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Capitolo 6. Micro e Minicentrali idroelettriche

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Academic year: 2021

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Capitolo 6.

Micro e Minicentrali idroelettriche

Lo sfruttamento delle acque superficiali per produrre energia elettrica non sempre può avvenire attraverso forme del tutto sostenibili come nel caso dei grandi impianti a bacino, caratterizzati da evidenti problematiche di impatto ambientale quali:

● la trasformazione di un ambiente di acque correnti (lotiche) in un ambiente di acque ferme (lentiche) a monte dello sbarramento con un tempo di ricambio molto più lungo;

● l’assenza di deflusso per molti mesi all’anno a valle dello sbarramento fino al punto di restituzione della portata utilizzata dalla centrale, se non viene garantito un rilascio pari al Deflusso Minimo Vitale, con conseguente degenerazione del patrimonio ittico, alterazione delle falde acquifere, peggioramento della qualità delle acque dovuta al minor potere di diluizione degli inquinanti.

A differenza dei grandi impianti, quelli di piccola taglia si inseriscono nell’ambiente con una maggiore sostenibilità, in quanto poco ingombranti e visibili, e sono caratterizzati da modalità organizzative sostanzialmente diverse, in quanto distribuiti sul territorio, gestiti in piccole comunità e integrati in un uso plurimo ed equilibrato della risorsa acqua.

Inoltre l’esperienza permette di affermare che l’idroelettrico di piccola scala se ben proporzionato e ubicato risulta economicamente competitivo rispetto alle altre fonti energetiche rinnovabili e spesso anche rispetto alle fonti tradizionali ― il maggiore costo di impianto è compensato dall’assenza di spese per l’acquisto e il trasporto di combustibili ―.

Anche gli impianti di piccola taglia possono però avere impatti negativi sull’ambiente legati all’occupazione del suolo, alla trasformazione del territorio, alla derivazione e captazione di risorse idriche superficiali e a possibili alterazioni dell’equilibrio degli ecosistemi, per cui anche in queste applicazioni è importante garantire il deflusso minimo vitale.

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Altri aspetti negativi, ma facilmente ovviabili con opportuni accorgimenti, sono l’inquinamento acustico ed estetico.

L’idroelettrico minore rappresenta comunque una forma di energia sicura e da sfruttare grazie all’elevato potenziale che ha sul territorio nazionale e alla comprovata tecnologia la cui efficienza e affidabilità è maturata con l’esperienza sui medi e grandi impianti.

6.1 Classificazione degli impianti idroelettrici

Secondo la classificazione introdotta dalla UNIDO ( Organizzazione della Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale) [19] gli impianti idroelettrici si suddividono, in base al valore della potenza nominale prodotta, in:

Pico-impianti : P < 5 kW

Micro-impianti : P < 100 kW Mini-impianti : 100 < P < 1000 kW

Piccoli-impianti : 1000 < P < 10000 kW Grandi-impianti : P > 10000 kW

Il valore di potenza che viene indicato come limite di separazione tra il campo della “Mini-idraulica” e dei grandi impianti, risulta quindi pari a 10 MW. Nella realtà italiana sarebbe più opportuno considerare come limite superiore per la “Mini-idraulica” la potenza di 3 MW, in modo da allinearsi con la taglia presa a riferimento dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas nelle delibere di determinazione dei prezzi di cessione dell’energia [19].

Un ulteriore modo di classificare gli impianti idroelettrici [20] si basa sul loro funzionamento, in relazione alla modalità di presa e accumulo delle acque:

Impianti a deflusso regolato

Utilizzano, per azionare le turbine, l’acqua accumulata nei laghi artificiali; sono caratterizzati da grandi dislivelli, e quindi da elevate pressioni, ma da modeste portate d’acqua. In genere la potenza prodotta supera i 10 MW.

Inoltre, dal momento che le centrali ad accumulazione si possono arrestare ed avviare nel giro di pochi minuti, grazie a queste è possibile realizzare una regolazione del flusso di energia elettrica nella rete a seconda della richiesta. Per questo motivo sono utilizzate soprattutto per coprire il carico durante i periodi di punta, ovvero a mezzogiorno e in inverno.

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Impianti ad acqua fluente

Non dispongono di alcuna capacità di regolazione degli afflussi, per cui la portata sfruttata coincide con quella disponibile nel corso d’acqua (a meno del deflusso minimo vitale). La turbina quindi produce con modi e con tempi totalmente dipendenti dalla disponibilità del corso d’acqua. Il salto disponibile nelle centrali ad acqua fluente è decisamente inferiore rispetto alle centrali a deflusso regolato, mentre la portata disponibile è nettamente maggiore.

Centrali a pompaggio

Dispongono di un bacino di accumulo superiore e uno inferiore. Nei periodi di basso consumo, l’acqua viene pompata nel bacino superiore e può così essere riutilizzata per la produzione di energia elettrica nei periodi in cui aumenta la domanda. In questo modo, con energia di basso valore – ad esempio quella prodotta in eccesso nelle ore notturne – si produce energia di alto valore economico - come quella richiesta nelle ore di punta -.

