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RELAZIONE DI STIMA DEL VALORE TEORICO DELL AZIENDA OMZ S.r.l

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(1)

DOTT. RICCARDO ROMANI

Commercialista - Revisore Contabile Via Paolo Costa, 9 - 40137 Bologna

Iscritto N° 2011

RELAZIONE DI STIMA

DEL VALORE TEORICO DELL’AZIENDA

OMZ S.r.l

(2)

SOMMARIO

1. Incarico e quesito

2. Oggetto e perimetro della valutazione 3. Procedimento di valutazione

3.1. Configurazioni di valore 3.2. Metodiche di valutazione

3.2.1 Metodo patrimoniale

3.2.2 Valutazione dei beni immateriali 3.2.3 Metodo reddituale

3.2.4 Metodo misto patrimoniale e reddituale 3.2.5 Metodo dei multipli

3.3. Scelta dei criteri e dei metodi di valutazione 3.4. Documentazione di riferimento – base informativa 3.5. Dichiarazioni e limitazioni

4. Valutazione dell’azienda OMZ

4.1. Stima di valore del marchio in base al metodo delle royalties “figurative”

4.1.1 Metodo dei flussi di royalties “figurative”

4.1.2 Definizione delle grandezze 4.1.3 Valore del marchio

4.2. Metodo di valutazione dell’azienda: misto patrimoniale-reddituale 4.2.1 Definizione delle grandezze

4.2.2 Valore complessivo dell’azienda 4.2.3 Conclusioni e sintesi valutativa 5. Conclusioni

Pagina 2 Pagina 2 Pagina 4 Pagina 5 Pagina 6 Pagina 7 Pagina 8 Pagina 13 Pagina 14 Pagina 16 Pagina 16 Pagina 17 Pagina 18 Pagina 18 Pagina 19 Pagina 20 Pagina 21 Pagina 25 Pagina 26 Pagina 28 Pagina 31 Pagina 32 Pagina 33

(3)

1. INCARICO E QUESITO

Il sottoscritto Dott. Riccardo Romani, iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bologna al n. 2011/A ed iscritto all’Albo dei Consulenti Tecnici del Giudice del Tribunale di Bologna, è stato incaricato dal Tribunale di Bologna di “redigere la perizia di stima del valore dell’azienda di proprietà della società OMZ S.r.l. (d’ora in poi “OMZ” o la “Società”), che è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Bologna con sentenza del 13.03.2019 e dal giorno 16/04/2019 (dopo una prima fase disposta con la sentenza di fallimento e terminata il 21/03/2019) è operativa in forza dell’esercizio provvisorio chiesto dal curatore, Dott. Matteo Rossi, con riferimento al ramo d’azienda di stampi e ricambi.

2. OGGETTO E PERIMETRO DELLA VALUTAZIONE

Oggetto della presente stima del valore economico è un’azienda parzialmente in funzionamento, per quanto attiene all’attività di ricambistica, ed un’azienda attualmente non in funzionamento avente ad oggetto la progettazione e costruzione di macchine automatiche per il settore alimentare. Nello specifico il core business di OMZ è la progettazione e produzione di macchinari per la produzione di pasta secca, pasta fresca, pasta surgelata e snacks (impastatrici, gramolatrici, tranciapiegatrici, niditrici, lasagnatrici, matassatrici, raviolatrici eccetera).

OMZ è nata alla fine del 1800 e da oltre 100 anni1 ed è un punto di riferimento nella produzione di macchine per la produzione di pasta, operando in un mercato caratterizzato da una bassa concentrazione di imprese che si dividono il mercato non solo nazionale ma anche mondiale. I principali competitors sono complessivamente 6 e quasi mai più di 2 per ogni tipologia di macchinario (ad eccezione delle matassatrici, per le quali OMZ opera in regime di monopolio).

Il complesso aziendale oggetto di valutazione è dato dai seguenti assets:

- Immobilizzazioni materiali, che si compongono di:

o Macchinari e accessori per la produzione o Strumenti di misura;

o Veicoli;

o Arredi da ufficio;

o Arredi e accessori da officina;

o Macchine elettroniche e da ufficio - Immobilizzazioni immateriali, date da:

o Marchi depositati dalla Curatela e in attesa di registrazione2:

1 http://www.zamboni-italia.it/omz_STO.htm.

2 I marchi utilizzati per contraddistinguere le macchine impastatrici per le quali OMZ è conosciuta rientrano nella categoria dei c.d. marchi di fatto, ossia un segno distintivo non registrato ma oggetto di uso sul mercato, ed è disciplinato dall’articolo 2598 comma 1) del Codice Civile tra quei segni atipici la cui violazione costituisce atto

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▪ Marchio denominativo “ZAMBONI”

▪ Marchio figurativo “OMZ” come sotto riportato

▪ Know how e disegni

▪ Dominio internet http://www.zamboni-italia.it/

▪ Avviamento

▪ Lista presso i quali sono istallate macchine attive sulle quali prestare assistenza, ma- nutenzione, ricambistica, fornitura di stampi, ecc.

- Rimanenze di magazzino date da:

o Magazzino componenti presso lo stabilimento (denominazione intera: Ma- gazzino CED);

o Prodotti in corso di lavorazione, di seguito denominati W.I.P.;

o Macchinari e prodotti finiti al montaggio;

o Macchinari usati;

o Magazzino componenti presso terzi;

o Materie prime (lamiere, tubi, profilati, barre);

- Contratti vari per l’esercizio dell’impresa tra i quali:

o N. 2 rapporti di lavoro dipendente e più precisamente:

▪ Un’addetta amministrativa

▪ Un responsabile produzione

o Contratto di locazione “sei più sei” relativo all’immobile nel quale viene svolta l’attività, con decorrenza 01/01/2017;

o Contratto di rete con Capitanio Camillo & C. S.a.s. (società con sede nella provincia di Como appartenente allo stesso settore della Società), con relativo dominio “Pastanet”

o Contratti di distribuzione con distributori esteri;

di concorrenza sleale confusoria. In base all’articolo 2571 relativo al preuso, è previsto che “chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso”. Ciò significa che, in caso di preuso, il preutente ha facoltà di continuare ad utilizzare il segno anche a seguito di registrazione da parte di un terzo, ma solo nei limiti della sua diffusione locale anteriore rispetto al successivo deposito. Quando, però, l’uso precedente del segno ne abbia determinato una noto- rietà non puramente locale, il preuso è in grado di “togliere la novità” (cfr. art. 12, comma 1), lettera b) del Codice di Proprietà industriale). Il citato Codice di Proprietà industriale ha, all’articolo 22, relativo all’“Unitarietà dei segni distintivi”, indicato il “marchio”, trascurando non a caso di indicare che debba essere registrato, tra i segni distintivi quali ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale, che è vietato adottare qualora il loro uso possa determinare un rischio di confusione sul mercato o un rischio di associazione tra segni.

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o Altri contratti vari (utenze, telefonia – dati, assicurazioni, locazioni operative, ecc..) - Contratti vari stipulati con la clientela sospesi ex art. 72 L.F. ovvero ex art. 104, comma 7,

L.F.;

- Contratti vari in essere con la clientela, in forza dell’esercizio provvisorio ex art. 104 L.F.

Per quanto concerne le immobilizzazioni materiali e le rimanenze di magazzino, in data 25/07/2019 è stato formalizzato l’inventario ex art. 87 L.F., mentre la stima dei beni stessi è stata eseguita, anche in ottica di continuità aziendale, dallo stimatore incaricato dalla Curatela, Prof.

Ing. Stefano Fontanesi.

3. PROCEDIMENTO DI VALUTAZIONE

Il sottoscritto perito, con riferimento al presente incarico di valutazione, configurabile come parere valutativo3, dichiara di aderire volontariamente ai Principi Italiani di Valutazione4 (PIV), emanati dall’Organismo Italiano di Valutazione (OIV), così come vigenti alla data della valutazione

Dichiara altresì, concordemente a quanto richiesto dai medesimi PIV:

✓ di aderire al Code of Ethical Principles for Professional Valuers, emanato dall’International Valutation Standard Council (IVSC),

✓ di essere in possesso delle competenze necessarie in relazione all’oggetto ed allo scopo del presente incarico.

