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perAstrologi Astronotnia

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Academic year: 2021

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Qual è il nesso, se c'è, fra astrologia e astronomia?

Quali sono gli elementi d'astronomia la cui conoscen- za è indispensabile all'astrologo? Dove e come astro-

logia e astronomia si conciliano?

A queste e a molte altre domande rispondono in que- sto libro John e Peter Filbey, chiarendo gli aspetti tec- nici dell'astronomia e spiegando concetti quali latitu- dine e longitudine, calendario, computo del tempo, si- stema solare, cicli cosmici, asteroidi e comete, fino ai buchi neri.

Il risultato è un manuale affascinante e completo, di cui nessun astrologo serio dovrebbe fare a meno.

24.000

CL03-085 l-X ISBN 88-340-0851-0

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John Filbey

Peter Filbey Astronotnia

per Astrologi

Introduzione alle basi astronomiche dell'astrologia

moderna

Astr olabio

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John Filbey Peter Fzlbey

]OHN FILBEY PETER FILBEY ASTRONOMIA PER ASTROLOGI

INTRODUZIONE ALLE BASI ASTRONOMICHE

DELL' ASTROLOGIA MODERNA

ASTRONOMIA

per

ASTROLOGI

Titolo on'ginale del/'opera ASTRONOMY FOR ASTROLOGERS

AN INTRODUCTIONTO THE ASTRONOMICALBASIS OF MODERNASTROLOGY

(Aquarian Press)

Introduzione alle basi astronomiche dell'astrologia moderna

Traduzione di

STEFANO ZEZZA

ROMA

@ 1984, ]ohn and Peter Filbey

@ 1986, Casa Editrice Astrolabio

-

Ubaldini Editore, Roma.

ASTROLABIO

MCMI.XXXVI

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Introduzione

Come SII questa trottola del tempo noi giriamo insieme alle stagioni TENNYSON

Questo libro intende fornire un'introduzione all'astronomia, da cui chi studia l'astrologia possa ricavare non solo una conoscenza dei fatti, ma an- che il gusto di una scienza che è la base fondamentale dell' astrologia.

Da sempre l'uomo ha guardato il cielo stellato e ne ha subìto il fascino.

L'infinita immensità dello spazio, con la sua eccezionale bellezza ha carpito la sua immaginazione, instillandogli un senso di consapevolezza spirituale e di stupore. Lo spirito indagatore dell'uomo lo ha posto in grado di affron- tare le ignote frontiere dello spazio e di scoprire che l'Universo non solo è stupendo, ma lo è molto di più di quanto non avesse mai pensato.

L'astronomia ha il suo incomparabile splendore. Oltre a mostrare una bel- lezza matematica e fisica, dà anche adito a interminabili speculazioni filo- sofiche. Capire l'astronomia e i suoi princìpi arricchisce, e quando studia- mo il cielo e restiamo attoniti di fronte ai suoi misteri, alla sua precisione, alla sua bellezza estetica, ci rendiamo conto che la nostra esistenza transeunte è ordinata e controllata da forze universali potenti e sottili.

Gli ultimi decenni hanno assistito a un imprevedibile risveglio d'interes- se nello studio sia del!' astronomia sia dell' astrologia. L'era spaziale, con le sue scoperte eccitanti, ha stimolato l'immaginazione e, benché alcune con- cezioni e alcuni insegnamenti astrologici necessitino di nuove valutazioni, potremmo anche arrivare il vedere una riconciliazione tra astronomia e astro- logia, con il contributo di entrambe a una comprensione di quelli che sono i valori veri e i fini reali relativi alla vita e alle sue manifestazioni.

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Un profilo della storia dell' astronomia

Il cielo ha sempre avuto il fascino e il mistero del soprannaturale. Ai pri- mi osservatori la Terra non poteva che sembrare piatta. Il cielo appariva come una cupola solida, sotto la quale si muovevano il Sole, la Luna e gli altri corpi celesti. Le stelle incastonate nella volta celeste erano disegni del cielo, la formazione e il profilo dei quali potevano essere identificati con la storia tribale e le credenze della comunità. Poco per volta, quello che era stato osservato con paura e apprensione venne ad assumere una nuova dimensione.

Nell'arco di un anno solare, l'uomo primitivo poté vedere l'apparire sem- pre diverso di varie costellazioni, e questi disegni, che potevano essere os- servati in concomitanza con i movimenti ciclici del Sole, della Luna e dei pianeti, dettero modo ai primi osservatori di formulare delle leggi relative al cielo e al mondo naturale.

Nella sua battaglia senza fine per la sopravvivenza, l'uomo primitivo pre- se profondamente coscienza del rapporto esistente tra cielo e terra. L'epoca della crescita e del raccolto poteva essere messo in relazione con l'apparire di determinate costellazioni e corrispondeva con gli equinozi (di primavera e d'autunno), mentre l'estate piena e la metà dell' inverno coincidevano con i solstizi (giugno e dicembre). All'epoca del solstizio di dicembre il Sole sor- geva tardi e tramontava presto, muovendosi basso nel cielo. Via via che le giornate si allungavano, divenne chiaro che il Sole non stava 'per morire' , ma avrebbe continuato a emettere la sua forza vivificante. Questo fatto, in- sieme ad altri fenomeni celesti, indubbiamente instillò nei primi uomini un senso di divino stupore grazie al quale cercò di combinare lo spirituale con il terreno.

In un primo tempo la paura del!' ignoto e le credenze superstiziose porta- rono allo sviluppo di una mitologia del cielo, ma nel corso del tempo ciò che era stato considerato inesplicabile fu via via accettato e adattato a obiet- tivi più concreti.

I miti e i riti di molte diverse culture hanno spesso una base comune, frequentemente collegata con i fenomeni celesti.

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8 Un profilo della storia dell'astronomia Un profilo della stona dell'astronomia 9

L'archeologia tradizionale ha accettato solo lentamente il fatto che molti dei monumenti di pietra che si trovano in tutto il mondo possano dovere le loro origini agli sforzi dell'uomo primitivo di rapportarsi ai fenomeni ce- lesti, non solo per quanto riguardava la sua esistenza fisica, ma anche per le sue concezioni relative alla morte e a una vita al di là.

Grazie all'estendersi della ricerca scientifica nel corso degli ultimi decen- ni, l'archeologia ha beneficiato delle scoperte di altri rami della scienza co- me l'astronomia, la fisica, la biologia e la climatologia. Questo interscam- bio di conoscenzeha notevolmente facilitato un approccio più realisticoverso una nuova comprensione dei siti antichi e delle loro connessioni astronomi- che. Quando si considera l'astronomia degli antichi, bisogna usare con cau- tela il termine 'astronomia', perché non si trattava assolutamente di quello studio tecnico ed esatto come lo intendiamo noi oggi. Nondimeno, le ricer- che condotte in molti luoghi danno l'idea che gli antichi avessero le capaci- tà e le risorse necessarieper erigere grandi strutture con una precisione dav- vero ammirevole.

Sembra che molti dei cerchi di pietre sui quali sono state svolte delle ri- cerche abbiano una sorta di allineamento celeste e che indichino che gli uo- mini primitivi conoscesseroi punti degli equinozi e dei solstizi. Individuare questi punti non dovrebbe essere stato difficile, ma un problema di molto più difficile soluzione devono avere posto le fluttuazioni della Luna e il va- riare della sua declinazione. Tuttavia, dopo un notevole lasso di tempo, an- che questo problema fu risolto e la Luna con i suoi movimenti costituì la base delle tecniche di predizione.

Nella metà del secolo scorso si usava il termine 'megalito' dal greco me- gas (grande) e lithos (pietra) per definire dei particolari monumenti anti- chi. All' inizio del nostro secolo questo termine è stato adottato comune- mente per indicare vari tipi di cerchi di pietre che risultano particolarmente numerosi nell'Europa nord-occidentale. Il più spettacolare, e per molti ver- si unico, è Stonehenge, che si trova nella pianura di Salisbury, nel sud dell'Inghilterra.

Probabilmente nessun altro luogo è stato studiato con tanta cura, né ha fatto nascere tante teorie sulle sue origini e la sua finalità. Shonehenge ha interessato molti ricercatoridel diciottesimo e del diciannovesimo secoloma, benché un allineamento astronomico fosse stato osservatodal Reverendo Ed- ward Duke nel secoloscorso, nessuno studio scientifico serio era stato intra- preso finché Sir Norman Lockyer, un astronomo, non portò avanti delle ri- cerche al fine di cercare di datare quel complesso. Lockyerarrivò a una data appr~s~imativamente corretta (1900-1500 a.c.) ma la sua metodologia ven- ne crttlcata.

