1 Tesi di specializzazione
Scuola di Specializzazione in Medicina Interna
A. A. 2010-2011
Relazione fra riflessioni dell’onda sfigmica e danno vascolare renale
nei pazienti ipertesi
Candidato:
Dott. Francesco Stea
Relatori:
Prof. Stefano Taddei
2 Riassunto
La rigidità arteriosa espone la microcircolazione a pulsatilità aumentata. La
riflessione dell’onda sfigmica potrebbe avere effetto protettivo, riducendo
la pulsatilità trasmessa a distretti vascolari a bassa resistenza come quello
cerebrale o quello renale. Nel presente studio si è indagata l’ipotesi nel
rene, esaminando la relazione fra riflessioni dell’onda e indici di
resistenza.
Abbiamo ricercato nei nostri database gli ipertesi sottoposti a misurazioni
tonometriche e doppler renale nella stessa sessione. L’Augmentation
Index (AIx) e la Pulse Wave Velocity (PWV), indici rispettivamente di
riflessione d’onda e rigidità arteriosa, sono stati misurati con l’apparecchio
SphygmoCor; dalla forma d’onda, tramite un modello di approssimazione
del flusso aortico, è possibile calcolare il coefficiente di riflessione
(Reflection Magnitude, RM), come rapporto fra onda retrograda e
anterograda. L’indice di resistenza renale (RI), una misura di danno
vascolare, è stato misurato nelle arterie interlobari mediante Doppler.
Sono stati analizzati 216 pazienti, prevalentemente maschi (63%), età 53,3
± 11,5 anni, RI 0,632 ± 0,066; AIx, 27,5 ± 11,1%; PWV, 8,52 ± 1,81 m/s; RM,
3 p<0,0001), RM (r=0,29, p<0,001) e PWV (r=0,44, p<0,0001). Né AIx, né RM
hanno correlazione negativa con RI in modelli che includono fattori di
confondimento e covariate. Quando i pazienti sono stati divisi in terzili di
AIx e PWV, non sono risultate differenze di RI fra quelli con basso AIx e
alta PWV e quelli con alto AIx e bassa PWV (n=17 vs. 25; 0,645 ± 0,053 vs.
0,632 ± 0,064; p=ns), nonostante una differenza di RM (74,9 ± 6,7 vs. 51,2
± 7,3 %; p<0,001).
La riflessione d’onda, stimata tramite AIx o misurata come RM, è correlata
positivamente con RI in una popolazione di ipertesi. Non si evidenzia una
correlazione negativa neanche correggendo per fattori confondenti, o
quando è esaminata separatamente dall’influenza della rigidità arteriosa.
Nel complesso, questi risultati suggeriscono che la riflessione d’onda non
ha un effetto benefico significativo sul danno vascolare renale negli
4 Sommario
Riassunto ... 2
Introduzione ... 5
Ipertensione arteriosa, rischio cardiovascolare e danno d’organo ... 5
Rigidità arteriosa e riflessione dell’onda sfigmica ... 6
Riflessione dell’onda sfigmica e microcircolo: meccanismo di danno o di protezione? ... 12
Scopo ... 13
Metodi ... 15
Popolazione dello studio ... 15
Esami ematochimici ... 16
Misurazione della pressione ... 16
Misure tonometriche ... 17
Coefficiente di riflessione ... 18
Esame ecodoppler delle arterie renali ... 19
Statistica ... 20 Risultati ... 22 Discussione ... 24 Conclusioni ... 30 Bibliografia ... 31 Ringraziamenti ... 35
5 Introduzione
Ipertensione arteriosa, rischio cardiovascolare e danno d’organo
L'ipertensione essenziale rappresenta oggi il più importante fattore di
rischio per la patologia cardiovascolare[1]. Il rischio di eventi cardio e
cerebro-vascolari è direttamente proporzionale all'aumento dei valori
pressori per ogni categoria d'età, dai giovani adulti agli anziani [2] .
Le complicanze cardiovascolari associate all'ipertensione arteriosa sono
più frequenti in presenza di alterazioni subcliniche cardiovascolari come
l'ipertrofia ventricolare sinistra, l'ispessimento medio-intimale carotideo e
la riduzione del filtrato glomerulare o la microalbuminuria, che infatti
devono essere considerate per una corretta stratificazione del rischio
cardiovascolare globale dei pazienti con ipertensione [3].