Sono stati pertanto seguiti i principi e le regole definite dall’OIV cui attenersi per effettuare le valutazioni di aziende o parti di esse, in modo da ovviare ai problemi che storicamente si ponevano a causa della eterogeneità delle formule e dei modelli di valutazione forniti dalla dottrina e dalla prassi professionale e che, pur in mancanza di un set di principi specificamente codificati, riscontravano generale accettazione presso gli operatori.

I Principi Italiani di Valutazione dettano infatti criteri che si differenziano tra loro in quanto pongono l’enfasi su aspetti diversi dell’azienda da valutare. Essi, inoltre, seppur corretti sotto il profilo concettuale, presentano problemi peculiari nella loro applicazione pratica, derivanti dalla corretta identificazione delle variabili delle formule sottostanti.

Le metodiche di valutazione devono essere pertanto opportunamente scelte in funzione della natura e delle caratteristiche dell’azienda da valutare, nonché delle finalità della valutazione stessa.

3 I Principi Italiani di Valutazione identificano cinque tipologie di incarico: valutazione, parere valutativo, parere di congruità, calcolo valutativo e revisione del lavoro di altro esperto. Il parere valutativo viene utilizzato quando il processo di valutazione non risulta effettuato nella sua completezza da parte del valutatore; nel presente caso infatti il sottoscritto Perito non ha collaborato alla redazione del progetto industriale (di cui si dirà), non avendo altresì svolto il controllo contabile già effettuato dall’attestatore del piano.

4 Come richiesto dai medesimi – Introduzione, punto II Scopo dei Principi Italiani di Valutazione.

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Prima di illustrate la metodica e la configurazione di valore che si è scelto di adottare nel caso in questione, si ritiene opportuno indicare brevemente i criteri fondamentali proposti dai Principi Italiani di Valutazione.

3.1. CONFIGURAZIONI DI VALORE

Secondo quanto previsto dai Principi Italiani di Valutazione, le valutazioni si differenziano, tra gli altri motivi, in funzione dell’oggetto della stima (aziende, partecipazioni, intangibili, strumenti finanziari, eccetera), nonché della finalità della stessa (acquisizione, cessione, fusione, scissione, conferimento, recesso, bilancio ecc.).

La scelta della configurazione di valore rappresenta uno dei passaggi chiave del processo valutativo. A questo proposito i PIV identificano cinque configurazioni di valore comuni a tutte le attività:

✓ valore di mercato;

✓ valore di investimento;

✓ valore negoziale equitativo;

✓ valore convenzionale;

✓ valore di smobilizzo.

Nel caso in cui la valutazione abbia ad oggetto aziende e intangibili è possibile fare riferimento anche al valore intrinseco o fondamentale (questo assunto è applicabile anche per le partecipazioni e gli strumenti finanziari).

✓ Il valore di mercato rappresenta il prezzo al quale verosimilmente un’attività potrebbe essere rinegoziata, alla data di riferimento della stima (dopo un appropriato periodo di com- mercializzazione), fra soggetti indipendenti e motivati che operano in modo informato e pru- dente, senza essere esposti a particolari pressioni.

Esso riflette l’highest and best use dell’attività per i partecipanti al mercato (che potrebbe anche essere diverso dall’utilizzo corrente della stessa) nonché le caratteristiche di quest’ul- timo alla data della stima.

✓ Il valore di investimento riflette, invece, i benefici offerti da un’attività al soggetto che la detiene, o che potrà detenerla in futuro, con finalità operative e a scopo d’investimento. Esso dipende sia dalle caratteristiche dell’attività oggetto della stima che da quelle dell’entità con riferimento alla quale la stessa viene svolta. Si tratta, quindi, di un valore soggettivo.

✓ Il valore negoziale equitativo esprime il prezzo al quale verosimilmente un’attività po- trebbe essere negoziata, alla data di riferimento della stima, tra due o più soggetti specificata- mente identificati, correttamente informati e concretamente interessati, bilanciando in modo equo i rispettivi interessi. Pertanto, anche in questo caso, si tratta di un valore soggettivo.

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✓ Il valore convenzionale è quantificato attraverso l’applicazione di specifici criteri defi- niti dalla legge, da regolamenti, da principi contabili e da contratti. Il fair value, il valore re- cuperabile ed il valore d’uso previsti nei principi contabili sono esempi di valori convenzionali.

✓ Il valore di smobilizzo rappresenta un prezzo realizzabile in condizioni non ordinarie di chiusura del ciclo d’investimento. Il valore di liquidazione ne è un esempio.

✓ Da ultimo, il valore intrinseco (o fondamentale), rappresenta il valore che, in condizioni di trasparenza informativa, un soggetto razionale operante sul mercato senza vincoli, dovrebbe esprimere, alla data di riferimento della stima, in funzione dei benefici economici offerti dall’attività e dei relativi rischi.

Esso riflette l’utilizzo corrente dell’attività (che potrebbe anche essere diverso dall’highest and best use della stessa per i partecipanti al mercato) oltre che l’attuale livello di efficienza ope- rativa. In altre parole, esprime un valore “as is”. Stante la sua natura, il valore intrinseco non tiene conto di premi e sconti. In un mercato razionale (che funziona in modo ordinato e nel quale vi è trasparenza informativa), il valore intrinseco di un’attività dovrebbe essere riflesso nel prezzo e, di conseguenza, nel valore di mercato.

In virtù di quanto testé riferito il sottoscritto Perito ha individuato come configurazioni di valore5 per la Società, il “valore di mercato”6 con riferimento ai primi due scenari di cui al quesito del Commissario Giudiziale ed il “valore di smobilizzo”7 per il terzo scenario, nonché, come prospettiva di valore8, quella degli “operatori partecipanti al mercato”.

3.2. METODICHE DI VALUTAZIONE

La dottrina aziendalistica più autorevole e la prassi professionale sono concordi nel ritenere che la scelta del criterio metodologico di valutazione da applicare ad ogni singola fattispecie aziendale debba effettuarsi nella considerazione:

 delle finalità della valutazione;

 del settore in cui opera l’azienda oggetto di valutazione;

Ciò deriva dalla necessità di ricorrere ad un criterio metodologico che possa fornire, contestualmente, il valore analitico delle attività e passività patrimoniali, con particolare riguardo ai beni materiali ed immateriali, e la stima del valore attribuibile alla capacità reddituale della Società da valutare, potendo così giungere alla determinazione del valore complessivo dell’azienda.

Nell’ulteriore premessa che la valutazione di un’azienda in funzionamento rappresenta uno

5 PIV I.6.1.

6 PIV I.6.3, cui si associa il presupposto indefettibile della “continuità di gestione” – PIV III.1.8.

7 PIV I.6.7, alla quale corriponde il presupposto della “liquidazione” – PIV III.1.9.

8 PIV I.7.1.

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dei più complessi problemi di calcolo economico – aziendale, vengono di seguito sintetica- mente esposti, nell’ambito delle principali categorie metodologiche, i metodi valutativi di ge- nerale accettazione.

3.2.1 Metodo patrimoniale

Il metodo patrimoniale consente di giungere alla valutazione del capitale economico della so- cietà tramite la riespressione a valori correnti dei cespiti e di tutti gli elementi attivi e passivi del patrimonio aziendale. Il valore dell'azienda (W) corrisponde, pertanto, al valore del patri- monio netto rettificato (K) a valori correnti, in base alla formula W = K.

Tale metodo, che ha il pregio di consentire una stima del patrimonio aziendale oggettiva e riscontrabile, si caratterizza per la stima analitica a valori correnti di sostituzione: analitica, perché effettuata distintamente per ciascun elemento del patrimonio; a valori correnti, perché basata sui prezzi di mercato del momento; di sostituzione, perché l'ipotesi di base è quella del riacquisto (o della riproduzione) per gli elementi attivi e della rinegoziazione per quelli pas- sivi.

