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9. Affinamento di acque reflue al fine del riutilizzo nel ciclo conciario

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Academic year: 2021

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9. Affinamento di acque reflue al fine

del riutilizzo nel ciclo conciario

1. Introduzione

Quello dell’acqua e del suo risparmio è oggi un problema molto sentito in modo particolare in quei settori ad elevato sfruttamento delle risorsa idrica come quello conciario.

Dal grafico in Figura 9.1.1 si vede che nel comprensorio si consumano quantità molto consistenti d’acqua che variano sensibilmente con l’andamento del mercato e che si attestano all’incirca su valori pari a 5,8 milioni di metri cubi anno.

Figura 9.1.1 - consumo di acqua negli ultimi anni nel comprensorio del cuoio

Per dare un’idea del consumo d’acqua basti pensare che per ogni chilo di pelle prodotta sono utilizzati nella filiera mediamente 40 litri d’acqua, e che tale volume è già il frutto di una evoluzione del processo se si pensa che negli anni '50 per ogni chilo di pelle ne venivano impiegati circa il doppio.

Si capisce quindi che l’acqua è una risorsa fondamentale dell’intero settore e una razionalizzazione del suo impiego è oggi una necessità per evitare in futuro il depauperamento di tale risorsa e problemi di dissesto idrogeologico dell’intera area.

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Lo studio realizzato, in collaborazione con il Depuratore Aquarno S.p.A e il Polo Tecnologico conciario (PO.TE.CO), è stato focalizzato sulla possibilità di affinare reflui civili allo scopo di riutilizzarli come acqua di processo nel ciclo conciario.

Il Comprensorio sembra infatti aver scelto come linea strategica d’intervento l’acquisizione, per il loro trattamento, di reflui domestici, in quantità la più elevata possibile, da quelle aree dell’A.T.O. n°2 dove i sistemi di depurazione non sono stati sviluppati oppure sono frammentati in tanti piccoli impianti la cui gestione è caratterizzata da scarsa efficienza tecnica e da elevati oneri economici.

Il convogliamento nel Comprensorio del Cuoio di notevoli quantitativi di scarichi domestici, risponde ad una logica tecnico-economica ed ambientale, poiché da un lato risolve, concentrando gli scarichi, i problemi tecnici della depurazione di relativamente piccoli agglomerati urbani , dall’altro costituisce una risorsa idrica nella zona a massima densità di emungimento dalle falde, rendendo possibile ed economicamente compatibile il riutilizzo delle acque depurate, oltre a consentire un’ottimizzazione del trattamento dei reflui industriali con un sensibile miglioramento della qualità dello scarico finale.

Da tali scelte, nasce quindi la necessità di sviluppare tecniche di depurazione altamente efficienti, tali da consentire abbattimenti degli inquinanti (organici, salinità, microbiologici) per il riutilizzo delle acque reflue come acqua di processo.

Gli attuali impianti di depurazione al servizio del comprensorio, grazie al continuo rinnovamento tecnologico, hanno raggiunto una notevole efficienza, garantendo rendimenti di depurazione dal 98% al 99,5% di abbattimento del carico inquinante in ingresso in relazione al parametro considerato.

Le prestazioni raggiunte attualmente rappresentano il massimo risultato ottenibile da tecniche di depurazione tradizionali (primario – biologico - terziario) economicamente sostenibili dall'attività produttiva.

L'assoluta difficoltà di migliorare ulteriormente le prestazioni è determinata dall'elevata concentrazione del carico inquinante industriale (stimato in 2,5 - 3 milioni di abitanti equivalenti) in rapporto alle acque domestiche collegate agli impianti e disponibili nei territori comunali direttamente interessati (poco oltre 60.000 abitanti residenti).

Infatti, mentre il rapporto idrico delle acque utilizzate dall'industria conciaria, rispetto a quelle usate dalle attività domestiche risulta di 1,75 (quindi inferiore al doppio) il carico

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inquinante organico di origine industriale è circa 45 volte superiore a quello di natura domestica.

