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CAPITOLO 4 L’ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLA SEGRETERIA COSIMIANA

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CAPITOLO 4

L’ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLA SEGRETERIA COSIMIANA

È molto difficile ricostruire l’organizzazione della segreteria durante il principato di

Cosimo I perché le competenza non sono ancora definite e perchè è il duca che di volta in

volta incarica uno dei suoi segretari per particolari negozi da portare a termine. Tuttavia

attraverso l’analisi della documentazione e in particolare della corrispondenza, conservata

presso l’Archivio di Stato di Firenze, è possibile cercare di definire le competenze dei più

stretti collaboratori del Duca.

Come si è detto, sin dall’inizio del suo principato Cosimo si circonda di persone fidate,

i segretari, che lavorano inizialmente sotto la direzione di Francesco Campana, nominato

dal Duca primo segretario. Lo strumento principale attraverso il quale Cosimo riesce ad

controllare tutti gli affari dello Stato e a essere in comunicazione con tutte le più importanti

corti europee, è una fitta rete di corrispondenze, centinaia di lettere, spedite e ricevute dalla

Segreteria medicea, lette e smistate da pochi e fidati collaboratori che si preoccupano di

mantenere informato il duca su tutti i negozi che lo riguardano. Le missive relative agli

affari di ordinaria amministrazione pervengono al Duca sunteggiate dai segretari e a questi

ritornano con la risoluzione. Se occorrono delucidazioni e informazioni i segretari passano

le lettere ai magistrati competenti ed allora sulle relazioni di questi, il principe segna la

decisione e rimette alle ai suoi funzionari di fiducia o alle stesse magistrature ordinarie

l’esecuzione del negozio. Nonostante l’organizzazione della Segreteria si strutturi solo con

Ferdinando I

1

, già con Cosimo il sistema sembra funzionare adeguatamente, sebbene

1

Ferdinando I, salito al trono nel 1587, riorganizza la segreteria e il 2 novembre 1587 emana un motuproprio che fissa le mansioni dei segretari. Nomina primo segretario Piero Usimbardi e due segretari “con dipartimento”, Antonio Serguidi e Belisario Vinta in L. CANTINI, Legislazione, op. cit. ,vol. XII, Firenze 1804, pp. 10-11: “Il Serenissimo Gran Duca di Toscana volendo dar regola et modo di procedere col quale habbia a governarsi la sua segreteria et distinguere le cariche di ciascuno nei quali devino servirete con la divisione di essi porre gli ordini, dichiara per suo secretario in capite messer Piero Usimbardi, quale intende che sia conscio et partecipe di tutti li negotii che passeranno per mano delli altri et che li mandino a vedere le lettere delle loro provincie doppo che le haranno lette a Sua Altezza […]”.

al Serguidi e all’Usimbardi Ferdinando I affida la soprintendenza agli affari delle milizie e della marina granducali, delle fortificazioni, degli arsenali e del porto di Livorno gettando le basi della Segreteria di guerra; prima tutte queste funzioni erano svolte da Cosimo in persona o rimessi all’uno o all’altro dei segretari;

quanto ad Antonio Serguidi e Belisario Vinta, le loro mansioni sono così stabilite: “Il cavalier Serguidi eserciterà la carica dei negotii di Francia, di Genova, di Napoli, etiam attenenti a Don Antonio, di Sicilia, di Malta, d’Urbino, dell’ambasciatore di Lucca, delle galere, del porto di Livorno et Ferraio, della Religione di S. Stefano, lettere di liberazione di forzati di Stati di S. A. o forestieri ai Turchi, quando occorrerà loro scrivere, salvacondotti per banditi delli altri Stati, quali non si faccino in iscritto, et ne terrà un libro per alfabeto, li negotii attenenti alla Pratica Secreta etiam per conto di Pistoia, materie ecclesiastiche di patronati di S. A. et luoghi pii et publici da lei amministarti, elemosine, possessi di benefizii et simili. Il

(2)

questo importante servizio mostri di non avere ancora una propria organizzazione.

Sembrano piuttosto le circostanze e le competenze specifiche di ognuno di essi che

spingono il Duca ad affidare a questo o a quello un incarico particolare. Quindi un certo

numero di segretari, a seconda delle circostanze storiche, è inviato dove un negozio lo

richiede, altri rimangono a Firenze e altri ancora accompagnano il Duca nel caso questi si

sposti dalla città.

Gli spostamenti di Cosimo sono frequenti; a Pisa, Livorno, Piombino, a Pietrasanta, a

Cerreto Guidi, a Castello, a Poggio a Caiano

2

. Non sempre le condizioni dei segretari,

soprattutto quando accompagnano il Duca in una battuta di caccia, sono le migliori

3

; molto

spesso sono costretti a trovare una sistemazione provvisoria per la notte e alcuni

raccontano di aver dormito su una panca ravvolti nelle loro cappe

4

. Anche in questi casi i

segretari mantengono una corrispondenza costante con la segreteria fiorentina; numerose

sono le lettere in arrivo da Firenze alle quali i segretari rispondono dopo aver informato il

Duca e sentito le sue disposizioni. Quando Cosimo è impegnato in qualche battuta di

caccia è molto difficile per i segretari tenerlo informato sulle missive in arrivo. In una

lettera dell’ottobre del 1546 Lorenzo Pagni si scusa con il Riccio per non aver risposto alla

lettera inviatagli il giorno precedente poiché il Duca, impegnato a caccia, non ha dato

risposta a quanto gli si chiedeva

5

. In ogni caso tutti scrivono e ricevono continuamente

cavalier Vinta eserciterà la carica dei negotii di Corte cesarea et di tutti li principi oltramontani, eccettuata la Spagna et Francia, quelli di Venetia, Milano et Ferrara et di tutti li principi d’Italia […]”.

2

Diversi sono i segretari che accompagnano Cosimo e la famiglia nei soggiorni fuori Firenze. Nel settembre 1549 è a seguito della famiglia Medici messer Conti Giovanni che descrive al Riccio le attività di Cosimo a Poggio a Caiano, in ASFi, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari, 1175, ins. 6, c. 23, lettera di Giovanni Conti del 29 settembre 1549, “ […] Io attendo ogni mattina a star’ con Sua Ex. tia nella fraschonaia, benché fino al presente con poco profito di tordi. Et la sera a cenare con tanto piacere quanto dir’ si possa. Et fino a 4 hore a leger’ la storia del miracoloso Ghovio, qual comparse hiersera con un altro quaderno. Et ogni sera sen’andrà leggendo un brano con assai satisfactione et piacer’ di S. Ex.tia […]”.

3

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari, f. 1170, ins. 1, c. 38, lettera di Lorenzo Pagni da Poggio a Caiano al Riccio a Firenze del 6 giugno 1541, “[…] Da Poggio, ove peggio sto che mai stessi, perché stassi Vincentio Marzi nel mio letto et l’atto non è buono anzi disonesto, ma egli desina et sta allato a Monsignor per mi insegnare vivere al mondo, et bisognerà che io mandi per un lettaccio, et star sul lettuccio […] Mi scordavo dire alla S. V. che si degni mandarmi X quinterni di carta, X rotoli di cera, et farmi mandare dal Toso di quella polvere gialla da mettere su le lettere, et detto facessi dare alla Tommasa il mio sigillo et lo mandi subito […]”.

4

C. CONTI, La prima reggia di Cosimo I de’ Medici, op. cit. , p. 233.

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari, f. 1170/a, lettera di Lorenzo Pagni da Poggio a Caiano al Riccio a Firenze del 28 ottobre 1545, “[…] Li ho da dire un’altra cosa, che dove noi segretarj quando eravamo manco numero habbiamo havuto sempre due letta, hora fra tutti non habbiamo havuto né potuto havere se non uno, di maniera che a Agnolo tocca dormire sulle banche […]”.

5

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari, f. 1172, ins. 5, c. 9, lettera inviata da Lorenzo Pagni da Poggio a Caiano al Riccio a Firenze del 29 ottobre 1546, “[…] Io non risposi hieri alla carta di V. S. del medesimo giorno, perché S. Ecc. a se n’andò alla pavoniera a pigliare de’ tordi, merli, et uccellini, et amazzare dell’anatre con e’ falconj et astorj, et non mi dette risposta di quanto V. S. scriveva. Et havendomela data stamanj, risponderò a quella di hieri […] dicendolj che S. Ecc. a vuole a ogni modo quei librj del Campana buona memoria […]”.

