• Non ci sono risultati.

Capitolo I Dalle tappe fondamentali dell'evoluzione legislativa alla configurazione attuale dell'istituto

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo I Dalle tappe fondamentali dell'evoluzione legislativa alla configurazione attuale dell'istituto"

Copied!
26
0
0

Testo completo

(1)

Capitolo I

Dalle tappe fondamentali dell'evoluzione legislativa alla

configurazione attuale dell'istituto

1.1 Definizione e inquadramento del ricorso incidentale prima e

dopo l'entrata in vigore del Codice del processo

amministrativo.

Nella lunga evoluzione storica delle fonti di giustizia amministrativa ed in particolare della disciplina del processo amministrativo, si è sempre avvertita l'esigenza di una razionalizzazione volta alla predisposizione di un corpus normativo sistematicamente ordinato e votato alla completezza. Il tentativo di racchiudere in un testo di legge la disciplina del giudizio amministrativo, si ebbe dapprima con la Legge 2248 del 1865, allegato E, di abolizione del contenzioso amministrativo (integrato dal Regio Decreto 17 agosto 1907 n. 642), poi con il Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato (Regio Decreto 26 giugno 1924 n. 1054), infine con la Legge 6 dicembre 1971 n. 1034 istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali integrata da successivi interventi normativi, tra cui la Legge 21 luglio 2000 n. 205.

Tutte le disposizioni che disciplinano il ricorso incidentale si riferiscono, essenzialmente, alle modalità formali di presentazione del ricorso ed alla descrizione di alcuni degli effetti riguardanti gli ulteriori sviluppi del procedimento.

In particolare, l’articolo 22, comma primo Legge n. 1034 del 1971, si limita a stabilire che “nel termine di venti giorni successivi a quelli stabiliti per il deposito del ricorso, […] [può essere anche proposto ricorso incidentale

(2)

secondo le norme degli articoli 37 del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e 44 del regolamento di procedura avanti alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 17 agosto 1907, n. 642." L’art. 22 della legge citata, consentendo incondizionatamente il ricorso incidentale, senza subordinarlo alla condizione che anche rispetto ad esso sussista la competenza del T.A.R. adito in via principale, implicitamente esclude che l’azione incidentale possa determinare un mutamento della competenza territoriale. Il ricorso incidentale, secondo questa tesi, andrebbe, quindi, proposto sempre e comunque davanti al T.A.R. adito in via principale, ad esempio, impugnato un atto applicativo, in via principale dinanzi a un T.A.R. periferico, il ricorso incidentale avente ad oggetto un atto presupposto emanato da un’autorità centrale, dovrebbe essere proposto alla competenza territoriale del T.A.R. periferico e non a quello con sede a Roma.3

L’articolo 37, derivato dall’art. 29 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638, reca una disciplina più complessa e dettagliata, ma ancora riferita al piano strettamente formale e procedimentale dell’istituto.

Tale norma prevede, infatti, che “nel termine di 30 giorni successivi a quello assegnato per il deposito del ricorso, l'autorità e le parti, alle quali il ricorso fosse stato notificato, possono presentare memorie, fare istanze, produrre documenti, e anche un ricorso incidentale, con le stesse forme prescritte per il ricorso”.

La disposizione precisa, inoltre, che la notificazione del ricorso incidentale deve essere fatta nei modi prescritti per il ricorso principale, presso il domicilio eletto, all’avvocato che ha firmato il ricorso stesso (comma 2); che l’originale del ricorso incidentale, con la prova delle eseguite notificazioni e

3Il ricorso incidentale, ai sensi del nuovo articolo 42 del codice del processo amministrativo, si propone con ricorso da notificarsi, ex art. 170 c. p. c, alle parti già costituite (o ai sensi dell'art. 41 c. p. a alle parti non costituite in giudizio) nel termine di sessanta giorni a decorrere dalla notificazione del ricorso principale. Sotto il profilo della competenza il ricorso incidentale, salvo che non introduca questione di competenza funzionale del TAR del Lazio o di diverso Tribunale Regionale - nei quali casi sposta la competenza a conoscere dello stesso ricorso principale -, viene conosciuto dalla stesso GA competente a conoscere del ricorso principale.

(3)

con i documenti, deve essere depositato a pena di decadenza in segreteria nel termine di giorni dieci (comma 3); che il ricorso incidentale non è efficace, se venga prodotto dopo che si sia rinunziato al ricorso principale, o se questo venga dichiarato inammissibile, per essere stato proposto fuori termine (comma 6).

L’articolo 44 del regolamento di procedura avanti alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, stabilisce infine, che “nel termine di dieci giorni successivi a quello assegnato per il deposito del ricorso incidentale, l'autorità e il ricorrente principale possono presentare memorie, fare istanze e produrre i documenti che ritengono opportuni”.

Non vi sono, invece, dirette ed esaurienti indicazioni circa i soggetti legittimati, l’oggetto ed il contenuto del ricorso incidentale, la sua funzione, i suoi riflessi sul giudizio e sulla formazione della decisione finale.

Nell’affrontare tali questioni, la dottrina e la giurisprudenza sono, comunque, partite dall’approfondimento di due dati testuali desunti dalle citate disposizioni normative.

Il primo attiene alla stessa aggettivazione “incidentale”, che attribuisce all’atto un carattere profondamente diverso da quello proprio del ricorso principale: in tal modo la norma evidenzia che il ricorso incidentale si innesta nell’ambito della impugnativa proposta dall’attore principale contro il provvedimento amministrativo lesivo.

Nella dinamica processuale, quindi, il ricorso incidentale costituisce una particolare modalità di esercizio del diritto di difesa spettante alle parti del giudizio diverse dal ricorrente e, segnatamente, al controinteressato: tramite esso, viene introdotto un ulteriore tema decisorio4, più ampio rispetto a

quello ricavabile dal ricorso originario e dalle altre difese.

Lo stretto collegamento con la protezione delle posizioni delle parti intimate spiega, poi, la vocazione essenzialmente conservativa del ricorso incidentale,

(4)

che mira a mantenere, in tutto od in parte, l’assetto di interessi definiti dal provvedimento amministrativo impugnato.

Il secondo dato letterale valorizzato dalla giurisprudenza è contenuto nell’ultimo comma dell’articolo 37 T.U. Cons. Stato ed evidenzia il profilo strettamente accessorio del ricorso incidentale, la cui sorte processuale, in base a tale norma, è direttamente subordinata a quella dell’impugnazione principale5.

La posizione subalterna del ricorrente incidentale deriva dalla circostanza che questi non esercita l’azione per primo ed autonomamente, ma agisce, nell’ambito di un rapporto processuale iniziato dal ricorrente principale, a tutela di un interesse proprio alla conservazione dell’atto impugnato e per prevenire il pregiudizio che gli deriverebbe dall’accoglimento del ricorso principale. L’azione incidentale di impugnazione, quindi, per il solo fatto di sottendere un pregiudizio solo virtuale, è strettamente collegata con l’azione principale e ne segue la sorte, nel senso che, come la nascita della prima presuppone l’esercizio della seconda, così l’estinzione di quest’ultima determina sempre il venire meno dell’azione incidentale6. Ciò implica che la

sentenza di merito che respinge il ricorso principale o quella di rito che ne accerta l’insussistenza di un presupposto processuale deve dichiarare contemporaneamente l’improcedibilità del ricorso incidentale per sopravvenuta carenza di interesse7 .

