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3-Le proprietà antidiabetiche delle saponine.

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3-Le proprietà antidiabetiche delle saponine.

L’azione antidiabetica delle piante medicinali è attribuita alla presenza di composti quali: saponine, flavonoidi, alcaloidi, carboidrati, glucosidi, steroidi, lipidi e altri componenti che portano una riduzione dei livelli di glucosio nel sangue.(Patel et al., 2012)

Una particolare attenzione merita una classe di composti molto discusso e studiato per il trattamento del diabete: le saponine. (Elekofehinti et al.,2014)

Fino a qualche tempo fa, l’attività ipoglicemizzante delle saponine non era del tutto chiaro per la presenza, nelle piante oggetto di studio, di altri composti che ne mascheravano la funzionalità, oggi, grazie a nuove tecniche di estrazione e purificazione, è possibile studiarne le caratteristiche e gli effetti terapeutici. (Elekofehinti et al.,2014)

3.1-Struttura della saponina

Le saponine sono sostanze vegetali che intervengono nella regolazione del metabolismo glucidico e lipidico e possono anche intervenire, grazie alla loro attività antidislipidemica e ipoglicemica nel trattamento di pazienti diabetici. (Elekofehinti et al.,2014)

Le saponine sono una classe di metaboliti secondari delle piante che si trovano solitamente nelle radici, nei tuberi, nei fiori e nei semi, sono composti naturali in grado di abbassare la tensione superficiale dell’acqua generando una schiuma stabile (tensioattivi). Inoltre sono solubili in alcool etilico a 80° e insolubili in etere, cloroformio e benzene. (Tognolini-Chiavarini, 2007) Dal punto di vista chimico le saponine (o saponosidi) sono dei glucosidi che prendono il nome dalla Saponaria officinalis1 ovvero composti formati dall’unione di una porzione lipofila chiamata “aglicone” con una catena idrofila formata dall’unione di diverse molecole di zuccheri tra cui glucosio, galattosio, ramnosio e xilosio. Si possono distinguere due gruppi di saponine, che differiscono per la struttura dell’aglicone: saponine triterpeniche e saponine steroidiche, caratterizzate da un aglicone, rispettivamente, triterpenico e steroidico. (Elekofehinti, 2015)

1Pianta erbacea perenne, famiglia Caryophyllaceae, da cui le saponine dell’acido quillaico furono riscontrate

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Figura 1. Struttura schematica delle

Le saponine a nucleo triterp

invece le saponine a nucleo steroideo sono costituiti da 27 atomi di carbonio. e figura 3)

La struttura complessa della saponina è dovuta:

• alla variazione della struttura dell’aglicone;

• alla natura delle catene laterali

• alla posizione di attacco di queste frazioni sull’anello dell’aglicone. 2015)

Figura 2 Nucleo steroideo

Struttura schematica delle saponine.

Le saponine a nucleo triterpenico hanno una struttura pentaciclica a 30 atomi di carbonio, invece le saponine a nucleo steroideo sono costituiti da 27 atomi di carbonio.

a saponina è dovuta: alla variazione della struttura dell’aglicone; alla natura delle catene laterali;

alla posizione di attacco di queste frazioni sull’anello dell’aglicone.

Figura 3

Nucleo steroideo Nucleo triterpenico

ciclica a 30 atomi di carbonio, invece le saponine a nucleo steroideo sono costituiti da 27 atomi di carbonio. (vedi figura 2

alla posizione di attacco di queste frazioni sull’anello dell’aglicone. (Elekofehinti,

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Le proprietà chimico-fisiche e biologiche dei due gruppi sono analoghe: entrambi i gruppi hanno un legame con il glucosio in posizione C3 e possiedono origine biogenetica comune derivanti da acido mevalonico e unità isoprenoidi.

Questi due tipi di saponine si comportano in maniera leggermente differente nella reazione di emolisi. Le saponine steroidi provocano una rapida emolisi, mentre quelle triterpeniche hanno un effetto più lento, che determina una maggiore difficoltà nello stabilire la concentrazione limite che definisce l’indice emolitico2. (Samuelsson, 2003)

Le saponine sono largamente diffuse nel regno vegetale, si riconoscono saponine che hanno una genina steroidica, presente quasi esclusivamente nelle Monocotiledoni: Liliace, Agavaceae, Dioscoreaceae e saponine che hanno una genina triterpenica, presenti soprattutto nelle Dicotiledoni: Araliaceae, Caryophyllaceae, Fabaceae, Primulaceae e Ranunculaceae. (Maugini, 2011)

Le saponine steroidi sono meno diffuse di quelle triterpeniche: le prime sono contenute nella Digitalis lanata e nella Smilax spp mentre le seconde sono contenute nell’Hedera helix, nella Glychyrrhiza glabra e nella Poligala senega. (vedi tabella 1 e tabella 2)

Tabella 1 (Tognolini-Chiavarini, 2007)

2La più bassa concentrazione richiesta per determinare la completa emolisi di una sospensione contenente

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Tabella 2 (Tognolini-Chiavarini, 2007)

Sono sostanze amorfe, inodori, ma fortemente irritanti se inalate. La maggior parte di esse ha sapore acre e pungente, fa eccezione la glicirrizina, che ha invece un sapore gradevole. Alcune si sciolgono in acqua con reazione neutra, altre, per la presenza di gruppi carbossilici, -COOH, sono poco solubili in acqua.

3.2-Proprietà biologiche della saponina

Le saponine sono presenti in differenti droghe con altrettanti differenti profili d’impiego. Sono stati effettuati molti studi farmacologici in vitro e in vivo, e sono state scoperte numerose attività, quali: antitumorale, chemiopreventiva, antiflogistica, immunomodulatrice, antiepatotossica, antivirale, e antifungina. (Samuelsson, 2003)

Tra le più importanti proprietà delle saponine c’è l’attività ipoglicemizzante che ha suscitato molto interesse da parte degli studiosi; per questo motivo oggi le saponine sono in prima linea nella ricerca clinica per il trattamento del diabete mellito.

In molti studi preclinici viene dimostrata l’attività antidiabetica dei glicosidi terpenici, per il trattamento del diabete di Tipo 1 e di Tipo 2, inoltre le saponine risultano efficaci anche nella nefropatia diabetica e in altre complicanze ad essa associata. (Elekofehinti et al, 2014)

Nel paziente diabetico, il sistema enzimatico epatico coinvolto nel metabolismo del glucosio risulta alterato; alcuni studi dimostrano che le saponine riescono a riportare nei valori “normali” questi enzimi. Presentano altresì effetti protettivi ed antiossidanti, utili nel diabete poiché l’iperglicemia provoca uno stress ossidativo e le specie reattive dell’ossigeno possono danneggiare il DNA, i lipidi e le proteine, a loro volta importanti nella regolazione del metabolismo glucidico. (Elekofehinti, 2015)

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Le saponine hanno ruolo predominante in questa patologia, in quanto sono coinvolte non solo nella regolazione metabolica del glucosio, ma anche in quella lipidica: infatti esse riescono a ridurre i livelli di lipidi nel sangue, quindi a prevenire l’ipertrigliceridemia. (Elekofehinti, 2015)

La loro azione ipoglicemizzante si esplica con:

• il ripristino della risposta insulinica;

• l’aumento di livelli plasmatici di insulina per mezzo della stimolazione di cellule β pancreatiche;

• l’attivazione della sintesi del glicogeno;

• l’inibizione della gluconeogenesi;

• l’inibizione dell’attività dell’α-glucosidasi;

• l’inibizione dell’espressione genica della glicogeno fosforilasi e della glucosio 6-fosfatasi;

• l’aumento dell’espressione genica del trasportatore del glucosio, GLUT4.

3.3-Saponine: oggetto di studio

Le saponine che sono maggiormente oggetto di studio in questo lavoro, sono estratte da piante che verranno dettagliatamente discusse di seguito.

3.3.1-Saponine del Panax ginseng L.