(3)

corrispondenza in modo incrociato con lo scopo di tenere sotto controllo tutti il territorio,

gli affari dello Stato e quelli europei.

Conosciamo tutta la corrispondenza della segreteria medicea perché i segretari

registrano puntualmente tutte le lettere inviate. Queste sono raccolte in filze e registri;

le prime dovrebbero conservare le minute e i secondi costituire il copialettere. Questo non

si verifica per il periodo del principato di Cosimo I perché la segreteria non è ancora

perfettamente organizzata. Dall’analisi dei registri e delle filze se ne deduce che molto

spesso il registro segue il segretario che accompagna il Duca nei suoi spostamenti e vi sono

registrate le lettere spedite in questi frangenti, mentre le filze delle minute contengono le

lettere spedite da Firenze e da altri segretari nel medesimo arco cronologico

6

.

A testimonianza di questo si riporta parte della struttura del registro 202 che si riferisce

al periodo dal settembre 1553 al luglio 1554

7

. A c. 17 verso si legge, di mano di Cristiano

Pagni, la postilla “Alli 24 di dicembre 1553 si torna a Fiorenza”; tale affermazione è

preceduta da un salto cronologico di circa una mese, dal 1 al 29 novembre 1553. Le lettere

per il periodo cronologico sopradetto che non compaiono nel registro sono raccolte nella

filza 26

8

e, a conferma di quanto scritto dal Pagni, sono tutte spedite da Livorno e Pisa.

Nel registro 195 che copre un arco temporale dal 1 giugno 1551 al 22 giugno 1554, si

evidenziano due salti cronologici: il primo dal 29 ottobre 1551 all’8 maggio 1552 e il

secondo dal 7 luglio 1552 al 13 giugno 1554. Anche in questo caso le missive relative a

questi due periodi sono raccolte nelle filze dalla numero 20 alla 26 della serie “Minute di

lettere”.

Il registro molto probabilmente segue il segretario nei vari spostamenti della corte

9

;

questi annota le lettere inviate sul registro e non si preoccupa di redigerne prima le minute

che quindi oggi non compaiono nelle filze corrispondenti cronologicamente.

Successivamente, a partire dal principato di Francesco I, si troverà una corrispondenza tra

6

Ho evidenziato tale peculiarità in tutte le unità archivistiche analizzate e ho riportato il dato nel campo cronologia dell’area note delle schede di descrizione.

7

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Registri di lettere, 202, c. 17v.

8

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Minute di lettere, 26, cc. 272-316.

9

Ne è testimonianza una lettera inviata da Graseina, dove la corte trascorre un breve periodo di riposo, al Vicerè di Napoli, del 15 febbraio 1543, dove si danno notizie sulla salute dei membri della famiglia e ci si rallegra per la convalescenza del re in ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Registri di lettere, 184, cc. 81v. e 82r. , “ […] La Duchessa et io partiamo avanti hieri di fiorenza, et ci troviamo qui in questo nostro luogo di Graseina, dove passiamo tempo con qualche bella caccia, et siamo sani et in buona voglia, et tanto maggiormente di poi che abbiamo inteso […]la convalescentia di V. Ex. a che a dio piaccia conservarla lungo tempo, si come le stessa et noi desideriamo: Don Francesco Donna Maria et Donna Isabella sono sani et freschi come rose, li habbiamo lasciati in Fiorenza con la S. ra Maria madre […]”.

(4)

le minute, raccolte nelle filze, e le lettere scritte nei registri, segno di una maggiore

organizzazione delle segreteria.

Questa fitta corrispondenza è affidata a un servizio di posta molto efficiente. Le lettere

sono affidate a corrieri, i“cavallari”, che con frequenza regolare e prestabilita, a seconda

dell’importanza del collegamento, percorrono la penisola mettendo in contatto le corti

italiane con le principali europee. In alcuni casi il collegamento tra le due corti è costante;

in altri si dice espressamente che la lettera è affidata a un corriere di passaggio o a uomini

di fiducia che devono compiere quel percorso

10

. Nel caso la notizia da comunicare sia

particolarmente urgente si leggono espressioni del tipo “per corriero expresso”, come

nella lettera del 7 gennaio 1547 inviata al Serristori

11

o “staffetta sino a Trento”sempre in

una lettera inviata all’ambasciatore romano nel settembre del 1546

12

o, per esempio, “Per

Bartolo Corrierj” in una lettera del 14 novembre 1549

13

allo stesso Serristori. Ancora si

scrive al segretario, in questo caso Francesco Vinta, che risiede presso la corte di don

Ferrando Gonzaga, di spedire le lettere particolarmente urgenti tramite staffette o corrieri

espressi; altrimenti, se il caso non lo richiede, la corrispondenza può essere affidata ai

cavallari che ordinariamente percorrono il tragitto da Milano a Roma

14

. Da alcune lettere si

evince che in molti casi i percorsi dei cavallari non sono sicuri e la posta è intercettata e

requisita. Ne è esempio una lettera invita a Cristiano Pagni nel maggio del 1544, dove si

consiglia di scegliere per la spedizione delle missive il cammino di Genova e non quello di

Piacenza, Reggio e Bologna

15

. Molte sono le notizie affidate alla carta; alcune, sempre

10

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Minute di lettere, f. 8, c. 107, in alto a sinistra si legge “Per duj gentilominj sicilianj” in riferimento al mezzo di spedizione della lettera inviata a don Francesco di Toledo.

11

ARCHVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Minute di lettere, f. 8, c. 303, lettera inviata ad Averardo Serristori il 7 gennaio 1547.

12

ARCHVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Minute di lettere, f. 8, cc. 56-62, lettera ad Averardo Serristori del 22 settembre 1546.

13

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Minute di lettere, f. 13, c. 143, a lato di una lettera inviata da Cosimo ad Averardo Serristori il 14 novembre 1549, “Per Bartolo Corrierj partito a’ XV a’ hora XVIIII. Per luj si mandorno 5 fogli sotto scritti di mano di S. Ecc. a et altrj otto se ne mandano per M. Bart. o albizinj”.

14

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Minute di lettere, f. 7, c. 22v. , lettera inviata a Francesco Vinta il 21 luglio 1546, “[…] non mancherete di spedir staffette, o, corrieri espressi non lo facendo però, se non per bisogno urgente et importante:Delle altre cose ordinarie potrete scrivere per le cavalcate che ordinariamente si spediscano da Milano à Roma […]”.

15

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Registri di lettere, 185, c. 61v. , lettera inviata a Cristiano Pagni il 13 maggio 1544, “Noi restiamo Maravigliati che non ci habbiate scritto dalli V del presente sino a questo giorno, et tanto maggiormente, havendo ricevuto hiermattina una lettera del S. Marchese delli VII in la quale ci diceva che voi ci scriveresti di quello che avevano fatto e Franzesi, et in che termine si havevano le cose di sua ecc. a onde non possiamo se non dubitare d’una delle due cose, o che vi troviate malati, o che pure havendo scritto le vostre lettere sieno state intercettate et ritenute:rendendoci certi che di presente in molti luoghi del Cammino da Pavia a Bologna, siano visitati tutti li spacci che vanno innanzj et indietro:Però, ci accade dirvj che quando vi occorrerà scrivercj cosa alcuna di momento, lo facciate per il Cammino di Genova, et non per quello di Piacenza di reggio o di bologna. […]”.

(5)

comunque importanti, riguardano questioni di secondo piano, altre invece informano

sull’avanzamento delle truppe nemiche, su trattative segrete, su decisioni importanti prese

dalla corte e comunicate a regnanti degli altri Stati.

Per ovviare all’inconveniente della posta requisita e per evitare che informazioni riservate

siano intercettate dai maestri di posta, dai corrieri e dagli incaricati diplomatici, parti delle

missive sono cifrate e le lettere sono sostituite da serie di numeri. Questo è evidente nelle

filze di minute dove le parti della missiva da cifrare sono sottolineate o evidenziate

lateralmente e accanto campare la scritta “Cyfra”. Non mancano inoltre forme accelerate

di avviamento affidate essenzialmente alla premura del consegnatario e segnalate

nell’indirizzo.

