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ALTERAZIONI RADIOGRAFICHE

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Academic year: 2021

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ALTERAZIONI RADIOGRAFICHE

Non esiste un età ottimale per la valutazione delle anche del cane ai fini della determinazione della displasia: una diagnosi radiografica precoce non è attendibile prima dei sei mesi, poiché la maturazione delle ossa pelviche si trova ancora in uno stadio immaturo; la cartilagine articolare è spessa e radiotrasparente, causando un apparente aumento di ampiezza dello spazio articolare, che potrebbe condurre ad una falsa diagnosi positiva di sublussazione. In generale, l’età al momento dell’esame radiografico varia tra 12 e 24 mesi, dipendentemente dal sistema di valutazione e dalla razza (Brass, 1989; Corley, 1992). Il Comitato Scientifico della Federazione Cinologica Internazionale (F.C.I.) ha raccomandato che l’età minima per la valutazione radiografica sia 12 mesi, mentre per alcune razze di grossa taglia o giganti questo limite di età è stato portato a 18 mesi. Questa raccomandazione si basa sull’identificazione della lassità articolare come aspetto primario di displasia dell’anca nel cane.

Comunque, segni radiografici di displasia dell’anca possono essere evidenti precocemente, o non prima di due o tre anni di età, dipendendo dalla gravità e dalle influenze ambientali (Burns et al., 1987).

Sembra che, perché compaiano alterazioni radiografiche secondarie alla displasia, il cane debba attraversare un periodo in cui la lassità articolare non determina un dolore insostenibile. Pare che, se il dolore è di lieve entità, il cane possa utilizzare l’articolazione nonostante la sua instabilità, stimolando così la comparsa delle alterazioni secondarie. Se, fin dalla primissima età, la lassità articolare è molto grave tanto che la testa femorale si lussa più precocemente e completamente, le strutture ossee non vengono stimolate a sviluppare alterazioni secondarie altrettanto accentuate (Morgan e Stephens, 1985).

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Al fine di formulare una diagnosi corretta, è necessario che ogni parte dell’articolazione dell’anca venga attentamente considerata e che siano identificate tutte le alterazioni. Nella radiografia, eseguita in proiezione ventrodorsale standard, deve essere valutato: il grado di sublussazione, il contorno e la profondità dell’acetabolo, la forma della testa e del collo femorali, la conformazione dell’articolazione coxofemorale.

La prima alterazione radiografica che può comparire nella displasia dell’anca è la lassità articolare, che si manifesta con la sublussazione della testa del femore. La lassità è generalmente considerata il principale precursore dei cambiamenti dovuti alla malattia articolare degenerativa associata alla displasia del’anca (Riser, 1975; Smith et al., 1990). Perciò la valutazione dello spazio articolare è di grande importanza ai fini della diagnosi radiografica. La sublussazione può manifestarsi con una maggior ampiezza dello spazio articolare compreso tra il contorno della testa e la profondità dell’acetabolo. La sublussazione, quindi il grado di copertura acetabolare, viene valutata basandosi sulla posizione del centro della testa femorale rispetto al margine acetabolare dorsale (DAR – Dorsal Acetabular Rim). Nell’anca normale, dove la testa femorale è ben contenuta nell’acetabolo, il centro della testa femorale si trova medialmente rispetto al margine acetabolare dorsale. A seconda del grado di gravità della sublussazione, il centro della testa femorale può apparire sovrapposto, appena laterale, laterale o completamente laterale al margine acetabolare dorsale.

Le alterazioni che interessano il margine acetabolare riguardano maggiormente le sue porzioni craniale e dorsale. Esse possono instaurarsi in seguito all’instabilità articolare, associata alla displasia dell’anca, e si manifestano con un abnorme consumo del margine o con l’aggiunta di nuovo tessuto osseo che porta ad una maggiore prominenza del margine stesso. Ogni rimodellamento del margine acetabolare è segno di incongruenza articolare, cioè di un anormale contatto tra la testa femorale e l’acetabolo. Se l’articolazione è lassa, il bordo acetabolare dorsocraniale può apparire consumato, il che determina uno spostamento del

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margine acetabolare medialmente; tuttavia, a causa dell’instabilità articolare, si può avere un rimodellamento di tipo produttivo, con formazione di osteofiti lungo il margine acetabolare che, per questo motivo, appare spostato lateralmente. Il margine acetabolare craniale può apparire come una linea appiattita, invece che come un arco liscio; in questa sede può venire a formarsi un lembo o un labbro di proliferazione ossea, indicato con il termine di “bilabiazione” (Lawson, 1963). La bilabiazione è l’effetto dello spostamento laterale della testa femorale nell’acetabolo: parte della cavità articolare primitiva rimane, mentre si forma una nuova superficie articolare a livello del margine acetabolare craniale e dorsale, si creano perciò due labbri di osso articolare liscio, uno adiacente all’altro. Questo rimodellamento si interrompe non appena i tessuti molli periarticolari forniscono un sostegno sufficiente a stabilizzare l’articolazione displasica (Morgan e Stephens, 1985).

