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Capitolo 1 - Single Event Effects (SEE)

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Academic year: 2021

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Capitolo 1 - Single Event Effects (SEE)

1.1 Concetti preliminari

I Single-Event Effects (SEE) sono l'effetto, più o meno distruttivo, dell'impatto di particelle ad alta energia presenti naturalmente nell'ambiente, come ad esempio protoni, neutroni, particelle alfa o ioni pesanti, su nodi sensibili di un circuito microelettronico. I SEE sono innescati da un singola particella che colpisce una parte sensibile del dispositivo, essendo in grado di rilasciare una quantità di carica sufficiente a generare un evento. Dipendentemente da diversi fattori, la particella che colpisce il dispositivo può causare effetti non osservabili, malfunzionamenti temporanei o, addirittura, permanenti. Una prima distinzione dei SEE divide gli effetti in:

 distruttivi,  non distruttivi.

I SEE non distruttivi, o soft errors, comprendono:  SET (Single-Event Transient);

 SEFI (Single-Event Functional Interrupt): evento dovuto ad alterazione di un registro di configurazione o qualsiasi altro nodo sensibile che compromette la corretta funzionalità del circuito elettronico;

 SEU (Single-Event Upset): evento dovuto al fenomeno di modifica (upsetting) di una cella di memoria. La condizione in cui errori multipli siano dovuti al passaggio di una singola particella è chiamato MBU (Multiple Bit Upset).

I SEE distruttivi, o hard errors, sono:  SEB (Single-Event Burnout);  SEGR (Single-Event Gate Rupture);

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2  SEL1 (Single-Event Latch-up).

Ognuno dei sopracitati effetti è non tollerabile in un' applicazione spaziale, in quanto può compromettere il successo di un'intera missione.

In questo capitolo, verranno esaminati i meccanismi di base dei SEE in ambiente spaziale, (in particolare SEU e SEL). Verrà presentata una breve panoramica sull'ambiente spaziale e le sue complicazioni catalogando, infine, le principali tecniche di mitigazione degli effetti SEE sulle memorie.

1.2 L'ambiente spaziale

Lo spazio è un ambiente particolarmente sfavorevole per i dispositivi elettronici che devono sopportare sollecitazioni meccaniche e termiche di particolare intensità, oltre agli effetti delle radiazioni ionizzanti.

Le radiazioni legate all’ambiente spaziale sono composte da particelle, di massa atomica anche oltre il ferro, con energie comprese tra pochi fino a molti . I principali contributi sono dovuti a:

 particelle intrappolate;  particelle libere o transienti;  raggi cosmici (GCR).

1

In realtà l'effetto SEL può essere distruttivo o meno a seconda del design del circuito colpito e del punto in cui avviene lo strike.

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1.2.1 Particelle intrappolate

Protoni, elettroni, ioni pesanti e, in genere, una gran parte delle particelle cariche che vengono a contatto con il campo magnetico terrestre, rimangono intrappolate nella cosiddetta cintura di Van Allen (1) che si estende ad un'altitudine di circa 10.000– 65.000 . Ogni circuito elettronico può essere danneggiato da tali livelli di radiazione, per cui il posizionamento dell'orbita di un satellite artificiale tenta il più possibile di evitare la criticità di tale zona. La miniaturizzazione dei circuiti elettronici, hanno reso i satelliti più vulnerabili all'influsso delle radiazioni, giacché la carica degli ioni impattanti può essere addirittura maggiore di quella contenuta effettivamente nel circuito.

Dal momento che gli elettroni, tipicamente, non contribuiscono agli effetti SEE, in questa analisi non vengono considerati, soffermando lo studio ai protoni e gli ioni pesanti.

Protoni

La causa principale di SEE è legata alla presenza di protoni intrappolati, il cui range di energie varia dalla decina di al centinaio di con flussi che arrivano a

10 ⁄ al secondo.

Protoni dotati di queste energie possono facilmente penetrare le schermature e impattarsi sull'elettronica contenuta in uno spacecraft. Probabilmente la regione più rilevante per i SEE dovuti ai protoni, è la South Atlantic Anomaly (SAA), centrata sulla costa Argentina, che rappresenta la porzione di ionosfera dove la fascia di Van Allen è più vicina alla Terra. Qui, il flusso di protoni ad alto livello energetico può essere fino a 10 volte più intenso rispetto ad una quota equivalente su altre regioni della Terra. Oltre i 3000 di altitudine, l'anomalia scompare e si ripristina la regolare struttura a fasce della cintura di Van Allen (1).

Ioni pesanti

Nelle fasce di Van Allen sono presenti anche ioni pesanti come , , , , , che vengono intrappolati dal campo magnetico terrestre. L'origine di tali particelle è dovuta al cosiddetto vento solare (1) che ionizza e accelera, fino a decine di ⁄ ,

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particelle inizialmente neutre che transitano nel sistema solare. Per lo stesso motivo discusso per i protoni, anche in questo caso la SAA detiene, a parità di altitudine, la maggior concentrazione di ioni pesanti energetici con flussi paragonabili a quelli dei protoni. Dal momento, però, che le energie degli ioni pesanti sono relativamente basse (sotto le decine di ), queste particelle non riescono, tipicamente, ad attraversare le schermature dello spacecraft e conseguentemente influiscono in maniera molto ridotta agli effetti di SEE.

1.2.2 Particelle transienti

Per particelle transienti si intende l'insieme di tutte quelle particelle che non sono stabilmente intrappolate nella magnetosfera. Tipicamente con questo termine ci si riferisce alla classe di particelle costituita dai raggi cosmici (GCRs) e dall'ammasso di particelle originate da eventi solari quali i Flares (Brillamenti Solari) e le Coronal Mass Ejections (CMEs).

Particelle dovute agli effetti solari

Seguendo variazioni cicliche in cui anni di attività sono seguiti da altri di relativa quiete, l'attività del Sole non è costante, ma segue, secondo recenti studi eseguiti dalla sonda SAMPEX (1), periodi (in media) di 11 anni tra una solar maximum2 e la successiva. Gli eventi solari di interesse sono i Flares, cioè grosse esplosioni nella fotosfera del Sole e le CMEs, espulsione di materiale sottoforma di plasma dalla corona solare.

I primi, considerati eventi impulsivi, cioè di breve durata (al più qualche ora), provocano alti flussi di ioni pesanti molto energetici ed elettroni a bassa energia. La densità di ioni pesanti può essere così alta da risultare diversi ordini di grandezza maggiore dell'intero background di raggi cosmici, per poi scendere rapidamente sotto il livello medio alla fine del fenomeno di brillamento. Le energie di questi ioni possono arrivare fino al

⁄ .

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Gli eventi, invece, legati alle CMEs sono considerati graduali in quanto decadono lentamente nel tempo, rimanendo tangibili per un lasso di tempo che va dal giorno alla settimana. Tali eventi sono caratterizzati dall'espulsione di plasma contenente grandi quantità di elettroni e, soprattutto, di protoni altamente energetici (sopra i 30 ) con flussi fino a 10 ⁄ accumulabili in pochi giorni. I CMEs sono considerati i maggiori responsabili degli effetti SEE causati da protoni.