Recentemente hanno assunto un importante significato clinico
nell'ipertensione arteriosa, oltre all’indubbio ruolo fisiopatologico, alcune
alterazioni vascolari morfo-funzionali, come l'aumento della rigidità
arteriosa, che possono essere misurate con metodiche relativemante
6
Rigidità arteriosa e riflessione dell’onda sfigmica
Il sistema combinato cuore-arterie può essere approssimato con il
modello “Windkessel”, che spiega la conversione del flusso sanguigno da
intermittente – presente solo durante la fase di sistole – a continuo: le
arterie elastiche si dilatano accogliendo parte del sangue espulso dal
ventricolo, e lo restituiscono durante la diastole, mantenendo la
perfusione periferica (Figura 1). Questo modello separa le funzioni di
“conduzione” e di “serbatoio” dell’albero arterioso; nel modello
Windkessel l’ipertensione è caratterizzata da un aumento delle resistenze
periferiche e da una diminuzione della distensibilità arteriosa. Quando
aumentano le resistenze periferiche, aumenta la pressione media, con un
incremento della pressione sia sistolica che diastolica. Quando si riduce la
distensibilità, la pressione media rimane sostanzialmente invariata,
mentre aumenta la componente pulsatile, con aumento delle oscillazioni
pressorie e quindi della pressione pulsatoria e sistolica.
Nella realtà, tuttavia, le due funzioni non sono separate, perché tutte le
arterie possiedono una certa elasticità, che è massima nei grandi vasi (in
particolare l’aorta, specie nella sua parte prossimale, e le sue prime
diramazioni). Un modello più realistico del sistema arterioso sarebbe
7 elevate resistenze periferiche. Le proprietà elastiche del tubo permettono
la generazione e propagazione di un’onda sfigmica: la velocità di
propagazione è inversamente proporzionale alla distensibilità del tubo.
All’estremità, l’onda incontra le resistenze periferiche e viene
parzialmente riflessa. La somma dell’onda anterograda con quella
retrograda, con le loro rispettive fasi e ampiezze, spiega le fluttuazioni
secondarie nella forma dell’onda sfigmica e contribuisce all’aumento della
pressione pulsatoria e sistolica. Nel sistema arterioso, le riflessioni sono
multiple e si verificano in tutti i punti in cui l’onda sfigmica incontra
discontinuità nella parete: biforcazioni, diminuzioni di calibro, ma anche
variazioni della struttura intrinseca e dell’elasticità (dall’aorta al
microcircolo, le fibre elastiche diminuiscono gradualmente mentre
aumentano relativamente le cellule muscolari lisce). A causa della loro
conformazione anatomica, le piccole arterie e le arteriole hanno un ruolo
importante nella genesi delle riflessioni d’onda; la vasocostrizione, inoltre,
tende a spostare in senso prossimale i siti di riflessione.
Con l’aumento di rigidità delle grandi arterie l’onda sfigmica viaggia più
rapidamente. Sia le piccole che le grandi arterie, quindi, possono
contribuire a un ritorno precoce dell’onda riflessa, che si somma all’onda
8 Come già anticipato, le proprietà elastiche variano lungo l’albero
arterioso, dove i vasi prossimali sono più elastici e quelli distali più rigidi.
Questa eterogeneità, causata da differenze nella struttura molecolare,
cellulare e istologica, ha importanti conseguenze dal punto di vista
fisiologico e fisiopatologico. L’altezza dell’onda pressoria aumenta man
mano passando dalle arterie prossimali a quelle distali, perché il calibro
dei vasi si riduce, la rigidità aumenta e i siti periferici di riflessione sono più
vicini, quindi le onde riflesse si sovrappongono precocemente a quelle
anterograde. Il risultato netto è che la pressione sistolica periferica è
maggiore di quella centrale – cosiddetto “fenomeno di amplificazione” – e
non è quindi corretto utilizzare la pressione misurata a livello dell’arteria
brachiale come surrogato di quella centrale; in particolare nei giovani, che
mostrano maggiore discrepanza. La differenza si riduce invece man mano
che le arterie diventano più rigide, in particolare con l’età, processo
accelerato dalla presenza di fattori di rischio cardiovascolare [5].