L’analisi della documentazione mi ha permesso di individuare a chi siano affidate le

operazioni di cifratura all’interno della segreteria. Molto probabilmente si occupa di

questo Agnolo Dovizi come si evince da una nota in calce ad una lettera che recita: “A

mess Agnolo che la scriva in Cyfra”

16

.

Oltre alla corrispondenza in partenza dalla segreteria, i segretari raccolgono con cura

anche tutta la corrispondenza in arrivo, confluita ora nella serie “Carteggio Universale”.

Tra i mittenti delle missive si trovano anche i segretari che scrivono al Duca per

questioni di politica interna o estera ma anche per chiedere intercessioni per sé o per

parenti e conoscenti. Gli esempi sono molti: Ugolino Grifoni nel dicembre 1543 scrive a

Lorenzo Pagni perché riferisca al Duca come il benefizio concesso al cappellano Monicello

per sua intercessione sia stato reso vano dal rescritto di messer Lelio Torelli in favore di un

altro. Tuttavia ora sono state trovate tutte le scritture, antiche e moderne, e anche il Torelli

ha potuto verificare come il patronato sia fondato a favore del protetto del Grifoni

17

.

L’analisi della documentazione archivistica permette di identificare i segretari che

rimangono nella maggior parte delle occasioni a curare gli affari a Firenze e quelli che

vengono inviati dal Duca nelle più importanti corti europee. Tra i primi sicuramente è da

annoverare Pier Francesco Riccio

18

. È più facile ricostruire l’operato di questo segretario

16

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Minute di lettere, f. 18, c. 20 bis, nota riferita alla lettera inviata a un certo Medoro a c. 14.

17

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio Universale, f. 364, c. 48, lettera di Ugolino Grifoni da Firenze a Lorenzo Pagni del 4 dicembre 1543, “ […] V. S. si deve ricordare della gratia che S. E. fece al Monicello mio Cappellano, mediante le intercessioni mia, di quelli Beni di Lari, e per sua mala sorte la gratia resto alhor vana per il rescritto che sopravenne del Magnifico M. Lelio, in favor di un altro:hora essendosi trovate tutte le scritture, moderne et antiche, e viste da M. Lelio, per S. Signoria che il Patronato sia assai ben fondato a benefitio di Monicello, di modo che saria facil cosa che essendo S. E. della medesimo buona voluntà, inverso il povero Monicello sfortunato, e disgraziato ho voluto pregar V. S. con la presente chetrovandoli comodo ne facci parola a S. E. et trovandola disposta, come si confida e spera, si per la iustitia, come ancor per la servitù del prefato Monicello, V. S. ne darà avviso […]”.

18

(6)

perché molto ricca è la corrispondenza che gli è personalmente indirizzata racconta nelle

filze dalla numero 1170 alla 1175 del “Carteggio dei segretari” che permette di capire

concretamente di cosa si occupi. Questi, maggiordomo maggiore, nominato nel 1537

segretario del Duca, si occupa prevalentemente di affari concernenti letterati ed artisti e,

quando il Duca è lontano da Firenze, informa costantemente i segretari che lo

accompagnano sulle condizioni di salute della madre Maria, della moglie Eleonora e del

figlio Francesco

19

. In una lettera del settembre del 1538 è considerato il più importante

consigliere di Cosimo, eguagliato a quello che Aristotele è stato per Alessandro il Grande e

paragonato a Cicerone e Nestore

20

. La sua presenza a corte è assidua, assiste la Maria

Salviati insieme al suo medico e segretario di fiducia Pasquino Bertini

21

, smista le lettere

inviate dagli altri segretari che sono in missione fuori da Firenze e le fa recapitare a quelli

che accompagnano il Duca

22

. I rapporti tra il Riccio e Maria Salviati sono particolarmente

stretti e già anni prima la donna gli aveva affidato l’incarico di precettore del giovane

19

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio Mediceo del principato, Carteggio Universale, f. 357, c. 120, lettera inviata dal Riccio a Firenze a Ugolino Grifoni il 30 aprile 1542, “[…] Il Signor Francesco e donna Maria stanno bene si che ne ringrazio Dio […]. Qui a tutto oggi un gran piovere, et pensiamo che appresso di voi habbia fatto il medesimo che non so dispiacer per amor di loro et di tutta la corte perché non si può pigliar piacer della vista che le parse. Ma già ci faria gratia speciale che si distrasse sereno […]”. ivi, f. 357, cc. 218-219, lettera inviata dal Riccio da Firenze al Grifoni il 6 maggio 1542, “ [la Signora Maria] et in aspasso per il giardino, essendo l’aere molto dolce et di modo che seguendo così conto che presto ci possiamo prometter dell’integra sua sanità che ne prego Dio, per consenso di cor et nostro […]”;

20

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1169, c. 72, lettera inviata da Cappelli Bono al Riccio a Firenze l’11 settembre 1538: “[…] Ad modum Alexander ille Magnus erga Aritotelem preceptorum suum […]”.

21

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio Mediceo del Principato, Carteggio Universale, f. 357, c. 137, lettera inviata dal Riccio da Firenze al Grifoni a Pisa il 2 maggio 1542, “Tengo la carta di V. S. d’hieri et in risposta non mi occorre far altro se non mandarti le mi chiede, una di M. Andrea Pasquali, l’altra del bertini, per le quali le loro et con le mie intenderanno del miglioramento dell’Ill. Sign. Maria […] et figli, che Dio ne mandi di ben in meglio, come desidera. Et io monto a cavallo per andar a far reverentia, et godermela un poco perché il cielo s’è rasserenato che par miraculo et a voi faccia il […] per havere goduto il fresco forse più qui non desideriamo […]”.

Carteggio Universale, f. 357, c. 196, “La lettera inclusa del Pasquale dirà in che stato si trovi la Illust. Sign. Maria, Cosa che darà piacere alle loro excellentie. Voglia Dio per sua gratia e bontà rendercj S. S. Illustr. Sana, et noi desideriamo i signori figlioli che loro excellentie stanno benissimo, che dio ce li prosperi et conservi. Qui per tutta la città si dice che voi siete a fivizzano, se voi siete li, et se voi state, Dio sempre vi accompagni. Con questa saranno lettere di Cristophano Rinieri, di Messer Ottavio de Medici et Francesco Rucellai […] Ch’altro io me si dica non so, se non che la Città sta quietissima che il tempo e l’aere qui è molto cruda et varia di pioggia e di vento […]”.

Carteggio Universale, f. 357, cc. 227-228, lettera inviata dal Riccio da Firenze a Ugolino Grifoni il 7 maggio 1542, “[…]L’Illust Signora Maria va di bene in meglio come la S. V. potrà cognosere per la carta di m. Andre[…] Prego Dio che veggia per S. S. Illust. D quella sanità che per noi. Comunque sarà una di M. Pasquino a V. S. che si diverrà dire del bene di quelli illustrissimi figli, che Dio li prosperi […]”.

22

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio Mediceo del Principato, Carteggio Universale, f. 357, c. 137, lettera inviata dal Riccio da Firenze al Grifoni a Pisa il 3 maggio 1542, “[…] io fui hiersera a visitar la Sig. Maria, che trovai sua signora assai ben quieta, et confortata, poiché li dolori glienno cessati, et il sangue non faceva per […] et se ben un m’è parso d’un infiammatione di febbre haveva assalito Sua Signora non di meno si confortava havesse a fremer con la grazia di Dio […]. Il Signor Francesco attende a cavalcar et da cavallo si spicca malvolentieri […]. delle lettere del Pagni et darò recapito a tutte l’altre con le che son in questo plico et mi raccomando a sua excellentia che Dio gli doni ogni suo bene […]”.

(7)

Cosimo

23

. L’epistolario, intrattenuto durante i soggiorni lontani dalla villa di Poggio a

Caiano, rivelano la cura che si presta all’educazione ed istruzione di Cosimo

24

.