1.2.3 Raggi cosmici (GCRs)

I raggi cosmici o galactic cosmic rays (GCRs), sono l'ammasso di particelle energetiche che formano un background di radiazioni e che segue una variazione ciclica influenzata dall'attività solare. I GCRs sono composti, principalmente, da protoni ad alta energia e ioni pesanti provenienti dall'esterno del sistema solare (Figura 1. 1). Per penetrare nel sistema solare, questa nube carica deve scontrarsi con il "vento solare" (cioè il flusso di particelle cariche emesse dal Sole) che tende a respingerla. Per questo motivo l'intensità massima dei GCRs nel nostro sistema solare, è massima quando l'attività del Sole è minima (solar minimum).

La composizione dei GCRs è in gran parte costituita da nuclei di idrogeno -protoni- (circa 80%), nuclei di Elio -particelle - (circa 10%), elettroni e una minima parte di ioni pesanti3 (circa 1%) i quali, anche se in bassa quantità, assumono un ruolo importante negli effetti SEE, in quanto rilasciano una quantità energetica maggiore a parità di cammino (pathlength). L'energia rilasciata da uno ione per unità di pathlength cresce, infatti, al crescere del suo numero atomico. Tali ioni pesanti sono, in genere, molto energetici arrivando a centinaia di ⁄ . Un tale livello di energia consente alle particelle di non rimanere intrappolate nella zona di Van Allen e di riuscire a superare le schermature di un veicolo spaziale costituendo un grave rischio di SEE.

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Figura 1. 1 - Variazioni cicliche di registrate a bordo del satellite IMP-8. Notare come in

corrispondenza delle solar maxima il flusso ha dei "ventri" con picchi veloci corrispondenti all'intensa attività del Sole.

1.3 Parametri di quantificazione SEE: LET e Cross Section

Come precedentemente descritto, esiste una grande varietà di particelle che si presentano con uno spettro praticamente continuo di energie dando luogo ad un ambiente estremamente complesso e praticamente non riproducibile a terra ai fini della caratterizzazione dei componenti.

Gli effetti che una particella è in grado di produrre attraverso la ionizzazione diretta, dipendono dalla sua capacità di rilasciare energia, e quindi di creare portatori mobili,

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lungo il suo cammino4. Il parametro LET (Linear Energy Transfer), o ⁄ , descrive la perdita progressiva di energia della particella per unità di cammino. L'unità di misura della LET è:

[ ] = (1. 1)

in quanto la perdita d'energia per unità di lunghezza di percorso ⁄ è normalizzata per la densità del materiale target ⁄ .

Dal momento che ogni materiale richiede una specifica quantità costante di energia per liberare una coppia elettrone-lacuna, si ottiene una relazione lineare fra l'energia persa dalla particella e il numero di portatori generati per unità di percorso.

Ad esempio, dato che l'energia per rilasciare una coppia elettrone-lacuna, , in un substrato di è pari a = 3,6 e la sua densità, , è pari a = 2328 / , una di 97 ⁄ corrisponde ad una deposizione di carica pari a 1 / . Una curva tipica, visibile in Figura 1. 2, di particolare interesse, è quella che mostra l'andamento della di una particella energetica incidente rispetto al proprio path nel materiale target.

Figura 1. 2 - LET vs profondità di cammino per uno ione di Cloro con energia iniziale pari a . Il picco di Bragg tipicamente si verifica poco prima che la particella si fermi, quando ha

raggiunto circa .

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Tipicamente, quando si parla di LET ci si riferisce agli effetti di radiazioni capaci di ionizzare direttamente il materiale target quindi di ioni pesanti (11).

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Complessivamente, gli effetti dovuti alla ionizzazione si dividono in:  Total Ionizing Dose (TID) effects;

 Single Event Effects (SEE).

Gli effetti di TID sono dovuti all’accumulo di ionizzazione su lunga scala di tempo. Tutte le particelle o fotoni incidenti che hanno abbastanza energia da creare coppie elettroni lacune partecipano a tale fenomeno. Il maggiore contributo proviene da particelle di bassa LET che non sono, singolarmente, in grado di provocare SEE ma che, data la loro abbondanza, producono nel tempo una considerevole quantità di ionizzazione. Tale grandezza, accumulata durante tutta la missione, è detta appunto Total Ionizing Dose (TID) e viene misurata in unità di ( ).

Formalmente, il TID è definito come la quantità di energia assorbita da 1 di materia investita da una qualunque radiazione ionizzante (e, quindi, la porzione "utile" dell'energia dissipata dalla radiazione incidente).

L’unità di misura prescritta dal Sistema Internazionale per la dose assorbita è il ( ), che rappresenta il trasferimento dalla radiazione alla materia di 1 di energia per ogni della medesima materia:

1 = 1 . (1. 2)

Nel vecchio sistema d'unità di misure radiologiche, il (radiation absorbed dose), ancora in uso tuttora, indica invece il trasferimento dalla radiazione alla materia di 100 (10 ) di energia per ogni grammo di materia. La relazione che lega le due unità di misura è:

1 = 100 . (1. 3)

Gli effetti del TID sono di varia natura: ogni interfaccia Si-ossido insieme a qualsiasi altro difetto del cristallo rappresentano potenziali trappole (charge traps) per le cariche indotte da TID che possono accumularsi e creare malfunzionamenti più o meno problematici a seconda della regione interessata.

In una struttura MOS, ad esempio, le cariche indotte possono essere raccolte in corrispondenza dell'interfaccia Si-ossido, alterando le proprietà fisiche del transistore come la tensione di soglia (2). In un attuale circuito integrato, la riduzione degli ossidi di gate (sotto la decina di ) abbassa la sensibilità a tali effetti (2), ma la presenza

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dell'ossido di campo e di soluzioni tecnologiche sempre più presenti come le trench (buche più o meno profonde riempite di dielettrico all'interno del substrato) o SOI (Silicon On Insulator) costituiscono comunque una condizione favorevole per intrappolare carica. Attualmente nelle strutture MOS, i maggiori effetti dovuti a TID sono le forti correnti di leakage associate agli effetti di bordo nei transistori e nelle strutture di guardia.

La probabilità di un certo evento in un particolare dispositivo è generalmente descritta tramite la curva in Figura 1. 3 che segue la distribuzione di Weibull. La curva rappresenta la caratteristica LET-Cross Section (CS).

La Cross Section (CS) è la probabilità che una particella incidente generi un evento e può essere vista (da qui, il suo nome) come la frazione di area del dispositivo effettivamente sensibile ai SEE. La sua unità di misura è il ⁄ .

La Figura 1. 3, illustra, in sostanza, ciò che un test di SEE dovrebbe fornire come risultato. Il DUT viene monitorato durante il processo di radiazione con particelle energetiche di numero atomico variabile e ad angoli di incidenza distinti. Contando il numero di effetti SEE e conoscendo il flusso di particelle per secondo che impattano il dispositivo, è possibile risalire al numero di SEE per unità di superficie: tale quantità è, appunto, il Cross Section.

Figura 1. 3 - Andamento tipico della curva LET - CS.

