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Academic year: 2021

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1 - LA QUALITÀ DELLA CARNE SUINA

1.1 La storia e l’evoluzione del suino

Secondo alcuni autori, il maiale domestico deriverebbe dal cinghiale (Sus scrofa o Sus ferus), che già dieci milioni di anni fa era diffuso in Europa, Asia e Nord Africa, mentre secondo altri avrebbero partecipato alla formazione della specie e delle razze attuali, oltre al cinghiale, anche il Sus vittatus dell‟Asia meridionale, a testa corta, tronco tozzo e zampe brevi, attualmente presente in India, Cina ed Indonesia ed il Sus mediterraneus, derivato da incroci di forme selvatiche asiatiche ed europee.

Alcuni graffiti rappresentanti i progenitori del suino risalgono a circa 40000 anni fa, ma la prima addomesticazione del suino è avvenuta oltre 7000 anni fa in Cina; infatti in Mesopotamia nel 3500 a.C. esistevano maiali già addomesticati da tempo e che avevano subito notevoli variazioni morfologiche in seguito alla selezione.

Presso gli Egizi, i Greci ed i Romani il “porco” è sempre stato considerato importante, tanto da ritrovare molteplici riferimenti ai maiali e ai loro allevamenti nella letteratura e nell‟arte. Infatti, arrivando al Medioevo aumentò l‟importanza dell‟allevamento suino brado con conseguente aumento del consumo della sua carne; nel Basso Medioevo, poi, quando si ebbe una progressiva messa a coltura dei territori agricoli una volta abbandonati, l‟allevamento del suino cominciò ad assumere forme stanziali con la diffusione di porcili permanenti legati all‟azienda agraria.

Infine, da animale sfruttato prevalentemente per l‟abbondanza dei suoi tagli adiposi, a partire dal dopoguerra, il maiale fu trasformato in animale dai pregiati tagli carnosi.

Gli obiettivi fissati dai genetisti e tuttora validi furono:

 la diminuzione dello spessore del lardo della linea dorso-lombare;

 l‟aumento dei tagli carnosi;

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La diminuzione dell‟attitudine a produrre tessuti adiposi, molto più ricchi di energia rispetto a quelli muscolari, in concomitanza con l‟aumento della velocità di accrescimento giornaliero, hanno permesso un elevato risparmio nel consumo degli alimenti da parte dei soggetti messi all‟ingrasso.

1.2 Produzione e consumo della carne suina in Europa e nel

mondo

Il numero di capi suini allevati dal 1960 ad oggi è quasi raddoppiato, anche se dal 2004 la produzione di carne suina nell‟Europa a 15 si è mantenuta pressoché stabile; infatti, si è avuto un incremento complessivo pari allo 0,4% rispetto al 2003.

Nonostante questa stabilità produttiva si è avuta un‟ampia variabilità a livello dei singoli Stati Membri: Germania + 2,4 %, Spagna -2,2 %, Francia stabile e l‟Italia è stato il Paese che ha registrato sia in termini di materia prima che di prodotto fresco trasformato, gli incrementi produttivi più alti, pari a più del 3 % rispetto al 2003 (http://62.123.162.33/izs).

Secondo l‟ultimo aggiornamento delle previsioni circa i mercati agricoli europei e mondiali fino al 2012, la produzione di carne suina dovrebbe aumentare ad un tasso inferiore a quello registrato negli anni Novanta. Il consumo di carne suina dovrebbe subire un notevole incremento all‟interno dell‟Unione raggiungendo i 20 milioni di tonnellate, con un consumo pro capite che passerebbe dai 43,5 ai 44,4 Kg del 2012.

All‟interno dell‟Unione Europea gli scambi diventeranno più intensi e anche a livello extra europeo le previsioni indicano un‟espansione della produzione e dei consumi mondiali, trascinati dalla crescita demografica e dal crescente reddito dei Paesi latino americani ed asiatici. Solamente la Cina dovrebbe contribuire a circa il 60 % dell‟aumento produttivo mondiale nei prossimi sette anni.

Infatti nel 2005 la consistenza mondiale di carne è cresciuta dell‟1,8% grazie all‟incremento del patrimonio della Cina e del Brasile,

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rispettivamente più 3,4 e 4 % rispetto al 2004. In questo contesto di crescita dobbiamo porre attenzione al fatto che l‟Unione Europea, gli Stati Uniti ed il Canada hanno mantenuto costanti le loro produzioni, mentre i Paesi dell‟est Europa e la Russia hanno subito un forte calo, rispettivamente pari a meno 5,3 e 15,3%, con una diminuzione nella sola Ucraina pari a meno del 9,8 %.

Produzione nel mondo.

Paese Milioni di capi

Cina 482 Unione Europea 152 Stati Uniti 61 Brasile 34 Estremo Oriente 27 Canada 15

Paesi dell‟Est europeo 25

Tabella 1.1 - Produzione di capi suini nel mondo.

In totale a livello mondiale sono stati prodotti 102,7 milioni di tonnellate di carne suina.

Consumi nel mondo.

I consumi di carne nel mondo nel 2005 sono cresciuti dell‟1,8% ed i Paesi che hanno presentato questo aumento sono stati la Russia (+ 4,6 %), la Cina (+3,8 %) ed il Giappone (+3 %).

Invece una flessione pari all‟1,5 % si è registrata in Europa, negli Stati Uniti pari all‟1,5 % ed in Brasile pari allo 0,9 % (http://www.cia.it).

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1.3 Produzione e consumo della carne suina in Italia

Nel grafico sottostante è riportato l‟andamento delle produzioni, delle importazioni e dei consumi di carne suina dal 1994 al 2004 in Italia e nella tabella è riportato il numero di capi macellati in Italia e nelle singole regioni.

Grafico 1.1 - Produzione, importazione e consumo medio di carne suina fresca e trasformata in Italia. Fonte dati ISTAT.

0 500 1000 1500 2000 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 produzione importazione consumo

Macellazioni di suini in Italia

REGIONI ANNO 2003 ANNO 2004

N° Capi Peso (q) N° Capi Peso (q) Piemonte 1.051.316 1.594.643 901.501 1.442.455

Valle d‟Aosta 236 356 236 337

Lombardia 4.452.512 7.038.903 4.567.873 7.095.248 Trentino – Alto Adige 37.546 46.719 37.193 47.590

Bolzano 11.260 11.059 9.215 9.278 Trento 26.286 35.660 27.978 38.312 Veneto 735.617 1.166.522 592.468 913.279 Friuli-Venezia Giulia 109.532 169.889 104.771 156.635 Liguria 977 1,272 1.003 1.246 M igl iaia di tonnellate

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Tabella 1.2 - Suini macellati in Italia e nelle singole regioni. Fonte dati ISTAT.

Dal grafico 1.1 possiamo capire che al graduale aumento della produzione e delle importazioni corrisponde un regolare incremento dei consumi; infatti in Italia il consumo pro-capite di carne suina tra fresca e trasformata è salito dai 27 Kg del 1994 ai 30,8 Kg del 2004, però nel 2005 in controtendenza al resto dell‟Europa, il nostro Paese ha registrato un trend negativo.

Infatti, la suinicoltura italiana ha chiuso in rosso i conti del 2005 a causa di un‟ulteriore riduzione della differenza tra il prezzo del nostro suino pesante e quello del suino leggero, prodotto a costi molto più competitivi nel resto dell‟Europa. La causa di questo problema non può essere imputata solamente all‟andamento delle produzioni indirizzate ai macelli, ma soprattutto alle numerose difficoltà incontrate sul mercato interno dai Emilia Romagna 3.504.735 5.610.634 3.859.749 6.194.425 Toscana 306.774 419.699 298.190 403.393 Umbria 353.173 535.931 347.492 525.040 Marche 250.198 380.849 210.196 322.785 Lazio 501.946 767.498 501.068 764.589 Abruzzo 389.086 508.521 400.657 510.066 Molise 33.373 43.541 32.252 40.924 Campania 432.801 560.468 374.184 482.220 Puglia 99.368 111.548 97.518 114.489 Basilicata 73.012 88.026 55.941 65.976 Calabria 236.484 260.624 198.704 217.674 Sicilia 195.425 183.789 201.208 196.851 Sardegna 841.996 415.216 800.972 402.751 ITALIA 13.576.107 19.904.648 13.583.176 19.897.973 Nord 9.862.471 15.628.938 10.064.794 15.851.215 Centro 1.412.091 2.103.977 1.356.946 2.015.807 Sud 2.301.545 2.171.733 2.161.436 2.030.951

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prosciutti DOP. Infatti i risultati delle macellazioni evidenziano un ribasso nell‟offerta di carni suine, situazione inversa alla serie di aumenti che si erano verificati negli ultimi dieci anni, tanto da avere un calo del 4,7 % di capi macellati rispetto al 2004.

