• Non ci sono risultati.

II Amianto e minerali fibrosi: un problema ambientale

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "II Amianto e minerali fibrosi: un problema ambientale"

Copied!
22
0
0

Testo completo

(1)

4

II Amianto e minerali fibrosi: un problema ambientale

II.1 Introduzione

Con il termine “amianto” si indicano una serie di silicati idrati caratterizzati da differenti assetti strutturali e diversa composizione chimica, accomunati da una morfologia marcatamente fibrosa, ossia da un rapporto lunghezza/diametro maggiore di 3 (Ross, 1981), da elevata resistenza alla trazione, elevata flessibilità, resistenza all’attacco chimico e al calore.

Gli amianti appartengono a due distinti gruppi mineralogici:  ANFIBOLI (inosilicati):  Crocidolite;  Amosite;  Antofillite  Actinolite;  Tremolite;  SERPENTINI (fillosilicati):  Crisotilo NOME

COMMERCIALE MINERALE GRUPPO FORMULA CRISTALLINO SISTEMA COLORE

CRISOTILO CRISOTILO SERPENTINO Mg3 Si2O5(OH)4 ORTOROMBICO OMONOCLINO

VERDASTRO, BIANCO, GRIGIO

CROCIDOLITE RIEBECKITE ANFIBOLO Na2(Mg,Fe)6Si8O22(OH)2 MONOCLINO BLU

AMOSITE GRUNERITE ANFIBOLO (Mg,Fe)7Si8O22(OH)2 MONOCLINO

BRUNO -GIALLO, GRIGIASTRO

ANTOFILLITE ANTOFILLITE ANFIBOLO (Mg,Fe)7Si8O22(OH)2 ORTOROMBICO

GIALLASTRO, VERDASTRO, BIANCO

TREMOLITE TREMOLITE ANFIBOLO Ca2(Mg,Fe)5Si8O22(OH)2 MONOCLINO

GRIGIO, VERDASTRO, GIALLASTRO

ACTINOLITE ACTINOLITE

TREMOLITE ANFIBOLO Ca2(Mg,Fe)5Si8O22(OH)2 MONOCLINO VERDASTRO

(2)

5

I giacimenti principali di amianto si trovano in Canada, Russia, Sud Africa, Rhodesia, Cina. In Italia i principali giacimenti di amianto sono presenti in Val d'Aosta, in Piemonte (Valle di Lanzo, Val di Susa, Balangero) e in Lombardia (Val Malenco).

II.2 Contesto storico, epidemiologico e normativo.

II.2.1 Breve storia dell’utilizzo dell’amianto

La struttura fibrosa conferisce all'amianto sia una notevole resistenza meccanica sia un'elevata flessibilità: resiste al fuoco e al calore, all'azione di agenti chimici biologici, all'abrasione e all'usura (termica e meccanica); è facilmente filabile e può essere tessuto. È dotato inoltre di proprietà fonoassorbenti e termoisolanti. Si lega facilmente con materiali da costruzione (calce, gesso, cemento) e con alcuni polimeri, come il PVC. La parola amianto deriva dal greco amiantos e significa incorruttibile.

L’uso dell’amianto risale a tempi antichissimi. Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), nella Naturalis

Historia, lo definisce sostanza rara e preziosa e ne descrive alcuni impieghi. È documentato

il suo utilizzo nella confezione dei manti funebri poiché, durante la cremazione del corpo, i sudari confezionati con esso, resistendo alle fiamme, evitavano la contaminazione delle ceneri del defunto. Si realizzavano con l’amianto panni da avvolgere ai tronchi degli alberi per attutire il rumore della loro caduta quando venivano abbattuti. Le lampade perpetue dei templi avevano come stoppini cordini di fibre di amianto: il sinonimo Asbesto, dal greco asbestos, significa, infatti, inestinguibile. Dai suddetti impieghi si evince, come già in antichità fosse conosciuta la capacità di tesserne le fibre, nonché le sue proprietà di isolante acustico e di resistenza termica. Durante il Medioevo la sua origine veniva erroneamente attribuita al regno vegetale od animale. L'amianto veniva chiamato Lana di

Salamandra ed era credenza comune che quest’anfibio possedesse la capacità di spegnere il

fuoco. Ne Il Milione, Marco Polo descrive invece la produzione di panni per tovaglie a partire da una "fibra scavata nella terra”. Solo nel 1686 Robert Plott col suo trattato Sulla

Storia, le proprietà e l'applicazione dell'asbesto definì con chiarezza l’origine minerale

dell’amianto.

I luoghi di provenienza dell'amianto in epoca storica pare fossero Cipro, la Grecia e le Alpi italiane. Nel XVII secolo furono scoperti i giacimenti degli Urali, e nel 1877 vennero alla luce quelli di crisotilo nel Québec. A questa data si fa risalire la nascita dell'industria della lavorazione di queste fibre a cui seguì la progressiva e rapida evoluzione degli usi

(3)

6

tecnologici di questo minerale. Un'esigenza che ha portato alla diffusione dell'amianto è stata sicuramente quella di sostituire o ricoprire materiali infiammabili. Si rammentano in merito: la sostituzione nei primi anni del ‘900 nelle metropolitane di Parigi e di Londra di materiali infiammabili o che producevano scintille, con manufatti contenenti amianto, nel 1932 la coibentazione del transatlantico "Queen Mary" e in Italia, nella seconda metà degli anni '50, la sostituzione dell’isolamento di sughero con coibentazione in amianto delle carrozze ferroviarie.

Gli usi tecnologici dell'asbesto sono stati molteplici: impieghi civili, industriali e bellici. Le sue proprietà, la versatilità e il basso costo hanno contribuito alla creazione di oltre 3000 diverse applicazioni industriali, edilizie e di prodotti di consumo: dalla produzione di manufatti in cemento-amianto, a tessuti ignifughi o con proprietà di resistenza agli acidi, a guarnizioni, cartoni, filtri per sostanze corrosive e per bevande, tubi per acquedotti e fogne, mattonelle per pavimentazioni, frizioni, freni, guarnizioni, pannelli fono-assorbenti e/o isolanti, vernici, rivestimenti, stucchi, feltri, tegole, ecc.. In tali prodotti, manufatti e applicazioni, se le fibre sono libere o debolmente legate, si parla di “amianto friabile”; se sono fortemente legate in una matrice stabile e solida, come nel cemento-amianto, si parla di “amianto compatto” (nel caso in cui versi in un buon stato di conservazione).