Questi apprende dal Riccio le basi del latino e del greco e conosce le opere del

Petrarca, come buon modello di lingua italiana. La propensione per le lettere e le arti si

manifesta anche quando il Riccio è segretario; intrattiene rapporti con i principali letterati

dell’epoca, riceve le loro opere

25

, come nel caso di quella di Paolo Giovio

26

ed è sollecitato

dal Duca nel far eseguire e nell’inviargli

27

la traduzione di alcune di esse, come quella

dell’opera di Boezio del Varchi, e nel caso gli siano particolarmente gradite

28

, come nel

caso di quella del Domenichi. Anche il Dovizi gli scrive da Poggio a Caino nel dicembre

del 1547, dove è con Cosimo e la Duchessa, e gli invia una sua commedia. L’opera è

23

G. BORRO, Vita magni Cosmi Medicis, Etruscorum imperatoris invictissimi, a Hieronjmo Borrio conscripta, in BNCF, II IV 15, “[12] Petro Francisco Riccio a Prato bonis moribus bonisque litteris erudiendus informandusque traditur; cui tenerae illius pueritiae omnes annos strenue operam navavit speique multo plus aluit, quam illa aetas dare”.

e F. CAVRIANA, Cosimi Medicis Magni Hetruriae ducis vita et res gestae, autore Philippo Cabriano patricio mantuano, biblioteca Moreniana, acquisti diversi 154, “[6] Egregia statim apparuit indoles, corporisque et animi dotes eximiae. Quamombrem educatus est a matre studiosissime et Petro Francisco Riccio in disciplinam traditus. Cumque ab eo litteras latinas graecasque et principe dignas artes educatus esset, ad ingenii ornamenta summa fortunae benignitas accessit [...]. [20] Prima novis principis munificentia in Riccio praeceptore enituit, quem, urbanis rusticisque praediis ditatum, rei in super familiari praefecit [...]”.

24

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio Mediceo del Principato, 85, c. 572, lettera del Riccio alla signora Maria del 16 marzo 1527, “Non pensi la S. V. che è sia per imparare né vocaboli rozzi né usarli in alcun modo […]perché attendiamo a ornare la lingua con l’udito del nostro Petrarcha, el quale ogni dì si squaderna, non per altro rispecto […]”.

25

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio Mediceo del principato, f. 1170a, c. 601, lettera inviata da Cristiano Pagni da Pisa al Riccio a Firenze il 16 dicembre 1549, “[…] Mando a V. S. ria una tragedia di vera historia del Jovio, inviatami dal Vinta, perché si pigli piacere a leggerla […]”.

26

Cosimo intrattiene rapporti in particolar modo con il vescovo Paolo Giovio in ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Minute di lettere, f. 16, c. 88, lettera di Cosimo I al vescovo di Forlì, Bernardo de’ Medici del 18 novembre 1550, “ […] Ho data la commodità al Iovio di far stampare le historie sua in Fiorenza per far questo bene universale ai vivi et a’ posteri, et con esso non fo altra opera se non che le scriva senza alcuna passione et afetto, et so che, faccendo questo, non può se non satisfare a Sua Mayestà, sendo le imprese sua state sempre giustissime et sante. Et se in quella che ha scritto di Tunizi non ha satisfatto alla Myestà Sua, conviene che mi avisiate dove particolarmente habbia biosogno di emendatione et corretione, et io non mancherò far lo effetto che Sua Mayestà desidera et farò anco avvertire a tutte l’altre parti prima che si stampino […]”.

27

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del Principato, f. 1175, c. 1, lettera inviata da Cristiano Pagni da Pisa al Riccio a Firenze il 22 aprile 1549, “[…] Il Duca s’è soddisfatto del opera che Vostra Signoria li ha mandata latina delle vite delli imperatori et harà caro d’havere Cornelio Tacito latino et quell’altra volgare dove son’ raccolti tutti.[…] Del meglioramento di M. s Lelio s’è preso piacer’ grande”.

28

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio Mediceo del Principato, f. 1175, c. 10, lettera inviata da Lorenzo Pagni da Poggio a Caino al Riccio il 22 ottobre 1549, “[…]Hebbi da Don Pedro la traductione di Boezio del Varchi, et la mostraj al Duca nostro S. re , il quale giudicandola scritta in buona penna, ha voluto si mandj quella istessa a S. M. tà , come s’è fatto due hore fa per Montebuonj corrierj, che farà pur il viaggio per Lione. Resta che V. S. facci solecitar’ di transcrivere quella del Domenichi et legarla con qualche honorata legatura, poiché questa del Varchi se ne è ita poveramente abbigliata. Noi ci risolviamo di dover star qui almeno sino a mezzo novembre, poiché la Duchessa nostra S. ra mostra di voler’ dar’ principio alla cura del legno, qual’ piacci a Dio, li porti quel giovamento ch’io li desio […]”.

il Pagni ha avuto notizia di questa traduzione da una lettera inviatagli dal Torelli il 23 maggio 1549 in AMP, f. 1176b, c. 674, “Ho visto per la vostra quanto piace al Duca N. S. re di mandare la tradutione del Domenichi et successivem.te quella del Varchi senza stamparle et tutto sta bene […]”.

(8)

ambientata a Palermo e, proprio per essere più verosimile, ha il prologo scritto in spagnolo.

Il Dovizi si preoccupa del fatto che Cosimo ed Eleonora intendano quella parte dell’opera e

chiede al Riccio di correggere eventuali errori; se il giudizio di Pier Francesco sarà

positivo, il Dovizi potrà presentare la commedia a Cosimo che la leggerà quando non sarà

impegnato in qualche battuta di caccia

29

.

Nell’ottobre del 1547 il segretario Francesco Lottini gli invia da Cerreto Guidi, dove è

con il Duca, un epitaffio scritto in lingua etrusca accompagnato dalla lettera del

Buonamici. Il Lottini chiede al Riccio di mostrare l’epitaffio al monaco Domenicano

dell’ordine di Santa Maria Novella, il Marmochino di San Casciano, esperto di lingua

etrusca, perché lo possa decifrare, con gran piacere di Cosimo

30

.

Il Pagni gli scrive nell’aprile del 1549 da Pisa su richiesta del Duca al quale interessa

sapere chi ha scritto sugli imperatori romani dal dodicesimo a Erodiano e riceverne tutti i

libri, in latino o volgare, e gli ricorda che messer Raffaello da Volterra, probabilmente

Raffaele Maffei, ha scritto un buon compendio

31

.

29

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1173, c. 462, lettera inviata da Agnolo Dovizi da Bibbiena da Poggio a Caiano al Riccio a Firenze il 13 dicembre 1547, “[…] Perché dubitando tuttavia (quando era costà) d’haver a cavalcar, io scrissi molto in fretta la copia della mia novella presentata alla S. V. Reverenda, et non hebbi anche poi il tempo di rivederla, chiamato dalla tromba, quando apena io haveva finito di scriverla; trovandovi ella scorrrettioni (come credo che ve ne troverà molte) mi escuserà, et lei medesima si degnerà co’l suo purgato giudizio correggerle, si come la prego che li piacerà farmi intendere il parer suo, sopra il prologo ch’io gli mando con questa, quale (perché le cose estravaganti sogliono piacer più che le ordinarie) fingo sia recitato da uno Spagnolo, et faccio tanto più volentieri quanto che mi pare che habia del verisimile, et a proposito, advenga che la commedia si fa in Palermo, dove signoreggia il Vicerè spagnolo, cioè Gio. di Vega (com’ella sa). Et sebene li homini et donne fiorentine non intenderano quella parte, che non è in lingua nostra, basta che la intendino loro Ex. Tie non contenendo altro che le lodi loro, perché quanto appartiene alla favola, et alli altri spettatori, lo faccio con buona occasione discendere a dir in Toscano, et verisimilmente poiché si vede che la maggior parte delli spagnoli che dimorano in Italia facilmente apprendono tal linguaggio. Queste son le ragioni che m’hanno mosso a farlo tale, ma non l’ho voluto aggiungere alla commedia se prima non lo mostrava a V. R. S. et non intenda il suo giudizio. Et perch’io la ho qua (fuor di uesto) a ordine per presentarla al Signor Duca invitato dalla opportunità del luogo et dal veder l’Ex. A sua i giorni che non va a caccia qualche volta in otio, nel quale gli potria venir voglia di passar tempo col leggerla, sto aspettando che la S. V. R. si degni on un verso avvisarmi et se gli satisfa il Prologo, et se gli piace che io la presenti adesso in occasione così comoda […]”.

