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Capitolo 3 Scelta sperimentale della configurazione.

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Capitolo 3

Scelta sperimentale della configurazione.

3.1 Setup sperimentale.

La postazione di misura utilizzata nelle prove è schematizzata in Figura 31 e si compone di: • Alimentatore di tensione per LED e fotodiodi (modello);

• Voltmetro per la lettura della tensione in uscita dai fotodiodi;

• Contatore di impulsi collegato ad un sensore piezoelettrico, che permette il conteggio delle onde pressorie generate dalla formazione delle bolle di vapore.

Figura 31. Schematizzazione dell’attrezzatura utilizzata per le prove.

I rivelatori, prodotti presso l'Università di Yale, nell'ambito di una lunga collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione dell’Università di Pisa, consistono in fiale delle dimensioni riportate nello schema di Figura 32, contenenti un’emulsione di gocce di freon C-318 surriscaldato (Capitolo 2) in un gel acquoso. Le gocce, all’interno del rivelatore sono presenti solo nella zona centrale, affinché non sia possibile la nucleazione di bolle in zone limitrofe al tappo o sul fondo del rivelatore, al di fuori del campo di vista dei fotodiodi.

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Figura 32. Dimensioni dei rivelatori utilizzati durante le prove, [2].

Il tappo è forato centralmente e una membrana impermeabile Parafilm® protegge il gel dall’ambiente esterno. La membrana ha il duplice scopo di accoppiare meccanicamente l’emulsione con il sensore piezoelettrico sovrastante il tappo e permettere la ricompressione del gel una volta terminate le fasi di irraggiamento e lettura.

Infatti, dopo ogni ciclo di irraggiamento, le fiale sono inserite in un torchio idraulico (Figura 33): l’acqua contenuta al suo interno, pressurizzata mediante un pistone a vite, esercita sull’emulsione una pressione, monitorabile mediante un manometro esterno, tale da far collassare le bolle di vapore in fase liquida e rendere così la fiala utilizzabile un illimitato numero di volte.

Il cilindro, involucro della fiala, è realizzato in PVC nero, materiale noto per la buona resistenza meccanica e lavorabilità18, in versioni diverse a seconda delle configurazioni di LED e fotodiodi testate. In cilindro ha sia funzione di sostegno che di oscuramento della radiazione luminosa esterna, che altrimenti impedirebbe la misura.

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Figura 33. Torchio idraulico impiegato per la ricompressione dei rivelatori irraggiati.

.

Altri strumenti utili per le prove sono stati una telecamera collegata ad un monitor ed un termometro digitale, dotato di sonda, con risoluzione di 0,1°C e pari accuratezza..

La telecamera a tecnologia CCD TOPICA TP-508D/3 (Figura 34) è stato un ottimo ausilio per il conteggio visivo delle bolle, effettuato a fine irraggiamento, necessario come ulteriore confronto con i metodi di rilevamento ottico ed acustico.

Figura 34. Telecamera TOPICA TP-508D/3 impiegata per il conteggio ottico.

Durante la lettura ottica la fiala è immersa in un recipiente contenente acqua. L’indice di rifrazione pari a 1,33 del mezzo acquoso nonché la curvatura convessa delle pareti del becher costituiscono in pratica una lente che deforma otticamente le bolle, ingrandendole. Una fonte luminosa retrostante

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(lavagna luminosa in Figura 34) aumenta il contrasto tra le bolle di vapore ed il gel, migliorandone la visibilità.

Per effettuare le prove di irraggiamento dei rivelatori è stata utilizzata una sorgente calibrata di 241Am-Be da 1,11 GBq (30 mCi) (Figura 35), già impiegata per lo studio di fattibilità precedente, [2]. Lo spettro energetico di emissione della sorgente, misurato al PTB19, è visibile in Figura 38.

Figura 35. Geometria della sorgente Am-Be, [2].

Figura 36 Spettro della sorgente (α,n) Am-Be, [23].