(4)

7

IMPIEGHI DELL'AMIANTO

Industria Edilizia Prodotti di uso domestico trasporto Mezzi di

materia prima per produrre innumerevoli manufatti ed

oggetti

come materiale spruzzato per il rivestimento (ad es. di strutture metalliche e travature) per aumentare

la resistenza al fuoco

in alcuni elettrodomestici (asciuga-capelli, forni e stufe, ferri

da stiro)

nei freni

isolante termico nei cicli industriali con alte temperature (centrali termiche e termoelettriche, industria chimica, siderurgica,

vetraria, ceramica e laterizi, alimentare, distillerie, zuccherifici, fonderie)

nelle coperture sotto forma di lastre piane o

ondulate, tubazioni e serbatoi, canne fumarie,

ecc.. in cui l'amianto è stato inglobato nel cemento per formare il

cemento-amianto (eternit)

nelle prese e guanti da forno e

nei teli da stiro nelle frizioni

isolante termico nei cicli industriali con basse temperature (impianti frigoriferi, impianti di condizionamento) come elementi prefabbricati sia sottoforma di

cemento-amianto (tubazioni per acquedotti, fognature, lastre e fogli) sia di

amianto friabile

nei cartoni posti in genere a protezione degli impianti di riscaldamento (stufe, caldaie, termosifoni, tubi di evacuazione fumi) negli schermi parafiamma materiale fonoassorbente

nella preparazione e posa in opera di intonaci con

impasti spruzzati e/o applicati a cazzuola

nelle guarnizioni

nei pannelli per controsoffitti

nelle vernici e mastici "antirombo" nei pavimenti costituiti da

vinil-amianto in cui tale materiale è mescolato a polimeri nella coibentazione di treni, navi e autobus come sottofondo di pavimenti in linoleum

Tab II. 2: Applicazioni dell’utilizzo delle fibre di amianto

È scientificamente provato che l’esposizione alle fibre di amianto causa malattie polmonari. Il cosiddetto “amianto friabile”, che si può ridurre in polvere con una semplice azione manuale, è considerato più pericoloso dell’”amianto compatto” che, per sua natura, ha una scarsa tendenza a liberare fibre.

(5)

8

II.2.2 Patogenicità ed epidemiologia dell’amianto

A causa degli effetti avversi sulla salute l’utilizzo dell’amianto è stato bandito in molti paesi, tra cui l’Italia, ed è ancora in corso la progressiva eliminazione dei prodotti nei quali è presente. L’amianto rappresenta pertanto un rischio per la salute quando, in ambienti di lavoro e di vita, le fibre di cui è costituito si frammentano in fibre più piccole, leggere e sottili che, qualora movimentate, restano sospese nell’aria per tempi lunghissimi e, se inalate, possono raggiungere i polmoni. L’esposizione a fibre di amianto può causare diverse patologie: asbestosi, mesotelioma pleurico o peritoneale, carcinoma polmonare. Il carcinoma bronchiale o polmonare è la tipologia di cancro più frequente tra la popolazione maschile ed è chiaramente legato a diversi fattori quali il fumo di tabacco, le radiazioni ionizzanti ed esposizioni professionali a determinate sostanze, inclusa l’inalazione di amianto. Chiarire quindi la relazione tra esposizione a fibre minerali e cancro ai polmoni è molto complicato. Il mesotelioma è un tumore maligno della pleura o del peritoneo. È un raro tipo di cancro la cui unica causa accertata è l’inalazione di fibre asbestiformi: l’80% dei pazienti affetti da questa rara patologia riportano una provata trascorsa esposizione ad amianto (Neri et al., 2006). L’incidenza di mesotelioma nei paesi industriali riflette la rarità della malattia: va da 1-5 casi per milione e per anno nelle donne, a valori 5-10 volte maggiori negli uomini (Hillerdal, 1999). In gruppi di lavoratori con livelli di esposizione più intensi, circa il 10% mostra di sviluppare mesoteliomi (Burdorf et al., 2003). La maggior parte dei casi di mesotelioma è associata ad esposizioni avvenute in ambito professionale. L’asbestosi è una fibrosi del polmone ed è stata osservata solo a seguito di esposizione occupazionale all’amianto; è causata infatti da esposizione prolungata e dall’inalazione di elevate concentrazioni di fibre di amianto. Tale patologia è spesso associata al cancro ai polmoni. Queste malattie possono insorgere dopo molti anni dall'esposizione: si parla di 10-15 anni per l'asbestosi e 20-40 per il carcinoma polmonare ed il mesotelioma (Mossman

(6)

9

Patologia Descrizione Sintomi e Terapia

ASBESTOSI

Malattia respiratoria cronica causata dalla capacità della fibra di amianto di provocare una cicatrizzazione (fibrosi) del tessuto polmonare che subisce un irrigidimento e la conseguente perdita della capacità funzionale Esiste una stretta correlazione fra dose inalata e risposta dell’organismo.

Affanno, tosse secca, debolezza dovuta alla ridotta quantità di ossigeno che dagli alveoli polmonari passa al sangue. Non esiste una terapia specifica e non è possibile una guarigione delle lesioni polmonari: la terapia è mirata ad ostacolare le complicanze infettive e a migliorare le capacità respiratorie.

MESOTELIOMA

Tumore maligno delle membrane sierose di rivestimento dei polmoni (pleura) e degli organi addominali (peritoneo). È una patologia quasi inesistente fra la popolazione non esposta ad amianto, ma rappresenta il 15% dei tumori che colpiscono persone affette da asbestosi.

I sintomi derivano dall’effetto di compressione degli organi che sono a contatto con la massa tumorale. Nelle forme toraciche si verificano un versamento pleurico emorragico accompagnato da affanno, tosse e febbre persistenti. Non esistono terapie efficaci. Il decorso è quasi sempre molto rapido: la sopravvivenza è in genere inferiore ad un anno.

CARCINOMA POLMONARE

Tumore maligno che colpisce il polmone.

È stata riscontrata nell’insorgenza della patologia una stretta relazione tra esposizione a fibre di amianto e fumo di tabacco.

Tosse con catarro, affanno, dimagrimento, compromissione grave delle condizioni generali. Per i carcinomi di limitata estensione ed in fase iniziale si tenta l’asportazione chirurgica, ma con risultati spesso insoddisfacenti. Anche l’efficacia dei trattamenti farmacologici e radianti è relativa.

ALTRI TUMORI

Numerosi studi hanno evidenziato che la mortalità per tumori è più alta nei lavoratori esposti ad amianto rispetto alla popolazione generale e in particolare sembrano essere più frequenti i tumori del tratto gastro-intestinale e della laringe.

Compromissione dello stato generale di salute, disturbi della funzionalità degli organi colpiti e segni di compromissione degli organi adiacenti. Molte forme iniziali possono essere aggredite chirurgicamente; si utilizzano anche terapie radianti o farmacologiche.

Tab II.3: Patologie correlate con l’esposizione a fibre di amianto

Le conseguenze per la salute legate all’uso di amianto nell’attuale società industriale sono state provate dal gran numero di casi di malattia e morti tra i lavoratori del settore della lavorazione delle fibre d’amianto, nel settore estrattivo, nell’edilizia e nell’industria pesante e ampiamente documentate nella letteratura scientifica mondiale. Esistono svariati casi di studio e studi epidemiologici che collegano una trascorsa esposizione professionale all’amianto con asbestosi, carcinoma polmonare e mesotelioma. Altri studi si sono occupati principalmente di sottogruppi della popolazione in particolari situazioni di esposizione, principalmente indoor e paraoccupazionale.

