A Circo Togni - Moscow Circo Heller- Vienna A
Giatcfel aa]rually,Neenonal
A Circo
A. Circo Fuentes ^ co City
IN QUESTO NUMERO: EGIDIO PALMIRI l . SERENA BASSANO CI PARLA DI
NOSTRO MENSILE SI ARRICCHISCE DEL RITORNO DI UNA FIRMA,
QUELLA DI DlETMAR WlNKLER, CHE CI RACCONTA LA STORIA DI LE STELLE DEL CIRCO SONO
E . ANTONIO GlAROLA CI RACCONTA DI . GU ARCHIVI DI RICERCA DELLO SPEHACOLO POPOLARE DI ALESSANDRA LffTA MODIGNANI CI PARLANO DEGLI
PUBBLI DELL'
DI ALESSANDRO SERENA. MENTRE GlLBERTO ZAVAHA CI RACCONTA, SUO MODO, COME SI VIVEVA nA
LA REDAZIONE
Circo
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E-Mail: enc@circo it
Penodico dell'Ente Nazionale Circhi Nuova Serie -Anno XXXII
N 3 marzo 2000
Egidio Palmin Redazione Claudio Monti - Alessandro Serena Collaboratori Serena Bassano. Roberta Battistin. Raffaele
De Rltis, f Jord:
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Modignani, Ettore Palladfno, Roberto Pandini, Guy Puttevils, Chns Puttevils. Dietmar Winkler,
Gisela Winkler Con la collaborazione d) Cirque (Svizzera), Cirque dans l'Universe (Francia), C/rcus Zeitung (Germania), De Piste (Olanda), Le Monde du Cirque (Francia)
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Ho omesso di scrivere l'editoriale di febbra- io con la speranza di poter essere meno pes- simista di quanto non fossi stato in quello del mese precedente. Purtroppo la situazio- ne è peggiorata e non so quando "passerà la nettata". Con l'editoriale di gennaio espri- mevo la mia preoccupazione su quanto sa-
rebbe accaduto con l'inizio del 2000 - data
dell'entrata in vigore della legge che aboli- sce l'imposta sugli spettacoli - considerata la mancanza delle norme di applicazione.
Grazie al protocollo siglato tra la presiden- za dell'Agis e la SIAE abbiamo ottenuto una proroga sino al 30 giugno ma, vedendo la bottiglia mezza vuota, temo che per la data stabilita non si avranno ancora regole preci- se e quindi ogni agenzia SIAE continuerà - così come avviene oggi - ad applicare un metodo diverso. La succitata legge avrebbe dovuto introdurre un'agevolazione ma, in pratica, per il Circo non arreca nessun van- faggio, anzi, siamo preoccupati per le nuo-
ve norme attuative.
Il bailamme politico peggiora di giorno in gior- no, pertanto è utopistico poter sperare in una nuova, seppur indispensabile, legge aggior- nata. Per fortuna si è verificato un netto mì- glioramento nella funzionalità del Diparti- mento dello Spettacolo e ritengo questa l'uni- ca nota positiva.
Sul versante interno debbo accusare quei
direttori di circo che approfittano della legge Bassanini e del caos politico e amministrati- vo per comportarsi in modo veramente scor- retto (ovviamente poche rondini non fanno primavera).
Durante l'ultima Assemblea ho chiesto chia- ramente che mi venisse indicata la linea "po- litica" da seguire: se occuparmi esclusiva- mente dei rapporti con le amministrazioni, o anche dell'attuazione del regolamento del- l'Ente, che prevede rispetto reciproco e con- duzione del proprio circo con serietà e cor- rettezza. Ho anche aggiunto che nel primo caso saremmo entrati nella giungla. All'una- nimità l'Assemblea dei soci ha ritenuto que- sta ipotesi fuori luogo in quanto nel momen- to attuale sono richieste unione, compattez- za e disciplina, perché entrare nella giungla avrebbe voluto dire seguire le orme di qual- che espulso dall'Ente, con danni enormi alla Categoria. Da questa risposta ho tratto nuo- va energia per la direziono di un'Associa- zione i cui componenti hanno espresso con decisione il desiderio di una condotta impe- gnativa, che logicamente comporta anche
sacrifici.
l propositi dell'Assemblea hanno però avu-
to vita breve, l metodi adottati da un noto
circo espulso dall'Ente sono tornati in vigo- re e addirittura sono state ripristinate prassi da tempo proibite (vedi l'affitto dei cuscini).
Inoltre, piccoli circhi pretendono e lottano per agire in capoluoghi di provincia, se non ad- dirittura di sostituirsi ai circhi di prima cate- goria nei capoluoghi di regione. Circhi medi che si presentano come "il nostro più gran- de circo", non solo con le dimensioni dello chapiteau maggiori del consentito di 4-5 metri, ma montando contemporaneamente un secondo tendono con tanto di ampio foyer in modo da apparire un circo di prima cate- goria. La pubblicità esagerata disgusta au- torità e cittadini facendo venir meno quella simpatia di cui il Circo godeva fino a ieri.
Non avrei citato pubblicamente tali fatti se questi non facessero seguito alla mancan- za più grave, che è quella di presentare spet- tacoli inaccettabili rispetto al "battage" pub- blicitario ed all'imponenza delle attrezzatu-
re. Questa condotta rivela una mentalità re-
trograda da parte di imprenditori che pensa- no solo all'oggi senza curarsi del domani.
L'iniziativa di anticipare la cifra necessaria per migliorare le attrezzature è mia e me ne assumo la responsabilità, ma non pensavo che buona parte degli associati ne approfit- tasse. Riconoscere i propri errori lo ritengo un pregio, ma un antico proverbio afferma che, se sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Ciò a giustificare la nuova condotta
che adotterò.
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DAL 1974 IL FESTIVAL DI MONTE CARLO CONTINUA A REGALARE EMOZIONI, CHE SI AMPLIFICANO PER CHI HA VISSUTO TUHE LE EDIZIONI. ECCO UN FLUSSO DI RICORDI DI SERENA BASSANO CHE CI DA L'OCCASIONE DI SALUTARE ANCORA UNA VOLTA L'ARTEFICE DI UNA MAGIA: IL PRINCIPE RANIERI.
come si potrebbero chiamare altrimenti gli stati d'animo che si provano durante le ore pas-
sale sotto lo chapiteau del Festival di Monte Carlo?
E' emozione l'incontro con gli amici che
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si rivedono una volta all'anno, in questo straordinario clima che solo Monte Car- lo sa creare. Ritrovare artisti che non s'è avuta occasione di rivedere per lunghi anni; i giovani che si son fatti uomini ed erano ragazzi, e gli anziani che sono un po' più segnati dal tempo, ma ringiovani- scono in quel clima particolare che si crea nell'aria, tra una stretta di mano ed un abbraccio colmo di calore, aime sa dare la gente del circo; schietto e sincero, anche perché se non to sente, un gesto d'affetto o d'amicizia non lo compie. Pun- to e basta, E' emozione l'accoglienza di tutti coloro che vengono in contatto con i giornalisti dei quali sanno essere amici con calore non solo professionale.
