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4.1 Spettro continuo e spettro discreto delle costanti di tempo CAPITOLO IV STRUCTURE FUNCTION

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Academic year: 2021

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(1)

CAPITOLO IV

STRUCTURE FUNCTION

In questo capitolo viene introdotta una nuova modalità di rappresentazione delle proprietà termiche delle strutture sotto analisi, alternativa a quella tradizionale del metodo TRAIT, costituita dai diagrammi a barre delle R e C in funzione dei nodi del sistema. Questa nuova forma di rappresentazione, denominata a “Structure Function”, è universalmente accettato dai vari enti che si occupano di ricerca nell’ambito delle caratterizzazioni termiche, ed è stata sviluppata presso l’università di Budapest (Szechely), come modalità di visualizzazione dei risultati forniti dall’applicazione dei sistemi di analisi sviluppati presso la stessa università. Prima di passare alla descrizione delle due nuove metodologie introdotte nel corso di dottorato, e delle proprietà della rappresentazione a “Structure Function” è opportuno però analizzare le ipotesi matematiche e fisiche che stanno alla base della metodologia sviluppata dall’università di Budapest, in modo da discuterne la validità e i limiti, e confrontarla quindi con il metodo TRAIT al fine di proporre un approccio che unisca una maggiore correttezza teorica agli indubbi vantaggi di rappresentazione a Structure Function. Scopo di queste due nuove metodologie è quello di unire i pregi derivanti da una rappresentazione a Structure Function con la correttezza matematica delle ipotesi di base del metodo TRAIT tradizionale.

4.1 Spettro continuo e spettro discreto delle costanti di tempo

E’ ben noto che il comportamento dinamico della temperatura nelle strutture fisicamente limitate, caratterizzate dalla presenza di una singola sorgente di calore e di un pozzo termico considerato a temperatura costante, è regolato da un insieme infinito e numerabile di costanti di tempo. Se idealmente facessimo tendere all’infinito l’ascissa in cui è situato il pozzo rispetto alla sorgente, potremmo assistere a una sorta di

(2)

“passaggio al continuo” di questo spettro, in maniera analoga a quanto accade nel passaggio dalla serie alla trasformata di Fourier quando facciamo tendere all’infinito l’intervallo di periodicità del segnale. Poiché in realtà non esistono strutture di lunghezza infinita, potremmo ipotizzare di considerare illimitato il sistema formato dalla struttura, dal pozzo termico e dall’ambiente circostante. Cerchiamo di capire con un esempio grafico quanto questa ipotesi sia sensata.

In figura 3.1 viene mostrato l’andamento qualitativo della temperatura nei vari punti di un corpo in un dato istante di un transitorio di spegnimento della potenza. In x=0 è situata la sorgente di calore, in x=L il termostato a temperatura costante e pari a T ; il 0

flusso di calore è supposto unidimensionale. L’andamento della temperatura nel caso reale è segnato a tratto continuo: si vede chiaramente che la presenza del termostato impone la condizione al contorno T L( )≡ , T0 ∀t; perciò la struttura può e deve considerarsi strettamente limitata dal punto di vista termico, ed il suo spettro risulterà costituito da un numero infinito e numerabile di righe.

0

T

x=0 x=L

T

x

→ ∞

(3)

A tratto alternato invece è riportato l’andamento della temperatura che risulterebbe se il termostato fosse infinitamente distante dalla sorgente di calore; la struttura potrebbe considerarsi illimitata, ed avrebbe uno spettro infinito e continuo di costanti di tempo. Ma questa condizione non è soddisfatta durante le misure del transitorio, perché la presenza di un termostato è prevista sia dal nostro metodo che da quello di Szechely; perciò questa assunzione comporta un errore teorico nei presupposti necessarii alla identificazione dello spettro. Tuttavia prenderemo momentaneamente per buona questa assunzione, perché ci consentirà di introdurre il concetto di “structure function”; una volta fatto questo, mostreremo come ottenere una rappresentazione analoga ma basata su ipotesi intrinsecamente più corrette.

4.2 Metodo NID

Il NID (Network Identification by Deconvolution) è la metodologia di analisi a spettro continuo sviluppata nell’ultimo decennio dall’Università di Budapest. Descriviamone ora i concetti fondamentali.