Tuttavia, considerando le proiezioni realizzate dagli enti di certificazione, il numero dei suini immessi nei circuiti del prosciutto DOP, che rappresenta il 60 % della produzione italiana, sarebbe ulteriormente cresciuto.

La continua espansione della produzione dei due principali prosciutti DOP italiani, “Prosciutto di Parma” e “San Daniele”, ha creato uno squilibrio rispetto alla capacità di assorbimento del mercato al consumo, che si è ripercosso su tutta la filiera portando ad una caduta del prezzo della coscia fresca, che ha trascinato al ribasso anche le quotazioni del suino pesante pagato agli allevatori.

Per quanto riguarda il “Prosciutto di Parma” le cosce destinate alla produzione hanno subito un incremento del 13 % dal 2001 al 2004 ed anche il numero di suini che nel 2005 sono entrati nel circuito del prosciutto DOP è cresciuto del 4 %; nonostante questo, nel 2005, si è verificata una riduzione (-2%) dei pezzi ammessi alla stagionatura.

Per il “San Daniele” invece le cosce destinate alla stagionatura hanno subito un incremento del 2,5 %.

Come risposta a questa difficoltà e per porre un freno alla continua crescita della produzione, il Consorzio del Prosciutto di Parma ha deciso di chiedere una modifica del disciplinare a seguito della quale, d‟ora in poi, sarà ammesso alla marchiatura esclusivamente il prodotto stagionato almeno dodici mesi ed indipendentemente dalla sua pezzatura.

Un altro problema emerso da questa discussione è stata la difficoltà del nostro mercato a remunerare in maniera adeguata tutti i tagli prodotti dal suino pesante, di cui quasi i due terzi sono allevati nell‟ambito del circuito dei prosciutti di Parma e San Daniele secondo un rigoroso disciplinare di produzione. Infatti, il costo di produzione dell‟allevatore italiano è tra il 15 e 25 % più elevato rispetto a quello sostenuto dagli altri allevatori europei e

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questo provoca un aumento delle importazioni di carni suine di minore qualità ma estremamente competitive, pari all‟1%.

Il Ministero delle Politiche agricole e forestali nel tentativo di valorizzare e difendere le carni ottenute dal suino pesante e in attesa del riconoscimento definitivo della Comunità Europea, ha accordato la protezione transitoria alla denominazione di origine “Gran Suino Padano” (Decreto Ministeriale 5 settembre 2005) per i suini allevati in conformità ai disciplinari del prosciutto di Parma e di San Daniele.

1.4 Parametri di qualità della carne suina

In Italia esistono due diverse tipologie di produzione di suini:

 Suino pesante: soggetto da macello di peso vivo compreso tra i 160/170 Kg che fornisce una carcassa di 130/140 Kg. Questo indirizzo produttivo è determinato dall‟industria salumiera specializzata nella produzione del prosciutto crudo, della coppa ed altri salumi di pregio, per i quali si richiede una carne matura, con più alto contenuto in lipidi e tagli di peso elevati tanto da indirizzare questi animali alla trasformazione.

 Suino leggero: questa tipologia di suino non rappresenta un suino pesante macellato precocemente, ma un soggetto selezionato in base a criteri che privilegiano lo sviluppo muscolare dell‟animale rispetto alla formazione di masse adipose e per questo utilizzato per il consumo fresco.

La carne suina presenta: - colore rosso chiaro uniforme; - consistenza soda;

- superficie di taglio non acquosa.

Negli ultimi anni la carne suina è stata prediletta rispetto a quella bovina a seguito della riduzione della percentuale di grasso dei suini allevati e del

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tenore in colesterolo della carne suina; tutto ciò è stato accompagnato da un aumento della percentuale di grassi polinsaturi.

Per cui la carne suina ha assunto una posizione privilegiata per il suo elevato valore biologico, grazie alla sua elevata componente aminoacidica e al contenuto equilibrato delle diverse vitamine presenti, tanto da essere definita una carne magra dal punto di vista dietetico e una componente fondamentale per uno stile alimentare sano e corretto.

Il concetto di qualità di un prodotto è molto difficile da definire, possiamo considerare l‟accezione più usata e diffusa del termine “qualità”, cioè “l‟insieme delle proprietà e caratteristiche intrinseche ed estrinseche di un prodotto, che gli conferiscono la capacità di soddisfare esigenze implicite ed esplicite del consumatore” (UNI ISO 8402).

La qualità può essere quindi valutata secondo vari aspetti e soprattutto le caratteristiche qualitative possono variare in funzione delle esigenze del fruitore finale, che talvolta possono essere in forte contraddizione tra loro.

- Il trasformatore non apprezza prodotti caratterizzati da un basso livello di saturazione, poiché gli acidi grassi saturi garantiscono l‟ottenimento di un grasso solido e compatto, caratteristica peculiare nei prodotti trasformati.

- Il consumatore “salutista” considera più importanti le proprietà dietetico-sanitarie dei prodotti acquistati, per cui risultano migliori, gli alimenti caratterizzati da un basso contenuto in colesterolo e acidi grassi saturi.

Una possibile definizione di qualità della carne suina può essere effettuata considerando le caratteristiche peculiari per la produzione di carni di qualità, come riportato nella seguente tabella.

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Caratteristiche nutrizionali - contenuto proteico - contenuto di vitamine - contenuto di minerali - valore calorico Caratteristiche sensoriali - colore - grana e tessitura

- perdita di essudato dalle superfici di taglio

- marezzatura

Caratteristiche organolettiche

- tenerezza della carne - succulenza

- sapidità - fragranza

- assenza di odori estranei

Caratteristiche igienico sanitarie

- assenza di germi patogeni - carica batterica nella norma

- assenza di residui di metalli pesanti - assenza di residui di pesticidi

- assenza di residui di additivi e farmaci - contenuto di colesterolo

- contenuto lipidico

-contenuto di acidi grassi saturi

Caratteristiche etiche

- ecosostenibilità degli allevamenti - salvaguardia del benessere animale - aspetti religiosi

Caratteristiche tecnologiche

- contenuto in acqua

- capacità di ritenzione idrica - pH

- capacità di assorbimento di sale - contenuto in acidi grassi insaturi - numero di iodio nel grasso

Tabella 1.3 - Alcuni elementi di qualificazione della carne (Pugliese C., Bozzi R., 2004).

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Oggi il concetto di “qualità” è notevolmente mutato rispetto al passato, a causa della denuncia da parte dei consumatori degli “allevamenti intensivi”, considerati come sinonimo di “animale sofferente” e di “prodotto adulterato”.

Per cui la qualità è strettamente legata ai metodi di produzione biologica, considerati come un ritorno alla naturalità della vita e ad una maggiore naturalità dei prodotti animali.

Questi criteri sono rispettati grazie ai severi vincoli e limiti in materia di alimentazione e gestione sanitaria degli animali, che quindi migliorano un altro aspetto altamente criticato, la naturalità dell‟ambiente.

Infatti, negli ultimi anni si sta cercando di contenere l‟impatto ambientale dell‟allevamento, incentivando l‟estensivizzazione degli allevamenti, che in tali condizioni garantiscono un minor impatto ambientale per unità di superficie e per unità di prodotto (Della Casa G., 2001-2003).

1.4.1 Caratteristiche nutrizionali

La carne suina è una buona fonte di proteine, ne contiene circa 20 grammi per 100 grammi di carne, con un elevato contenuto in amminoacidi essenziali, per cui risulta essere di alta qualità biologica.

I lipidi sono costituiti prevalentemente da trigliceridi di diverso livello di insaturazione ed il colesterolo è attorno ai 60 mg/100g di parte edibile e nel grasso raggiunge i 70 mg (Balasini D., 2001). Comunque il contenuto totale in lipidi varia molto a seconda del tipo di taglio; ad esempio nel suino leggero, ne troviamo il 3 % nel coscio e l‟8 % nella bistecca.