La velocità di propagazione dell’onda sfigmica è proporzionale alla rigidità
del vaso. La velocità dell’onda di polso – Pulse Wave Velocity, PWV –
carotido-femorale (approssimazione del tragitto lungo l’aorta)
9 tecnica relativamente semplice, riproducibile e non invasiva, e ha un
solido bagaglio di evidenze cliniche che ne dimostrano il valore predittivo
indipendente per eventi cardiovascolari [6], tanto che l’aumento di
rigidità arteriosa è stato incluso come danno d’organo nelle linee guida del
2007 per la diagnosi e cura dell’ipertensione a cura delle società europee
di ipertensione e cardiologia [3]. L’aorta è il vaso di maggior interesse nella
determinazione della rigidità arteriosa, poiché fornisce il contributo
maggiore, specie nel suo tratto prossimale, alla funzione di riserva elastica
[4, 5], ed è responsabile della maggior parte degli effetti fisiopatologici
della pressione centrale e della rigidità arteriosa sugli organi bersaglio
(ventricolo sinistro, cervello, rene).
La PWV può essere misurata a partire da varie forme d’onda: pressione,
distensione e flusso [4]. Le forme d’onda possono essere registrate in
modo non invasivo; per calcolare la rigidità aortica, i siti presi in esame
sono la carotide comune e la femorale. La distanza (D) percorsa dall’onda
è assimilate alla distanza in superficie tra i due siti, mentre il tempo è il
ritardo temporale (Dt) fra il piede delle due onde. La PWV è il rapporto fra
distanza e tempo (D / Dt), e viene misurata in metri al secondo (Figura 3).
Le forme d’onda possono essere misurate simultaneamente (come, ad
10 l’elettrocardiogramma come sistema di riferimento temporale (come, ad
esempio, con il sistema SphygmoCor).
L’onda sfigmica è la somma di un’onda anterograda, creata dalla
contrazione ventricolare, e di una riflessa, in realtà la sommatoria di molte
onde riflesse. Quando i vasi sono elastici, la PWV è bassa e l’onda riflessa
torna all’aorta ascendente in fase di sistole tardiva o addirittura diastole,
sommandosi principalmente alla parte diastolica. Quando le arterie sono
rigide, invece, la PWV aumenta e l’onda riflessa arriva prima a livello
centrale, sommandosi all’onda anterograda nella fase precoce della sistole
e aumentando la pressione sistolica e pulsatoria (Figura 2). Questo
fenomeno può essere quantificato mediante l’Augmentation Index,
definito come la differenza fra il secondo picco dell’onda, P2 (dovuto
all’onda riflessa), e il primo picco (dovuto all’onda anterograda), P1,
espressa come percentuale della pressione pulsatoria (Figura 4). L’AIx è
tuttavia influenzato non solo dalla PWV, ma anche dall’entità della
riflessione, che condiziona l’ampiezza dell’onda riflessa, e dalla distanza
dei siti di riflessione: la pressione diastolica, correlata al grado di
vasocostrizione o di alterazione strutturale del microcircolo, e l’altezza,
correlata alla lunghezza del tragitto percorsa dalle onde, sono fra i
11 Con l’irrigidimento delle arterie, causato dall’invecchiamento e accelerato
in presenza di fattori di rischio cardiovascolare, la capacità di riserva
elastica dell’aorta si riduce, e la circolazione periferica e i piccoli vasi sono
soggetti a un aumento di pulsatilità sia della pressione che del flusso [7].
L’irrigidimento delle arterie di conduttanza è associato a disfunzione
microvascolare [8], a danno cardiaco [9], cerebrale [10-12] e renale [13,
14]; la pressione pulsatoria elevata (in particolare a livello centrale), di cui
la rigidità arteriosa è uno dei principali determinanti, è associata a danno
cerebrale [11] e renale [15-17].
Quando la riflessione dell’onda sfigmica fa sì che l’onda retrograda si
sommi a quella anterograda, contribuendo ad aumentare la pressione
pulsatoria e sistolica, ciò determina effetti negativi dal punto di vista
fisiopatologico. I dati clinici confermano che l’AIx, l’indice più semplice
dell’entità della riflessione, è predittore di eventi cardiovascolari e
mortalità totale[18], sebbene le evidenze siano decisamente meno forti e
12
Riflessione dell’onda sfigmica e microcircolo: meccanismo di danno o di protezione?