Secondo le modalità di detenzione e impiego, [7], questa sorgente è utilizzata per: a) la calibrazione di dosimetri e spettrometri per neutroni;

b) misure di parametri nucleari, in particolare il coefficiente di diffusione di neutroni termici in materiali moderatori.

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La sorgente, caratterizzata da una dose a contatto dell'involucro protettivo pari a 20 µSv/h, deve essere movimentata dal solo personale autorizzato, attraverso un apposito telemanipolatore.

La postazione dell’operatore è sufficientemente lontana dalla zona controllata ove avviene l’irraggiamento della fiala, che è comunque provvista di un’appropriata schermatura. Lo schermo, visibile in Figura 37, è costituito da uno spessore di 160 mm di acqua, in grado di esercitare un azione moderante ed assorbente sui neutroni emessi dalla sorgente. Uno studio precedente, [25] ha stimato un rateo di dose, esterno alla schermatura, pari a 0,08 µSv/h, ben al di sotto dei limiti previsti dalla legge per la popolazione non esposta (Capitolo 2).

Figura 37. Schermo e sistema di posizionamento della sorgente.

3.2 Prove effettuate e scelta della configurazione definitiva.

Uno studio di fattibilità, [2], condotto presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione, ha individuato la configurazione ottimale per l’analisi ottica dell’emulsione surriscaldata. Essa è costituita da un’unità fotoaccoppiata, che si compone di unità luminose (LED) e sensori di luce (fotodiodi). È stata infatti osservata una fondamentale coerenza tra la formazione di una bolla e la variazione della tensione luminosa in uscita dai fotodiodi, ovvero della radiazione luminosa da essi rilevata.

Sono stati preliminarmente effettuati venti cicli di prove allo scopo di:

• Confermare i risultati, valutare e risolvere le problematiche sollevate in, [2]; • Verificare la conformità ai requisiti di sensibilità e precisione indicati in, [3];

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• Scegliere componenti reperibili sul mercato che garantissero prestazioni eguali o migliori di quelle ottenute in precedenza, [2];

• Confrontare le possibili configurazioni dei componenti scelti.

I cicli di prove, condotti presso i Laboratori del DIMNP in un periodo compreso tra marzo e maggio 2007, hanno permesso di individuare alcune procedure per ottimizzare la modalità d’impiego delle fiale e, più in generale, il protocollo sperimentale. Sono state infatti evidenziate alcune necessità:

• Utilizzo di fiale sufficientemente colme di gel. Fiale con un’intercapedine di aria di circa 2 mm tra la membrana ed il gel hanno infatti mostrato fluttuazioni anomale della tensione in uscita dai fotodiodi, sia durante che al termine dell’irraggiamento;

• Attesa di un tempo almeno pari a 40 minuti per la stabilizzazione della lettura. L’andamento temporale tipico della tensione in uscita dai fotodiodi durante una prova effettuata alimentando l’elettronica e i LED, ma senza irraggiare il rivelatore, è quello visibile in Figura 38; si osserva una deriva di 8 mV nell’arco di circa 30 minuti.

Figura 38. Effetto deriva di tensione.

Impiego di fiale con gel ad elevata viscosità, affinché sia impedita la risalita delle bolle.

Questo fenomeno determina infatti variazioni di tensione impreviste e conseguenti errori di misura. È necessario evitare, al medesimo scopo, infiltrazioni di acqua in fase di ricompressione;

Utilizzo di emulsioni con gocce di diametro non superiore a 70 e 80 µm. Questa dimensione

delle gocce da un lato risponde alle raccomandazioni ICRP, [3] presentando un sensibilità di 0.20 bolle/µSv, [25] e dall’altro non richiede un’illuminazione troppo elevata per poter discriminare le singole bolle.

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3.2.1 . Scelta dei componenti e confronto delle configurazioni.

Come già anticipato, l’unità fotoaccoppiata si compone di diodi foto-emettitori (LED) e fotodiodi rivelatori della radiazione luminosa generata dai LED ed opportunamente diffusa dall’emulsione, in proporzione al numero di bolle di vapore presenti al suo interno. Segue una breve panoramica sui principi fisici che regolano il funzionamento dei due dispositivi a semiconduttore, necessaria a comprendere alcuni aspetti tecnologici del dosimetro.