Il Panax ginseng è una pianta medicinale originario dell’Estremo Oriente, in particolare della Corea e della Cina. (Tognolini-Chievarini, 2007) Appartiene alla famiglia delle Araliaceae, è perenne, ha una crescita lenta (4-6 anni) e la sua radice può vivere fino a 100 anni. Il nome deriva dal greco tutto e rimedio, ovvero “Panacea”, ovvero “rimedio di tutti i mali”, ed è impiegato nella medicina orientale da più di 2000 anni. (Uzayisenga et al., 2014)

Vengono coltivate anche specie affini, quali P. quinquefolium L., coltivato nel Nord America; e P. notoginseng. (Maugini, 2011)

La droga della pianta è costituita dalla radice tuberizzata, chiara, allungata e ramificata, raccolta da piante di 3-6 anni che devono contenere almeno lo 0.4% della somma dei

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Si eliminano le parti sottili della radice principale e quelle ramificate, poi la radice viene lavata e rimossa la parte esterna. L’essiccamento al sole dà il ginseng bianco, mentre il ginseng rosso si ottiene trattando la radice prima con vapore, cui segue un essiccamento artificiale e successivamente al sole, per ottenere un prodotto rosso che ha una superficie vetrosa. La forma della radice “antropomorfa”, da cui il nome ginseng: “piccolo uomo” in cinese. (Samuelsson, 2003)

Dalle radici di Panax ginseng è stata isolata una serie di saponine triterpeniche tetra cicliche; i ginsenosidi Rb1, Rb2, Rc, Rd, derivati del 20(S)-protopanaxadiolo, mentre Re,

Rf, Rg1, Rg2 sono derivati del 20(S)-protopanaxatriolo. (Uzayisenga et al., 2014). Le

differenze risiedono nella natura mono, bi o trisaccaridica e nella posizione di aggancio delle due catene zuccherine legate al protopanaxadiolo o protopanaxatriolo. (vedi figura 4) (Tognolini-Chiavarini, 2007)

Figura 4

Struttura chimica di protopanaxadiolo e di protopanaxatriolo, le frecce indicano le posizioni di attacco degli zuccheri nel glicoside.

3.3.2 Saponine dell’Astragalus membranaceus L.

L’astragalo è una pianta erbacea perenne originaria della Cina settentrionale, facente parte della famiglia Fabaceae. La droga è la radice, raccolte in primavera da piante di 4-7 anni, contenente numerose saponine che prendono il nome di astragalosidi. Le saponine hanno l’effetto scavenger ed antiossidante che risulta benefico nella prevenzione dei danni

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provocati dalla condizione diabetica. Inoltre presentano un’azione antidiabetica in quanto intervengono nella regolazion

Figura 2

Struttura chimica dell’ Astragalosi

3.3.3-Saponine dell’Helicteres isora

L’Helicteres isora è un arbusto tropicale, che è distribuito nelle foreste dell’india, fa parte della famiglia delle Sterculiaceae. Le parti utilizzate della pianta sono i frutti, i

corteccia e le radici che contengono le

una pianta medicinale che viene utilizzata in diverse patologie (Kumar et al., 2014)

3.3.4-Saponine della Trigonella

Fieno greco è un erba annuale, alta circa 50 cm è originaria dell’Oriente, coltivata nel Nord Africa e in India, appartenente alla famiglia Fabaceae.

I semi, che costituiscono la dro

È conosciuta per la sua proprietà antidiabetiche, ipolipidemiche e ipocolesterolemizzanti. (Maugini, 2011)

provocati dalla condizione diabetica. Inoltre presentano un’azione antidiabetica in quanto intervengono nella regolazione del metabolismo glucidico. (Tognolini-Chiavarini, 2007

Astragaloside IV

Saponine dell’Helicteres isora L.

è un arbusto tropicale, che è distribuito nelle foreste dell’india, fa parte famiglia delle Sterculiaceae. Le parti utilizzate della pianta sono i frutti, i

corteccia e le radici che contengono le saponine. È comunemente chiamata una pianta medicinale che viene utilizzata in diverse patologie tra cui nel diabe

Saponine della Trigonella foenum-graecum L.

Fieno greco è un erba annuale, alta circa 50 cm è originaria dell’Oriente, coltivata nel Nord e in India, appartenente alla famiglia Fabaceae.

costituiscono la droga, sono ricchi in sapogenine (diosgenina

È conosciuta per la sua proprietà antidiabetiche, ipolipidemiche e ipocolesterolemizzanti. provocati dalla condizione diabetica. Inoltre presentano un’azione antidiabetica in quanto

Chiavarini, 2007)

è un arbusto tropicale, che è distribuito nelle foreste dell’india, fa parte famiglia delle Sterculiaceae. Le parti utilizzate della pianta sono i frutti, i semi, la È comunemente chiamata “Avartani” è a cui nel diabete mellito.

Fieno greco è un erba annuale, alta circa 50 cm è originaria dell’Oriente, coltivata nel Nord

diosgenina) (vedi figura 5).

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3.3.5-Saponina di Platycodi r

La maggior parte delle saponine di

Platycodin D (PD, 17%), Platycoside E ( PE, 12%) e

antidiabetica (Kwon et al., 2012

Figura 5

Struttura chimica del Platyconic acid

3.3.6-Saponina di Dioscorea

La Dioscorea polygonoides Dioscoreaceae.(Maugini, 2011

diosgenina e quelli più vecchi ne contengono quantità maggiori. aglicone (genina) di una saponina

depositi, dove sono triturat

circa due giorni. La massa fermen

un’idrolisi acida e l’estrazione della diosgenina.

Saponina di Platycodi radix L.

a maggior parte delle saponine di Platycodi radix , quali Platyconic acid (PD, 17%), Platycodi D2 (PD2, 8.6%) Platycodin D3

( PE, 12%) e Deapioplatycoside E (DPE, 7%) presenta Kwon et al., 2012)

nic acid

Saponina di Dioscorea polygonoides L.

Dioscorea polygonoides è una pianta eretta o rampicante appartiene alla famiglia Maugini, 2011) I tuberi di piante di 4 anni contengono circa il 5% di diosgenina e quelli più vecchi ne contengono quantità maggiori. La

licone (genina) di una saponina. I tuberi, una volta raccolti, vengono trasportati nei depositi, dove sono triturati. Si mette quindi il prodotto a fermentare in un recipiente per circa due giorni. La massa fermentata si essicca all’aria e successivamente si effettua

’estrazione della diosgenina. (Samuelsson, 2003)

Platyconic acid (PA, 15%), Platycodin D3 ( PD3, 10%)

presentano un’attività

è una pianta eretta o rampicante appartiene alla famiglia I tuberi di piante di 4 anni contengono circa il 5% di La diosgenina è un . I tuberi, una volta raccolti, vengono trasportati nei i. Si mette quindi il prodotto a fermentare in un recipiente per tata si essicca all’aria e successivamente si effettua

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Figura 6

Struttura chimica della Diosgenina (Maugini, 2011)

3.4-Meccanismo d’azione delle saponine.

Le sostanze saponosidi agiscono con molteplici meccanismi d’azione per il trattamento del diabete ottenendo in alcuni casi gli stessi effetti che si raggiungerebbero con gli ipoglicemizzanti orali.

Sono stati svolti parecchi studi che testimoniano gli effetti ipoglicemizzanti delle saponine, di seguito verranno illustrati i vari meccanismi d’azione con i quali esse agiscono. Riguardo al meccanismo d’azione, bisogna ricordare che il metabolismo epatico svolge un ruolo chiave nella regolazione dello status energetico, poiché il fegato è il sito principale per l’immagazzinamento e il rilascio del glucosio e dei lipidi. Condizioni patologiche come il diabete possono essere causate da uno squilibrio del metabolismo epatico.

3.4.1-Ruolo delle saponine sui PPAR.

La famiglia dei recettori nucleari PPAR3 comprende fattori di trascrizione che regolano molti processi metabolici in risposta a vari ligandi. La risposta si innesca quando in una cellula o in un organismo aumenta la richiesta di energia tramite il catabolismo dei lipidi, per esempio nell’intervallo tra i pasti, o in condizioni di digiuno. (Michalik et al., 2006) Il glucagone, che viene rilasciato in risposta a una diminuzione del livello ematico del glucosio, agisce tramite il cAMP4 e il fattore di trascrizione CREB5 e attiva alcuni geni del catabolismo dei lipidi. (Nelsen et al., 2015)

3

Peroxisoma proliferator-activated receptors, cioè recettori attivati dal proliferatore dei perossisomi.

