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Assunzione dei medici veterinari nel Ssn, rischi e opportunità

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Academic year: 2022

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Competenze veterinarie

Assunzione dei medici veterinari nel Ssn, rischi e opportunità

G

overno e Regioni, in attuazio- ne dell’art. 22 del Patto per la salute e con il comma 566 della Legge di stabilità, stanno provando ad affidare a infermieri e tecnici laureati alcuni compiti dei medici e dei veteri- nari dipendenti del Ssn, sulla base del principio del “task shifting”, ossia la ri- distribuzione dei compiti all’interno di un gruppo di lavoro sanitario per cui competenze tecniche specifiche so- no spostate da operatori sanitari a qua- lificazione più elevata ad altri di qua- lificazione minore che costano meno.

Lo “stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali” già nel lontano 1979 definiva i ruoli del personale e prevedeva che atti più semplici fossero attribuiti ai giovani medici, veterinari e sanitari laureati nei primi anni di ser- vizio, prevedendo responsabilità gra- duate e proporzionali al livello gerar- chico e, conseguentemente, alla retri- buzione.

Oggi la discussione è incentrata su se e quali siano gli atti di “bassa comples- sità” che i medici e i veterinari dirigen- ti specializzati possono lasciare ai tec- nici della prevenzione o agli infermie- ri. Sarebbe opportuno rendersi conto

che la “complessità”, segmentata in at- ti sanitari sempre più semplici, può es- sere erosa all’infinito e che le profes- sioni sanitarie stanno assumendo ruoli sempre più ampi a scapito dei medici e veterinari, ma le responsabilità - spe- cialmente quelle giuridicamente rile- vanti - ricadono sempre sulla dirigen- za medica e veterinaria.

Nell’ambito della discussione sull’art.

22 del Patto per la salute, il Governo aveva previsto che i medici e i veteri- nari potessero accedere direttamente al Ssn anche senza specializzazione, con il solo possesso del diploma di laurea e abilitazione, a fronte di un trattamento economico inferiore a quello degli specializzati e senza qua- lifica dirigenziale.

In una bozza successiva è stata cassato il doppio canale di accesso (con e senza specializzazione), prevedendo un nuo- vo iter per le specializzazioni con crea- zione di reti regionali formative ospe- dale/università e realizzazione di un nuovo contratto di formazione e lavoro a partire dall’ultimo anno di specializ- zazione. Tutte queste novità, però, ri- guarderebbero soltanto i medici.

Dimenticanza od esclusione voluta?

Non è dato sapere. Sembra di capire però che i veterinari avranno un prov- vedimento specifico. In ogni caso, con- siderato che ciò che è stato previsto per i medici dovrà essere esteso anche ai veterinari, è necessario ragionare su una problematica di importanza deci- siva per il futuro della professione al- l’interno del Ssn.

Si tratta in primo luogo di non subire una reformatio in peius, ma anche di non arroccarsi su posizioni ormai an- tistoriche.

Il doppio canale rimanda a una diri- genza veterinaria più esigua, riservata esclusivamente ai responsabili di strut- tura? Da 6.000 a 600? Conservando l’at- tuale modello, dopo i massicci pensio- namenti che arriveranno nei prossimi 5-10 anni, pensiamo di ristabilire i nu- meri dell’attuale dirigenza o aumen- teranno a dismisura i tecnici della pre- venzione, mentre i veterinari perde- ranno la possibilità di essere assunti da semplici laureati ma, poi, anche da laureati specializzati? Chi vuole difen- dere il modello attuale con dipendenti solo veterinari specializzati e dirigenti ha un’idea qualitativa o anche quanti- tativa degli organici veterinari futuri?

Non si tratta di demonizzare questo o quel modello, ma di cogliere le possibi- lità e governare il cambiamento con in- telligenza professionale e categoriale.