LED

Un LED è un dispositivo a semiconduttore, costituito, come un comune diodo, da una giunzione p-n ed è in grado di emettere radiazione luminosa pressoché monocromatica20 qualora sia posta ai suoi capi una tensione che polarizzi direttamente la giunzione. Il colore della luce emessa dipende dalla composizione e dalle proprietà di semiconduzione dei materiali e può situarsi sia nello spettro infrarosso, che nel visibile o nell’ultravioletto. L’emissione della radiazione luminosa avviene per elettroluminescenza ed è contestuale alla generazione di un flusso di corrente attraverso la giunzione: dall’anodo (giunzione p) al catodo (giunzione n). Gli elettroni, portatori di carica, vanno incontro a ricombinazione con le lacune; quando ciò si verifica l’elettrone passa ad un livello di energia inferiore ed emette il surplus energetico mediante un fotone. La lunghezza d’onda della radiazione emessa dipende dalla distribuzione e dalla profondità dei livelli energetici del materiale costituente la giunzione. Infatti Eg

h

ν

= , dove ν indica la frequenza di emissione, Eg il gap

energetico tra la banda di valenza e quella di conduzione dei portatori di carica e h è la costante di Planck (6,6256*10-34 Js). I LED più comuni sono costituiti da semiconduttori inorganici, elencati di seguito insieme al relativo colore:

• AlGaAs - rosso ed infrarosso;

• AlGaP - verde;

• AlGaInP - rosso-arancione ad alta luminosità, arancione, giallo e verde; • GaAsP - rosso, rosso-arancione, arancione e giallo;

• GaP - rosso, giallo e verde; • GaN - verde, blu e bianco; • InGaN - vicino UV, verde e blu; • SiC(substrato) - blu;

• Si(substrato) - blu;

20 A causa dell’agitazione termica dei portatori di carica, a temperatura ambiente ci si aspetta una larghezza dello spettro

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• Al2O3(substrato) - blu;

• ZnSe - blu;

• C - dimante - UV;

• AlN, AlGaN, AlGaInN - dal vicino al lontano UV.

Uno degli aspetti più interessanti dei LED, che ne hanno consacrato l’impiego in una vastissima gamma di applicazioni elettroniche, è la loro elevata efficienza (luce emessa per unità di potenza assorbita). I valori di efficienza per i LED commerciali vanno da 18 a 150 lumen/W, [26], a fronte dei soli 15 lumen/W delle lampade ad incandescenza. Il potere radiativo di un LED è tipicamente rappresentato mediante due grafici: il Diagramma di Irradiazione (Radiation Pattern, in Figura 39 alcuni tipici pattern) e il Diagramma di Intensità Luminosa Relativa (Figura 39). Il Diagramma di Irradiazione, in un sistema di coordinate sferiche, rappresenta l’andamento del campo radiativo normalizzato rispetto all’ampiezza dello stesso campo nella direzione di massima irradiazione al variare dell’angolo θ; è tipicamente una sezione a φ costante del Solido di Irradiazione. Esso fornisce informazioni riguardo la focalizzazione in direzione forward del fascio luminoso. Il Diagramma di Intensità Luminosa Relativa, invece, mostra l’intensità di campo normalizzata in funzione della lunghezza d’onda. Per la presente applicazione sono stati scelti LED (HLMP-EG15-RU000) ad alta luminosità con un’efficienza luminosa di 150 lumen/W e un angolo di emissione doppio rispetto al modello TLRH180P, usato precedentemente, e un’intensità luminosa pari a 4800 mcd.

Figura 39. Tre tipici Diagrammi di Irradiazione. Intensità luminosa relativa (%) in funzione dell'angolo di emissione in gradi.

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Figura 40. Intensità luminosa relativa (%) al variare della lunghezza d'onda (nm).