Nell'ambito dei metodi di valutazione patrimoniali, si distingue tra:

- metodi patrimoniali semplici - metodi patrimoniali complessi.

I metodi patrimoniali “complessi” a differenza di quelli “semplici” prevedono una valutazione analitica dei beni immateriali.

Il primo problema da affrontare nella valutazione degli “intangibles” riguarda la definizione delle caratteristiche che un bene immateriale deve presentare affinché possa essere oggetto di valutazione. Sulla base della dottrina più accreditata (G. Brugger) tali caratteristiche possono essere così sintetizzate :

- il bene deve essere trasferibile ovvero cedibile a terzi;

- il bene deve essere misurabile;

- il bene deve originare costi ad utilità differita nel tempo.

La stima dei beni immateriali può essere condotta con criteri analitici, cioè in base ad una costruzione logica fondata su dati documentati; ovvero con criteri empirici, basati su parametri e formule dedotti dal comportamento negoziale degli operatori sul mercato (prezzi fatti). Sulla base della dottrina dominante9, la stima dei beni immateriali viene effettuata seguendo tre ap- procci:

a) l’approccio del costo: nella versione del costo residuale e del costo di riproduzione;

9 Guatri - Bini in “Nuovo trattato sulla valutazione d’azienda” Egea 2005, Milano; Prof. Salvatore Vicari in “Brand Equity: il potenziale generativo della fiducia” 1995 EGEA.

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b) l’approccio economico: nella versione dei “risultati differenziali” e del “costo della per- dita”;

c) l’approccio di mercato: nella versione del tasso di royalty comparabile e dei multipli di mercato per beni immateriali di categoria omogenea.

Il metodi patrimoniali assumono, normalmente, come punto di partenza il capitale netto di bilancio o, comunque, il "netto" espresso dalla situazione patrimoniale contabile.

Dal capitale netto contabile si procede in successione:

a) alla revisione contabile degli elementi attivi e passivi;

b) alla riespressione a valori correnti (di mercato o di stima) degli elementi attivi non mone- tari (immobilizzi tecnici, rimanenze di magazzino, titoli, partecipazioni, ecc.), determinando così una serie di plusvalenze o minusvalenze;

c) alla valutazione analitica dei beni immateriali nel caso del metodo “patrimoniale com- plesso”;

d) eventualmente, alla attualizzazione del valore di crediti e debiti differiti senza interessi o, comunque, con interessi non in linea con il mercato.

Nella determinazione del "patrimonio netto rettificato" devono, inoltre, essere svolte conside- razioni di natura fiscale connesse ai seguenti aspetti, qualora assumano particolare rilevanza:

- carichi fiscali potenziali sulle differenze di valore emerse in sede di valutazione delle attività e passività rispetto ai valori di iscrizione in bilancio;

- carichi fiscali latenti riferibili a particolari voci del patrimonio netto contabile;

- vantaggi fiscali dipendenti da minusvalenze rilevate in sede peritale ma non recepite con- tabilmente.

Si tratta di carichi fiscali potenziali e comunque differiti nel tempo. In merito alla scelta dell’aliquota la tesi prevalente è quella di stimare il carico fiscale potenziale in base ad aliquote ridotte per tener conto di possibili agevolazioni e dell’attualizzazione delle aliquote.

Sulla base di quanto sopra esposto il patrimonio netto rettificato in presenza di beni immateriali può essere sintetizzato mediante la seguente formula:

K’ = C + [( P1+P2+) – (M1+M2+…) + I] * (1-t) C= capitale netto contabile

P = plusvalenze accertate M = minusvalenze accertate

I = valore attribuito ai beni immateriali (o se vi sono già iscrizioni in bilancio per tali beni, plusvalenze rilevate su di essi)

t = incidenza oneri fiscali potenziali

3.2.2 Valutazione dei beni immateriali

(10)

Nell’ambito della valutazione dei beni immateriali, il marchio assume un ruolo prioritario in quanto in grado di incidere in misura significativa sul processo di mantenimento e crescita del valore aziendale. Il suo valore (brand value) si concentra sul potenziale generativo della marca, a sua volta formato da10:

a) potenziale di differenziazione b) potenziale di relazione c) potenziale di estensione d) potenziale di apprendimento

Una valutazione autonoma del marchio come entità distinguibile dal complesso del patrimonio presuppone una serie di caratteristiche, collegate tra loro e imprescindibili, quali:

- identificabilità;

- separabilità dagli altri beni aziendali;

- durata temporale, intesa come periodo nel quale si presume che il marchio darà un contributo positivo alla produttività aziendale11.

La letteratura e la prassi professionale propongono tre metodologie di analisi per la valutazione del “brand value”, che possono essere così sintetizzati:

a) metodi tradizionali fondati sui costi (approccio del costo);

b) metodi reddituali e finanziari (approccio economico) secondo cui il valore della risorsa è funzione del flusso atteso dei risultati ad essa riferibili;

c) metodi empirici (approccio di mercato) secondo cui il valore viene attribuito sulla base del giudizio prevalente del mercato espresso in termini di prezzo di beni simili e comparabili oggetto di negoziazioni.

Metodi tradizionali basati sui costi

I metodi tradizionali basati sui costi trovano applicazione in due versioni:

- Metodo del costo storico “aggiornato” o “residuale”

Tale criterio si basa sulla riespressione a valori correnti dei costi sostenuti in passato per disporre di una determinata attività immateriale, a prescindere dal suo trattamento contabile.

In particolare, questo metodo consiste nell’accertamento dei costi che storicamente si sono dimostrati necessari per la formazione del bene immateriale e nel loro eventuale abbattimento per tener conto della residua utilità.

- Metodo del “costo di riproduzione”

Tale metodo consiste nella stima dei costi che si dovranno sostenere, alla data della valutazione, per disporre di una risorsa immateriale del tutto simile a quella oggetto di stima.

10 Zara “La valutazione della marca” 1997.

11 Gava G., Mallardo R., “La stima dei beni immateriali. La valutazione del marchio”, in “Il diritto industriale”, n°2/1994.

(11)

Metodi reddituali e finanziari

Le versioni più utilizzate sono essenzialmente due:

- Metodo di attualizzazione dei risultati differenziali

Il metodo consiste nella valutazione, su un certo numero di anni, dei vantaggi differenziali di risultati apportati dall’utilizzo del bene immateriale oggetto di valutazione. In particolare viene quantificato il vantaggio che emerge dalla differenza fra reddito (o flusso di cassa) imputabile all’utilizzo del bene immateriale rispetto a situazioni medie o normali di concorrenti che non ne fruiscono. Pertanto il “vantaggio differenziale” va misurato considerando sia i ricavi differenziali che i costi differenziali. Nel caso della valutazione di un marchio il reddito differenziale viene determinato sulla base della differenza fra “premium price” (maggiori ricavi conseguiti a seguito di un marca qualificata) e maggiori costi connessi alla qualità del prodotto, alla pubblicità, alla distribuzione ecc.

Il “vantaggio differenziale” così calcolato va poi attualizzato in riferimento alla sua prevedibile durata (n anni) e con un idoneo tasso.

In merito alla definizione del tasso di attualizzazione si rimanda al successivo paragrafo 5.1.3..

- Metodo del costo della perdita

Tale metodo consiste nella stima del danno, valutabile in termini di margine di contribuzione e di eccesso di incidenza dei costi di struttura, che dovrebbe essere sopportato qualora la disponibilità dei beni immateriali dovesse venir meno. L’analisi va effettuata su un orizzonte temporale necessario al ripristino della situazione di equilibrio e di normalità.

