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Il valore dell avviamento è sindacabile dal Giudice?

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La giurisprudenza in tema di avviamento e valutazione di azienda

di Danilo Sciuto

Pubblicato il 15 luglio 2016

Segnaliamo un’interessante serie di sentenze tributarie che analizzano l’esatta quantificazione (a livello fiscale) dell’avviamento: tale quantificazione può generare pericolosi contenziosi col fisco.

Avviamento e valutazione di azienda – Premessa

Nell’ambito del viaggio attraverso le sentenze di legittimità che affrontano il tema della cessione di azienda, non può mancare i filone dedicato all’avviamento.

Il processo che porta alla valutazione dell’azienda è d’altronde fortemente caratterizzato da discrezionalità, e pertanto suscettibile anche di errori, che possono riflettersi anche in ambito tributario.

Si segnala tuttavia come in questa puntata della rassegna si dà spazio non solo alle tematiche di determinazione del valore dell’avviamento, ma anche al trattamento ai fini della imposizione diretta, nonché agli aspetti relativi alla modalità di contestazione da parte dell’agenzia delle entrate del valore determinato.

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Il valore dell’avviamento è sindacabile dal Giudice?

La determinazione del valore d’avviamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito non suscettibile di essere sindacata in sede di legittimità se non sotto il profilo del vizio di motivazione il quale deve contenere, ai fini dell’ossequio al principio di autosufficienza, tutti gli elementi utili per contestare coerenza e congruità al processo logico- giuridico seguito dall’organo giudicante.

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(Cassazione, sezione V, sentenza n. 9149/2014)

Come determinare il valore dell’avviamento

Ai fini del calcolo del valore dell’avviamento commerciale quale parte del corrispettivo di cessione d’azienda, per la determinazione della base imponibile dell’imposta di registro secondo il disposto dell’art. 51, D.P.R. n. 131 del 1986 e art. 2, comma 4, D.P.R. n. 460 del 1996, quest’ultima avente funzione di fungere da parametro minimo per il relativo calcolo, dovrà applicarsi la percentuale di redditività nella misura ritenuta congrua dal giudice del merito alla media dei ricavi (e non degli utili operativi) accertati, o, in mancanza dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre periodi d’imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento, applicando di seguito il moltiplicatore previsto dalla norma.

Inoltre, la valutazione dei cespiti immobiliari e aziendali insistenti sulla zona interessata (dei Navigli) richiede il preventivo accertamento dei rispettivi valori di stima, così come determinati dai comuni valori di mercato inseriti negli appositi listini immobiliari.

(Cassazione, sezione V, sentenza n. 7324/2014)

Il valore dell’avviamento nella cessione di compendi aziendali

La determinazione dell’entità dell’avviamento è desumibile, anche, mediante l’adozione dei criteri di cui al D.P.R. n. 460 del 1996, ancorché tali criteri siano relativi ad una disposizione regolamentare che non è direttamente applicabile, perché enucleata nell’ambito della disciplina dell’accertamento con adesione.

(Cassazione, sezione V, sentenza n. 1249/2014)

Aspetti di imposte dirette in tema di avviamento

È legittima la deducibilità delle quote di ammortamento dell’avviamento anche se, nel frattempo, la società accertata ha proceduto a ritrasferire a terzi i beni acquisiti in forza di una precedente cessione d’azienda con una serie di contratti che, a loro volta, sono stati riqualificati come cessione d’azienda.

Ad avviso della Suprema Corte, non è rinvenibile un intento elusivo nella cessione frazionata nello specifico caso, posto che ai fini delle imposte sui redditi il risultato delle due opzioni (cessioni di beni, ovvero di azienda) sarebbe stato lo stesso; ciò è rafforzato dal contenuto dello stesso processo verbale di constatazione, che non ha mosso alcun rilievo sul (corretto) assoggettamento ad imposte sui redditi dei corrispettivi che la società accertata ha addebitato alla cessionaria a titolo di vendita di macchinari, know-how eccetera e che in sede di accertamento sono stati riqualificati in corrispettivi per la cessione d’azienda.