Come conferma la Figura 40, l’intensità luminosa relativa è calcolata in particolari condizioni di temperatura e di corrente circolante nella giunzione. Infatti, i processi tecnologici determinano una certa variabilità delle caratteristiche di trasferimento (If-Vf) anche di LED identici; ciò implica che,

pur applicando la stessa tensione (Vf) ai capi di LED di serie e modello identici, le correnti di

conduzione (If) e dunque le intensità di emissione (Ie) di ciascun LED possono non essere eguali

(Figura 41). È dunque necessario controllare la If dei LED, piuttosto che la Vf, al fine di ottenere

un’irradianza predicibile ed omogenea.

- - - 3 LED, marca A --- 3 LED, marca B Tensione Diretta Vf C o rr e n te I f (m A ) - - - 3 LED, marca A --- 3 LED, marca B Tensione Diretta Vf C o rr e n te I f (m A )

Figura 41. Caratteristica di traferimento per due gruppi di LED (scelti a caso) di due marche differenti.

In particolare, per le prove è stata scelta la configurazione riportata in Figura 42, che, nella sua semplicità, soddisfa il requisito di pilotare i 3 LED con la medesima corrente. Obiettivo analogo, con una configurazione differente (illustrata nel Capitolo 4), è stato conseguito nella versione finale del dosimetro.

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led 1 2 Vdc led 1 2 R equilibrio led 1 2

Figura 42. Circuito di pilotaggio dei LED utilizzato nelle prove.

FOTODIODI

Un fotodiodo è un diodo a giunzione p-n il cui funzionamento si basa sull’effetto fotoelettrico di giunzione; infatti in assenza di luce si comporta analogamente a un diodo. Una radiazione luminosa sull’intera giunzione, polarizzata inversamente, genera un flusso di portatori minoritari (rispettivamente lacune nella zona N ed elettroni nella zona P), che origina coppie elettrone-lacuna responsabili dell’effetto fotoconduttivo indotto. La densità totale di corrente (Jtot) che attraversa il

fotodiodo è data dalla somma di due contributi:

• Densità di corrente inversa fotogenerata (Jl) nella zona di svuotamento, proporzionale

all’illuminazione e praticamente indipendente dal valore della tensione di polarizzazione inversa;

• Densità di corrente di perdita o di buio, generata dall’agitazione termica dei portatori di carica. 0 1 0 (1 ) W p tot n p p D e J q qp L L α

ϕ

α

−   =  − + +   (3.1)

con φ0: flusso fotonico totale misurato in [numero di fotoni/cm2*s];

W spessore della zona di svuotamento [m]; q intensità di carica, adimensionale;

α coefficiente di assorbimento ottico [m-1];

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Dp costante di diffusione delle lacune [m];

pn0densità delle lacune all’equilibrio, [numero di fotoni/cm2*s];.

È possibile osservare come per aumentare la densità di corrente, a parità di fusso fotonico, sia necessario massimizzare i prodotti αW e αLp,che sono però fisicamente limitati dalla dimensione

della giunzione. In generale, è possibile descrivere un fotodiodo mediante un modello come quello illustrato in Figura 43. Fotodiodo reale I D Rs

-+

Vout

-Modello elettrico equivalente

1 2 Rsh

+

Vout

Csh

Figura 43. Modello elettrico equivalente di un fotodiodo.

Il modello si compone di:

Generatore di corrente I, il cui valore è direttamente proporzionale alla potenza ottica incidente Pott sulla superficie del fotodiodo. Assumendo che l'intera radiazione incidente

venga assorbita all'interno della cella: ott

q I P h η ν = ;

Diodo D, che rappresenta la giunzione p-n;

Capacità di giunzione Csh ≈ pF, dipendente dai parametri geometrici della giunzione

(Csh W A

ε

= );

Resistenza di giunzione Rsh>> 106Ω, [23];

Resistenza serie Rs, che tiene conto della caduta di tensione al di fuori dalla regione di

svuotamento, dovuta al materiale semiconduttore e ai contatti.

Nel modello sono stati trascurati i contributi di corrente dovuti a rumore esterno (corrente di buio, corrente dovuta al rumore Johnson e corrente dovuta alla radiazione di background).