La carne suina presenta anche un buon contenuto in vitamine:

 vitamina B1 più alta che nella carne bovina;

 vitamina B2;

 vitamina B6;

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 vitamina D: alimenti contenenti un buon tenore di vitamina D3 hanno mostrato la capacità di incrementare la tenerezza della carne ed il livello di calcio nel sangue e nel muscolo. In studi effettuati da Dikeman (2003) sono stati evidenziati l‟aumento della compattezza e del colore ed il decremento della perdita di acqua nella carne suina.

Per quanto riguarda la vitamina A e la vitamina E, recenti studi hanno messo in evidenza che:

 suini non alimentati con supplementi di vitamina A presentano elevate percentuali di grasso intramuscolare senza causare effetti negativi sulle performance di crescita dell‟animale;

 la vitamina E migliora la colorazione della carne e non presenta caratteri negativi che possono influenzare le performance produttive del maiale (Dikeman M.E., 2007).

Anche il contenuto in minerali è a livelli abbastanza buoni; troviamo soprattutto:

 ferro;

 zinco;

 rame;

 selenio, tutti presenti in una forma ben utilizzabile.

Il contenuto in ferro è comunque più basso rispetto alla carne bovina e questo determina una colorazione della carne più rosea, in quanto il colore dipende dal contenuto in mioglobina, pigmento presente nelle fibre muscolari che lega il ferro e che va incontro a variazione di colore in relazione ai processi di ossidazione.

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1.4.2 Caratteristiche sensoriali

Le caratteristiche sensoriali sono di importanza fondamentale, perché è in base a queste che il consumatore effettua o meno la scelta al momento dell‟acquisto.

Le più importanti per quanto riguarda le carni fresche destinate al consumo diretto sono:

 il colore

Il colore è un aspetto molto importante per la valutazione del grado di freschezza della carne. Questo è legato principalmente alla presenza di pigmenti di natura proteica quali mioglobina e cromoproteine.

La mioglobina è il pigmento direttamente responsabile del colore della carne e la sua concentrazione varia tra 1-20 mg/g di carne a seconda del sesso, dell‟età e della razza.

La mioglobina è una molecola che immagazzina e trattiene l‟ossigeno prelevato dal sangue e che cede quando si verifica la contrazione; in generale un muscolo è tanto più rosso quanto più lavora.

Da questa distinzione possiamo capire perché i muscoli scuri sono presenti nei cinghiali selvatici, nelle razze tradizionali ed antiche di suini allevati in libertà, oltre, a presentare i muscoli degli arti posteriori ulteriormente più scuri poiché utilizzati maggiormente nella corsa.

Al contrario i cosiddetti “maiali tecnologici”, che non corrono ed effettuano pochissimo o nullo movimento, presentano muscoli chiari o rosei.

In realtà i muscoli bianchi o rossi non presentano completamente questa tonalità, in quanto il colore deriva dalla diversa percentuale di fibre rosse a contrazione lenta e di fibre bianche a contrazione veloce:

 le fibre rosse o “lente” servono per le attività costanti e lente, come camminare e correre;

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 le fibre bianche o “veloci” servono per gli sforzi violenti ed intermittenti, separati da periodi di inattività (Ballarini G., 2003).

Le fibre presentano anche diversa nutrizione: le fibre rosse bruciano prevalentemente grassi e le fibre bianche soprattutto zuccheri.

La tonalità cromatica è determinata dalla proporzione in cui sono presenti le tre diverse forme di mioglobina: ossimioglobina, metamioglobina e deossimioglobina.

Inoltre il colore della carne può variare in funzione del peso alla macellazione del suino e del tipo di allevamento; infatti il contenuto in mioglobina tende ad aumentare con il crescere del peso di macellazione e negli animali che svolgono un maggiore movimento durante la loro vita, ovvero i suini allevati allo stato brado.

La percezione visiva del colore può essere tradotta in termini numerici mediante un apparecchio, detto colorimetro, che fornisce tre coordinate colorimetriche:

 Luminosità = L* = va da 100 (bianco) a 0 (nero)

 Indice del rosso = a* = va da -60 (verde) a +60 (rosso)

 Indice del giallo = b* = va da -60 (blu) a +60 (giallo)

Dalla combinazione di a* e b* si ottengono due parametri che meglio definiscono il colore e si avvicinano alla percezione umana:

CROMA o saturazione (C): rappresenta l‟intensità del colore e indica la percentuale di colore puro presente e cioè la forza con cui un colore si stacca dal neutro (per C=0 si ha il grigio).

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TINTA o colore propriamente detto (H): indica la tonalità del colore, (per H=0 si ha il rosso porpora) (Pugliese C., Bozzi R., 2004).

 la perdita di liquidi

La capacità di trattenere i liquidi dipende dalla struttura delle fibre e rappresenta un elemento importante sia per la carne cruda che per la carne cotta.

 le infiltrazioni di grasso

La presenza di grasso all‟interno del taglio si presenta come infiltrazioni che danno luogo a venature, importanti ai fini del colore e soprattutto per la tenerezza ed il sapore. Infatti i grassi sono fattori fondamentali per il sapore, sia per loro stessi sia perché veicoli di composti responsabili del sapore. E‟ stato dimostrato che riducendo il contenuto in grassi al di sotto del 2 % la carne diventa dura e filacciosa e perde, soprattutto, di sapore.

 la consistenza

Questo ultimo aspetto è determinato essenzialmente dalle caratteristiche fisiche del muscolo quali la tenerezza, la plasticità, la densità e l‟elasticità per tagliare un determinato campione di superficie nota. La resistenza al taglio è da attribuirsi principalmente alla quantità di tessuto connettivo, allo stato di concentrazione del muscolo e all‟integrità delle proteine che formano le miofibrille muscolari.

Per la valutazione della qualità della carne e soprattutto quando vogliamo valutare il grado di tenerezza, le prove di assaggio sono sostituite dall‟impiego di apparecchiature meccaniche.

Molteplici misure sono state effettuate grazie all‟apparecchiatura Warner-Bratzler (1928) che permette la valutazione dei principali fattori di variazione della tenerezza.

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Tuttavia le molteplici difficoltà legate alla comprensione dei meccanismi che regolano l‟evoluzione della tenerezza durante il processo di trasformazione del muscolo animale in carne non sono ancora state risolte (www.bioinfovet.unimi.it).

La tenerezza viene valutata mediante la misura della forza necessaria per eseguire il taglio di un campione di 1 pollice di diametro, con una lama che scorre ad una velocità costante di 100 mm/min.

1.4.3 Caratteristiche organolettiche

Le caratteristiche organolettiche della carne fresca sono notevolmente influenzate:

 dalla razza;

 dal tipo di alimentazione;

 dal tipo di allevamento;

 dal periodo di macellazione.

Tra le caratteristiche organolettiche vi sono quelle percepibili al momento del consumo e che riguardano i parametri di tenerezza e sapidità.

La tenerezza della carne è influenzata dalla quantità di collagene e dai rapporti tra le diverse proteine che lo costituiscono. In linea di massima un minore lavoro muscolare si associa ad una diminuzione della quantità di collagene, che comporta un aumento della tenerezza. Questa proteina, denominata collagene, è presente abbondantemente negli animali giovani ed in rapido accrescimento, noti come “maiali tecnologici”; il collagene sottoposto ad un calore dolce e progressivo si trasforma in gelatina che contribuisce a dissociare le fibre muscolari e ad intenerire la carne.

Da questa considerazione emerge l‟odierna situazione per la quale la carne del moderno suino, con muscoli chiari e poco connettivo, ricco di collagene, può presentarsi più tenera rispetto a quella dei suoi progenitori selvatici.

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Tuttavia, questa carne poco grassa e talvolta veramente troppo magra, risulta insipida.

La tenerezza è influenzata da vari fattori:

 alimentazione: è importante la nutrizione nelle ore precedenti alla macellazione, in relazione alla quantità di glicogeno muscolare;

 allevamento: maiali che vivono all‟aperto e svolgono elevata attività fisica garantiscono la produzione di una carne notevolmente tenera;

 frollatura: ovvero la totalità dei processi enzimatici e biochimici che si svolgono nel muscolo dopo la macellazione. Anche se i meccanismi di frollatura sono i medesimi nelle varie specie animali, ciò che cambia è il tempo trascorso in frigorifero; ad esempio il tempo di frollatura per ottenere l‟80% di tenerezza è di 2 giorni per il pollo, 5 giorni per il maiale, 8 giorni per gli ovini, 10 giorni per i bovini (Ballarini G., 2003).