30

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1173, c. 359, lettera inviata da Francesco Lottini da Cerreto al Riccio il 12 ottobre 1547, “[…] lo rimando alla S. V. lo epitaffio con la lettera del Buonami[ci];quello che si dica non so, né credo saperlo. S. Ex. Ha havuto molto piacere di vederlo et mi disse che io scrivessi a V. S. che ella lo facessi vedere a un certo frate chiamato il Marmochino del ordine di Santa Maria Novella et che non sta infra i frati et fa professione di intendere la lingua etrusca. V. S. lo debbi cognioscer perché è quello che scrive anche storie et è di San Casciano. Se messer Pier Vettori fusse costi V. S. poterebbe veder se ne intendesse nulla o ci sapessi dir nulla, che invero S. Ex ne harà piacer grande […] V. S. alla quale bascio le mani preghandola che mentre che ella mostra lo epitaffio al Signor Piero che mi raccomandi a lui […]”.

31

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio Mediceo del principato, f. 1175, c. 6r. , lettera inviata da Lorenzo Pagni da Pisa al Riccio a Firenze il 15 aprile 1549, “[…] S. Ecc. a m’ha mandato ch’io scriva alla S. V. che la s’informj chi dopo li xij imperadorj romanj ha scritto le vite dellj altrj sino a Erodiano, et che la gli mandj qua tutti e’ libri di chi ha scritto, latinj o volgarj che siano, et se non trovasse chi havesse scritto le vite loro, mandj l’opere di coloro che hanno scritto l’historie loro. Io intendo che Ms. Raffaello da Volterra ha fatto non so che compendio delle vite di detti imperadorj et per moderno ha scritto molto bene […]”.

(9)

Quando il Riccio rimane a Firenze, molto spesso riceve lettere di altri segretari che gli

chiedono qualcosa di cui a bisogno il Duca o la Duchessa. Si tratta delle richieste più

disparate: reliquiari

32

, inchiostro

33

, indumenti e strumenti per la caccia

34

. Ad esempio, nel

marzo del 1547 Lorenzo Pagni gli scrive da Pisa informandolo dell’arrivo a Firenze di un

“cavallaro” a cui il Riccio avrebbe dovuto affidare un “archibuso da uccellare”, il

migliore di cui dispone il Duca, e il cavallaro avrebbe dovuto tornare a Pisa la sera stessa

35

.

In un’altra occasione è il Dovizi da Poggio a Caiano che scrive al Riccio su richiesta di

Cristiano Pagni perché il Duca ha bisogno di un nuovo paio di stivali

36

.

Ma gli si richiedono anche importanti servizi; nell’ottobre del 1543 Lorenzo Pagni gli

scrive pregandolo di inviare con la massima celerità un plico di lettere al Campana a

Bologna che contengono importanti informazioni sullo Studio Pubblico di Pisa

37

.

Gli altri segretari che accompagnano il Duca gli scrivono per informarlo sulle

condizioni di salute della famiglia, sulle attività giornaliere del Duca e sugli spostamenti

della corte. Il Pagni gli scrive da Pisa e gli comunica i cambiamenti del tragitto della corte:

molto probabilmente il Duca da Livorno non tornerà a Pisa ma vorrà proseguire attraverso

la Maremma, poi Volterra, Colle, San Gimignano e per questo percorso giungere a

Firenze

38

. Ancora Lorenzo Pagni è particolarmente solerte nello scrivergli da Vallombrosa

32

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1171, c. 87, lettera inviata da Cristofano Herrera, segretario della duchessa Eleonora da Poggio a Caiano al Riccio a Firenze il 5 agosto 1547, “[…] Sua Ex. a mi commesse scrivessi ala S. V. che uno reliquario che si labora in guardaroba si è finito la S. V. lo mandi et non essendo finito sia solicitato. Il mio S. Don Francesco aspetta il palone et esquizatoio […]”.

33

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1172, c. 47, lettera inviata da Lorenzo Pagni da Poggio a Caiano al Riccio a Firenze il 24 ottobre 1546, “[…] La S. V. farebbe gran’ commodo et servitio non solo alla Segreteria ma ancora a tutta questa Corte, se ordinasse al Grasso che per il primo cavallaro ci inviasse un fiaschetto d’inchiostro […]”.

34

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1170 a, c. 294, lettera inviata da Vincenzo Ferrini da Pisa al Riccio a Firenze il 22 dicembre 1545, “[…] S. Ex.tia domatina di quivj andrà a Pietrasanta dove che quivj credo si starà queste feste […] lo mandaj per 1 veturale ierj una balestra che aveva rotto l’archo ch’è di S. Ex. tia. La S. V. gliene faccia rifare a Marcho forbiciaio et la rimandi subito[…]”.

35

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Archivio Mediceo del principato, f. 1173, c. 108 lettera inviata da Lorenzo Pagni a Pisa al Riccio a Firenze il 16 marzo 1547, “[…]Il Duca nostro Signor m’ha comandato ch’io spedisca a V. S. il presente cavallaro, et li dica da parte sua, che per il medesimo subito subito gli invij quello archibuso da uccellare che gli donò il Conte di Noceto, con quella canna lunga et tonda che dice S. Ecc. a essere il più bello che habbi , mandandolj insieme tutto il fornimento suo et comandando al cavallaro che sia qui stasera a ogni modo con ogni cosa […]”.

36

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1170a, c. 193, lettera inviata dal Dovizi a Poggio a Caiano al Ricci a Firenze il 29 ottobre 1545, “[…]M. Christiano mi ha imposto che io scriva a V. S. R. da che S. Ex. a ha bisogno di stivali grossi, perché quelli che lei adopera adesso dice che non vaglion niente […]”.

37

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1170, c. 339, lettera di Lorenzo Pagni da Poggio a Caiano al Riccio a Firenze del 24 ottobre 1543, “ […]lo invio alla S. V. un pieghetto di lettere per Bologna, et la prego lo faccia spedir subito per cavalcata perché così mi ordina m. Francesco Campana, per alcune cose che importano allo Studio di Pisa […]”.

38

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari, f. 1171, c. 378, lettera inviata da Lorenzo Pagni da Pisa al Riccio a Firenze il 7 maggio 1545, “Hiermattina il Duca et la Duchessa miei S. ri con la fregata sene andarono alla volta della marina per far compagnia alla S. ra

(10)

nell’agosto del 1544 per informarlo sulla febbre che ha colpito il Duca dopo una battuta di

caccia e per far si che informi il dottore, messer Andrea Pasquali, di raggiungerli per poter

verificare di cosa si possa trattare. Gli raccomanda anche che la notizia non si diffonda in

città per non dar adito a inutili voci

39

.

Il Riccio si interessa anche della questione matrimoniale di Cosimo e ne è

testimonianza una lettera inviatagli nel 1539 da Castello con la quale è informato della

negoziazione tra il Vicerè di Napoli e il Duca; questi preferisce la secondogenita di Don

Pedro di Toledo, Eleonora, e non Isabella nonostante sia più bella e ritiene che un’alleanza

con la famiglia dei Toledo sia preferibile a una con quella di Paolo III Farnese

40

.

Inoltre, come si evince da una lettera inviatagli da Lorenzo Pagni nell’agosto del 1544,

si occupa anche di dar le provvisioni mensili ai segretari

41

e in generale dei conti della

marchesa del Vasto, et per el tempo, che era breve, a arrivar con le galee in Portoveneri,o, vero, cattivo da non poter mangiar, sene […] di compagnia a Livorno, et la Corte hiersera sene andò tutta a quella volta. Io rimasi qui sperando che questa mattina sua ex. a dovesse essere di ritorno, ma vedendo andar le provisioni del mangiar a’ quella volta, io ancora monterò a cavallo per quel camino che s. ex. a non habbi a ritornar di qua ma dar una volta per la sua Maremma, et di li gittarsi a Volterra, Colle, Sangimignano, et per quel cammino tornar verso fiorenza. Io non scrivo a messer Christiano, perché penso che a questa hora sia in cammino per qua [..]”.

39

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari, f. 1171, c. 99, lettera invita da Lorenzo Pagni da Vallombrosa al Riccio a Firenze il 21 agosto 1544, “ Ho ricevuto questa sera da Niccolò Cavallaro la lettera di V. S. di hieri con tutte le aggiunte: le quali non ho voluto mostrar al Duca mio Signore, perché nel ritorno suo dalla Caccia, et da pescare, mi parse tutto travagliato, Et essendosi messo in letto, secondo el iuditio mio, ha hauto un poco di capriccio di febbre, simile a quello che hebbe a […]Comano, onde la Duchessa mia Signora mi ha comandato che io scriva alla S. V. che dica a Messer Andrea che venga si qua, accio vegga lui se questi Capricci sono per accidenti della quartana o d’altro, et non si sparga voci che la quartana sia tornata a S. Ecc. a per non dare da cicalare a cicaloni di cotesta Città […] Da Vallombrosa:il dì XXI di Agosto 1544”.

