
ditempo
per potermo-
strare in disegno
quanto
avrebbero essi con- sigliato per laprosecuzione della fabbrica,ma
letto
ad
essi il voto degli orafi a quello fe-(i)Edirechedopo questasolennissima sentenza, nota oramai da anni perildocumentopubblicato neilavori del Cavallucci, delBoitoe delNardiniDespottiMonspignotti su SantaMaria del Fiore,sièavuto
ilcoraggio diproporrealGovernolariaperturadiqueste stessefinestre.
Ècredibile? Pureè così. E dire che coloro che propongono cose di tanto rilievo possonovantarsidi veder dipendere dal loro capricciola sorte di tutti imonumenti toscani!
— ai-
cesi
prontamente
adesione,concordando
pure che la prosecuzione del lavoro avesse prin- cipio dall'aggregato delle tribune.ccolto dai preposti all'opera il consiglio degli orafi, convalidato
da
quello dei dipintori,composero
essiuna Commissione,
nella qualeebbero
parte dodici maestri nel murare, e fra questi i soliti Neri di Fiora- vante e l'Orcagna, e undici pittori che veni-vano
a così dire capitanatida Taddeo
Gaddi,come
ciascuno sa, pittoree architetto.Un mese
di tempo,quanto ne aveva
do-mandato
l'altra accolta di pittori sentita in concorso degli orafi, fu assegnato alla pre- sentazione del disegno dei maestri riuniti,ed
il giorno 13 agosto 1
366
gli Operai deltem-
pio, unitamente
ad
otto notabili cittadini che essiavevano
creduto conveniente di aggiun- gersi, si portarono nel tratto giàmurato
diSanta Maria
del Fiore per prendere cogni- zione del disegno ordinato e dell'altro diJa-copo
figlio delcapomaestro Francesco
Talenti, perchè fossero esaminati in confronto delmo-
dello che si
vedeva
giàmurato
nella chiesam
3
—
26—
medesima;
modello che fu attribuito a Gio- vanni diLapo
Ghini,ma
che lo spassionatoesame
della lettura deidocumenti
farebbe crederenon
fosse che quello che di concordia con i maestriviaveva
Francesco Talentimu-
rato fino dal 1357.E
vero cheun documento
parla diun mo-
dello
murato
di Giovanni diLapo
Ghini,ma
è vero altresì che quel
modello
per volontà degli Operainon
fu condotto a fine; e senzadocumenti
che chiaramente lo provino noinon saremmo
paratiad
ammetterlo.iovanni di
Lapo
Ghini fuilprimo ad
es-V_ J
sere interrogato dagli Operai sul merito dei tre disegni. Ci parrebbeassai strano che se egli fosse stato direttamenteuno
dei con- correnti a lui si dovesse dar la parola,mentre
Jacopo Talenti, che pure si presentava conun
disegno,non
veniva sentito.E
che cosa ri-spose il Ghini? Rispose che il
modello murato
della chiesa gli piaceva più, perchè slargavameno,
era dimaggior numero
di gente ca- pace eaveva
le cappelle e le sagrestie più larghe; edanche
perchènon conoscendo
l'al-.