Era noto sin dall’inizio del secolo scorso che l’esposizione all’amianto causava malattie polmonari, in particolare l’asbestosi, simile alla più nota silicosi, la malattia dei minatori esposti a polvere di silice cristallina. La correlazione certa tra tumore del polmone,

(7)

10

mesotelioma ed esposizione alle fibre di amianto fu provata, invece, tra il 1955 ed il 1960. La prova che l’amianto causa il cancro polmonare si fa risalire allo studio pubblicato da Richard Doll (Doll, 1955), in cui veniva analizzata la mortalità dei lavoratori di una fabbrica inglese che produceva materiali in amianto. Pochi anni dopo, l’insorgenza di numerosi casi di mesotelioma maligno tra i minatori d’amianto del Sud Africa suggerì che la causa andasse ricercata nell’esposizione alle fibre di amianto (Wagner et al., 1960). Tale ipotesi, confermata da prove su animali da laboratorio, dimostrò una relazione diretta tra l’esposizione ad amianto ed il mesotelioma pleurico. Il lavoro di studiosi inglesi, sudafricani ed italiani a cavallo degli anni ‘50-‘60 (Doll, 1955; Wagner et al. 1960; Vigliani et

al. 1964) ha gettato le fondamenta per gli studi decisivi di Irving J. Selikoff che dimostrò

per primo l’aumento di mortalità tra i lavoratori addetti alla coibentazione negli Stati Uniti (Selikoff et al. 1964). In seguito si comprese anche che l’amianto era in grado di interagire con altri cancerogeni polmonari, come ad esempio il fumo di tabacco: l’effetto di questi due agenti eleva infatti il rischio di sviluppare cancro broncopolmonare (McDonald et al., 1974; Becklake, 1976; Yano & Sone, 2000). Studi su individui tenuti sotto osservazione per più di 20 anni dall’inizio dell’esposizione hanno evidenziato un aumento di rischio di cancro polmonare, mesotelioma, e di altre neoplasie (Selikoff & Seidman, 1991).

L’attenzione dell’epidemiologia, quando si parla di esposizioni ambientali all’amianto, si rivolge più verso il mesotelioma maligno che non verso le altre patologie: esiste infatti il rischio di contrarre mesotelioma associato ad esposizioni relativamente a basse dosi, non direttamente riconducibili a quelle tipicamente occupazionali (Selikoff & Churg, 1965; WHO, 1998). Il tasso di mesotelioma maligno in una data popolazione sembra riflettere i livelli di esposizione trascorsi. Sebbene i divieti abbiano ridotto le esposizioni all’amianto il picco di incidenza di questa patologia non è stato ancora raggiunto in quanto il periodo di latenza dopo l’esposizione ad amianto è lungo e la produzione di amianto continua, specialmente nei paesi in via di sviluppo. In considerazione del grande utilizzo di amianto nei paesi dell’Europa occidentale, verificatosi negli anni ‘60-‘70, è stato stimato che il numero di decessi a causa del mesotelioma maligno in Gran Bretagna, Francia, Italia, Germania, Olanda e Svizzera aumenterà da 5000 casi nel 1998 a 9000 nel 2018 per poi iniziare a decrescere. Per l’Italia il picco si avrà tra il 2015 e il 2019 con 940 casi per anno (Peto et al., 1999).

In Italia il registro nazionale dei mesoteliomi, (ReNaM) rappresenta un importante sistema di sorveglianza epidemiologica. L’art. 17 della direttiva CEE/83/477 prescriveva per gli stati membri l’obbligo di predisporre un registro dei casi accertati di asbestosi e di

(8)

11

mesotelioma. Questa direttiva è stata recepita con il D.L. 277/91 che all’articolo 36 prevede che presso l’Ispesl (Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro) sia istituito un registro dei casi accertati di asbestosi e di mesotelioma asbesto-correlati. Il ReNaM, inteso come raccolta sistematica e costante dei dati utili al controllo ed al monitoraggio dei fattori di rischio, rispetto a tutte le tipologie di esposizione, costituisce uno strumento di prevenzione di fondamentale importanza per la messa a punto di efficaci politiche di sanità pubblica. È inoltre in grado di fornire dati utili al progresso della ricerca scientifica in questo settore (Musti, 2003).

Negli ultimi anni gli studi scientifici si sono concentrati, oltre che sulle problematiche di carattere epidemiologico, sulla pericolosità delle fibre di amianto, sulla loro patogenicità e sui meccanismi chimico-fisici che sono alla base della cancerogenesi. L’associazione tra diversi tipi di amianto e le patologie ad essi correlate è un argomento ancora dibattuto. È certa la correlazione tra le fibre minerali classificate come amianto con l’asbestosi, con i tumori del polmone e con i mesoteliomi. È importante però sottolineare come i vari tipi di amianto, non sembrino egualmente patogeni. Non vi sono nette distinzioni tra i vari amianti per quanto riguarda l’asbestosi ed il carcinoma bronchiale, mentre la potenza cancerogena del crisotilo, secondo alcuni studi, sembrerebbe inferiore rispetto a quella degli anfiboli nell’insorgenza del mesotelioma. Un importante lavoro epidemiologico, basato sulle osservazioni relative ai lavoratori di due impianti di fabbricazione del cemento-amianto, ha mostrato l’evidenza di un maggior rischio di contrarre il mesotelioma da esposizione a crocidolite rispetto al crisotilo (Hughes et al., 1987). L’evidenza che crocidolite e amosite fossero più pericolosi del crisotilo, anche quando questo conteneva un’elevata concentrazione di tremolite, venne confermata inoltre dal fatto che le patologie associate all’esposizione ad amianto si verificavano a concentrazioni notevolmente più basse di anfiboli fibrosi rispetto a quelle associate al crisotilo (Coffin et

al., 1992).

Il meccanismo patogeno delle fibre di amianto dipende dalle loro caratteristiche chimiche e fisiche (Robledo & Mossman, 1999). Diversi studi in vitro e in vivo hanno dimostrato che le fibre lunghe e sottili sono più pericolose rispetto alle fibre corte nello sviluppo sia di fibrosi che di neoplasie. È stato osservato come la morfologia delle fibre di asbesto sia il principale fattore che determina la cancerogenicità: secondo l’ipotesi di Stanton le fibre più lunghe e sottili (diametro inferiore ad 1 m e lunghezza superiore a 8 m) sarebbero le più pericolose (Stanton et al., 1981). Le dimensioni delle fibre sono diverse in base ai tipi di asbesto e la lunghezza ne modifica la biopersistenza, le proprietà superficiali e

(9)

12

l’interazione con il matabolismo ossidativo cellulare (Riganti et al., 2003), ma sembrerebbe il diametro e non la lunghezza della fibra a determinarne la pericolosità (Suzuki, 2005). Il crisotilo generalmente non risiede a lungo nei polmoni, se comparato alla biopersistenza degli anfiboli; è molto più solubile nell’ambiente polmonare, le sue fibre tendono a destrutturarsi nei polmoni per perdita di magnesio, frammentandosi in piccole parti che possono essere rimosse prontamente dai sistemi di difesa polmonari. La rimozione del crisotilo può essere misurata in settimane e mesi, invece quella degli anfiboli in anni o anche decenni (Churg 1983; Albin et al., 1994). È stato osservato come l’inalazione di crisotilo produca un iniziale aumento nella concentrazione seguito da un rapido livellamento, mentre tutti gli anfiboli si accumulano in modo più o meno lineare (Wagner

et al., 1974; BeruBè et al. 1996). Questo spiega perché la tremolite, che si può trovare come

contaminante del crisotilo, è presente nei tessuti polmonari di soggetti esposti a crisotilo alla stregua di quest’ultimo (Gibbons, 1998).