La tesi astronomica ricevette un nuovo impulso nei primi anni sessanta, quando Gerald Hawkins pubblicò i risultati della sua ricerca su Stonehen- ge, condotta in laboratorio con l'ausilio del calcolatore. In un articolo su Nature intitolato" Stonehenge decodificata" , Hawkins tentava di dimostrare che quel monumento era un osservatoriosofisticatocostruito dall'uomo neo- litico, intorno al 2000 a.c. Sua funzione era di seguire lo spostamento del Sole e di riportare la posizione del sorgere e del tramontare della Luna. La questione dell'astronomia megalitica sollevò un dibattito notevole, soprat- tutto quando fu pubblicato su Nature il secondo articolo di Hawkins dal titolo" Stonehenge: un calcolatore neolitico". Questo articolo spiegava co- me si potessero utilizzare i vari allineamenti di pietre di Stonehenge per pre- dire un'eclisse. Queste teorie rivoluzionarie si scontrarono con il dissenso di quegli archeologi che essenzialmente non potevano accettare le deduzio- ni astronomiche, particolarmente quando scesero in campo altri ricercatori che affermavano che altri luoghi mostravano la stessa 'connessione astrono- mica'. Degni di nota furono, tra gli altri ricercatori, C. A. Newham e il pro- fessor A. Thom, che senza l'aiuto del calcolatore avevano lavorato alle teo- rie astronomiche. Thom, benché all'epoca non avesse ancora svolto le sue ricerche a Stonehenge (lo fece in seguito) aveva preso in esame un buon nu- mero di siti e di monumenti megalitici. In queste ricercheThom scoprì un'u- nità di misura geometrica che chiamò 'yarda megalitica' (circa 83 centime- tri) che egli riteneva fosse l'unità di misura standard usata dai costruttori neolitici per erigere i loro monumenti di pietra. Sembra che i risultati che Thom ricavò dalle sue innumerevoli ricerche sui luoghi megalitici confermi- no che gli antichi costruttori conoscesserouna geometria complessa e aves- sero anche familiarità con il più semplice dei teoremi di Pitagora. Queste ricerche astro-archeologiche stanno rapidamente confermando che l'uomo primitivo era molto più illuminato e organizzato di quanto non si fosse rite- nuto fino ai giorni nostri.

Uno studio di molti siti indica che collocazione, disposizione e orienta- mento sono collegati non solo con le osservazionidel Sole e della Luna, ma anche con i riti dei defunti. A New Grange, in Irlanda, la tomba megalitica costruita intorno al 3300 a.c. e pertanto precedente a Stonehenge, ha sul tetto una piccola apertura dalla quale a metà inverno penetravano i raggi del Sole, illuminando la parte posteriore della camera mortuaria. L'orienta- mento delle camere funerarie indica l'importanza del Sole come 'segnale', e mentre non tutti i tumuli, le tombe e sim.ilarihanno un orientamento esattamente est-ovest, la maggior parte è rivolta verso il Sole nascente, leg- germente più a nord o a sud dell'est, in corrispondenza con punti che sono circa a metà tra le date degli equinozi e dei solstizi.

Nell'Europa nord-occidentale, nel vicino oriente e nelle Americhe l'astro- nomia antica prosperò perché rispondeva a delle esigenze importanti. In- Le astronomie antiche

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10 Un profilo della storia dell'astronomia Un profilo della storia dell'astronomia 11

nanzitutto, permetteva di concepire un calendario solare, probabilmente col- legato con uno lunare. Questo ciclo solare/ lunare poneva la comunità in

, gradodi organizzaree coordinarela suaattività agricolain baseal ciclosola- re o lunare. In secondo luogo, si potevano conoscere in anticipo i periodi connessi con le cerimonie astro-religiose e quindi fare i dovuti preparativi.

L'anno nuovo dei Celti cominciava intorno al primo novembre (Samhainti- de), e questo periodo che era strettamente connesso con la morte e con l'i- nizio dell'inverno, era, con tutta probabilità, un'eredità di un lontano pas- sato. Analogamente la festa di Beltane, più o meno il primo maggio, cele- brava l'inizio dell'estate. Sembra proprio che queste date, circa a metà tra gli equinozi e i solstizi, abbiano un senso astronomico. Nello studio delle astronomie antiche, bisogna ricordare che il clima dell'Europa nord- occidentale era certamente diverso da quello oggi prevalente. Se si ammette che il clima, nell' era neolitica, era più stabile e con un' atmosfera più limpi- da nei pressi dell' orizzonte, si può cominciare a capire come si siano svilup- pati i diversi rami dell' astronomia di osservazione. Nel vicino Oriente, la levata eliaca di Sirio indicava l'inizio del nuovo anno egiziano, e le condi- zioni climatiche di queste regioni non avevano bisogno, in genere, di osser- vazioni astronomiche da farsi con l'ausilio di segnali o allineamenti partico- larmente precisi. Nelle latitudini più settentrionali d'Europa, e particolar- mente nelle zone costiere, il cielo poteva talvolta oscurarsi, e quindi era pra- ticamente indispensabile avere degli indicatori di posizione precisi. Questo è vero in particolare per i siti megalitici in Scozia e nelle isole del nord. Un altro fattore importante potevano essere gli spostamenti sopra l'orizzonte del Sole e della Luna, nei diversi periodi dell'anno, Nelle latitudini setten- trionali i movimenti del Sole e della Luna erano notevoli soprattutto quan- do erano vicini all'orizzonte. Si deve tenere ben presente l'importanza del clima e della collocazione geografica quando si studiano le tradizioni astro- nomiche; quello che per il vicino Oriente va bene, potrebbe non andar be- ne e non essere applicabile all'Europa del nord.

L'attenzione che l'uomo primitivo dedicava alla Luna e ai suoi movimen- ti non derivava solamente da una rilevanza mitologica, ma soprattutto dalle implicazioni pratiche connesse ai suoi movimenti. Il rapporto esistente tra le maree e certe fasi della Luna doveva essere stato osservato, e il riportare la posizione della Luna doveva dare una buona base di conoscenza per ela- borare il 'quando' e il 'come' si sarebbe sviluppata l'attività delle maree.

Fin da tempi molto antichi, l'uomo ha cominciato a viaggiare molto e ben- ché le sue prime imbarcazioni fossero primitive, nondimeno egli riuscì a na- vigare in pericolose acque costiere, come è ampiamente attestato dai relitti rinvenuti nelle isole del nord,

I rapporti tra Luna e maree, Luna e crescita e Luna e fisiologia umana hanno tutti avuto una rilevanza molto notevole. In un primo tempo, i mo-

tivi di questi collegamenti non devono essere stati noti, ma dopo un certo lasso di tempo, la conoscenza e l'esperienza acquisite con osservazioni accu- rate avranno avuto delle utilizzazioni pratiche. Senza dubbio i miti connes- si con la crescita e con la fertilità devono le loro origini all' influenza della Luna. Le fasi lunari potrebbero essere interpretate simbolicamente come il gettare il seme e la nascita (Luna nuova), una crescita graduale fino alla Lu- na piena, poi un lento decadimento e la morte. Questo ciclo che potre bbe essere collegato ali' esistenza umana, aveva delle connotazioni sia pratiche che simboliche; tra i moti lunari e le espressioni e le attività umane c'era un interscambio essenziale.

Molti sono gli elementi a sostegno dei racconti tradizionali suIl'influenza della Luna, non ultimo il ruolo della Luna rispetto alla sessualità e alla pro- creazione. L'uomo primitivo potrebbe essernestato consapevole, di qui l' im- portanza attribuita alla Luna e ai suoi movimenti.

Molto di ciò che si riferisce all'astronomia megalitica è oscuro, e non sia- mo in grado di avere un' immagine completa della società che ha costruito queste strutture. Fino a tempi recenti si era ritenuto che le origini delle ci- viltà avessero avuto il loro fulcro nel Medio Oriente, ma le tecniche di data- zione con il radio-carbonio dimostrano ormai che l'uomo preistorico è mol- to più vecchio di quanto indicassero le prime stime. La capacità dei primi costruttori di erigere e allineare massiccestrutture di pietra con tanta preci- sione, dimostra che essiavevanouna coscienzaintellettuale ampiamente mag- giore di quella loro attribuita in precedenza, Essi univano a un senso del mistico un apprezzamento del pratico e del funzionale. Con l'uso dell'a- stronomia 'a occhio nudo', l'uomo primitivo consolidò le sue idee sulla vita e sulla morte. La sua astronomia ebbe valore solo per lui e per i suoi tempi, così come le ere successiveavrebbero avuto un'astronomia specifica per lo- ro. L'astronomia megalitica segnò, tuttavia, l'inizio della grande avventura che avrebbe poi portato all'esplorazione dello spazio.