5 T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. I, 2 marzo 2006, n. 268, secondo cui il ricorso incidentale è uno strumento offerto al controinteressato per paralizzare, sia sul piano del merito, sia contestando la legittimazione processuale del ricorrente principale, la domanda di quest’ultimo; esso si caratterizza, pertanto, per la sua natura strettamente subordinata ed accessoria all’impugnazione principale, che gli conferisce effetti meramente endoprocessuali.

6

W. CATALLOZZI, Ricorso incidentale.

7Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2007, n. 5532, secondo cui non può essere esaminato il ricorso incidentale nel caso in cui il ricorso principale sia stato respinto ovvero lo stesso sia stato dichiarato inammissibile od improcedibile. Cfr. anche T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 1 aprile 2006, n. 2258.

(5)

1.2 La svolta data dalla Legge 18 giugno 2009 n. 69.

A partire dalla storica sentenza n. 500 del 1999 della Corte di Cassazione in tema di risarcibilità degli interessi legittimi e successive sentenze della Corte costituzionale che ha progressivamente insistito sulla pari dignità del giudice amministrativo rispetto al giudice ordinario con una equivalenza delle tutele rispettivamente apprestate8, è giunto un impulso alla

definizione di un codice che consacrasse, anche formalmente, il ruolo centrale che il processo amministrativo svolge nell'attuale sistema non solo giuridico-istituzionale ma anche economico e sociale.

L'aspirazione, costante, pur se a lungo disattesa, ad una disciplina compiuta ed autosufficiente racchiusa in un Codice, ha trovato risposta con la Legge 18 giugno 2009 n. 69.

A dare attuazione alla delega recata dalla Legge 69/2009 è intervenuto il decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104.

Il nuovo c.p.a detta la disciplina del ricorso incidentale nell'art. 42 il quale oltre a disporre il regine dell’istituto in parola stabilisce anche che nelle controversie in cui si faccia questione di diritti soggettivi, le domande riconvenzionali dipendenti da titoli già dedotti in giudizio sono proposte nei termini e con le modalità di cui al presente articolo (comma 5).

L’articolo 42 del codice del processo amministrativo attribuisce alle parti resistenti e ai controinteressati la facoltà di proporre ricorso incidentale. Sul piano ermeneutico occorre affrontare una prima questione che riguarda la legittimazione attiva dei controinteressati alla proposizione del ricorso incidentale. La questione, più dettagliatamente, è la seguente: sono legittimati a proporre il ricorso incidentale soltanto i controinteressati a cui è stata notificato il ricorso principale o anche i controinteressati che non hanno ricevuto la notifica del ricorso?

(6)

Sul punto si nota che il legislatore all’articolo 42 parla di parti resistenti e controinteressati. Nella previgente disciplina, l’art. 37 della L. n. 1054 del 1924, parlava solo di parti intimate.

Infatti, in passato, buona parte della dottrina escludeva la legittimazione alla proposizione del ricorso incidentale dei controinteressati ai quali non era stato notificato il ricorso principale, estranei, in quanto tali, alla vicenda processuale, ammettendola, al più, nel caso in cui gli stessi erano diventati parti del giudizio attraverso un formale atto di intervento. A sostegno di quest’assunto si osservava, da un lato, che essi non erano contemplati dall’art. 37 T.U. Cons. Stato, che faceva riferimento solo alle parti intimate; dall’altro, che essi non essendo parti del giudizio e, quindi, non risentendo degli effetti di un eventuale giudicato di annullamento dell’atto impugnato in via principale, non avevano alcun interesse ad una pronuncia che tendesse ad impedire o paralizzare quella invocata dal ricorrente principale.

Si contrapponeva a questa tesi un’opinione accolta dalla giurisprudenza, più convincente, che estendeva lo strumento impugnatorio in commento anche ai soggetti che non erano stati destinatari del ricorso principale.

Si osservava, al riguardo, che sarebbe stato del tutto irrazionale attribuire rilevanza determinante, ai fini della legittimazione all’impugnazione incidentale, alla qualità di notificatario del ricorso principale, qualità il cui acquisto dipende dal fatto del ricorrente principale: costui avrebbe potuto, omettendo la notifica, menomare l’altrui diritto di difesa.

Anche l’argomento letterale non risultava avere grande consistenza, se si pensa alle origini storiche dell’art. 37 T.U. Cons. Stato e ai suoi immediati precedenti.

Non coglieva nel segno neanche l’argomento che faceva leva sulla presunta carenza di interesse del controinteressato non intimato, sulla base della considerazione secondo cui egli non sarebbe esposto agli effetti del giudicato. Infatti, l’ordinamento processuale già prendeva in considerazione l’esigenza di tutela dei soggetti terzi che potrebbero essere coinvolti da una pronuncia di

(7)

annullamento emanata in un processo a cui siano rimasti estranei, prevedendo che essi possono fare valere le loro ragioni con lo strumento dell’intervento ad opponendum, in via preventiva, e con l’opposizione di terzo, in via successiva.

La nuova norma del codice del processo amministrativo, non parlando più di parti intimate, ma riferendosi genericamente ai controinteressati (senza specificare se solo formali o anche sostanziali) è coerente con la tesi meno restrittiva. Può ritenersi, dunque, che sono legittimati a proporre ricorso incidentale non solo i controinteressati intimati ma anche i controinteressati sostanziali che non hanno ricevuto la notifica del ricorso principale.

Era invece pacifica l’inutilizzabilità dello strumento in questione da parte dei soggetti cointeressati9 e del ricorrente principale10, in quanto in entrambi i

casi consentire l’utilizzo dello strumento processuale in commento significherebbe, di fatto, consentire l’elusione dei termini decadenziali per l’impugnazione del provvedimento. Sull’argomento si ritiene sia marginale l’indirizzo dottrinale che, configurando l’impugnazione incidentale come mezzo di concentrazione delle impugnazioni proposte contro uno stesso provvedimento, riconosce la legittimazione anche ai cointeressati. In ogni caso il dettato dell’art. 42, esclude una simile possibilità.

La nuova norma dell’art. 42 del codice del processo amministrativo pare introdurre la possibilità che possa proporre ricorso incidentale anche l’autorità che ha emanato l’atto impugnato. Ciò in quanto al primo comma dell’articolo citato il legislatore testualmente legittima le parti resistenti e i controinteressati. Se per parti resistenti si intendono le parti intimate, tra esse deve comprendersi anche l’autorità che ha emanato l’atto impugnato.

Sulla possibilità che anche l’autorità che ha emanato l’atto impugnato possa proporre ricorso incidentale vale la pena dare contezza degli orientamenti sin qui maturati.

9 Cons. giust. sic., 29 ottobre 1994, n. 400. 10 Tar Sicilia, Catania, 2 ottobre 2003, n.1525.

(8)

Giurisprudenza e dottrina prevalenti escludono tale legittimazione, posto che la P.A. che ha adottato l’atto impugnato potrebbe in ogni caso incidervi mediante intervento in autotutela. Al contrario, deve ritenersi consentito l’esperimento di ricorso incidentale da parte dell’amministrazione ove l’impugnazione riguardi un atto presupposto, diverso da quello impugnato in via principale ed emanato da un’autorità diversa da quella resistente.