Poiché le risposte termiche dei sistemi microelettronici presentano costanti di tempo in un range di valori molto ampio, risulta conveniente l’utilizzo del logaritmo del tempo e delle costanti di tempo:

( )

ln( )

ln

z

t

ζ

τ

=

=

Indichiamo con A( )ζ una funzione che chiameremo “densità di costanti di tempo”, che ci dà il peso delle varie costanti nella risposta del sistema, un po’ come l’ampiezza A i

nel caso discreto ci dà il peso dell’esponenziale corrispondente con costante di tempoτi, solo che adesso il problema è diventato continuo e c’è una ampiezza A

( )

ζ =A

(

ln

( )

τ

)

τ

(4)

Il transitorio di temperatura T z

( )

dovuto ad una transizione a gradino unitario della potenza (q0 = ) è strettamente correlato alla funzione ( )1 A z :

(

)

{

}

( )

( ) 1 exp

exp

T z

A

ζ

z

ζ

d

ζ

+∞ −∞

=

analogamente al caso discreto dove avevamo

( )

(

(

)

)

1

1 exp

i i i

T t

A

t

τ

∞ =

=

Derivando ambo i membri della 3.2 rispetto a z si ottiene:

( )

( )

( )

d

T z

A z

w z

dz

=

(1)

dove ⊗ è l’operatore di convoluzione e w(z) è la funzione

( )

( )

exp

exp

w z

=

z

z

il cui andamento è riportato in figura 3.2.

(5)

Dalla conoscenza del transitorio T(z) grazie alla (1) possiamo ricavare la A z

( )

, che può essere considerata una estensione della rappresentazione RC secondo la rete di Foster. Infatti, dividendo la A z

( )

in tanti intervalli di ampiezza ∆ , si ottengono delle celle RC z

elementari , tanto più numeroso quanto più piccolo è ∆ , con z

( )

i

R

=

R z

z

e

( )

( )

ln

ln

i i i i i i i

R C

R C

C

R

τ

ζ

ζ

= →

=

=

Lo svantaggio del modello di Foster è che esso non fornisce una rappresentazione fisicamente sensata, perché i condensatori non hanno una armatura a massa; pertanto è necessario passare alla rappresentazione di Cauer (figura 3):

(6)
(7)

4.3 Structure Function cumulativa e differenziale

Una volta noti gli elementi R e i C della rete di Cauer, si definisce “structure function i

cumulativa” la funzione

(

)

C R

Σ Σ

Dove

C

Σ e

R

Σ possono essere ricavati analiticamente come

( )

( )

0

( )

x

C

Σ

x

=

C

Σ

c

ξ

A

ξ ξ

d

e

( )

( ) ( )

0

1

1

x

R x

R

d

A

ξ

λ ξ

ξ

Σ

=

Σ

dove c è la capacità termica volumetrica, λ la conducibilità termica, A(x) l’area della sezione di flusso all’ascissa x.

Da questo tipo di funzione, come vedremo, possiamo ottenere una rappresentazione grafica sintetica e ricca di informazioni; essa è direttamente riconducibile al modello circuitale equivalente di Cauer, (fig 5).

(8)

( )

dC

K R

dR

Σ Σ Σ

=

Questa funzione viene indicata come “Differential Structure Function”, o, più semplicemente, “Structure Function”. Poiché la capacità termica di una lastra di materiale generico di spessore dx è dCΣ =cAdx , e la sua resistenza termica è

A dx dR

λ =

Σ , dove c è il calore specifico, λ la conducibilità termica, A la sezione del flusso di calore, la structure function si può esprimere come:

Figura 6

Tale funzione è legata a c, λ e al quadrato della sezione del flusso e quindi è legata alla struttura del sistema. Pertanto i picchi di tale funzione rappresenteranno zone laddove la capacità termica è costante , ma la resistenza termica aumenta, da cui la sua utilità

2

/

)

(

c

A

A

dx

cAdx

R

K

λ

λ

=

=

Σ

=

=

n i i

R

R

1 Σ

=

=

n i i

C

C

1 Σ

=

=

n i i

R

R

1 Σ

=

=

n i i

C

C

1 Σ Figura 5

(9)

come strumento atto all’individuazione di interfacce tra strati o materiali differenti, o interfacce altamente resistive non previste dovute a qualche passo tecnologico difettoso.

I valori di C

th

possono

essere letti

I valori di R

th

possono

essere letti

A) B) Figura 7

(10)

Si ricordi infatti che nelle interfacce (che per essere considerate tali devono avere uno spessore molto piccolo rispetto all’intera struttura) la capacità termica rimane costante, in quanto dipendente dalla massa, mentre la resistenza termica varia. Al contrario all’interno di uno strato omogeneo debolmente resistivo la resistenza termica rimane pressoché costante, mentre la capacità termica varia in modo significativo.