Recentemente nuovi studi hanno confermato che la morfologia delle fibre è sicuramente fondamentale, ma è ormai certo che non è il solo fattore responsabile della cancerogenicità delle varietà di asbesto (Guthrie & Mossman, 1993): meccanismi biologici diretti e indiretti sono coinvolti nella cancerogenicità indotta dall’amianto, inclusa la generazione di radicali liberi reattivi come risultato dell’interazione tra le fibre e le cellule bersaglio (Kamp & Weitzman, 1999).

Le indicazioni che il crisotilo potesse essere meno pericoloso di altri tipi di amianto non sono state in realtà confermate con certezza (WHO, 1998). Attualmente la maggioranza dei lavori scientifici dimostra che anche il crisotilo causa cancro polmonare e mesotelioma pleurico (Smith & Wright, 1996; Stayner et al., 1996; Suzuki et al., 2005). Persino il crisotilo canadese, privo di anfiboli, è associato a mesoteliomi (Frank et al., 1998).

La comunità scientifica è quindi concorde nel considerare attualmente tutte le varietà mineralogiche, classificate come amianto, cancerogeni chimici (IARC, 1977; WHO, 1986; USEPA, 1986), causa di asbestosi, cancro polmonare e mesotelioma maligno (IPCS, 1988; Doll & Peto, 1985; Dement, et al., 1994) ed usare nei confronti di esposizioni al crisotilo le medesime precauzioni previste per gli altri amianti.

II.2.3 Normativa in materia di Amianto

Il quadro normativo italiano in materia di amianto è vastissimo, anche se relativamente recente. Generalmente vengono recepite le indicazioni dell’Unione Europea che ha

(10)

13

comunque dovuto provvedere negli ultimi anni a reiterare i divieti in merito al problema amianto per quei paesi dell’Unione che ne facevano ancora uso, come la Grecia. La Direttiva 1999/77/CE infatti vieta qualunque forma di utilizzazione dell’amianto a partire dal 1° gennaio 2005 e la Direttiva 2003/18/CE vieta l’estrazione dell’amianto, nonché la fabbricazione e la trasformazione dei prodotti in amianto. Qualunque nuova esposizione alle fibre d’amianto nelle industrie del settore primario in Europa è quindi vietata. Tuttavia, il problema dell’esposizione all’amianto continua a porsi nel contesto di attività, come rimozione, demolizione, manutenzione; inoltre la predisposizione dei Piani di bonifica e gestione dei rifiuti, hanno messo in evidenza l’elevato rischio ambientale e sanitario correlato alla notevole presenza di amianto sul territorio nazionale. Perciò, alla luce di queste problematiche, la normativa italiana è ancora in continua evoluzione.

Di seguito sono elencate le principali norme sull’amianto e le argomentazioni più rilevanti dal punto di vista ambientale.

 Circolare del Ministero della Sanità 10/07/1986 n. 45: definisce il piano di intervento e misure tecniche per l'individuazione e l’eliminazione del rischio connesso all'impiego di materiali contenenti amianto in edifici scolastici ed ospedalieri pubblici e privati.

 DPR n. 215 1988: primo strumento normativo che affronta il problema “amianto”. È emanato ai sensi dell’art. 15 della Legge 16 Aprile 1987 n. 183, in attuazione delle Direttive 83/478/CEE, 85/610/CEE, relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi. Con questo decreto veniva vietata l’immissione sul mercato e la commercializzazione della crocidolite e dei prodotti correlati, oltre all’obbligo delle etichettature dei prodotti contenenti alcune specificate fibre di amianto.

 D.L. n. 277 del 15/8/1991: recepisce le direttive CEE n. 80/1107, 82/605, 83/477, 86/118, 88/642 in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti chimici, fisici, biologici durante il lavoro e prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori. In particolare, al capo III, vengono affrontate per la prima volta le problematiche connesse alla protezione dei lavoratori contro i rischi da esposizione alla polvere di amianto o dai materiali contenenti amianto (MCA) durante le attività lavorative. Viene anche introdotto l’obbligo, per il datore di lavoro, di provvedere ad una valutazione del rischio al fine di stabilire le misure preventive e protettive più idonee da attuare. Si tratta, in particolare, di accertare l’inquinamento ambientale prodotto dalla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali che lo contengono, di individuare i punti di emissione ed i punti a maggior

(11)

14

rischio delle aree lavorative e di determinare l'esposizione personale dei lavoratori alla polvere di amianto. Sono indicati anche i valori di soglia dell’esposizione (dosi-periodo di esposizione), le misure di prevenzione e protezione tecniche, organizzative, procedurali ed igieniche e stabiliti i controlli sanitari e le procedure di registrazione dei casi di asbestosi e mesotelioma amianto-correlati. Prevede quindi campionamenti ambientali per identificare, se necessario, le cause ed il grado di inquinamento da amianto. Definisce inoltre le dimensioni delle fibre di amianto da considerare nelle misurazioni.

 Legge 27/03/1992 n. 257: recepisce la direttiva CEE 91/382 definitivamente, vieta l'estrazione, la produzione e la commercializzazione di prodotti contenenti amianto. Riveste particolare rilievo in quanto stabilisce la cessazione dell’impiego dell’amianto. Inoltre, fissa e modifica alcuni valori limite indicati dal decreto 277/91 per gli ambienti lavorativi, introduce alcuni articoli per la tutela dell’ambiente e la salute (classificazione, imballaggio, etichettatura, controllo delle dispersioni durante le lavorazioni, rimozione dell’amianto e piani regionali e delle province autonome) e introduce misure di sostegno per i lavoratori e le imprese. Regolamenta il trattamento e lo smaltimento, nel territorio nazionale, nonché l'esportazione dell'amianto e dei prodotti che lo contengono, per la realizzazione di misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall'inquinamento da amianto. Definisce limiti, procedure e metodi di analisi per la misurazione dei valori dell'inquinamento da amianto. Non prescrive solo la cessazione dell'impiego dell'amianto, ma prende in esame la complessa tematica nella sua interezza, mettendo in evidenza alcuni problemi considerati particolarmente rilevanti ai fini della tutela della salute pubblica, connessi alla presenza nell’ambiente di prodotti di amianto liberamente commercializzati ed installati in precedenza.

 D.P.R. 8 Agosto 1994: stabilisce la predisposizione da parte delle Regioni e Province autonome di un censimento puntuale dell’amianto sul territorio di propria competenza e un conseguente piano di bonifica e gestione dei rifiuti in applicazione delle misure di tutela ambientale introdotte della Legge n. 257/92 relative all’adozione dei Piani regionali e delle province autonome.

 D.M. 6 Settembre 1994: vengono stabilite le normative e metodologie tecniche applicative circa la rimozione dei materiali contenenti amianto (allestimento del cantiere, decompressione, decontaminazione, smaltimento) secondo l’art. 6 della Legge 257/92 e nello sviluppo delle normative e delle metodologie riguardanti il trasporto e

(12)

15

deposito dei rifiuti di amianto in discarica autorizzata nonché il trattamento, l’imballaggio e la ricopertura degli stessi.

 D.Lgs 17 Marzo 1995 n.114: emanato in attuazione della direttiva 82/217/CEE in materia di prevenzione e riduzione dell'inquinamento dell'ambiente causato dall'amianto, stabilisce i valori limite di concentrazione di amianto relativamente agli scarichi in atmosfera, agli effluenti liquidi ed alle attività di demolizione di manufatti e di rimozione di amianto o di materiali contenenti amianto.