Ed è emozione, naturalmente, lo spetta- colo. Quello chapiteau cotmodi 4000 per-
sone festanti e calorose come tutti i cir-
censi sognano di avere. Quegli applausi che esplodono a tuono, assordanti, lun- ghi, a volte nemmeno la voce tonante di Sergio riesce a superarli perché si deve proseguire. Gli artisti tesi al massimo, partecipanti ad una competizione che più leale non potrebbe essere: non abbiamo
mai visto musi scuri verso i colleghi, rosi dall'invidia o dai rancori, mancanza di solidarietà: la competizione c'è e deve esistere, certo, è il motore propulsore di ogni competizione dove esiste una gra- duatoria finale, dei premi. Ma rare volte abbiamo visto gesti di stizza o di ranco-
re. Non erano veri artisti. Sull'onda di questo XXIV Festival appena vissuto non si può non risentire la gioia di ritrovare l'ex ragazzino prodigio Anthony Gatto, che allora, nei suoi 11 anni così promet- tenti avevamo affettuosamente sopran- nominato "il gattino"; quindi ritrovato al Gran Premio del Circo a Genova, ed oggi eccolo diventato uomo; più sicuro di sé (e to credo!), più maturo, sempre sem- plice ed affettuoso con riconoscenza per
chi ha creduto in lui sin dall'inizio. Della
sua bravura è già stato detto, e non si può aggiungere nulla se non che non c'è nulla di cui stupirsi; era scritto. Quel
Clown d'Oro tra le sue mani, è stata un'al-
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tra emozione. E che dire del premio alla
carriera di Alfredo Rastelli che il Princi-
pe, del Circo e non solo di Monte Carlo, ha voluto assegnarli? Alfredo tra i suoi figli Oreste e Vittorio, sessantaseienne
vivace e comunicativo, clown della scuo- la classica circense, che non accenna ancora a sparire anche se insidiata dai modernismi dei mimi spesso piuttosto noiosi e prolissi e deturpata da pessimi comici di altrettanto pessimo gusto. Ore-
ste invece a Monte Carlo si è fratturato
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una gamba e la felicità di suo papa ha
lenito la sua trattenuta arrabbiatura. An-
che tutto questo ha toccato chi li stima da tanti anni. Vorrei chiudere queste an-
notazioni emotive su una manifestazio- ne che in un modo o nell'altro abbiamo seguito sino dal debutto ormai lontano, con un ricordo; quell'anno impaginammo su C/rco di allora, un articolo scritto come presentazione da Alessandro Cervellati a proposito dei precedenti storici di sovra- ni interessati al circo, e corredato da quat- tro disegni creati appositamente. Vennero due pagine splendide, un omaggio al Cir- co ed al Principe Ranieri di Monaco inco- renato, con l'indimenticabile Grace, Re e Regina del Circo. Questo è un ricordo non solo emozionante, ma commovente, vo- cabolo che oggi non si usa più e che invece ha un profondo significato, che non
deve confondersi con emozionante. Sono due stati d'animo ben distinti. In questi gior- ni li abbiamo provati entrambi. Profonda- mente. Grazie per averceli procurati.
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SONO STATI DA POCO MESSI ALL'INCANTO l BENI DI PROPRIETÀ DELL EX CIRCO DI STATO DELLA GERMANIA DELL'ESL E' STATO COSI SMEMBRATO IL GRUPPO DI ORSI BIANCHI PRESENTATI
DALL'ARTISTA DI DRESDA IN TUHO IL LARCHIVISTA TCDESCO DlETMAR WlNKLER CI
RACCONTA LA STORIA DELLA PICCOLA GRANDE AMMAESTRATRICE.
na delle più complete e l'anno scorso ancora al centro della gab- longeve ammaestratrici di bia, arriva nei 1952 al Circo Busch, dove questo secolo. Nata a comincia come inserviente addetta alle Dresda, il 6 giugno del 1927, e fino al- pulizie degli animali. Ma ben presto pas-
sa a dedicarsi all'ammaestramento di beive e già nel 1955 rileva da Gaston Bo- sman un numero di tre leoni cot quale defautta nel circo Bariay. Nei tre anni se-
guenti lavora con un gruppo di orsi bruni da Aeros e Busch. Nel 1959 la prima esperienza con un gruppo misto di fiere composto da leopardi, puma ed orsi bru- ni e bianchi che presenta nella Germa- nia dell'Est, nel circo Sarani, e poi in tour- née in Bulgaria. Nel 1961 è la volta di un gruppo di sei leonesse affidatele dalla direzione generale del Circo di Stato della DDR costituito nel 1960 (al quale allora fanno capo i circhi Aeros, Busch e Bero- lina). Nel 1963 le viene affidato un grup- pò di orsi bianchi formato da esemplari già anziani che presenta per un anno, prima di sostituirlo con uno di sette ani- mali nuovi ammaestrati di proposito. Con questo gruppo cominda la carriera inter- nazionale di Ursula Bottcher, il cui grup- pò verrà portato in seguito fino a tredici esemptariE Le numerose tournée nella Germania dell'Est vengono alternate con scritture in molte nazioni: da Toni Boltini in Olanda, Jean Richard in Francia, Pri- ce in Spagna, Knie in Svizzera e - dal 1978 al 1982 - da Ringling Bros. and Barnum & Bailey in America, il primo bi- ennio come guest star e poi nella produ- zione presso il parco di divertimenti Cir- cus World. Le stagioni successive la ve- dono da Krone, all'ATA della Deutschlan- dhalle, al MTS della Wiener Stadthalle, in Polonia e, nel 1985, in una tournée di nove mesi in Giappone con uno spetta colo prodotto dal circo di stato della DDR.
Suo assistente e compagno di tutta la vita è Manfred Horn, scomparso nel 1990,a Minden, durante una sessione di prove
in seguito ad un attacco di un gigante-
sco orso Kodiak. Nel 1974 Ursula Bot-
tcher riceve in Spagna l'Oscar del Circo, oltre al premio Nice Matin al IX Festival
del Circo di Monte Carlo,
Negli ultimi anni continua ad esibirsi, nonostante la riduzione del gruppo do-
vuta all'avanzamento dell'età dei suoi
animali. Così nel 1993/94 è al Rio Safari Park spagnolo e nel 1997 con il Circo
Mundial. Mentre il 1998 la vede in attivi-
tà presso il Circo Ungherese della fami- glia Richter. E nel 1999 viene scritturata
dal Busch-Roland.
L'apertura della DDR e la conseguente liquidazione del vecchio circo di stato provocano la messa in stato di liquida- zione della Berliner Circus Union (così
si chiamava l'organismo statale dal 1991). Pare così che gli orsi debbano essere portati in uno zoo safari spagno- lo, soluzione auspicata dalla stessa Bot- tcher. Ma questa rimane solo una voce.
Il gruppo, all'oscuro della veterana delle ammaestratrici, viene smembrato ed in- dirizzato in parte allo zoo di Berlino, in parte in quello di Amneville (Francia). Gli ultimi esemplari vengono acquistati da Fredy Gaffner. Quello che rimane, incan- cellabile, è il ricordo di una piccola don- na che con la sua corporatura di appena un metro e cinquanta è riuscita ad affer- marsi come una delle più versatili am-
maestratrici del secolo.