La Rs, in genere inferiore al mΩ, [23], è trascurabile. Nel circuito di Figura 44 il fotodiodo è posto

in ingresso ad un amplificatore transresistivo21, e, valutando, relativamente al primo stadio di amplificazione, la risposta ad un impulso di corrente, si ottiene Io1 (avendo considerato Ri>>Rsh).

21 Il modello di amplificatore transresistivo qui presentato è semplificato. Si considera infatti che l’amplificatore si

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Vout Rsh Rf Io1 I + -+ -Io1 Csh Ri

Figura 44. Modello di fotodiodo in ingresso ad amplificatore transresistivo.

1 ( ) ( ) 1( ) sh sh t R C o sh i I t I t t e R R −   +     +  (3.2)

È immediato osservare come la risposta dinamica del sistema dipenda esclusivamente da Csh e Rsh e

dunque, considerando i valori indicati in precedenza, il limite superiore di banda è inferiore al GHz per i fotodiodi convenzionali, [23].

Nella valutazione della risposta dinamica, in un modello meno semplicistico, è però necessario considerare, oltre ai fattori geometrici citati, i seguenti fenomeni:

• Tempo impiegato dai portatori di carica per attraversare la zona di svuotamento prima della ricombinazione. Tale tempo può essere minimizzato aumentando il campo elettrico che si instaura ai capi della regione di carica spaziale, mediante opportuna progettazione della profondità della zona di svuotamento e della concentrazione di drogante;

• Diffusione dei portatori di carica generati in regioni esterne alla zona di svuotamento;

• Intrappolamento dei portatori di carica in livelli energetici inferiori generati da impurezze e difetti del materiale semiconduttore.

Il principio di funzionamento del dosimetro, come già accennato, si basa sul fenomeno della diffusione della radiazione luminosa incidente da parte delle bolle di vapore e, in misura minore, dalle gocce di emulsione. Tale fenomeno è evidentemente possibile poiché il diametro degli scatteratori (dalle decine di µm al mm) è molto maggiore della lunghezza d’onda della radiazione incidente (700 nm). Studi precedenti, [2] hanno dimostrato sperimentalmente la validità di tale principio di funzionamento per la dosimetria personale basata sulle emulsioni surriscaldate. In particolare, i componenti selezionati per l’apparato di misura utilizzato nelle esperienze precedenti sono:

• Fotodiodi (IPL 10530 DAW) in numero variabile da 1 a 2; • LED (TLR180P) in numero variabile da 1 a 3.

Le configurazioni inizialmente selezionate hanno previsto l’impiego di fotodiodi disposti lungo una generatrice del cilindro e LED ultraluminosi collocati nella parte inferiore della cilindro contenente

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la fiala. In tal modo si sono ottenuti risultati significativi, con incremento medio per bolla di 16 mV di tensione in uscita ai fotodiodi e capacità di discriminare fino a 72 bolle (Figura 45).

Rispota al carico di bolle per diverse tensioni di alimentazione dei LED

0 1 2 3 4 5 6 0 20 40 60 80 Bolle T e n s io n e F D ( V ) 1,73 V 1,80 V 1,86 V 1,90 V 1,95 V 1,99 V 2,02 V 2,06 V

Figura 45. Andamento della risposta misurata ai capi di 2 fotodiodi montati lungo una generatrice del cilindro di misura all'aumentare del carico di bolle; registrazione effettuata a tensioni di alimentazione crescenti di LED rossi ultraluminosi, [2].

Attestata dunque la buona funzionalità del metodo di rilevazione ottica delle bolle di vapore, è stato necessario valutare ed eventualmente migliorare la linearità della risposta ed accertarsi della perfetta coerenza nella lettura della dose tra il sistema in studio (incremento di tensione rilevabile per ogni singola bolla) e il conteggio ottico ed acustico.

Al fine di affrontare e risolvere tali problematiche, sono stati testati componenti e configurazioni alternativi.