Metodi empirici (approccio di mercato)

La dottrina più accreditata12, individua due metodi applicativi:

I. Metodo dei tassi di royalties

Tale metodo, tipicamente applicato alla stima dei marchi e brevetti, si basa sull’assunzione che il valore corrisponde alle royalties, ovvero quei proventi propri dei beni immateriali identificabili e suscettibili di autonoma negoziazione, derivanti dalla cessione in uso a terzi di tali beni immateriali, che un terzo è disposto a riconoscere al proprietario del bene intangibile a fronte del diritto di utilizzazione esclusiva del bene stesso.

Il valore dei marchi, pertanto, è determinato facendo riferimento a specifici parametri, quali il fatturato connesso alla vendita di prodotti o all’erogazione di servizi contraddistinti dal segno oggetto di valutazione, ai quali si applica il tasso di royalty determinato sulla base dell’analisi di casi analoghi ed omogenei o, qualora vi siano, sulla base di contratti di licenza in essere e relativi ai marchi oggetto di perizia.

12 Prof. Luigi Guatri in “La Marca industriale: fattori di crisi e nuovi sentieri di sviluppo”, Prof. B. Busacca in “Le risorse di fiducia. Soddisfazione del cliente, creazione del valore, strategie di accrescimento”.

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Le royalties sui contratti di licenza sono, nella grande maggioranza dei casi, calcolate come percentuale del fatturato legato al prodotto licenziato o recante il marchio licenziato, a volte impiegando un sistema di aliquote decrescenti per scaglioni progressivi di fatturato.

Un metodo per determinare il corretto tasso di royalties, qualora non siano in essere contratti significativi di licenza, fa riferimento ai tassi medi di mercato che si riscontrano nelle transazioni relative alle concessioni in licenza di marchi; tale metodo è attendibile solo a certe condizioni:

- che esista un numero significativo di transazioni;

- che vi sia un buon grado di trasparenza sulle condizioni contrattuali;

- che le parti siano indipendenti tra di loro e non vincolate da condizionamenti legislativi;

- che i beni siano merceologicamente simili e aventi una durata residua simile a quelli oggetto di stima.

Una volta determinato il range di tassi significativi per il settore di attività, occorre determinare il tasso di royalty specifico da applicare alla valutazione del bene immateriale oggetto di stima.

A tale scopo, sono state elaborate delle metodologie per determinare la “forza della marca”

mediante l’analisi di sette variabili che influenzano il potere di mercato insito in un marchio.

Le variabili, a cui è attribuito un peso in termini percentuali, sono le seguenti:

1) leadership: esprime la posizione di mercato (peso del 25%);

2) stabilità: esprime il grado di fidelizzazione del consumatore (peso del 15%);

3) mercato: esprime la stabilità della domanda (peso del 10%);

4) internazionalità: esprime la forza di penetrazione nei mercati esteri (peso del 25%);

5) trend: esprime la tendenza di sviluppo del bene nel lungo periodo (peso del 10%);

6) sostegno: esprime la misura di investimenti in marketing necessari per il mantenimento e la difesa del bene (peso del 10%);

7) protezione: esprime il grado di difendibilità legale del bene (peso del 5%).

Una volta determinata la forza della marca è possibile posizionarsi nel range di valori di royalties: maggiore è la forza della marca e più ci si potrà avvicinare al margine superiore del range.

Essendo i flussi attivi (royalties) relativi alla gestione del bene immateriale distribuiti su un arco temporale di medio/lungo termine si dovrà procedere alla loro attualizzazione.

Sulla base di quanto sopra riportato la valutazione potrà essere effettuata sulla base della seguente formula:

BI = ∑ ( r * Si) * Vi

BI = bene immateriale r = tasso di royalty;

Si = vendite attese su un orizzonte temporale corrispondente alla vita residua dell’immateriale;

Vi = coefficiente di attualizzazione in base al tasso i.

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II. Metodi dei moltiplicatori

Anche nel caso della valutazione degli intangibles è possibile ricorrere all’applicazione di moltiplicatori (dedotti dal mercato).

Determinazione del tasso di attualizzazione

La scelta del tasso da utilizzare per riportare all’attualità i flussi (siano essi di reddito o di cassa) rappresenta ancora oggi un argomento su cui non si hanno strumenti chiari e universalmente accettati. Fra tutte le configurazioni di tasso lungamente dibattute in dottrina è stato ritenuto opportuno soffermarsi sul WACC (Weighted Average Cost of Capital).

Il problema comporta una necessaria premessa che permetta di definire gli ambiti valutativi di determinazione del costo del capitale, presupposto essenziale per la formulazione di una adeguata e prudente valutazione in quanto minimi scostamenti nel tasso provocano sensibili variazioni sul valore del capitale.

In via principale e generale, occorre precisare che nella determinazione del tasso di rendimento si devono considerare le seguenti fattispecie:

- tasso di rendimento del capitale di debito: la definizione di tale tasso risulta facilmente individuabile attraverso il calcolo del costo medio del debito della Società oggetto di valuta- zione; ecco allora che il costo del capitale di debito viene determinato come media ponderata dei tassi di interesse delle varie fonti di finanziamento a debito (mutui, prestiti obbligazionari eccetera) al netto delle imposte per la deducibilità fiscale degli oneri finanziari;

- tasso di rendimento del capitale di rischio: per la definizione di tale tasso è necessario definire a priori una misura per il rischio, variabile per ogni società oggetto di valutazione.

In sintesi si avrà la definizione del tasso di rendimento del capitale di rischio come segue:

Re = rf + β x P

dove

Re = rendimento del capitale di rischio;

rf = tasso free-risk rappresentante il rendimento dei titoli privi di rischio;

β = indice di rischiosità specifico dell‘azienda;

P = premio per il rischio generale del mercato del capitale di rischio.

In considerazione della duplice natura dei tassi rendimento con la conseguente individuazione di tutti gli elementi necessari alla definizione del costo del capitale, lo stesso viene definito come media del costo del debito e del capitale di rischio ponderata per la struttura finanziaria.

Avremo quindi:

WACC = Re x E / (E+D) + Rd x (1-t) x D / (E+D) dove

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D = capitale di debito;

E = capitale di rischio;

Re = rendimento del capitale di rischio;

Rd = rendimento del capitale di debito;

t = aliquota fiscale.

3.2.3 Metodo reddituale

Il metodo reddituale fonda il proprio presupposto sulla capacità dell'azienda di generare un flusso reddituale riproducibile nel futuro. Il valore del capitale economico (W) viene dunque stimato, sul piano quantitativo, come funzione del reddito atteso medio-normalizzato (R).

Per ciò che riguarda l'orizzonte temporale di riferimento, entro il quale si stima che l'azienda sia in grado di produrre reddito, è possibile ricorrere alla durata indefinita.

In questo caso, il valore dell'azienda (W) equivale al valore attuale di una rendita perpetua di rata costante (R), attualizzata al tasso (i), determinato in base alla seguente formula:

valore attuale del reddito perpetuo: W = R / i

La configurazione del reddito medio normalizzato (R) rilevante ai fini dell'applicazione del metodo in questione è quello prospettico, idoneo a riflettere le condizioni di redditività attesa dell'azienda; medio, vale a dire che l'impresa è stabilmente in grado di produrre, e normalizzato, ossia depurato dalle componenti straordinarie non ripetibili e comunque estranee alla gestione, e in ogni caso determinato sulla base di soluzioni razionali e comunemente accettate dal punto di vista tecnico. Ciò comporta che nella configurazione del reddito (R) debba essere eliminata ogni componente negativa la cui appostazione sia dettata dall'esigenza di ridurre il reddito ai fini dell'imposizione diretta, ovvero dall'intento di attuare determinate politiche di bilancio.

Il reddito medio normalizzato è calcolato, infatti, con riferimento a condizioni normali di svolgimento della gestione e, in particolare, a condizioni di indebitamento "regolari" e non eccezionali e in assenza di situazioni particolarmente favorevoli o sfavorevoli; il medesimo, inoltre, deve essere determinato al netto degli oneri tributari che gravano, seppur potenzialmente, su di esso e dei compensi figurativi diversi dalla remunerazione del capitale proprio e delle eventuali partecipazioni agli utili spettanti a terzi.