—
cmh-—
-
27—
zato cui sarebbe giunta la costruzione dei maestri architetti e pittori,
non
era certo della sua solidezza.Il Ghini,
come
si vede, quinon
fa scuse relativamente al disegno che sceglie a causa della paternità,ma
discorrecome
di cosa che a lui fosse estranea.Udita
la risposta delcapomaestro
rivol- sero gli Operai la stessadomanda
ai maestri delle arti cheavevano
operato collettivamenteed
agli orafi, chiamati pur essi a questa adu-nanza
; e Benci diCione
per i maestri e pit- tori, Pietro di Migliore per gli orafi, risposero anome
di tutti il disegno fatto dai maestri essere piùbello, utile e fortedegli altri, ecome
tale essere parati a sostenerlo
con
chiare ra- gioni edifenderloda
chiopponesse
incontrario.Venne
la volta del collega del Ghini, di FrancescoTalenti, cui tantodoveva
la sezione deltempio
eseguita; ilquale, nonostante l'amor proprio in conflitto e l'esser padre di quelloJacopo
che si presentava a contrastare aimae-
stri e forse a lui stesso, sentenziava in
modo da
mostrare la vera e lealegrandezza
diun animo degno
che sene tenga memoria
: cioèil disegno dei maestri e dipintori essere più bello, utile e forte che ogni altro
non
fosse.-
28-
Tutti
gli artisti, parti più omeno
interes-sate nell'opera,
avevano
svolto il loro consiglio,ma
se siconcede
accettare le parti liberamente a discuterenon
è ammissibile che le sentenze che possanoda
loroemanare
deb-bano
passare senz'altrocome
cosa giudicata.Perchè
questo avvenisse erano necessari altri giudici e questiavevano
scelti gli Operai inun numero
di cittadini e di artisti, i quali, de- finita lagrandezza
enumero
delle cappelle e ritenuto esserequello dei Maestri il più belloed
onorevole disegnoda
essi veduto, e per la fidanza loro data di essere suscettibile di venire slanciatoquanto
occorresse senza vi- sibili catene, consigliavano areverenza diDio
e dellaVergine Maria
cheil disegno deimae-
stri fosse preferitoesi procedesse
con
la scorta di esso alla perfezione della chiesa e nelmodo
il più possibilmente sollecito alla ripresa della edificazione.
1
deputati all'opera resero conto a chi se-deva
in quelmomento
alGoverno
dellaRepubblica
del resultato del concorso, e plau- diti dal Gonfalonieree Priori dellamedesima
-
2Q-
per la
prudenza con
la quale si erano essi condotti, deliberarono inprima
che la chie- setta fatta permodello
si distruggesse, e pro- cedettero quindi alla elezione di otto maestri perchè eseguissero ilmodello nuovo
sul dise-gno
approvato, scegliendo a tal fine Neri di Fioravante,Francesco
Salvetti eBenci
diCione
architetti,
Taddeo
Gaddi,Andrea
di Bonaiuto, Niccolò diTommaso,
Neri diMone
eAndrea
Orcagna, qualificati tutticome semplicemente
pittori.
Il
modello
cheavrebbe
surrogato quello che si atterravadoveva
mostrare diessere su- scettibile di quella solida costruzione che Gio- vanni diLapo
Ghiniaveva
posta in dubbio.li otto maestri si erano accinti all'opera,
Vj ma Giovanni
Ghininon
si eradato
pervinto; e considerando la propria virtù nella pratica dell'edificare e il raro
buon
gusto del pieghevole collega Francesco, nullacurando
le ordinanze degli Operai, insieme
ad
esso siapprestò a contrapporre
un nuovo modello
a quelloal qualeilcollegiode'maestri attendeva.Nel
31maggio
1367, anove
mesi di di-—
30—
stanza dal concorso descritto, il modello del Talenti e del Ghini era alla presenza degli Operai: Francesco Talenti
aveva
accondisceso a lavorare col Ghini,ma
a luiaveva
lasciata la responsabilità della presentazione.Il primo giudizio su questo
nuovo
e for- zato concorso fu a vantaggio delmodello
dei maestri; senon
chegli Operaiad
esuberante cautelaavendo
desideratoche piùCommissioni
dovesseroconsigliare,una ne
riunirono nel24
di luglio,
una
nel giorno seguenteed
altra nel 31 di quel mese, le quali dettero tutte resultati a vantaggio delmodello
delTalenti e del Ghini enon
perchè fosse disconosciutoda
alcuno essere ilmodello
degli architetti e pittori piùmaestoso
e più bello,ma
perchèera
comune
parere fosse nell'altromaggiore
garanzia di solidità.La
differenza sostanziale fra idue
modelli consisteva fino da principio in questo ; chementre
il Talenti ed il Ghinisvolgevano
i bracci della croce del
tempio
al di là dicin-que
valichi, inun
aggregato divanidove
in cinque tribunepotessero capire in ciascuna tre—
3i—
sole cappelle, gli architetti e pittori in
modo
più sontuoso e magnifico, siccome al presente
si
vede svolgevano
il loro piramideggiante aggregato al di là di quattro valichi soli, su tre invece che su cinque tribune, dotate di cinque cappelle ciascuna, atteegualmente
a sostenereuna
cupoladelladimensione
di quellaideata dalTalenti e dal Ghini.