La sapidità della carne e soprattutto il sapore più marcato della stessa deriva da una maggiore concentrazione in grassi, nei quali si concentrano composti aromatici di origine alimentare. I grassi ottenuti attraverso un‟alimentazione naturale, come nei maiali allevati al pascolo, contengono sostanze aromatiche che inevitabilmente si trasferiscono alla carne. Ma ai nostri giorni i suini vengono alimentati con granaglie e grassi purificati, per cui predominano notevolmente i grassi insapori.

È opportuno aggiungere che talvolta possiamo riscontrare odori metabolici, come l‟odore ircino del verro e che le ossa, con il loro midollo, sono un importante deposito di aromi, che sono estratti soprattutto durante la preparazione di un sugo o del brodo.

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In conclusione per quanto riguarda le caratteristiche organolettiche dobbiamo appurare che si diversificano notevolmente nei vari tipi di suino:

- il cinghiale o il maiale di razze autoctone allevate allo stato brado o semibrado, allevati per secoli nelle nostre campagne, presentavano:

 carni rosse;

 abbastanza grasse e dure;

 molto sapide, per cui necessitavano di abbondante frollatura;  ossa molto aromatiche.

- il maiale moderno, prodotto dal miglioramento genetico e dalla zootecnia, diffuso in tutto il mondo ed allevato con sistemi e alimentazioni razionali presenta:

 carni chiare;

 poco grasse e tenere;  sapore attenuato;

 ossa dotate di scarsa sapidità.

Inoltre la presenza di sostanze tossiche può derivare da anomalie nei processi di conservazione, trasformazione e cottura.

Con la cottura si possono verificare due tipi di danni nutrizionali:

 di bassa entità: consistono nella perdita di vitamine, nella riduzione della digeribilità proteica e nell‟ossidazione dei grassi;

 di elevata entità: sono dovuti alla cottura a fuoco diretto con successiva carbonizzazione della carne e contemporanea formazione di sostanze con effetto cancerogeno.

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1.4.4 Caratteristiche igienico-sanitarie

La sicurezza si realizza e manifesta quando la carne non presenta sostanze non desiderabili, nocive o tossiche che possono avere origine diversa:

 sistema di allevamento;

 igiene dell‟animale;

 igiene del locali di ricovero;

 alimentazione del bestiame.

La carne suina è stata sempre ritenuta una carne dalle scarse qualità dietetiche, ma oggi attraverso studi di ricerca si è dimostrato che il suo contenuto in colesterolo è minore di quello della carne bovina, considerata migliore dal punto di vista sanitario.

Tabella 1.4 - Contenuto medio di colesterolo della carne e del grasso separabile di alcune specie domestiche (mg/100 g di carne fresca) (Pugliese C., Bozzi R., 2004).

La sanità della carne è notevolmente influenzata dalle modalità di gestione dell‟allevamento, infatti a partire dalla fine del Ventesimo secolo sono stati adottati nuovi sistemi di gestione efficaci verso le infezioni e le varie patologie, soprattutto respiratorie, che danneggiavano i sistemi di allevamento intensivo.

Carne magra Grasso

Maiale 60 70

Bovino 65 75

Agnello 70 75

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Queste tecniche di gestione aziendale combinano vari fattori:

 svezzamento precoce;

 isolamento dei gruppi di animali;

 separazione nello spazio delle diverse fasi dell‟allevamento.

Una migliore gestione dell‟allevamento comporta effetti positivi sulla qualità della carne e soprattutto condiziona la sanità igienica, i caratteri tecnologici ed i caratteri organolettici.

 Sanità igienica. Questo problema si evolve in base a tre diversi fattori:

 carica microbica: influisce sui processi di frollatura, maturazione e trasformazione delle carcasse. Per ridurne l‟impatto è opportuno adottare sistemi di gestione che curano in modo particolare l‟igiene ambientale, soprattutto a partire dalla gestione delle deiezioni;

 residui dei fitofarmaci: causati da una contaminazione degli alimenti o degli ambienti di allevamento;

 antibioticoresistenza trasferibile dal suino al consumatore: ipotesi remota, ma possibile nella sua realizzazione. In realtà, oggi, questa possibilità è notevolmente ridotta dal limitato uso di antibiotici a scopo nutrizionale e dal maggior controllo veterinario e delle Autorità sanitarie nei confronti dell‟uso degli antibiotici terapeutici, comunque limitati allo stretto necessario.

 Caratteri tecnologici. Per questi aspetti è opportuno intraprendere una gestione che eviti una serie di inconvenienti, molto gravi per l‟industria salumiera di trasformazione:

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 patologie osteo-articolari o podali di vario genere indotte o aggravate da sistemi di allevamento su pavimenti duri o inadatti.

1.4.5 Caratteristiche tecnologiche

Le caratteristiche tecnologiche sono parametri che interessano molto da vicino il consumatore, in quanto influenzano la bontà del prodotto e la perdita di liquido durante la cottura. La capacità della carne di trattenere acqua, quando è sottoposta a forze esterne, come pressione, calore o gravità, è definita: capacità di ritenzione idrica.

Questo parametro può essere valutato secondo vari metodi:

 CALO DI COTTURA: il metodo ufficiale prevede la cottura a bagnomaria a 75°C, fino al raggiungimento della temperatura interna del campione di 75°C. Le perdite vengono calcolate come differenza percentuale rispetto al peso iniziale.

 DRIP LOSS (perdite di sgocciolamento): sono le perdite dovute alla sola forza di gravità e sono molto vicine alle perdite che si verificano durante la manipolazione della carne. Il campione viene mantenuto per 48 ore a 4°C.

 ACQUA LIBERA (metodo della compressione): misura la quantità di acqua persa da un campione sottoposto ad una pressione tramite pressa idraulica da laboratorio, di 50 Kg/cm2 ed è espressa in cm2 di carta da filtro bagnata (Pugliese C., Bozzi R., 2004).

Anche la rilevazione del pH nella fase di post-mortem garantisce informazioni utili sulle caratteristiche tecnologiche della carne. Un indicatore utilizzato per questo scopo, è il pH misurato a 45 minuti (pH1 o pH45) e a 24 ore dalla morte (pHu o pH24) che è altamente correlato con la capacità di ritenzione idrica della carne.

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Quando il valore del pH45 scende sotto i valori 5.8-5.9 le carni sono tendenzialmente PSE e possono andare incontro alle alterazioni tipiche di questa miopatia e non essere adatte alla trasformazione.

La sigla PSE rappresenta l‟acronimo delle parole inglesi Pale, Soft, Exudative, che si riferiscono a carni chiare, flaccide ed essudative, le quali presentano un notevole abbassamento del pH subito dopo la macellazione ed elevate perdite di cottura, per cui rende la carne inadatta alla trasformazione in salumi stagionati tipici. Questo problema ha un‟origine genetica e può essere eliminato con la selezione o con gli incroci.

La PSE e la DFD possono influenzare anche le caratteristiche organolettiche dei prodotti.

La sigla DFD rappresenta l‟acronimo delle parole inglesi Dark, Firm, Dry, che si riferiscono a carni molto scure, dure e asciutte non adatte alla trasformazione e poco invitanti al consumo fresco.

L‟origine di questa miopatia non è legata a fattori genetici ma bensì ad un eccessivo stress dell‟animale prima della macellazione, per cui è puramente legato ad un aspetto manageriale.

1.4.6. Caratteristiche etiche

La qualità di tipo etico può essere raggiunta considerando vari elementi:

 il benessere degli animali, considerando quindi alcuni elementi fondamentali che possono garantirlo:

 la riduzione del numero di animali allevati per unità di superficie;

 la disponibilità di ampi spazi per garantire un corretto movimento dei suini;

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 la presenza di materiali sui quali esercitare l‟istinto di esplorazione e la ricerca del cibo;

 l‟utilizzo di rimedi terapeutici alternativi, come l‟omeopatia e la fitoterapia, al posto delle molecole chimiche di sintesi.