Come è visibile dalla figura, esiste una soglia di LET necessaria a ionizzare il materiale target. Ci si riferisce a tale limite come LET threshold (LETTh) il cui valore è una proprietà specifica del materiale stesso.Una volta superato il "ginocchio" della curva si

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raggiunge una zona di plateau dove una LET maggiore non contribuisce ad aumentare la CS in quanto, fisicamente, al di sopra di un certo livello di LET, ogni particella incidente produce uguali rate di SEE su quel determinato materiale.

Nota la curva LET-CS per un dato dispositivo, è possibile predire la frequenza di errori per una determinata orbita, configurazione di materiali schermanti e condizione del ciclo solare. Gli algoritmi e i modelli, in continuo sviluppo, che permettono la previsione sono implementati in strumenti software come CREME o GEANT45.

1.4 Meccanismo fisico di soft errors: SEU

Tutti i SEE non distruttivi sono causati da un unico fondamentale meccanismo: l'accumulo di carica in un nodo sensibile del circuito microelettronico, a seguito del passaggio di una particella carica lungo il dispositivo. In questo paragrafo verrà descritto come una particella incidente liberi lungo il suo percorso, path, una determinata quantità di portatori mobili che possono portare all'evento di upset.

Deposizione di Carica

Quando una radiazione ionizzante raggiunge un semiconduttore, una certa densità di coppie elettrone-lacuna viene liberata lungo il path di ionizzazione. Ci sono due metodi principali per i quali vengono rilasciati tali portatori mobili:

 ionizzazione diretta dovuta alla particella incidente;

 ionizzazione dovuta a particelle secondarie generate come prodotti di reazioni nucleari fra la particella incidente e il materiale target.

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Per CREME fare riferimento a: http://www.spenvis.oma.be/help/models/newupseto.html. il GEANT4 (GEometry ANd Tracking) è un software sviluppato negli ultimi anni dal CERN.

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Ionizzazione Diretta

La ionizzazione diretta può essere causa di SEU nel caso in cui la particella incidente sia tale da liberare una sufficiente densità di portatori. Tipicamente, particelle leggere, come ad esempio i protoni, non sono capaci di formare tale quantità di carica per ionizzazione diretta.

Al passaggio di una particella carica lungo un semiconduttore, si ha che quest'ultima perde quantitativi della sua energia fino a fermarsi in una certa ascissa dal punto di impatto: tale cammino è detto range della particella. La quantità di energia persa dalla particella è legata alla densità di carica depositata lungo il suo cammino (ved. par. 1.3). Che la deposizione di carica sia sufficiente o meno a causare un upset dipende da vari fattori:

 energia iniziale della particella all'impatto;  materiale target;

 punto di impatto e angolo di incidenza;  traiettoria della particella.

La ionizzazione diretta è particolarmente sentita nel caso di ioni pesanti e cioè ioni i cui numeri atomici sono superiori all'Elio (in altre parole, particelle diverse da protoni, elettroni e neutroni). Tipicamente, particelle più leggere non riescono a produrre abbastanza carica per ionizzazione diretta, anche se lo scaling down dei dispositivi rende gli attuali dispositivi più sensibili alla ionizzazione diretta anche da parte di particelle leggere (1). È vero comunque che gli eventi di upset nei dispositivi di memoria a semiconduttore, sono dominati dalle reazioni protone-substrato (ved. più avanti) e quindi effetti di ionizzazione diretta dovuti a protoni possono essere messi in secondo piano. Tale discorso non è più valido per circuiti come fotodiodi o CCDs dove eventi come il SET sono sicuramente più sentiti e l'accumulo di carica, dovuto alla ionizzazione diretta di un protone, può essere sufficiente a generare un malfunzionamento del dispositivo.

Ionizzazione per particelle secondarie dovute a reazioni nucleari

Particelle leggere come protoni o neutroni possono produrre significativi soft errors tramite un meccanismo indiretto. Quando un protone ad alta energia impatta un materiale

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target può subire una collisione anelastica con un nucleo del reticolo cristallino. Da quest'urto è possibile che:

 si generino particelle o e, contemporaneamente, arretri un nucleo "figlio". Ad esempio, il , all'impatto di un protone, può emettere una particella e rilasciare un nucleo di Magnesio ( );

 si abbia il fenomeno detto spallazione nucleare, in cui un nucleo pesante emette una grande quantità di nuclei più leggeri a seguito della collisione con una particella ad alta energia. Ad esempio il può spezzarsi in ioni più piccoli di

.

Entrambe le due reazioni possono depositare a loro volta abbastanza carica lungo i loro percorsi di indietreggiamento. In particolare, dal momento che, adesso, i nuclei che si muovono sono molto più pesanti delle originali particelle (protoni o neutroni), è possibile che per ionizzazione diretta si abbiano effetti di SEU.

In genere, la carica depositata per effetto della ionizzazione, diretta o indiretta, è anche oggetto di fenomeni di trasporto di carica, in quanto nel dispositivo target ci saranno concentrazioni più o meno alte di portatori mobili indotti dalla radiazione.

Fondamentalmente, esistono 3 modi attraverso i quali avviene il trasporto di carica: 1. i portatori di carica possono muoversi per drift, in risposta, cioè, ai campi elettrici

applicati;

2. i portatori di carica possono muoversi per diffusione, sotto l'influenza di gradienti di concentrazione più o meno elevati all'interno del dispositivo;

3. i portatori di carica possono essere smaltiti per ricombinazione: il fenomeno descritto dal passaggio di un elettrone dalla banda di conduzione a quella di valenza, determinando la scomparsa di una coppia elettrone-lacuna.

I tre meccanismi citati sono alla base dello movimento di portatori in un semiconduttore sotto normali condizioni operative e sono riproponibili nel caso dell'urto con una particella.

Le regioni di un dispositivo microelettronico più sensibili allo strike (impatto) di una particella, sono le giunzioni p-n polarizzate in inversa. Il forte campo elettrico presente

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nella zona di svuotamento può accelerare (per drift) le cariche indotte dall'urto con la particella, producendo una corrente transitoria anche di forte intensità6. Uno strike in prossimità di una zona di svuotamento può, inoltre, essere causa di un importante fenomeno diffusivo, in quanto le cariche prodotte dall'urto si muovono verso la zona svuotata di portatori per diffusione, per poi essere raccolte efficientemente perché accelerate dal campo elettrico.

1.4.1 Meccanismo di SEU nelle DRAM

Nel seguente paragrafo verrà introdotto lo studio dell'effetto di uno strike su una memoria di tipo DRAM.

Nell'elettronica terrestre i primi effetti SEUs furono osservati nelle DRAMs, in quanto, la struttura intrinseca della suddetta memoria, la cui informazione è costituita dalla carica mantenuta in un elemento passivo, rende tali dispositivi molto sensibili a soft errors. Per questo motivo le memorie dinamiche sono raramente impiegate in applicazioni spaziali, a differenza delle SRAMs. Tuttavia, oggigiorno, la necessità di avere grandi quantità di memoria a bordo, ha reso l'utilizzo di memorie dinamiche spesso necessario (3). È vero, d'altronde, che la miniaturizzazione e lo scaling down delle tensioni di alimentazioni ne fanno un bersaglio facile per qualsiasi radiazione ionizzante, rendendo indispensabile un meccanismo di protezione della memoria da eventi di upset.

I meccanismi SEU su una DRAM sono essenzialmente tre: 1. errore di cella;

2. errore di bit-line;

3. sovrapposizione di entrambi gli errori.