Le prime civiltà

I primissimi documenti dimostrano come le civiltà delle valli del Tigri e dell'Eufrate, della valle dell'Indo e della Cina abbiano studiato e osserva- to attentamente il cielo. Astronomia e astrologia erano compatibili e così rimasero con alcuni cambiamenti, fino al Rinascimento (quindicesimo seco~

lo). L'astronomia/ astrologia babilonese fu molto sviluppata, e i progressi conseguiti dai babilonesi diventarono la base dell' astronomia greca. L'in- sieme delle osservazioni babilonesi e dell' astronomia greca consentirono a Ipparco (c. 130 a.C.) di definire il concetto di corpi celesti che si muovono in epicicli e deferenti. In precedenza Eudosso (408-355 a.c.), un disce-

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12 Un profilo della storia dell'astronomia Un profilo della stona dell'astronomia 13

polo di Platone, aveva formulato l'idea di un sistema planetario di corpi celesti attaccati a sfere trasparenti che giravano intorno ad assi separati. I filosofi greci diedero un contributo immenso alla comprensione dell'uni- verso. Ipparco supponeva che i pianeti girassero in cerchi, non intorno alla Terra, ma intorno a dei punti che giravano circolarmente intorno alla Terra.

Le osservazionidi Ipparco furono riassunte da Tolomeo (100-178 d.C.) nel- la sua importante opera astronomica, l'Almagesto. Il sistema di Tolomeo era una visione geocentrica dell'universo; la Terra si trovava al centro del- l'universo e intorno a lei giravano il Sole, la Luna e i pianeti. Si supponeva che ogni pianeta si muovesse circolarmente su un cerchio o epiciclo, il cui centro girava su un cerchio più largo (il deferente) al cui centro si trovava la Terra. All'epoca di Tolomeo si riteneva che il cerchio fosse la forma geo- metrica perfetta e che in cielo fosse possibile solo un movimento perfetto.

Questo punto di vista fu quello accettato fino al sedicesimo secolo, sebbene il sistema tolemaico non restasse rigido, ma venisse continuamente modifi- cato alla luce di fatti nuovi. Dal tempo di Ipparco fino al sedicesimo secolo, quasi 1800 anni dopo, si progredì poco nella comprensione dell'universo.

Il modello di sistema planetario tracciato dai greci era di utilità limitata, soprattutto perché si riteneva che la Terra fosse al centro dell'universo.

L'idea che la Terra fosse una sfera venne probabilmente per la prima vol- ta agli antichi greci intorno al 500 a.c. Si riteneva che i quattro elementi costitutivi, fuoco, aria, acqua e terra occupassero degli spazi specifici dell'u- niverso o 'cosmo'. Aristotele, nello sviluppare questa teoria, argomentava che la Terra deve essere al centro dell'universo perché le rocce cadono verso il basso, mentre l'atmosfera superiore deve essere composta dal fuoco per- ché le fiamme tendono verso l'alto. Nel mezzo ci dovevano essere due flui- di, l'aria e l'acqua (in corrispondenza dell'atmosfera della Terra e degli ocea- ni) e sopra l'atmosfera superiore c'era la 'sfera della Luna'. In tutti questi spazi al di sotto della Luna, il corso normale degli eventi avrebbe fatto sì che la materia (composta da combinazioni dei quattro elementi) cambiasse e si decomponesse, ma al di sopra della Luna, c'era il cielo immutabile, do- ve il Sole, i pianeti e le stelle si muovevano in cerchi perfetti. In questo spa- zio celeste c'era un solo elemento, l'etere. Le teorie di Aristotele costituiro- no la base dell' astronomia e della fisica fino al diciassettesimo secolo e fino ad allora non furono mai messe seriamente in discussione.

Gli antichi greci, immaginando la Terra come una sfera, avevano se non altro alcune prove a sostegno di questa idea.

1. Quando le navi si allontanavano da terra, per primo spariva lo scafo, mentre l'ultima cosa a sparire sotto l'orizzonte erano le vele. La superficie della Terra doveva quindi almeno essere curva.

2. Durante l'eclisse di Luna, l'ombra della Terra non è dritta, ma curva, simile all' ombra proiettata da una palla.

3. I marinai che avevano navigato versosud riferivano che la stella polare si vedeva, orientata a nord, sempre più in basso, facendo supporre ancora una volta una superficie curva della Terra.

4. Una prova ulteriore fu fornita dal filosofo Eratostene di Cirene nel ter- zo secolo a.c. Egli dimostrò che lo stesso giorno dell'anno, un bastone con- ficcato per terra a Siene in Egitto, a mezzogiorno, non proiettava nessun' om- bra, avendo, in quel momento, il Sole esattamente perpendicolare, mentre un bastone conficcato nel suolo ad Alessandria, 800 chilometri più a nord, alla stessa ora del giorno proiettava una piccola ombra, che indicava che il Sole era a 75o dal punto esattamente a perpendicolo (zenit). Misurando la distanza tra Siene e Alessandria, Eratostene riuscì a calcolare la circonferen- za della Terra e giunse a un risultato sorprendeotemente preciso (con po- chissima differenza rispetto alle stime moderne).

Alcuni astronomi ritenevano che la Terra fosse cilindrica con l'asse che ruotava da oriente a occidente, ma le prove 1 e 2 evidentemente contraddi- cevano questa teoria. Ovviamente le conoscenze che Greci e Babilonesi ave- vano delle dimensioni della Terra erano molto limitate, e non andavano al di là dell'India a est e dello Stretto di Gibilterra a ovest.

Gli astronomi avevano anche notato che i cinque pianeti luminosi allora conosciuti, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, non si muovevano con percorsi rettilinei, ma a volte, invece di seguire il loro normale percorso verso est, si dirigevano a ovest. Eudosso di Cnido (terzo secolo a.c.) cercò di spiegare questo fenomeno con la teoria degli 'epicicli', in base alla quale i pianeti non giravano solo intorno alla Terra, ma avevano anche un moto di rivoluzione in orbite epicicliche intorno a un deferente.

Nel quinto secolo a.c. il filosofo Filolao ipotizzò che non fosse tutto ciò che sta in cielo a ruotare intorno alla Terra ma la Terra a ruotare intorno al suo asse e a dare l'impressione del moto apparente del cielo. Anche la Terra, suppose, è in movimento, non intorno al Sole, ma intorno a un mitico 'fuo- co centrale', intorno al quale giravano anche il Sole, la Luna, i pianeti e le sfere delle stelle fisse. Un'altra visione dell'universo, con la Terra al centro, fu sviluppata da Apollonio, Ipparco e Tolomeo tra il terzo secolo a.c. e il secondo secolod.C. Secondo questa teoria, i pianeti girano intorno alla Terra con orbite complesse che sono una combinazione di un movimento orbitale intorno alla Terra e di un movimento orbitale epiciclico intorno a un defe- rente. Il percorso che ne risulta comprende una serie di cerchi che corrispon- de al percorso effettivamente osservabile.L'ipotesi è simile a quella di Eudos- so, eccettuato il fatto che si supponeva che i primi motori fosserodelle' ruo- te', mentre per Eudosso si trattava di 'sfere'. Tuttavia per far quadrare le os- servazioni, nel caso di alcuni pianeti era necessariopiù di un epiciclo, e alla fine ce ne vollero addirittura quaranta per far muovere tutte le diverse parti dell'universo, il Sole, la Luna, i pianeti e la sfera delle stelle fisse.

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14 Un profilo della storia dell'astronomÙl Un profilo della storia dell'astronomia 15

Il primo a ipotizzare che la Terra e gli altri pianeti si muovessero intorno al Sole fu Aristarco di Samo nel terzo secolo a.c. Aristarco misurò le distan- ze del Sole e della Luna, facendo uso di metodi geometrici, arrivando a un valore abbastanza preciso per la distanza della Luna, ma a un errore grosso- lano per quanto riguarda il Sole. Ma la sua teoria di un universo eliocentrico venne dimenticata fino all' epoca di Copernico nel sedicesimo secolo, e si adottò un universo geocentrico.