Stelle wel iGreo
UeeCSCACe RAULLAI]
OCREISm CYCet RICA
Bello talentuoso,viene considerato il Re de!trapezio volan-
CPLoleReMANO PLOO ee Ibo 1912vienescritturatocon unnumero di trapeziosolistaper la PICLUNE WrMu
Lalo eseguonoun numero di funambolismo. Ne! 1911conil fratello Lalo, SteveOutch e RuthHarris, forma unatroupe al trapezio volante, | Codonas. Nel1920 entra nellastoria del Circo per essere il primo artista al mondo adeseguireiltriplo SCOTIAAMMENaees}CUCM (OeCa ORs)tC20)OM]
nonésoloil virtuosismofisico apermettergli PSEEISiSes cytutti, bensi ilsuo stilee fasua eleganzaritenuti unici. Nel 1927sposaLillienLeitzel, altra celebrearealista.Il 13febbra-
st Saidei~=qE* Reoy
COMEMPa Mee)etlir-Ce(cUum MeleeLeoOCreLCC lei, che perd lo rassicura eloprega di tornare a Berlino a lavorare. Due giorni dopo Lillien muore. Nel 1937, Alfredosi AUTMereLUC oema OLC0)0)Sue =Ly=eg)Ue| 2]
derivato dauna brutta caduta in rete, Lo stesso annola nuo- ME MleCMe nti(ecmeRolseMRe]elrd(oM MOM MUTECeKs ficio dell'avvocato, Alfredo spara prima alla moglie poi a se stesso. Lascia una nota: “Non hocasa. Non ho una moglie OTTLCMVCoCOLUNO Mer MMUMUALere e(e)aTer- (elec1C1 mai amato’. Il 2 agosto viene sepolto accanto Lillien. | Codonashanno presoparte al capolavoro de! cinemamuto VEOCMOCOMMyakeem aleOUeicccabs6
‘As=f
ST CRMCCm TMUIa Pacis
OaPAs en stoaPAREA) Unadelle donnepill conosciutedelcirco tedesco, elemcele MedescmeleslseMee Cachelelci7ALOscleslIsom eRTENE CCM IMeLCmeleomeselMecBOCal unadelle pocheragazzedei suoitempi ad assol- TCMeiMeLAEMUWISIUe RRR lca
allostudio dilettereefilosofiainiziandola carriera
di scrittrice.Mail padreha presto bisognodella suacollaborazioneperallestirelepantomimecir- ecm aEeRe Cecuey Lule)cee Breslau e Vienna, sonofamosi. Cosi dal 1915 GeeMMCMCCe Mammon
rareeSe
unagrandemoledi atti teatrali perilcirco, delle
CoolerOUeMelcllOMTemscrsce lelireredstueC0) gonista.Alla mortedel padre, nel 1927,eredita ilCircoBusche MelereOMelmeeoMORINeeMUAYCRUEMULeLe(oC dallaMMteecle ORCLMMCcUMOMMA neiPiani Urbanistici diHitler ¢vienechiusonel 1934e abbattu- to nel 1937. Paula Buschassicura la sopravvivenza del circo Strassburger, i cuiproprietariebrei sono costrettia rifugiarsi
i. WU SOPRA PAULA BUSCH NELLA PANTOMIMA J |
| ,| ured (1921). IN BASSO CON DEI GIOVANI Lion i 0. Foto beet! Arcus Wink!
EosCOCOERO RUSIMA Vese Remst(Ree
vivente EmilWacker. Durante la guerraperde anchegli stabilidi
PMHEUReeeAMEEoN Ay capitale. Dopo la guerra, nel 1946,si ritrova agestire un'arena allinterno dello zoo di Berlino conI'intento, mai realizzato,di apri- re un nuovostabileentro il 1948. Nel 1952 apre un circo in chapi- teauche conduce finoal 1954 e che continua a viaggiareinsequi- OMeMEMehccrdlo)gtMel OS] a0)MMVECAlc msl(¢100) -circo tedesco non molla, cosi nel 1960si tienela primadi un nuo- vo circo Paula Busch il quale pero chiude gia|l'estatedell’'anno successivo. Paula Busch,affitta allora il nome a WillAureden che lo conduce fino al 1962 come Circo Busch Roland(lacul insegna MURMUR Maracm=leme(emerMORONam C29 ENUMeon siamoromeo9(omer MOON acclO1m sitcomUsog EMMIMeNeMeA OuroMNCseML VC MerCMCsCHI fofellmolsaoa OUMeeLLTelcme OO CreOMA CHIE MSUUt ROUENB40 romanzi, oltre a spettacoli teatrali, libri per ragazzi, vari articoli in quotidianie riviste, e soprattutto innumerevoli pantomimecircen- SMCPECL Reeomeigocmom cereec MelMeriOlulu) CoeMeelMelsilUlecmelMeLeOMm:TCHTUELEMULE Mellom (ec eael TUS OURReesOee)eee MolecoeMMA re di fatto scritto la storia del circo.di Gisela Winkler
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UNO DEGLI SPETTACOLI PIÙ RIVOLUZIONARI DEL SECOLO FU SENZA DUBBIO PARADE. E CIRCO
FU UNA DELLE PRINCIPALI FONTE DI ISPIRAZIONE PER l GRANDI ARTISTI CHE VI LAVORARONO.
Il famoso dipinto Sipario è una grande tela (alta 11 metri e larga 17) che Picasso re- alizzà per il balletto "realista" Parade scrit- to da Jean Cocteau, musicato da Erik
Satie, con la coreografia di Massine e messo in scena a Parigi nel maggio del 1917 dalla Compagnia dei Balletti Russi di Sergej Diaghilev.
Testualmente, Cocteau, così descrive il soggetto: "La scenografia rappresenta le case a Parigi una domenica. Teatro di fie- ra. Tre numeri di music-hall servono da parata: presfigiatore cinese, acrobati, ra- gazzina americana. Tre managers orga- nizzano la pubblicità e cercano di con-
vincere la folla ad assistere allo spetta- colo, Nessuno entra. Dopo l'ultimo nume- ro della parata, i managers estenuati crol- lano gli uni sugli altri."
Il risultato fu un capolavoro talmente nuo- vo e audace da provocare, alla prima rappresentazione, un grosso scandalo:
per la prima volta venivano fusi in modo
del tutto diverso poesia, musica, pittura e coreografia. Ciò per uno spirito nuovo che animava in quel periodo vari artisti parigini e che aveva nel suo manifesto
^
l'esigenza di bandire dall'arte ogni mor- bidezza e di considerarla come soggetto
avente una propria esistenza.
Uno spirito nuovo
Questo spirito nuovo si manifestò in pit-
tura nelle tele cubiste di Picasso e di
Braque, in letteratura nella poesia diApol- linaire, Cocteau, Max Jacob, in musica nelle opere di Satie. In particolare la sim- biosi tra Satie e Picasso emerse prepo-
tentemente in Parade e successivamen- tè in un altro balletto intitolato Mercure
(pose plastiche), sviluppando i temi le- gati agli acrobati e arlecchini che il genio catalano aveva già approfondito nei suoi periodi blu e rosa, peraltro pregni di ma- linconia per la miseria che traspariva.
La vana agitazione di una fiera Per Parade, Satie realizzò una partitura
che formava uno sfondo musicale nostal-
gico con l'inserimento di rumori sugge- stivi (sirene, macchine da scrivere, mo-
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tori d'aeroplani, colpi di pistole... ) per dare l'impressione della vana agitazione di una fiera. Ne è venuta fuori un'opera dal- l'architettura semplice, priva di sbavatu-
re, che mette in risalto unicamente e vo-
lutamente degli elementi privi di nobiltà con melodie da strada e sonorità poco
ortodosse. Vengono evocati i giocolieri ';.
delle strade di Parigi ma trasfìgurati su
un piano artistico, privo di luoghi comuni, Debussy e in Ravel. Ma non si tratta di E' un elogio della povertà che rifiuta qual- musica da circo, per quanto ne siano toc- siasi orchestrazione brillante e segna la cati sensibilmente temi.