Errori di cella

Ipotizzando che la singola cella informativa sia costituita da un field plate capacitor e che l'informazione "0" sia rappresentata dalla presenza di elettroni nella buca di

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potenziale sotto l'ossido di gate, si ha che lo strike di una particella fa sì che gli elettroni siano raccolti dall'armatura del condensatore polarizzata inversamente. Nel caso, quindi, di uno "0", lo strike rinforza lo stato perché le cariche indotte dall'urto si aggiungono ai portatori già presenti all'interfaccia silicio-ossido. Nel caso di "1" invece, cioè quando non vi sono elettroni sotto il field plate, si può avere upset forzando "1" a "0".

Figura 1. 4 - Illustrazione di un SEU nella cella di una DRAM.

Errori di bit-line

Questo tipo di errore è direttamente legato alla frequenza di accesso della memoria, in particolare è inversamente proporzionale all'intervallo fra una lettura e la successiva. Durante un ciclo di lettura, infatti, quando vengono precaricate le bit-line, se la particella colpisce il drain del MOS di passo collegato alla bit-line flottante, è possibile che la carica indotta sia sufficiente a sbilanciare le bit-line e quindi a falsare la lettura.

Un'altra causa di upset è dovuta all'impatto della particella nella circuiteria del sense amplifier causando, ancora una volta, una deformazione dell'informazione da leggere.

Combinazione dell'errore di cella e di bit-line (CCB)

A fine anni '80 (4) fu dimostrato che eventi di debole intensità che non sono, cioè, sufficienti a causare individualmente upset di cella o per bit-line, sono invece in grado di causare soft errors se combinati insieme. Tale effetto, detto CCB - combined cell-bit-line error, è inoltre dominante fra tutti gli errori, soprattutto per memorie molto veloci come mostrano i risultati sperimentali forniti nella Figura 1. 5.

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Figura 1. 5 - Rate di soft error su una memoria DRAM 512K scomposti in errori di cella, errori di bit-line e CCB. Come si vede, gli errori di cella non dipendono dalla frequenza di lettura, mentre gli

errori CCB sono dominanti rispetto agli altri due per cicli di lettura elevati.

1.4.2 Meccanismo di SEU nelle SRAM

I nodi sensibili in una singola cella SRAM sono le giunzioni drain-substrato inversamente polarizzate della coppia di transistori attualmente spenti. In riferimento alla Figura 1. 6, si prenda, a titolo di esempio, il MOS spento a canale n in basso a destra. La carica indotta dallo strike della particella sul drain, provoca una corrente transitoria supportata dalla giunzione in inversa. Mentre la corrente scorre nel transistore colpito, il pMOS, in alto a destra, che era acceso, erogherà corrente in qualità di pull-up cercando di lasciare il nodo colpito al livello logico alto. Dal momento che la conduttività di canale è finita si instaurerà una differenza di potenziale ai capi del pMOS (fra source e drain) che potrà, a seconda dell'entità, instaurare il fenomeno di upset nella cella. Questo

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meccanismo, infatti, è a tutti gli effetti quello generato da un impulso di scrittura, in quanto il latch si sta sbilanciando verso lo stato stabile duale.

Figura 1. 6 - Particella che colpisce il drain di un nMOS spento della cella SRAM.

In una cella SRAM ci sono, pertanto, 4 potenziali nodi sensibili, che sono i 4 drain dei transistori formanti il circuito bistabile. Va fatta però un'importante distinzione a seconda della posizione della giunzione colpita:

 se si trova in una well, si parla di "inside the well strike";

 se si trova nel substrato e quindi fuori da well: "outside the well strike".

Per descrivere il fenomeno si supponga che lo strato epitassiale sia di tipo n. Per ognuno dei due casi si avranno due sottocasi: "ON" strike (la giunzione colpita è quella di un MOS acceso) e "OFF" strike (la giunzione colpita è di un MOS spento).

Outside the well strike

Nel caso di "OFF" strike, come mostrato in Figura 1. 7, una volta che lo ione ha urtato il drain, c'è una iniziale fotocorrente che uscirà dal drain del pMOS (il quale è spento e ha la giunzione drain-n-epi in inversa), seguita da una corrente di diffusione con lo stesso verso. Entrambe le correnti sono dirette in modo da aumentare il potenziale del

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nodo colpito, in quanto scorrono nel nMOS sottostante che è acceso. È quindi potenzialmente possibile avere SEU. Tale situazione è la più critica per eventi di SEU.

Figura 1. 7 - Caso di outside the well "OFF" strike.

Figura 1. 8 - Caso di outside the well "ON" strike.

Nel caso, invece, di "ON" strike, la corrente iniziale scorre nello stesso verso del caso precendente rinforzando, in tal modo, lo stato logico memorizzato. Mentre il potenziale del nodo cresce, la giunzione colpita inizia a polarizzarsi leggermente in diretta e quindi

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una corrente di diffusione inizierà a scorrere nel verso opposto riportando il valore allo stato originario. In questo caso, quindi, non si ha SEU.

Inside the well strike

Nel caso di "OFF" strike (Figura 1. 9), la corrente iniziale di drift, , abbasserà il potenziale del nodo colpito (inizialmente il nodo è a ) iniziando il processo di upset. Le lacune dalla well verranno man mano raccolte dal contatto di well (well tap) aumentando il potenziale di well e portando ad una iniezione di elettroni dal source7 (5). Gli elettroni raccolti dal drain formano la corrente, , che contribuisce all'evento di upset perché concorde alla corrente di drift.

Figura 1. 9 - Caso di inside the well "OFF" strike.

Nel caso di "ON" strike, la particella che colpisce il nodo genera ad una corrente che mette in comunicazione due regioni n (il drain e lo strato epitassiale) che presentano una differenza di potenziale pari a . Questo fenomeno fa aumentare velocemente il potenziale del nodo fino a . A questo punto la situazione è simile a quella vista nel caso precedente, dove, per effetto della corrente , si ripristina lo stato logico precedentemente memorizzato. Quindi il risultato totale è quello di non soffrire di SEU.

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Figura 1. 10 - Caso di inside the well "ON" strike.

Figura 1. 11 - Andamento temporale del potenziale di un drain colpito da una particella con LET molto sotto, poco sotto e sopra il livello di LET necessario a provocare SEU. Anche il livello minimo

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È interessante notare come, anche particelle incidenti ben lontane dalla soglia di upset hanno la capacità di produrre un flip transitorio nella cella SRAM. In Figura 1. 11 è mostrato l'andamento temporale del potenziale del drain di un MOS di una cella SRAM, dovuto allo strike di una particella con LET molto sotto, poco sotto e sopra la soglia di upset: in tutti i casi il potenziale del drain viene alterato, seppur temporaneamente, dalla particella.