4 3’,5’-AMP ciclico, formato dall’ATP in una reazione catalizzata dall’adenilato ciclasi, funge da secondo

messaggero prodotto in risposta al glucagone.

5 Proteina che lega l’elemento di risposta al cAMP , attiva la sintesi della glucosio-6-fosfatasi e della

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Questi fattori di trascrizione sono stati identificati sulla base del loro ruolo nella sintesi dei perossisomi, da cui traggono il nome. I loro normali ligandi sono acidi grassi o derivati degli acidi grassi, ma possono anche legare agonisti sintetici. Essi agiscono nel nucleo formando eterodimeri con un altro recettore nucleare, l’RXR ( il recettore dei retinoidi X), e si legano a regioni regolatrici del DNA, definite “peroxisome proliferator response elements” (PPRE), vicine ai geni sotto il loro controllo, modulandone la velocità di trascrizione. (Nelsen et al., 2015)

Figura 7

Modalità d’azione dei recettori PPAR: i PPAR sono fattori di trascrizione che, quando si legano ai loro specifici ligandi (L), formano eterodimeri con il recettore nucleare RXR. Il dimero si lega a regioni specifiche di DNA, dette elementi di risposta, stimolando la trascrizione dei geni di quelle regioni. (Nelsen et al., 2015)

Esistono 3 tipi di recettori nucleari, PPAR α, PPAR δ e PPAR γ, si differenziano per sequenza, distribuzione tissutale ed effetti cellulari. (Giorgina-Laviola, 2015)

Il PPAR α è espresso nel fegato, nei reni, nel cuore, nel muscolo scheletrico e nel tessuto adiposo bruno. I ligandi che attivano questo fattore di trascrizione comprendono gli eicosanoidi, gli acidi grassi liberi e la classe di farmaci chiamati fibrati, utilizzati nel

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trattamento delle patologie coronariche in quanto aumenta il livelli ematici di HDL6 e abbassano quelli dei triacilgliceroli. Il PPAR α è un importante fattore di controllo della ossidazione degli acidi grassi. (Nelsen et al., 2015)

L’aumento dell’ossidazione degli acidi grassi porta un abbassamento dei livelli di trigliceridi circolanti, una diminuzione di steatosi7 epatica e muscolare e riduce l’adiposità che migliora in questo modo la sensibilità insulinica.(Michalik et al., 2006)

Un particolare studio è stato effettuato su un animale marino chiamato sea cucumber, in quanto contiene saponine analoghe a quelle delle piante, Uno studio approfondito ha rilevato che la somministrazione di questa saponina in soggetti diabetici induce β-ossidazione attivando i PPAR α. (Elekofehinti, 2015)

Il PPAR δ, sebbene abbia un’espressione ubiquitaria, è più abbondante nel muscolo scheletrico dove funziona come un potente attivatore dei geni implicati nel catabolismo degli acidi grassi e nella termogenesi adattativa. Agisce “sentendo” le variazione della composizione in lipidi della dieta. Nei topi che hanno il recettore per la leptina8 non funzionante (db/db)9, l’attivazione di PPAR δ impedisce l’insorgere dell’obesità che altrimenti si manifesterebbe. È evidente che il PPAR δ è un importante bersaglio potenziale per lo sviluppo di farmaci per il trattamento dell’obesità.(Nelsen et al., 2015) Studi preclinici di agonisti selettivi dei PPAR δ hanno dimostrato di aumentare il livello di HDL,e trovano inoltre efficacia nel trattamento dell’insulino-resistenza, della dislipidemia e dell’obesità. (Michalik et al., 2006)

Il PPARγ espresso nel fegato e nel tessuto adiposo, è coinvolto nell’attivazione dei geni essenziali per il differenziamento dei fibroblasti in adipociti e dei geni che codificano le proteine necessarie per la sintesi e per l’immagazzinamento dei lipidi negli adipociti. Oltre alle capacità differenziative, il PPARγ riveste un ruolo nel conferimento dell’insulino-sensibilità cellulare, infatti il PPARγ è attivato dai farmaci tiazolidinodionici usati nel trattamento del diabete di tipo 2. (Nelsen et al., 2015)

L’azione del PPARγ sugli adipociti mantiene le cellule del tessuto adiposo pronte a sintetizzare e immagazzinare i triacilgliceroli e a produrre la leptina, che induce il continuo deposito dei triacilgliceroli.

6

Lipoproteina ad alta intensità. I PPARα favoriscono la produzione a livello epatico di apoproteine AI e A-II, che sono i principali componenti delle HDL.

7 Accumulo di trigliceridi nelle cellule epatiche e muscolari. 8

(dal greco leptos, “magro”) è una adipochina che, una volta raggiunto il cervello, agisce sui recettori dell’ipotalamo per diminuire l’appetito. (Nelsen et al., 2015)

9 Topi con due copie difettose di questo gene (db/db) sono obesi e diabetici. Il gene DB codifica il recettore

per la leptina. Quando il recettore per la leptina è difettoso, la funzione di segnale di questa proteina viene persa. (Nelsen et al .,2015)

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Figura 8

Le tre isoforme dei recettori PPAR regolano l’omeostasi dei lipidi e del glucosio attraverso effetti coordinati sull’espressione genica di organi come il fegato, il muscolo e il tessuto adiposo. Il PPARα e il PPARδ regolano l’utilizzazione dei lipidi. Il PPARγ regola l’immagazzinamento dei lipidi e la sensibilità all’insulina dei vari (Nelsen et al., 2015)

La saponina triterpenica estratta da Platycodi radix L. rappresenta il composto con maggiore efficacia terapeutica utilizzato nel trattamento di disturbi metabolici come obesità, iperlipidemia e diabete. (Kwon et al., 2012)

Secondo uno studio sembra che il Platyconic acid (PA) riesca ad aumentare l’assorbimento del glucosio attivando il PPAR-γ in linee cellulari di adipociti (3T3-L1)10;questa saponina riesce a legarsi come un agonista ai PPARγ e in questo modo, procura una risposta antidiabetica migliorando la sensibilità delle cellule epatiche e adipocite all’azione dell’insulina. (Elekofehinti, 2015)

Studi su animali pancreactomizzati hanno dimostrato, dopo il trattamento con PA, bassi livelli di glucosio e alti livelli di insulina nel siero evidenziati durante la prima parte dell’ OGTT. Anche in questo studio preclinico si è osservato una minor incidenza di insulino-resistenza. (Kwon et al., 2012)

10 Linee cellulari che hanno consentito di produrre dei modelli per comprendere al meglio gli eventi che

consentano la trasformazione da preadipociti ad adipociti maturi, e per osservare i meccanismi che guidano le principali funzioni metaboliche della cellula come lipolisi, incorporazione di glucosio insulino mediato e lipogenesi.