Tolomeo è stato l'ultimo grande astronomo dell'antichità, e per molti se- coli dopo di lui lo sviluppo dell'astronomia e della scienza rimase quasi a un punto fermo. La civiltà mediterranea fu poi dominata da Roma (secon- do secolo a.c.) e quando l'impero romano declinò, a sua volta, nei primi secoli dell' era cristiana, buona parte dell' antica conoscenza e della tradizio- ne astronomica andò perduta e venne riscoperta molti secoli più tardi quan- do la scienza islamica raggiunse il suo culmine. Dopo la metà del settimo secolo il mondo musulmano si espanse velocemente, e le antiche scienze fu- rono tradotte in arabo e si fecero molti progressi fondamentali in matemati- ca e in astronomia. L'importanza del contributo islamico consiste nell'aver conservato le antiche tradizioni dell' astronomia greca che i successivistu- diosi europei trovarono così preziose. La grande opera di Tolomeo, l'A/ma- gesto, fu tradotta in arabO e poi in latino (1175). Per tutto questo tempo, tuttavia, non si misero in dubbio le idee di Aristotele sul funzionamento fisico dell'universo, e la Terra continuò a esserne considerata il centro.

so era il Sole e non la Terra. La sua ipotesi eliocentrica, come è enunciata nel suo libro (1543) De Revo/utionibus Orbium Coe/estium (Sulle rivolu- zioni delle sfere celesti), affermava che il sistema planetario era un sistema solare. Questa idea rivoluzionaria era stata in realtà formulata quasi dician- nove secoli prima dal greco Aristarco, ma era stata respinta.

Per Copernico era evidente che la teoria dei moti planetari, proveniente da Tolomeo e da altri astronomi greci, era così gravemente inficiata dalle effettive osservazioni che la formulazione di una nuova teoria era necessaria e urgente. Di fatto, c'erano diversi sistemi tolemaici, ma erano tutti varia- zioni della stessa teoria geocentrica, e come tali grossolanamente errati. Nel suo De Revo/utionibus, Copernico sostiene che la Terra è sferica, che l'uni- verso è sferico, che i movimenti dei corpi celesti sono uniformi, circolari e perpetui, e che, dati i movimenti irregolari dei pianeti, la Terra non è al centro dell'universo. La Terra, diceva, compie tre movimenti diversi: una rotazione assiaie una volta al giorno, una rivoluzione orbitale (intorno al Sole), e una rotazione conico-assialeuna volta l'anno. La nuova teoria elio- centrica era in grado di spiegare i movimenti dei pianeti, sia diretti sia re- trogradi. Le teorie di Copernico sono esposte nel suo libro sotto forma di argomentazioni discorsive e si presentano come segue:

Il Rinascimento

L'universo è sferico perché, o la sfera è la forma più perfetta, o perché possie- de per un dato volume l'area maggiore, oppure perché i corpi celesti, Sole, Luna e stelle sono sferici. Anche la Terra è sferica, perché il viaggiare verso nord o verso sud sulla sua superficie, porta a un cambiamento nell'altezza della Stella Polare e a un cambiamento corrispondente nel numero delle stel- le circumpolari. LaTerra occupa un volume maggiore di quanto non facciano gli oceani, altrimenti questi ultimi la scioglierebbero. Il moto dei corpi cele- sti è uniforme, circolaree perpetUo, o composto da moti circolari. Il gran nu- mero di sfere è all' origine di molti movimenti, cioè la rotazione della Terra da ovest a est, e i vari moti di Sole, Luna e pianeti. Le velocità irregolari del Sole e della Luna nelle loro orbite vanno attribuite alla non uniformità della forza motrice o al fatto che queste orbite sono eccentriche.

Il sedicesimosecolovide la circumnavigazione della Terra da parte di Ma- gellano (1519-22), e si stabilì così la sfericità della Terra. Fu quella un' epo- ca di esplorazioni geografiche: la scoperta delle Americhe, e la via maritti- ma per l'India attraverso il Capo di Buona Speranza. Tutto ciò esigeva stru- menti di navigazione efficienti e carte. Nessun calcolo soddisfacente della longitudine era possibile (lo fu solo successivamente con l'invenzione del cronometro marino di Harrison), ma si poteva individuare la latitudine con le tavole della declinazione solare o con le variazioni dell' altezza della stella polare. Una nuova era stava sorgendo e molte vecchie concezioni sulla Terra e sull'universo venivano messe in discussione. Il sedicesimo secolo fu im- portante per gli effetti sociali ed economici che seguirono le grandi esplora- zioni. La teoria di una Terra sferica facilitò i grandi progressi del pensiero scientifico e le scoperte.

Per i 1800 anni precedenti si era ritenuto che la Terra fosse al centro del- l'universo. Nicola Copernico (1473-1543), un astronomo pohicco, gettò le basi per una nuova visione del cielo. Egli affermò che al centro dell'univer-

La visione geocentrica cedette gradualmente il passo al sistema eliocentri- co, ma il nuovo sistema, benché conducesse a risultati migliori e semplifi- cassele complicazioni matematiche connessecon il sistema geocentrico. pu- re non era ancora del tutto preciso. La rivoluzione copernicana introdusse modifiche profonde nelle nozioni fondamentali dell' astronomia portando a quell'ampliamento della comprensione della natura da parte dell'uomo, che portò poi alla rivoluzione scientificadel diciassettesimosecoloe alla con- cezione newtoniana dell'universo. Questa rivoluzione fu importante non solo in astronomia, ma il suo impatto influenzò gli atteggiamenti sociali, econo- mici, filosofici e intellettuali che erano rimasti, fino a quel momento, piut-

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16 Un profilo della storia dell'astronomia U,I profilo della stona dell'astronomia 17

tosto statici. L'accettazione delle teorie di Copernico non fu immediata do- po la pubblicazione di De Revo/utionibus nel 1543. L'astronomo Thomas Blundeville, per esempio, scriveva: "Copernico... afferma che la Terra gira e che il Sole sta fermo nel centro del cielo, e grazie a questa falsa premessa, ha potuto fornire dimostrazioni migliori di quante non siano mai state sug- gerite per i moti e le rivoluzioni delle sfere celesti". Questo veniva scritto nel 1594. La maggior parte degli astronomi era ostile a queste nuove idee, benché alcuni (Rheticus, Digges e Maestlin tra gli altri) le accettassero e le

Insegnassero .

Via via che il sedicesimo secolo si avvicinavaalla fine, l'universo 'eliocen- trico' acquistava sempre maggior favore presso gli astronomi. Gli astronomi principali di quel periodo furono Tycho Brahe e Giovanni Keplero. Tycho fu soprattutto un astronomo osservatore e usò i suoi strumenti per tracciare accurate mappe stellari e per portare avanti osservazioni prolungate dei mo- vimenti dei pianeti per periodi di molti anni. Egli fece queste osservazioni nel suo osservatorio nell' isola danese di Hven. Calcolò le posizioni dei pia- neti con una precisione di circa quattro primi di arco, e quelle delle stelle fino a un secondo di arco, con un considerevole miglioramento rispetto alle osservazioni degli astronomi dell' antichità.

Tycho respinsela teoria eliocentrica, perché nelle posizioni delle stelle non fu in grado di individuare alcuna parallasse, che doveva necessariamente ri- sultare dal movimento della Terra intorno al Sole. Non poté accettare, o non conosceva, l'enorme distanza che c'è tra la Terra e le stelle rispetto alle distanze dei pianeti. Respingendo i sistemi tolemaici e copernicani, egli for- mulò una sua teoria in base alla quale la Terra è stazionaria al centro dell'u- niverso e non ruota, mentre una sfera sulla quale sono tutte le stelle fa un giro ogni ventiquattr' ore. In mezzo, il Sole si muove intorno alla Terra una volta l'anno, e i cinque pianeti, allora conosciuti, girano tutti in orbita in- torno al Sole.

Nel 1572 Tycho osservòquella che ora è conosciuta come una nova (una stella che esplode) nella costellazione di Cassiopea, che per diciotto mesi continuò a esserevisibile superando per brillantezza Venere al massimo del suo splendore. Questo oggetto non poteva essere una cometa perché non avevacoda e, rispetto alle stelle vicine, non si muoveva. Questo avvenimen- to è importante perché in un cielo che, fino a quell'epoca, era stato consi- derato immutabile, il nuovo oggetto non avrebbe potuto essere altro che un fenomeno di qualche genere nella parte alta dell'atmosfera, ma quest'i- dea fu rapidamente inficiata quando il calcolo della parallasse della nova dimostrò che questa doveva trovarsi alla stessa distanza delle stelle. Analo- gamente, le comete osservateda Tycho tra il 1577 e il 1596 mostravano an- ch'esse di non avere una parallasse misurabile e dovevano essere, pertanto, oggetti molto distanti. Benché i contributi di Tycho all'astronomia fossero

importanti e significativi, fu Keplero, un collega di Tycho, che finalmente scoprì le leggi fondamentali che governano i moti planetari.