Queste risorse se ben utilizzate permettono di migliorare la qualità organolettica dei prodotti, al contrario se utilizzate in maniera errata possono compromettere i parametri organolettici, ma soprattutto danneggiano le caratteristiche igienico-sanitarie della carne, che rappresentano i prerequisiti essenziali di qualsiasi derrata alimentare.

 le fonti alimentari utilizzabili. Le basi del metodo biologico vietano l‟utilizzo di vari prodotti, quali:

 Organismi Geneticamente Modificati e loro derivati;

 prodotti ottenuti per sintesi chimica o comunque con trattamenti di tipo chimico;

 è importante, invece, somministrare agli animali alimenti grossolani o, ancor meglio, di consentire loro di assumerli mediante il pascolamento (Della Casa G., 2001-2003).

Il ricorso al pascolo e alla somministrazione dei foraggi potrebbe, in parte, eliminare l‟integrazione nella dieta di oligoelementi e vitamine ottenuti con l‟intervento della chimica.

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1.5 Parametri di qualità del grasso

Nel corso degli ultimi quaranta anni il concetto di qualità della componente adiposa si è notevolmente evoluto, a seguito del maggiore interesse dei consumatori nei confronti dei problemi di salute, legati ad un‟eccessiva o errata alimentazione. Le ricerche svolte in ambito medico hanno posto in evidenza che l‟eccessivo consumo di grassi saturi, soprattutto di origine animale, è uno dei principali responsabili delle alterazioni cardiovascolari. Tutti questi problemi hanno portato alla selezione di suini caratterizzati da un forte sviluppo muscolare e con poco grasso.

Infatti, l‟uomo ha modificato in base alle sue esigenze la struttura del corpo del suino abbandonando la classica ripartizione dell‟animale, cioè molto sviluppato nella parte anteriore (70 %) e molto meno nella parte posteriore (30 %) passando ad un suino con uno sviluppo equilibrato del tronco ed una testa più leggera, caratterizzato da una maggiore omogeneità tra il treno anteriore (50 %) ed il treno posteriore (50 %). In tempi più recenti si è cercato di specializzare ulteriormente il maiale in relazione al fatto che i tagli di maggior pregio, quali prosciutto e lombata, si trovano nella parte dorsale del tronco; questa necessità ha portato ad ottenere una forma del tronco tendenzialmente conica, con un treno anteriore poco sviluppato (30 %) e quello posteriore molto sviluppato (oltre il 70 %). Successivamente nel tentativo di dare a questa conformazione un maggior rilievo, aumentando la lunghezza del tronco e diminuendo ulteriormente lo spessore del lardo, siamo arrivati alla forma caratteristica del suino, definita “a siluro”.

La notevole riduzione del tenore in grasso se, da un lato, ha garantito la disponibilità dei tagli pregiati e della carne magra, dall‟altro, ha indotto la comparsa di alcune anomalie nei suini con poco grasso, in quanto più sensibili allo stress e pertanto più predisposti a fornire carni di qualità più scadente.

Tutte queste modificazioni sono nate in risposta della denuncia, da parte dell‟opinione pubblica, che ha sempre considerato la carne suina come la più grassa, la più ricca di acidi grassi saturi ed in generale la più dannosa per

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il suo effetto ipercolesterolemizzante, ma in realtà è necessario spiegare come sono organizzati il muscolo e il grasso all‟interno della carcassa, per capire che questa convinzione si può dimostrare sbagliata.

La carcassa di qualsiasi animale domestico è sprovvista della grande maggioranza di grasso periviscerale, conservando la quasi totalità di quello intermuscolare e sottocutaneo, oltre alla totalità del grasso intramuscolare presente nell‟animale vivente.

La carcassa degli animali subisce, durante il processo di trasformazione alcune modificazioni importanti come il taglio e l‟utilizzazione. Infatti, la carne utilizzata nell‟alimentazione umana è costituita dalle parti muscolari della carcassa complete della totalità del grasso intramuscolare e di un abbondante parte di grasso intermuscolare. Il restante grasso periviscerale e sottocutaneo subiscono una notevole riduzione durante i processi di sezionatura e rifilatura ed inoltre possono essere facilmente rimossi nel corso delle operazione pre- e post-cottura.

Per quanto riguarda gli insaccati si ha una minore possibilità di procedere alla separazione tra la parte magra e grassa, prerogativa garantita, invece, per i prodotti derivanti dalla lavorazione industriale che rispettano l‟integrità dei tagli anatomici, come prosciutto, spalla, coppa, pancetta.

Per cui la ripartizione dell‟adipe tra i due depositi, muscolare e sottocutaneo, ha un‟importanza pratica per ciò che riguarda il contenuto in grasso della carne effettivamente consumata dall‟uomo (Geri G., 1987).

Infatti, nel suino il grasso si deposita soprattutto a livello sottocutaneo, cosicché il contenuto di grasso intermuscolare risulta inferiore, a pari grado di adiposità, rispetto alla carne ovina e bovina, come vediamo nella seguente tabella.

Suini Ovini Bovini

Carcassa

Grasso sottocutaneo g/Kg 680 433 240

Grasso intermuscolare g/Kg 215 327 364

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Grasso perirenale g/Kg 61 95 172

Grasso periviscerale g/Kg 45 145 224

Tabella 1.5 - Ripartizione del grasso nei depositi adiposi di suini, ovini e bovini con grado di adiposità 20% sul peso vivo (Wood, 1984).

Tale distribuzione trova conferma in diversi tipi genetici e si accentua a pesi più elevati: all‟aumentare del peso vivo si osserva un maggior incremento relativo dei depositi adiposi sottocutaneo e perirenale.

1.5.1 Caratteristiche principali dei lipidi

I lipidi sono molecole organiche, presenti in natura, raggruppate secondo le loro caratteristiche di solubilità:

 sono insolubili in acqua (idrofobe);

 sono solubili in solventi organici non polari, come l‟etere o l‟acetone.

Questo gruppo di composti si può suddividere in 2 grandi categorie:

Lipidi saponificabili o lipidi complessi: lipidi saponificabili perché a seguito di idrolisi alcalina formano i saponi, che sono i sali degli acidi grassi.

Comprendono: fosfogliceridi, sfingolipidi, cere e acilgliceroli.

Lipidi insaponificabili o lipidi semplici: composti che non contengono acidi grassi e non subiscono azione idrolitica (idrolisi alcalina con liberazione di acidi grassi).

Comprendono: terpeni, steroidi, vitamine, colesterolo (Pusino A., Marucchini C., 2003).

I lipidi vengono utilizzati sia come riserva (lipidi di deposito, che costituiscono la riserva di scheletri carboniosi e di energia per le cellule) sia

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come componenti strutturali (lipidi strutturali che entrano nella composizione delle membrane biologiche).

Dal punto di vista chimico, alla costituzione della maggior parte dei lipidi concorrono uno o più acidi grassi, legati sotto forma di esteri o ammidi al resto della molecola.

Gli acidi grassi sono idrocarburi costituiti da un gruppo carbossilico (-COOH), da un gruppo metilico terminale (CH3) e da un numero variabile di atomi di carbonio.

Negli animali i lipidi vengono sintetizzati ogni volta che il contenuto calorico della dieta supera le calorie richieste e consumate dall‟organismo. La forma in cui tutti i lipidi vengono utilizzati per la produzione di energia è rappresentata dagli acidi grassi che si formano dalla scissione dei trigliceridi, forniti dagli alimenti o mobilizzati dai depositi adiposi e, in minima parte, dalla scissione dei fosfolipidi strutturali.

Gli acidi grassi possono essere, in base all'assenza o alla presenza di doppi legami nella catena carboniosa, da cui dipende anche la temperatura di fusione degli acidi grassi stessi, classificati come:

- Acidi grassi saturi: caratterizzati dall‟assenza di doppi legami tra gli atomi di carbonio; presentano il massimo numero di atomi di idrogeno legati agli atomi di carbonio e sono solidi a temperatura ambiente. Tra questi ricordiamo l‟acido caprilico C8:0, l‟acido palmitico C16:0 e l‟ acido stearico C18:0.

- Acidi grassi insaturi: caratterizzati dalla presenza di doppi legami tra gli atomi di carbonio; sono definiti monoenoici se è presente un solo doppio legame e polienoici se ne sono presenti più di uno. Tra questi ricordiamo l‟acido oleico C18:1, l‟acido linoleico C18:2, acido linolenico C18:3 e l‟acido arachidonico C20:4.