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Figura 9

Meccanismo d’azione della saponina

Nel presente studio si è esplorato anche l’effetto di ginsenoside Rb1 (vedi Figura 5), la saponina più abbondante nella radice del ginseng: si è scoperto che induce l’espressione di mRNA dei PPAR-γ promuovendo l’adipogenesi. A questa attività si aggiunge un aumento dell’assorbimento del glucosio nella cellula adipocita e l’up-regulation dell’mRNA del trasportatore glucidico GLUT4. (Hwang et al., 2006, Shang et al., 2007)

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3.4.2-Il ruolo delle saponine sui GLUT4

Il metabolismo del glucosio nell’uomo dipende dalla velocità di assorbimento del glucosio nelle cellule e dalla sua fosforilazione catalizzata dall’esochinasi. L’assorbimento del glucosio dal sangue è mediato dalla famiglia dei trasportatori del glucosio GLUT. I trasportatori presenti negli epatociti (GLUT1, GLUT2) e nei neuroni (GLUT3) sono localizzati sulle membrane plasmatiche. Invece il principale trasportatore di glucosio nel muscolo scheletrico, nel muscolo cardiaco e nel tessuto adiposo (GLUT4) è sequestrato in piccole vescicole e si trasferisce sulla membrana plasmatica solo in risposta a un segnale insulinico. (Nelsen et al., 2015)

Normalmente l’insulina provoca l’inserzione dei trasportatori GLUT4 sulla membrana plasmatica, attraverso la fusione delle vescicole contenenti il trasportatore con le membrane, favorendo l’assorbimento del glucosio dal sangue. Quando il livello ematico di insulina diminuisce, il GLUT4 viene risequestrato nelle vescicole per endocitosi. Nel diabete mellito l’inserzione di GLUT4 nelle membrane, così come altri processi stimolati dall’insulina, non può avvenire. La mancanza di insulina impedisce l’assorbimento del glucosio attraverso il GLUT4. Di conseguenza, nelle cellule la concentrazione del glucosio diminuisce, mentre aumenta nel sangue. Data la carenza di glucosio nelle cellule come fonte di energia, gli adipociti demoliscono i triacilglieroli depositati sotto forma di goccioline di grasso e distribuiscono gli acidi grassi liberati agli altri tessuti per la produzione di ATP. Due prodotti collaterali dell’ossidazione degli acidi grassi (l’acetoacetato e il β-idrossibutirrato) si formano nel fegato e vengono poi rilasciati nel sangue, da dove passano nel cervello per essere usati come combustibili metabolici alternativi. Essi provocano però anche un abbassamento del pH del sangue, con conseguente chetoacidosi. La stessa sequenza di eventi ha luogo nei muscoli, ma i miociti, non essendo in grado di immagazzinare i triacilgliceroli, utilizzano gli acidi grassi che sono rilasciati nel sangue dagli adipociti. (Nelsen et al., 2015)

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Figura 11: Effetto del diabete di tipo 1 sul metabolismo dei carboidrati e dei grassi negli adipociti (Nelsen et al., 2015)

Studi recenti, effettuati sui ginsenosidi, dimostrano che tali saponine aumentano, con effetto dose-dipendente, l’espressione genica del GLUT4, permettendo così l’assorbimento del glucosio dal sangue alla cellula. Le saponine favoriscono il deposito di glucosio nell’adipocita sotto forma di glicogeno, inoltre migliorano la sensibilità insulinica del tessuto adiposo e aumentano l’espressione genica di una proteina: l’adiponectina11. (Elekofehinti, 2015)

Le saponine del Panax ginseng non solo controllano il livello del glucosio nel sangue, ma prevengono le eventuali complicanze che causa il diabete stesso, tra cui complicanze vascolari e renali. (Uzayisenga et al., 2014)

Stessa attività è stata osservata, sia in vivo che in vitro, in saponine, come l’acido

platyconic, che favoriscono la traslocazione nelle membrane del trasportatore del glucosio.

(Elekofohinti, 2015)

La saponina estratta da Helicteres isora L. porta un aumento dell’espressione del trasportatore del glucosio, tramite l’attivazione di una delle vie di biosegnalazione: la via PI3K/Akt. (Elekofohinti, 2015)

11

(16)

3.4.3-Attività delle saponi

L’adiponectina è un ormone peptidico (24 amminoacidi) prodotto quasi esclusivamente nel tessuto adiposo. Questa proteina è un’adipochina che sensibilizza altri organi all’azione dell’insulina, esercita un’azione protettiva contro l’aterosclerosi e inibisce le risposte infiammatorie. (Nelsen et al., 2015)

significativamente il metabolismo degli acidi grassi e dei carboidrati nei muscoli e nel fegato. Questo ormone aumenta la velocità di assunzione degli acidi grassi presenti nel sangue da parte dei miociti e anche la velocità della loro ossidazione attraverso l’ossidazione nel muscolo. Negli epatociti l’ormone blocca la sintesi degli acidi grassi e la gluconeogenesi, mentre nel muscolo e nel fegato stimola il trasporto

glucosio. Questi effetti dell’

attraverso i propri recettori localizzati sulla membrana plasmatica,

l’adiponectina innesca la fosforilazione e l’attivazione dell’AMPK conseguenza, la via di segnalazione dei PPAR

della β-ossidazione degli acidi grassi I topi portatori di geni difettosi per l’

sani e mostrano una scarsa tolleranza al glucosio: l’aumento della glicemia, che segue un pasto ricco di carboidrati, dura più a lungo della norma. Queste anomalie metaboliche sono simili a quelle che si riscontrano nei pazienti

cui il glucosio viene rimosso dal sangue molto lentamente. Infatti, i soggetti diabetici hanno livelli ematici di adiponectina

2015)

Figura 12 L’Azione dell’adiponectina sul tessuto epatico e muscolare scheletrico

12 5’ AMP-activated protein kinase, viene a sua volta attivata da fattori che segnalano la necessità di spostare

il metabolismo dalla biosintesi alla produzione di energia. 13

www.lookfordiagnosis.com

Attività delle saponine sull’ormone Adiponectina

è un ormone peptidico (24 amminoacidi) prodotto quasi esclusivamente nel tessuto adiposo. Questa proteina è un’adipochina che sensibilizza altri organi all’azione dell’insulina, esercita un’azione protettiva contro l’aterosclerosi e inibisce le risposte Nelsen et al., 2015) L’adiponectina circola nel sangue e modifica significativamente il metabolismo degli acidi grassi e dei carboidrati nei muscoli e nel fegato. Questo ormone aumenta la velocità di assunzione degli acidi grassi presenti nel sangue da parte dei miociti e anche la velocità della loro ossidazione attraverso l’ossidazione nel muscolo. Negli epatociti l’ormone blocca la sintesi degli acidi grassi e la gluconeogenesi, mentre nel muscolo e nel fegato stimola il trasporto e il catab

glucosio. Questi effetti dell’adiponectina sono indiretti e mediati dall’AMPK. Agendo attraverso i propri recettori localizzati sulla membrana plasmatica, (AdipoR1 e AdipoR2)

innesca la fosforilazione e l’attivazione dell’AMPK

a via di segnalazione dei PPAR-γ, ottenendo come risultato la stimolazione ossidazione degli acidi grassi. (Elekofehinti, 2015, Esfahani et al., 2015

topi portatori di geni difettosi per l’adiponectina sono meno sensibili all’insulina dei topi e mostrano una scarsa tolleranza al glucosio: l’aumento della glicemia, che segue un dura più a lungo della norma. Queste anomalie metaboliche sono i riscontrano nei pazienti diabetici, che sono insensibili all’insulina, per cui il glucosio viene rimosso dal sangue molto lentamente. Infatti, i soggetti diabetici

adiponectina inferiori ai soggetti non diabetici.

dell’adiponectina sul tessuto epatico e muscolare scheletrico13.

activated protein kinase, viene a sua volta attivata da fattori che segnalano la necessità di spostare il metabolismo dalla biosintesi alla produzione di energia.

è un ormone peptidico (24 amminoacidi) prodotto quasi esclusivamente nel tessuto adiposo. Questa proteina è un’adipochina che sensibilizza altri organi all’azione dell’insulina, esercita un’azione protettiva contro l’aterosclerosi e inibisce le risposte circola nel sangue e modifica significativamente il metabolismo degli acidi grassi e dei carboidrati nei muscoli e nel fegato. Questo ormone aumenta la velocità di assunzione degli acidi grassi presenti nel sangue da parte dei miociti e anche la velocità della loro ossidazione attraverso l’ossidazione nel muscolo. Negli epatociti l’ormone blocca la sintesi degli acidi grassi e la e il catabolismo del sono indiretti e mediati dall’AMPK. Agendo AdipoR1 e AdipoR2) innesca la fosforilazione e l’attivazione dell’AMPK12 attivando di , ottenendo come risultato la stimolazione Elekofehinti, 2015, Esfahani et al., 2015)

li all’insulina dei topi e mostrano una scarsa tolleranza al glucosio: l’aumento della glicemia, che segue un dura più a lungo della norma. Queste anomalie metaboliche sono , che sono insensibili all’insulina, per cui il glucosio viene rimosso dal sangue molto lentamente. Infatti, i soggetti diabetici ggetti non diabetici. (Nelsen et al.,