1.4.3 Effetti di SEU sulle memorie non volatili: NAND/NOR Flash

In entrambi i tipi di architetture flash (NAND e NOR) l'elemento di memoria è costituito dallo stesso Floating Gate MOSFET o FGMOS (transistore MOS con gate flottante isolato nell'ossido), il metodo di programmazione invece si differenzia nei due casi. In una NOR flash, la programmazione avviene tramite il processo noto come HCI (Hot-Carrier Injection) che prevede l'applicazione di una tensione sul gate di controllo (il terminale di gate non isolato), la quale avvia un flusso di elettroni che, percorrendo il canale creatosi dall'accensione del transistor, passano dal source al drain. Gli elettroni con energia più elevata (hot-electrons) attraversano lo strato di ossido che separa il canale dal Floating Gate venendone intrappolati all'interno. Il processo di programmazione e di cancellazione richiedono circuiterie di charge pump con tensioni dell'ordine della dozzina di volt. Se la cella è stata programmata allora la tensione di soglia di quel MOS sarà maggiore del valore nella condizione "non programmata", pertanto, in un'operazione di lettura la tensione sul gate di controllo non sarà sufficiente a formare il canale. Negli array di memorie NOR, ogni cella ha un terminale connesso direttamente alla massa e l'altro alla bit-line. Come è visibile dalla Figura 1. 12, la topologia costruttiva della NOR flash richiama quella di una porta logica NOR nel senso che, quando una delle word-line è attiva, il corrispondente transistore si comporta da pull down, analogamente al caso di una porta NOR in tecnologia CMOS, creando un percorso chiuso dalla bit-line verso massa.

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Figura 1. 12 - Architettura di una NOR flash.

La cancellazione avviene per effetto tunnel, detto Fowler-Nordheim tunneling, portando via gli elettroni intrappolati nel gate flottante, attraverso una forte differenza di potenziale (di polarità opposta alla programmazione) fra drain e gate. Le moderne memorie NOR raggruppano le celle in segmenti chiamati blocchi in maniera che le operazioni di cancellazione avvengano contemporaneamente su tutte le celle appartenenti allo stesso segmento: nel momento in cui un byte viene programmato, non può essere "riscritto" se non dopo la cancellazione dell'intero blocco a cui appartiene.

Questo tipo di memoria è impiegata principalmente in tutti quei campi che richiedono il salvataggio permanente di dati raramente soggetti a modifiche.

In una NAND flash i transistori FGMOS sono connessi in modo da ricordare il pull down di una porta NAND in tecnologia CMOS (Figura 1. 13). Più celle sono connesse in serie e solo se tutte le word-lines sono attive, la bit-line potrà essere connessa a massa.

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Figura 1. 13 - Architettura di una NAND flash.

Sia per la programmazione che per la cancellazione è utilizzato l'effetto tunnel applicando un'opportuna differenza di potenziale fra drain e gate (intorno alla ventina di volt) con polarità adeguata. Nella lettura, tutte le word-lines vengono attivate con una tensione più alta possibile (superiore alla tensione di soglia di una cella programmata), tranne la word-line che controlla la cella da leggere, la cui tensione sarà poco sopra la tensione di soglia di una cella "non programmata"; la bit-line sarà collegata a massa solo se la cella è "non programmata" (perché il gate di controllo sarà in grado di invertire il substrato di Si(p) creando un percorso chiuso verso ground).

La principale limitazione delle memorie flash (sia NOR che NAND) è costituita dal fatto che, sebbene sia possibile programmare e leggere singoli byte o word, è, invece, possibile cancellare solamente "blocchi" di celle. Una volta che il blocco è "erased", qualsiasi cella all'interno del blocco può essere riprogrammata. Se si adotta la convenzione ⇔ , allora programmare una cella, in una memoria flash, significa impostare un livello logico alto '1'; la programmazione, ad alto livello, è il cosiddetto processo di erasing della memoria che viene effettuato esclusivamente a blocchi.

I blocchi di una NOR flash sono tipicamente più grandi di una NAND flash, ma una NOR flash presenta come vantaggio un tempo di accesso per letture più breve e la possibilità di essere utilizzata efficientemente nel caso in cui si debba eseguire del codice direttamente dalla memoria senza trasferirlo in RAM (6) (XIP -eXecute In Place-).

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23

Nella Tabella 1. 1 sono elencate le principali differenze fra le due tipologie di memorie.

Parametri NOR flash NAND flash

Capacità (MB) 1 ⟶ 16 8 ⟶ 128

XIP

Erase time (ms) ~5000 ~3

Densità alta bassa

Cicli di riscrittura (10 ) 10 ⟶ 100 100 ⟶ 1000

Tabella 1. 1 - NOR/NAND Flash a confronto.

Normalmente i dispositivi flash di archiviazione sono memorie di tipo NAND flash, con un interfacciamento che permette solo un accesso per pagine (la minima unità indirizzabile: da 512 4 byte più l'eventuale regione di spare associata a tale pagina), mentre una NOR flash è pilotabile con un approccio SRAM-like.

Dal documento (7), in cui si analizzano gli effetti di SEE e TID su memorie flash (due NAND e una NOR) si riscontrano tali risultati:

 per entrambi le tecnologie si è stimata una LETTh di circa 4 − 8 ;  per le memorie NAND, la Cross Section di saturazione media (in lettura) è

risultata pari a 2 × 10 , ma con picchi di circa 5 × 10 durante cicli di scrittura;

 per la memoria NOR, la Cross Section di saturazione in lettura è risultata circa 6 × 10 (valore migliore che per le NAND);

 la memoria NOR sotto test non ha sofferto di problemi di SEL anche quando sottoposta a flussi di ioni molto energetici con LET pari a 120 .

I risultati sono comunque da valutarsi come approssimativi, tanto che, nei test di radiazioni le due memorie NAND flash si sono comportate, talvolta, in maniera molto diversa; ad esempio, durante i cicli di lettura, le Cross Section di saturazione delle due NAND differiscono quasi di un ordine di grandezza (7).

(24)

24

1.5 Fenomeno di carica indotta: modello analitico

In questo paragrafo si fornisce un modello semplice che definisce l'andamento temporale della corrente indotta dall'impatto della particella su un nodo sensibile del circuito, sulla base degli studi fatti da Messenger (8).

La corrente indotta dallo strike di uno ione è fedelmente modellizzata da un'equazione costituita da due esponenziale decrescenti con costanti di tempo tipiche del materiale target e della particella incidente:

( ) = − (1. 4)

dove:

 = : costante di tempo propria della giunzione colpita ( : concentrazione degli atomi droganti -donori in questo caso-, : mobilità portatori, : permittività elettrica nel silicio8), -termine legato al contributo di deriva della corrente-;

 : tempo medio necessario alla creazione della carica in eccesso lungo il cammino dello ione: dell'ordine delle centinaia di picosecondi, -termine legato al contributo diffusivo della corrente-;

 dal momento che ≫ , è, ai fini pratici, il valor massimo della corrente indotta.

In Figura 1. 14 è rappresentato l'andamento tipico della corrente indotta dall'accumulo di carica. Il contributo iniziale è essenzialmente dovuto ai forti gradienti di concentrazione dei portatori mobili in eccesso (superiori ai valori tipici di drogaggio: \ ), i quali instaureranno una elevata corrente di diffusione (il primo tratto veloce della curva). Intanto i potenziali di giunzione tenderanno ad annullarsi, finché la concentrazione dei portatori non sarà nuovamente intorno ai livelli iniziali di drogaggio. A questo punto si ripristineranno i potenziali e le cariche in eccesso saranno accelerate dai campi elettrici ristabiliti: contributo di drift (8).