Essendo essenziali, certi acidi grassi insaturi, si classificano anche in base alla loro appartenenza a determinati processi metabolici in:

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 omega-3 quando l'ultimo doppio legame è presente sul terzo carbonio a partire dalla fine. Esempio:acido linolenico C18:3.

 omega-6 quando l'ultimo doppio legame è presente sul sesto carbonio a partire dalla fine. Esempio: acido linoleico C18:2.

 omega-9 quando l'ultimo doppio legame è presente sul nono carbonio a partire della fine. Esempio: acido oleico C18:1 (http://wikipedia.org).

Gli acidi grassi saturi e monoinsaturi, dal punto di vista nutrizionale, non sono considerati essenziali, poiché possono essere sintetizzati dall‟organismo animale, a differenza dell‟acido linoleico (C18:2) e dell‟acido linolenico (C18:3), che non possono essere sintetizzati dall‟organismo. Insieme ai sopradetti acidi polinsaturi, ne troviamo un terzo, chiamato acido arachidonico (C20:4), che viene sintetizzato dall‟organismo, ma insieme ai due precedenti acidi grassi, riveste un ruolo fondamentale dal punto di vista nutrizionale, dovuto alla loro capacità di abbassare il livello di colesterolo e di trigliceridi nel sangue. E‟ necessario sottolineare, oltre all‟importante funzione svolta dagli acidi grassi polinsaturi (PUFA 3 e n-6) nella nutrizione umana, per garantire la diminuzione dell‟incidenza di malattie cardiovascolari, la riscoperta dell‟importanza degli acidi grassi monoinsaturi, il cui principale esponente è l‟acido oleico (C18:1), in virtù della loro azione di riduzione del colesterolo LDL nel plasma e il conseguente aumento del colesterolo HDL. Questo comportamento è stato verificato grazie alla diminuzione dell‟incidenza di malattie cardiovascolari nelle persone che consumano una quantità significativa di olio di oliva nella loro dieta, in quanto ricco di acido oleico. Inoltre, è opportuno ricordare che gli acidi grassi saturi sono responsabili di scompensi cardiaci, cardiopatie e deposizione di materiali grassi sulle pareti arteriose, ma non tutti sono implicati nell‟aumento del tenore di colesterolo. I principali acidi responsabili di questo incremento sono l‟acido laurico (C12:0), miristico (C14:0) e palmitico (C16:0), mentre quelli con meno di 10 atomi di carbonio e l‟acido stearico non hanno un effetto evidente.

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Acidi grassi

n° atomi di carbonio:

n° doppi legami Nome comune

Saturi 4:0 6:0 8:0 10:0 12:0 14:0 16:0 18:0 20:0 22:0 24:0 Butirrico Capronico Caprilico Caprinico Laurico Miristico Palmitico Stearico Arachidico Beenico Lignocerico Monoinsaturi 14:1 n5 16:1 n7 18:1n9 20:1 n11 22:1 n9 Miristoleico Palmitoleico Oleico Eicosaenoico Erucico Polinsaturi 18:2 n6 18:3 n6 18:3 n3 20:4n6 20:5 n3 22:6 n3 Linoleico γ-linolenico Linolenico Arachidonico Eicosapentaenoico Docosaesaenoico

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1.5.2. Caratteristiche nutrizionali

Considerando il grasso un aspetto fondamentale nella preparazione dei salumi, possiamo cercare di descrivere come questo aspetto fondamentale può variare nelle varie tipologie di salume e come influenza le caratteristiche nutrizionali.

I salumi si possono dividere in magri, semigrassi e grassi.

 Salumi magri: sono ottime fonti proteiche, hanno un alto indice di sazietà e sono molto più appetibili della carne fresca a parità di grassi (la quantità di grassi varia dal 4 al 10 %). Tra i salumi magri è opportuno ricordare il prosciutto cotto e crudo privato del grasso visibile.

 Salumi semigrassi: il contenuto in grassi varia tra il 10 e il 20 %. Tra i salumi semigrassi troviamo il prosciutto crudo con il grasso e la coppa privata del grasso di confine, cioè quello facilmente asportabile.

 Salumi grassi: sono alimenti ipercalorici con basso indice di sazietà e con un contenuto di grassi superiore al 30 %. Tra i salumi grassi ricordiamo tutti i salami, la mortadella, la pancetta, il lardo, il cotechino.

E‟ opportuno ricordare che un salume grasso ha circa 420 Kcal per 100 grammi, mentre un salume semigrasso 280 Kcal per 100 grammi e la sua appetibilità spesso non è inferiore ad un salume grasso; per cui spesso tutti i grassi oltre il 20 % apportano molte calorie ma poco gusto.

1.5.3 Caratteristiche organolettiche

Le caratteristiche organolettiche sono influenzate dalla quantità di grasso intramuscolare, che può intervenire favorevolmente su vari fattori in maniera differenziata:

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- sul gusto, tramite la liberazione di composti volatili durante la cottura e la formazione degli aromi della carne suina in seguito ad interazioni tra lipidi, proteine e carboidrati;

- sulla tenerezza, facilitando la separazione delle fibre durante la masticazione;

- sulla succulenza, stimolando la produzione di saliva, probabilmente attraverso la liberazione di sostanze dovute all‟aroma della carne ed esercitando un effetto lubrificante sulle fibre muscolari.

In realtà, è opportuno precisare che la selezione zootecnica e le moderne tecniche di allevamento e di alimentazione ci consentono di ottenere carni con un contenuto lipidico, tale da garantire ottime caratteristiche organolettiche e, al tempo stesso, il rispetto delle esigenze “salutari” del consumatore e le indicazioni dietetiche e mediche, che cercano di ridurre il consumo di grasso di origine animale.

Il livello ottimale di grasso nel suino leggero misurato sul muscolo Longissimus dorsi, muscolo più importante della braciola, dovrebbe aggirarsi sui valori del 1-3 %; ma in ogni caso il contenuto lipidico non deve scendere sotto l‟1 %, altrimenti al di sotto di questo valore otteniamo una carne dura, stopposa e poco saporita.

1.5.4 Caratteristiche igienico-sanitarie

Nel grasso suino è stato riscontrato un quantitativo di acidi grassi saturi inferiore a quello della carne bovina come possiamo vedere nella tabella sottostante.

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Tabella 1.7 – Composizione (%) del grasso di alcune specie animali (Pugliese C., Bozzi R., 2004).

Inoltre, nel suino circa due terzi della componente corporea rientrano nella frazione di grasso facilmente separabile, cioè il grasso sottocutaneo, mentre la percentuale di intramuscolare, chiamato grasso di marezzatura, che rappresenta la parte di grasso non “eliminabile” al momento dell‟assunzione, è confrontabile con quello di altre specie ritenute magre e, talvolta, può anche essere inferiore.

BOVINI OVINI EQUINI SUINI POLLAME ACIDI GRASSI

SATURI 54 46 36 47 30

- a corta catena 3 3 5 1 1

- acido palmitico

(C16:0) 29 25 26 30 25

-acido stearico e altri

(>C18) 22 18 5 16 4 ACIDI GRASSI MONOINSATURI 44 48 41 44 50 -acido palmitoleico (C16:1) 3 1 7 3 7 - acido oleico (C18:1) 41 47 34 41 43 ACIDI GRASSI POLINSATURI 2 6 23 9 20 -acido linoleico (C18:2) 2 5 5 7 19 -acido linolenico (C18:3) 0 1 18 2 1

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1.5.5 Caratteristiche tecnologiche

Queste caratteristiche possono influenzare moltissimo la resa della carne e dei tagli nei vari processi di trasformazione.

Un parametro importante per valutare la qualità del grasso è il numero di iodio, indicativo del grado di insaturazione.

Il cosiddetto “grasso molle”, molto temuto dall‟industria salumiera, deriva dall‟eccesiva presenza di acidi grassi insaturi, poiché elevate concentrazioni di acido oleico e soprattutto di linoleico abbassano il punto di fusione del lardo. Questi acidi fondono rispettivamente a 13 e -5°C, mentre ad esempio nei grassi saturi, come l‟acido palmitico e stearico avviene, rispettivamente, a 63 e 70°C.

Gli acidi grassi insaturi sono, inoltre, più suscettibili all‟irrancidimento, che può modificare in maniera significativa le caratteristiche organolettiche dei salumi, tanto da renderli inappropriati al consumo.