(17)

Recenti studi condotti su topi diabetici hanno dimostrato che la somministrazione di “adiponectina esogena” incrementa l’ossidazione degli acidi grassi nei muscoli e diminuisce la produzione di glucosio nel fegato, con un miglioramento di sensibilità dei tessuti insulinici. (Elekofehinti et al., 2014)

Uno studio in linee cellulari C2C12 muscolari è stato condotto per stabilire gli effetti del

ginsenoside Rb1, sull’espressione genica di AdipoR1 e AdipoR2 e sulla loro correlazione

con la traslocazione del GLUT4 nella membrana cellulare. I risultati ottenuti suggeriscono che la saponina promuove il trasportatore del glucosio, GLUT4, attivando la via di segnalazione dell’adiponectina. (Tabandeh et al., 2015)

Le saponine di Helicteres Isora L. (Elekofehinti, 2015) favoriscono la secrezione selettiva dell’ormone, ottenendo come risultato la β-ossidazione degli acidi grassi e contribuendo alla diminuzione dell’ iperlipidemia (Elekofehinti et al., 2014). In particolare in studi preclinici si è investigato sugli effetti che le saponine del sea cucumber, hanno sull’obesità e sull’insulino-resistenza: dopo la somministrazione di saponine si osserva non solo una diminuzione del peso corporeo, ma anche un aumento della produzione di adiponectina (Elekofehinti et al., 2014)

3.4.4-Effetti delle saponine sugli enzimi del metabolismo glucidico

Al metabolismo del glucosio partecipano una serie di enzimi che ne regolano l’utilizzazione nell’organismo. Gli enzimi più importanti su cui agiscono le saponine sono la Fosfofruttochinasi, la Piruvato chinasi, la Glucosio 6-fosfatasi e la Glicogeno fosforilasi. La Fosfofruttochinasi (suddivise in PFK-1 e PFK-2) è un enzima di grande rilevanza nel processo glicolitico. Nella glicolisi14 una molecola di glucosio viene degradata mediante una serie di reazioni catalizzate da enzimi che producono due molecole di un composto a tre atomi di carbonio, il piruvato. Durante le reazioni in sequenza della glicolisi parte dell’energia rilasciata dal glucosio viene recuperata sotto forma di ATP e di NADH. La glicolisi è la via centrale per il catabolismo del glucosio, la quale rappresenta la sola fonte di energia metabolica in alcuni tipi di cellule (per esempio gli eritrociti, la midollare renale e il cervello). (Nelsen et al., 2015)

La fosfofruttochinasi-1 (PFK-1) che catalizza il trasferimento di un gruppo fosforico dall’ATP al fruttosio 6-fosfato per formare il fruttosio 1,6-bisfosfato,è diverso dalla

14

(18)

fosfofruttochinasi-2 (PFK-2) che invece catalizza la formazione del fruttosio 2,6-bifosfato

a partire dal fruttosio 6-fosfato, ma in una reazione diversa. (Nelsen et al., 2015)

L’insulina determina il funzionamento dell’enzima PFK-2, provocando la sintesi del fruttosio 2,6-bifosfato, la cui concentrazione aumenta, stimolando l’enzima chiave della glicolisi. In queste condizioni l’attivazione della glicolisi nelle cellule epatiche, per esempio, aumenta il consumo di glucosio, che viene drenato dal circolo: ciò spiega l’effetto ipoglicemizzante dell’insulina. (Stefani-Taddei, 2011) In condizioni diabetiche si crea uno squilibrio di questo meccanismo provocando di conseguenza una diminuzione degli enzimi glicolitici. (Elekofehinti et al., 2014)

La Diosgenina è stata sottoposta a parecchi studi clinici in cui si è osservata una diminuzione del glucosio ematico in soggetti diabetici. In altri studi, condotti in ratti indotti al diabete da trattamento con streptozotocina, si è osservato che la saponina favorisce l’innalzamento di livello degli enzimi PFK, (Chinthalapally et al., 2012) inoltre induce l’aumento di attività di un altro enzima importante della via glicolitica: la Piruvato chinasi (PK). (Elekofehinti et al., 2014) Essa catalizza l’ultima tappa della glicolisi in quanto trasferisce il gruppo fosfato dal fosfoenolpiruvato all’ADP formando il piruvato. (Nelsen et al., 2015)

La Glucosio 6-fosfatasi (G6Pase) è un enzima che idrolizza il glucosio 6-fosfato con la formazione di un gruppo fosfato e glucosio libero, reazione finale della gluconeogenesi. La gluconeogenesi (“nuova formazione di zucchero”) è un processo che prevede la formazione di glucosio a partire da precursori non glucidici tra cui il lattato, il piruvato e l’ossalato. (Nelsen et al ., 2015)

Le saponine estratte dall’ Helicteres isora L. inibiscono l’espressione genica del G6Pase e inibiscono in questo modo la formazione di glucosio. (Elekofehinti et al., 2014)

In particolare un'altra saponina, il ginsenoside Rb2, è stata studiata a fondo per determinarne la funzione nella gluconeogenesi. In modelli diabetici, il composto vegetale aumenta l’espressione genica del recettore nucleare SHP (small herodimer partner) e attiva l’AMPK, ottenendo così l’inibizione della gluconeogenesi. (Lee et al., 2011)

Il SHP è un recettore nucleare orfano che svolge un ruolo essenziale nella regolazione del metabolismo del glucosio e del colesterolo. Recenti studi hanno riportato che il recettore interviene nella regolazione della risposta immunitaria innata e nell’infiammazione, nel caso di danni tissutali, SHP permette di prevenire e di modulare i processi infiammatori acuti e cronici. (Yuk et al., 2016)

(19)

La Glicogeno fosforilasi è un enzima importante della glicogenolisi: il glicogeno immagazzinato nei tessuti viene immobilizzato da una reazione fosforolitica catalizzata dalla glicogeno fosforilasi. L’enzima catalizza l’attacco da parte del Pi del legame

glicosidico (α1 4) che unisce gli ultimi residui di un’estremità non riducente, generando glucosio 1-fosfato e un polimero accorciato di un residuo di glucosio. (Nelsen et al., 2015) E’ stata proposta la possibilità di inibire l’enzima fosforilasi per il trattamento del diabete di tipo 2, in quanto la liberazione di glucosio a livello epatico aumenta. (Elekofehinti et al., 2014)

Alcune saponine come le Diosgenina della Dioscorea polygonoides L. e della Trigonella foenum-graecum L. riescono ad inibire la glicogeno fosforilasi: sono in grado di influenzare il metabolismo del glicogeno ottenendo un effetto antidiabetico. (Al-Habori et al., 2011)

Anche l’astragaloside IV, secondo uno studio, inibisce l’espressione genica sia della glucosio 6-fosfatasi e sia della glicogeno fosforilasi, producendo un’ effetto antidiabetico. (Elekofehinti et al., 2014)

3.4.5-Il ruolo della saponina sulla via PI3K/Akt

La serina/treonina chinasi Akt, conosciuta anche come proteina chinasi B (PKB) svolge ruoli regolatori cruciali in differenti processi fisiologici quali: differenziamento cellulare, il ciclo cellulare , la trascrizione, la traduzione, il metabolismo e l’apoptosi. L’attivazione di Akt dipende direttamente da un’altra chinasi, la PI3K che, attraverso la produzione di secondi messaggeri lipidici , dà vita alla via di segnalazione PI3K/Akt. (Franke et al., 1995)

Nello specifico il legame dell’insulina con il suo recettore attiva una tirosina chinasi presente nello stesso recettore, che poi fosforila il substrato-1 del recettore dell’insulina (IRS-1). Il residuo di fosfotirosina prodotto da questa proteina viene riconosciuto dalla fosfatidilinositolo 3-chinasi (PI-3K), che converte il fosfatidilinositolo 4,5-bisfosfato (PIP2) della membrana in fosfatidilinositolo 3,4,5-trisfosfato (PIP3). La proteina chinasi PKB legata a PIP3 è fosforilata dalla proteina chinasi PDK1. Una volta attivata, la PKB fosforila la glicogeno sintasi chinasi 3 (GSK3) su un residuo di Ser e la inattiva. L’inattivazione di GSK3 permette alla fosfoproteina fosfatasi 1 (PP1) di defosforilare la glicogeno sintasi, convertendola nella sua forma attiva. In questo modo l’insulina stimola

(20)

la sintesi del glicogeno. La PKB stimola il movimento dei trasportatori del glucosio GLUT4 da vescicole interne alla membrana plasmatica, aumentando l’assunzione di glucosio. (Nelsen et al., 2015)

Nel muscolo scheletrico e nel tessuto adiposo l’attivazione della via della PI3K è considerata un evento necessario, ma non sufficiente per aumentare l’espressione e la traslocazione del glucosio GLUT4. Inoltre la via di segnalazione in cui è coinvolta la PI3K favorisce il deposito di glucosio sotto forma di glicogeno (nel muscolo) e di trigliceridi (nel tessuto adiposo). (Elekofehinti et al.,2014)

Nel diabete appare evidente che promuovere la via di biosegnalazione di PI3K/Akt è necessaria per ottenere un effetto ipoglicemizzante, in quanto si riduce il glucosio in circolo.