Tale squilibrio determina notevoli difficoltà per quanto riguarda il rispetto dei limiti di scarico vigenti, soprattutto per quegli inquinanti quali ad esempio gli ioni cloruro e solfato che in un tradizionale impianto di trattamento non possono essere eliminati. Nell’ottica di limitare l’emungimento dell’acqua di pozzo riutilizzando i reflui che vengono trattati dei depuratori consortili come acqua di processo, è necessario che la qualità dell’acqua riutilizzata rispetti due vincoli fondamentali: deve garantire una qualità del prodotto finito pari a quella che viene attualmente ottenuta con l’acqua dei pozzi, e deve inoltre rispettare quelli che sono i limiti normativi in materia di riutilizzo delle acque (DM 185/03). Sotto questo secondo aspetto, l’articolo 1-comma 2 del DM 185 legifera che “Il riutilizzo deve avvenire in condizioni di sicurezza ambientale, evitando alterazioni agli ecosistemi, al suolo ed alle colture, nonché rischi igienico-sanitari per la popolazione esposta e comunque nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di sanità e sicurezza e delle regole di buona prassi industriale e agricola”. Per garantire il rispetto dei limiti imposti dal DM 185 e una qualità dell’acqua soddisfacente le esigenze della produzione conciaria, è necessario adottare tecnologie depurative molto efficienti sia in termini di abbattimento del carico organico che da un punto di vista microbiologico e soprattutto di salinità.

La necessità di una qualità costante dell’acqua di processo, i limiti imposti dalla normativa vigente sul riutilizzo delle acque e gli elevati standard qualitativi dell’acqua richiesti per il processo produttivo hanno indirizzato la ricerca su processi di separazione con membrana.

La tecnologia della separazione mediante membrane è infatti oggi ben consolidata e largamente impiegata, e offre ampie garanzie di efficienza, gestione e affidabilità fino a qualche anno fa difficilmente raggiungibili. In particolare i vantaggi che i processi di separazione a membrana offrono sono:

- elevata efficienza di separazione;

- possibilità di abbattere alcune sostanze particolari (quali cloruri, solfati, ioni della durezza) altrimenti difficili se non impossibili da eliminare a costi sostenibili;

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- possibilità di trattare anche elevate quantità di acqua grazie alla “modularità” di tali impianti;

- possibilità di utilizzare in serie membrane via via più selettive e specifiche per raggiungere livelli di depurazione sempre più spinti.

La sperimentazione è stata inizialmente indirizzata verso l’impiego di una membrana di ultrafiltrazione. In questa prima fase, è stata valutata la possibilità di trattare sia acqua proveniente da un refluo civile, sia da un refluo industriale, ma fin dai primi test è emersa la difficoltà di trattare un refluo di origine industriale a causa del suo elevato carico inquinante che mal si addice ad un processo a membrana che è principalmente un metodo di “affinamento” e quindi risulta applicabile su acque già parzialmente pulite. La sperimentazione dopo i primi test, è stata quindi subito indirizzata verso il trattamento dei reflui di origine civile, ed in particolar modo, il refluo impiegato è quello proveniente dal sedimentatore dell’ossidazione biologica dell’impianto Aquarno. Il passo successivo della sperimentazione è stato quello di installare in serie al trattamento di ultrafiltrazione una membrana di nanofiltrazione per verificare la possibilità di migliorare ulteriormente la qualità dell’acqua.

Parallelamente a tale sperimentazione, è stata sviluppata una seconda linea di ricerca che ha riguardato la progettazione, la costruzione e la messa in marcia di un bioreattore a membrana (MBR) alimentato con il refluo civile proveniente da Fucecchio. I bioreattori a membrana stanno trovando larghi consensi soprattutto nel settore civile poiché abbinano la depurazione a fanghi attivi ad una separazione con membrana, permettendo di raggiungere elevate efficienze di abbattimento del carico organico e un contenuto di solidi sospesi nell’acqua in uscita pressoché nullo. L’acqua in uscita dall’MBR è stata successivamente inviata alle sezioni di affinazione di ultra e nanofiltrazione per migliorare la qualità dell’acqua ai fini di un suo riutilizzo in conceria.