Rinunziare alla bellezza per
tema
della soliditàquando
artisticome Francesco
Sal- vetti eBenci
diCione
protestavano che idifetti notati nel
modello
degli Architetti e pittori apparirono solo perchè ilmodello
stessonon
era stato eseguitoad
esattanorma
deldisegno,
non
poteva che dolere, giacché ilfine della
Repubblica
o delpopolo
fioren- tino era stato sinda
principio quello di avereun tempio
ilpiù perfetto e sontuoso possibile;e perciò gli Operai ricorsero ancora ai con-
soli dell'arte dalla quale
emanavano
(i) per ottenerenuovamente
consiglio;ma
la rispo- sta fu che essi Operai trovasseromodo
checon
ogni sollecitudine si facesse il lavorìo della chiesa, bello, utile, forte ed onorevole per ilComune
; risposta insufficiente per gli Operai(i)Santa Maria del Fiore era in guardia dei Consoli dell'Arte della Lana.
—
32—
zelantissimi,
da
che essinon avevano mai
pen- sato a fare altrimenti e si trovavano astretti perciò a convocare ancorauna
volta nel9
di agosto del 1367un nuovo
Consiglio,dove
icommissari che furono Niccolò di Francesco
da
Barberino, FrateJacopo
diSan
Marco, FrateBenedetto
dal Poggiuolo eTaddeo
prete diSan
PierMaggiore
dichiararono solenne-mente
prendere essiimpegno
di renderecon
i loro studii forte il disegno che era univer- salmente piaciuto (1).
M.
Francesco
Talenti eLapo
Chini erano vinti;ma
restavano nel loro ufficio dicapomae-
stri per la continuazione della fabbrica.
Paghi una
volta gli Operai del definitivo disegno, vollero che d'allora innanzi si fosse certi che iltempio
per cagione dimutazione
di forme
non
avesse più ilfermo
; e richiesero ai Consoli quel decreto cheprontamente
di-(1)Sisa che questi valentuomini nulla modificarono alla esterna decorazione delmodellodegliottomaestri che garantivano- rendere solido al paridiquello del Talenti e delChini; e chepoco onullavariarono perl'interno; il chedimostracheerano nelvero FrancescoSalvetti e BencidiCione quando, protestando in favore del modello degli otto maestridicevanoche se siriscontravainesso difettodistaticaegli era stato eseguito aperfezione, secondo le idee degli autori.
—
33-
steso ordinava cheil
modello murato
diSanta Maria
del Fiore, approvato nel dì 15 dicem- bre1368
dovesse essere considerato dai ca- pomaestri delegati al lavorìocome
il tipo esatto al qualedovevano
attenersi,imponendo
al proprio notaro di dar
giuramento
a questo fine ai maestrimedesimi, che si sarebbero se- guiti nell'opera fino al suocompimento,
sotto-ponendo
apena
pecuniaria lo stesso notaioquando
ilgiuramento non
lo avesse deferito,ed
ai consiglieri preposti al lavoro e alcapo maestro egualmente una multa
e lapena
più grave di essere cassati dall'ufficio tenuto.l chiudersi del secolo
decimoquarto
tutti coloro cheavevano
avuto parte alnuovo modello
diSanta Maria
del Fiore erano per legge di natura spariti; e l'edifizio era ancoraben
lontano dall'essere compito.Ma
che vale per noi l'avere notizia delcome
procedesse quell'operaquando
dal1368
in poi il suodi-segno doveva
essere eseguito sopraun modello
giurato? Si erano inalzati i giganteschi piloni leimmense
faccie in pietra battuta dell'otta- gono. Si erano cavalcati gli spazi delle navi—
34-
e delle tribune con volte che
sembravano
adatte a sostenere tutto ciò che l'uomo avesse potutoimmaginare
di grave, e se le tribunenon
erano ancora chiuse ciònon
voleva direnon
si fosse tanto innanzida non
poter pro- cedere almuramento
deltamburo
e della cu- pola stessa che sorge staticamente indipen- dente dagli aggregati delle cappelle, le qualinon
concorrono al sostegnodi essa che per la apparente solidità.Noi
troviamo infatti che nel1409
è giàinoltrato il
tamburo
che sottostà alla cupola, e che solo nel 1421 si chiude l'ultima tribuna;segno
palese che l'una costruzione è indipen- dente dall'altra.m
Strana
è la questione di questotamburo
della cupola che la tradizione e il Vasari
avevano
fin qui attribuito a Filippo Brunel- leschi,mentre
perildocumento
citato del 1409, e per essere sopra al dettotamburo una
cor- nice qualeavrebbe
potuto convenire almo-
dello giurato, cioè a quello dei maestri, vienead
essere negatoad
esso Brunellesco (1).(1)Questo valentissimo rilievo édovutoall'egregio critico d'arte signor Nardini Despotti Mqnspignotti, altrove citatoad onore.