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(Cassazione, sezione V, sentenza n. 16684/2013)

Devono essere dettagliati i motivi alla base del controllo in tema di accertamento di maggior valore su cessione di azienda

Per quanto il giudicante abbia correttamente dato atto che – in difetto della dichiarazione del reddito a cui ha dato luogo la cessione dell’azienda – l’Ufficio correttamente si è avvalso di presunzioni semplici fondate su dati e notizie comunque raccolti, resta però che il medesimo giudicante ha violato la disposizione di legge invocata dalla parte ricorrente allorquando ha ritenuto sufficiente che – ai fini della “determinazione del valore accertato” – l’Ufficio potesse limitarsi alla “indicazione” degli “elementi di valutazione” che lo hanno supportato.

Detti elementi di valutazione, nella concreta fattispecie di causa, sono in realtà costituiti da individui documenti e luoghi di informazione, che sono stati valorizzati per paragone, di cui l’Agenzia procedente si è limitata a dare del tutto generica indicazione, così precludendo alla parte contribuente di potersene avvalere a fini difensivi e perciò violando il principio ribadito da questa Corte (di recente Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6914 del 25/03/2011; idem Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1906 del 29/01/2008 nonchè Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18117 del 08/09/2004 per il regime antevigente alla emanazione dello Statuto) secondo cui:

“Nel regime introdotto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributali può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto correttamente motivato l’atto con cui l’Ufficio aveva rettificato, ai fini dell’imposta di registro e dell’INVIM, il valore di un immobile dichiarato in un contratto di compravendita, richiamando in comparazione altro atto di cessione di bene, ritenuto della stessa natura, senza allegarlo integralmente, ma riportandone soltanto alcuni stralci significativi)”.

Consegue da ciò che deve ritenersi erronea la pronuncia del giudice del merito che ha ritenuto non invalidante il difetto di allegazione o specifica riproduzione dei documenti richiamati nel provvedimento, giudice del merito al quale la causa andrà rimessa in sede di rinvio affinchè quello torni a pronunciarsi – sul pacifico presupposto dell’avvenuta cessione dell’azienda di cui trattasi – in ordine alla concreta liquidazione della eventuale plusvalenza tassabile, in applicazione dei principi insegnati da questa Corte (per tutte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15825 del 12/07/2006) circa il dovere di “motivata valutazione sostitutiva” che sul giudice tributario incombe, alla stregua dei poteri istruttori officiosi che gli competono.

(Cassazione, sezione VI, ordinanza n. 9032/2013)

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La rettifica dell’avviamento può seguire criteri diversi da quelli stabiliti normativamente

I criteri dettati dal D.P.R. n. 460 del 1996 ben possono essere disattesi dall’Amministrazione finanziaria laddove ne ritenga l’incongruità nel caso concreto e dia illustrazione di tale convincimento nella motivazione dell’atto impositivo.

(Cassazione, sezione VI, ordinanza n. 4931/2012)

Metodi di determinazione del valore dell’avviamento

Il valore d’avviamento, quale espressione dell’attitudine dell’azienda alla produzione di utili, non può essere confinato ai risultati degli ultimi tre esercizi dovendosi avere riguardo all’entità dei ricavi conseguiti.

(Cassazione, sezione V, sentenza n. 14336/2011)

Effetti fiscali del patrimonio netto negativo

L’esistenza di un valore di avviamento dell’azienda non può essere esclusa sulla base della sola circostanza che l’impresa abbia subito delle perdite negli esercizi degli anni precedenti e possieda, quindi, un patrimonio netto negativo.

A riprova di ciò, si osserva che, ai sensi dell’art. 2426 c.c., l’iscrizione nell’attivo patrimoniale dell’avviamento da parte della società acquirente è subordinata esclusivamente alle condizioni:

a) che l’avviamento sia stato acquisito a titolo oneroso (indipendentemente, quindi, dalle forme con le quali lo schema negoziale viene a rivestire tale carattere), in tal senso potendo iscriversi in bilancio soltanto il c.d. “avviamento derivativo”, rimanendo escluso l’avviamento originario o autoprodotto;

b) che il valore di avviamento da iscrivere in bilancio non sia comunque superiore al costo sostenuto per lo stesso.