Da un punto di vista teorico, tuttavia, le riflessioni dell’onda sfigmica in
periferia potrebbero avere anche un contraltare positivo. Per un
elementare principio fisico, più un’onda è riflessa, meno viene trasmessa.
Una elevata riflessione diminuirebbe la trasmissione della pulsatilità
pressoria alla microcircolazione e potrebbe quindi avere effetto
protettivo sul microcircolo; in special modo, su distretti come il cervello e
il rene. Questi organi sono infatti caratterizzati da flusso torrenziale e letto
vascolare a resistenze molto basse [7] e sono quindi praticamente privi di
difesa contro oscillazioni pressorie ampie e potenzialmente deleterie.
Tale interessante ipotesi non è stata tuttavia mai provata
sperimentalmente, né è stata investigata estensivamente. Alcuni dati
interessanti provengono dai risultati preliminari di uno studio presentato
al meeting annuale della Società Europea di Ipertensione nel 2010 [19], in
cui la rigidità arteriosa e le riflessioni d’onda sono state messe in relazione
con il danno retinico.
In 67 soggetti, di età media 64 ± 10 anni, sono stati misurati con il sistema
SphygmoCor la PWV e l’AIx, e con il doppler l’indice di resistenza
13 correlata linearmente all’indice di resistenza retinico (r=0,43, p=0,001), la
correlazione fra AIx e indice di resistenza era inversa (r=-0,26, p=0,047). I
soggetti sono stati stratificati in terzili di PWV e AIx; quelli con PWV alta e
AIx basso avevano indice di resistenza maggiore di quelli con PWV bassa e
AIx alto (0,51 ± 0,13 vs 0,37 ± 0,06, p=0,004). Questi risultati vanno nel
senso di una conferma dell’ipotesi secondo la quale la rigidità arteriosa ha
un effetto deleterio sul microcircolo mentre la riflessione d’onda ha un
effetto protettivo.
Scopo
La circolazione renale condivide con quella cerebrale – di cui il distretto
retinico è una parte facilmente visualizzabile – il carattere di bassa
resistenza e scarsa difesa contro le oscillazioni pressorie. Il presente studio
prende le mosse dai dati succitati sulla circolazione retinica; scopo del
lavoro è verificare l’ipotesi di un effetto protettivo delle riflessioni d’onda
sul microcircolo renale, analizzando il rapporto tra riflessioni dell’onda
sfigmica e danno vascolare. Come misura di quest’ultimo si sono scelti
l’indice di resistenza renale, una misura ottenibile in modo non invasivo
14 nell’ipertensione [20-23], e, secondariamente, la stima del filtrato
15 Metodi
Popolazione dello studio
Il presente è uno studio retrospettico. I database del Centro Ipertensione
del periodo 2005-2010 sono stati analizzati alla ricerca di pazienti che
hanno eseguito sia le misure tonometriche, sia il Doppler delle arterie
renali nello stesso giorno.
I criteri di inclusione sono stati:
- Età >18 anni (la funzione di trasferimento dello SphygmoCor – vide
infra – è stata validata solo al di sopra di questa età);
- Ipertensione arteriosa, definita come trattamento antiipertensivo in
corso e/o rilievo di PA ≥ 140/90 mmHg in almeno due occasioni
distinte;
I criteri di esclusione sono stati:
- Malattia renale primitiva (glomerulonefrite, tubulopatia
interstiziale…)
- Presenza di un solo rene;
- Insufficienza renale conclamata (eGFR <30 ml/min/1,73m2) o sindrome nefrosica;
- Stenosi emodinamicamente significativa dell’arteria renale
16 - Indice di resistenza renale differente più di 0,5 o del 20% fra i due
reni, per escludere i pazienti con danno renale focale o unilaterale.
Lo studio è stato condotto secondo la legislazione e le direttive in vigore.
Tutti i pazienti hanno fornito consenso informato al trattamento dei loro
dati in forma anonimizzata per scopi di ricerca.