—
35—
La prima
volta che idocumenti
ricordano la ingerenza del Brunelleschi al preordina-mento
necessario a costruire la cupola diSanta Maria
del Fiore è nel 1417;ma
è nel 1417
che
egli è sentito laprima
volta perSanta Maria
del Fiore, o piuttosto fu egli ingrado
di avere influenza su questo edifizio
prima
equando non
si era ancora inalzato iltamburo
? Perchè tornato in patriada Roma con fama
di avervi sapientemente studiato
non
poteva aver esso fatto accettare alcune modificazioni al vecchio disegno,quando
sivede
che oramai esattamentenon
ci si interessava a star più al vecchio modello,come
lo dimostrano le balaustrate sulle estreme linee deltamburo
all'interno?
Bisogna
togliersioramai
dallamente
cheil Brunelleschi sia l'autore del
modello
della cupola di alcuna sua modificazione senon
decorativa, perchè
continuando
a tener lui per l'autore dellamedesima bisognerebbe
credere chenè Francesco
Talentinè Giovanni
diLapo
Ghini avessero pensato a cuoprire la parte
mas-
sima
delTempio,
onon
vi avessero pen- sato nel loro disegno i maestri, mentre,come
abbiamo
veduto, dalla istoria della chiesa gli uni e gli altriavevano
preordinato le otto-
36faccie della tribuna
maggiore
a sostenereun tamburo
quale ora si vede, e la cupola informa
acuta, siccome quella checiha
il Bru- nelleschi inalzata.onfutate vittoriosamente
sono
oramai per virtù deidocumenti
lefavole delfamoso
concorsomondiale
che ilVasari scrisse essersi tenuto in Firenze nel 1417 (1); e solo resta di vero che bandito nel 19 aprile 1418, uni-camente
nella città di Firenze,un
concorso,non
già perun modello
di cupola,ma
per modelli dell'armatura e ponti necessari alla costruzione dellamedesima, non
vi corrispose alcuno chenon
fosse toscano, o più precisa- mente, chenon
abitasseallora fra noi,senza che nulla accenni all'aver preso parte al concorsomedesimo
alcuno artista straniero.Il
documento
pregiato che concerne questo cimento,cheè oggidi pubblicaragione esicon- serva nell'archivio dell'Opera, amaggior
chia- rezza del fattodà
inomi
dei concorrenti, che furono:(1)Suquestabella questionesivedano idocumenti pubblicatidal
Comm. Cesare Guastinellasuapubblicazione sullacupola; edillavoro criticosultemadel già ricordato signorNardini Despotti Monspignotti
.
-
37-
Filippo di
Ser
Brunellesco -Manno
diBe-
nincasa -Maestro
Giovanni dall'Abbaco
(uno dei più insigni matematici del suotempo)
-Andrea
diGiovanni
- Giovanni d'Ambrogio
-Matteo
diLeonardo,
detto Matteaccio -Vita da
Pisa -Lorenzo
Ghiberti -Piero d'Antonio
detto Fannulla - Piero diSanta Maria
aMonte
-
Bruno
di Serlupo - Leonarduzzo di Piero - Forcore di Niccola diLuca
Spinelli -Ventura
di Cuccio -
Matteo
di Cristoforo -Bartolommeo
di
Jacopo
- Simone d'Antonio da
Siena - Mi- cheledi Niccola Dini-Giuliano d'Arrigo, detto Pesello.Il Brunelleschi però nella presentazione del suo
modello aveva
avuti a sociNanni
diAntonio
diBanco
e Donatello suocompagno
negli studii delle anticaglie in
Roma.