 Decreto del Ministero della Sanità 14 Maggio 1996: reca le normative e le metodologie tecniche per gli interventi di bonifica con particolare riguardo a quelli intesi a rendere innocuo l’amianto secondo l’ art. 5 comma 1 lettera f) della Legge 257/92.

 D. Lgs del 5 Febbraio 1997 n. 22 (Decreto Ronchi): emanato in attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi, disciplina la gestione dei rifiuti, il recupero e lo smaltimento, opera una classificazione, interviene per la riorganizzazione del catasto dei rifiuti, regola il trasporto e stabilisce le competenze degli organi nazionali e regionali in materia di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati. L'art. 9 stabilisce il divieto di miscelazione dei rifiuti pericolosi (quindi anche l’amianto), mentre l'art. 17 obbliga alla bonifica e ripristino dei siti inquinati. La provincia è competente sul controllo dello smaltimento, mentre le Regioni devono fare dei piani di smaltimento regionali. Demanda a successive norme attuative le specifiche operative, i criteri e i limiti di ammissibilità che saranno, di volta in volta, stabiliti dagli organismi competenti nazionali e territoriali, ciascuno per la propria competenza.

 Decreto Ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471: regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Stabilisce i valori di concentrazione, i limiti accettabili e l'obbligo di bonifica e ripristino ambientali. Regola, inoltre, la messa in sicurezza d'emergenza: ogni intervento necessario ed urgente per rimuovere le fonti inquinanti, contenere la diffusione degli inquinanti e impedire il contatto con le fonti inquinanti presenti nel sito, in attesa degli interventi di bonifica e ripristino ambientale o degli interventi di messa in sicurezza permanente.  Legge 9 Dicembre 1998, n. 426, Decreto Ministeriale 18 Settembre 2001 n. 468, Legge n.

179 2002: hanno consentito di individuare in tutta l’Italia i numerosi siti da bonificare di interesse nazionale in cui l’amianto è presente sia come fonte di contaminazione principale che secondaria. In rispetto a tali normative, le aree contaminate da amianto

(13)

16

sono state localizzate e perimetrate e per esse si è assicurata una prima copertura finanziaria per effettuare gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza necessari per le situazioni di inquinamento più pericolose ed acute.

 D. Lgs del 13 gennaio 2003 n. 36: attuazione della direttiva 1999/31/CE, stabilisce i requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche, le misure, le procedure e gli orientamenti tesi a prevenire o a ridurre le ripercussioni negative sull'ambiente, in particolare l'inquinamento delle acque superficiali, delle acque sotterranee, del suolo, dell'atmosfera, e sull'ambiente globale, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l'intero ciclo di vita della discarica. Stabilisce i criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica ivi compreso l’amianto e definisce anche i limiti di accettabilità e restrizioni per l’ammissione in discarica.

 Decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio 18 marzo 2003, n. 101: regolamento per la realizzazione di una mappatura delle zone del territorio nazionale interessate dalla presenza di amianto, ai sensi dell'articolo 20 della legge 23 marzo 2001, n. 93. Detta regole alle regioni per la realizzazione di detta mappatura, comprese le cave e i luoghi di lavorazione, e la definizione degli interventi di bonifica più urgenti.

 Decreto 29 luglio 2004, n. 248: regolamento relativo alla determinazione e disciplina delle attività di recupero dei prodotti e beni di amianto e contenenti amianto. Sono disciplinate in maniera più completa il conferimento in discarica dei rifiuti contenenti amianto (RCA) ed il riuso, o meglio, l’uso quale materia prima di materiali derivanti dalla trasformazione dell’amianto.

 Decreto Ministeriale del 3 Agosto 2005: in attuazione dell’art. 7, comma 5 del D. L. n. 36/2003, stabilisce i criteri e le procedure di ammissibilità dei rifiuti, amianto incluso, nelle discariche definendo anche, per l’ammissibilità, i metodi di campionamento e le analisi.

 D. Lgs 25 luglio 2006, n. 257 Attuazione della direttiva 2003/18/CE relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione all'amianto durante il lavoro.

II.3 Esposizione ambientale a minerali fibrosi

I minerali classificati come amianto si trovano in natura da soli o in associazione ad altri minerali, come riempimento di macro- o micro-fratture in alcuni tipi litologici. L’elevata

(14)

17

sfaldabilità degli aggregati e la loro scarsa adesione alla matrice rocciosa sono tali per cui, a causa di processi naturali di alterazione chimico-fisica delle rocce o per cause antropiche, possono essere rilasciate nell’ambiente fibre minerali respirabili (Compagnoni & Groppo, 2006); l’acclamata patogenicità delle fibre di amianto, anche per bassi livelli di esposizione, suggerisce azioni finalizzate a contrastarne la diffusione. Di primaria importanza risulta, quindi, il problema delle attività antropiche nelle zone interessate dalla presenza di rocce contenenti amianto e la necessità di interventi di ripristino ambientale, delle zone degradate (cave, affioramenti, ecc.) che possono essere sorgenti di fibre (Bologna et al., 2005).

La formazione di minerali fibrosi è funzione di determinate condizioni chimico-fisiche e dei processi geologici che hanno interessato le rocce che li ospitano. Esistono numerosi minerali fibrosi in natura e, per la maggior parte di essi, non sono noti gli eventuali effetti sulla salute perché non sfruttati industrialmente come gli amianti.

Gran parte dei dati epidemiologici di cui si dispone per valutare il rischio associato all’esposizione ad amianto, si basano sugli effetti causati da vaste esposizioni, in genere di carattere occupazionale. I minatori ed i lavoratori addetti alla lavorazione dell’amianto lavoravano senza precauzioni e subivano esposizioni elevatissime. È stato relativamente semplice intuire come l’asbestosi colpisse solo persone esposte con continuità a grandi quantità di fibre. Il mesotelioma invece sembrava colpire anche persone non coinvolte direttamente in attività lavorative, ma a stretto contatto con ambienti caratterizzati dall’impiego o dalla mobilizzazione di fibre di amianto (Hillerdal, 1999). I primi casi di mesotelioma non correlato ad esposizione professionale sono stati riscontrati in soggetti residenti in prossimità di insediamenti produttivi dove veniva utilizzato l’amianto e in familiari dei lavoratori venuti a contatto con le fibre accumulatesi sulle tute da lavoro che venivano portate a casa.

L’amianto non costituisce solo un problema occupazionale, ma è considerato un vero e proprio problema ambientale. Nonostante il divieto di estrazione, commercio ed uso, vigente in molti paesi, possono aver luogo ancora oggi esposizioni, a causa della presenza di manufatti contenenti fibre minerali, di siti in cui l’amianto è stato estratto, lavorato o messo in opera e di attività di smaltimento. È importante sottolineare come l’amianto contenuto in manufatti o contenitori sigillati, che non consentono il rilascio delle fibre nell’aria, non rappresenti un pericolo per la salute. Per contro sono rischiosi tutti gli interventi che frammentano o rimuovono fibre di amianto senza le dovute precauzioni. L’esposizione all’amianto proveniente da fonti naturali riguarda invece quelle zone del

(15)

18

territorio in cui i minerali fibrosi sono presenti nelle rocce e nei suoli sciolti. Tali emissioni possono essere causate da agenti naturali e/o da attività antropiche, come sbancamenti o costruzione di strade.