Riassumendo, la sperimentazione sul trattamento delle acque è stata suddivisa in due principali linee di ricerca:

- affinamento mediante membrane di ultra e nanofiltrazione del refluo civile proveniente dal sedimentatore della sezione di ossidazione biologica e denitrificazione

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- trattamento in un bioreattore a membrana del refluo proveniente da Fucecchio tal quale e successivo affinamento mediante ultra e nanofiltrazione

Successivamente, la ricerca è stata focalizzata sul reimpiego delle acque trattate nel ciclo conciario, e in particolar modo nelle fasi di concia e riconcia, andando a

confrontare le qualità finali del cuoio ottenuto lavorando con acque depurate ed affinate, con quello lavorato con acqua di pozzo.

2. Il depuratore Aquarno

2.1. Caratteristiche generali

Il depuratore si trova nel comune di Santa Croce sull’Arno ed è gestito dal Consorzio Aquarno S.p.A.

Come si può vedere dalla planimetria, si sviluppa per una lunghezza di circa 1200 metri a cavallo dell’Antifosso e del canale Usciana (che si immette in Arno a livello delle cateratte).

I lavori per la costruzione dell’impianto sono terminati nel 1974 (l’impianto è entrato in funzione a fine agosto del 1974) e da allora ha subito continui ampliamenti per adattarsi ai sempre maggiori standard qualitativi imposti dalla legge e al sempre maggiore volume dei reflui da trattare.

Attualmente l’impianto ha una volumetria costituita da oltre 100000 metri cubi di vasche.

Il depuratore riceve gli scarichi industriali di Santa Croce, una parte di quelli di Fucecchio e una parte di quelli provenienti da Castelfranco di Sotto. All’impianto, oltre agli scarichi industriali, arrivano anche quelli civili di Santa Croce ed una parte di quelli di Fucecchio.

Le acque miste civili e quelle industriali pervengono all’impianto separate grazie alla suddivisione della rete fognaria civile da quella industriale. In questo modo i liquami civili possono bypassare la fase di abbattimento dei solfuri, cui sono sottoposti i reflui industriali, ed essere inviati dopo grigliatura, ad una vasca di sedimentazione primaria. Le portate medie giornaliere con le quali è stato dimensionato l’impianto sono 24650 m3/g per i liquami industriali e 5350 m3/g per quelli civili in tempo asciutto, comunque, anche in caso di pioggia la portata media giornaliera non può superare la portata

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massima dell’impianto che è 36000 m3/g. Nel caso di pioggia consistente il surplus delle acque meteoriche, addotte tramite la fognatura di Santa Croce, viene inviato in Antifosso impiegando tre coclee di sollevamento, il cui funzionamento è legato ad interruttori di livello del pozzo dove arriva il liquame.

Le portate medie delle acque reflue in ingresso all’impianto sono: - 150 m3/h per i reflui civili

- 600 m3/h per i reflui industriali per un volume annuo di 5.9*106 m3.

Nel prossimo paragrafo verrà descritto brevemente l’impianto, limitatamente alla sola linea di trattamento dei reflui civili, perché sono quelli che costituiscono l’oggetto di studio della sperimentazione.

2.2. Depurazione dei reflui civili

Insieme alla planimetria è riportato lo schema di funzionamento dell’impianto, cui farà riferimento tutta la descrizione riportata nel presente paragrafo.