Questa conclusione appare adattabile al nuovo dettato normativo. In altri termini la pubblica amministrazione può produrre ricorso incidentale solo se con esso intende chiedere la declaratoria d’illegittimità di un atto presupposto emanato da altra amministrazione. Se, invece, il giudizio riguarderà soltanto la legittimità dell’atto emanato dall’amministrazione intimata, in questo caso la P.A., potendo esercitare sul provvedimento poteri autotutelativi, non è legittimata a produrre ricorso incidentale.

1.3 Il carattere di accessorietà (totale) del ricorso incidentale.

Il concetto di accessorietà del ricorso incidentale accolto dall’orientamento ormai unanime della giurisprudenza è il frutto di una “sofisticata” dialettica dottrinale, che, muovendo dall’analisi dell’intima natura e dei caratteri congeniti del processo amministrativo e delle relazioni soggettive che ne formano tradizionalmente oggetto, ha svolto una funzione euristica, consentendo agli interpreti di approdare a una nozione radicata e definitiva di accessorietà.

La norma chiave intorno alla quale si è sviluppato il dibattito è l’art. 37 del T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato.

Sulla base di tale norma, un orientamento teorico11, fortemente criticato,

sostiene la necessità della proposizione dell’impugnazione in forma

(9)

incidentale per tutti i soggetti ai quali sia stato notificato il ricorso principale, e dunque anche per i cointeressati.

La conseguenza di tale impostazione è il profilarsi dell’obbligatorietà del ricorso incidentale, assunto come mezzo necessario per la proposizione di tutte le impugnazioni successive alla prima, e della sua possibile autonomia dal ricorso principale, nel caso in cui l’interesse che sorregge il ricorso incidentale sia svincolato da quello che sostiene il ricorso principale.

In altri termini, si assume che la forma incidentale del ricorso debba essere considerata obbligatoria per legge e che il ricorso incidentale non abbia sempre carattere accessorio. Sicuramente privo di tale carattere – si afferma - è il ricorso proposto in forma incidentale da colui che, se non fosse stata pendente l’impugnazione principale a lui notificata, avrebbe potuto esperire l’azione in via principale. Al contrario, secondo la tesi in esame, l’accessorietà ricorre ove l’impugnazione incidentale sia proposta dopo che siano scaduti i termini entro i quali si sarebbe potuto ricorrere in via principale ovvero dopo che sia prestata acquiescenza al provvedimento. In tal modo, però, si finisce per ritenere ammissibile la proposizione del ricorso, formalmente in via incidentale ma nella sostanza senza alcuna difformità da quello che sarebbe stato un ricorso principale, anche a un soggetto che abbia prestato acquiescenza o abbia fatto decorrere i termini per impugnare in via principale, eludendo le regole che governano il processo amministrativo, ispirate al principio di certezza delle relazioni intersoggettive.

Alle stesse conseguenze conduce la tesi12 che, alla ricerca di un fondamento

del ricorso incidentale radicato nel tessuto del codice di procedura civile, ma allo stesso tempo aderente alla natura peculiare del giudizio amministrativo, accomuna la ratio dello strumento in esame alla ratio dell’omologo istituto processual-civile, sottolineando la necessità che sia garantita l’unicità del procedimento di impugnazione contro lo stesso provvedimento.

12A. PAJNO, Appunti a proposito del ricorso incidentale condizionato nel processo amministrativo, in Giur. mer., 1975, p. 110 ss.

(10)

Il profilo di maggior interesse di tale ricostruzione teorica è rappresentata dall’affermazione che il ricorso incidentale è ammissibile nei soli casi di scindibilità del provvedimento, e dunque, fondamentalmente, nel caso di atto plurimo, nel quale i singoli provvedimenti che lo compongono sono caratterizzati da indipendenza e da autonoma esistenza e altrettanto autonoma capacità lesiva.

In tale prospettiva, il ricorso incidentale presuppone la scindibilità del provvedimento impugnato, senza la quale non sarebbe configurabile una lesione attuale, che non può essere solo del ricorrente principale, ma deve anche essere del ricorrente incidentale. Deve, pertanto, sussistere un’ipotesi di soccombenza plurima e di simmetrico attuale interesse a ricorrere, il cui difetto, che si realizza proprio nei casi di provvedimenti che non hanno tale caratteristica, determina l’inammissibilità del ricorso incidentale.

La conseguenza di tale teorica è la negazione dell’accessorietà del ricorso incidentale, attesa l’autonoma capacità lesiva della “frazione” di atto plurimo impugnato in via incidentale.

Sia sul fronte dottrinale che su quello giurisprudenziale, i descritti orientamenti non hanno trovato larghi consensi.

L’evoluzione della riflessione sull’istituto del ricorso incidentale, infatti, ha condotto a una considerazione maggiore del carattere dell’accessorietà di tale istituto.

Già nella tesi di un’autorevole ma risalente dottrina13, elaborata dal

Capaccioli, si individuano i germogli della più moderna e diffusa concezione dell’istituto in esame. Nell’ambito di tale tesi, il ricorso incidentale, per il fatto di incidere, di cadere, di inserirsi nel rapporto processuale già sorto a seguito dell’impugnazione del ricorrente principale, si connota di una accessorietà non “originaria”, bensì meramente cronologica: esso non deve essere utilizzato soltanto quando l’interesse all’impugnazione sorga in

13 E. CAPACCIOLI, In tema di ricorso incidentale nel giudizio amministrativo, in Giur. compl. Cass. civ., 1951, II, p. 1016.

(11)

conseguenza della proposizione del ricorso principale (il che lo avvincerebbe in un laccio di accessorietà necessaria, originaria e funzionale), ma può essere proposto anche per tutelare una posizione autonoma da quella fatta valere in via principale.

A differenza della su riferita tesi dottrinale che ammette anch’essa l’azionabilità in via incidentale di una situazione giuridica suscettibile di essere lesa indipendentemente dall’accoglimento del ricorso principale in quanto radicata direttamente nel provvedimento amministrativo, la dottrina in esame nega l’obbligatorietà della forma incidentale, riconoscendo alla parte interessata la facoltà di scelta tra ricorso incidentale e ricorso principale. E da tale facoltà di scelta discende la conseguenza che se la parte opta per l’impugnazione incidentale, essa si sottopone (volontariamente) alla sua efficacia condizionata, avendo rinunciato ad assicurarsi l’autonomia del proprio gravame servendosi del ricorso principale.

L’accessorietà, in tale prospettiva ricostruttiva, diviene “parziale”14 o, in altri

termini, “relativa”, nel senso che è accompagnata dalla presunzione che il soggetto che ha utilizzato il ricorso in forma incidentale abbia accettato anche la natura accessoria di tale ricorso il quale, dunque, si caratterizza per essere la forma liberamente scelta da colui che ritiene opportuno inserirsi in un giudizio già proposto, tutelando un interesse che può (ma non deve necessariamente) essere originario, e che, ad ogni modo, viene dedotto sempre in rapporto di accessorietà rispetto all’impugnazione principale15.