Il Brunelleschi e i soci ora detti si pre-
sentavano con un modello murato
; inquanto promettendo
easi di edificare la cupolasenza
armatura, più facile e pratico parevaloro poter dimostrarecon
chiarezza il proprioconcetto.Non
è nota laimportanza
delle propostedi ciascuno dei tanti concorrenti ;
ma dimo-
strano i fatti che quelLorenzo
di Bartoluccio Ghiberti, orefice, cuidobbiamo
le porte del Battistero, avesse valorosamente tenuto testa-
3»-
al Brunelleschi,
ad Antonio
diBanco
e aDo-
nato; giacchédopo
la elezione fatta dagli Operai di quattro commissari per la costru- zione della cupoladopo
ai consigli dei più esperti concorrenti ai progetti per lamedesima
già nominati, veniva egli scelto
ad
associare la propriaopera inun comune
intento a quella del Brunelleschi per la esecuzione diun mo-
dello definitivo.
el 16 aprile del
1420
noi troviamo Fi-1\|
lippo Brunelleschi,Lorenzo
Ghiberti e Giovanni diAntonio
capomaestro, elettiprov- veditori per la costruzione della cupola, conuno
stesso onorario.Quando
essi ascesero laSanta Maria
del Fiore per dedicarvi 1'opera collettiva la cupola era già stata incominciata a inalzare, giacché fino dal 1413abbiamo
do-cumento
che si era ordinatosi ponesse almuo-
vere della cupola stessa quellagrande
cornice che serve nelPinterno di ambulatorio e di or- nativa,come
già l'altra eseguitaprima
del- l'anno 1409, e che sta a base altamburo;
e sopra di essa si era
murato
quellegame
di macigni e quella cornice ancora di disegno-
39-
medioevale
già ricordata, dalla qualedoveva
prendere lemosse
ilmuramento
nuovo, al di-sopra cioè di sei braccia della interna cornice.
La
criticamoderna ha
posto indubbio con
solide ragioni che il Brunelleschi possa essere autore in luogo dei maestri del 1367,ed anche
di quelli del 1357, di
una
cupola internamente praticabile, o doppia; lasciando i critici a dis- putare soprauna
contesa che forse solo idocumenti
potrebbero esser sufficientiad
estin- guere, convien tener conto che egli fu rico- nosciuto in realtà il più sapiente fra coloro che gli ufficialiavevano
preposto alla difficile costruzione,che fu lui chedi continuovi attese, lui che in fine fugratamente
riconosciutocome
unicocapomaestro
ed a vita per la colossale impresa delcompimento
diSanta Maria
del Fiorecon
quella lanterna o tempietto che la corona; la quale se è in contradizionemani-
festa con lo stile che informa l'opera diFran-
cesco Talenti e dei maestri è, e resterà pursempre
nel suoanacronismo
per la elegante sua forma,modello veramente
mirabile.DIALOGHI
4
r.
dirti il vero, Pietro, credevo di trovare nel
primo numero
deltuo Osservatorequalcosasullafacciata delDuomo.
Ti sei forse dato per vinto?— Ah
! Lei fa per farmi can- tai tare, eh,signor Filippo?Mi sono
ar- rabbiatopoco
dietro a questobelloargomento, ha
ragione di farmici tornar sopra!—
Pensi alle arrabbiature, e pubblichiun
giornale?—
Ionon
dico che Ella abbia torto,ma
oramai che vuol che riprenda quella gatta a pelare?