1.6 La questione della “qualità” della carne suina

Il percorso che porta alla qualità comincia in allevamento, in quanto per ottenere un ottimo prodotto finale occorre partire da una materia prima altrettanto eccellente, e prosegue ai macelli e nelle industrie di trasformazione. I parametri di qualità necessari alla materia prima sono stati trattati precedentemente ed a questo punto è necessario delineare l‟importanza della certificazione di qualità del prodotto finito.

Da moltissimi anni nel nostro Paese il settore della sanità pubblica rivolge molta attenzione alle condizioni igienico-sanitarie delle derrate ed ha iniziato questa politica attraverso la classifica degli stabilimenti, rispetto alla norma CE e, successivamente, introducendo il sistema dell‟autocontrollo da parte dell‟impianto. Negli ultimi anni il principio dell‟autocontrollo è stato esteso a tutta la filiera, “dalla terra alla tavola”, cioè a monte della fase di processo.

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Questo è avvenuto nel comparto degli alimenti animali, a seguito della presenza di tracce di contaminazione, come residui di natura farmacologica e chimica, evidenziate nel prodotto finale e proveniente dall‟allevamento. Per risolvere questo problema dobbiamo mantenere la salute del bestiame ad ottimi livelli e, poiché la politica vaccinale trova sempre meno consensi, è indispensabile adottare misure di biosicurezza in allevamento, che consentano di preservarlo dall‟ingresso delle malattie e, attraverso una costante profilassi, si prevenga l‟insorgenza di focolai.

La biosicurezza in allevamento si articola nel rispetto di alcuni punti fondamentali:

 l‟autorizzazione sanitaria: già in fase di progettazione dell‟allevamento, il tecnico deve prendere le giuste precauzioni per stabilire correttamente la distanza da fonti di contaminazione, come altri allevamenti, strade percorse da mezzi commerciali utilizzati per il trasporto del bestiame o discariche;

 la dislocazione dei ricoveri: rispettare le adeguate distanza tra un ricovero e l‟altro all‟interno dell‟azienda, per contrastare la trasmissione della malattie da un reparto all‟altro;

 il deposito degli scarti: fonti di contagio molto pericolose sono rappresentate dal deposito di animali morti o da vettori che trasportano materiali di scarto;

 il personale: è necessario che il personale sia sufficientemente addestrato ed abbia avuto una corretta formazione, per riuscire a gestire bene casi di emergenza all‟interno dell‟allevamento ed in settori chiave come la sala parto o lo svezzamento (Belluzzi G., 2001).

Come ricordato sopra, l‟utilizzo dei farmaci e dei prodotti sanitari è notevolmente diminuito, in quanto può minare sia la produzione che la qualità del suino.

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Infatti, oggi, il trattamento con farmaci va effettuato sotto stretto controllo veterinario e soprattutto gli animali trattati devono essere identificati; va registrata la durata della medicazione e deve essere rispettato il tempo di sospensione. Inoltre, attraverso una pulizia accurata degli strumenti o dell‟impianto di distribuzione del farmaco, si può prevenire la contaminazione incrociata tra i diversi soggetti curati.

Considerando tutte queste avvertenze per riuscire ad ottenere un prodotto qualitativamente sano ed eccellente sarebbe opportuno introdurre all‟interno del comparto suinicolo l‟autocontrollo in allevamento, così come stanno già facendo gli allevatori delle vacche da latte per favorire la qualità dei formaggi. Alcuni suinicoltori hanno già intrapreso questo sistema attraverso l‟analisi del processo, l‟individuazione dei pericoli ed il loro controllo; in questo modo l‟allevatore è in grado di controllare la salute dell‟animale, prevenire le malattie, fornire così, al macello o all‟industria di trasformazione, un prodotto sano e privo di contaminanti batteriologici o chimici. A questo punto tutta la filiera a valle dovrebbe essere rigorosamente garantita e diventa importante il raggiungimento di un‟ottima qualità del prodotto finale; per questo scopo risulta fondamentale il ruolo del macello e degli impianti di preparazione e stagionatura della carne.

Questi ultimi devono garantire alcuni aspetti fondamentali:

 l‟idoneità dello stabilimento: ogni stabilimento deve essere dotato del decreto di riconoscimento CE, delle autorizzazioni agli scarichi liquidi, solidi e gassosi in atmosfera, dei libretti sanitari degli addetti, della conformità alle norme antinfortunistiche e della rispondenza delle strutture aziendali e dei locali di lavoro alle prescrizioni delle leggi comunitarie;

 autocontrollo igienico-sanitario: è un comparto molto ampio che prevede lo studio e l‟utilizzo di un apposito manuale nel quale sono elencate le basi di questo sistema: disinfestazione, disinfezione, formazione del personale, gestione dei rifiuti e degli scarti, identificazione dei rischi, gestione del prodotto non conforme, costante registrazione delle verifiche eseguite dal

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responsabile. Tutta questa documentazione deve essere disponibile per il controllo da parte del servizio sanitario pubblico ed aggiornata costantemente.

Oggi per far sì che tutte queste misure siano realizzate in maniera ottimale, per assicurare la qualità di un prodotto e per garantire il soddisfacimento dei desideri e delle aspettative del consumatore, si fa affidamento al sistema di certificazione di qualità, facendo riferimento alle norme volontarie della serie ISO 9000.

È opportuno ricordare cosa significa assicurazione di qualità, certificazione di qualità e soprattutto che cosa è l‟ISO.

 Assicurazione di qualità: sono tutte le attività svolte all‟interno di un‟azienda che ha deciso di pianificare qualitativamente il proprio lavoro, che forniscono l‟assicurazione che il prodotto soddisferà le esigenze qualitative del consumatore-cliente.

 Certificazione di qualità: è l‟atto formale attraverso il quale l‟ente certificatore esterno ed indipendente, riconosce all‟azienda la capacità di aver attuato tutta una serie di attività pianificate, sistematiche e documentate, per garantire che il prodotto finale rispetti le richieste del cliente-consumatore.

 ISO: è l‟ente normativo mondiale che ha emanato le norme riconosciute successivamente in tutto il mondo. Per quanto riguarda l‟Europa le norme sono riprese da un comitato chiamato CEN, mentre in Italia troviamo un istituto di formazione che prende il nome di UNI.

Questi enti di normazione hanno il compito di produrre delle norme tecniche, riconosciute universalmente, nell‟ambito della promozione e della sicurezza della vita, la conservazione dell‟ambiente, il miglioramento dell‟economia di sistema, la salvaguardia degli interessi dei consumatori.

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Grazie a questo sistema nei prossimi anni si concretizzerà ciò che si auspica da tempo: “la certificazione di qualità rilasciata da un Ente Certificatore accreditato servirà ad organizzare meglio le aziende e ad assicurare una corretta produzione igienico-sanitaria delle derrate” (Belluzzi G., 2001).

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2- FATTORI CHE INFLUENZANO LA QUALITA’

DELLA CARNE E DEL GRASSO SUINO

2.1 Fattori di variazione della qualità della carne

I principali fattori influenti sono:

- età/peso corporeo; - tipo genetico;

- ambiente e sistema di allevamento; - alimentazione;

- trattamenti pre- e post- macellazione.

2.1.1 Età/peso corporeo

L‟individuazione del giusto rapporto tra età di macellazione e peso vivo dell‟animale rappresenta un parametro fondamentale per la determinazione della maturità della carne suina.

E‟ indispensabile ottenere un peso alla macellazione idoneo a garantire un buon rapporto tra la componente muscolare e adiposa, al fine di avere un giusto livello di grasso intramuscolare.

Il processo di accrescimento è vario in funzione delle diverse parti morfologiche considerate, le quali si sviluppano in tempi diversi, che possono essere classificate dalle più precoci alle più tardive secondo lo schema seguente:

- il tessuto nervoso e osseo si accrescono più precocemente; - subito dopo il tessuto muscolare;

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2.1.2 Tipo genetico

Ai nostri giorni non esiste una razza che possiede tutti i requisiti richiesti dall‟industria di trasformazione. Le razze allevate in Italia derivano dal processo di selezione di capi provenienti da ceppi europei, nei quali si è incrementata la muscolosità con la conseguente diminuzione di attitudine alla trasformazione, essendo inversamente proporzionali l‟incremento della muscolosità con le caratteristiche qualitative della carne.