fine dei giochi di colore che incantano in
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bbiamo parlato, nel numero precedente, della famiglia Castagnoli, un nome scono- sciuto per molti ma non per questo meno importante. La famiglia Arata, di cui ci oc- cupiamo oggi, non è sconosciuta fra gli artisti, posto che vanta un'antica dinastia, ha fatto registrare una particolare noto- rietà dopo la seconda guerra mondiale e quasi tutta la sua discendenza è tuttora in circo. Abbiamo avuto l'occasione di
conoscere, di questa numerosa famiglia, solo tre persone: Regina, Mariano e Gra-
ziella Arata. Mariano e Graziella stava- no lavorando a Gardaland; è stato un incontro molto simpatico, dove abbiamo potuto mettere a fuoco l'albero genealo- gico della famiglia e fare una foto di grup- pò. Con la signora Regina Arata abbia- mo parlato più di una volta; stava lavo- rando - con il marito Guglielmo Nones e i figli - al circo Moira Orfei, prima di fer- marsi qualche anno fa. La famiglia Arata
non è rimasta unita come tradizionalmen-
tè avviene nelle dinastie italiane, ma ogni nucleo familiare ha fatto la propria stra- da, o come artista o come padrone di cir- co. Ma andiamo con ordine, comincian-
do dall'inizio. Amedeo è un palestrante di Massa Carrara e si diverte, quando nel paese arriva la fiera, a dare mostra della propria forza .e bravura. Si cimenta infat- ti in lotta greco-romana e come uomo-
forte. Riesce a sostenere con il torace
delle grosse pietre ed a rompere - sem- pre con la forza del torace - delle catene che si fa avvolgere attorno al petto. E' probabile che lo stimolo per entare in cir- co l'abbia avuto dalla moglie Claudia Riz- zoli una insegnante ferma, originaria di
Bologna. La domanda che viene spon- tanea è questa: perché mai un'insegnan- tè ferma avrebbe potuto dare questo sti- molo? La risposta è semplice: una zia di Claudia (sorella di sua mamma) aveva sposato Ugo Zacchini, il famoso uomo proiettile e quindi Claudia, proprio andan- do a trovare questi zii, ha incontrato la persona che gli avrebbe radicalmente
fatto cambiare vita. Amedeo Arata nasce
nel 1872, un'epoca piuttosto difficile, con tante difficoltà e pregiudizi. Il primogeni- to, Alfredo, nasce nel 1902 e poi via di seguito: Elena, Fanny, Violetta fìno all'ul- timo, Guido, nel 1911. Claudia, la madre, lascia da parte quaderni e gessetti e di- venta equilibrista sul filo. A questo punto ci sono tutte le prerogative per fondare
un circo: infatti nasce il Tea Circo Fratelli
Arata. Ogni figlio sceglie la propria stra-
da artistica. Alfredo diventa il clown "Pe-
palino". Le tre ragazze ereditano il nu- mero della madre, il filo, oltre ad essere delle artiste generiche come nella miglio-
re tradizione di un circo familiare. Guido è acrobata e cavallerizzo. Al Tea Circo lavorano anche i generi di Amedeo che
man mano entrano nella famiglia. Ales- sandro Savio (marito di Elena) è un pa- lestrante e passa dall'acrobazia al bam- bù alla comicità con "Pepolino". Aiessan- dro Savio con questo matrimonio da vita
ad una nuova dinastia di artisti tuttora
attivi in circo. Un altro genero di Amedeo è Riccardo Orfei, marito di Violetta, ricor- dato come un grandissimo saltatore. Ric- cardo si sposa giovanissimo ed è padre di Moira, Paolo e Mauro. La sua vita pur- troppo è piutosto breve: muore a 34 anni di polmonite, la complicazione di una brutta caduta dopo un salto mortale, Vio- letta, rimasta vedova, si risposa e ha due figlie, Dea e Pucci, che lavorano nel cir- co familiare con fratelli e cugini. Siamo in pieno conflitto mondiale e il circo deve chiudere. Purtroppo la guerra lascia il suo segno profondo; la famiglia si è ingran- dita, Amedeo ha 75 anni e nel 1947 muo- re. Ogni figlio prende la propria strada.
"Pepolino" con i figli e i nipoti continua la tradizione familiare e gestisce il circo Ara- ta, l figli di Elena fanno parte della dina- stia Savio e sono tutti artisti in giro per il mondo compresi i nipoti. La discenden- za di Fanny e di Violetta è tuttora in cir- co. Guido, il figlio più piccolo di Amedeo, è un artista generico, Diventa cavalleriz- zo, acrobata al trapezio Washington, porteur della scala sui piedi, e sposa Cle-
ofe Denji, un'equilibrista sul filo. L'eqLuJi- brismo diventa la fortuna dei suoi figli:
Anna, Vittorio e Francesco detto Billy montano un numero sul filo in cui Anna
tiene in impalo il fratello Billy. Con que-
sto numero lavorano come artisti, ingag- giati in circhi italiani. Successivamente, vengono richiesti in America dove han- no un discreto successo; al punto che la famiglia si stabilisce negli Usa. Vittorio lavora ancora lì, mentre Billy è diventato un noto impresario. C'è sempre stato nel popolo italiano il mito dell'America, alcu- ne persone lo vivono ancora adesso, ma trasferire una famiglia in America negli anni '50 -'60 non era poi così facile. Qual-
cuno è tornato senza aver fatto fortuna, non solo nel mondo dello spettacolo (an- che tra le persone ferme c'è chi ha per- so tutti i risparmi). Guido Arata è stato fortunato e con la sua intelligenza ha fatto di un numero di equilibrio sul filo un nu- mero di successo per i propri figli.
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PUBBLICHIAMO IL SEGUITO DELL'ARTICOLO APPARSO SUL NUMERO DI GENNAIO. DAL SUCCES-
SO, A CAVALLO DEI SECOLI, DEGLI ACROBATI CINESI IN EUROPA (DOVUTO ALLA MODA DELL'ORIENTALISMO) ALLE STATALIZZAZIONI DEL GOVERNO COMUNISTA. PER ARRIVARE SINO
ALLE VIHORIE NEI FESTIVAL E AL "NUOVO CORSO".
Fascino orientale
Il successo delle compagnie acrobatiche orientali nell'Europa del XIX secolo, è giu- stificato anche dal grande sviluppo
avuto dal teatro di varietà. Attorno alla metà del 1800, infatti, in un breve lasso di tempo nacquero e si affermarono in tutta Europa dei veri e propri circuiti di
teatri di varietà che diedero uno straor- dinario impulso vitale a tutte le arti acro- batiche e costrinsero gli impresari di al-
lora ad una continua ricerca di attrazioni
sensazionali in grado di accontentare un pubblico che diventava ogni giorno più esigente. E dato che una delle mode più seguite del tempo era l'orientalismo, le
imprese cercavano di scritturare artisti asiatici in grado di soddisfare l'enorme domanda esistente. Fra l'altro, le non ottimali condizioni economiche dei pae- si orientali spingevano gli artisti a forma- re delle compagnie e spingersi in tour- née, anche avventurose, in Europa ed in America. E mentre la maggior parte de-
gli artisti europei cominciava solo allora ad avere dei palcoscenici dove operare, gli orientali, ed in particolare i cinesi, era- no già abituati ad esibirsi in teatri o in altri luoghi deputati all'intrattenimento. In molte grandi città d'oriente erano infatti sorti i famosi quartieri del divertimento, dove al pubblico veniva offerta qualsiasi forma di svago, dalle prelibatezze gastro- nomiche, agli spettacoli di ombre e ma- rionette, fino al soddisfacimento, spesso più apprezzato e richiesto, di ogni desi- derio sessuale. In questi ambigui luoghi di spettacolo gli artisti erano tenuti a pre-
sentare un numero ben confezionato e a
migliorare di continuo la propria esibizio- ne. l primi acrobati asiatici ad ottenere grande successo in occidente furono gli indiani, ma attorno al 1850 si stabilizzò l'uso di scritturare soprattutto compagnie cinesi e giapponesi. D'altronde molti dei viaggiatori europei che avevano visitato l'oriente all'inizio del secolo avevano re-
datto dei diari di viaggio contenenti in- formazioni che spesso venivano sublima- tè in descrizioni favoleggianti. Grazie a simili raffigurazioni ed alle prime tournée degli artisti orientali, si formò nell'imma- ginario collettivo occidentale la convin- zione che l'oriente fosse una sorta di
paradiso di acrobati. La maestria degli
artisti dell'estremo oriente, come abbia- mo visto, era dovuta anche al fatto ch,e nell'antico regno dimezzo gli acrobati avevano potuto tramandare al meglio il proprio secolare talento sia perché non avevano conosciuto gli oscuri anni del
medioevo, sia perché in oriente erano state create delle vere e proprie scuole delle arti dello spettacolo, come il citato Giardino dei Peri. Quegli artisti inoltre utilizzavano attrezzi, quali ventagli, gros- se giare o palle di caucciù, la cui presen- za bastava di per sé a soddisfare la vo- glia di esotismo degli spettatori. Tutto ciò faceva continuare l'interessante proces-
so di commistione fra arte orientale ed occidentale. Man mano che arrivavano in Europa nuovi stili di acrobazia essi venivano adottati dagli artisti locali che a seconda della buona fede si comporta-
vano in due modi differenti: o rendendo
più simili agli occidentali i nuovi esercizi ed i nuovi attrezzi, oppure, più spesso, spacciandosi per asiatici, iniziando ad
adottare costumi, modi e nomi dalle par- venze orientali e a mentire sul loro luogo di provenienza nel tentativo, spesso riu- scito, di potersi vendere meglio.