L’esistenza di un inquinamento ubiquitario da parte di fibre di amianto è stata accertata sin dalla fine degli anni ’70 (Hillerdal, 1999), ed ha trovato un’ulteriore conferma con il reperimento di fibre di amianto in gran parte di reperti polmonari di individui appartenenti alla popolazione generale (Churg, 1982). In un litro d’aria ci sono generalmente tra le 0,01 e le 0,1 fibre, valori mediamente più alti nelle aree urbane o industriali. Secondo la legislazione vigente in Italia, un locale bonificato (da cui l’amianto è stato rimosso) deve contenere meno di due fibre per litro di aria (D.M. 6/9/1994). L’ente di controllo statunitense, Occupational Safety and Health Administration (OSHA - Cancer &

Lung Disease Hazard), ha fissato il valore di 100 fibre per litro d’aria come soglia a cui i

lavoratori possono essere esposti. L’Unione Europea ha adottato lo stesso limite per le esposizioni professionali e questo valore è stato recepito anche in Italia. Per gli ambienti esterni, non lavorativi, la normativa italiana non prevede un limite esplicito. Si stima che limiti più rigorosi di esposizione per il crisotilo comportino comunque il rischio di contrarre asbestosi e cancro polmonare (Stayner et al., 1996). Sulla base dello studio dei casi di tumore registrati e della quantità di fibre cui i soggetti sono stati esposti, non è possibile predire, soprattutto per le basse esposizioni, una soglia al di sotto della quale il rischio sia nullo: non si identifica cioè un valore soglia al di sotto del quale un eccesso di tumori non è più osservabile. La probabilità di contrarre un tumore dovuto all’amianto dipende comunque dall’intensità e dalla durata dell’esposizione e il rischio che si attribuisce alle basse concentrazioni è difficile da valutare con gli attuali metodi di studio epidemiologico.

L’evidenza scientifica ha mostrato che alcuni minerali con abito asbestiforme, aventi fibre di determinate dimensioni e sufficientemente biopersistenti, sono in grado di indurre le stesse patologie associate all’amianto (Pott et al., 1974; Berry, 1999). Questa evidenza deriva sia da studi epidemiologici che da esperimenti effettuati in vivo sugli animali. Ricordiamo in merito l’erionite, minerale della famiglia delle zeoliti (Baris et al., 1987), e la fluoro-edenite, appartenente alla famiglia degli anfiboli (Comba et al., 2003b); questi due silicati formano individui di abito asbestiforme, non classificati come amianti, ma che hanno la capacità di indurre mesoteliomi anche nell’uomo.

Effetti avversi sulla salute associati all’esposizione a fibre asbestiformi presenti naturalmente nell’ambiente sono stati segnalati a partire dagli anni settanta in diversi

(16)

19

paesi (Comba et al., 2003a). Alcuni studi descrivono le caratteristiche dei siti con esposizione ambientale a fibre minerali cui sono conseguiti una serie di effetti sanitari tra i quali un elevato numero di casi di mesotelioma che eccedevano significativamente quelli attesi e un’accresciuta prevalenza di soggetti con placche pleuriche (lesioni parietali benigne della pleura, definite anche ispessimenti pleurici). Non sempre esposizione ambientale significa esposizione a basse dosi. Le sorgenti di concentrazione ambientale sono molteplici: le fibre si trovano nei suoli e in diversi materiali utilizzati localmente. Per quanto riguarda gli amianti, la fibra più frequentemente riscontrata è la tremolite, ma sono stati descritti anche il crisotilo e la crocidolite. In alcuni casi, gli effetti sanitari identificati sono stati associati alla presenza di fibre diverse dagli amianti, come l’erionite e la fluoro-edenite. I siti in esame sono generalmente località rurali, nelle quali per l’edilizia ci si avvale di materiali provenienti da cave locali, e con i residui dell’attività di cava si pavimentano le strade. L’esposizione coinvolge l’intera comunità che risiede in queste zone.

(17)

20

SITO FIBRA

MINERALE CASI DI MESOTELIOMA TIPO DI ESPOSIZIONE

RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO

Turchia

(Cappadocia) Erionite e tremolite 36 casi/600ab/7 anni

Inquinamento ambientale; fibre in mattoni e strade sterrate Baris et al., 1981; 1987; Zeren ., 2000 Grecia

(Metsovo) Tremolite Alta incidenza Fibre in: intonaco e imbiancatura delle case

Langer et al., 1987; Sakellariou

et al., 1996 Cipro Tremolite e crisotilo Alta incidenza Inquinamento ambientale; fibre in:

stucco, grondaie

McConnochie et al., 1989 Grecia

settentrionale Tremolite e crisotilo - Fibre in: imbiancatura delle case Constantopoulos et al., 1991 Corsica Tremolite 10casi/100000ab/anno Fibre nella pavimentazione Viallat Rey et al.et al, 1993 .,1991

Nuova

Caledonia Tremolite 12casi/145000ab/10 anni

Fibre in: intonaco, imbiancatura all’interno e all’esterno delle case,

strade sterrate Goldberg et al., 1991; Luce et al., 2000 Turchia (Anatolia) Tremolite - Fibre in imbiancatura delle case, stucco, isolamento termico e idrorepellente, terracotte, cipria Gümürdülü et al., 2000; Metintas et al., 2002 Grecia

(Macedonia) Crisotilo e tremolite Alta incidenza Fibre in: intonaco e imbiancatura delle case Sichletidis

et al., 1992

Italia (Sicilia) Tremolite e fluoro-edenite

13 casi/22.000ab/13 anni Inquinamento ambientale Paoletti et al., 2000; Comba et al.,2003b Italia (Piemonte e Valle D’Aosta) Tremolite * Inquinamento ambientale Mirabelli & Cadum, 2002 Italia (Basilicata) Tremolite * Inquinamento ambientale Bernardini et al., 2003 Cina

(Da-yaho) Crocidolite - Fibre in: strade sterrate, stucco, stoviglie Luo et al., 2003 * Casi per i quali l’associazione tra l’esposizione e gli effetti sanitari è ancora in fase di definizione (Pasetto et al., 2004). - Dato non rilevato.

Tab II.4: Casi di mesotelioma da esposizione ambientale (modificato da Comba et al. 2003a e Bernardini et al. 2003)

Il rischio di sviluppare patologie come il mesotelioma maligno, associato ad un livello di concentrazione delle fibre in aria mediamente basso è molto complesso da valutare; perciò la presenza di casi di mesotelioma nella popolazione residente in un’area circoscritta suggerisce la possibilità di esposizioni più elevate, derivanti ad esempio da sollecitazioni meccaniche di materiali contenenti fibre. Ne risulta un quadro generale di utilizzo inconsapevole di materiali contenenti fibre, presenti nell’ambiente di vita e utilizzati per molteplici scopi. In tutti i casi citati l’esposizione a fibre minerali non è risultata legata alla semplice presenza dei suddetti materiali, ma è associata al verificarsi di attività che hanno comportato il disturbo degli stessi o di rocce e suoli contenenti minerali asbestiformi.