Un’impostazione nuova e distante dalle dottrine fino ad allora elaborate, che prende le mosse proprio dall’analisi critica di tali dottrine per arrivare a individuare il proprium dell’impugnazione incidentale nel processo amministrativo e ad attribuirgli dignità e fondamento autonomo dall’omologo

14 M. A. SANDULLI, Il processo amministrativo, Milano, 1940, p. 361.

15 Il ricorso incidentale, con le parole di E. CAPACCIOLI, cit., diviene il mezzo più adeguato “per proporre una domanda di impugnazione dell’atto amministrativo nell’ambito del rapporto processuale già instaurato a seguito del ricorso principale, a prescindere dalla circostanza che tale domanda sia uguale, simile, contrastante o autonoma a quelle proposte dal ricorrente principale o da altro controinteressato”.

(12)

istituto processual-civilistico, è quella che trae l’abbrivo dalla considerazione che, ai sensi dell’art. 15 del Regolamento n. 642 del 1907, il ricorso deve essere notificato soltanto a chi si oppone alla domanda (controinteressato) e non ai soggetti che siano portatori degli stessi o analoghi interessi del ricorrente (cointeressati). Tale esclusione si giustifica alla luce della struttura del giudizio di impugnazione, caratterizzato dal fatto che ciascun soggetto ha a propria disposizione un breve termine per la proposizione del ricorso principale, decorso il quale non può giovarsi dell’eventuale impugnativa proposta da parte di altri cointeressati, avanzando una impugnazione incidentale.

Al fine di meglio chiarire la natura del ricorso incidentale, l’autorevole dottrina in esame, una volta escluso l’obbligo di notifica verso i cointeressati e la possibilità di agire in via incidentale al fine di raggirare l’ostacolo del decorso del termine di impugnazione in via principale, qualifica l’interesse al ricorso incidentale alla stregua di un interesse meramente potenziale, che sorge non già con l’emanazione del provvedimento amministrativo, bensì per effetto della proposizione del ricorso principale; proposizione che determina la possibilità che in seguito al suo accoglimento quell’illegittimità, originariamente a carattere interno, covata dal provvedimento impugnato, assuma giuridica rilevanza, determinando l’adozione di un provvedimento sfavorevole o la lesione in altro modo della sfera giuridica del ricorrente incidentale.

Di qui la conclusione che il ricorso incidentale ha carattere accessorio - e si compone di una accessorietà intrinseca, originaria e funzionale – e necessariamente condizionato, consistendo in una “difesa attiva”, che costituisce un quid pluris rispetto alla semplice negazione dei motivi dedotti dal ricorrente principale, proposta a causa della presunta soccombenza virtuale del controinteressato, non per la tutela di un interesse autonomo, ma

(13)

al “solo” fine di prevenire una possibile lesione di un interesse derivante dall’accoglimento del ricorso principale.

Si tratta, quindi, come affermato anche in giurisprudenza, di un’impugnazione avente sempre carattere condizionato, per sua intrinseca natura. In sostanza, il vincolo dell’interesse ad agire nel ricorso incidentale si scompone in due elementi, l’uno di carattere negativo, consistente nell’assenza di una lesione attuale che si sarebbe dovuta far valere in via principale, e l’altro di carattere positivo, concernente la lesione virtuale derivante dall’accoglimento del ricorso principale.

Sotto il primo profilo, presupposto di ammissibilità dell’ampliamento del thema decidendum derivante dalla proposizione del gravame incidentale è la circostanza che l’interesse all’impugnazione di un atto già impugnato in via principale o di un diverso atto ad esso collegato nasca in occasione e per effetto dell’impugnazione principale e in funzione solo di questa, giacchè diversamente verrebbe a essere elusa la perentorietà dei termini fissati dalla legge per la verifica di legittimità dei provvedimenti amministrativi17. Per

quanto riguarda l’interesse positivo, il ricorso incidentale può essere esperito solo da colui il quale avendo ricevuto un vantaggio dal provvedimento impugnato, possegga un interesse qualificato alla conservazione di tale vantaggio e tenda, attraverso l’inserimento nel giudizio di un thema decidendum accessorio, e non autonomo, rispetto a quello proprio del ricorso principale, a eliminare ogni possibilità di accoglimento di quest’ultimo, prospettando una ragione ostativa alla positiva definizione delle censure con

17 Non è configurabile, dunque, un’impugnazione incidentale proposta dopo che siano scaduti i termini entro i quali si sarebbe potuto (rectius, dovuto) ricorrere in via principale. L’idea di fondo è che non vi sia alcuna ragione per riservare ad alcuni un trattamento più favorevole che ad altri, consentendo l’impugnazione, in forma incidentale, al di là del termine di decadenza, facendo in tal modo perdere alla preclusione già verificatasi tutto il suo significato. Cfr. F. SATTA, Giustizia amministrativa, Padova, 1997, p. 192, secondo cui “il tratto caratteristico del ricorso incidentale è che l’interesse a proporlo deve nascere solo in seguito all’impugnazione principale. Questa è la sola ragione che giustifica un’impugnazione del provvedimento, tardiva rispetto al termine ordinario”. Della stessa opinione, P. VIRGA, La tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, Milano, 1976, p. 346: “non può essere consentito l’esperimento del ricorso incidentale per la tutela di un interesse legittimo del resistente, che avrebbe dovuto farsi valere in via principale entro il perentorio termine di legge”.

(14)

esso svolte .

Dal momento che con l’impugnazione incidentale si possono proporre solo questioni subordinate a quelle proposte con il ricorso principale e a tutela di un’ipotetica futura lesione del proprio interesse, (mentre nel caso di autonoma e diretta lesione l’unico strumento utilizzabile è il ricorso principale) , risulta evidente che l’accessorietà del ricorso incidentale rispetto a quello principale è un’accessorietà totale19.

L’accessorietà e il condizionamento necessario del ricorso incidentale all’esame del merito e all’eventuale accoglimento del ricorso principale implica la “caducazione” del primo non solo nei casi di improcedibilità/inammissibilità ma anche in ogni ipotesi di rigetto del secondo, comportando il venir meno dell’interesse all’impugnazione incidentale.

In tale prospettiva, dunque, il condizionamento è un connotato essenziale e inscindibile del ricorso incidentale e, con esso, l’accessorietà totale rispetto all’impugnazione principale. L’accessorietà si manifesta così sia sul piano formale, per cui la possibilità di proporre ricorso incidentale è subordinata alla pendenza e alla validità di un processo, oltre che alla sua idoneità a sfociare in una decisione (positiva) di merito, sia sul piano sostanziale, comportando una subordinazione piena dell’esame dell’impugnazione incidentale all’accoglimento del ricorso principale20.

In tal modo, il ricorso incidentale assume i caratteri tipici della “controimpugnazione”, che, pur comportando un tendenziale ed eccezionale

18 Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 2005, n. 6260 e Cons. Stato, sez. VI, 14 dicembre 2004, n. 8051; TAR Lazio, Roma, sez. II-ter, 1 aprile 2006, n. 2258; TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 27 dicembre 2005, n. 2543; TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 28 luglio 2005, n. 3478; TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 22 dicembre 2005, n. 5652; TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 19 dicembre 2005, n. 2441.