40

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari, f. 1171, c. 174, lettera inviata da Castello nel 1539 al Riccio a Firenze, “Il Sig. or Don Giovanni mi ha letto una lettera che li ha scritto il suo sec. Rio di Roma, per la quale li dona adviso della arrivata sua lì, et dato conto a quei sig. ri del suo viaggio per Napoli, aggiungendo la excusation fatta con essi del non haver participato prima la pratica di questo casamento perché non ne teneva commission da S. S. ria, alla quale non parve conveniente dargliela per molti rispetti […] Dice che […] il Vice Re ha spedito a S. M. tà per ottener gratia di accasare la prima et non la seconda, allegando quelle medesime cause ch’esso sec. rio havea exposto qua per parte del Vice Re. Replico che andava con ordine di Don Giovanni et del Duca per risolvere della seconda, della quale quando si consentì havea ordine di spedire una scudetta in qua perché si mandassi là l’homo di S. Ex. tia a sposarla quando. Quando stessi in non la dare ma la prima, lui resterà là sino che si vedessi il fine di questo negotio […] Don Giovanni mi concluse che non può credere il Vice Re ne habbia scritto a S. M. tà sapendo per il suo secretario esser fermato dalla secondo et che S. M. tà mirerà al contentamento del Duca et suo honore facendosi il casamento con Donna Leonora come conforme più alla età del Duca che quel altra, quando bene la fusse più bella […] Sino hiersera io andassi in Castello […] Il parentado col Vice Re li piace molto più assai che vechio et di poi morto spento il favore et l’aiuto del quale questo stare ha bisogno come si haria della casa di Toleto o di simili […]”.

41

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari, f. 1171, c. 88, lettera inviata da Lorenzo Pagni da Castello al Riccio a Firenze l’8 agosto 1544, “Il duca mio sig. re ha mangiato questa mattina con buon gusto, et dice haver preso gran recreatione di questo aere, et molto si conforta, stasera vuole cenare nel giardino, et ha animo che il gusto habbi a esser miglior di stamanj: Stassi ora nel letto refrescandosi tra un paro di Candidissimo Lenzuola. La Duchessa et li s. ri Don Francesco et Donna Maria, sono di bonissima voglia. La S. V. quando non li sia molto incomodo, mi farà molta gratia a dar la provisione mia di questo mese, et quella di Messer Christiano a Cecchino mio s. tor dator della presente perché la mia consorte (trovandosi amalata) ha bisogno di spendere, et li bacio le mani, Da Castello li VIII di agosto 1544”.

(11)

casa; nel settembre del 1547 si avverte che Cristiano Pagni ha consegnato ad un cavallaro

milleduecento scudi che il Riccio dovrà mettere nei conti della casa

42

.

Il segretario apprende della morte della Signora Maria

43

da una lettera inviatagli da

Pasquino Bertini che descrive lo sgomento di tutta la corte

44

.

Nel 1545 il Riccio è nominato amministratore delle ville medicee di Careggi, Castello,

Poggio a Caiano, Cafaggiolo e Grassina. Molte sono le lettere che lo informano

sull’andamento delle opere alle ville e ai giardini. In una lettera del 14 marzo del 1547

Buonamici Gino gli scrive da Cafaggiolo per informarlo che per completare il lavoro alle

scale della villa è necessario il maestro Giovanni Camerino

45

; e ancora nel febbraio 1549

gli scrive per informarlo sull’andamento dei lavori ai giardini della villa

46

. Ancora

nell’agosto del 1551 Jacopo da Portico gli scrive da Poggio a Caiano per metterlo al

corrente del progetto per il sistema idraulico del giardino della villa di Poggio a Caiano

47

.

42

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Registri di lettere, 186, c. 44, lettera inviata al Riccio s. l. , “Questa sera, Christiano Pagni nostro secretario ci ha consegnati li scudi milleduecento portati qua da Pellegrino Cavallaro, et i quali detto Christiano per commission nostra vi scrisse che vi doveva far dar a quei del monte della Pietà, et che ci dovessi mandar qua ve se ne dice la ricevuta accio li possiate mettere in conti nostri. Ne altro per questa occorre. Bene valete”.

43

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 5, cc. 400-404, lettera di Cosimo I inviata a Don Francesco di Toledo, dopo avergli parlato delle gravi condizioni della madre, si scrive: “[…] Questa sera siamo venuti in Fiorenza per esserli più vicini, et poterla visitare ogni giorno […]”.

gli storici ritengono che Cosimo non visiti molto la madre morente; ne potrebbe essere prova la lettera inviata da Francesco Campana da Firenze a Lorenzo Pagni, che è nel Mugello con il duca il 9 dicembre 1543: “Havendo pensato a quanto mi scrisse hiersera V. S. sopra al venire o non venire S. Ecc. a Castello […] non è dubbio nessuno che lo stare di S. E. a Castello darà non piccolo disturbo a quella povera signora:perché avendolo fatto nel tempo che lei non haveva la quarta parte del male, immo la millesima di quello che ha di presente non può essere che non lo facci hora molto più, et massime che per non haver più sangue adosso è diventata tanto paurosa che spesse volte ha terrore delle donne medesime che la governano. Ma d’altro canto chi non vede di quanto biasimo sarà S. E. per tutto el mondo dove si intenderà che essendo tanto vicino non sia stato da sua madre nell’ultimo della sua vita […]; però credo sia da considerare si fussi bene che S. E. venissi in Firenze et di qui de due giorni l’uno con poca gente andassi a vedere sua madre, perché in questo modo […]si farebbe tre grandissimi bene:l’uno il non dare disturbo a questa signora, l’altro in fare lo offitio che si conviene in questo caso; el terzo […] si darebbe gran conforto a quella donna […]”.

44

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1170, c. 8, lettera inviata da Pasquino Bertini da Castello al Riccio a Firenze il 12 dicembre 1543, “[…] Allo scocchio delle XXI hora passò l’Ill. ma S. come patrona all’altra vita, talchè qui da ogni banda son gemiti, singolti et pianti et ognuno è fuor di se. Et per non mancar di presente del mio debito riservo la presente a fine che parendole di mandare qui uno che la getti me ne rimetto alla S. V. perché la lo conferisca con quelle. Hora il Tribolo mi dice haver mandato a Santi Buglioni per il gesso et per lui, et il Tribolo harà questa cura di formarla […]”;

45

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1173, c. 103r. , lettera inviata da Buonamici Gino da Cafaggiolo al Riccio a Firenze il 14 marzo 1547, “ […] Alla schala di Chafaggiolo non ci si provede darlj fine dicendomj Niccolaino essere neciessario maestro Giovanni Chamerino, e venendone a tempi buoni sarebbe bene dar fine a quella opera […]”.

46

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1175, c. 17r. , lettera inviata da Buonamici Gino da Cafaggiolo al Riccio a Firenze il 13 febbraio 1549, “[…] Havevo disegnato tutte le mura atorno al prato di Chafaggiolo fare arricciare che delle ghalerie non si haveno a cavare di mano che ci ritrarreno dal nostro fornaciaio et sarebbe opera che penso piacerebbe […]”.

47

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1176, c. 44, lettera di Jacopo Portico da Poggio a Caiano al Riccio il 26 agosto 1551, “ […] Sua Ecc. a ill. ma mj comandò ch’io dovessi far fare de’ 600 embricjonj lunghi un braccjo che ànno il canale ne mezzo che ànno da servir per dar l’aqua atorno al giardino […] E così che io facjessj far de’ 200 palj dj castagnjo per servjzjo del giardino […]”.