(25)

25

Figura 1. 14 - Andamento temporale della corrente indotta da una particella di incidente su

un substrato di Si(n). Da notare come, ad un drogaggio più basso corrisponda un picco più alto dovuto ai gradienti di concentrazione molto più elevati.

Quantitativamente, una particella induce inizialmente una densità di carica facilmente sopra i 10 ⁄ , valore che supera facilmente le concentrazioni di maggioritari nel bulk, per cui il moto diffusivo è di tipo ambipolare (8).

Lo studio effettuato da Messenger, parte dall'analisi dei portatori mobili durante uno strike in uno strato di bulk omogeneo ed estende i concetti ad una giunzione p-n. Tramite la risoluzione delle equazioni di continuità per le coppie elettrone-lacuna (hep) e di Poisson, adattate alla geometria del path dello ione, si arriva a definire l'andamento della corrente indotta in forma chiusa.

Le ipotesi su cui si basa l'intero studio sono:

 la generazione di hep (hole-electron pair) lungo il cammino della particella è indipendente dal cammino stesso. Riferendoci ai dati forniti nel par. 1.3, si ottiene che, uno ione con una LET di 100 ⁄ (valore significativamente alto), in un substrato di (densità pari a 2328 / ) sarà in grado di indurre circa 64000 ℎ ⁄ . Valori tipici si assestano sono compresi fra le decine di milioni di ℎ ⁄ fino alle centinaia di miliardi di ℎ ⁄ .

(26)

26

 la traccia dello ione è cilindrica con simmetria radiale;

 il movimento e le densità dei portatori sono simmetrici rispetto all'asse della traccia dello ione;

 le funzioni di generazione elettroni, , e lacune, (per unità di cammino) hanno simmetria radiale (centrate sull'asse di propagazione dello ione). In particolare, dato la densità del materiale e l'energia (in ) per creare una coppia elettrone lacuna, si ha:

= = = ∙ (1. 5)

Substrato omogeneo di Silicio

I risultati della teoria di Messenger sono riassumibili nei seguenti punti:

 inizialmente la corrente indotta è puramente diffusiva ed interessa lacune ed elettroni (ambipolar diffusion). La direzione di tale corrente è radiale, come visibile dalla Figura 1. 15. Dal momento che la costante di diffusione degli elettroni è più elevata, le cariche tendono a separarsi velocemente creando un campo elettrico che è diretto nel senso opposto (tendendo a limitare una ulteriore separazione di carica). La concentrazione dei portatori segue una distribuzione a "campana" lungo l'asse radiale;

Figura 1. 15 - Concentrazione dei portatori in eccesso e campo elettrico lungo la sezione del path dello ione.

 il tratto finale della corrente di induzione è, invece, interamente dovuto ai campi elettrici: corrente di drift;

(27)

27

 l'andamento dei portatori mobili in eccesso, lungo l'asse del path dello ione, è ancora descritto da una distribuzione normale, il cui valor medio, nel tempo, si muove in maniera direttamente proporzionale al campo elettrico, , (considerato costante, per semplicità, lungo l'asse del path), mentre la varianza aumenta nel tempo schiacciando la campana (approssimativamente con la radice quadrata del tempo) (Figura 1. 16);

Figura 1. 16 - Andamento temporale della concentrazione di portatori (lacune, nell'esempio) in eccesso lungo l'asse del path dello ione.

 è possibile studiare i due casi di corrente diffusiva e di deriva, in maniera separata, considerando il primo contributo diffusivo come unico, finché la concentrazione dei portatori in eccesso non scende intorno alla densità drogaggio di background, (superato tale limite la corrente si muoverà solo sotto l'effetto del campo elettrico), in formule:

~ (1. 6)

Nella formula precedente, il termine al denominatore, 4 , rappresenta la sezione, in , che è effettivamente attraversata dalla corrente (8). Questo termine come, facilmente osservabile, fornisce un'approssimazione dell'andamento del raggio della sezione (supposta circolare da Messenger, ipotizzando la simmetria radiale) del track dello ione. Tale raggio è, in questo modo, proporzionale al termine √ dove la costante

(28)

28

di diffusione è una media opportuna delle costanti di diffusione degli elettroni, , e lacune, , secondo il modello, qui non analizzato, della diffusione ambipolare9.

Giunzione p-n

Per la giunzione p-n vengono considerati i casi di incidenza normale e radente (caso 1 e 2 della Figura 1. 17).

Figura 1. 17 - Impatto di uno ione in una giunzione p-n.

I concetti esposti finora per il substrato di silicio sono ancora validi in questo caso: il primo contributo alla corrente di induzione sarà dovuto al movimento radiale di diffusione ambipolare e successivamente al moto dovuto all'accelerazione dal campo elettrico. Anche in questo caso è possibile studiare i due effetti separatamente, considerando dominante l'effetto iniziale di diffusione finché la concentrazione di portatori in eccesso nella giunzione, , non diventa comparabile con la concentrazione iniziale di drogaggio.

Supponendo che la creazione iniziale di carica sia modellabile come un processo di termalizzazione di elettroni caldi (hot electron)10 e adottando le note formule di campo elettrico (massimo) per una giunzione brusca monodimensionale unilaterale (p+-n)11:

9

Per un approfondimento sugli argomenti fare riferimento a (13).

10

Fare riferimento a (8).

11

La giunzione p-n si definisce unilaterale se la differenza dei drogaggi è molto elevata e la zona di svuotamento e il campo elettrico sono, pertanto, localizzati quasi interamente nella parte meno drogata.

(29)

29

= 2 ( − )

si giunge alle due formule per le correnti di elettroni e lacune:

( ) = − −

( ) = − −

che possono essere approssimate da:

( ) = − ̂ − . (1. 7)

Nella formula precedente, si può sostituire = − perché si è adottato il modello di giunzione brusca in cui il profilo del potenziale decresce linearmente con l'ascissa nella zona n. Il termine ̂ , invece, è una media delle due mobilità corrette da un fattore dipendente dall'entità del campo elettrico ai capi della zona di svuotamento:

̂ ≜ ( ) (1. 8)

La funzione ( ) è generalmente unitaria per valori di campi elettrici inferiori a 100 ⁄ , oltre tale valore decresce, in prima approssimazione, con la radice quadrata del campo.

Una volta effettuate le sostituzioni si ottiene la formula data inizialmente, qui riproposta:

( ) = −

Se ne conclude che:

 il termine è la costante di tempo della giunzione pari a | | ̂ che determina la velocità di risposta della componente di drift della corrente indotta (velocità di raccolta di carica). Il termine della mobilità equivalente ̂ ≜

( ) e il valore è la concentrazione di droganti nella parte meno drogata della giunzione colpita (il caso analizzato da Messenger è una giunzione p+-n ecco perché compare il termine dei donori). Per le approssimazioni fatte, tale

(30)

30

costante di tempo è tanto più veritiera quanto più la giunzione colpita è unilaterale;

 la costante è, invece, la costante di tempo che regola l'andamento (molto più veloce) dell'iniziale flusso di diffusione. In genere tale quantità può essere intesa come quel valore temporale tale che per istanti di tempo > la componente di deriva prevale sull'altra. Tipicamente, il raggio della sezione della traccia dello ione passa da un valore iniziale di frazioni di micrometri ad un valore di oltre il micron entro mezzo nanosecondo, da questo instante in poi il contributo della corrente di drift diventa dominante. Questo si traduce nella scelta di una costante di tempo ~100 ;

 la corrente massima è invece pari al termine − ̂ e dipende, quindi, dalla , dalla mobilità equivalente dei portatori e dal campo elettrico massimo all'interfaccia p-n. Anche in questo caso la semplificazione è tanto più veritiera quanto più la giunzione è unilaterale.