Appunto una delle più importanti funzioni fisiologiche di Akt è quello di stimolare l’assorbimento del glucosio in risposta all’insulina. Come sappiamo, il glucosio una volta entrato nelle cellule viene convertito il glucosio 6-fosfato, a questo punto può seguire due destini: essere convertito in glicogeno o indirizzato verso la via glicolitica. Akt aumenta la velocità del processo glicolitico, che è dovuto, almeno in parte, alla capacità di promuovere l’espressione genica degli enzimi glicolitici coinvolti. (Elekofehinti et al.,2014)

Figura 13

Via di biosegnalazione di PI3K/Akt

Una delle saponine studiate che favoriscono questa via di biosegnalazione, è quella estratte dall’ Helicteres isora. Gli studi ne hanno evidenziato l’attività ipoglicemizzante perché agiscono sulla via PI3K/Akt, favorendo, tramite la PKB, l’assorbimento del glucosio

(21)

all’interno delle cellule per mezzo del trasportatore GLUT4. Occorre sottolineare che tali effetti sono stati dimostrati soltanto in modelli animali sperimentali quindi dovranno essere ancora studiati in modo dettagliato in studi clinici. (Elekofohinti et al., 2014)

Le saponine oggetto di studio sono state osservate anche in linee cellulari C2C12, si evidenzia anche in questo caso l’aumento dell’espressione dell’ mRNA di GLUT4: secondo le attuali osservazioni, le saponine esercitano un effetto ipoglicemizzante anche in modelli animali sperimentali, poiché stimolano Akt. (Bhavsar et al., 2009)

3.4.6-Gli effetti delle saponine sui trigliceridi (TG)

Nel diabete si evidenziano fenomeno di displidemie cioè elevati livelli di trigliceridi, con aumento delle VLDL e diminuzione di HDL. Alti livelli di acidi grassi nel sangue interferiscono con l’utilizzo del glucosio nel muscolo e promuovono la resistenza all’insulina, che porta al diabete di tipo 2. Sostanze antidiabetiche riducono i livelli degli acidi grassi circolanti e aumentano la sensibilità all’insulina. Promuovono la risintesi dei trigliceridi nel tessuto adiposo e riducono il rilascio degli acidi grassi liberi dal tessuto adiposo nel sangue. Sostanze come le saponine hanno proprio questo meccanismo, ma in particolare, interagiscono con dei fattori di trascrizione: SREBP.

SREBP (Sterol Responsive Element-Binding Protein) sono fattori di trascrizione

responsabili della espressione degli enzimi lipogenici15, importanti per la sintesi di acidi grassi, trigliceridi e colesterolo.

L’assorbimento e la sintesi del colesterolo e degli acidi grassi è controllato da questi fattori di trascrizione. Appena sintetizzate queste proteine sono immerse nel reticolo endoplasmatico. Quando i livelli di colesterolo e di ossisteroli sono elevati, le SREBP sono confinate nel reticolo endoplasmatico associate a un’altra proteina chiamata proteina attivatrice della scissione della proteina SREBP (SCAP) che, a sua volta, è ancorata sulla membrana del reticolo endoplasmatico dall’interazione con un’altra proteina di membrana, la proteina del gene indotta dall’insulina (Insing, insulin induced gene protein). La SCAP e la Insig funzionano da sensore degli steroli. Quando i livelli degli steroli sono elevati, il complesso Insig-SCAP-SREBP viene trattenuto sulla membrana del reticolo endoplasmatico. Quando il livello degli steroli nella cellula decresce, il complesso SCAP-SREBP viene trasferito da proteine secretori al complesso di Golgi, dove due scissioni

15 Acido grasso sintasi (FAS), stearoil-CoA desaturasi-1 (SCD-1), acetil-CoA carbossilasi (ACC), glicerolo

(22)

proteolitiche successive sulla SREBP rilasciano nel citosol un frammento regolatorio che entra nel nucleo e attiva la trascrizione dei suoi geni bersaglio, compresi quelli dell’HMG-CoA reduttasi16, della proteina recettore delle LDL e di diverse altre proteine necessarie alla sintesi dei lipidi. (Nelsen et al., 2015)

Figura 14

Una serie studi condotti sulla saponina della sea cucumber, dimostra che essa riduce SREBP,che nei pazienti diabetici risulta molto elevato. (Elekofehinti et al., 2014)

Il presente studio è stato condotto sulla steatosi epatica rilevata in studi preclinici. I ratti maschi sono stati divisi in 5 gruppi casuali, ogni gruppo è stato trattato con quantità diversa di saponina. Alla fine della sperimentazione sono stati misurati i livelli di colesterolo totale, i trigliceridi e la concentrazione lipidica a livello epatico. Per comprendere al meglio il meccanismo d’azione della saponina, sono stati valutati anche i cambiamenti degli enzimi e dei fattori di trascrizione che sono coinvolti nella biosintesi dei lipidi e nella

β-ossidazione degli acidi grassi. Una volta ottenuti, è emerso che nei ratti trattati con una

quantità di saponina maggiore presentavano una quantità di trigliceridi e colesterolo molto diminuita. Inoltre anche gli enzimi lipogenici risultano inibiti e di conseguenza si riscontra anche una diminuzione dei SREBP-1c17. Oltre agli enzimi lipogenici, sono stati valutati anche i livelli dell’espressione genica di PPARα e ,di conseguenza, dei suoi geni bersaglio quali carnitina palmitol transferasi (CPT) e acyl-CoA ossidasi (ACO), che sono coinvolti nella β-ossidazione. La saponina sea cucumber ha dimostrato di favorire il miglioramento dell’espressione genica dei PPAR-α contribuendo anche all’inibizione dell’accumulo di grasso epatico. (Xiao et al., 2010)

16

Idrossimetilglutaril-Coenzima A reduttasi

(23)

Dei ricercatori hanno riferito che la Diosgenina diminuisce la condizione di steatosi. Per chiarire meglio il meccanismo d’azione della saponina è stata esaminata l’espressione degli mRNA dei geni lipogenici e si è dimostrato che la steatosi viene diminuita dalla somministrazione del composto; in particolare si ha una diminuzione di FAS, SCD-1, ACC, GPAT e SREBP-1c. (Elekofehinti et al., 2014)

La diosgenina presenta una struttura steroide simile a quella del colesterolo, come sappiamo il colesterolo regola numerosi fattori di trascrizione coinvolti nel metabolismo lipidico epatico. Ad esempio, l’attività di SREBP-1c è regolata dalla quantità di colesterolo intracellulare, a sua volta regolata da LXR18. Ulteriori studi, confermano che la diosgenina sopprime l’attivazione di LXRα. Si riconferma quindi l’attività della diosgenina sulla riduzione dei trigliceridi in circolo. Al momento attuale si hanno esperimenti condotti in vitro quindi si richiedono ulteriori conferme in studi in vivo. (Taku et al., 2011)

Le saponine di Helicteres isora contrastano le displipidemie in ratti diabetici (Kumar et al., 2014)

3.4.7-Gli effetti delle saponine sul colesterolo.