I reflui civili, dopo una preliminare grigliatura per togliere i solidi sospesi più grossolani, vengono inviati ad una vasca di sedimentazione primaria del volume di 900 m3 (16); i relativi fanghi primari (quantità trascurabili) vengono mandati agli ispessitori primari (18), mentre i liquami chiarificati sono inviati al successivo trattamento di ossidazione biologica (7a). Dopo questo trattamento i liquami subiscono una denitrificazione (7b) e una conseguente sedimentazione per rimuovere i fanghi prodotti (8). La sedimentazione avviene in quattro vasche rettangolari del volume di 900 m3 ciascuna. Dopo la sedimentazione le acque chiarificate vengono unite a quelle industriali e inviate ai successivi trattamenti.

L’acqua utilizzata nel presente lavoro di sperimentazione è stata prelevata dopo l’ultima delle quattro vasche di sedimentazione (8), cioè prima che i reflui civili depurati venissero uniti a quelli industriali.

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2.2.1. Grigliatura

Quando è necessario asportare solidi grossolani si ricorre ad una preliminare grigliatura, facendo passare l’acqua attraverso un setto costituito da barre metalliche, da una rete a maglie di dimensioni opportune, da piatti forati, ecc.

2.2.2. Sedimentazione

La sedimentazione o decantazione è un trattamento per la separazione di particelle solide da un liquido, basato sulla forza di gravità. Agisce quindi sui solidi sedimentabili, cioè su quei solidi che hanno densità e dimensioni tali da avere tempi di deposizione tecnologicamente accettabili (4-24 h).

La sedimentazione si realizza in vasche opportunamente conformate in modo da facilitare la separazione delle particelle, la loro raccolta sotto forma di fango, la concentrazione e successiva estrazione del fango.

Per ottenere una buona sedimentazione occorre che sia assicurato un sufficiente tempo di permanenza nell’apparecchiatura e che il carico idraulico superficiale (rapporto tra portata di refluo e superficie della vasca) non superi un certo valore. Questi parametri sono scelti sulla base di criteri che dipendono dal meccanismo di deposizione delle particelle, ed eventualmente anche dal grado di ispessimento richiesto per il fango.

2.2.3. Ossidazione biologica

L’ossidazione biologica è un trattamento che realizza il controllo e l’eliminazione della sostanza organica mediante processi biologici del tutto analoghi a quelli che avverrebbero spontaneamente in natura, qualora i liquami fossero direttamente immessi in corpi idrici (fiumi, laghi, mare) o dispersi nel suolo.

Il trattamento consiste nell’ossidazione biologica delle sostanze organiche biodegradabili presenti nell’acqua ad opera di adatti microrganismi. Nei più comuni processi di trattamento biologico di acque reflue civili si impiegano colonie di batteri aerobi, cioè che hanno bisogno dell’ossigeno per vivere, ed eterotrofi, cioè che ricavano l’energia necessaria per vivere dalla trasformazione delle sostanze organiche presenti. L’attività dei batteri si esplica secondo diverse azioni, le più importanti delle quali sono:

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ƒ la respirazione, consiste nell’ossidazione del substrato organico con produzione di energia e di cataboliti (prodotti finali di trasformazione) come CO2 e H2O;

ƒ la sintesi di nuove cellule batteriche;

ƒ la respirazione endogena, consiste nell’ossidazione della materia vivente dei microrganismi stessi, che si attua allorché diminuisce la disponibilità di altri nutrienti organici.

2.2.4. Denitrificazione

Il processo di denitrificazione mira alla rimozione della sostanza azotata, presente in fase acquosa sotto forma di NO3 e in parte di NO2 ad opera di batteri eterotrofi

denitrificanti che sono in grado di trasformare NO3 quasi interamente in N2 gassoso. Se

l’azoto è presente nei liquami principalmente in forma ammoniacale, i sistemi di denitrificazione devono essere accoppiati a sistemi di nitrificazione che siano in grado di trasformare la maggior parte dell’azoto in azoto nitrico.

La denitrificazione è operata da batteri presenti nelle normali fasi biologiche ossidative, che posti in condizioni di anossia (assenza di O2 atmosferico) possono utilizzare i nitrati

Figura

Figura 9.1.1 - consumo di acqua negli ultimi anni nel comprensorio del cuoio

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