(a) (b) (c)

Figura 6.1.1 ― Centrale a deflusso regolato (a), ad acqua fluente (b), a pompaggio (c), [11]

È possibile classificare gli impianti idroelettrici anche in base al valore del salto [20]: a bassa caduta : H < 50 m a media caduta : 50 < H < 250 m ad alta caduta : 250 < H < 1000 m ad altissima caduta: H> 1000 m e della portata: piccola portata: Q < 10 m3/s media portata: 10 < Q < 100 m3/s grande portata: 100 < Q < 1000 m3/s

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altissima portata: Q > 1000 m3/s

È interessante inoltre ricordare che molti impianti di piccola taglia possono attuare un recupero energetico. Ogni qualvolta ci si trovi di fronte a sistemi di tipo dissipativo, quali punti di controllo e regolazione della portata (vasche di disconnessione, sfioratori, traverse, partitori, paratoie) con presenza di salti, è possibile installare una turbina finalizzata al recupero energetico della corrente. I sistemi idrici nei quali esiste una simile possibilità sono assai diversi e possono essere raggruppati nelle seguenti tipologie:

― acquedotti locali o reti acquedottistiche complesse;

― sistemi idrici ad uso plurimo (potabile, industriale, irriguo, ricreativo, ecc…); ― sistemi di canali di bonifica o irrigui;

― canali o condotte di deflusso per i superi di portata;

― circuiti di raffreddamento di condensatori di impianti a motori termici.

In pratica, la realizzazione di un micro-impianto su sistemi idrici di questo tipo è conveniente dal punto di vista economico se le condotte già esistono e dove i salti e le portate sono significativi [20].

6.2. Composizione di un impianto

Un impianto idroelettrico è costituito da opere civili ed idrauliche (opere di presa, di convogliamento e di restituzione, centralina) e da opere elettromeccaniche (turbina, alternatore, quadri elettrici, sistemi di comando).

Figura 6.2.1.– schema di un impianto idroelettrico [11]

L’acqua viene derivata tramite l’opera di presa e convogliata, attraverso canali o condotte, alla vasca di carico, dalla quale, per mezzo di condotte forzate, l’acqua

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viene portata alle turbine che vengono messe in rotazione dal passaggio dell’acqua attraverso gli organi mobili (giranti). L’albero della girante in rotazione è collegato ad un generatore di elettricità (alternatore); l’acqua in uscita dalla turbina viene rilasciata, per mezzo dell’opera di restituzione, nel suo alveo originario. Il dislivello tra il pelo libero superiore, determinato dalla vasca di carico, e il pelo libero inferiore, determinato dal punto di restituzione, è il salto netto.

Più nel dettaglio, un impianto idroelettrico è costituito dalle seguenti componenti:

― opera di presa, la cui configurazione dipende dalla tipologia del corso d’acqua intercettato e dall’orografia della zona;

― opere di filtraggio, finalizzate all’eliminazione di grossi corpi sospesi e le cui tipologie – compresa la possibilità o meno di automazione – dipendono dalla portata derivata e dall’entità dei solidi trasportati dal flusso idrico;

― opere di convogliamento delle acque, costituite da canali o condotte forzate, dipendono dall’orografia, dalla portata e dalla turbina prevista. In particolare, per le microcentrali, ovunque sia possibile e conveniente, si utilizzano tubazioni in plastica (PEAD o PVC) attualmente in grado di lavorare alla pressione ottimale di 16 bar;

― edificio della centrale, contenente le opere elettromeccaniche;

― turbina, è il dispositivo meccanico che trasforma l’energia potenziale e cinetica dell’acqua in energia meccanica, scelta in relazione alla portata che arriva all’impianto e al salto. Alle tipologie e ai criteri di scelta delle turbine è dedicato un paragrafo a parte;

― moltiplicatore dei giri, indispensabile quando turbina e generatore non girano alla stessa velocità;

― generatore, ha la funzione di trasformare l’energia meccanica trasmessa alla turbina in energia elettrica. I generatori attualmente in uso sono a corrente alternata trifase e in funzione della rete che vanno ad alimentare è possibile scegliere tra alternatori sincroni ― si utilizzano per alimentare piccole reti o nei casi in cui la potenza della turbina sia elevata ― e alternatori asincroni ― si usano in grandi reti, nelle quali la loro potenza rappresenta una percentuale trascurabile del carico di sistema, hanno un rendimento inferiore rispetto ai sincroni ―;

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― trasformatore, si interpone tra la centrale e la rete elettrica, ha la funzione di portare la tensione della corrente in uscita dall’alternatore a quella alta o media della linea elettrica;

― quadri di controllo, dispositivi installati tra i morsetti del generatore e la linea che controllano il funzionamento della macchina, la proteggono, la mettono in parallelo con la rete o la staccano in caso di guasto;

― opera di restituzione, costituita da un canale a pelo libero o da una condotta in pressione che restituisce la portata utilizzata al corso d’acqua.

6.3. Fisica di un impianto idroelettrico

La potenza ottenibile da una turbina idraulica è espressa dalla seguente equazione:

P = g Q H ρ

Pe = η P

dove:

P = potenza teorica espressa in W

g = accelerazione di gravità pari a 9,81 m/s2 Q = portata d’acqua espressa in m3/s H = salto o dislivello espresso in m

ρ = densità dell’acqua in pari a 1000 kg/m3

Pe = potenza effettiva espressa in W

η = rendimento globale dell’impianto

Il rendimento globale dell’impianto è dato dal rapporto tra la potenza immessa in rete e la potenza teorica e risulta dal prodotto dei rendimenti parziali delle condotte (rendimento idraulico), della turbina (rendimento volumetrico), del gruppo turbina-generatore e dell’eventuale moltiplicatore di giri (rendimento meccanico) e del generatore (rendimento elettrico).

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η = ηi * ηv * ηm * ηe

Il valore del rendimento η varia tra 0,5÷0,7 per le micro-centrali, e tra 0,8÷0,9 per le mini-centrali.

Figura

Figura  6.1.1  ―  Centrale  a  deflusso  regolato  (a),  ad  acqua  fluente  (b),  a  pompaggio (c), [11]
Figura 6.2.1.– schema di un impianto idroelettrico [11]

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