Un’altra alterazione che si può osservare a livello acetabolare è il parziale riempimento della fossa acetabolare con tessuto osseo, determinandone l’appiattimento. Il riempimento è dovuto all’instabilità dell’articolazione ed all’impossibilità della testa femorale di adattarsi nella profondità acetabolare in modo normale (Morgan e Stephens, 1985).

Sulla superficie mediale dell’ileo o dell’ischio, in prossimità dell’acetabolo, si può notare la deposizione di tessuto osseo liscio ed uniforme, che si ritiene dovuto all’incongruenza tra la testa femorale e l’acetabolo (Morgan e Stephens, 1985).

Per quanto riguarda la testa femorale, il quadro patologico dipende dall’età del cane nel momento in cui si sviluppa l’instabilità articolare: se le deformazioni iniziano prima della chiusura della fisi o della maturazione scheletrica, si avrà un rimodellamento più rapido dovuto al maggiore turnover osseo. Nel cane scheletricamente maturo le modificazioni avvengono più lentamente, poiché il tessuto osseo è più denso e meno attivo. Il rimodellamento consiste nella perdita della tipica sfericità della testa femorale, che assume un aspetto appiattito, a fungo o angolosa, fino alla formazione, nei casi particolarmente gravi, di

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una struttura non più riconoscibile come testa femorale. Le alterazioni sono secondarie alla scarsa congruenza articolare (Riser, 1973).

Un’altra alterazione è la formazione di tessuto osseo periarticolare intorno alla testa femorale che assume due aspetti: il primo si riferisce ad una rima di tessuto osseo neoformato ed esostosi ad anello (segno della medusa), che estendono o ingrandiscono la superficie articolare; il secondo aspetto si riferisce alla formazione di speroni ossei derivanti dall’ossificazione delle inserzioni legamentose o capsulari (Morgan e Stephens, 1985).

Le modificazioni che interessano il collo femorale possono verificarsi precocemente rispetto a quelle della testa femorale. Queste alterazioni consistono in ispessimento ed irregolarità a causa della neoformazione di tessuto osseo periostale sulla superficie corticale. L’instabilità articolare induce un’alterazione del disegno trabecolare, con conseguente ispessimento e rimodellamento del collo. A volte la larghezza può aumentare in caso di fusione con le neoformazioni a carico del margine della testa, il tessuto osseo di nuova formazione può essere liscio ed uniforme, oppure può avere un aspetto irregolare (Morgan e Stephens, 1985).

La sublussazione dell’articolazione coxofemorale può causare tensione, microtraumi ed ispessimento della capsula articolare, inducendo la formazione di osteofiti lungo il bordo capsulare del collo femorale. Se la neoformazione è sufficientemente spessa, essa possiede una densità che ne permette l’identificazione sul collo femorale nella proiezione ventrodorsale standard, e assume l’aspetto di una cresta radiopaca, a direzione prossimo distale (Morgan e Stephens, 1985). Questa modificazione viene chiamata “segno di Morgan” (Morgan, 1987), o osteofita curvilineo caudolaterale, si manifesta nei giovani cani e sembra essere un indice precoce della lassità articolare (Fig. 14) (Powers e coll., 2004). Un’altra alterazione che si osserva nel collo è la variazione dell’angolo che questo forma con la diafisi femorale. Si parla di coxa vara quando l’angolo compreso tra il collo e la diafisi femorale, misurato sulla

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superficie mediale dell’arto, che fisiologicamente misura 146°±5° (Bojrab, 2001), è minore del normale (Fig. 15).

La coxa vara si verifica secondariamente a causa del rimodellamento della testa e del collo e, nei casi più gravi, progredisce fino ad un angolo di 90° tra la diafisi ed il collo del femore. La coxa valga, invece, descrive l’allineamento tra il collo e la diafisi del femore laddove l’angolo compreso tra queste due parti femorali, misurato sulla superficie mediale dell’arto, è maggiore del normale. La coxa valga può indicare una lussazione

congenita o precoce della testa femorale; il rimodellamento associato alla displasia dell’anca; ma anche una malattia associata a lussazione di rotula o un’altra anomalia del ginocchio, oppure un problema di posizionamento durante l’esame radiografico. Per questo la diagnosi di coxa valga secondaria a displasia dell’anca si basa sulla identificazione delle altre alterazioni dell’acetabolo e della forma della testa del femore (Morgan e Stephens, 1985).

Figura 15 - Rappresentazione grafica della misurazione dell'angolo tra l'asse del collo (linea rossa) e quello diafisario (linea nera) del femore. A) collo normale; B) coxa vara. (Bonetti e coll., 2006).

Figura 14 - Proiezione ventrodorsale standard, particolare del collo femorale con segno di Morgan (freccia). (Powers e coll., 2004).

Figura

Figura  15  -  Rappresentazione  grafica  della  misurazione  dell'angolo  tra  l'asse  del  collo  (linea  rossa)  e  quello  diafisario  (linea  nera)  del  femore

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