(18)

21

Queste circostanze appaiono essenziali nella determinazione di livelli di esposizione non trascurabili, anche se intermittenti e occasionali, e certamente superiori a quelli considerati tipicamente di fondo ambientale.

Nel caso di esposizioni di difficile valutazione, come nel caso di un limitato numero di persone esposte, non è facile ottenere risultati statisticamente validi. Tuttavia, le conoscenze scientifiche sui meccanismi attraverso i quali le fibre minerali possono essere dannose per la salute permettono di fronteggiare e controllare il rischio.

II.4 L’estrazione e l’utilizzo delle “pietre verdi”

Le serpentiniti (rocce composte prevalentemente da minerali del gruppo del serpentino) sono rocce ultramafiche, di colore verde più o meno scuro, facenti parte di successioni ofiolitiche e derivanti dal metamorfismo di fondo oceanico di rocce peridotitiche. Le peridotiti costituiscono un litotipo fondamentale nelle sequenze ofiolitiche. La complessa storia tettonica e termica subita dalle ofioliti, dal momento della loro formazione a quello della loro messa in posto, si riflette in trasformazioni mineralogiche e tessiturali più o meno profonde, generalmente riferibili a gradi metamorfici variabili, dalla facies zeolitica fino a quella anfibolitica.

I minerali del gruppo del serpentino si formano principalmente per trasformazione idrotermale retrograda di rocce ultrabasiche (peridotiti), oppure per metamorfismo progrado di una serpentinite preesistente. Il prodotto retrogrado più comune è la lizardite in tessiture pseudomorfe, con o senza brucite o magnetite; anche l’antigorite può presentarsi con caratteristiche simili. La reazione prograda più comune produce antigorite nella serpentinite massiva, con o senza magnetite; ad una temperatura più bassa si possono formare crisotilo e lizardite.

Nelle serpentiniti dell’Appennino Settentrionale, la fase più comune del gruppo del serpentino è rappresentata dalla lizardite; crisotilo e antigorite sono invece fasi accessorie presenti soprattutto in sottili vene (Sala et al., 2004). Nelle ultramafiti dell’Appennino settentrionale può essere presente anche la tremolite, pur trattandosi di un componente mineralogico raro.

Qualsiasi roccia solitamente contenente minerali di anfibolo o di serpentino ha il potenziale di contenere minerali classificati come amianto. In genere le forme non fibrose di questi minerali sono molto più comuni di quelle fibrose (Clinkenbeard et al., 2002). Gli

(19)

22

amianti sono presenti principalmente come riempimento delle zone di frattura che si irradiano nella massa delle rocce serpentinitiche. Le fibre sono disposte, in genere, perpendicolarmente alle pareti della frattura (cross-fiber veins).

La natura litologica delle “rocce verdi” e la loro composizione mineralogica (relativamente ricca in ferro e magnesio, talora in nichel, cromo e altri elementi metallici pesanti) le rendono particolarmente resistenti agli agenti erosivi e quindi molto ricercate e utilizzate nell’industria dell’edilizia, nel campo delle infrastrutture in sostituzione agli inerti pregiati (ghiaie e sabbie di origine alluvionale). La normativa nazionale, nonostante sia conforme alle direttive comunitarie, consente l’estrazione e la commercializzazione di materiali in breccia, lastre e blocchi derivanti da rocce potenzialmente possono contenere minerali classificati amianto. Il loro utilizzo può tuttavia comportare problematiche di carattere sanitario, legate alla possibilità di contenere e rilasciare fibre.

Nelle sequenze ofiolitiche dell’Appennino settentrionale sono stati censiti almeno 70 siti in cui è stata effettuata o è in corso attività estrattiva di rocce che possono contenere amianto (Voltaggio & Spadoni, 2007) e altri minerali pericolosi. In Toscana sono censiti circa 20 aree individuate come area di risorsa e/o di giacimento che interessano rocce ofiolitiche secondo il “Piano Regionale per le attività estrattive, di recupero delle aree escavate e di riutilizzo dei residui recuperabili” (PRAER, 2007) della Regione Toscana. Tali rocce costituiscono una risorsa economica per i territori in cui sono presenti, ma contemporaneamente, se perturbate, possono costituire un fattore di rischio in presenza di recettori sensibili.

II.4.1 Il D.M. 14 Maggio 1996

Con il D.M. del 14 Maggio 1996, il Ministro della Sanità di concerto con il Ministro dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato individuano le normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto. L’art. 4 del decreto stabilisce che gli interventi di estrazione e l'uso di pietre verdi, nonché gli

interventi di bonifica dei materiali costituiti da pietre verdi contenenti amianto, devono essere attuati in base ai criteri riportati in allegato 4. Tale norma, quindi, nonostante i divieti posti

dalla legge 257/92, ha consentito la commercializzazione di materiali in breccia, lastre e blocchi derivanti da queste rocce, classificati non pericolosi. Il D.M. n° 101 del 18.03.2003 dispone, sull’intero territorio nazionale, la realizzazione di una mappatura sia dell’amianto naturale sia di quello antropico, oltre all’individuazione dei siti che necessitano di interventi di bonifica urgenti.

(20)

23

L'allegato 4 definisce i criteri relativi alla classificazione ed all'utilizzo delle cosiddette "pietre verdi" e dei rispettivi derivati in funzione del loro contenuto di amianto. Le “pietre verdi” sono rocce utilizzate a fini ornamentali, o frantumate per la produzione di inerti, contenenti alcune specie minerali incluse tra gli amianti. Quando le "pietre verdi" vengono lavorate (per taglio, frantumazione, abrasione, ecc.) possono liberare fibre di amianto, e pertanto qualsiasi attività che comporti un’alterazione dello stato fisico di tali rocce può essere considerata causa di dispersione in atmosfera di fibre di amianto.

L’allegato riporta, sulla base di informazioni di natura petrografica, una classificazione di tali rocce in funzione del contenuto mineralogico (tab. II.5).

LITOTIPO MINERALI PRINCIPALI

serpentiniti Antigorite, crisotilo, olivina, pirosseni orto e clino, anfibolo tremolite, talco, dolomite, granato, spinelli, cromite e magnetite prasiniti Feldspato albite, epidoti, anfiboli tremolite-actinolite, glaucofane,

pirosseni clino e mica bianca

eclogiti pirosseno monoclino, granato, rutilo, anfibolo, glaucofane anfiboliti orneblenda, plagioclasio, zoisite, clorite, antofillite-gedrite scisti actinolitici Actinolite, talco, clorite, epidoto, olivina

scisti cloritici talcosi e

serpentinosi talco, clorite, dolomite, tremolite, actinolite, crisotilo, rutilo, titanite, granato oficalciti talco, antigorite, crisotilo, tremolite, dolomite, calcite, olivina

Tab II.5: Classificazione petrografica e mineralogica delle rocce contenenti amianto secondo il DM 14 Maggio 1996. In grassetto le fasi classificate amianto.