Molti studi in modelli preclinici, confermano la riduzione di livelli sierici di colesterolo dopo trattamento con le saponine. Grazie alla struttura chimica della saponina uguale a quella del colesterolo, essa riesce inoltre spostare il colesterolo dai “pacchetti” che lo riforniscono e ne inibisce l’assorbimento. Grazie a questa interazione tra saponina e colesterolo, sono stati proposti dei meccanismi ipocolesterolemizzanti. Nel dettaglio è stata studiata la ginsenoside che favorisce la downregulation dei geni coinvolti nel metabolismo lipidico e nel metabolismo del colesterolo: per questo motivo la saponina risulta un buon ipoglicemizzante per soggetti diabetici. (Elekofehinti et al., 2014)

È stato osservato che la saponina ginsenosidi Rg3 e Rh2, si sono rilevate utili nel trattamento dell’obesità. e potrebbero quindi esercitare degli effetti antiiperlipidemici. È stata valutata l’attività della saponina in animali che conducono una dieta ricca di grassi, prima del trattamento con la saponina, si è evidenziato un abbassamento dei livelli di

18 Il recettore X del fegato (LXR) è un fattore di trascrizione nucleare attivato da ligando ossisterolici che

integra il metabolismo degli acidi grassi, degli steroli e del glucosio. LXRα è espresso principalmente nel fegato, nel tessuto adiposo e nei macrofagi; LXRβ è presente in tutti i tessuti. Quando sono legati a un ligando ossisterolico, gli LXR formano etero dimeri con un secondo tipo di recettori nucleari, i recettori X dei retinoidi (RXR, Retinoid X Receptors), e il dimero LXR-RXR attiva la trascrizione di un gruppo di geni compresi SREBP-1c

(24)

leptina, di adiponectina e di insulina dovuto proprio alla dieta ricca di grassi. Dopo la somministrazione della saponina, non solo si sono ridotti i livelli di colesterolo, delle lipoproteine LDL e dei trigliceridi, ma la saponina ha riportato a valori normali i livelli di leptina, di adiponectina e di insulina. La saponina inibisce l’espressione genica di sostanze che fanno parte del metabolismo del colesterolo, tra cui: Lipa (lipasi acida lisosomiale, idrolisi delle lipoproteine), CYP7A1(sintesi degli acidi biliari), IL1RN(interleuchina). (Song et al., 2012)

3.4.8-Gli effetti delle saponine sulla Lipoproteina Lipasi

La Lipoproteina Lipasi (LPL) è un enzima localizzato nelle cellule endoteliali dei capillari adiacenti a tessuto adiposo, muscolare e della ghiandola mammaria. I suoi livelli variano a seconda delle richieste energetiche specifiche del tessuto. Per esempio, il digiuno induce una ridotta attività della LPL nel tessuto adiposo e una aumentata attività a livello del muscolo cardiaco. Al contrario, l’alimentazione, con i suoi aumentati livelli di glucosio e insulina, inducono, a livello del tessuto adiposo, l’aumento della attività della LPL e la esterificazione degli acidi grassi in trigliceridi. (Faglia, Beck, Peccoz, 2006)

In soggetti diabetici non trattati, si sono osservati una riduzione di livelli plasmatici di LPL, infatti una ridotta attività dell’enzima causa di conseguenza una riduzione di livelli dei chilomicroni e VLDL causando un graduale livello di ipertrigliceridemia e successivamente, la dislipidemia. (Elekofehinti et al., 2014)

Molti studi hanno confermato che l’aumento dell’espressione genica della LPL risolve di conseguenza il problema della dislipidemia. (Elekofehinti et al., 2014)

Le saponine dimostrano di agire come inibitore verso un enzima: 11βidrossisteroidodeidrogenasidi tipo 1 (11b-HSD1), che promuove i sintomi della sindrome metabolica. (Elekofehinti et al., 2014)

Oltre il fegato e il cervello, 11βHSD1 si esprime nel tessuto adiposo e regola i livelli intracellulari di glucocorticoidi. Ne è risultato che l’espressione dell’enzima è più elevata nei preadipociti omentali rispetto al sottocutaneo. Dunque nei ratti, l’overespressione di 11β-HSD1 è connessa con lo sviluppo di obesità, del diabete e altre sindromi metaboliche. L’inibizione dell’enzima produce un aumento della sensibilità dei tessuti all’azione dell’insulina e una riduzione dei livelli di glucosio, osservati in soggetti diabetici. (Vitku et al., 2015)

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Uno studio è stato condotto su un’altra saponina, la glicirrizina, principale saponoside contenuto nella liquirizia (Glycyrrhiza glabra L.19). La saponina costituisce il 3-5% della droga secca. Per idrolisi la glicirrizina libera due molecole di acido D-glucuronico ed una molecola di acido glicirretico. (Maugini, 2011)

L’attività inibitoria dell’enzima è dovuta alla glicirrizina che agisce come agonista dei PPARα favorendo di conseguenza l’attività della Lipoproteina Lipasi. (Isbrucker et al., 2006- Eu et al., 2010)

Ricordiamo che i PPARα sono altamente espressi nel cuore, nei muscoli, nel fegato e nei reni e svolgono un ruolo cruciale nel controllo dell’ossidazione degli acidi grassi.

Uno studio sulle saponine estratte da Helicteres isora L. testati su modelli animali diabetici, ha dimostrato un ritorno di livelli fisiologici di LPL, in quanto prima del trattamento risultavano molto bassi. (Kumar et al., 2014)

3.4.9-Effetti delle saponine su FABP4

La FABP4 “Fatty acid binding protein 4” espressa nel tessuto adiposo, è una proteina in grado di legare e trasportare gli acidi grassi. Durante l’adipogenesi si osserva una trascrizione elevata dei geni che codificano per aP2/FABP4 (chiamata anche AP2). Pertanto studi preclinici affermano che la mancanza di questo fattore abbassa la possibilità di effetti di insulino-resistenza e di obesità. In particolare sembra che FABP4 porta una downregulation dei PPAR, infatti i soggetti obesi, a livello dell’adipocita, presentano un elevato livello di questa proteina e ciò spiega il suo ruolo nello sviluppo di patologie come il diabete, ma anche l’obesità e l’ aterosclerosi. (Garin-Shkolnik et al., 2014)

Lo studioso Bhavsar insieme ai suoi collaboratori, ha rilevato che la saponina estratta da Helicteri Isora L. somministrata in topi db/db, porta una riduzione dell’espressione genica di FABP4 migliorando di conseguenza la sensibilità dei tessuti all’insulina presente nei soggetti diabetici. (Elekofehinti et al ., 2014)

Nello specifico è stato osservato che la saponina diminuisce i livelli di iperlipidemia e iperglicemia riducendo l’espressione genica di FABP4 nel tessuto adiposo, contemporaneamente diminuisce anche l’espressione genica dell’enzima G6Pase e invece aumenta l’espressione genica dell’adipsina, PPARγ e GLUT4. (Singh et al., 2009)

19 È una pianta erbacea originaria dell’Oriente, ma comune nella regione del Mediterraneo. La droga è

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Figura 15

Azione di FABP4, viene secreto dal tessuto adiposo e contribuisce allo sviluppo di insulinoresistenza, al diabete mellito, all’aterosclerosi, all’ipertensione disfunzione cardiaca.

3.4.10-Effetti delle saponine sull’Adipsina.