Esami ematochimici
Tutti i pazienti sono stati sottoposti, dopo 12 ore di digiuno, a prelievo di
sangue e di urine, nell’ambito dei rispettivi percorsi
diagnostici-terapeutici; in tutti i soggetti sono stati dosati creatinina, glicemia,
colesterolo totale e HDL, trigliceridi, ed è stato effettuato l’esame
standard delle urine. Il filtrato glomerulare è stato calcolato con
l’equazione MDRD a 4 variabili [24].
Misurazione della pressione
La pressione arteriosa considerata per questo studio è stata misurata in
posizione supina, dopo 10 minuti di riposo, con un apparecchio
17 almeno due misurazioni, intervallate da 1-2 minuti, ed eventuali
successive fino a che la differenza di PA di due misurazioni consecutive
non è risultata ≤ 5 mmHg sia per la sistolica che per la diastolica. La
pressione considerata è la media di queste ultime due misurazioni.
Misure tonometriche
La Pulse Wave Analysis è stata eseguita con l’apparecchio SphygmoCor
(AtCor Medical, Sydney, Australia). Si è usato un tonometro per registrare,
secondo tonometria per applanazione, l’onda sfigmica radiale, e da
questa, mediante una funzione di trasferimento validata, si è ricavata
l’onda sfigmica a livello aortico [25, 26].
Sulla base dell’assunto che le pressioni media e diastolica sono le
medesime in tutto l’albero aortico fino al microcircolo, e a cambiare è solo
la sistolica, da questa forma d’onda è possibile ricavare le pressioni
sistoliche e pulsatoria a livello centrale (cSBP e cPP). L’AIx è calcolato come
differenza fra il secondo picco, dovuto all’onda riflessa, e il primo picco,
dovuto all’onda anterograda, ed espresso come percentuale della
18 Con lo stesso apparecchio si è misurata la PWV carotido-femorale. Si è
registrata l’onda sfigmica prima sulla carotide comune, poi sulla femorale.
In contemporanea si è registrato l’elettrocardiogramma. Il ritardo
temporale fra il piede delle due onde è calcolato in riferimento all’onda R
dell’ECG; la distanza fra I due punti dell’albero arterioso è approssimata a
quella sulla superficie corporea, misurata con un metro; la PWV è
calcolata come distanza/tempo ed espressa in metri al secondo [4] (Figura
3). Sono state effettuate due misurazioni successive ed è stata considerata
la media fra i due valori.
Coefficiente di riflessione
La scomposizione esatta dell’onda pressoria nelle sue componenti
anterograda e retrograda richiede la misura simultanea del flusso [27],
cosa che complicherebbe la misura; inoltre questo dato non è disponibile
per i nostri pazienti. Per superare questo problema, è stato proposto e
testato un modello in cui il flusso non richiede valori assoluti ed è
approssimato a forma triangolare, con l’inizio coincidente con il piede
dell’onda sfigmica, il massimo corrispondente al primo picco dovuto
19 cessazione in corrispondenza della chiusura della valvola aortica [28].
Tramite questo modello è possibile calcolare il coefficiente di riflessione
(Reflection Magnitude, RM), ovvero il rapporto fra l’altezza dell’onda
retrograda (Pb) e quella dell’onda anterograda (Pf) (Figura 5). Queste
vengono calcolate con le equazioni
Pf(t) = [Pm(t) + Zc • F(t)] ⁄ 2
e
Pb(t) = [Pm(t) – Zc • F(t)] ⁄ 2
dove Pm(t) è l’onda pressoria misurata, F(t) il flusso approssimato, Zc
l’impedenza aortica caratteristica, calcolata dal valore medio del modulo
delle armoniche di pressione e flusso fra la quarta e la settima.
Esame ecodoppler delle arterie renali
I pazienti hanno eseguito una ecografia addominale con un ecografo
MyLab 25 (Esaote, Firenze, Italia) fornito di una sonda convex ad alta
risoluzione (2,5-4,5 MHz). E’ stato eseguito doppler delle arterie renali
principali con calcolo del RAR, ovvero il rapporto tra la velocità di picco del
flusso nell’arteria renale e nell’aorta, per escludere stenosi
20 (Resistive Index, RI) è stato misurato in modalità duplex campionando il
flusso nelle arterie interlobari adiacenti alle piramidi midollari, con
approccio translombare o anteriore; l’RI è calcolato come (velocità
sistolica massima – velocità diastolica minima) / velocità sistolica massima
(Figura 6). Per ogni rene sono state effettuate tre misurazioni e
considerata la media fra le tre; per questo studio è stato considerato come
unico valore la media degli RI fra destra e sinistra. Per evitare di prendere
in considerazione pazienti affetti da patologie localizzate di un solo rene,
sono stati esclusi i soggetti con differenza di RI >0,5 o del 20% fra i due lati.