Sono stati dapprima testati i fotodiodi OPT 301, dotati di un’area sensibile quasi tripla degli IPL 10530 DAW in combinazione sia con i LED ad alta luminosità TLRH180P che con LED HLMP-EG15-RU000 con angolo di emissione doppio rispetto al modello TLRH180P e intensità luminosa di 5000 mcd. L’esito di tali test è riportato in Figura 46, si osserva come gli incrementi di tensione per bolla siano sempre meno uniformi all’aumentare del numero di bolle. Le prove sperimentali hanno evidenziato inoltre la presenza di “pianerottoli” di tensione nel grafico di confronto tra la tensione in uscita dai fotodiodi e i conteggi rilevati dal sensore piezoelettrico.

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0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 T e n s io n e [ m V ] Conteggi acustici 3 LED 2 Fotodiodi

Figura 46. Andamento della tensione in uscita dai fotodiodi relativamente ai conteggi acustici, (singolo dato oltre 40 bolle).

Tali “pianerottoli” testimoniano l’assenza di incrementi di tensione a fronte della formazione delle bolle di vapore. I fenomeni evidenziati si ritiene siano imputabili principalmente all’estrema sensibilità della risposta dei fotodiodi alla distanza tra il luogo di formazione della bolla e la zona di massima risposta del fotodiodo (Figura 47).

Figura 47. Risposta relativa del fotodiodo OPT 301 in funzione dell’angolo della radiazione incidente

Una possibile soluzione alle problematiche sollevate è rappresentata dall’impiego di fotodiodi piani, essi infatti offrono il duplice vantaggio di:

• presentare una superficie maggiore, che occupa, in lunghezza, l’intera area sensibile interna alla fiala;

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Per quanto riguarda il primo aspetto, il fotodiodo, la cui geometria è riportata in Figura 48, presenta un’area sensibile di 45,2 mm2. Ciò ne determina una risposta uniforme su tutta la lunghezza della fiala.

Figura 48. Schema del fotodiodo SLD-71N4.

I risultati ottenuti con il fotodiodo Silonex SLD-71N4 e 3 LED sono riportati in Figura 49, 50 e 51.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 1600 1700 1800 1900 2000 2100 2200 2300 2400 2500 T e n s io n e [ m V ] Conteggi acustici 3 LED 1 Fotodiodo planare

Figura 49. Andamento della tensione in uscita dai fotodiodi confrontata con i conteggi acustici.

Come è possibile osservare, l’impiego di un solo fotodiodi, presenta una scarsa linearità e errori crescenti oltre le 35 bolle. Tale fenomeno è imputabile agli effetti dell’oscuramento reciproco delle bolle. Le possibili soluzioni a tale problematica prese in considerazione sono state:

• Introduzione di materiale riflettente all’interno del cilindro, che eserciti un’azione amplificatrice della radiazione dei LED;

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Sono stati dunque inseriti strati di alluminio e mylar nell’intercapedine tra la fiala e il cilindro di supporto; i risultati sono mostrati rispettivamente in Figura 50 e 51.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 400 450 500 550 600 650 700 Conteggi acustici T e n s io n e [ m V ]

3 LED 1 Fotodiodo planare con Alluminio

Figura 50. Andamento della tensione in uscita dai fotodiodi confrontata con i conteggi acustici rivestendo la parete interna del cilindro con un sottile strato di alluminio.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 500 550 600 650 700 750 800 850 900 950

3 LED 1 Fotodiodo planare con film di Mylar

T e n s io n e [ m V ] Conteggi acustici

Figura 51. Andamento della tensione in uscita dai fotodiodi confrontata con i conteggi acustici, rivestendo la parete interna del cilindro con fil di mylar.

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Come è possibile riscontrare, l’errore di misura nel secondo caso, arrivando fino a un errore percentuale del 23.5%. Al contrario il risultato ottenuto con il film di alluminio è confrontabile con quello in assenza di rivestimento; la scelta tra le due configurazioni è stata operata a vantaggio di quella che presentasse il maggior incremento medio di tensione (mediana degli incrementi, meno sensibile agli outlyer) per bolla e la minima dispersione attorno a tale valor medio. Si riportano, a tal proposito, i grafici in Figura 52 e 53.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 0 10 20 30 40 50 60 70

Distribuzione degli incrementi di tensione per bolla

Incremento di tensione [mV] R ic o rr e n z e

Figura 52. Distribuzione degli incrementi di tensione nella configurazione senza rivestimento.