L’adipsina è una glicoproteina circolante appartenente alla famiglia delle serine-proteasi, e viene sintetizzata ed escreta dal tessuto adiposo. L’adipsina agisce tramite un’altra proteina chiamata ASP (acilazione proteina stimolante) una piccola proteina isolata dal plasma che stimola la sintesi dei trigliceridi nel tessuto adiposo. Il sistema Adipsina-ASP fornisce un meccanismo mediante il quale le cellule del tessuto adiposo sono in grado di regolare il livello di sintesi dei trigliceridi e la loro riesterificazione. (Cianflone et al., 1996) L’adipsina agisce anche sui trasportatori GLUT4, favorendo così l’ingresso del glucosio nella cellula riducendo di conseguenza l’iperglicemia. Pertanto il sistema Adipsina-ASP inibisce la lipolisi, riducendo così l’accumulo di trigliceridi in circolo.(Elekofehinti et al., 2014)

Studi dimostrano che la saponina estratta dall’ Helicteri isora L., aumenta l’espressione della proteina, inoltre inibisce la lipolisi, riducendo così i trigliceridi a livello ematico e previene la dislipidemia. (Singh et al., 2009)

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3.4.11-L’attivazione di AMPK da parte delle saponine

Come precedentemente discusso, l’AMPK, la proteina chinasi attivata dall’AMP, viene attivata da fattori che segnalano la necessità di spostare il metabolismo dalla biosintesi alla produzione di energia. Una volta attivata, l’AMPK fosforila proteine bersaglio coinvolte nel metabolismo dei lipidi e dei carboidrati, quindi regola vie metaboliche fondamentali. Uno degli enzimi regolati dall’AMPK del fegato e del tessuto adiposo è l’acetil-CoA carbossilasi (ACC), che produce malonil-CoA, cioè il primo intermedio della via di biosintesi degli acidi grassi. Il malonil-CoA è un potente inibitore della carnitina aciltrasferasi I, l’enzima che dà inizio alla β-ossidazione, trasportando gli acidi grassi nel mitocondrio. La fosforilazione dell’acetil-CoA carbossilasi da parte dell’AMPK inibisce la sintesi degli acidi grassi, ma allo stesso tempo viene rimossa l’inibizione della β-ossidazione da parte del malonil-CoA. Anche la sintesi del colesterolo viene inibita dall’AMPK, attraverso la fosforilazione e l’inattivazione dell’HMG-CoA reduttasi, un enzima della via di biosintesi di questo lipide. Analogamente, l’AMPK inibisce l’acido grasso sintasi e l’aciltrasferasi, bloccando completamente la sintesi dei triacilgliceroli: viene inibita la sintesi dei lipidi, mentre viene stimolato il loro impiego come combustibile metabolico. (Nelsen et al., 2015)

Figura 16

Regolazione coordinata della sintesi e della demolizione degli acidi grassi. ( Nelsen et al, 2015)

La letteratura dimostra che la ginsenoside inibisce la gluconeogenesi tramite l’attivazione dei AMPK, interrompendo di conseguenza l’attività degli enzimi ACC e i livelli di

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malonil-CoA. Il risultato ottenuto è l’ossidazione degli acidi grassi e quindi la diminuzione dei lipidi nel sangue nei soggetti diabetici. (Elekofehinti et al., 2014)

Un altro studio sui ginsenosidi Rg1 e Re hanno dimostrato che attivano la via di biosegnalazione di AMPK, in modo da ottenere un effetto antidiabetico. In particolare il

ginsenoside Re favorisce un effetto antiiperglicemico e antiiperlipidemico in quanto agisce

su AMPK e di conseguenza non solo abbassa il livello di glucosio ematico ma diminuisce anche i livello di trigliceridi nel sangue. Questi risultati sono confermati da uno studio sperimentale condotto su modelli animali alimentati in precedenza con una dieta ricca di grassi. Il ginsenoside Rg1 attiva la via di AMPK, e inibisce la gluconeogenesi epatica. (Uzayisenga et al., 2014)

3.4.12-Effetti delle saponine sulle α-glucosidasi e α-amilasi

L’α-amilasi è un enzima che idrolizza i legami glicosidici (α1 4) dell’amido introdotto con la dieta, fonte principale di carboidrati nell’uomo. La digestione inizia con questo enzima che si trova nella saliva con la produzione di frammenti polisaccaridici o oligosaccaridici. Una seconda forma di α-amilasi, secreta dal pancreas, prosegue il processo di demolizione nell’intestino tenue con la formazione di di e trisaccaridi del glucosio. (maltosio e maltoriosio). Il glicogeno della dieta ha essenzialmente la stessa struttura dell’amido e la sua digestione procede in modo analogo. (Nelsen et al., 2015) I disaccaridi, come il maltosio, vengono quindi idrolizzati a monosaccaridi prima di poter penetrare nelle cellule intestinali. Questi vengono idrolizzati da enzimi legati alla superficie esterna delle cellule dell’epitelio intestinale: tra cui l’enzima α-glucosidasi. I monosaccaridi così formati vengono trasportati attivamente all’interno delle cellule epiteliali, per passare poi nel sangue ed essere trasferiti ai vari tessuti, dove vengono fosforilati e immessi nel processo glicolitico. (Nelsen et al., 2015)

Una delle strategie per curare il diabete mellito potrebbe essere quello di inibire l’attività di questi enzimi, ritardando così la scomposizione dei carboidrati e diminuire la glicemia postprandiale. In questo studio, è stato valutato l’effetto della saponina estratta dalle foglie di Morinda lucida, in quanto agisce proprio sull’inibizione degli enzimi glucosidasi e α-amilasi. Sicuramente l’eccessiva inibizione dell’α-amilasi potrebbe causare una malassorbimento dovuto alla presenza di carboidrati non digeriti nel colon, infatti in questo caso, un’azione scarsa dell’enzima sarebbe desiderabile. Per quanto riguarda

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l’α-glucosidasi, la sua inibizione è favorevole nella terapia ipoglicemizzante con effetti collaterali minori rispetto all’α-amilasi. In ratti indotti al diabete da trattamento con streptozotocina si è osservata una capacità di inibizione dell’enzima dopo la somministrazione della saponina. (Kazeem et al., 2013) Anche l’acido Aryulonic, saponina della Terminalia arjuna inibisce l’attività dell’enzima α-glucosidasi e α-amilasi. (Elekofehinti, 2015)

3.4.13.Le saponine e lo stress ossidativo

Le specie reattive dell’ossigeno sono una conseguenza diretta dell’iperglicemia nel diabete mellito. Lo stress ossidativo porta alla progressione di una delle complicanze diabetiche: la neuropatia. (Elekofehinti, 2015)

La formazione delle specie reattive dell’ossigeno porta ad un’autossidazione del glucosio catalizzato da una metallo proteina. La saponina è stata studiata per le sue attività antiossidanti sia in vivo che in vitro. Risulta essere un buon chelante dei metalli poiché li rende non disponibili per l’autossidazione del glucosio. Il potere antiossidante delle saponina è dovuto anche alla presenza di molti gruppi OH che gli permettono di accrescere l’attività di enzimi come la catalasi e la superossido dismutasi (SOD), che nei soggetti diabetici risultano bassi. (Elekofehinti, 2015)

Uno studio al riguardo è stato fatto per le saponine dell’Helicteres isora, che dimostrano proprio un’ azione antiossidante. (Kumar et al., 2014)

3.4.14.Attività antiinfiammatoria delle saponine.

Nel diabete si sviluppa uno stato infiammatorio dove vengono rilasciate le citochine causando ai tessuti, tra cui quelli muscolari, epatici e adiposo, una certa resistenza insulinica. I ginsenosidi in studio inibiscono le citochine che vengono rilasciate durante il processo di apoptosi in modo da ottenere uno stato antiinfiammatorio e difendere quindi i tessuti insulino sensibili dall’attacco dei macrofagi. (Uzayisenga et al., 2014)

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Anche l’acido Platyconic possiede un’azione antiinfiammatoria verso le cellule β-pancreatiche, in quanto inibiscono le citochine infiammatorie, come, TNF-α20. (Kwon et al., 2012)

3.5-Tossicità delle saponine

Un’altra caratteristica che contraddistingue le saponine è il loro effetto emolitico che si manifesta dopo somministrazione parenterale, mentre la tossicità è minima quando vengono assunte per via orale, essendo scarsamente assorbite a livello intestinale. (Tognolini-Chiavarini, 2007)

In particolare, le saponine steroidi formano con gli steroli complessi insolubili: il legame con il colesterolo o altri lipidi dei globuli rossi sarebbe dunque responsabile dell’alterazione di membrana e della lisi indotta dalle saponine. (Tognolini-Chiavarini, 2007)

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