Statistica
Le variabili studiate sono state espresse come categoria o come media
(deviazione standard) se distribuite normalmente; come mediana
[25-75%] se la distribuzione non era normale. Queste ultime sono state
trasformate con conversione logaritmica prima di essere analizzate se in
tal modo si otteneva una distribuzione normale. Il coefficiente di Pearson
è stato usato per esprimere correlazione lineare tra variabili normalmente
21 Student a due code per dati non appaiati. Come valore per rifiutare
22 Risultati
216 soggetti, in prevalenza maschi, sono rientrati nei criteri di inclusione.
La maggior parte di essi assumeva già terapia farmacologica per
l’ipertensione (Tabella 1).
PWV, AIx e RM sono tutti correlati positivamente con RI (Figura 7). Le
correlazioni rimangono significative e positive in modelli multivariati a due
variabili quali PWV + AIx (Beta = 0,392 and 0,245 rispettivamente; p<0,001
per entrambi, R2 corretto = 0,244) o PWV + RM (Beta = 0,408 e 0,229 rispettivamente, p<0,001 per entrambi, R2 corretto = 0,238). Le
correlazioni positive erano presenti sia nei pazienti trattati che in quelli
non trattati.
La Tabella 2 mostra le correlazioni univariate di RI, AIx e RM. Le variabili
con associazione più forte con RI sono la pressione pulsatoria (in
particolare quella centrale), l’età e la PWV. eGFR è correlato con PWV
(r=-0,282, p<0,001) e RI (r=-0,306, p<0,001), ma non significativamente ad AIx
o RM.
La PWV, la frequenza cardiaca, la pressione media, l’altezza e il sesso sono
23 vengono introdotti in un modello multivariato, AIx mantiene una
correlazione positiva, seppure più debole, con RI (Beta = 0,167; p=0,044).
Quando tutte le variabili con correlazione significativa con RI all’analisi
univariata vengono introdotte in un modello multivariato, solo età, BMI,
cDBP, cPP e colesterolo risultano predittori indipendenti di RI (Tabella 3);
non sono significative le correlazioni con AIx (modello 1) o RM (modello 2).
Se si incrociano i terzili di PWV e AIx, RI non risulta significativamente
differente tra il gruppo con AIx alto / PWV bassa e quello con AIx basso /
PWV alta (n= 25 vs. 17; RI = 0,632 ± 0,064 vs. 0,645 ± 0,053; p=1,0; Figura
8) (risultati analoghi si ottengono se i pazienti sono divisi secondo
mediana). Non vi sono differenze significative neanche per l’eGFR (82,7 ±
16,2 vs. 76,8 ± 12,0 ml/min/1,73m2, p=0,24). I soggetti con AIx alto / PWV bassa hanno RM più alto di quelli con AIx basso / PWV alta (74,9 ± 6,7 %
24 Discussione
In questo studio abbiamo ipotizzato un ruolo protettivo delle riflessioni
d’onda sui piccoli vasi renali, e valutato quindi l’ipotesi che una maggiore
riflessione dell’onda sfigmica – quindi una minore trasmissione – comporti
un minor danno vascolare renale, misurato come indice di resistenza.
L’Augmentation Index, una stima della riflessione d’onda, ha una
correlazione positiva – al contrario dell’attesa correlazione inversa – con
l’RI. L’AIx è, comunque, solo una approssimazione del grado di riflessione:
poiché è in realtà la misura della sovrapposizione dell’onda retrograda su
quella anterograda, è influenzato dal grado di riflessione, ma anche dal
tempo impiegato dall’onda per arrivare alla periferia e ritornare.