Analizziamo le razze maggiormente utilizzate per la produzione di carne suina:

Large White, rappresenta la razza più utilizzata per la produzione di salumi, ma la migliore qualità della carne non è associata all‟ottima qualità della carcassa.

Landrace, presenta un‟ottima carcassa, ma la carne è meno adatta alla produzione di salumi di alta qualità.

Hampshire, produce carni acide e presenta il rischio di produzione di grasso flaccido a causa della notevole insaturazione.

Duroc, presenta un‟elevata quantità di grasso intramuscolare.

E‟ fondamentale scegliere la razza che meglio si adatta alle caratteristiche di allevamento, poiché quando parliamo di allevamento brado è opportuno adottare razze autoctone o ibridi che presentino ottime caratteristiche di rusticità.

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2.1.3 Ambiente e sistema di allevamento

Ogni metodo di allevamento che garantisce un ottimo benessere degli animali permette l‟ottenimento di produzioni qualitativamente migliori e rispondenti in pieno alle esigenze del consumatore.

Ad esempio un allevamento di tipo brado garantisce un muscolo di maggiore consistenza in seguito all‟elevato movimento fisico effettuato dagli animali, ma livelli più bassi, anche se soddisfacenti possono essere raggiunti in allevamenti confinati nel rispetto delle opportune precauzioni. In realtà il sistema di allevamento rappresenta un aspetto fondamentale per differenziare carni di qualità elevata.

Infatti, allevare i suini al pascolo in bosco, comporta un maggior contenuto di grasso infiltrato ed effetti positivi sulla sapidità e succulenza della carne. L‟allevamento brado e l‟alimentazione a base di prodotti boschivi, quali castagne e ghiande, garantiscono l‟ottenimento di una carne dotata di buona marezzatura e più saporita rispetto a ciò che possiamo ottenere da suini allevati allo stato semibrado.

Il livello di grasso intramuscolare considerato nel principale muscolo della lombata, il Longissimus dorsi, degli animali allevati al brado non ha mostrato caratteristiche di pericolosità che potrebbero minare le sue caratteristiche dietetiche.

Il sistema di allevamento influisce, anche, sul colore della carne, in quanto l‟allevamento brado garantisce una colorazione più intensa alla carne suina; ciò è determinato sia dall‟età più avanzata degli animali al pascolo, sia dall‟esercizio fisico, che stimola la produzione di mioglobina.

Nonostante tutti questi aspetti positivi l‟allevamento all‟aperto, soprattutto brado e semibrado, sembra peggiorare le caratteristiche tecnologiche attraverso la produzione di carni più dure e con minore capacità di ritenzione idrica. In realtà l‟allevamento agisce in modo indiretto sui parametri tecnologici, in quanto il giusto raggiungimento del grado di maturità della carne è strettamente legato al rapporto tra età di macellazione e peso corporeo. Per cui le peggiori caratteristiche tecnologiche riscontrate

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nei suini al pascolo sembrano derivare non tanto dall‟effetto diretto del pascolo in bosco, quanto dalla loro maggiore età al momento della macellazione.

2.1.4 Alimentazione

Per garantire un‟ottima qualità della carne, l‟alimentazione rappresenta un aspetto fondamentale che è strettamente correlato alla disponibilità di pascolo e alla somministrazione di erbe e foraggi.

La disponibilità di un pascolo ricco di ghiande ed erba condiziona in modo positivo sia la composizione acidica dei lipidi muscolari del suino sia la maggiore resistenza delle carni all‟ossidazione rispetto alla semplice disponibilità di ampi spazi di movimento.

Uno studio di ricerca effettuato da Andrés et al, (2001) ha messo in evidenza la capacità di un gruppo di suini mantenuti negli ultimi sessanta giorni di vita in un pascolo di ghiande ed erba, senza integrazione di mangimi, di:

- incrementare il contenuto di acidi grassi monoinsaturi e diminuire i saturi nei trigliceridi muscolari;

- incrementare il tenore di acidi grassi monoinsaturi e diminuire il contenuto di acidi grassi polinsaturi nei fosfolipidi.

Tutto questo rispetto ad animali aventi a disposizione un‟ampia zona di movimento ma alimentati esclusivamente con mangimi, i quali hanno dimostrato una maggiore predisposizione all‟ossidazione della carne.

In realtà quando il pascolo non è disponibile, possiamo prendere in considerazione le modalità di somministrazione degli alimenti, in quanto la razione alimentare può influenzare le caratteristiche delle carni e delle carcasse.

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Gli aspetti principali sono rappresentati da:

 Quantità: energia e proteine sono i fattori che maggiormente influenzano il rapporto magro/grasso della carcassa e della qualità delle carni.

 Per quanto riguarda l‟energia, la somministrazione ad libitum dei mangimi concentrati, pur fornendo ottimi accrescimenti, comporta un incremento dell‟adiposità della carcassa. Nonostante oggi questo fenomeno sia attenuato grazie alla disponibilità di animali dotati di buona attitudine alla produzione di carne magra, è sempre presente negli animali castrati e quando vogliamo produrre animali molto pesanti, oltre i 150 Kg. Inoltre, il raggiungimento di elevati pesi di macellazione in tempi relativamente brevi, potrebbe ostacolare la maturità delle carni.

 Insufficienti apporti di proteine e di amminoacidi diminuiscono lo sviluppo delle parti muscolari delle carcasse senza modificare la composizione ed il valore biologico della carne. In sintesi, però, le proteine e gli amminoacidi della dieta consentono di migliorare al massimo le potenzialità genetiche del suino e la sua attitudine a produrre carne magra.

 Presentazione: la somministrazione degli alimenti in farina o pellet non sembra influenzare le caratteristiche qualitative della carne, anzi entrambe le modalità di somministrazione degli alimenti concorrono alla produzione di carni idonee al consumo fresco e alla trasformazione industriale; ricordando l‟importanza di somministrare mangimi pellettati soprattutto nelle prime fasi dell‟arco produttivo.

 Materie Prime: la loro qualità, il loro stato di conservazione e l‟utilizzo dei loro sottoprodotti ed alimenti alternativi a quelli tradizionali, possono

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influire nella produzione di carcasse e di carni adatte alla trasformazione industriale ed al consumo diretto.

 Cereali: tutti i cereali ed in particolare, frumento, sorgo, orzo, mais, segale, triticale possono essere utilizzati con successo, ma questo dipende dalla loro composizione chimica e dal loro diverso valore nutritivo.

 Sottoprodotti ed alimenti alternativi:

 melasso, soprattutto quello di canna. Dobbiamo tener presente che negli animali di peso molto ridotto, dosi eccessive possono favorire una diminuzione dei depositi adiposi, ma contemporaneamente creano una riduzione della resa al macello. Invece nel suino pesante, anche con dosi di incorporazione del 10% non si hanno variazioni di resa al macello e di deposizione di tessuto adiposo;

 borlande: sono sottoprodotti ottenuti dalla distillazione di sostanze diverse, caratterizzati da un ottimo valore nutritivo e dalla presenza di molti principi nobili, ma possono anche indurre squilibri minerali, carenze nel contenuto di amminoacidi e la loro composizione è sottoposta ad un‟estrema variabilità;

 patate: non sono stati molto studiati scientificamente gli effetti della loro somministrazione agli animali, ma in via teorica si suppone che grazie all‟elevato contenuto glucidico ed il trascurabile tenore in grasso e proteine non si creino rischi elevati nei confronti della qualità;

 Grassi ed oli: spesso la “grassatura” dei mangimi è ritenuta responsabile dell‟aumento dell‟adiposità della carcassa, perché in questo modo si realizzano più facilmente livelli nutritivi troppo elevati;

Figura

Tabella 1.1 - Produzione di capi suini nel mondo.
Tabella  1.2  -  Suini  macellati  in  Italia  e  nelle  singole  regioni.  Fonte  dati  ISTAT
Tabella  1.3  -  Alcuni  elementi  di  qualificazione  della  carne  (Pugliese  C.,  Bozzi R., 2004)
Tabella  1.4  -  Contenuto  medio  di  colesterolo  della  carne  e  del  grasso  separabile di alcune specie domestiche (mg/100 g di carne fresca) (Pugliese  C., Bozzi R., 2004)
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