(12)

Per la fedeltà dimostrata e tutti i suoi servigi, Cosimo gli dimostra gratitudine e nel

marzo 1548 lo esonera da ogni attività e servizio in modo che possa curare la propria

salute

48

. Questa lettera è particolarmente significativa perché da essa possiamo inferire i

compiti che sono affidati al Riccio. Gli consiglia inoltre di affidare gli affari della

Guardaroba e del palazzo al fratello Giovanni, quelli relativi a pagamenti e scritture a

Michele Ruperti e tutti gli altri negozi al segretario Pirro Musefilo e al dottor Pasquino

Bertini. Gli affari dello Stato e del dominio siano invece affidati a Lelio Torelli e a

Giovanni Grasso del Bucine, che dovrà anche informare giornalmente il Duca sulle

condizioni di salute del Riccio.

Questi come testimonia la corrispondenza ha una funzione importante

nell’organizzazione dello Studio pisano. Ne è testimonianza la fitta corrispondenza con

Francesco Campana, incaricato dal Duca della riapertura dell’Università. Questi si avvale

dei pareri del Riccio e lo tiene informato sullo svolgimento della vita universitaria.

Nell’ottobre del 1543 il Campana si confronta con il Riccio sulla grandezza dell’orologio

che deve essere posto sulla torre contigua al collegio della Sapienza. A suo giudizio serve

grande come quello del Castello, probabilmente la Fortezza da Basso, tenuto conto che

quello della città, come lamentano in parecchi, si sente poco. Lo informa altresì di aver

ricevuto 200 scudi che servono per ristrutturare l’edificio del Collegio, e lo invita a

sollecitare quelli chiesti da Mattio per la retribuzione dei professori. Chiude la lettera

richiedendo al Riccio di mandargli gli statuti dell’Università di cui ha bisogno

49

.

Nel novembre del 1544 il Campana gli scrive per discutere con lui delle misure

disciplinari da prendere nei confronti dei professori assenti dallo Studio; due di questi,

Ottaviano Ceccarelli e Iacopo Cortesi hanno lasciato lo Studio di Pisa per quello di

48

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, registri di lettere, 187, c. 55, lettera inviata da Cosimo I da Livorno al Riccio a Firenze il 18 marzo 1548. Questa lettera è particolarmente interessante perché emergono i compiti affidati al Riccio, “[…] Con molto nostro dispiacere haviamo inteso li accidenti vostri et la mala dispositione nella quale vi trovate, et perché conosciamo che ciò procede dalle troppe fatiche et disagi che del continuo sopportate nelli nostri servitij et che l’amorevolezza vostra vi fa scordare di voi stesso et della propria salute, però desiderando noi che stiate sano et ci possiate servir’ lungamente, non solo vi exhortiamo ma ancora vi comandiamo che per hora dismettiate la cura di tutti i negotij che havete a carico vostro sino a tanto siate reintegrato alla pristina sanità, et possiate ripigliare il medesimo carico, servendovi al presente in questa necessità, quanto al carico delle porte della città del vostro ser Mariotto, quanto alla guardaroba et altre cose del palazzo di Giovanni vostro fratello, per quanto a pagamenti e scritture, di Michele Ruberti, et per li altri negotij del S. r Pyrro et di ser Pasquino et di altre persone, che voi giudicherete esser a proposito per la cura et maneggio di essi, et maximamente di messer Lelio et del ser Giovanni Grasso, per le cose delle lettere, et negotij dello stato et del Dominio ordinando a detto Grasso che ci tenga ragguagliato giornalmente del vostro essere. Che a nostro Signore Dio piaccia rendervi quella sanità che noi vi desideriamo […]”.

49

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari f. 1170, c. 337, lettera inviata dal Campana da Pisa al Riccio a Firenze il 23 ottobre 1543,

(13)

Bologna e il loro nome deve essere inserito nella lista degli assenti

50

; nell’ aprile del 1545

gli scrive per informarlo dell’elezione del nuovo rettore

51

.

La figura del Riccio all’interno della corte medicea è piuttosto particolare. Gli affari

inerenti la politica estera sono affidati agli altri segretari, sotto la guida di Francesco

Campana

52

, che il Duca invia, per periodi più o meno lunghi, nel territorio del principato o

presso le più prestigiose corti estere per seguire i negozi che gli sono affidati.

Dalla corrispondenza si evince che il Campana svolge una funzione di primo piano

nell’organizzazione dello Stato. È uno dei più intimi collaboratori del Duca e anche in

occasione delle nozze di Cosimo collabora con Maria Salviati per organizzare i preparativi

per l’arrivo a Firenze di Eleonora di Toledo

53

. La sua presenza è determinante per prendere

le decisioni più importanti. Nell’ottobre del 1543 Lorenzo Pagni scrive da Poggio a Caiano

al Riccio a Firenze della necessità che il Campana lo raggiunga per poter affrontare le

questioni più urgenti poiché il Duca non gode di ottima salute e non può occuparsi degli

affari dello Stato

54

.

50

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari f. 1171, c. 154, lettera inviata dal Campana da Pisa al Riccio a Firenze del 12 novembre 1544, “[…] Di questi scolari del Collegio, mancano ancora circa X. Scrivo a S. Ex. il mio parere, che sarebbe di dar loro un termine honesto a comparire, altrimenti mettere uno in luogo loro, perché mi pare che ci sieno alcuni che come se havessino segnato un luogo alla predica, disegnino d’andarvi di poi a commodità loro. Il che non è honesto, perché bisogna fare el Rettore et dar forma di viver a quel luogo, et hora è el tempo dello studio […] Intendo che un messer Ottaviano Ceccarelli da Pistoia ed uno Jacopo di M. o Carlo medico di Firenze sono iti a Studio a Bologna. La S. V. dica al Malegonelle che ordini sieno citati insieme con li altri, perché non debbano disubbidire, et non hanno causa di farlo, essendo lo Studio di Pisa hoggi il migliore studio di Italia a juditio di tutti e’dottori et scolari che sono qua […]”.

51

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 1171, c. 336, lettera inviata dal Campana da Pisa al Riccio a Firenze il 18 aprile 1545, “[…]Questi scolari sono occupati nelle pratiche per la creatione del nuovo rettore e philosophi nelle dispute di questi frati di s. to Francesco che si fanno servire e’ legisti e medici nelle loro proprie restando ancora el Roncagallo et lo Argentieri […].

52

Per le note biografiche cfr. p. 92.

53

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, f. 5926, c. 3, lettera di Maria Salviati a Cosimo del 27 febbraio 1539, “[…] Non ci è parso fuor di proposito advertire V. Ex. che bisognerà per quello che farà di bisogno spendere alla venuta di S. Ex. in drappi, in feste, et manifatture, et il Campana dice che arriverà a XV mila scudi ma che almeno bisognerebbe pensare a X o XII mila. […] Desidero sapere se V. Ex. si risolve che la stanza mia servino alla S. ra Duchessa, acciò possi dare ordine d’accomodarci quelli paramenti sono in casa […]”.

54

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio dei segretari, f. 1169, ins. 6, c. 196, lettera inviata da Lorenzo Pagni da Poggio a Caiano a Pier Francesco Riccio a Firenze il 26 ottobre 1543, “[…] E non è dubio alcuno che il Duca mio s. re ha preso miglioramento perché li uscitj del corpo suo da mezzogiorno in qua sono iti sempre migliorando, et l’ultimo è stato senza sangue. La febre anco è stata minore ma da mezza hora in qua ha fatto un poco di remissione. Et quel che mi pesa et preme sino all’anima è che S. Ex. a non vuol patire se lj faccino i servitali che sono la medicina vera di questi mali. Et quel che è peggio è si vuol governare d’ogni cosa a suo modo, la onde il medico si trova disperato et la Ill. ma S. ra sua madre desperatissima […]. Saranno con questa lettere per il S. or Campana, il quale havendo horamai dato buono ordine alle cose dello Studio di Pisa vorrei se ne venisse qua, acciochè con la presentaia et consiglio suo si potesse dare expeditione a quelle cose che più importano […]. M. ro Andrea Pasquali desidera non so che acque per servitio del Duca mio s. re (come v. ra S. vedrà per l’aggiunta sua) et mi ha ordinato li scriva, dia ordine sieno qui a l […] sole. Però la S. V. non ne manchi […] lo ero restato con Nanni Ungaro che tornasse qui domeni[ca] per dar conto a S. Ex. a di quanto haveva negotiato a Arezzo et a Cortona, ma havendo inteso per lettere del S. or Campana che ha bisogno di lui a Pisa, credo sia bene che la S. V.

(14)

Primo segretario, organizza la segreteria e dispone dei segretari a lui sottoposti.