Integrando la (1.7) dall'istante 0 (inizio dell'impatto) ad ∞12, si ottiene la carica totale depositata lungo il path, , dello ione:

= ∫ ( ) = − (1. 9)

Definendo la carica critica del nodo colpito come la minima quantità di carica in grado di causare un evento di upset, è possibile confrontare tale quantità con il valore della carica indotta effettivamente dallo strike, valutando la possibilità di eventuali malfunzionamenti.

Questo è sostanzialmente il metodo utilizzato dai principali simulatori come ad esempio SmartSpice in grado di valutare, a grandi linee, se una certa deposizione di carica è capace di generare upset. La carica critica è così determinata:

= | | (1. 10)

12

Formalmente corretto, ma non necessario. È sufficiente integrare in una finestra temporale che racchiuda 3-4 volte la costante di tempo più lenta, .

(31)

31

Nel caso generico di angolo di incidenza pari a rispetto alla direzione perpendicolare di massima criticità (Figura 1. 17), la formula della corrente indotta è corretta dal termine trigonometrico ( ):

( ) = ( ) ( ) (1. 11)

dove ( ) è la funzione secante definita come 1 ( ) che tiene conto della porzione del track dello ione che realmente contribuisce a indurre carica nella giunzione.

Funnelling

Un altro effetto indesiderato è il cosiddetto funnelling (1; 8). Finora, l'analisi dello ione incidente si è limitata al fenomeno di raccolta di carica effettuato dal campo elettrico della giunzione (nell'equazione (1.7), infatti, la costante di tempo relativa alla corrente di deriva tiene conto del solo campo elettrico della giunzione ideale). Nella realtà una particella incidente, dipendentemente dalla sua energia e dall'angolo di incidenza (in genere, la condizione peggiore è quella di "traiettoria normale" rispetto alla giunzione target, ved. Figura 1. 17), può inoltrarsi ben oltre i confini della zona di svuotamento ed arrestarsi nel bulk, innescando il cosiddetto fenomeno di funnelling. La spiegazione fisica di tale effetto è costituita dal fatto che la traccia dello ione ha un diametro molto stretto (la carica indotta si sviluppa localmente intorno alla direzione della particella) e quindi la conduttanza del substrato che contribuisce a far scorrere corrente è molto bassa (perché lo spessore è piccolo), ciò si riflette in una differenza di potenziale rilevante fra l'interfaccia di giunzione e il punto di arrivo dello ione, tale che l'intero potenziale di giunzione si ridistribuisce in parte ai capi della preesistente zona di svuotamento e in rimanente parte fra la giunzione e il punto di arresto della particella. L'effetto del funnelling è un rigonfiamento ad "imbuto" (funnel) del potenziale di giunzione che si espande oltre la giunzione p-n verso il substrato Figura 1. 18.

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Figura 1. 18 - Effetto di funnelling in una giunzione n+-p.

Ipotizzando che il picco di corrente si abbia quando avviene il passaggio da corrente diffusiva a corrente di deriva (cioè quando le concentrazioni di portatori mobili in eccesso ritornano sotto i valori iniziali ~ ), è approssimativamente in tale istante che la lunghezza di funnel raggiunge la sua massima ampiezza perché la caduta di tensione sarà massima. L'istante in cui si ha il picco di corrente è:

= (1. 12)

che è ottenuto sostituendo = , nella formula della concentrazione di lacune in eccesso in funzione del tempo, qui non esplicitata (8).

La resistenza diffusa del substrato è valutabile approssimativamente con la formula:

= (1. 13)

dove è la resistività del substrato (ipotizzato isotropo) e è la costante diffusiva delle lacune (a questo punto del processo diffusivo le costanti di diffusione possono tornare ad essere quelle normalmente utilizzate, perché il picco della diffusione ambipolare è concluso).

A questo punto è possibile valutare la massima caduta di tensione, , nel substrato, come il prodotto della corrente di picco = − ̂ per la resistenza trovata precedentemente:

= − ̂ . (1. 14)

La formula della corrente indotta è modificabile con un termine correttivo che tiene conto dell'entità del potenziale di giunzione rispetto al potenziale di funnel :

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33

( ) = − ̂ − 1 − (1. 15)

dove = ( ) è il potenziale di funnel dipendente dalla corrente stessa ( ). Formalmente il potenziale ∈ {0, . . , }, ma nella realtà, dal momento che il potenziale di giunzione non è mai completamente nullo durante il processo di induzione si ha:

∈ 0, . . , e conseguentemente 1 − ∈ {1, . . ,5}.

La formula data nella (1.15), è tanto più veritiera tanto più la lunghezza di funnel è comparabile con la profondità di giunzione, per valori alti del path dello ione le approssimazioni fatte non sono più fedeli all'effetto fisico, perché i contributi di diffusione e drift, ritenuti separabili nella teoria di Messenger, sono sempre più sovrapposti e non possono essere considerati in maniera separata.

La costante di tempo di giunzione, = ̂ , può essere considerata invariata rispetto alla (1.7), nonostante il profilo del potenziale lungo la giunzione venga modificato dal contributo di funnel. In particolare, dal momento che il funnelling aumenta la distanza entro cui si distribuisce il potenziale (profondità della zona svuotata sommata alla lunghezza di funnel), anche supponendo che il potenziale massimo rimanga invariato = ( ) si ha che la derivata del campo sarà sicuramente inferiore al caso di assenza di funnel. Questa diminuzione della derivata è però, a grandi linee, compensata dalla mobilità (media) dei portatori, ̂ ,che cresce al decrescere del campo elettrico medio; l'effetto complessivo è, in prima approssimazione, una costante di tempo

non dipendente dalla lunghezza di funnel.

1.6 Meccanismo fisico di hard errors: SEL

In questa sezione viene descritto il meccanismo alla base del principale SEE distruttivo: il SEL Single Event Latchup. La descrizione degli altri fenomeni più comuni SEGR e SEB sono qui omesse perché secondari nei dispositivi di memoria.

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È noto che in una qualsiasi struttura stratificata p-n-p-n di in un semiconduttore, una sovratensione o sottotensione, innescata per un qualsiasi motivo, è in grado attivare il tiristore parassita intrinseco della struttura, portando al cosiddetto fenomeno di latch-up che ha effetti più o meno disastrosi a seconda dell'entità dell'evento stesso. La tecnologia CMOS è fortemente sensibile a questo fenomeno in quanto l'accostamento di un nMOS e un pMOS da luogo, localmente, alla struttura di questo elemento indesiderato (Figura 1. 19).

Figura 1. 19 - Schema delle strutture parassite in tecnologia CMOS, formanti il tiristore. Il pMOS in figura è in una n-well. I discorsi sono analoghi per un nMOS in una p-well.