Dòpo la morte di Tycho, avvenuta nel 1601, servendosi delle tabelle da lui compilate, Keplero ne continuò il lavoro di osservazione. Keplero si con- centrò soprattutto sull' orbita di Marte che è particolarmente eccentrica. Dalle sue osservazioni e ricerche, concluse che i pianeti non si muovono in percor- si circolari ma in ellissi. Per spiegare con maggior precisione i moti planeta- ri, Keplero formulò le sue tre leggi:

1. I pianeti si muovono in ellissi con il Sole su un fuoco dell' ellisse.

2. Il raggio vettore (la linea immaginaria che unisce il Sole con il pianeta) descrive aree uguali in tempi uguali.

3. I quadrati dei periodi di rivoluzione dei pianeti sono direttamente pro- porzionali ai cubi delle loro distanze dal Sole.

Diversamente da Tycho, Keplero accettava la teoria dell'universo eliocen- trico, come risultava dalle tre leggi dei movimenti planetari. La forza che manteneva i pianeti nelle loro orbite intorno al Sole era, a quel tempo, sco- nosciuta - siamo prima dell'epoca di Newton - ma Keplero immaginò che il Sole producesse una forza che opera dal!' esterno e in parallelo all' e- clittica e che, urtando contro ogni pianeta lo spinge avanti. I pianeti più distanti ricevono una forza proporzionalmente più debole e pertanto si muo- vono più lentamente lungo le loro orbite. Inoltre, la seconda legge di Ke- pIero afferma che lo stesso pianeta cambia la sua velocità nel corso dell' orbi- ta, viaggiando tanto più velocemente quanto più è vicino al Sole. Questa forza che Keplero chiamò 'anima motrice', era un predecessore della gravi- tazione, sviluppata da Newton quasi un secolo dopo.

Un'altra teoria proposta da Keplero ed esposta nel suo Mysten'um Co- smogmphicum, era il rapporto tra le orbite dei pianeti e i cinque solidi re- golari. Il ragionamento alla base era che, se i cinque solidi sono inseriti l'u- no nell'altro, allora le sfere che portano le orbite dei pianeti possono inter- porsi tra i solidi. In pratica tutto ciò comporterebbe la combinazione che segue: la sfera di Saturno racchiude il cubo, quella di Giove racchiude il tetraedro, quella di Marte racchiude il dodecaedro, quella della Terra rac- chiude l'isocaedro, quella di Venere racchiude l'octaedro e l'octaedro rac- chiude la sfera di Mercurio. In ogni caso gli angoli del solido toccano le su- perfici delle sfere. Benché le orbite dei pianeti siano eliittiche , la ellitticità è abbastanza piccola da potersi in ogni caso adattare nei cinque solidi. Ke- piero non accettava l'eventualità di pianeti al di là di Saturno, perché que- sto sarebbe stato in contrasto con le sue teorie.

Galileo Galilei (1564-1642) confermò la teoria eliocentrica con le sue sco- perte delle lune galileiane (i quattro satelliti di Giove) usando il telescopio,

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18 Un p1Vfilo della stona dell'astronorma

di recente invenzione. Le sue osservazionidimostrarono che altri pianeti erano in grado di attrarre corpi celesti. Le scoperte di Galileo rovesciarono com- pletamente le vecchie teorie geocentriche. Queste scoperte comprendevano la natura accidentata, montuosa della superficie lunare, le fasi di Venere, i satelliti di Giove, il fatto che la Via Lattea consiste di migliaia di pallide stelle. Dalle ombre proiettate dalle montagne della Luna, Galileo riuscì a calcolare la loro altezza, e scoprì che erano paragonabili a quelle della Ter- ra. Sulla superficie del Sole scoprì le macchie solari. Da tutte queste osserva- zioni conseguivache l'universo, ben lungi dall' essere quel posto immutabi- le e perfettamente formato come lo avevano immaginato gli antichi, era piut- tosto più simile alla Terra. Era inoltre più grande di quanto non si fosse immaginato in precedenza. I! fatto che si vedevano i satelliti di Giove girare intorno al pianeta, una volta ogni pochi giorni, dimostrava che l'universo aveva più che un solo centro di rotazione. Le macchie solari confutarono l'idea di un Sole incontaminato. Le fasi di Venere dimostrarono che girava intorno al Sole e non intorno alla Terra. L'enorme aumento del numero di stelle rivelato dal telescopio, sia nella Via Lattea che in altre parti del cielo, faceva dubitare che fossero tutte fissate in una sfera, tutte alla stessa distan- za dalla Terra, mentre suggeriva che potessero invece essere degli altri Soli, tutti a cMstanzediverse dalla Terra. Questi concetti erano stati formulati una prima volta nel secoloprecedente, prima dell'invenzione del telescopio, dai matematici e astronomi John Dee, Thomas Digges e Giordano Bruno. C'e- ra un numero incalcolabile di stelle, avevano affermato, e alcune di essepo- tevano anche essere più grandi del Sole, ma sembrano piccole solo a causa della loro immensa distanza. Digges descriveva la regione al di là dei piane- ti come' 'questo circolodi stelle fissatosopra a una distanza immensa si esten- de in altezza sfericamente" (1576). Dee osservòla supernova del 1572 e con- cluse che si trattava di una vera stella e che era sparita perché si allontanava nello spazio in linea retta rispetto alla Terra.

I! Rinascimento, la grande rinascita della cultura, mise in discussione le idee e gli insegnamenti degli antichi. I grandi astronomi di questo periodo, Brahe, Copernico, Keplero e Galileo avevano gettato, ognuno a modo suo, le fondamenta per costruire uno schema esauriente per far fronte alla nuova conoscenza. Il mettere in discussione le vecchie concezioni portò Descartes, matematico insigne, a ragionare sull'universo e a cercare di spiegare la na- tura del mondo fisico alla luce delle nuove scoperte. I! suo Discorsosul me- todo è probabilmente uno dei testi che più hanno influenzato la filosofia della scienza. Le idee e le speculazioni di Descartes ebbero un' importanza fondamentale, ma fu Isaac Newton (1642-1727) che inquadrò definitiva- mente, con delle brillanti analisi matematiche, il moto dei corpi orbitanti e la Legge di Gravitazione. Egli costruì, con questa, sulle fondamenta get- tate da Descartes e dagli astronomi del Rinascimento.

2 Lo sviluppo

dell' astronomia moderna

N el corso del diciassettesimo secolol'astronomia si trovava in piena rivo- luzione. Idee e concezioni vecchie, basate sulla speculazione filosofica, rela- tive alla struttura dell'universo, venivano sostituite da nuove, basate sull'os- servazione, il ragionamento logico e la deduzione. Le teorie prevalenti nel- l'antichità e nel Medio Evo erano principalmente quelle dei filosofi della Grecia classica, in particolare Aristotele, Archimede e Tolomeo. Le sfide del Rinascimento portarono a un ripudio delle vecchie idee e dei vecchi inse- gnamenti concernenti un universo geocentrico e benché siano state le sco- perte di Brahe, Keplero, Copernico e Galileo a gettare le basi per la nuova conoscenza, furono le scoperte di Newton che estesero e consolidarono la 'nuova astronomia'.

Nel 1687 Newton pubblicò la sua opera monumentale Principia Mathe- matica, in cui spiegò e discussela sua nuova teoria sulla gravitazione univer- sale; teoria che si poté applicare al sistema solare per spiegare i moti dei pia- neti. I! vero metro del sistema solare fu stabilito da Dominique Cassini (1625-1712) quando misurò la distanza tra il Sole e Marte (1671), per cui fu possibile, con le leggi di Keplero, calcolare le distanze degli altri pianeti.

Newton utilizzò le leggi di Keplero nella sua teoria della gravitazione e fu in grado di calcolare la massa di ogni pianeta. Prima di ciò, la vera natura dei pianeti era sconosciuta, e si riteneva che fossero attaccati a sfere traspa- renti che giravano; le osservazionidi Galileo e degli altri e le teorie di New- ton dimostrarono che i pianeti erano sfere di materia come la nostra Terra e che giravano in orbite libere intorno al Sole.

L'uso principale che si fece dell' astronomia nel diciassettesimo secolo fu nel campo della navigazione; per chi navigava era necessario conoscere in mare la longitudine. Furono adottati un certo numero di sistemi diversi, compreso quello di disegnare delle linee di eguale declinazione magnetica sulle carte oceaniche, e la compilazione di tavole di eclissi dei satelliti di Giove, ma alla prova dei fatti nessuno di questi metodi si dimostrò utilizza- bile o abbastanza preciso. L'unico modo per risolvere il problema della na- vigazione comportava o il fare delle osservazioniestremamente accurate della

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20 Lo sviluppo dell'astronomia moderna Lo sviluppo dell'astronomia moderna 21

posizione della Luna per un lungo periodo di tempo, in modo che se ne potesse ricavare una giusta teoria del moto della Luna, o il disegnare delle mappe stellari precise. La migliore mappa stellare disponibile nel diciasset- tesimo secolo era quella compilata da Tycho Brahe, ma non era abbastanza precisa. Nel 1675fu fondato in Inghilterra il Royal Greenwich Observatory che, sotto il succedersidei suoi Astronomi reali, produsse mappe stellari sem- pre più precise e anche osservazioni del movimento e della posizione della Luna, utilizzati poi da Newton per la sua teoria della gravitazione. Con l'in- venzione da parte diJohn Harrison (1693-1776) del cronometro marino, il problema della determinazione del tempo in mare venne superato come an- che quello della longitUdine.