0 5 10 15 20 25 30 35 40 0 5 10 15 20 25 30 35

Distribuzione degli incrementi di tensione per bolla (con Al)

Incremento di tensione [mV] R ic o rr e n z e

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Mentre il valore mediano vale 5 mV per entrambi le configurazioni, la deviazione standard vale 6,13 in presenza di rivestimento di alluminio e 5,5 altrimenti. Si opta dunque per quest’ultima configurazione, più immune a errori casuali di misura e dunque più accurata.

È stata successivamente valutata la seconda possibilità, ovvero l’introduzione di più fotodiodi, onde aumentare l’area sensibile complessiva. In particolare sono stati utilizzati tre fotodiodi, equispaziati a 120° l’uno dall’altro, a garanzia di una ricezione omogenea del segnale luminoso e di un campo di vista uniforme su tutta la fiala, che limitasse le problematiche relative all’oscuramento reciproco tra le bolle. I risultati, mostrati in Figura 54, indicano un’ottima linearità e una dispersione uniforme attorno al valor medio; per tali motivi è stata scelta quest’ultima come configurazione finale del dosimetro. 0 5 10 15 20 25 30 35 950 1000 1050 1100 1150 1200 1250 Conteggi acustici T e n s io n e [ m V ]

3 LED 3 Fotodiodi planari

Figura 54. Andamento della tensione in uscita dai fotodiodi, a confronto con i conteggi acustici, impiegando 3 LED e 3 fotodiodi.

L’esigenza di utilizzare 3 LED per il buon funzionamento del sistema di lettura ha posto il problema del riscaldamento dell’emulsione ad essi attribuibile e del dispendio energetico per la loro alimentazione. Per tentare di risolvere queste problematiche è stata valutata la possibilità di ricorrere a un’alimentazione pulsata dei LED.

L’apparato sperimentale impiegato è composto da due termocoppie digitali, per rilevare sia la temperatura esterna che quella dell’emulsione, e da un microcontrollore (PIC12F675) programmato mediante il software MPLAB per il pilotaggio dei LED. Il semplice pilotaggio digitale adottato

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consiste nel controllo del livello di tensione su una delle porte d’uscita disponibili del microcontrollore: un livello di tensione basso (0.6 V) porta i LED in conduzione poiché la tensione ai loro capi è 7.4 V, maggiore della tensione di soglia idealmente necessaria per la loro accensione (pari a 5.7 V). Al contrario un livello alto di tensione determina una caduta di tensione di 3.7 V, insufficiente all’accensione dei LED. La generazione di un’onda quadra a frequenza e duty cycle opportuni determina un’illuminazione pulsata con la medesima temporizzazione.

La Figura 55 mostra l’andamento della temperatura dell’emulsione, misurata ponendo la termocoppia vicino alla parete esterna della fiala a contatto con il fotodiodo. Nonostante l’elevata frequenza di alimentazione dei LED il riscaldamento evidenziato è pari a 0,1°C ed è quindi trascurabile. 20,5 20,8 21,0 21,3 21,5 21,8 0:00 0:30 1:00 1:30 2:00 Tempo (hh:mm) T e m p e ra tu ra ( °C ) Temperatura emulsione Temperratura esterna

Figura 55. Andamento della temperatura dell’emulsione utilizzando 3 fotodiodi e 3 LED con alimentazione pulsata a 20 Hz.

Figura

Figura 31. Schematizzazione dell’attrezzatura utilizzata per le prove.
Figura 32. Dimensioni dei rivelatori utilizzati durante le prove, [2].
Figura 34. Telecamera TOPICA TP-508D/3 impiegata per il conteggio ottico.
Figura 36 Spettro della sorgente (α,n) Am-Be, [23].
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