L’assunzione di veterinari non specia- lizzati pone degli interrogativi: è me- glio un servizio veterinario composto da molti veterinari di base con uno sti- pendio inferiore a quello della dirigen- za, ma comunque a tempo indetermi- nato e con la prospettiva di entrare nella dirigenza, oppure è meglio ri- nunciare a questi posti di lavoro per mantenere solo le figure dirigenziali e lasciare il lavoro di base ai tecnici della prevenzione (senza dimenticare che i veterinari sono professionisti del- la prevenzione mentre i tecnici sono prevalentemente operatori della re- pressione)? Oppure siamo disposti ad accettare una composizione dei servizi in cui la dirigenza veterinaria si re- stringe a favore della veterinaria con- venzionata che eroga prestazioni spe- cialistiche, ma mantiene un’identità li- bero professionale a tempo indetermi- nato?

Gli attori della scena sono molti e de- vono essere invitati a un confronto.

L’Università fatica a creare specializ- zazioni in cui siano possibili borse di studio e convenzioni con i servizi ve- terinari delle Asl e con gli Izs per for- mare sul campo. Il Ministero della Sa- lute non ha ancora aperto un tavolo sul futuro della nostra professione. Le Regioni sembrano interessate solo a risparmiare, abbassando il costo delle prestazioni e quindi il livello degli operatori che devono produrle. La Me- dicina veterinaria è in grande difficoltà a darsi un progetto di innovazione e potenziamento sia a livello centrale che periferico.

È urgente intervenire su questo tema, non soltanto per offrire uno sbocco la- vorativo e professionale ai giovani col- leghi, ma anche per garantire l’ingres- so nel Ssn a giovani veterinari adegua- tamente formati per il compito sempre più delicato e complesso di tutelare la salute umana e animale.

Aldo Grasselli1

1. Presidente della Società italiana Medicina veterinaria pre- ventiva (Simevep).

La Settimana Veterinaria - N°914 - 22 aprile 2015

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DALLE ASSOCIAZIONI

A CURA DELLE ASSOCIAZIONI CONVENZIONATE CONLASETTIMANAVETERINARIA S.I.Ve.M.P.

Anche se non espressamente dichiarato con una chiara assunzione di responsabilità politica, il Ssn è destinato a un sensibile rimodellamento poiché, nel rimpallo tra Stato e Regioni, si va sempre più delineando un’econo- mia gestionale basata sulla politica dei tagli lineari che penalizza tutti senza premiare nessuno. A ciò non sfug- gono i Dipartimenti di Prevenzione che rischiano di es- sere destrutturati per fare facilmente cassa a scapito delle professionalità mediche e veterinarie ivi operanti.

Professionalità mai mediaticamente tanto rilevanti quan- to quelle di altri organismi che, forti di un chiaro man- dato repressivo nei confronti delle attività criminali, ri- scuotono gli onori della ribalta informativa, oscurando gli interventi preventivi rivolti all’analisi del rischio ma anche al continuo aggiornamento di una notevole mole di norme di settore. A tale rilevanza mediatica potrebbe inoltre conseguire un cospicuo incasso politico che po- trebbe quindi andare a discapito di quanto destinato alla prevenzione primaria proprio per un malinteso senso di soluzione determinato dall’equivoco “repressione più efficace della prevenzione”. Ma non sempre è così e an-

che quando viene dato merito alle attività dei Nas come avvenuto nell’incontro stampa del ministro della Salute Lorenzin del 7 aprile scorso, si conferma che negli ultimi anni l’uso degli antibiotici negli allevamenti italiani è diminuito del 30%. Si dà quindi implicitamente atto del lavoro di prevenzione veterinaria rivolto a migliorare le misure di biosicurezza e le tecniche d’allevamento che, oltre a incidere positivamente sul benessere degli ani- mali, comporta la diminuzione dei rischi legati all’anti- bioticoresistenza nei confronti della popolazione umana e animale. Infine, se i prodotti del comparto agro-ali- mentare italiani continuano ad avere in tutto il mondo un rilevante valore simbolico, molto dipende dalla buone pratiche costantemente monitorate dai Dipartimenti di Prevenzione, dai campi sino agli esercizi alimentari, as- sicurandone la salubrità. Se questi risultati si potessero ottenere solo comminando occasionalmente sanzioni avrebbero ragione gli amministratori che stanno igno- rando i Dipartimenti di Prevenzione delle Asl che, per legge ma sempre con meno mezzi, sono le autorità competenti deputate a garantirla.

Dipartimenti di Prevenzione a rischio

I N BREVE

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