In questo periodo crebbe l'interesse per l'astronomia teorica e, una volta stabilita chiaramente la nuova teoria dell'universo, dei fatti nuovi divenne- ro chiari. Uno di questi riguardava le posizioni relative tra loro delle stelle;

fin dai tempi antichi le stelle erano state considerate fisse nello spazio, at- taccate a qualche sfera trasparente o comunque tutte alla stessadistanza dalla Terra. Nel 1718 il secondo Astronomo reale, Edmond Halrey (1656-1742) scoprì che le posizioni di alcune stelle erano cambiate nel corso degli ultimi 1500 anni, e concluse che le stelle non potevano essere fisse ma si muoveva- no nello spazio l'una rispetto all'altra. Questo movimento relativo delle sin- gole stelle è noto come moto proprio. Agli astronomi diventava chiaro, po- co per volta, che non solo le stelle sono, come il nostro Sole, dei corpi di un gas luminoso caldo, ma anche che il Sole non è nient'altro che una nor- male stella. Quest' idea era stata lanciata da Dee, Digges e Bruno fin dalla fine del sedicesimo secolo. Stava anche diventando chiaro che le stelle non sono confinate in uno spazio limitato un po' dietro l'orbita di SatUrno, ma sono distribuite casualmente in un immenso volume di spazio.

Molti dei nuovi sviluppi dell'astronomia di questo periodo e dei periodi successivifurono resi possibili dai progressi conseguiti nella costruzione dei telescopi. Rispetto al metro dei giorni nostri i telescopi di Galileo del 1610 erano primitivi, dal momento che erano formati da due piccole lenti in un tUbo e fornivano solo pochi ingrandimenti e immagini scadenti. Nel 1668 Newton costruì un telescopio che raccoglieva la luce per mezzo di uno spec- chio parabo/ico anziché di una lente; questo tipo di telescopio si chiama riflettore, mentre quelli che prendono la luce con una lente si chiamano rifrattori. Il difetto dei primi rifrattori era quello noto come aberrazione ero- matica, il non riuscirea rifrangere in modo uguale tUtti i colori, per cui l'im- magine è circondata da un alone colorato. L'ottico John Dollond (1706-1761) superò questa difficoltà nel 1754 costruendo una lente costitUitada due parti attaccate tra loro, chiamata aeromatica. In precedenza tutti i rifrattori dove- vano essere molto lunghi, qualcosa come lO metri, per poter ridurre l'aber- razione, ma da quel momento fu possibile farli molto più corti. Quasi tUtti

i telescopi costruiti prima della fine del diciottesimo secolo erano abbastan- za piccoli. le loro lenti o specchi avevano in genere un diametro inferiore ai 30 centimetri. Non si costruivano strumenti più grandi perché gli astro- nomi si dedicavano più all'astronomia di posizione, e quindi a misurare le posizioni delle stelle e a compilare mappe ai fini della navigazione

-

per

il che bastavano strumenti abbastanza piccoli

-

che non agli aspetti più teorici della materia. Comunque, tutto questo cambiava poco per volta e uno dei primi astronomi a condurre una ricercadi astronomia 'pura' (in con- trapposizione a quella applicata) fu sir William Herschel (1738-1822). Her- schel fece le sue osservazioni soprattutto con un riflettore di 50 centimetri che aveva costruito intorno al 1780, ma alcuni anni dopo costruì un rifletto- re gigante con un' apertura di 120 centimetri e altri telescopi più piccoli.

Con questi condusse delle 'ricerche sui cieli' - conteggi di stelle in ognuna delle migliaia di piccole aree del cielo del nord. Catalogò anche molte mi- gliaia di ammassi stellari e di nebu/ose (nuvole di polvere e gas nello spazio più lontano). Dopo un'analisi delle osservazionifatte per un periodo di molti anni, Herschel concluse che la distribuzione delle stelle nello spazio è ca- suale, ma anche che esse fanno parte di una grande galassia a forma di lente o di scatola con il lato più lungo allineato sul piano della Via Lattea.

La Via Lattea si presenta come una pallida fascia luminescente che gira in tUtto il cielo, ma che di fatto è costituita da milioni di pallide stelle lon- tane. Si riteneva che il Sole fosse"più o meno vicino al centro di questa ga- lassia. Herschel non sapeva a che distanza si trovassero le stelle, ma nei suoi tentativi di determinarlo scoprì che alcune stelle sono doppie e girano l'una intorno all' altra - dimostrando così che le leggi di gravitazione universale di Newton sono effettivamente universali. Un'altra teoria avanzata da Her- schel fu quella dell' evoluzione delle stelle; a causadel tempo impiegato dalla luce per viaggiare attraverso lo spazio (la velocità della luce- 300.000km.

al secondo - era già stata calcolata oltre un secolo prima), come regola ge- nerale, le stelle più distanti si dovevano trovare a uno stadio precedente del- la loro evoluzione rispetto a quelle più vicine. Come vedremo, questa rego- la di fatto è valida per quanto riguarda le galassie. Nel fare le sue osserva- zioni, nel 1781 Herschel scoprì il pianeta Urano, il primo pianeta scoperto in epocamoderna. Nel 1846,due matematici,John Adams(1819-1892)e Urbain Le Verrier (1811-1877) scoprirono Nettuno, e i calcolidi Percival Lo- well (1855-1916) portarono alla scoperta di Plutone da parte di Clyde Tom-

baugh nel 1930. ,

Anche fuori della Gran Bretagna furono costruiti osservatori nazionali, il primo dei quali (fondato nel 1671) a Parigi, e il loro obiettivo principale, come per quello di Greenwich, era di compilare mappe stellari abbastanza precise ai fini della navigazione. Ma nel diciannovesimo secoloil loro lavoro si estese anche ad altri settori. Nel 1838, la prima distanza da una stella fu

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22 Lo sviluppo dell'astronomia moderna Lo JVz/uppo dell'astronomia moderna 23

misurata dall'astronomo Friedrich Bessel (1784-1846). Queste misure furo- no calcolate con il metodo noto comeparallasse trigonometrica, con la qua- le la posizione di una stella, rispetto allo spazio retrostante di stelle più lon- tane, viene misurata quando la Terra si trova in punti opposti della sua or- bita (per esempio a gennaio e a luglio). Si scoprì che la stella più vicina, la Proxima Centauri, dista 40 milioni di milioni di chilometri (4,3 anni lu- ce). Negli anni successivial 1838, con questo metodo della parallasse furo- no scoperte le distanze di molte altre stelle. I moti parailattici delle stelle sono però minimi, in ogni caso inferiori a un secondo di arco, per cui è mol- to difficile calcolarlicon precisione e il metodo della parallasse si può usare solo per le stelle più vicine fino a una distanza di 1600 milioni di milioni di chilometri. A causa delle enormi distanze nello spazio gli astronomi usa- no un'unità di misura più comoda: l'anno luce (la distanza percorsa da un raggio di luce in un anno, che è di 9,5 milioni di milioni di chilometri).

Ancora una volta si rese evidente che la dimensione dello spazio è grande.

Ma probabilmente i maggiori progressi in astronomia nella seconda metà del diciannovesimo secolo furono il risultato dello sviluppo di nuove tecni- che che fu possibile applicare ali'astronomia, la spettroscopia e lafotografia.

La storia dello spettroscopio cominciò nel 1666, quando Newton fece pas- sare la luce del Sole attraverso un prisma che divise la luce nei colori che la componevano (lo spettro dell' arcobaleno). Poi, nel 1814, l'ottico Joseph von Fraunhofer (1787-1826) mostrò che lo spettro del Sole è attraversato da un gran numero di righe scure: egli tracciò le posizioni di circa 500 di que- ste righe. Il lavoro successivosvolto da altri scienziati, in particolare il fisico Gustav Kirchoff (1824-1887) e il chimico Robert Bunsen (1811-1899), mo- strò che ogni elemento e componente chimico ha il proprio specifico e uni- co insieme di righe spettrali, e che quelle righe nello spettro del Sole dice- vano agli astronomi quali sono gli elementi e i componenti presenti nel So- Ie. Fu tuttavia un problema del tUtto diverso ottenere lo spettro di una stel- la, la più luminosa delle quali è migliaia di milioni di volte meno luminosa del Sole. Nel 1860il problema fu studiato da William Huggins (1824-1910), un astronomo dilettante, che, pur incontrando in principio delle difficoltà, riuscì alla fine a ottenere gli spettri di alcune stelle, a confrontarli con gli spettri di sostanze chimiche e a dedurre quali sono le sostanze contenute da quelle stelle. Egli fu così in grado di dimostrare che il Sole e le stelle contengono tutti sostanzialmente gli stessi elementi (cioè l'idrogeno e po- chi altri elementi e quantità minori di sostanze composte). Huggins riuscì anche a dimostrare che le nebulose non erano aggregazioni di stelle, come alcuni astronomi avevano sostenuto, ma nubi di gas luminosi.