19Nel senso dell’accessorietà totale, in dottrina, E. GUICCIARDI, La giustizia amministrativa, Padova,1957, p.240;V. CAIANIELLO, Lineamenti del processo amministrativo, Torino, 1979, p. 403; G. ROEHRSSEN, Ricorso giurisdizionale amministrativo, in Nss. Dig. it., XV, Torino, 1968, p. 1016; E. PICOZZA, Processo amministrativo e diritto comunitario, Padova, 1997, p. 781; P.VIRGA, La tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, Milano, 1982, p. 154.

20 W. CATALLOZZI, Note sulle impugnazioni incidentali nel processo dinanzi ai giudici amministrativi ordinari, in Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato, III, Roma, 1981, p. 1771.

(15)

ampliamento del thema decidendum, non valica tuttavia l’intento difensivo del soggetto proponente, proprio in ragione del vincolo di dipendenza con il ricorso principale21. Particolare centralità acquisisce l’identificazione della

peculiare natura dell’interesse a impugnare del ricorrente incidentale, il quale certat de damno vitando.

Tale interesse, dunque, non è attuale, ma futuro ed eventuale, essendo collegato alla possibilità dell’accoglimento del ricorso principale (e quindi non potrebbe essere azionato in via autonoma con ricorso principale).

L’accessorietà, in conclusione, è configurata quale subordinazione del ricorso incidentale rispetto al ricorso principale, in conseguenza della diversa consistenza dell’interesse leso.

La tesi dell'accessorietà totale prende piede quando inizia a sostenersi che con l'impugnazione incidentale si possono proporre solo questioni subordinate a quella proposta con l'impugnazione principale, e a tutela di una ipotetica futura lesione del proprio interesse, mentre nel caso di autonoma e diretta lesione l'unico strumento utilizzabile è il ricorso principale: in tal modo da un lato viene esclusa ogni applicazione analogica dei principi del processo civile, dall'altro non si può che sostenere, anche al di là della formulazione letterale dell' art. 37 t.u. Cons. Stato, l'accessorietà totale del ricorso incidentale rispetto a quello principale22. In questo senso la

subordinazione del ricorso incidentale all'esame del merito e all'accoglimento dell'impugnazione principale, implica la caducazione della prima non solo nei casi di improcedibilità (proposizione dopo che si sia rinunciato al ricorso principale o se questo sia stato proposto fuori termine), ma anche in ogni altra ipotesi di inammissibilità o rigetto dell'impugnazione principale, che a sua volta comporta il venire meno dell'interesse in merito all'impugnazione principale23. Alla stessa conclusione perviene chi ha affrontato la

21 G. TROPEA, Il ricorso incidentale nel processo amministrativo, Napoli, 2007, p. 224. 22 Tar Lombardia – Brescia, 10 giugno 1999, n. 543; Cons. St.,sez. V, 8 luglio 2002, n. 3782. 23 F. LUBRANO, L’impugnazione incidentale nel giudizio amministrativo, in Rass. Dir. Amm., 1964.

(16)

problematica circa la possibilità che il ricorso incidentale riapra i termini di impugnazione già decorsi, consentendo di insorgere anche a chi abbia eventualmente già prestato acquiescenza, ovvero a chi avrebbe potuto a suo tempo proporre ricorso principale e non lo ha fatto24 . Si sostiene, dopo aver

debitamente distinto il giudizio di primo grado, pur caratterizzato dalla presenza di una pluralità di parti, dall'impugnativa del processo civile, che ha ad oggetto un rapporto di cui le parti hanno ad un tempo la titolarità e la disponibilità, che non ci si possa limitare ad un concetto meramente formale di ricorso incidentale e bisogna invece guardare alla sostanza delle cose. Sicchè o il ricorso è volto ad evitare una lesione futura ed eventuale, prevedendo che determinati errori compiuti nel precedente procedimento vengano ripetuti, oppure si tratterà di configurare un caso in cui si consegua il rigetto del ricorso principale operando su un atto su cui il ricorso principale si fonda, in una sorta di impugnativa cumulativa strumentale dalla parte del controinteressato. In ogni caso anche in questa ricostruzione la conclusione in tema di accessorietà appare obbligata: nonostante la formulazione dell'art. 37 t.u., Cons. St., ultimo comma, dettata specificamente per l'impugnazione incidentale delle decisioni delle G.p.a. , si ritiene non pensabile una prosecuzione del giudizio per un'autonoma decisione sul ricorso incidentale, una volta che, per qualsiasi ragione, sia divenuto improcedibile il ricorso principale. Anche se l'art. 42 del codice non prende espressa posizione in tema di accessorietà, l'evoluzione dottrinale e giurisprudenziale, deponga a favore di un'accessorietà totale se si accettano i connotati fondamentali dell'istituto, fondamentalmente sulla scorta dell'interesse e della legittimazione attiva. A ben guardare non c'è un vero silenzio sulla questione: bisogna ricordare come l'art. 42 c.p.a si apra parlando di “domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale”, quindi anche per questa via, non si dovrebbero nutrire dubbi sull'intenzione

(17)

del legislatore di riferirsi ad una accessorietà totale.

1.4 Codice del nuovo processo amministrativo aggiornato al

secondo correttivo processuale (D. Lgs. 14 settembre 2012, n.

160).

Nei due anni dall’entrata in vigore del codice del processo amministrativo25 (16 settembre 2010), il legislatore è intervenuto con due

decreti legislativi correttivi26, per apportare le modifiche e le integrazioni

resesi necessarie alla luce delle questioni emerse nella prassi, per rendere più funzionali alcuni istituti processuali, adeguandoli anche alle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale, nonché per tener conto, almeno in parte, dei primi contributi della dottrina e delle sollecitazioni provenienti da tutti gli operatori del settore. Il primo decreto correttivo, il d.lgs. 15 novembre 2011, n. 19527, è composto da due articoli: il primo reca le modifiche al codice del

processo amministrativo e si struttura in tre commi, concernenti 25 Il codice è previsto come Allegato 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (in G.U.,serie generale, n. 156 del 7 luglio 2010, suppl. ord. n. 148/L). Tra i primi commenti in dottrina cfr.: A. PAJANO, Il codice del processo amministrativo tra “cambio di paradigma” e paura della tutela, in Giorn. dir. amm., 2010, 9, 885; L. TORCHIA, Le nuove pronunce nel Codice del processo amministrativo, in Giorn. dir. amm., 2010, 12, 1319; Id., I principi generali, ivi, 2010, 11, 1117; M. CLARICH, Le azioni, ivi, 1121; D. DE PRETIS, Il riparto di giurisdizione, ivi, 1129; A. Storto, La tutela cautelare, ivi, 1141; R. DE NICTOLIS, I riti speciali, ivi, 1151; A. POLICE, Le impugnazioni, ivi, 1169; G. NAPOLITANO, Il grande contenzioso economico nella codificazione del processo amministrativo, in Giorn. dir. Amm., 2011, 6, 677. Tra le prime opere, si segnalano: F. CARINGELLA - M. PROTTO, Codice del nuovo processo amministrativo. Commento articolo per articolo al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 e a tutte le altre leggi della giustizia amministrativa, Roma, 2010; R. GAROFOLI - G. FERRARI (a cura di), Codice del processo amministrativo annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, Roma, 2010; R. CHIEPPA, Il codice del processo amministrativo. Commento a tutte le novità del giudizio amministrativo, Milano, 2010; G. FERRARI, Il nuovo codice del processo amministrativo. Commento analitico al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, Roma, 2010; E. PICOZZA (a cura di), Codice del processo amministrativo: D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, commento articolo per articolo, Torino, 2010; A. QUARANTA - V. LOPILATO (a cura di), Il processo amministrativo. Commentario al D.lgs. 104/2010, Milano, 2011.