La Grande Nazione
Di tutto l'oriente, la Cina è la nazione ove sono avvenute le trasformazioni più in- teressanti del nostro secolo in quanto ad acrobazia. Negli ultimi anni della dina- stia Qing, ovvero all'inizio del secolo in corso, pur donando all'occidente nume- rose ed apprezzate troupe, la Cina non riusciva ad offrire dignitose condizioni sociali ai propri acrobati, i quali si esibi- vano soprattutto in dei tendoni itineranti, simili a quelli europei, ma immersi nella più scura miseria. Gli artisti cinesi riusci-
rono a rìottenere una certa considerazio-
ne ed un certo status solo nel 1949, quando, con i'avvento di Mao Tse-Tung e la nascita della Nuova Cina, fu messa in opera la nazionalizzazione di tutti i complessi acrobatici. In quegli anni di tra- sformazioni sociali si prestò molto inte-
resse all'antica arte dell'acrobazia. La
prima esibizione del genere nella Nuova Cina venne organizzata nell'ottobre del
1950 a Pechino alla Huairen Hall di Zhon-
gnanhai, su ordine di Zhou Enlai, allora Primo Ministro. La compagnia che si esi- biva era formata da acrobati provenienti da diverse province e i numeri eseguiti
nel corso della rappresentazione erano
stati selezionati dallo stesso Primo Mini- stro che aveva voluto controllarne la va- lidità e la moraiità. Aveva infatti voluto che
fossero applicate severe censure sui quei numeri ritenuti capaci di donare al pub- blico emozioni troppo crude. Aveva per-
ciò scritto: "L'acrobazia dovrebbe dare al
popolo un piacere estetico e una sensa- zione piacevole. Ne deformità ne stimoli troppo forti devono essere usati per atti- rare il pubblico." Enlai fu quindi un pre-
cursore della moderna tendenza circen-
se verso forme più raffinate di spettaco- lo. Grazie alla sua determinazione, ven- nero infatti del tutto eliminate le esibizio-
ni dei fenomeni della natura, quegli es- seri infelici colpiti da deformazioni fisiche che spesso venivano costretti a mostra- re sé stessi ai fine di T'ar guadagnare un misero gruzzolo a chi li teneva in uno sta- to assai simile a quello della schiavitù.
Vennero pure eliminati tutti gli eccessi del fachirismo o di esibizioni similari, come le passeggiate su lame, gli ingoiatori di spade o di altri oggetti simili, e tutti quei numeri basati su sensazioni brutali. Dal-
l'arte acrobatica venne eliminata ogni seppur minima componente di rischio ed introdotto l'uso di rigorose norme di si- curezza. Venne inoltre tolta ogni forma di eccessiva ironia o di volgarità da quei numeri che pure nel loro complesso po- levano essere accettati. Il motto degli
acrobati di tutta la Cina divenne: "Lascia- mo che sboccino cento fiori, strappiamo le vecchie erbacee ed avanziamo nel
nuovo". L'acrobazia venne ideologizza- ta, guadagnandone, l numeri dovevano essere semplici, eseguiti con grazia, sen- za eccessive forme di protagonismo in- dividuale. Inoltre gli spettacoli delle com- pagnie di ogni differente provincia dove- vano essere caratterizzati con sapori e colori tipici delle proprie tradizioni. Così uno stesso numero eseguito da comples- si di provenienza diverea poteva parere del tutto distinto e perciò portatore di numerosi motivi di interesse, la prima compagnia acrobatica della quale abbia- mo parlato, la New ChinaAcrobaticTrou- pe, ebbe un successo tale da prendere conformazione di compagnia stabile e da
ispirare la nascita di gruppi simili in tutto
il territorio cinese.
.l nuovo corso
Secondo alcune statistiche in Cina sono oggi attivi più di dodicimila artisti impe- gnati in una varietà incredibile di discipli- ne con oltre duecento sottogeneri diffe- renti. Dalla metà degli anni settanta ad oggi, l'acrobazia cinese ha avuto degli ulteriori sviluppi, sia dal punto di vista organizzativo che da quello estetico. Dal punto di vista organizzativo le troupe acrobatiche risentono in maniera positi- va dell'incredibile boom economico che
da qualche anno sta portando la Cina fra i primi posti nel mondo in quanto ad au- mento del prodotto interno lordo. Sono sempre più numerose le compagnie che riescono a trovare finanziamenti per im- piantare nuovi teatri stabili e per miglio- rare gli edifici esistenti e le scuole. Dal punto di vista artistico è sintomatico ana- lizzare i due più importanti festival del mondo, quello di Monte Carlo e quello del Domani, a Parigi. In entrambe le ma- nifestazioni gti artisti cinesi fanno man bassa di trofei, ma si può ben individua- re la tendenza dominante. Nei primi anni gli artisti oriefitati colpiscono soprattutto per i loro virtuosismi, mentre vengono criticati per la messa in scena. In segui- to, in particolare dopo il successo del canadese Cirque du Soteil, attorno alta metà degli anni '90, si nota una sempre maggiore attenzione all'allestimento, anche se non calano i pressuposti tecni-
ci dei componenti dei numeri in gara.
Quindi le troupe acrobatiche cinesi non
sono rimaste insensibili al trend delnuo- vo circo, non solo in riferimento al singo- lo numero ma anche all'organicità del- l'intero spettacolo, come dimostrano an- che recenti tournée in Nord Europa. In particolare l'equipe creativa delle troupe acrobatiche del Guandong, dello Shen- yang, del Wu Han e dello Chengdu, si sono dimostrate capaci di stornare pro- duzioni in grado di conciliare la grande
tecnica con l'interessante ricerca del nuo- vo. Senza contare che sono sempre più
frequenti i festival organizzati in Cina, sia riservati ad artisti nazionali che prove- nienti da ogni parte del mondo, E que- sto permette un continuo confronto con le più recenti tendenze.
Non è quindi sbagliato affermare che dopo secoli di vagabondaggio le arti del- l'acrobazia sono tornate a casa e che
"Come nel fiume Yangtze l'ultima onda fluisce sopra la prima, così nell'arte ogni nuova generazione sorpassa quella che l'ha preceduta."
SEMPRE PIÙ RICHIESTI ED APPLAUDffl l GIOVANI ARTISTI DELL'ACCADEMIA DEL CIRCO DI CESENCTCO.
FRA MANIFESTAZIONI DI "ARTE SACRA" E PASSERELLE DI PROMESSE DELLA PISTA.
Un febbraio davvero intenso quello che ha vissuto l'Accademia del Circo, impe- gnata in due importanti trasferte. La pri- ma, il giorno 5, per partecipare alla dodi- cesima edizione della Premiare Rampe di Montecarlo, la seconda il 18 febbraio per il Giubileo Mondiale degli Artisti a
Roma.
Cominciamo dall'evento monegasco or- ganizzato dal Kiwanis Club sotto l'alto patrocinio del principe Ranieri. Veramen- tè qualificata la presenza dei giovani ar-
listi che si sono esibiti e che di certo non
sfigurerebbero al Festival di Montecarlo.