(Cassazione, sezione V, sentenza n. 10586/2011)

Irrilevanza dei fattori contingenti nella determinazione dell’avviamento

L’avviamento è una componente del valore dell’azienda, costituita dal maggior valore che il complesso aziendale, unitamente considerato, presenta rispetto alla somma dei valori di mercato dei beni che lo compongono.

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Pertanto, in caso di cessione di azienda, si deve tener conto dell’avviamento, agli effetti dell’imposta di registro, nella determinazione del valore venale dell’azienda ceduta, senza che assumano rilievo circostanze contingenti, che pure possano avere influito nella determinazione concreta del corrispettivo – quali i legami di parentela e di lavoro tra cedente e cessionario (nella specie, padre e figlio, già partecipe dell’attività aziendale condotta in regime di impresa familiare) -, in quanto il valore che deve essere preso in considerazione per la determinazione della base imponibile è il prezzo che il bene ha “in comune commercio”, vale a dire quello che il venditore ha la maggiore probabilità di realizzare e l’acquirente di pagare in condizioni normali di mercato, prescindendo, quindi, da situazioni soggettive e momentanee che possano deprimerlo o esaltarlo. (Rigetta, Comm. Trib. Centrale Roma, 17/07/1998)

(Cassazione, sezione V, sentenza n. 8642/2011)

Avviamento determinabile dal Giudice con perizia di parte

Il controllo dell’ufficio sugli atti aventi ad oggetto aziende o diritti reali su di esse, in rapporto all’esistenza di un valore di avviamento costituisce oggetto di un giudizio di fatto rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito ed immune dal sindacato di legittimità, se adeguatamente motivato.

Nel giudizio per la rideterminazione del valore dell’avviamento a seguito di cessione di ramo d’azienda il giudice, vigendo nel nostro ordinamento il principio del libero convincimento, può porre a fondamento della sua decisione una perizia stragiudiziale, anche se contestata dalla controparte, purché fornisca adeguata motivazione della sua valutazione.

Infatti i criteri forfettari utilizzati dall’amministrazione finanziaria ex art. 2, comma 4, D.P.R. n.

460/1986, non sono vincolanti per il giudice, il quale può fondare la sua decisione su diversi elementi.

(Cassazione, sezione VI, ordinanza n. 26550/2011)

I criteri di valutazione nella determinazione dell’avviamento

La Corte di Cassazione si sofferma sui criteri di valutazione, ai fini fiscali, dell’avviamento d’azienda. Nel caso di specie, il valore dell’avviamento, derivante dall’acquisto di un ramo d’azienda la cui attività consiste nel noleggio di veicoli, era stato determinato in misura pari al valore residuo dei contratti di locazione in corso alla data di cessione.

Successivamente, alcuni di questi contratti erano stati risolti anticipatamente, con perdita dei relativi canoni. Secondo la Suprema Corte, il metodo in esame risulta essere valido sia perché non è stato contestato dal Giudice di merito, sia perché rientra tra i criteri alternativi applicabili.

Inoltre, il valore dell’avviamento non deve essere ridotto nei seguenti esercizi soltanto perché alcuni degli elementi presi come base per il calcolo iniziale sono successivamente variati in senso negativo.

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Infatti, il criterio utilizzato inizialmente si esaurisce in detta valutazione e non assume alcun rilievo per le successive valutazioni.

Quanto sopra non esclude che il valore dell’avviamento possa modificarsi nel tempo e che tale mutamento debba essere riflesso in bilancio attraverso la rettifica della relativa posta patrimoniale, ma la svalutazione deve essere frutto di una nuova ed autonoma valutazione (la quale deve naturalmente essere operata complessivamente, avendo riguardo alla redditività dell’azienda) e non, invece, derivare dall’applicazione (inversa ed automatica) del metodo utilizzato per la valutazione iniziale dell’avviamento.

(Cassazione, sezione V, sentenza n. 26429/2010)

15 LUGLIO 2016 Danilo Sciuto

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