In pratica, la normalizzazione dei risultati ottenuti è un processo articolato avente per obiettivo l’eliminazione (o l’aggiunta) di componenti la cui presenza (o assenza) distorcono la più attendibile o la più probabile misura del reddito storico.

Tale processo consiste in una serie di interventi principalmente diretti:

• all’eliminazione di costi e proventi “straordinari”;

(15)

• all’eliminazione di costi e proventi “estranei alla gestione”;

• alla neutralizzazione degli effetti discorsivi di politiche di finanziamento, di investimento e di bilancio giudicate inappropriate (comprese quelle fiscali).

In merito al tasso di capitalizzazione (ovvero tasso di attualizzazione a lungo termine) (i) esso può essere definito come il divisore che applicato ad un valore espressivo di un flusso medio annuale atteso, e perciò incerto, ne determina l’equivalente certo, e cioè il capitale economico W al momento della stima. Tale tasso deve incorporare il compenso derivante dal semplice trascorrere del tempo (sostanzialmente pari al rendimento riconosciuto ad attività prive di rischio), ed altresì l’adeguata remunerazione del rischio sopportato. Inoltre, in periodi di inflazione, il medesimo deve essere depurato dell’erosione monetaria creata dalla componente inflazionistica e, pertanto, assunto nella sua configurazione di tasso reale.

In particolare, il tasso di puro interesse, relativo agli impieghi di capitale a rischio nullo, è determinato sostanzialmente in riferimento a titoli di debito pubblico con scadenza non a breve.

La maggiorazione del tasso di puro interesse, a titolo di premio per il rischio d’impresa, è commisurata all’intensità del rischio generale d'impresa gravante sul capitale proprio, la cui stima dipende dalla valutazione dei seguenti fattori:

- condizioni generali: congiuntura economica, inflazione, situazione politico-sociale del paese eccetera;

- condizioni settoriali: struttura del mercato di appartenenza, condizioni varie di instabilità del settore eccetera;

- condizioni aziendali: solidità patrimoniale, livello e composizione dell'indebitamento, si- tuazione di liquidità con annesse condizioni di pagamento e di incasso, variabilità dei risultati operativi della gestione, parco clienti eccetera.

Il metodo reddituale, pur trovando un limite nell'aleatorietà delle stime sulle capacità reddituali dell'impresa che non sono altrettanto riscontrabili quanto le verifiche di valore corrente dei cespiti che compongono il patrimonio sociale, è indispensabile ad integrazione e confronto di stime effettuate con altri metodi, che spesso attribuiscono, ingiustificatamente, maggior rilievo al capitale investito piuttosto che alle capacità reddituali future di quel medesimo capitale.

3.2.4 Metodo misto patrimoniale e reddituale

Questo metodo, che attua una sorta di mediazione tra i pregi e i difetti dei criteri patrimoniali e reddituali, consente di considerare, nel processo valutativo, tanto le prospettive di reddito dell'azienda, quanto la sua effettiva consistenza patrimoniale: la stima sarà idonea, pertanto, a riflettere gli elementi di obbiettività e verificabilità propri dell'analisi patrimoniale (valutazione dell'attivo, ivi compresi i beni e i diritti, al netto dei capitali dei terzi investiti in azienda), senza tuttavia trascurare le attese reddituali, concettualmente più rappresentative del

(16)

valore economico dell'azienda.

Nell’ambito di questo metodo si evidenziano due procedimenti valutativi:

a) metodo misto patrimoniale – reddituale con attualizzazione limitata del profitto medio (o sovrareddito medio)

Tale metodo prevede, in concreto, la determinazione del valore del patrimonio netto della società, mediante la verifica della consistenza delle attività investite in azienda, al netto delle corrispondenti passività, a cui si aggiunge l'avviamento che rettificherà in aumento (goodwill) o in diminuzione (badwill), il predetto valore patrimoniale.

L'avviamento rappresenta, in sostanza, la capacità che viene riconosciuta all'azienda di generare redditi futuri in grado di remunerare il capitale investito in misura maggiore (o minore) rispetto al rendimento offerto da investimenti alternativi.

La formula utilizzata per la valutazione tramite la capitalizzazione limitata del sovrareddito è la seguente:

W = K + a n i’ (R - i K) W = valore del capitale economico dell'azienda;

K = valore patrimoniale (patrimonio netto rettificato);

i = tasso di remunerazione normale del capitale del settore; rappresenta il saggio di rendimento medio del settore in cui opera l’azienda. Il tasso “normale” deve essere distinto dal tasso di

“attualizzazione” (contraddistinto con il simbolo i’), come afferma autorevole dottrina13. R = reddito medio normalizzato prospettico (determinato come indicato al punto precedente);

a n  i' = fattore di attualizzazione per il calcolo di una rendita della durata di n anni al tasso i';

n = numero di anni per i quali viene stimato il sovrareddito; il valore di n può variare da 5 a 10 anni e sarà tanto più elevato quanto più le aziende sono dotate di stabile redditività;

i' = tasso di attualizzazione a breve/medio termine; esso permette di riportare al momento della stima una serie di flussi incerti che si prevedono ottenibili per un determinato numero di anni (n). Il tasso i’, nella prassi più evoluta, è quantificato in misura differente nel caso di sovrareddito e di sottoreddito. Nel primo caso, tale tasso deve riconoscere la maggiore rischiosità di conseguimento del sovrareddito, pertanto in tale caso i’ è quantificato in misura superiore al tasso i. Nella prassi, lo spread del tasso i’ rispetto al tasso i varia tra 1% e 3%.

b) metodo misto patrimoniale – reddituale con capitalizzazione illimitata del profitto medio (o metodo della semisomma)

Tale metodo, che attua una mediazione tra i criteri patrimoniali e reddituali, consente nel processo valutativo di considerare tanto le prospettive di reddito dell'azienda quanto la sua effettiva struttura patrimoniale e consiste nella media aritmetica del capitale netto rettificato

13 Cfr. Guatri - Bini, in “Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende” – Egea 2005, Milano.

(17)

(K) e del valore di rendimento (i) del reddito atteso (R).

La formula utilizzata è la seguente:

W = (K + R / i) / 2 3.2.5 Metodo dei Multipli

Nella valutazione di aziende industriali di medie dimensioni, negli ultimi anni, si è registrata una crescente diffusione dei metodi dei multipli di mercato (o moltiplicatori)14. I moltiplicatoti esprimono il rapporto tra il prezzo o capitalizzazione borsistica e una misura di performance realizzata da una società in un dato periodo.

Le tipiche performance, maggiormente utilizzate nella prassi sono:

- V (vendite);

- EBITDA (utile prima di interessi passivi, imposte, svalutazioni e ammortamenti);

- EBIT (utile prima di interessi passivi e imposte).

L’approccio utilizzato è quello delle c.d. società comparabili, che sul piano del metodo può essere diviso nelle seguenti fasi:

a) scelta delle società/settori comparabili;

b) scelta dei moltiplicatori;

c) calcolo della grandezza significativa per ogni moltiplicatore utilizzato;

d) scelte finali.

La scelta delle società comparabili

Dal momento che due società non sono mai identiche, l’omogeneità deve essere necessariamente stabilita con una certa approssimazione, avendo ben chiaro che, più stringenti sono le regole di omogeneità imposte, meno ampio è il campione che si può ottenere.

La scelta dei moltiplicatori

Autorevole dottrina ha più volte constatato che “più in alto” la misura di performance si colloca nel Conto Economico, meno essa risente delle politiche discrezionali seguite nella formazione del bilancio. Il moltiplicatore, EV/Sales ha infatti il vantaggio principale di neutralizzare le politiche di bilancio, fiscali e finanziarie.