Il tiristore parassita è costituito dai due BJT, visibili in figura, connessi in modo da formare un circuito reazionato positivamente. Il primo è un npn laterale formato dal source del nMOS (n), dal substrato (p) e dalla n-well (n). Il secondo è un pnp verticale formato dal source del pMOS (p), dalla n-well (n) e dal substrato (p). Il collettore di un transistore costituisce la base dell'altro: questa struttura descrive una retroazione positiva dei due elementi attivi. Dipendentemente dalla profondità della well e dalla posizione del tap (più il contatto di well è lontano, più la resistenza di well è alta e il fenomeno di latch-up accentuato), dal livello di drogaggio e dall'effettiva distanza dei due MOSFET (più i due MOS complementari sono vicini, più l'effetto aumenta perché la lunghezza della base del npn orizzontale è più corta), si ha che il tiristore parassita, normalmente spento, può accendersi (e conseguentemente autoalimentarsi una volta cessato l'impulso di

(35)

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accensione) a seguito di una sovratensione o di un picco di corrente anomalo nel substrato o nella well. Una volta che il tiristore è attivato, inizierà a condurre una corrente molto alta che nel peggiore dei casi può portare alla fuga termica, elettromigrazione e alla rottura di metallizzazioni.

La causa di SELs è dovuta alla iniezione di carica in seguito all'urto della particella incidente nella well o nel substrato. In passato, eventi di latch-up si avevano quasi esclusivamente per l'impatto di ioni pesanti altamente energetici capaci, quindi, di penetrare le schermature e ionizzare direttamente la regione impattata. Attualmente, con le evoluzioni tecnologiche e lo scaling down dei dispositivi, anche protoni (quindi particelle molto più leggere) possono indurre fenomeni di latch-up rendendo i dispositivi estremamente più sensibili ai SELs (1). Il fenomeno di latch-up è molto sentito nelle memorie SRAM in quanto ogni singola cella è proprio costituita da una coppia di MOSFET complementari costituenti il latch.

Attualmente, nelle moderne SRAM, i SELs sono altamente localizzati, con effetti limitati ad una piccola regione detta di micro-latchup. L'effetto del µ-latch-up può inoltre divenire

poco riconoscibile, in quanto la corrente di cortocircuito, sostenuta dal tiristore, rimane ben al di sotto delle specifiche massime del dispositivo, risultando distinguibile solo in condizioni di stand-by (9). Comportamenti simili sono stati riscontrati anche in memorie FLASH di ultima generazione.

1.7 Contromisure ai SEE

Le tecniche di mitigazione del fenomeno SEU ed in generale di ogni soft error, sono classificabili in 3 categorie:

1. tecniche System level; 2. tecniche Circuit level; 3. Technology level.

(36)

36

Per le memorie, il livello che garantisce un compromesso più vantaggioso fra il costo in termini di ridondanza (e progettazione) e fault-tolerance, è il livello sistema (10). Le contromisure al livello di sistema includono l'utilizzo di circuiteria EDAC (Error Detection and Correction) per monitorare e correggere, quando possibile, gli errori che nel tempo si accumulano nelle memorie. In particolare, in questo lavoro di tesi, si è scelto di proteggere l'informazione, utilizzando uno speciale tipo di codice a correzione d'errore (il DSCC) che garantisce un'ottima capacità di correzione con una ridondanza non eccessiva (ved. Capitolo 3).

In generale, per quanto riguarda il SEL, si ha che, dal momento che gli eventi di latch-up, diversamente da tutti gli altri, non sono in sé esclusivi dell'ambiente spaziale (basti pensare ad un effetto di ringing a seguito di una commutazione veloce all'uscita di una porta logica che pilota un nodo sensibile, ci sarà una sovratensione che potrà scatenare il fenomeno di latch-up), le tecniche di attenuazione sono le stesse usate nelle applicazioni terrestri: speciali accorgimenti tecnologici. Dal momento che l'unico modo di migliorare la sensibilità a tali effetti è peggiorare il beta dei due transistori parassiti (sostanzialmente al fine di ridurre il guadagno in corrente), le principali tecniche prevedono:

 diminuzione della resistenza del substrato utilizzando strati epitassiali;  aumento della distanza fisica tra transistori complementari;

 diminuzione della resistenza di well usando buried layer ad alti drogaggi;

 utilizzo di tecnica STI (Shallow Trench Isolation) o DTI (Deep Trench Isolation): "buche", nel substrato, più o meno profonde riempite di dielettrico per separare elettricamente i transistori;

 tecnologia CMOS/SOI (Silicon On Insulator) o CMOS/SOS (Silicon On Sapphire): la soluzione tecnologicamente più efficiente, nella quale il "cammino" del latch-up è completamente interrotto, rendendo il dispositivo praticamente immune da SEL.

Le contromisure per un SEL non catastrofico prevedono la temporanea rimozione dell'alimentazione in modo da forzare l'arresto del tiristore parassita il quale, una volta riacceso il circuito, rimarrà spento (a meno che non si verifichi un altro evento di SEL). Nel caso di SEL distruttivo, invece, un evento irreparabile è avvenuto e, a seconda

(37)

37

dell'entità del fenomeno, parte del circuito può risultare inutilizzabile (ad esempio nel caso di una rottura di una metal).

In passato, un semplice ma efficace meccanismo di rilevazione di effetti SEL era quello di monitorare le correnti di stand-by in modo da poter intervenire tempestivamente rimuovendo l'alimentazione. Oggigiorno questa tecnica non è più applicabile con gli stessi risultati in quanto la corrente di latch-up non è più così ingente e spesso rimane sotto i valori di normali condizioni operative (ved. par 1.6). L'approccio moderno vede, piuttosto, i latch-up come generici SEFI (Single Event Functional Interrupt) trattandoli quindi al livello di sistema come nel caso dei soft errors. In particolare, anche per quanto riguarda i dispositivi di memorizzazione, le regioni di micro-latchup sono sempre più difficilmente rintracciabili, ma il loro effetto macroscopico, ad ogni modo, è quello di modificare il contenuto logico della cella (o più celle) colpita. Rimane il problema dell'individuazione di tali regioni, che può essere efficientemente gestito con un approccio di tipo System level: tramite letture e scritture ripetute sulle celle di memoria, per verificare la validità delle locazioni. Questo problema è, di fatto, connesso al cosiddetto meccanismo di "scrubbing" o "washing" della memoria: quel procedimento che ha la funzione di verificare periodicamente l'integrità dei dati, protetti con un certo codice a correzione d'errore, al fine di prevenire un accumulo eccessivo (non gestibile) di bit-flips . La frequenza di scrubbing sarà ovviamente funzione del rate di SEE stimato per quell'orbita, della fault-tolerance ammissibile e della qualità del codice utilizzato.

Figura

Figura 1. 1 - Variazioni cicliche di   registrate a bordo del satellite IMP-8. Notare come in  corrispondenza delle solar maxima il flusso ha dei "ventri" con picchi veloci corrispondenti
Figura 1. 2 - LET vs profondità di cammino per uno ione di Cloro con energia iniziale pari a
Figura 1. 3 - Andamento tipico della curva LET - CS.
Figura 1. 4 - Illustrazione di un SEU nella cella di una DRAM.
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