26 La legge delega, infatti, aveva previsto la possibilità, entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi per il riassetto del processo amministrativo, di apportare le eventuali correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica avesse reso necessarie od opportune, seguendo lo stesso procedimento ed in base ai medesimi princìpi e criteri direttivi previsti per l’emanazione degli originari decreti.

(18)

rispettivamente le modifiche al testo vero e proprio del codice, quelle relative alle norme di attuazione e quelle relative alle norme di coordinamento. Con il secondo articolo è disposta la reviviscenza dell’art. 17, comma 26, secondo periodo, della legge n. 127 del 1997 (c.d. “Bassanini bis”), nel senso di stabilire che sugli affari che possono formare oggetto di ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, il Governo, avuto il parere della sezione competente del Consiglio di Stato, non possa richiedere in via amministrativa quello dell’adunanza generale. Il secondo decreto correttivo28, il d.lgs. 14

settembre 2012, n. 16029, che è entrato in vigore il 3 ottobre 2012, modifica

venti articoli del codice e due delle disposizioni di attuazione e delle abrogazioni. Le novità più significative sono le modifiche al regime del rilievo dell’incompetenza territoriale (artt. 13, 15 e 16) e quelle apportate al contenzioso elettorale (art. 129); ma anche, e forse soprattutto, l’aver ritenuto ammissibile, in via legislativa, la possibilità di chiedere una “condanna al rilascio del provvedimento richiesto” (art. 34, comma 1, lett. c), entro i limiti già previsti per l’azione avverso il silenzio. Tra le altre modifiche, si segnalano quelle sulle conseguenze della violazione del principio di sinteticità degli atti (art. 26) e la ridefinizione del contenuto del ricorso (art. 40). È ormai noto che il codice del processo amministrativo trae origine dalla delega prevista nella legge 18 giugno 2009, n. 69, recante “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, finalizzata al riassetto della disciplina del processo amministrativo. Dall’art. 44 della L. n. 69/2009 emergono tre finalità di ordine generale:

1) l’adeguamento delle norme vigenti alla giurisprudenza della Corte

28 Tra i primissimi contributi si vedano: F. MERUSI, A volte ritornano ... il correttivo del correttivo del codice del processo amministrativo, settembre 2012, in www. giustamm.it; M. A. SANDULLI, Il codice del processo amministrativo nel secondo correttivo: quali novità?, 2012, in www.federalismi.it; R. DE NICTOLIS, Il secondo correttivo del codice del processo amministrativo, settembre 2012, in www.giustiziaamministrativa.it; A. CARBONE, L’azione di adempimento è nel Codice. Alcune riflessioni sul D.Lgs. 14 settembre 2012, n. 160 (c.d. Secondo Correttivo), in www.giustamm.it, settembre 2012.

(19)

costituzionale e delle giurisdizioni superiori;

2) il coordinamento con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali;

3) l’obiettivo di assicurare la concentrazione delle tutele.

In vista delle suddette finalità, la legge indicava quali principi e criteri direttivi quelli di: a) assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, anche mediante il ricorso a procedure informatiche e telematiche, nonché la razionalizzazione dei termini processuali, l’estensione delle funzioni istruttorie esercitate in forma monocratica e l’individuazione di misure, anche transitorie, di eliminazione dell’arretrato; b) disciplinare le azioni e le funzioni del giudice: 1) riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni; 2) riordinando i casi di giurisdizione estesa al merito, anche mediante soppressione delle fattispecie non più coerenti con l’ordinamento vigente; 3) disciplinando, ed eventualmente riducendo, i termini di decadenza o prescrizione delle azioni esperibili e la tipologia dei provvedimenti del giudice; 4) prevedendo le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa; c) procedere alla revisione e razionalizzazione dei riti speciali, e delle materie cui essi si applicano, fatti salvi quelli previsti dalle norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige; d) razionalizzare e unificare le norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi e introducendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti

(20)

organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni; e) razionalizzare e unificare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonché di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l’incompetenza funzionale; f) riordinare la tutela cautelare, anche generalizzando quella ante causam, nonché il procedimento cautelare innanzi al giudice amministrativo in caso di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato, prevedendo che: 1) la domanda di tutela interinale non può essere trattata fino a quando il ricorrente non presenta istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito; 2) in caso di istanza cautelare ante causam, il ricorso introduttivo del giudizio è notificato e depositato, unitamente alla relativa istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito, entro i termini di decadenza previsti dalla legge o, in difetto di essi, nei sessanta giorni dalla istanza cautelare, perdendo altrimenti ogni effetto la concessa tutela interinale; 3) nel caso di accoglimento della domanda cautelare, l’istanza di fissazione di udienza non può essere revocata e l’udienza di merito è celebrata entro il termine di un anno; g) riordinare il sistema delle impugnazioni, individuando le disposizioni applicabili, mediante rinvio a quelle del processo di primo grado, e disciplinando la concentrazione delle impugnazioni, l’effetto devolutivo dell’appello, la proposizione di nuove domande, prove ed eccezioni. La legge richiamava, altresì, i principi e i criteri direttivi di cui all’art. 20, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. “legge Bassanini”),in quanto applicabili30.

Il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, è composto dalle norme di approvazione del codice e da quattro Allegati. Il codice del processo amministrativo è contenuto nell’Allegato 1; nell’Allegato 2 sono previste le relative norme di attuazione; nell’Allegato 3 trovano collocazione le norme

30 Si tratta dei principi e criteri direttivi che presiedono alle attività di semplificazione, riassetto normativo e codificazione per settori.

(21)

transitorie; nell’Allegato 4, infine, sono recate le norme di coordinamento e le abrogazioni.

Il codice è composto di 137 articoli, distribuiti in cinque libri dedicati rispettivamente: alle disposizioni generali (artt. 1-39); al processo amministrativo di primo grado (artt. 40-90); alle impugnazioni (artt. 91-111); all’ottemperanza ed ai riti speciali (artt. 112-132); alle norme finali (artt. 133-137). Ciascun libro è a sua volta suddiviso in Titoli e Capi; sono altresì presenti due Sezioni nell’ambito del Capo I, Titolo I, Libro II. Per quanto riguarda gli altri Allegati, essi sono composti rispettivamente di 16 (All. 2), 3 (All. 3) e 4 (All. 4) articoli. Il codice del processo amministrativo risponde, in primo luogo, all’esigenza di riunire in un unico testo organico la molteplice normativa processuale fino ad ora prevista in diverse fonti, anche molto risalenti: si pensi, tra le altre, al regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (regolamento per la procedura dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale)31; al Regio Decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (approvazione

del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato); più recentemente, alla legge istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali (Tar) 6 dicembre 1971, n. 1034 (il cui art. 19 disponeva l’applicabilità, nei giudizi davanti ai Tar, delle norme di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, in quanto non contrastanti con la l. n. 1034/1971 e soprattutto, quasi a voler indicare un obiettivo del futuro legislatore in questa materia, “fino a quando non verrà emanata apposita legge sulla procedura”); da ultimo, al d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, e alla legge 21 luglio 2000, n. 205. Tutti questi testi, come evidenziato anche nella Relazione al codice, non sempre erano coordinati tra loro. Si sono inoltre registrati svariati interventi legislativi di settore che hanno nel tempo aggiunto norme (ad esempio, in tema di giurisdizione, competenza e riti speciali), con l’effetto di determinare una stratificazione dell’intera disciplina processuale amministrativa, generatrice