O non
èuna
questione risoluta?Non
lo sa tutto il
mondo
che contro lemie
opi- nioni stanno i votidi rispettabili accademie, di circoli artistici e infine del plebiscito?Non
sa-rebbe
un'audaciail contradire a manifestazioni tantosolennemente
espresse? Ilpopolo,infatto di lingua e di gusto artistico, ère!—
44—
—
Via, via, trova altre scuse; codestenon
reggono, giacché ionon
vo'discutere nè di ac- cademie, nèdi circoli, nèdiplebisciti;ma
credo che su mille chehanno messa
la firma per ilvoto cui alludi,
non
ve ne sarebbero dieci che ne saprebbero render ragione.Vedi...mi
sono trovato io stesso inuna
nobile conversazionedove un buon
galantuomo,credendo
di fare opera santa, tirò fuori la sua brava nota in vantaggio del sistema basilicale, edopo una
perorazione dimostrativa che questoeral'unico partito cristiano e guelfoda
adottarsi, ottenne la firma dellamaggior
parte deicomponenti
il ritrovo, di tre fanciulli,
una
cameriera,due
serve, lo sguattero ed il portiere, mandati a posta achiamare
;ed avrebbe
ottenutocon
la stessa facilità quella del cuoco, del cameriere, del cocchiere e dello stallone, senon
fossero in quelmomento
stati fuori di casa. Perciò se hai ancora qualche cosada
dire, di'pure....Che
plebiscito?.... Nelle cose estetiche il ple- biscito?!fammi
il piacere! èvergogna anche
a ricordarlo!— Che
vuole?!quando
incominciai atrat- tare la questione della facciatami
pareva di essere inuna
botte di ferro e dinon
avere che a persuadere ilDe
Fabris, che altravoltaaveva
piegato allemie
disinteressate ragioni.Ma
luimorto
: guarda, dissi, che l'affare peg- giora!La Commissione
esecutivaed
il succes- sore scolare crederanno offendere ladegna
memoria
di lui,condiscendendo
allaminima
—
45—
variante e
non
otterremonulla di nulla. Infattiil
Comitato
esecutivo della facciata nell'annui!- ziare che al valent'uomo si era decretatoun
busto e la coniazione diuna medaglia
avente nel rovescio le tre cuspidida
luiideate, chiarì chenon
si eranel falsopensando
a quelmodo.
— Me
ne ricordo; e, senon
sbaglio, con-sigliastiche inluogo di
un
bustointutto tondo, fosseposto allamemoria
delDe
Fabrisun me-
daglione in basso rilievo, simile a quelli che giàsono
inDuomo
per Arnolfo, Giotto e Bru- nelleschida
collocarsi precisamente nelluogo oraoccupato da
quello a ricordo dell'orga- nista Squarcialupi.... (i) dicobene?
—
Sta benissimo;ma
v'è di più: che io allora fecirilevare la sconvenienza difareinci-dere la
medaglia con
lafacciata a tre cuspidiquando appunto
si stavaper fare esperimento dei controversi sistemi; e fui preso in consi- derazionecome sempre
!con
questo di ram-marico
: che la corbellerìa rimarràdocumento
perpetuo dellapochezza
dei Commissari, nella storia delmonumento
e nei medaglieri.Ma,
caro signor Filippo, ecco gente.Abbia
pa- zienza unmomento,
e se lo desidera conti-nueremo.
—
Fai pure il tuocomodo.