Quest’ultimo dipende dalla velocità, cioè dalla PWV, a sua volta
influenzata dalla pressione sanguigna, e dalla distanza percorsa, correlata
alla lunghezza corporea, ovvero all’altezza. L’introduzione di questi fattori
confondenti in un modello multivariato non cambia la direzione della
correlazione fra AIx e RI. Nessuna correlazione significativa fra AIx e RI è
presente in modelli multivariati che comprendono gli altri determinanti di
25 Come già accennato, i principali parametri misurati con la tonometria, AIx
e PWV, sono correlati, poiché PWV è un determinante di AIx (sebbene
quest’ultimo sia comunque influenzato maggiormente dal coefficiente di
riflessione [29]). Per superare questo effetto confondente, i pazienti sono
stati divisi in terzili di AIx e PWV, e le due categorizzazioni sono state
incrociate: i pazienti con AIx elevato nonostante una bassa PWV sono stati
considerati paradigmatici di “alta riflessione”, quelli con AIx basso
nonostante PWV elevate come soggetti con “bassa riflessione”. L’analisi
del vero coefficiente di riflessione ha in effetti confermato questa ipotesi.
Secondo l’ipotesi di partenza, il primo gruppo (“alta riflessione”) dovrebbe
avere minor danno vascolare renale – segnatamente, RI più basso – del
secondo (“bassa riflessione”), ma ciò non è risultato vero. Se si deve
riconoscere che i gruppi così ottenuti sono poco numerosi, è tuttavia
evidente che RI mostra una tendenza all’aumento sia con l’aumento di
PWV che con l’aumento di AIx (Figura 8), cosa che conferma i risultati
delle correlazioni lineari. Anche il risultati dell’analisi del filtrato
glomerulare va nella medesima direzione.
L’uso del coefficiente di riflessione reale supera il problema
26 scomodo e complicato. L’analisi dell’RM conferma i risultati ottenuti dagli
altri indici, mostrando nuovamente una correlazione positiva, e non
negativa, fra grado di riflessione e indici di resistenza renali.
L’insieme dei nostri risultati appare in contrasto con quelli di McDonnell et
al. [19]. Gli autori hanno usato essenzialmente la stessa ipotesi di partenza
e lo stesso disegno del nostro studio e hanno misurato prospetticamente
gli indici di resistenza retinici: la circolazione retinica è una parte del letto
vascolare cerebrale che può essere facilmente esplorata con metodiche
non invasive come il Doppler. Si è trovata una correlazione inversa fra AIx
e indici di resistenza; gli indici di resistenza erano più alti nei pazienti con
AIx basso e PWV elevata rispetto a quelli con AIx elevato e PWV bassa.
La discrepanza potrebbe essere dovuta a differenze di calibro: le arterie
interlobari sono più grandi, il loro profilo di flusso e gli indici di resistenza
potrebbero riflettere piuttosto la rigidità e la pulsatilità dei grandi vasi (di
qui, la forte correlazione con la PWV e la pressione pulsatoria); le arterie
retiniche sono più piccole e più a valle nelle diramazioni dell’albero
arterioso, così che l’esame di queste ultime potrebbe riflettere più
27 microcircolazione. E’ tuttavia noto che gli indici di resistenza renali e
retinici sono correlati [30].
Un aspetto dei nostri risultati ci sembra degno di nota. La PWV, un indice
di rigidità arteriosa, ha una forte correlazione con RI; RM, il coefficiente di
riflessione, ha una correlazione più debole. AIx, influenzato da entrambi, si
situa in posizione intermedia (Figura 7). Questo può far supporre che ci sia
almeno una parte di verità nell’ipotesi di partenza: mentre la rigidità
arteriosa è sicuramente deleteria, la riflessione d’onda lo è in misura
minore. E’ principalmente deleteria perché il suo effetto finale è
l’aumento della pressione pulsatoria, e questo prevale su (eventuali)
effetti positivi della riflessione per se.
I nostri risultati e quest’ultima ipotesi appaiono anche in accordo con
alcuni recenti studi su emodinamica pulsatile e mortalità cardiovascolare
[31, 32], in cui le ampiezze dell’onda anterograda e retrograda (in
particolare quest’ultima) sono risultate associate a eventi cardiovascolari,
mentre l’associazione con gli indici di riflessione, pur significativa, è
risultata più debole. La forte associazione fra onda riflessa ed eventi
avversi potrebbe essere spiegata dal fatto che la sua ampiezza combina sia
28 arteriosa, sia il grado di riflessione periferica, che determina l’aumento
della pressione pulsatoria.