(22)

di notevole complessità per interpreti ed operatori. La riunione, dunque, in un unico testo della normativa prima “dispersa” in più fonti di cognizione risponde innanzi tutto alla necessità di razionalizzare (ed anche di “consolidare”) l’intera materia, rendendola più chiara e curando tutti gli opportuni coordinamenti. In secondo luogo, l’idea di procedere alla codificazione delle norme sul processo amministrativo si fonda su un’istanza di tipo sostanziale, collegata alla necessità di fornire adeguato assetto ordinamentale alla funzione svolta dalla giurisdizione amministrativa. Si fa riferimento, in particolare, all’esigenza di adeguare la struttura del processo amministrativo, il cui carattere meramente impugnatorio non era ritenuto più sufficiente a garantire in modo pieno la tutela, anche risarcitoria, dell’interesse legittimo: si pensi alle profonde innovazioni succedutesi a partire dalla storica sentenza delle sezioni unite della Cassazione, 22 luglio 1999, n. 500, che ha determinato le successive modifiche anche nella legislazione (l. n. 205/2000), e all’evoluzione giurisprudenziale (il c.d. diritto vivente), innervata anche da importanti pronunce della Corte costituzionale (ci si limita a richiamare, tra le più note, la sentenza 6 luglio 2004, n. 204 e la sentenza 11 maggio 2006, n. 191), che hanno caratterizzato l’ultimo decennio. In questo senso, la codificazione assolve non soltanto ad un compito di semplificazione formale e di assetto organico dell’intera materia del processo amministrativo32, ma apporta anche un contributo per molti

32 Tra i contributi più recenti, con specifico riferimento al progetto di codice del processo amministrativo predisposto sulla base della legge delega n. 69/2009, si vedano: R. GRECO, Le ragioni di un codice amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, pubblicato sul sito il 16 febbraio 2010; P.M. SAVASTA, La riforma del processo amministrativo tra efficienza e innovazione, ivi, pubblicato sul sito il 30 marzo 2010; P. DE LISE, Verso il codice del processo amministrativo, ivi, pubblicato sul sito il 28 aprile 2010; G. PELLEGRINO, Il codice al passaggio decisivo. Tra grande occasione e strani paradossi, ivi, pubblicato sul sito il 4 maggio 2010; E. FOLLIERI, La natura giuridica dell’articolato provvisorio denominato codice del processo amministrativo, in Diritto e processo amministrativo, 2/2010; A. PAJANO, La giustizia amministrativa all’appuntamento con la codificazione, in Dir. proc. amm., 2010, 1, 119; F.N. SAITTA, Se codice dev’essere, che si occupi anche di … procedura amministrativa (Brevi riflessioni sulla delega per il riordino del sistema delle impugnazioni amministrative), in Diritto e processo amministrativo, 2010, 1,111; F. MERUSI, In viaggio con Laband…, in Giorn. dir. amm., 2010, 6, 658; G. PELLEGRINO (a cura di), Verso il codice del processo amministrativo, Roma, 2010. Sui processi di codificazione e riordino normativo cfr. B.G. MATTARELLA, Codificazione, in Dizionario di diritto pubblico diretto da S. Cassese, Milano, 2006, II, 933; S. CASSESE, Codici e codificazioni: Italia e Francia a confronto, in Giorn. Dir. amm., 2005, 1, 95; P. GROSSI, Codici: qualche conclusione tra un millennio e l’altro, in Codici. Una riflessione di fine millennio, Atti dell’incontro di studio tenutosi a Firenze, 26-28 ottobre 2000, Milano, 2002, 579; sulle riforme e prospettive della giustizia amministrativa si vedano anche: S. CASSESE (a cura di), Il Consiglio di Stato e la riforma

(23)

aspetti innovativo : si pensi, ad esempio, al nuovo regime della competenza territoriale inderogabile (artt. 13 e ss.); alla declaratoria di nullità (art. 31, comma 4); alla possibilità di adottare misure cautelari ante causam (art. 61) e di disporre l’assunzione dei mezzi di prova previsti dal c.p.c., esclusi l’interrogatorio formale e il giuramento (art. 63, comma 5); all’introduzione della disciplina sull’opposizione di terzo (artt. 108-109) e all’ammissibilità dell’azione di ottemperanza per conseguire l’attuazione dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili (art. 112, comma 2, lettera e). Peraltro, il d.lgs. n. 104/2010 non ha provveduto a dare interamente attuazione alla delega di cui all’art. 44 della l. n. 69/2009: ad esempio, con riferimento all’individuazione di misure, anche transitorie, di eliminazione dell’arretrato34; alla previsione di pronunce dichiarative; all’introduzione,

nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, delle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili costituzionale, Milano, 1997; Id., Verso la piena giurisdizione del giudice amministrativo: il nuovo corso della giustizia amministrativa italiana, in Giorn. dir. Amm., 1999, 1221; più in generale, sulle tendenze attuali del diritto amministrativo: S. CASSESE, Tendenze e problemi del diritto amministrativo, in Riv. trim dir. pubb., 2004, 901; Id., Le prospettive, in Il sistema amministrativo italiano, a cura di L. TORCHIA, Bologna, 2009, 507; Id., Lo stato presente del diritto amministrativo italiano, in Riv. trim. dir. pubb., 2010, 2, 389.

33 Occorre rilevare, tuttavia, che il progetto iniziale varato dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato aveva una maggiore carica innovativa: ad esempio, nell’ambito della disciplina delle azioni proponibili davanti al giudice amministrativo, era espressamente prevista la possibilità di esperire, oltre all’azione di annullamento, anche le azioni di accertamento e di adempimento.

34 Si fa riferimento alla mancata previsione, peraltro contenuta nello schema predisposto dalla Commissione speciale, dell’istituzione di c.d. “sezioni stralcio” per l’eliminazione dell’arretrato. Risulta invece generica la disposizione di cui all’art. 16 dell’Allegato 2, la cui formulazione, indeterminata per quanto attiene a tempi e modalità dell’adozione di misure straordinarie per la riduzione dell’arretrato e per l’incentivazione della produttività (si rinvia ad un d.P.C.M.), risente degli effetti della norma finanziaria di cui all’art. 137 del codice. Una soluzione al difficile problema del reperimento delle risorse finanziarie per lo smaltimento dell’arretrato rinviene nel d.l. 6 luglio 2011, n. 98 - convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 – contenente “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, il cui art. 37, comma 10, ha previsto che “Il maggior gettito derivante dall’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 6, 7, 8 e 9 (in materia di spese di giustizia, ndr) ad eccezione del maggior gettito derivante dal contributo unificato nel processo tributario, è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia civile, e amministrativa”. Anche questa norma, tuttavia, è rimasta priva di attuazione nella parte in cui le maggiori risorse, percepite nel corso dell’anno per effetto dell’aumento del contributo unificato, avrebbero dovuto essere materialmente destinate ad alimentare la provvista finanziaria per la riduzione dell’arretrato.