Numerosi i paesi partecipanti: oltre all'lta- lia, rappresentata da due allievi dell'Ac- cademia, Gabriel Agosti e Willy Colom- baioni, c'erano Francia, Russia, Ameri- ca, Cina, Canada, Svezia.
Il "K d'oro" è andato alla Troupe acroba- tica di Guangdong (Cina) e al filo di Ju- lien Posada (Francia). Gli altri riconoscì- menti sono stati per Margarita Bekker (Russia) al trapezio, Yevegeneya Shwar-
tzman (Usa), gionglaggio e Vitaly e Ma- da Fiesole, detto Beato Angelico, patro- rina Tomanov (ancora Usa) con un nu- no universale degli artisti) e il suggesti- mero aereo, ai quali la giuria ha tributato
il meritato "K d'argento". Infine, il bronzo se lo sono aggiudicati Sosian Souanov (Russia), gionglaggio, e Nadège Boscher (Francia), contorsionista.
Completamente diverso lo scenario ro- mano. L'occasione è stata quella del Giu- bileo Mondiale degli Artisti (nell'84 vanni Paolo II ha proclamato Giovanni
vo scenario dell'evento la Basilica di San- ta Maria sopra Minerva, un luogo che già di per sé è in grado di catalizzare l'atten- zione. Ad organizzare il tutto è stata la Fondazione "Adkins Chiti, donne in mu- sica" (la direzione artistica è di Patricia A. Chili) che fa parte dell'Unesco.
Il programma prevedeva l'esibizione di
artisti, gruppi musicali, orchestre, pittori, cori. E così due allievi dell'Accademia,
Gabriel Agosti e Valerla Valeriu, si sono stra di fiati e percussioni di Fresinone, e trovati fianco a fianco con Clarissa Burt, tanti altri,
Gigliola Cinquetti, Lina Sastri, l'Accade- Un'esperienza davvero bella e unica che
mia delle Belle Arti di Roma, l'Accade- rappresenta un ulteriore arricchimento mia Nazionale di danza, il Coro e il Con- per l'Accademia di Cesenatico.
servatorio "S. Cecilia" di Roma, l'Orche-
Il più grande spettacolo
del mondo
in Sardegna è troppo piccolo
Sono ancora presenti nella nostra memo- ria, di noi piccoli e grandi bambini, i suo- ni, le immagini e le sensazioni che accom- pagnavano i film di Federico Fellini che esploravano il fantastico mondo del cir- co. Un mondo che, per la sua particolare poesia e forza, non finisce mai di stan-
cara.
In Sard=gna, ec in particolare a Cagliari, i cittadini hanno sempre gradito questo tipo di spettacolo. Proprio per questo l cagliaritani meriterebbero di poter assiste- re al meglio in campo circense. Purtrop- pò, da un po' di anni a questa parte, non si capisce per quale recondito motivo, i cittadini assistono sempre agli stessi nu- meri e sempre dello stesso circo. Un cir- co con un nome glorioso, ma che in Sar- degna si presenta sempre in versione
"bonsai", con ranghi ridotti e dimensioni minime. Ci chiediamo se sia possibile, a partire dalla prossima stagione, poter as-
sistere a spettacoli di altri circhi e ad alle- stimenti un po' più consistenti, come quelli che vengono proposti nelle città della pe- nisola. Sappiamo bene che il capitolo "co- sti di trasporto" incide fortemente sulle scelte sopra richiamate, ma pensiamo che, se si continuerà a voler propinare ai sardi la solita minestra, irrimediabilmente cale- rà ancora il numero degli spettatori. Dia- mine!, un po' di coraggio amici del circo, dateci uno spettacolo come si deve, ve- drete che le presenze aumenteranno e con queste anche gli incassi.
Alessandro Pettinau (Cagliari)
Pittore del Circo
E' morto il 5 febbraio nella casa di cura
Villa Tirrenia il "pittore del circo" Sergio Raugi. Aveva 77 anni e il suo amore per il circo pescava molto lontano nel tempo,
quando nel dopoguerra era vissuto a con- tatto con i grandi complessi dell'epoca.
Pittore labronico, autodidatta, aveva dipin- to le sue prime tele agli inizi degli anni '50,
riscuotendo un crescente successo di cri-
tica e di pubblico. Le opere di Sergio Rau- gi, molto note sono le coloratissime figure di clown, furono esposte in Italia e in Europa. Allestì anche alcune mostre im- portanti all'interno dei circhi, il Circo Orfei e il Knie a Zurigo, nel 1971. In quest'ulti- ma occasione dipinse davanti al pubblico
che si accalcava sotto al tendane, ma la
particolarità fu che per lavorare sulla ta- volozza Sergio Raugi si piazzò dentro la gabbia dei leoni, dimostrando una freddez- za che non passò inosservata, tanto che la stampa diede ampio risalto all'evento.
Oltre che nella pittura Raugi si cimentò nella scultura del legno intagliando un cir- co che non potè far uscire dalla propria abitazione perché non usciva dalla porta.
aro Pietro,
ti scrivo queste righe uscen- do dalla prassi che si adotta normalmente in questi casi. Su queste stesse pagine pubblichiamo le comme-
morazioni di due amici. Sia Paladino che
Malandrone non sanno, però, quanto tu mi sia stato utile per lo sviluppo del "tuo"
Club, L'idea è stata mia, ma senza i tuoi consigli e la tua preparazione non so se il Cadec avrebbe avuto lo sviluppo che ritengo abbia invece avuto. Dopo la scomparsa di Giollo ti ho pregato di as- sumere la presidenza del Cadec; avevo bisogno dei lumi di un avvocato per uffi-
cializzare il Club con tanto di statuto e
regolamenti. Fosti restio, ma alla fine cedesti alla mia insistenza. Malgrado i tuoi impegni professionali (la norma era- no oltre dieci ore giornaliere di lavoro nel tuo studio) hai trovato il tempo per aderi- re alle mie pressanti richieste. Fosti an- che il primo avvocato a difendere l'Ente in ogni controversia, finché dopo alcuni
anni rinunciai alla tua collaborazione in quanto rifiutavi assolutamente, non dico la parcella, ma anche le spese vive. Per questo motivo decisi di non avvalermi più della tua preziosa collaborazione, ma non ho mai cessato di chiederti consigli sul come agire quando dovevo ricorrere
ai tribunali. Privatamente non eravamo sempre concordi su certe azioni e la mia esuberanza fece sì che ti facessi anche
richieste sbagliate, come solo in seguito ho riconosciuto, avanzando pretese as-
surde e non valutando la tua sensibilità e grandezza d'animo. Per questo debbo chiederti scusa pubblicamente, anche se mi avevi già perdonato. Come tè sono un ammiratore di Montecarlo e non po- tra dimenticare i giorni felici che abbia-
ERA STATO PER 14 ANNI PRESIDENTE DEL CLUB AMICI DEL CIRCO, CHE CON IL SUO COORDINAMENTO AVEVA CONOSCIUTO
MOMENTI DI GRANDE SPESSORE.