Detto allegato stabilisce che, nel caso in cui vengano individuate attività estrattive che interessano le "pietre verdi":

 devono essere attivati specifici controlli su tutta l'estensione del giacimento e sulle zone di rispetto, con una frequenza che dipenderà dalla volumetria del materiale estratto e dalla velocità di avanzamento del fronte di cava;

 devono essere effettuati, da parte degli organi territoriali di vigilanza, il prelievo di campioni di particolato aereodisperso ed analisi di laboratorio;

 l'eventuale affioramento di filoni ricchi di minerali di amianto deve inoltre essere prontamente segnalato, prima che il proseguire dell'attività estrattiva provochi un inquinamento ambientale da fibre di amianto, per intervenire con una azione preventiva e modificare opportunamente la procedura di estrazione.

Il presente allegato asserisce che la quantità esatta di amianto nelle rocce, sia esso di serpentino o di anfibolo non può essere definita in modo assoluto, ma deve essere valutata caso per caso. Perciò indica i seguenti criteri per una corretta definizione dei controlli da eseguire sulle pietre verdi al fine di un loro utilizzo come rocce ornamentali o come inerti:

(21)

24

 Valutazione del contenuto di amianto nel giacimento e controlli durante l'attività estrattiva

 Valutazione del contenuto di amianto nei materiali estratti: ● Materiali in breccia.

● Materiali in lastre.

● Materiali in blocchi destinati a costituire barriere costiere o massicciate. I controlli da eseguire non sembrano essere adeguati alla valutazione reale del contenuto di amianto nelle rocce (Sala et al., 2004). La procedura descritta dal decreto prevede un rilevamento petrografico di dettaglio da effettuarsi su un'area tale da coprire tutta l'estensione di territorio interessato sia prima che durante l’attività. Si deve produrre una relazione geologica che includa: descrizione dell'area dal punto di vista geomorfologico, geologico e idrogeologico e descrizione dell'area con cartografia dettagliata degli affioramenti; sezioni geologiche, effettuate in modo da descrivere il giacimento trasversalmente all'avanzamento del fronte di cava. Non vengono date ulteriori istruzioni per definire questi rilievi. Se viene rilevato amianto in superficie dovrà esserne valutata la quantità (non viene detto in che modo), riportato in cartografia e dovranno essere indicate le direzioni di immersione dei filoni o degli strati contenenti amianto. È evidente come il decreto consideri scontato il riconoscimento di una specie mineralogica fibrosa, non dando alcun tipo di indicazioni oggettive in merito, probabilmente affidandosi alla competenza di chi esegue i rilievi.

La valutazione del contenuto di amianto nei materiali ricavati dall'attività estrattiva, secondo l’allegato 4, deve essere eseguita con metodi che permettano la misura media del contenuto di fibre "liberabili" dal materiale tenendo conto delle caratteristiche petrografiche dello stesso e della sua usurabilità in funzione delle condizioni di preparazione d'uso. Non viene aggiunto altro per valutare questo tipo di caratteristiche. Le misure che si eseguono sono tese ad ottenere un indice che determini la pericolosità del materiale liberato: il decreto utilizza un indice detto di rilascio, determinato utilizzando come parametri la percentuale di amianto liberato e la densità relativa del materiale solido. Se si prende come esempio esplicativo la valutazione del contenuto in amianto del materiale in breccia, risultano evidenti le lacune sia procedurali che concettuali del decreto. È stabilito che i campioni di breccia devono essere prelevati secondo un “opportuno” criterio statistico che non viene descritto; viene data solo l’indicazione per cui non si può campionare meno di un campione ogni 1000 m3 estratti e,nel caso in cui il

(22)

25

campionamento deve avvenire con frequenza di un campione ogni 100 m3. Questo

presuppone una certa omogeneità nella natura della roccia presente e che le fibre di amianto siano presenti principalmente in filoni e non diffuse nella roccia; infatti è stabilito che, se il controllo (visivo) del fronte di cava assicura l'assenza degli affioramenti di amianto, la frequenza dei test potrà essere progressivamente ridotta ai limiti ordinari. Per la determinazione della percentuale in peso di amianto in fibre liberate, l’allegato suggerisce di pesare il campione ed effettuare una prova di sfregamento per quattro ore attraverso un processo di automacinazione. Ammesso che il campione sia realmente rappresentativo delle litologie presenti nel sito in esame, la prova di automacinazione dovrebbe simulare il rilascio di fibre che avviene a causa delle attività di estrazione. Ma questo non può essere provato se non da appositi studi. Una volta macinato il campione si effettua il lavaggio del materiale e si filtra il liquido di lavaggio raccogliendo la polvere su filtro. Sui filtri si esegue il conteggio delle fibre con metodi di microscopia infrarossa ed elettronica (IR e SEM). Una volta calcolata la densità relativa del campione, l’indice di rilascio (i.r.) viene così determinato:

i.r. = % amianto liberata / % densità relativa

Il decreto definisce il materiale come non pericoloso quando l'indice di rilascio risulta inferiore o uguale a 0,1. In pratica si misurano le fibre rilasciate durante la macinazione, oltretutto simulata in maniera poco verosimile, ma non quelle che vengono rilasciate costantemente nell'aria se il materiale è lasciato esposto: il materiale di cava, infatti, dopo l’estrazione, viene accatastato, vagliato, a volte frantumato, caricato su mezzi di trasporto e ulteriormente lavorato prima del suo utilizzo in luoghi anche distanti da quello di estrazione. L’indice di rilascio, calcolato come sopra, non sembra essere idoneo a contribuire alla valutazione del rischio associato ad attività estrattive, sia perché la descrizione della procedura analitica è poco definita sia per la mancata considerazione di fattori fondamentali per un’accurata valutazione della pericolosità di un sito caratterizzato da rocce contenenti amianto.

Tuttavia, anche dove non dovesse risultare una specifica attività estrattiva, va tenuto conto che sono possibili locali situazioni di rischio nel caso di attività lavorative (sbancamenti, scavi, gallerie, ecc.) che vadano ad interessare territori caratterizzati dalla presenza di "pietre verdi" e che, nonostante l’inadeguatezza della normativa vigente, è necessario valutare la pericolosità di queste attività per stimare il rischio presente in queste aree.

Riferimenti

Documenti correlati

Scrivi nelle caselle colorate di quale scienza si tratta: ASTRONOMIA - GEOLOGIA - ECOLOGIA - METEOROLOGIA-

«Amianto nelle rocce e problematiche ambientali: metodologie integrate per la valutazione qualitativa e quantitativa dei minerali fibrosi.» Pisa: Università di

Classificazione e uso delle fibre di amianto e delle fibre naturali e artificiali.. Conoscere il rischio – Altre polveri e fibre

Dato che il margine di miglioramento delle prestazioni delle misure di abbattimento secondarie è minimo (gli FGD raggiungono già oggi fino al 97%, SCR fino al 90%, depolveratori a

b) catene doppie derivanti dalla congiunzione di coppie di catene semplici contigue con disposizioni dei tetraedri di coordinazione SiO 4 speculari, traslati ed

base alla composizione della massa magmatica, che possono raggiungere dimensioni anche di parecchi centimetri; si formano in tal modo, per esempio, quarzo, pirite, granati?.

Nella sfaldatura un minerale si frammenta in parti più piccole, lungo alcuni piani preferenziali di cristallizzazione, mantenendo costanti i valori angolari tra le diverse facce

Gli immensi progressi compiuti negli ultimi 20 anni nel campo della tassonomia batterica, in partico- lare per le Enterobacteriaceae (e, di conseguenza, Nonostante il titolo,