3.3. SCELTA DEI CRITERI E DEI METODI DI VALUTAZIONE

La scelta dei criteri e dei metodi di valutazione di OMZ è dipesa sia dalla circostanza di fatto nella quale essa opera, anche in considerazione dello stato di crisi in cui la società oggetto di valutazione si trova a svolgere la propria attività alla data della presente valutazione, così come enucleata al precedente Punto 2 “Oggetto e perimetro della valutazione”, che dalle intrinseche caratteristiche,

14 Eugenio Morpurgo in “La valutazione delle aziende”, marzo 2004.

(18)

di tipo quantitativo e qualitativo, della medesima nonché della base documentale/informativa di cui il sottoscritto perito ha potuto usufruire e sulla quale ha potuto fare affidamento.

In particolare, nella considerazione della elevata patrimonializzazione della Società – così come risultante da apposita perizia effettuata sui beni materiali di quest’ultima, di cui si farà menzione infra – si è ritenuto imprescindibile procedere tramite l’utilizzo di un metodo in grado di valorizzare tale dimensione oggettiva, al pari, tuttavia, di quella riconducibile alle relative prospettive reddituali: per questo motivo si è propeso per l’utilizzo della metodica mista patrimoniale-reddituale, con stima autonoma del reddito differenziale. Peraltro, con riferimento alla valorizzazione degli assets immateriali, anch’essa inclusa nella valutazione patrimoniale, il fatto che l’attività di progettazione e produzione di macchinari sia cessata per effetto dell’intervenuta dichiarazione di fallimento e che l’esercizio provvisorio sia stato autorizzato solamente per il ramo d’azienda di assistenza e ricambistica post vendita, ha condotto lo scrivente ad utilizzare, in via autonoma, una stima del valore del marchio riconducibile alla Società tramite il metodo delle royalties “figurative”.

In definitiva, la logica complessiva alla base della prospettiva adottata con la citata metodica mista di valutazione dell’azienda è che nessun operatore razionale riconoscerebbe ad un’attività un valore significativamente diverso dal costo di sostituzione (o di rimpiazzo) dell’attività con un’altra in grado di garantire la medesima utilità, ponderando quest’ultimo con gli utili/(perdite) derivanti dall’esercizio dell’attività in un orizzonte temporale definito nel quale si possa produrre il particolare reddito differenziale di cui alla gestione dello specifico oggetto valutato.

3.4. DOCUMENTAZIONE DI RIFERIMENTO – BASE INFORMATIVA

Ai fini della determinazione del valore di OMZ il sottoscritto consulente ha utilizzato la seguente documentazione:

➢ Bilanci civilistici della OMZ per gli esercizi chiusi al 31 dicembre , 2015, 2016, 2017;

➢ Situazione contabile al 31.12.2018 (bilancio di verifica);

➢ Dettaglio fatturato ricambi e interventi di assistenza esercizi 2014, 2015, 2016, 2017, 2018;

➢ Prospetto commesse 2019 attività ricambistica;

➢ Perizia valutazione beni mobili Prof. Stefano Fontanesi;

➢ Altri dati e informazioni da stampa a database specializzati e altre informazioni disponibili al pubblico.

Come precedentemente riportato, la base informativa utilizzata ha condotto ad una valutazione che si ritiene ragionevolmente obbiettiva, permettendo l’esecuzione della presente stima di valore.

Con riferimento alla perizia tecnica sui beni mobili non sono stati ravvisati motivi che possano portare a ritenere i risultati della medesima non plausibili, affidabili o credibili ed in ogni caso non coerenti con gli obbiettivi della stima.

(19)

3.5. DICHIARAZIONI E LIMITAZIONI

La presente relazione di stima presuppone e tiene conto delle dichiarazioni, della documentazione e delle limitazioni di seguito riportate e direttamente connesse con quanto fornito allo scrivente che, pur avendo adottato le necessarie precauzioni nella valutazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ricevuti e ritenendo di aver svolto l’incarico con la massima diligenza, professionalità ed indipendenza di giudizio possibili, non risponde della completezza, correttezza, accuratezza, veridicità, attendibilità e rappresentatività di tali documenti, informazioni e dati trasmessi dalla Società.

Resta pertanto ferma la responsabilità di OMZ per qualsiasi errore od omissione concernente i documenti forniti, dati ed informazioni e per qualsiasi errore e/o omissione che dovesse emergere in sede di valutazione a seguito del loro impiego, avvenuto a seguito di un mero apprezzamento di massima e ad una valutazione in termini di plausibilità e di ragionevolezza.

Si segnala pertanto che l’incarico ricevuto non ha previsto, con riferimento ai dati contabili ricevuti, lo svolgimento di controlli contabili integrativi o di revisione.

I dati di bilancio presi in considerazione sono esclusivamente quelli che, secondo chi scrive, possono avere una diretta incidenza per la determinazione del valore dell’azienda. Si sottolinea che la stima di seguito elaborata determina unicamente un “valore teorico” che potrebbe anche differire in modo significativo dal “prezzo” che un futuro potenziale acquirente potrebbe essere disposto a corrispondere sulla base di considerazioni legate a fattori soggettivi o strettamente negoziali qui non considerati e comunque al momento non disponibili.

4. VALUTAZIONE DELL’AZIENDA OMZ

4.1. STIMA DI VALORE DEL MARCHIO IN BASE AL METODO DELLE ROYAL- TIES “FIGURATIVE”

Per l’azienda oggetto di valutazione è stata riferita la storicità di svolgimento dell’attività in un mercato di sostanziale oligopolio, nel quale OMZ si distingue fra i diversi competitors per un notevole grado di “notorietà”, motivo per cui il sottoscritto ha ritenuto opportuno procedere, previamente rispetto alla valutazione del complesso aziendale nella sua interezza15, con una stima del valore del relativo marchio – rappresentativo del valore insito in tali conoscenze. A questo riferimento la principale problematica applicativa deriva dal fatto che non esiste alla data della presente perizia alcun marchio registrato da parte della Società, rispetto al quale sarebbe possibile inferire un valore teorico dell’intera azienda basata sull’individuazione delle royalties da esso derivanti; tuttavia, pur nella consapevolezza della registrazione del bene

15Ed in particolar modo in funzione della più completa valutazione con il metodo misto patrimoniale-reddituale che si vedrà al successivo punto 4.2.

(20)

immateriale come fatto reale e giuridicamente rilevante, l’identificazione di un valore per il marchio non registrato può alternativamente transitare da una valorizzazione dei flussi teorici che dal marchio potrebbero derivare.

Pertanto, come sarà meglio specificato in seguito, la valutazione del marchio OMZ è stata eseguita tramite la metodica dei flussi “figurativi” di royalties ipoteticamente attesi in caso di registrazione del marchio e sua successiva concessione in locazione. La stima ottenuta con tale metodica di valutazione sarà poi utilizzata al fine di determinare la componente immateriale che confluirà nella parte di stima patrimoniale della Società.

4.1.1 METODO DEI FLUSSI DI ROYALTIES “FIGURATIVE”

Una valutazione autonoma del marchio come entità distinguibile dal complesso del patrimonio presuppone una serie di caratteristiche, collegate tra loro ed imprescindibili, quali:

- identificabilità;

- separabilità dagli altri beni aziendali;

- durata temporale, intesa come periodo nel quale si presume che il marchio darà un con- tributo positivo alla produttività aziendale16, costi di sviluppo con rendimenti crescenti, costi medi unitari decrescenti, utilità marginale crescente

Le prime due caratteristiche sono diretta conseguenza della possibilità di disaggregare il patrimonio aziendale, facendo emergere quei differenziali competitivi, primi fra tutti, almeno per quanto qui interessa, i marchi, oggetti autonomi di diritti e centri di investimento, oltre che origine di benefici economici.

La seconda, in particolare, ebbe origine ed assunse grande rilievo quando fu prevista dall’articolo 23, comma 1 della Legge Marchi (di cui costituì uno dei più profondi mutamenti rispetto alla normativa precedente il 1992), e dal dettato dell’articolo 2573 del Codice Civile.