(i) Ilbusto del DeFabrissivoleva metterein luogodistinto dagli altri, fradueporte della paretedi facciata, ma prevalse in fineil con- sigliodell'Osservatore, benchénonper intiero, perchè questi voleva il ritr.uto amedaglione, enonun bustointuttotondo; e proponeva che
il bustodello Squarcialupifosse posto in una delle cappelledella tri- buna, ilche non fufatto,
- 46 -
— Dove siamo
rimasti ?— Non
tenerammenti? Allafamosa
medaglia.— Va
bene. Sideve
ricordare che fino dal 1876quando raccomandai con
tanto calore ai miei concittadini la facciataDe
Fabris (1) pregai il bersagliato autore anon
stancarsi a studiareper ogni via la parte controversa, cioè la questione delle cuspidi, certo,come
io gli dicevo, che se fosse potuto arrivare a persua- dersi cheuna
cuspide solaavrebbe
potuto conciliare le esigenze dei tricuspidali e deiba- silicali avrebbe giovato senon
altroad
otte- nereuna
tregua per procedere senza interru- zione alla costruzione del resto.—
Sta bene, e molti dei nostri amici con- fortarono la tua opinione.— Ed
egli pure accettò di tornare per quella parte allo studio,promettendo
lasciarla impregiudicata fino che i lavorinon
fossero giunti all'altezza dei ballatoi;ma
erauomo
enon
poteva star quieto tutto iltempo
che sa- rebbe stato necessarioad
arrivareaquel punto, equando meno me
l'aspettavo riceveiuna
di-mostrazione sul soggetto
con
tanto di grazioso indirizzo autografo delvalentemaestro; la con- clusione della quale era che il suo credonon
variava diuna
sillaba insistendosempre
più sulle tre cuspidi, specchio veridico,secondo
lui, della interna struttura.
(1) Si vedano imiei Appuntidiargomentofiorentino.Firenze, 1875.
-
47-
—
Parlava tantobene
che le parolenon
gli saranno mancate,
eh?
— Tanto
era eloquente e persuasivo che molticambiarono
bandiera; e senzail riflesso, fattoda
tutti coloro che capivano qualcosa, cheuna
facciataprima
di tuttodeve
esserein perfettaarmonia con
le parti esteriori degli edifizi, anzi nascereda
quelle, sviluppandosida
ciascuna e tutte per così dire riassumerle, sarebbe riescito vittorioso,ed
invece perquel- l'opuscolo l'opposizione si rese più manifesta e più grave, sussidiataanche
dai pochi,ma
seri,che
non
essendo nè tricuspidali nè basilicali avrebbero voluto essere piuttostocon
l'egregiomaestro
checon
gliavversaridilui.—
IlDe
Fabrisnon aveva dunque molta
prudenza.— Noi
neavremmo
avuta di più? Ionon
glie ne faccio
un
torto; fatto è che egli pare sentissemolto
altamente di sè e questo sen- timento loaccompagnò
al sepolcro; giacchémai
sul proposito delle cuspidi volle cederein nulla e quello che è
peggio dopo
la pub- blica approvazione di ogni altraparte del suo progettonon
si dichiarò sazio, volle tornar sopra capricciosamente sull'opera propria la quale siffattamente sconciòda
rimpiangere che per il suobuon nome
e per iltempio non
sia tornato all'Eterno sei anni prima.— Ricordo
chequando
si scuoprì la fac- ciatanon
ti peritasti a far conoscere la tua opinione su questo particolare.-
48-
—
Alzai la voce,ma
fu tutto fiato gettato.Non
ricorda che cosa scrisse dime
Pietro Fan- fani? « Inun
paesedove
tutto si fa per titoli e pernomea non
è possibile si ascolti lavoce
di
un
librainccio o meglio diun
rivenditore di libri vecchi. »— Che
vuoi! è così.... esiamo
in tempi didemocrazia
!—
Fatto sta che, ascoltato o no, ionon
ebbi incensi per alcuno e dissi la veritànuda
e cruda valesse quel che valesse. Incominciai col confrontare il progetto approvatocon
quello eseguito e fui costretto a lamentare che l'operada me
lodata nel 1875non
la ri-conoscevo
più;che viera sparita quellaquiete, cagioneprima
della universale simpatia; chei piloni
non
erano più quelli smussati, meglio concordanti col campanile, diversele formelle loro e le edicole; che la lunetta della porta principale nella tela del 1875 era meglio pro- porzionata e dimaggiore
effetto per il fregio sull'architravesegnatoinrosso;che gli sguanci della portamedesima
eranostraziati dalla nuo- vità delle edicole, fatte unicamente per sodi- sfare al desiderio diuno
scultore,tantogrande
nell'arte sua quanto
meschino
inquelladi edi- ficare; (1) che i pinnacoli o edicoiette finali dei piloncini di questa portain luogo deidue
angeli in piediavevano
grottesche figure, as- sisenon
si sacome,
i più dicono sopra pre-(1) Questo scultoreeraGiovanni Duprè.