Nel maggio 1541, quasi alla fine della sua carriera, scrive a Lorenzo Pagni e gli affida

Agnolo Dovizi perché se ne possa servire e lo possa istruire al lavoro di segreteria

55

.

Mantiene stretti rapporti con tutti gli ambasciatori medicei presso le corti estere e in

particolari frangenti la corrispondenza è assidua.

Nell’agosto del 1543 in vista della minaccia delle flotta franco-turca alle coste della

Toscana, scrive più lettere all’ambasciatore alla corte imperiale Giovanni Battista Ricasoli

e lo mette al corrente dell’avvicinamento delle truppe, probabilmente giunte presso

Villafranca in Lunigiana, e della sicurezza delle fortificazioni di Piombino. In questo

momento il Duca è malato e non si occupa degli affari dello Stato, in un frangente, come

scrive il Campana, in cui è “cosa di diretto contraria al bisogno nostro”

56

. Il giorno

seguente, il 10 agosto 1543, scrive anche ad Averardo Serristori, ambasciatore a Roma, e

lo tiene aggiornato sulla situazione di Piombino. Otto da Montaguto continua i lavori di

fortificazione delle mura e si prepara alla difesa del litorale dall’armata turca. Inoltre,

scrive il Campana, Iacopo V d’Appiano tenta la fuga ma è trattenuto da un commissario

mediceo, probabilmente Girolamo degli Albizzi o Iacopo Medici. Le flotta turca non

attacca il litorale toscano ma Cosimo, pensando che avrebbe potuto ritornare indietro, invia

quattrocento “guastatorj” guidati da Nanni Ungaro, architetto, perché insieme al

Commissario e ad Otto da Montaguto, organizzino la difesa di Piombino

57

.

commetta se ne vadi a quella volta perché potrà essere ito et tornato inanzj che il Duca mio S. re sia in termine da poter negotiare con lui […]”.

55

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio Universale, f. 351, c. 7, lettera di Francesco Campana da Firenze a Lorenzo Pagni del 1 maggio 1541, “M. Lorenzo car. Poi che per quanto si vede la stanza costà sarà più lunga di quello si pensava mi è parso inviarvi Agnolo Divizio non solo perché voi ve ne possiate servire stando secondo ch’io intendo M. Piero non molto gagliardo ma perché lui vada continuando in farsi pratico potendo ogni giorno accadere el termine della partita sua:resta hora che voi ve ne serviate, risparmiando el detto M. Piero più che potete, et exercitando Agnolo […]. si che M. Lorenzo mio io non mi saprei come mi ho da governare et non vorrei questo tormento al tempo della vita mia che questo poco tempo ch’io ci ho a vivere vorrei stare in pace:però sempre con satisfactione et commodo di S. S. […]. Come fratello Franc. co Campana”, in Francesco Campana e i suoi, in Archivio Storico Italiano, Serie V, tomo XXIV, Firenze, Tipografia galileiana, 1899, p. 17.

56

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Minute di lettere, f. 5, c. 249, lettera inviata dal Campana da Firenze a Giovanni Battista Ricasoli a Mantova il 9 agosto 1543, “[…] La S. V. sa come sia fatta S. Ex. quando è malata, e non solo per ordine dellj medici ma per comandamento dij lej stessa non se lu può dare fastidio di faccenda alchuna in modo che in questo tempo che tutta la cristianità è in moto si può dir che noi qua siamo senza capo cosa di diretto contraria al bisogno nostro, perché insino hiersera ci è nuova che l’armata turchesca è arrivata a Villafranca unita con quella del Re di Francia e per quanto se ne intende fornita di sorte da metter paura a ogni luogo ben provisto[…]. Le cose di Piombino sono ridutte al sicuro e sono in termine da potersi gagliardamente difendere da questa armata […]. La terra è fortificata excellentemente, come V. S. potrà vedere per una lettera del medesimo Capitano Aldana, la quale sarà con questa, con tutto che da quel giorno in qua la fortificatione sia migliorata infinitamente, non senza grande spesa di S. Ex. e disagio de’ sua vassallj con li quali si è hauto a operare ogni cosa […]”.

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ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Minute di lettere, f. 5, c. 259, lettera del Campana da Firenze ad Averardo Serristori a Roma del 10 agosto 1543, “[…] Il Signorotto in quel poco tempo che hebbe non manchò di rassettare la muraglia dove fu possibile et di prepararsi opportunamente

(15)

Francesco Campana ha un ruolo importantissimo per l’affermazione del principato

assoluto di Cosimo; nel 1537 tratta con il conte di Cifuentes per richiedere il

riconoscimento della stessa autorità goduta dal predecessore Alessandro e la consegna

delle fortezze di Firenze, Livorno e Pisa.

Al Campana è affidata l’organizzazione e il riordinamento dello Studio Pubblico

pisano

58

, riaperto per volontà del Duca Cosimo nel 1543. A questo compito si dedica con

particolare attenzione nel biennio 1543-1544. Sono frequenti i suoi spostamenti a Pisa per

verificare le condizioni dell’ateneo e risolvere i problemi posti da scolari e professori. Ne

sono testimonianza le molte lettere scambiate inviate al Duca e agli altri segretari per

informarli sulla gestione e l’andamento dello Studio. Collabora con il Torelli per la stesura

dei nuovi ordinamenti accademici e si impegna costantemente per far arrivare studenti

stranieri a Pisa e professori prestigiosi.

Propone un nuovo ordinamento per lo Studio e, da quanto si evince da una lettera

inviatagli da Lorenzo Pagni

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, probabilmente le sue proposte, di obbligare gli studenti del

ducato a studiare un anno a Pisa e di vietare che possano trasferirsi presso qualche

Università straniera senza apposita licenza, sono accolte.

Esprime tutto il suo compiacimento per l’opera svolta in una lettera inviata a Lorenzo

Pagni nel novembre 1543 poco prima di partire alla volta di Pisa. Si compiace del numero

degli studenti che è riuscito a portare nello Studio pubblico nonostante tutte le traversie che

ha dovuto affrontare prima della sua riapertura

60

.

alla difesa di quel luogo. Il S. re ancora si voleva fuggire et abbandonare la terra, se non che dal Commissario di S. Ecc. a fu ritenuto, et come volse la buona sorte sua, l’armata passò avanti senza tentare quella terra. Onde pensando S. Ecc. a che la potesse presto a quella volta vi inviò 400 guastatorj con m. ro Nannj Unghero suo architetto, et commise al Com. o suo et al Signorotto che con exattissima diligentia attendessero alla reparatione et fortificatione di quella terra, della quale una parte della muraglia, da quella banda dove e’ nemicj si potevono accampare, si trovava in terra […].”.

58

Per una sintesi dell’organizzazione dello Studio pisano a partire dal 1537, si veda cap. II.

59

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del Principato. Registri di lettere, 184, c. 135v. , lettera inviata da Lorenzo Pagni al Campana, “Ha visto il Duca mio Signor ambodue le lettere della S. V. in risposta quanto al subsidio de Doctori dello Studio, per contento se li dia così ancho che si paghi la pigion della casa per il borsi anticipatamente per 3 Anni, che e denari per l’una cosa et per l’altra si cavino di quelli si sono riscossi per l’imposta dello studio. Quanto alli scolari che sono nelle Sapientie, o, collegj, è, contento se ne facci il partito in quel modo che la S. V. proponeva, cioè, che vi possino restar per quel tempo che sono le condotte loro, ma non si possa prorogar in modo a […] et siano obbligati studiar un Anno in Pisa et dottorarsi in quello studio, ma qualche partito vuole che comprenda solo quelli che hanno mandato solo fede […] delle condotte loro et che tutti siano nominatj in decto partito, et che si proibisca expressamente che per l’advenir nessuno possa più entrar in sapientie, o, collegi forestieri senza expressa licentia […]”.

60

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Mediceo del principato, Carteggio Universale, f. 363, c. 342, lettera di Francesco Campana da Firenze a Lorenzo Pagni a Poggio a Caiano del 3 novembre 1543, “[…] il principio è fatto molto onorato et ho più di 250 scolari: et vi manca più del terzo di quelli del dominio e quali vanno del continuo in modo che lo Studio sarà tale quale non è stato mai giudicato da persona insino a ora per le molte difficultà che ha haute […]”.

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