La fotografia fu inventata nel 1835 e fu presto applicata all'astronomia, dal momento che la prima fotografia astronomica fu scattata alla Luna nel

1840. Via via che le tecniche miglioravano si poté estendere l'uso della foto-

grafia fino a coprire altre branche dell' astronomia, e alla fine del diciannove- simo secolo la si utilizzò per registrare spettri di stelle e anche per compilare mappe stellari. Si sostitUironocosìvelocemente i vecchimetodi di osservazio- ne visiva che erano soggetti a distorsioni dovUte ai diversi osservatori, anche se nel lavorosui pianeti si continuò a utilizzare il metOdovisivo,dal momen:

to che era, e lo è ancora, il migliore tra i due per rilevare i particolari della superficie dei pianeti. L'immagine di un pianeta è distorta da correnti d'aria, e quindi i particolari in fotografia vengono piuttosto sfocati (a eccezione di quelli ripresi con un grande telescopio), ma l'occhio dell' osservatorepuò per- cepire il minuto particolare in quei brevi istanti in cui l'aria si calma.

Nel campo dell' astronomia planetaria molto lavoro è stato fatto da astro- nomi dilettanti con l'uso di un equipaggiamento abbastanza modesto. Un lavoro considerevole è stato svolto da dilettanti nelle osservazioni del Sole, della Luna, di meteore, comete e pianeti. Gli astronomi dilettanti e le loro associazionihanno svolto un ruolo importante in questo settore perché i corpi nel sistema solare non richiedono, in genere, grossi telescopi per poterli os- servare bene. Inoltre gli astronomi professionisti erano, e sono ancora, trop- po impegnati a concentrarsi su stelle, nebulose e galassie che soltanto loro, con la potenza dei loro strumenti, sono in grado di studiare a fondo. I primi dilettanti hanno svolto un lavoropionieristico, per esempio Heinrich Schwabe che sottopose il Sole a osservazioni regolari e, nel 1852, annunciò che di- mensioni e numero delle macchie solari variano con un ciclo di undici anni;

William Lassell che scoprì, nella metà del diciannovesimo secolo, molti sa- telliti che orbitano intorno ai pianeti; Beer e Madler che intorno al 1830 tracciarono una grossa carta della Luna; James Nasmyth che pure osservò la Luna e nel 1872 elaborò delle teorie sulla sua geologia; e W. F. Denning che al volgere di questo secolo fece molto lavoro importante sulle meteore.

Nel corso degli anni altri dilettanti hanno fatto una gran quantità di osser- vazioni sui pianeti; il pianeta Marte fu osservato a fondo dal 1877 in poi dagli astronomi Giovanni Schiaparelli, Percival Lowell, E. M. Antoniadi e altri (ma alcuni di questi erano professionisti).

Gli osservatori nazionali non tardarono a utilizzare i nuovi strumenti del- la fotografia e della spettroscopia che, nella seconda metà del diciannovesi- mo secolo vennero utilizzati nei programmi di ricerca. Nel 1872 Greenwich cominciò delle osservazionispettroscopiche delle stelle per determinare i lo- ro movimenti effettivi e le loro velocità nello spazio. Il principio su cui si basavano queste osservazioniè l'effetto Doppler - che può essere illustrato più chiaramente facendo riferimento al suono anziché alla luce- l'intensi- tà del suono del clacson di un'automobile o del fischio di un treno diminui- sce alloro passaggio vicino all'osservatore. Lo stesso principio si applica alle onde luminose per cui si ha uno spostamento delle linee dello spettro di una stella verso il blu se la stella si awicina e verso il rosso se si allontana.

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24 Lo sviluppo dell'astronomÙl moderna Lo svzluppo dell'astronomia moderna 25

Nel 1894 a Greenwich fu acquistato un telescopio rifratto re di 66 centi- metri, e alcuni anni dopo dei telescopi ancora più grandi con i quali si svi- luppò il lavorospettroscopico, e che furono usati pure per misurare le posi- zioni angolari delle stelle doppie. Nel 1883 cominciarono delle osservazioni regolaridel Sole. Nello stessoperiodo vennero costruiti, specialmente in Ame- rica, dei grandi osservatoriadibiti solo alla ricerca anziché alla compilazione di mappe stellari. Questi osservatori erano in genere annessi alle università e venivano costruiti normalmente su alte montagne dove l'aria era molto limpida e il cielo sgombro da nubi e fumo e senza il bagliore delle luci della città. Obiettivo principale di questi osservatori era stabilire la vera natUra e composizione di stelle e nebulose, e a questo scopo erano forniti di una attrezzatura complessa costitUita di spettroscopi, fotometri e macromicro- metri. Con questi strumenti gli astronomi erano in grado di valutare la com- posizione chimica di una stella, la sua luminosità e il suo moto proprio e, usando le leggi della fisica(molte delle quali erano state, a quell' epoca, ap- pena sviluppate) di procedere al calcolo di altre caratteristiche di una stella, per esempio la sua massa e la sua temperatura alla superficie. La situazione era nettamente migliorata rispetto a soli cinquanta anni prima quando gli astronomi, dotati solamente di telescopi, potevano solo osservare la lumi- nosità e la distribuzione delle stelle nel cielo.

Nel 1913 due astronomi, Ejnar Hertzsprung (1873) e Henry Russell(1877) rilevarono la luminosità di un gran numero di stelle rapportando le alle ri- spettive temperature alla superficie (indicate dai loro spettri). Ottennero un risultato interessante - quanto più una stella è calda tanto più è luminosa - e questo era vero per la maggior parte delle stelle, Sole compreso. Si dice che le stelle che obbediscono a questa legge 'temperatura-luminosità' si tro- vano in una fascia detta sequenza principale. Quelle all' estremo caldo, lu- minoso, sono anche molto grandi e sono conosciute come giganti blu men- tre quelle all'estremo freddo, scuro, sono stelle molto piccole e sono cono- sciute come nane rosse. Le stelle che non rientrano nella sequenza principa- le ricadono normalmente in due categorie, o sono giganti 1Vsseo sono nane bianche. Il grafico della 'luminosità rispetto alla temperatura alla superfi- cie' è noto come diagramma di Hertzsprung-Russell.

Gli astronomi da tempo avevano capito che le stelle sono simili al nostro Sole, ma non si sapeva esattamente come facessero a brillare. Le leggi della fisica relativa ai gas, scoperte dal 1670 circa, venivano applicate all'astrono- mia. Nel 1853 il fisico Hermann von Helmholtz (1821-1894) affermò che il Sole e le stelle si contraggono continuamente (anche se molto lentamen- te) sotto il loro peso, e che questa energia potenziale di contrazione si tra- sforma continuamente in energia calorifica e luminosa. I calcoli dimostrava- no che, se le cose stanno proprio così, il Sole, la Terra e il resto del sistema solare non potrebbero avere più di 18 milioni di anni. All'epoca questo sem-

brava abbastanza accettabile, ma successivericerche in biologia e geologia hanno dimostrato che la Terra deve avere almeno 4700 milioni di anni. È stato solo nel 1939 che la vera origine della radiazione del Sole e delle stelle, e cioè lafusione nucleare, fu scoperta dal fisicoHans Bethe (1906-). Questo fenomeno comporta la trasformazione dell' idrogeno in elio, entrambi pre- senti, come si sapeva, nel Sole e nelle stelle, e in questo processo di fusione una piccola quantità di materia viene annientata e si trasforma in energia.

Questa energia viene irradiata sotto forma di luce, raggi infrarossi (calore) ed energia con altre lunghezze d'onda. È così che il Sole perde ogni secon- do una massa di 4 milioni di tonnellate. Li trasformazione della materia in energia fu ipotizzata per la prima volta nel 1905 dal fisico Albert Ein- stein (1879-1955) ne] suo "Teoria della Relatività".