(24)

con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni. Si segnala, poi, che a decorrere dall’entrata in vigore del codice è sancita o viene confermata l’abrogazione delle norme le cui disposizioni sono state incorporate o comunque superate dall’intervento di codificazione (cfr. All. 4, art. 4): si tratta nel complesso di circa 50 fonti normative e di circa 350 articoli. In particolare, per quanto attiene alle leggi fondamentali in materia di giustizia amministrativa – a partire dalla l. n. 1034/1971 e dal r.d. n. 1054/1924 – è prevista l’abrogazione delle sole norme di carattere processuale, mentre non sono state toccate quelle di natura organizzativa o altre disposizioni concernenti ambiti non incisi dal codice. Sono stati, invece, integralmente abrogati, in quanto superati dal codice, tra gli altri, il r.d. 17 agosto 1907, n. 638 (testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato); il r.d. 17 agosto 1907, n. 642 (regolamento di procedura del Consiglio di Stato); il r.d. 30 dicembre 1923, n. 2840 (modificazioni all’ordinamento del Consiglio di Stato e delle Giunte provinciali amministrative); il r.d. 26 giugno 1924, n. 1058 (relativo alle Giunte provinciali amministrative). Le disposizioni del regolamento esecutivo della legge Tar (d.P.R. 21 aprile 1973, n. 214) sono state recepite dalle norme di attuazione contenute all’Allegato 2. Sono state, altresì, abrogate alcune disposizioni della legge 27 aprile 1982, n. 186 (artt. 1, comma 4, 5 e 55, in materia di funzionamento delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, di composizione dell’adunanza plenaria e di sottoscrizione e pubblicazione delle sentenze) che ora trovano collocazione all’interno del codice. Da evidenziare anche le abrogazioni di alcune norme della legge 7 agosto 1990, n. 241 (artt. 2-bis, comma 2; 11, comma 5; 19, comma 5; 21-quinquies, comma 1, ultimo periodo; 21- septies, comma 2; 25, commi 5-bis e 6), degli artt. 33, 34 e 35 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nonché di alcune disposizioni della legge 21 luglio 2000, n. 205 (artt. 1; 2; 3, commi 1, 2, 3; 4; 6, comma 2; 7; 8; 11; 12), il cui contenuto è ora confluito nel codice del processo amministrativo. A due anni dalla sua entrata in vigore, può dirsi che l’approvazione del codice del processo

(25)

amministrativo ha costituito comunque una tappa storica per la giustizia amministrativa. Il bilancio della sua applicazione è positivo e sono stati fugati i timori manifestati inizialmente dalla dottrina, che sosteneva come la codificazione potesse arrestare la forza creatrice della giurisprudenza35. Basti

pensare agli importanti contributi apportati, in funzione nomofilattica, dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato: dalla decisione n. 3/2011, che afferma il principio dell’atipicità delle forme di tutela, alla n. 4/2011, che torna sulla vexata quaestio del rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale, o ancora alla n. 15/2011, in materia di Scia e Dia. Tra le pronunce più significative dei giudici di primo grado si richiama quella del Tar Lombardia, Milano, sez. III, 8 giugno 2011, n. 1428, che apre con decisione all’azione di adempimento; oppure l’ordinanza del Tar Sicilia, Palermo, 7 settembre 2011, n. 1628, che ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell’art. 30, comma 5, c.p.a., nella parte in cui fissa il termine di decadenza di 120 giorni dalla formazione del giudicato di annullamento per proporre l’azione risarcitoria nei confronti dell’amministrazione.

Mentre, per citare forme di “giurisprudenza pretoria” del giudice di appello, meritano menzione le pronunce del Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, che rimette in discussione gli effetti della sentenza di annullamento, e sez. IV, 28 ottobre 2011, n. 5799, secondo cui il giudice amministrativo può d’ufficio dichiarare la nullità di atti amministrativi, in un giudizio non instaurato ai sensi dell’art. 31, comma 4, c.p.a., purché nel rispetto del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ai sensi degli artt. 112 c.p.c. e 39 c.p.a.. Può quindi rilevarsi come il diritto

35 Già in passato, con riferimento ad un tentativo di codificazione, poi fallito, si espresse in senso contrario V. CAIANELLO, Diritto processuale amministrativo, Torino, III ed. ampliata ed aggiornata, 2003, 37-38 (nota 8), secondo cui il processo amministrativo, a differenza del processo civile, è retto da istituzioni non solo relativamente “giovani”, ma anche “strettamente legate alla evoluzione del diritto sostanziale che nella materia amministrativa è in continua evoluzione e trasformazione, per cui esso, nel sistema italiano, è stato costruito su poche e scarne regole procedurali dalla giurisprudenza amministrativa che è riuscita ad adeguarlo a tali mutamenti”. Per tali ragioni, secondo l’Adunanza.,“una codificazione operata con legge organica avrebbe finito per cristallizzare formule e modelli elaborati dalla giurisprudenza inaridendone quella spinta creatrice che, in una più che secolare esperienza, ha consentito di adeguare i modelli processuali alla mutevolezza delle esigenze di tutela”.

(26)

processuale amministrativo sia tuttora in evoluzione, pur poggiando, adesso, su basi consolidate in un testo moderno, organico e snello. Il codice rappresenta, dunque, più un punto di partenza che di arrivo, il cui testo “a maglie larghe” fornisce una base sicura, laddove sono codificate le conquiste giurisprudenziali già acquisite, ma al tempo stesso flessibile e aperta alle ulteriori elaborazioni della giurisprudenza, sempre stimolata dai fondamentali contributi della dottrina36.

36 P. DE LISE, Il processo amministrativo. Commentario al d.lgs. 104/2010, a cura di A. Quaranta - V. Lopilato, cit., 16-17.

Riferimenti

Documenti correlati

a) “Rete di Economia Solidale (RES)”, l'insieme dei soggetti - singoli ed organizzati, dei distretti, delle reti settoriali di economia solidale, collegati in

‰ 12 Settembre 1997: il NIST indice un concorso pubblico per la nomina dell'AES (deadline 15 giugno 1998). ‰ Pubblico scrutinio

c) viene promossa la individuazione da parte delle Regioni, in base alla propria programma- zione, delle strutture e degli strumenti necessari per garantire un

possano essere attuate muovendo dalle effettive capacità ed esigenze di apprendimento degli alunni. 6.2 L'aggiornamento e la formazione costituiscono un diritto ed un impegno per

2.3.1 Il problema della competenza territoriale e funzionale del giudice adito 78 2.3.2 Il dies a quo del termine di proposizione e di deposito 82 2.3.3 La normativa attuale

Il secondo principio base è quello di lavorare alla periferia del bambino, quindi in altre parole significa non interferire direttamente sul bambino, ma preparare per ognuno dei

30. In secondo luogo, si potrebbe pensare ad un’immediata opera di adeguamento del vecchio al nuovo, mediante una capillare e ciclopica opera

Tempo di attivazione del servizio Voce (su rete internet): Tiscali si impegna ad attivare il servizio Voce con numero telefonico fornito da Tiscali entro 20