Essi, infatti, eliminando l’obbligo di cedere il marchio insieme all’azienda o al ramo di essa al quale il segno inerisce, portano ad un “progressivo assottigliamento del vincolo marchio / azienda nell’ipotesi di cessione, e ad una progressiva erosione della condizione di esclusività nell’uso che a detto vincolo afferiva”17. La previsione di nuove norme in tema di prevenzione dell’inganno del pubblico, sopperisce alla perdita da parte del marchio del suo ruolo di indicatore di provenienza dei prodotti.

Anche il fine della valutazione è un aspetto che merita di essere sottolineato in quanto costituisce il principale criterio che spinge ad optare per uno o più metodi di valutazione, trascurando gli altri.

16 Gava G., Mallardo R., “La stima dei beni immateriali. La valutazione del marchio”, in “Il diritto indu- striale”,n°2/1994.

17 Leonelli F., Pederzini P., Costa P.L., Corona S., Commentario alla legge sui marchi d’impresa”, Ed. Pirola legale, 2°ed., 1995.

(21)

In caso, ad esempio, di cessione del marchio, la valutazione è effettuata considerando la necessità di un realizzo diretto sulla base di un valore corrente di mercato; le valutazioni che, al contrario, si effettuano in una prospettiva di continuazione dell’attività aziendale, implicano un realizzo solo indiretto, riconducibile all’utilizzo, nei vari esercizi, del marchio stesso18. In ultima analisi il metodo dei flussi di royalties stima il valore del bene immateriale (marchio) come valore attuale dei corrispettivi ricevibili da una controparte generica che intenda avvalersi del bene per la sua vita residua, nell’ipotesi di separabilità dal soggetto che lo detiene in proprietà ed in considerazione dell’entità dei ricavi che è ragionevole prevedere al momento nel quale viene effettuata la stima (c.d. valori in atto): in tale prospettiva si è ritenuto di valutare la Società presupponendo che venga conferita a terzi la possibilità di utilizzare il proprio marchio in futuro.

Come riportato nel paragrafo supra il sottoscritto perito ha pertanto ritenuto opportuno procedere con l’impiego del metodo dei flussi di royalties “figurative”, dal momento che alla data della presente valutazione il marchio OMZ non risulta registrato né aver mai formato oggetto di concessione in licenza in passato.

Ed infatti, sulla base delle finalità della valutazione e delle informazioni a disposizione, si è ritenuto che l’uso del metodo delle royalties ipotetiche fosse quello più consono, posto che il valore del marchio può essere correttamente rappresentato dai flussi di royalties che esso è in grado di generare in capo all’azienda che lo detiene. Tale metodo ha il vantaggio di consentire la ricerca di un valore che è fortemente correlato con l’andamento aziendale, indicando il teorico contributo del marchio alla creazione dei flussi reddituali.

A questo fine, nella cognizione di un possibile apprezzamento di valore a prescindere dall’avvenuta registrazione del marchio, in virtù del valore aggiunto che la Società ha avuto modo di creare ed accumulare a partire dalla sua venuta ad esistenza, si sono considerati i dati contabili disponibili per i più recenti esercizi amministrativi, ai quali applicare il tasso di royalty ritenuto congruo.

Si riporta quindi nuovamente la formula con cui è stato determinato il valore del marchio OMZ con la presente metodica:

m = ∑ ( r * Si) * Vi

dove,

m = marchio oggetto di valutazione;

r = tasso di royalty;

Si = vendite attese su un orizzonte temporale corrispondente alla vita residua del marchio;

Vi = coefficiente di attualizzazione in base al tasso i.

18 G. Capodaglio, “Le valutazioni aziendali ordinarie. Le immobilizzazioni.” Ed. CLUEB, 1997.

(22)

In quel che segue verranno quantificati i diversi elementi sopra individuati, addivenendo di conseguenza alla determinazione del valore della Società.

4.1.2 DEFINIZIONE DELLE GRANDEZZE

➢ Periodo di proiezione del fatturato stimato (durata del bene immateriale)

Preliminarmente alla determinazione delle vendite che si stima possano scaturire dalla gestione della Società, fattore determinante ai fini del richiamato calcolo del valore del marchio, è necessario procedere con la valutazione dell’orizzonte temporale entro il quale si possa verosimilmente ritenere esistente un flusso reddituale (royalties) in capo al bene immateriale valutato (marchio).

Per questo motivo, preso atto dello stato di fatto in cui OMZ versa – dichiarazione di fallimento con successiva ammissione all’esercizio provvisorio per il solo ramo di assistenza/ricambi – il sottoscritto perito ha giudicato adeguata la scelta di un lasso di tempo pari ai 3 anni successivi all’ultimo periodo amministrativo concluso per il quale sono disponibili dati contabili (2018), ossia 2019, 2020 e 202119.

In tale orizzonte temporale si valuta pertanto come presumibile che, a seguito della remissione in bonis della Società e della registrazione del marchio, prima, al pari della sua concessione in licenza, poi, sia possibile ritrarre dal marchio OMZ royalties nella misura che si vedrà infra.

➢ Determinazione delle vendite attese

Il fatturato preso a base di calcolo delle royalties deve essere definito per ciascuno degli anni considerati nel periodo di durata attesa; l’andamento del fatturato potrebbe essere stimato come crescente o decrescente, sulla base di considerazioni sullo specifico prodotto e sul mercato. Generalmente, qualora non siano prevedibili scostamenti di grande portata, i metodi empirici tendono a privilegiare il riferimento alle grandezze economiche consolidate ed acquisite, trascurando la variabilità prospettica.

Per la società oggetto di valutazione, si è constatata un’ampia eterogeneità del dato storico a disposizione afferente le vendite, così come rilevato per i seguenti esercizi20:

Tabella 1

2015 2016 2017 2018

1.899.025 1.505.745 2.550.213 2.052.180

19 Visti gli importanti indicatori di rischio circa il fatto che l’attività possa riprendere la sua operatività in condizioni di “normalità” di gestione, la prospettiva di redditività triennale – sebbene particolarmente prudenziale – risulta la più appropriata.

20 Con riferimento all’esercizio 2018 i dati sono stati desunti dal bilancio di verifica fornito dalla Società, rispetto al quale sono state sottratte le voci riconducibili a:

1) “Fatturato varie”, euro 6.260 derivanti da rimborsi vari da Italia ed estero;

2) “Ricavi vari”, euro 143.083, tra i quali una sopravvenienza attiva pari ad euro 137.263.

(23)

Dall’osservazione del fatturato consuntivo 2015-2018 è possibile ricavare due indicatori statistici rilevanti ossia:

- la media dei ricavi nel quadriennio oggetto di analisi, pari ad euro 2.001.791, nonché - il valore minimo, coincidente con quanto risultante per l’anno 2016, euro 1.505.745.

Pur nella consapevolezza che la stima di valore deve essere il più possibile obiettiva, non sovrastimando né sottostimando la società valutanda, nella particolare circostanza oggetto di analisi, in considerazione dell’andamento intensamente altalenante e variabile del fatturato nei diversi anni in esame, si è ritenuto opportuno selezionare come dato maggiormente rappresentativo delle “vendite attese”, da proiettare nel periodo precedentemente individuato di manifestazione delle royalties, il valore minimo di fatturato registrato dalla Società nel quadriennio (anno 2016), arrotondato ad euro 1.500.000.

Quest’ultimo fatturato annuale, valutato come riproducibile nel triennio di proiezione delle royalties attese, viene parimenti giudicato stabile nell’intero periodo 2019-2021, con conseguente applicazione di un fattore di crescita pari a 0. Ciò in ragione della citata prospettiva di prudenza nella quantificazione dei flussi reddituali ipotetici che caratterizza la contingenza storica in cui la Società si trova alla data di riferimento della presente perizia.

➢ Tasso di royalty per il marchio OMZ

Si è già riferito del procedimento tramite il quale determinare il tasso di royalty da applicare ai beni immateriali oggetto di valutazione.