mo trascorso assieme in compagnia della mia Leda e della tua Bruna.Già quest'an- no ho sentito la vostra mancanza e il
"Montecarlo" non è stato lo stesso. La
nostra amicizia era forse più forte di quanto non fosse con altri circensi, per- che ho avuto la fortuna di poterti frequen- tare assiduamente, ma avevi "stretto" con tutti. Lo dimostrano i numerosi circensi
che sono venuti a porgerti l'ultimo saluto
e le tante telefonate di condoglianze di coloro che hanno appreso la triste noti- zia. Per quanto riguarda il nostro mondo hai lasciato ai tuoi figli una eredità molto importante: potersi presentare in qualsi- asi circo ed ottenere un'accoglienza par- ticolare, dicendo semplicemente: "Sono il figlio dell'Avvocato Rivoltella"
Egidio
E' vero che quando non c'è più chi è stato prima di noi nella vita, nel lavoro, nelle cose che facciamo, si awerte come un senso di vuoto, di smarrimento, quasi che manchi chi ti può dare una sicurezza, o comunque un riferimento. Oggi tocca a me, a pochi giorni di distanza dalla scomparsa di Pietro Rivol- tella. Un amico, una grande persona a cui ero accomunato dalla stessa passione, e che prima di me era stato Presidente di questo Club Amici del Circo per ben 14 anni. Pietro ha preso in mano il Club appena bambino, poco più che neonato; il Club che con Lui è cresciuto, ha preso forma e consistenza, ed è diventato una creatura adulta quando io ho preso il Suo posto, lo che sapevo di poter sempre contare sulla sua esperienza, sulle sue valutazioni personalissime eppure sem- pre serene, sulla sua voglia di partecipare alla vita del Club, anche quando materialmente non c'era. Fino a poche settimane fa, quan- do abbiamo chiacchierato a lungo del radu-
no di Roma, di cui ha voluto raccontati tutti i particolari e di cui continuava a rammaricarsi per non aver potuto partecipare. Credo che fra le tante doti di Pietro una delle più impor- tanti, quella che lo faceva restare vicino a persone di tutte le età, fosse quella di saper sfnrttare, comunicare l'esperienza di vita ac- cumulata e intelligentemente filtrata nel cor- so degli anni, senza nel contempo restare prigioniero del passato, di modi, abitudini, cul-
ture di altri tempi. Senza allontanarsi dal mon- do che comunque va avanti. E soprattutto senza mai fingere o nascondersi dietro nien- tè. Lui era quello che diceva, che vedevi. E' per questo che, dopo aver letto tutti i racconti pubblicati nei suoi quattro libri, mi sembra di esserci stato insieme tanto e tanto tempo.
Perché leggere i suoi scritti era come ascol- tarìo, come conversard insieme. Perché sa- peva non soltanto raccontare storie più o meno vissute della sua vita, ma anche farti pensare a quello che avevi letto. E' scompar- so il 5 febbraio. Non sta a me ricordarlo per tutto quello che egli aveva dato alla famiglia, alla professione, allo stesso mondo del circo;
credo che a questo penserà chi in materia è più titolato di me. lo voglio ricordarìo per quello
che ha dato alla nostra Associazione, che è stato tanto, e che per me è stato sempre pre- zioso, da quando ne ho preso il posto fino a quando, purtroppo, ci ha lasdati. Ha dato il suo impegno e soprattutto la sua passione nel fare le cose, ha dato sostanzialmente quello che lui era. E voglio salutarlo senza troppi panegirid, che a Lui sicuramente avreb- bero dato fastidio, ma semplicemente ricor- dandoLo per tutto quello che ci ha trasmes-
so e che non dobbiamo dimenticare.
Ettore Paladino
"Cari amici, seppure non ci si conosce, il termine di indirizzo deve essere
questo: AMICI; miei perché come voi, amid del Circo". Inizia così una lettera datata 12 gennaio 1972 contenente un invito a parted- pare ad una riunione da tenersi in Milano per collaborare alla stesura dello statuto del Club Amid del Circo. Fu così che, dopo poco più di un mese, predsamente il 17 febbraio, rag- giunsi a Milano nel pomeriggio il ristorante "A Putia" in viale Monza e in una sala riservata, con gli amici sconosciuti, che si ritroveranno in questo scritto, conobbi Pietro Rivoltella. Mi colpirono subito in lui la semplicità delle pa- rote, lo sguardo vivo ed espressivo filtrato da piccole lenti. Illustrò la bozza di statuto che aveva preparato, rispose con calma alle os- servazioni, sottolineando l'esigenza di un pa-
rallelismo di intenti fra il Club e l'Ente Nazio- nale Circhi. Si lavorò qualche ora, poi a sera il clima professionale divenne conviviale da- vanti ad un fumante piatto di spaghetti alla
"gattopardo" e quelli che non si conosceva- no divennero amici per tanti anni perdendo- ne qualcuno, aggiungendone altri. Pietro Ri- voltella, dopo Ricciotto Giallo, prematuramen- tè scomparso, guidò il Club per molti anni con polso e signorilità; poi passò la mano al no-
stro attuale Presidente. Ora mi trovo a scri-
vere queste righe in sua memoria e quasi non credo che abbia lasciato la sua grande famiglia, noi amici, la vita terrena. Dalle sue parole, dai suoi scritti raccolti in volumi pub- blicati negli anni appena trascorsi, ci appare un uomo buono, semplice, sincero, che ha imparatoavivere veramente; peccato pertutti che non abbia potuto continuare come cer- tamente avrebbe desiderato. Ci avrebbe in-
segnato ancora molto!
Domenico Bianchi Malandrone
ennesima trasmissione televisi-
va del film II più grande spetta- co/o de/ moncfo, ci ha riportato la visione sempre molto interessante della immaginaria vicenda ambientata nel circo Ringling visto da tutte le angolazioni, Ciò mi
ha indotto a cercare di ricostruire la vita in
quel circo in quell'epoca, oltre dnquant'anni fa, senza tener conto di eventi imprevisti e straordinari che nel corso di una stagione pos- sono capitare. A chi mi chiedesse: "Ma lei c'è mai stato da Ringling? No? E allora che ne sa!" Risponderei che non d sono mai stato e che me ne dispiace molto, ma se ci si basas- se sul principio che per conoscere qualcosa bisogna averla vissuta personalmente direi
GlLBERTO ZAVAHA CI RACCONTA COME SI VIVEVA DIETRO LE QUINTE DEL "PIÙ GRANDE SPEHACOLO DEL MONDO". SFATATO IL MITO DEL
"SOGNO AMERICANO", MA GIUDIZIO FINALE COMUNQUE POSITIVO.
che il grande Montanelli, che recentemente quella di Aurelio (ican'ani), la famiglia di Al- ha scritto la storia di Roma antica, deve ave- berto Zoppè (cavallerizzi), i Romanin e i Ber- re ben più dei quasi 90 anni dichiarati! L'im- tolaccini (saltatori), i fratelli Chiesa (giocolie- portante è documentarsi bene, con pignole-
ria, e servirsi di testimoni attendibili. Era il 1947
quando l'agente Schischtolz, incaricato di re- dufare gli artisti per il programma del 1948,
ri), i Travaglia, la famiglia di Pierino Zavatta (cidisti), il funambolo aimico Emilio Zavatta e moglie. Da altre nazioni europee vennero via il grande giocoliere Francis Brunn, il verti- calò in Italia dove fece una "retata" straordi- calista Unus, i Dobritch e i Joahnides (filisti), i nana scritturando e portandosi inAmerica due Perezoff (pertichisti) e altri (si poteva dunque famiglie Bogino, quella di Ugo (saltatori) e allestire un grande spettacolo senza l'ausilio di artisti russi), Alcuni di questi artisti rimase- ro un paio d'anni con Ringling, altri più a lun- go, altri ancora non tornarono più in Italia.
Della troupe Bogino facevano anche parte
Renzo e Monaldeco Recelli. Proviamo ora a
hcostruire 24 ore di vita da Ringling partendo dalla fine del secondo spettacolo. Gli artisti potevano usufruire di grandi casse fornite dal- l'organizzazione, dentro le quali collocavano i loro attrezzi e oggetti personali, ma do cto- veva essere fatto assai celermente poiché le casse venivano subito portate via e awiate al carico. Gli artisti si radunavano poi presso i bus che li trasportavano ai treni (quattro con- vogli) ctove salivano nel vagone toro asse- gnato. Gli italiani erano tutti riuniti nello stes- so vagone, eccettuata la troupe di Alberto Zoppé e diAldo Cristiani facenti parte del grup- pò di Giustino Loyal. Un lungo corridoio se-
parava le cuccette a destra e sinistra, dotate di tendine divisorie, ma con ben poco spazio per gli oggetti personali, così, senza il confor- to di un sedile quaisiasi che comunque, piaz- zato in mezzo al corridoio, avrebbe intralda-
to l'andirivieni dei colleghi, agli artisti non ri- maneva alba scelta se non ritirarsi nel pro- prio letto o rimanere in piedi accanto ad esso.