Usando il diagramma di Hertzsprung-Russell,furono anche avanzate delle ipotesi per spiegare l'evoluzione e la formazione delle stelle. Una prima teoria sosteneva che le stelle erano inizialmente delle giganti blu, che poi, nel cor- so della loro vita, raffreddandosi continuamente scendevano nella sequenza principale, fino a diventare nane rosse quando gli rimaneva poco idrogeno da bruciare. Teorie successivecompletamente diverseaffermavano che la po- sizione occupata da una stella nella sequenza principale dipende dalla sua massa originaria, quanto maggiore la massa tanto più calda e luminosa la stella. Le stelle sono anche relativamente stabili e dimensione, massa, lumi- nosità, temperatura alla superficie o qualsiasi altra proprietà non cambia ap- prezzabilmente nel corsodella loro esistenza. Quando non hanno più idro- geno da bruciare, le stelle o si dilatano in giganti rosse, per poi sgonfiarsi in nane bianche, oppure esplodono come novae.

Gli astronomi si erano anche interessati delle nuvole di polvere e gas, le nebtdose, che si trovano in certe zone degli spazi interstellari. Alla fine del diciottesimo secolo Herschel avevastudiato questi oggetti, e circanello stes- so periodo, l'astronomo Charles Messier (1730-1817) ne catalogò circa un centinaio. Un catalogo più dettagliato, il "New GeneraI" fu elaborato in- torno al 1880 dalle osservazionifatte daJohn Herschel (1792-1871), il figlio di Sir William Herschel, e daJohn Dreyer (1852-1926); questo catalogo elen- cava diverse migliaia di nebulose. Si scoprì che queste nebulose si presenta- vano in forme diverse; alcune erano collegate a gruppi di stelle giovani, cal- de ed erano costituite di gas incandescente, mentre altre erano scure, e im- pedivano alla luce delle stelle che si trovavano dietro di loro di passare.

Nel 1845, Lord Rosse(1800-1867) costruì un riflettore gigante di 182 cen- timetri nel giardino di casa sua, in Irlanda; all'epoca il suo telescopio era il più grande del mondo. Osservando per qualche anno le nebulose, scoprì che alcune avevano una struttura a spirale. Sulla struttura di queste nebulo- se a spirale i pareri erano discordi. Il filosofo Immanuel Kant (1724-1804) aveva sostenuto fin dal 1755 che la grande nebulosà di Andromeda (nota

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26 Lo sviluppo dell'astronomIa moderna Lo sViluppo dell'astrol1omla moderna 27

allora per avere una stnlttura a spirale) era un grande insieme di stelle, di fatto un 'universo isola'. Quando Rossescoprì altre nebulose a spirale, alcu- ni astronomi affermarono che si trattava di insiemi di stelle che si trovano a enormi distanze da noi. Altri astronomi dissentivano e sostenevano che si trattava di altri sistemi solari nelle prime fasi di formazione. Il problema fu risolto nel 1899 quando si ottenne uno spettrogramma della nebulosa di Andromeda che mostrava un insieme di stelle e non una nuvola di gas.

Spettrogrammi di altre nebulose a spirale indicarono che anch'esse erano ammassi di stelle.

Il problema delle nebulose era stato risolto, ma fino a che non si fosse trovato un metodo adatto non si potevano calcolare le loro distanze. Si co- minciò a trovare una soluzione nei 1912, quando l'astronoma Henrietta Lea- vitt (1868-1921) osservòun certo tipo di stelle variabili (una stella la cui lu- minosità cambia periodicamente) note come Cefeidi, notò che ogni Cefei- de avevaun periodo direttamente proporzionale alla sua luminosità; queste stelle si trovavano tra quelle chiamate Piccole Nubi di Magellano nella parte chiara di luce nel cielo del sud. Negli anni successivi, l'astronomo Harlow Shapley (1885-) scoprì altre Cefeidi in ammassi stellari globulari e, con la legge periodo-luminosità, riuscì a calcolare le distanze relative di queste Ce- feidi e degli ammassi globulari. Da un'analisi delle loro velocità reali nello spazio (risultante dei loro moti propri trasversali nello spazio), e delle loro velocità radiali Shapley riuscì a calcolare la distanza reale di Cefeidi e am- massi globulari e quindi le dimensioni della nostra Galassia.

All'inizio di questo secolo l'astronomo Jacob Kapteyn (1851-1922) ela- borò dei conteggi di stelle per ogni grandezza (luminosità) e, dai risultati ottenuti ricavòche la nostra Galassia ha la forma di una lente; nel 1920 egli stimò il suo diametro in 55.000 anni luce e il suo spessore in 11.000 anni luce, e questi risultati coincidevano soddisfacentemente con quelli di Sha- pley. Il lavoro di Kapteyn era simile a quello che HerscheI aveva svolto un secolo prima, ma Kapteyn andò più avanti di Herschel e scoprì, dopo un'a- nalisi dei moti propri di molte stelle, che queste si muovono en masse in due direzioni, un gruppo di stelle in un senso, e l'altro nel senso opposto.

L'astronomoJan Oort (1900-) fece uno stUdio più particolareggiato dei mo- vimenti delle stelle e, nel 1925, poté dimostrare che la Galassia nel suo in- sieme ruota con un periodo di 225 milioni di anni. Il centro della Galassia si trova nella costellazione del Sagittario, a una distanza di 30.000 anni lu- ce, con il Sole che si trova a circa due terzi di questa distanza dal centro della Galassia. Il numero complessivodi stelle della nostra Galassia è stima- to intorno ai 100.000 milioni. Oart ha anche evidenziato che la Galassia ha delle braccia a spirale che vengono fuori dal nucleo centrale; il Sole risie- de in una di queste braccia a spirale.

Quando l'astronomo Edwin Hubble (1889-1953) esaminò la nebulosa

Grande Spirale nella costellazione di Andromeda, trovò tra le stelle che la compongono un certo numero di Cefeidi e fu quindi in grado di calcolarne la distanza. Fatto questo, nel 1923, saltò agli occhi che essa si trova molto lontano dalla nostra Galassia e che di fatto si tratta di una galassia a sé, si- mile alla nostra. Adesso si sa che questa galassia si trova a 2.200.000 anni luce di distanza e che ha un diametro di circa ]80.000 anni luce. La nostra Galassia ha un diametro di circa 100.000 anni luce, per cui le prime stime di Kapteyn sono per qualche verso sbagliate. Grand i riflettori con aperture di 150, 250 e 500 centimetri sono stati costruiti in America rispettivamente nel 1908, 1917 e 1948, e gli astronomi hanno potuto guardare ancora più in là nello spazio. Le distanze delle galassie più vicine sono state calcolate tenendo conto della luminosità delle stelle più luminose, mentre per le ga- lassie più distanti, che sono troppo lontane per esserescissein singole stelle, si considera la luminosità di ogni galassiainversamente proporzionale al qua- dratO della sua distanza, per cui gli astronomi possono calcolarne la distan- za. Hubble ha anche scoperto, nei 1929, che tutte le galassie a eccezione delle poche più vicine si allontanano dalla nostra Galassia, e che la velocità di recessione è direttamente proporzionale alla distanza. Questo si sa per- ché le linee nello spettro di una galassia si sono tutte spostate verso l'estre- mità rossa, e da qui l'espressione spostamento verso11rossoè entrata neIl'u- so comune nelle misurazioni delle velocità galattiche.

La costante di proporzionalità che collega le velocità di recessione e le di- stanze delle galassie è nota come 'costante di Hubble' ed è stata rivista di- verse volte dal 1929; la stima migliore che si ha attualmente è di circa 290 chilometri al secondo per ogni dieci milioni di anni luce. Questo significa che una galassia, a una distanza di 100 milioni di anni luce, deve allonta- narsi da noi a una velocità di circa 2.900 chilometri al secondo. Hubble ha fatto un ampio studio delle galassie e ha scoperto che circa 1'80% sono spi- rali come la nostra, il 17% ha forma ellittica o sferica e il rimanente 3%

non ha nessuna forma particolare, per cui sono chiamate 'galassie irregola- ri'. La gamma delle dimensioni delle galassie varia, dalle più piccole che hanno diametri di circa 10.000 anni luce, alle più grandi con diametri fino a 200.000 anni luce.

Proprio come il nostro Sole è stato 'tolto' dal centro dell'universo nel di- ciottesimo secolo quando gli astronomi si sono resi conto che si trattava solo di una normale stella, così, nello stesso modo, gli astronomi si stavano ren- dendo conto che la nostra è solo una normale galassia e non è al centro del- l'universo. La recessione delle galassiedalla nostra Galassia (e, ovviamente, da ogni altra galassia) implicava che, quando l'universo ebbe origine, le ga- lassie dovevano essere ammucchiate insieme come una massa estremamente compatta, e che questa massa esplosemandando la materia a volare in tutte le direzioni, materia che in seguito doveva formare le stelle e le galassie.

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