Basandosi sulla nota elaborazione di Goldscheider et al. (2002)21 e sui tassi riconosciuti da Russell L. Parr (2007)22, i quali per il settore di riferimento della Società23 si attestano in una forbice compresa fra un minimo del 3% ed un massimo del 4%. Pertanto, il sottoscritto perito ha individuato il tasso di royalty, da applicare ai flussi “figurativi” potenzialmente ricavabili a seguito di concessione in licenza del marchio OMZ, in misura pari al 3,5% dei ricavi attesi dalla Società.

➢ Tasso di attualizzazione dei flussi “figurativi” (CAPM)

Da ultimo, allo scopo di riportare alla data della presente valutazione gli importi riferibili ai flussi ipotetici di royalties ritraibili dalla gestione societaria, è necessario definire un tasso di

21 Che hanno sviluppato la c.d. “regola del 25%”, precetto empirico secondo il quale chi detiene in licenza un dato immateriale corrisponde al proprio licenziante un tasso di royalty equivalente al 25% del profitto atteso dal prodotto che incorpora l’immateriale stesso. La correttezza quantitativa della riscontrata metodologia di determinazione del tasso, riallacciandosi alla teoria del rischio-rendimento, ha come presupposto la circostanza per cui risulta equo che al licenziatario – soggetto sul quale incombe maggiormente il rischio di insuccesso – spetti una quota maggio- ratia (pari al 75%) dei profitti derivanti dal bene oggetto di investimento.

22 “Royalty Rates for Licensing Intellectual Property”.

23 Tra quelli individuati dagli autori è stato ritentuo più confacente assestarsi sul settore “Machine/Tools”.

(24)

attualizzazione che ponderi il rischio nella manifestazione di detti flussi nonché l’aspetto temporale circa la successione dei medesimi.

Dall’analisi dello scenario prospettato ai fini della presente stima è possibile ricavare come congruo coefficiente di attualizzazione il costo del capitale proprio (ie), dal momento che l’eventualità di attribuzione in licenza del marchio della Società non risulta correlata ad uno scenario per il quale sia previsto un indebitamento per la medesima, il cui importo andrebbe in tal caso ponderato, in termini di costo, con quanto richiesto a titolo di remunerazione del capitale di rischio.

Nella tecnica professionale la metodica più frequentemente utilizzata per la definizione del costo del capitale proprio trova riscontro nella formula del “Capital Asset Pricing Model” – CAPM, che si riporta in quel che segue.

Costo del capitale proprio

Il costo del capitale proprio ie è comunemente definito come il rendimento atteso del capitale di rischio investito nell’impresa, ossia il costo opportunità del capitale azionario dell’impresa considerata.

Il modello del “Capital Asset Pricing Model” – CAPM trova espressione nella seguente formula:

ie = rf + β * (rm – rf) + s dove:

rf tasso di rendimento di attività prive di rischio24; (rm – rf) premio per il rischio di mercato;

coefficiente di regressione di una retta che rappresenta la relazione intercorrente fra il saggio di ritorno offerto dal titolo e quello del mercato nel suo complesso;

s small cap o “firme size premium”25.

24 Ai fini del presente lavoro è stato considerato il rendimento dei titoli di Stato italiani privi di rischio (BTP a 5 anni) di cui all’emissione del 28.03.2019 – 29.03.2019, valutato come non specifico per la Società valutata ma obiettivo, in quanto coerente con la situazione di mercato finanziario alla data di valutazione e ricavato dall’osser- vazione di quest’ultima.

25 Tasso di sconto utilizzato al fine di “adattare” l’utilizzo di un fattore di attualizzazione, avente normalmente ad oggetto società (normalmente di grande dimensione, c.d. “big cap”) presenti sul mercato, a realtà economiche di minore entità, garantendo così la coerenza dei risultati riscontrati.

(25)

Il procedimento di misurazione dei tassi è stato effettuato in base ai dati di mercato, forniti dal database Damodaran Online26, in grado di fornire indicazioni compatibili con l’esame di un campione adeguato di società comparabili, come richiesto dalla migliore prassi in materia di valutazione, sicché nel caso di specie tali parametri assumono i seguenti valori:

Tabella 2

Tasso di rendimento di attività prive di rischio (rf) 1,71%

Premio di mercato (rm – rf) 9,02%

 1,13

small cap 2,00%

Avremo quindi:

ie = 1,71% + (1,13 * 9,02%) + 2,00%

ie = 13,90%

Il tasso individuato, nella misura del 13,90%, appare sufficientemente elevato per poter scontare nella maniera più adeguata i flussi di royalties “ipotetici” ricavabili dal marchio OMZ qualora si dovesse procedere con la sua concessione in licenza, evitando una sopravvalutazione del marchio oggetto di stima.

➢ Definizione dei flussi reddituali (proventi/costi)

Dall’applicazione del tasso precedentemente definito al fatturato previsionale per le royalties figurative, descritto nel relativo paragrafo, si può desumere un importo complessivo annuale per le medesime pari ad euro 52.000. Non si ritengono altresì rinvenibili in capo alla Società nel periodo di proiezione dei flussi considerato (2019-2021) ulteriori proventi positivi, di qualsiasi tipo, rispetto alle royalties.

Spostando l’attenzione sul versante dei costi, nella descritta ipotesi di concessione in licenza del marchio OMZ il sottoscritto perito giudica come maggiormente verosimile il verificarsi delle seguenti voci di spesa, afferenti componenti negativi di reddito per la Società:

- spese di mantenimento, legate alla promozione, conservazione e sviluppo del marchio. In considerazione della mancanza di spese di mantenimento e della situazione di gestione in cui la Società versa – anche in caso di sua remissione in bonis – pur ritenendo opportuna l’eviden-

26 Base dati particolarmente rinomata nella prassi professionale, in quanto di largo impiego nell’ambito delle valu- tazioni da parte degli esperti del settore (http://pages.stern.nyu.edu/~adamodar/).

(26)

ziazione del sostenimento di oneri per le attività precedentemente citate, l’importo dei mede- simi viene quantificato nella misura di euro 2.00027 per ogni esercizio di previsione delle royalties “figurative”, pari al 3,81% dell’ammontare di queste ultime – coefficiente che si ri- tiene congruo ai fini della presente perizia di stima;

- imposte e tasse, che la Società si troverebbe a dover adempiere sui corrispettivi ricevuti per la concessione del proprio marchio in licenza. In ragione della piena considerazione delle royalties civilistiche, così come appostabili in bilancio da parte di OMZ, anche in ambito tri- butario, l’importo del carico fiscale verosimilmente gravante su tali proventi si stima pari al 27,9%, così come risultante dall’applicazione delle ordinarie aliquote fiscali di imposizione diretta (IRES + IRAP, pari al 24% ed al 3,9% rispettivamente).

4.1.3 VALORE DEL MARCHIO

Sulla base delle grandezze individuate nelle precedenti sezioni, il valore del marchio della Società – pari alla somma del valore attuale dei flussi di royalties Si, figurativamente ricavabili dall’azienda nel periodo triennale di proiezione esplicita, attualizzati ad un tasso pari al costo del capitale proprio ie – è determinato come risulta dalla tabella seguente:

Tabella 3

Valutazione marchio secondo il metodo delle royalties “figurative”

Marchio OMZ

1 2 3

Consuntivo di riferi-

mento

Previsionale (n1)

Previsionale (n2)

Previsionale (n3)

2016 2019 2020 2021

Fatturato 1.500.000 1.500.000 1.500.000 1.500.000

Tasso di crescita fatturato dal 2019 0,00%

Totale fatturato 1.500.000 1.500.000 1.500.000 1.500.000

Tasso di royalties 3,50%

Royalties figurative - 52.500 52.500 52.500

Totale proventi su marchio - 52.500 52.500 52.500

Costi marchio - -2.000 -2.000 -2.000

Totale costi su marchio - -2.000 -2.000 -2.000

27 Rinconducibnili sostanzialmente alle spese che possono essere sostenute per pubblicità e marketing, al fine di sostenere l’efficacia del marchio sul mercato.

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