Riconosciamo nella nostra analisi alcuni limiti. Gli indici scelti potrebbero
non avere la sensibilità e/o la specificità necessarie per verificare
correttamente l’ipotesi di partenza. Si è già trattata la natura composita
dell’AIx, tuttavia è da rilevare che esso è fortemente correlato al vero
coefficiente di riflessione (al punto che la stessa necessità di calcolarlo con
le complesse procedure descritte, in luogo di usare semplicemente l’AIx
come suo surrogato, potrebbe essere messa in questione) e che
l’espediente di incrociare i terzili di AIx con quelli di PWV ha in effetti
individuato due sottogruppi ad alto e basso RM. D’altra parte, il modello
impiegato per scomporre l’onda sfigmica utilizza una approssimazione del
flusso alquanto grossolana; tuttavia tale modello è in buon accordo con le
misure reali e ha dimostrato di avere valore clinico [31]. L’indice di
resistenza renale è stato misurato nelle arterie interlobari, come nella
maggior parte degli studi e nella pratica clinica abituale, ma ciò
rappresenta almeno in parte una convenzione, poiché esso può essere
misurato a qualsiasi livello, dall’arteria renale principale in poi; se a ciò si
29 renale, non vi è certezza che l’RI interlobare sia la migliore misura di
danno vascolare renale per gli scopi del presente studio. In realtà, è
l’intero nostro modello a poter essere messo in questione: si è valutata
l’onda sfigmica nell’aorta ascendente, ma essa cambia forma e rapporto
con le riflessioni nel suo tragitto lungo l’albero arterioso, così che non
sappiamo esattamente quale sia la forma dell’onda che arriva alla
circolazione renale. Il rene in sé, con il suo letto vascolare a bassa
resistenza, genera scarse riflessioni d’onda, mentre noi abbiamo valutato
la somma globale delle riflessioni da tutto il corpo. Infine, sia l’AIx che l’RI
sono fortemente dipendenti dalla pressione, e questo può avere
influenzato la nostra analisi; tuttavia l’esame di RM, parametro meno
30
Conclusioni
L’Augmentation Index, considerato come indice di riflessione dell’onda
sfigmica, è correlato positivamente con l’indice di resistenza renale in una
popolazione di ipertesi. Nessuna correlazione negativa fra AIx e RI è
presente neanche in modelli multivariati che includono fattori di
confondimento o quando AIx è esaminato separatamente dall’influenza
della rigidità arteriosa. Anche il coefficiente di riflessione vero e proprio,
ovvero il rapporto fra le altezze dell’onda retrograda e anterograda, è
associato positivamente a RI. Nel loro complesso, questi risultati vanno in
senso contrario all’ipotesi secondo la quale la riflessione dell’onda
sfigmica in periferia potrebbe avere un ruolo significativo di protezione
per distretti vascolari a bassa resistenza quali quello renale. Ulteriori studi
mirati sono probabilmente necessari per chiarire l’interazione fra micro e
macrocircolazione e il ruolo fisiopatologico delle riflessioni d’onda, in
particolare in condizioni di elevato rischio cardiovascolare quali
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35 Ringraziamenti
Ringrazio i miei relatori e gli altri collaboratori di questo studio, con cui è
stato un piacere lavorare in questi anni: il Prof. Stefano Taddei, il Dott.
Lorenzo Ghiadoni, la Dott.ssa Rosa Maria Bruno, la Dott.ssa Melania Sgrò,
l’Ing. Francesco Faita, la Dott.ssa Giulia Cartoni e la Dott.ssa Sabina
Armenia.
Ringrazio i colleghi e gli amici – due insiemi con ampia intersezione – che
hanno reso più piacevoli questi cinque anni. Sarebbe impossibile ricordarli
tutti; un ringraziamento particolare va al Dott. Marco Frediani.
Al centro dell’intersezione dei due insiemi si trova la Dott.ssa Cecilia
Morgantini, con la quale, in tutto il corso della scuola di specializzazione,
abbiamo condiviso sia i momenti più felici che quelli più difficili. La