D'altra parte, a quel punto, tutti erano suffi- cientemente stanchi per desiderare di cori- carsi. Al mattino seguente il freno, dopo aver viaggiato durante la notte, era a destinazio- ne e gli artisti del vagone, una quarantina, dovevano porsi in fila per poter usare la toe- lette e lavarsi. Ma i meno pazienti srendeva- no e cercavano alternative o aspettavano di essere al arco per prowedere alla propria pulizia. Ad orario convenuto il bus raccoglie- va tutti per condurii sulla piazza del arco dove la "cookhouse", la mensa, elargiva una pri- ma colazione varia e assai abbondante. Dopo di che gli artisti si sparpagliavano per impe- gnarsi nelle più varie attività: preparazione dei propri attrezzi, eventuali riparaztoni e modifi- che degli stessi, prove, riassetto costumi e altre necess'rià. ColQro die non avevano po- tuto farlo nel vagone ora approfittavano defle prese d'acqua per lavarsi, così, alla "boy scout, non essendoci lavabi in luogN chiusi.
Spuntavano anche catini, secchi e mastelli per l lavaggio dei panni spordii che poi veni- vano stesi qua e là. Vi era chi si srffermava ad osservare, (»n quotidiana meraviglia, il' sorgere di un arco di quella mole con straor- dinaria celerità. Con il tempo cattivo gli artisti però erano assai a disagio non potendo usu- fruire di un proprio rifugio e trovavano così
riparo dove capitava. Non dovrebbe essere pertinente ne importante pariare dei servizi igienici ma la singolarità di alcuni particolari mi induce a farlo. Più che "servizi igienid", si potevano definire semplicemente cessi, i quali, numerosissimi intorno al circo, erano
costifcj iti da capanni o camerini, in tela, non serviti idraulicamente. Ma il fatto strano, direi
umoristico, era che all'intemo di questi ca-
merini erano collocate due tazze water non
divise tra loro da parete. In poche parole era previsto che due persone per volta si doves- sero servire del gabinetto a contatto di...
gomito. Il personale locale era magari abi- tuato a do, ma si può ben immaginare l'im- barazzo di tanti altri artisti. Un suono di trom-
ba di chiare origini militari, chiamava tutti nel- la grande "cookhouse" per il pasto di mezzo- giorno costihjito da un cibo ottimo e abbon- dante. Peccato, dicevano gli italiani, chespes- so le carni venissero ben condite da compo- nenti dolci. Alla mensa non si poteva indu-
giare troppo poiché il primo spettacolo, che iniziava alle 14.15, incombeva, quindi gli arii- sti si affrettavano a prendere posto nei loro camerini, dei box situati sotto le gradinate uno in fila all'altro. Molti artisti, nel corso dello spet- tacolo, erano impegnati, olfre che con i loro numeri, anche con varie sfilate e quadri co- reografid, a ri ne erano esenti ed altri ancora partedpando al numero degli elefanti o alle corde aeree o ai salti ai trampolini, otteneva- no un compenso settimanale oltre alla paga prevista. A fine settimana veniva chiesto agli artisti quale somma volessero trattenere per le piccole spese, mentre il grosso del com- penso partiva alla volta di Sarasota e là inca- merato nella banca del circo. Tra uno spetta- colo e l'altro tutto il personale veniva richia- mato dalla tromba alla mensa per il pasto serale per poi celermente riportarsi in arco e prepararsi per la seconda rappresentazione
delle 20. 15 che ovviamente per tutti era co- pia della prima. Per sei giorni la settimana tutto si svolgeva nel modo descritto, ma la domenica era giorno di riposo e il circo non effettuava spettacoli, pertanto per gli artisti sa- rebbe potuto significare una giornata di sva- go oltre che di riposo, ma purtroppo tale gior- nata veniva sfruttata dall'organizzazione per gli spostamenti più lunghi, l treni, oltre che viaggiare durante la notte del sabato conti-
nuavano a farìo anche nel corso della dome-
nica, effettuando però soste saltuarie in cam- pagna o in zone semi desertiche. Era quello che tutti aspettavano! Non funzionando la mensa, a tutto il personale veniva assegnata una scatola contenente le tipiche dambelle americane, carne in scatola, uova e arance.
Ma ciò non soddisfaceva molto gli esigenti palati degli italiani, ed ecco allora, allorché il treno era fermo, gli artisti saltavano fuori dal vagone con spirìtiere e pentole per cucinare gli spaghetti mentre venivano accesi dei pic-
coli fuochi per le graticole. .. e seduti a terra poi gli artisti gustavano un pasto alla maniera dei pionieri. A volte capitava però che si udis-
sera i fischi del locomotore che annunciava
la partenza interrompendo così il pasto ap- pena iniziato e allora in tutta fretta ogni cosa veniva caricata. Altre volte la partenza sor- prendeva tutto a metà cottura costringendo i cuochi a gettare via ogni cosa... insomma
un'awentura. Per la verità chi lo desiderava,
poteva ricorrere all'opera del cuoco del treno che sapeva preparare un ottimo risotto alla
cinese e fornire bevande calde e fredde a
pagamento. Durante il viaggio c'era chi dor- miva, chi leggeva malgrado i sussulti del va- gone, e chi giocava a poker assai scomoda- mente seduto sui letti più bassi. Non manca- va qualche screzio tra gli occupanti il vago- ne, cosa comprensibile costretti com'erano ad una convivenza rawidnata, con privacy quasi nulla, per la durata anche di 36 ore con- secutive. l motivi erano i più disparati non esclusi quelli relativi a scarso pudore, magari involontarìo, di qualcuno con relativo imba-
razzo di altri. Al lunedì mattina il treno era a
destinazione e tutto iniziava da capo, un'altra dura giornata prendeva l'awio e un altro pic- colo miracolo si realizzava. Questa era dun- que la vita al circo Ringling, della quale ov- viamente ho dato solo una paiziale descri- zione. Cosa significava per un artista un in- gaggio in un simile circo? A quali svantaggi e a quali vantaggi andava incontro? Vediamo subito. Fattori negativi, ben pochi: viaggio andata e ritorno con la nave a proprio carico;
vita rude e impegnativa, alloggi scomodi e promiscui, disagi e qualche rinuncia, ,. Fatto- ri positivi: il compenso, superiore a quello per- cepito in Europa; possibilità di arrotondarìo con apparizioni extra in pista; quasi totale mancanza di occupazioni per spendere i pro- pri denari; vitto completamente spesato;
esclusa ogni possibile spesa per benzina, rotture o incidenti a mezzi propri (alla fine della stagione un gruzzolo sicuro). Inoltre impaga- bili esperienze, orgoglio di far parte del più grande circo del mondo, conoscenza e ami- cizia con decine di artisti mondiali. Infine, effi- cace "biglietto da visita" per il proseguo della carriera. E per finire, signori, attenzione a queste stupefacenti cifre relative al biennio 1948/49. 188 persone prendenti parte allo spettacolo; 28 elementi dell'orchestra; 1448 persone viaggianti con il arco; 1096 animali;
35.000 chilometri complessivi della toumée;
123 città visitate (delle quali 95 per un solo giorno). Questo era l'irripetibile Ringling di quei tempi. Oggi tale circo è ancora ben presente, bello e forte, ma forse senza più quella com- ponente romantico - awenturosa di allora.
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