Le informazioni deducibili dalle Structure Funtction cumulative e differenziali vengono mostrate dai grafici di figura 7.

Per quanto riguarda la figura 7A:

1) I vari plateau corrispondono a strati di materiale differenti 2) I valori di CTH possono essere letti graficamente

3) Ad un certo materiale corrisponde un certo volume 4) Possiamo correlare le dimensioni al calore specifico

Dalla figura 7B invece vediamo che:

1) I picchi corrispondono ad un cambiamento di materiale

2) I corrispondenti valori di RTH possono essere letti graficamente 3) Materiali => cross-section Area

(11)

4.4 Applicazione del Metodo

La figura 8 descrive la procedura di caratterizzazione termica, sostanzialmente simile a quella del metodo TRAIT.

• La struttura sotto esame viene stimolato con un gradino di potenza

• Viene acquisito il transitorio di temperatura che si registra alla sommità della struttura in seguito a questa sollecitazione

• Su tale transitorio viene applicato con un metodo numerico l’algoritmo di deconvoluzione, che ci consente di ottenere:

1) La structure function cumulativa del sistema; 2) La structure function differenziale;

3) La rappresentazione come circuito equivalente di Cauer ed eventualmente di Foster.

Vediamo ora lo studio di due differenti casi di applicazione delle structure function su sistemi elettronici di assemblaggio.

(12)

1) Analisi su un microprocessore INTEL 386 montato su dissipatore:

Figura 9: processore 386 montato su uno strato di allumina con dissipatore

picco dovuto al dissipatore

Figura 10: structure function corrispondente alla struttura di figura 7 picco dovuto

all’allumina chip

(13)

I picchi rappresentano le interfacce tra i vari materiali; la cui resistenza termica è data dalla distanza orizzontale tra i picchi stessi.

2) Rivelazione di interfacce difettose:

Figura 12: le structure function relative alle tre strutture di figura 9 Figura 11: struttura di riferimento (a), con saldatura difettosa agli

angoli (b), con saldatura difettosa centrale (c) a

b c

(14)

La parte comune alle tre structure function rappresenta il chip in silicio; le curve vanno poi differenziandosi in quanto vi sono tre diversi tipi di imperfezioni.

4.5 Caratteristiche principali delle Structure Function

Riportiamo ora le principali caratteristiche delle Structure function, utili soprattutto dal punto di vista operativo.

1) La structure function risultante di strati di materiale connessi in serie tra loro è data dalla concatenazione delle structure function dei singoli strati, rispettando la loro posizione.

2) Se la direzione del flusso termico in una struttura viene invertita anche la structure function deve essere invertita sull’asse delle resistenze termiche.

3) La capacità termica tra due punti di una struttura di ascissa R1 e R2 e data da:

4) La distanza fisica tra due punti di ascissa R1 e R2 di una struttura può essere calcolata come

5) Riportiamo le relazioni analitiche delle Structure Function di alcune strutture standard:

• Lastra omogenea (flusso di calore 1D):

(15)

Dove A0 rappresenta l cross-sezione

6) Direttamente collegata alla structure function è la Profile Function, definita come:

Dove L rappresenta la lunghezza geometrica, A la cross area (sezione di strato) e r è la resistenza cumulativa.

4.6 Limiti teorici del metodo TRAIT

Abbiamo visto come l’assunzione di uno spettro di costanti di tempo continuo derivi dalla modellizzazione dei sistemi termici come spazialmente semi-infiniti, e comporti delle imprecisioni nel processo di caratterizzazione delle loro proprietà.

E’ adesso opportuno specificare invece quali siano le limitazioni del metodo TRAIT e soprattutto della metodologia che esso impiega (algoritmo di Padè) nella procedura di estrazione dello spettro delle costanti di tempo.

La figura 13 illustra lo spettro di costanti di tempo calcolato in modo teorico a partire da una struttura modimensionale multistrato. Essa mostra chiaramente che, procedendo verso tempi sempre più piccoli nel grafico rappresentativo dello spettro, possiamo notare il progressivo infittirsi delle costanti di tempo caratteristiche. Ovvero si può stabilire che: a) per tempi lunghi le righe dello spettro sono distanziate e quindi tale parte deve essere estratta dal transitorio con un metodo che preveda uno spettro

(16)

discreto. b) per tempi brevi l’infittimento delle righe rende maggiormente accettabile il considerare “continuo” lo spettro.

Figura.13

La procedura di Padè per l’estrazione delle costanti di tempo, essendo fondata sulla natura discreta dello spettro, è in grado di fornire risultati ad alta precisione soltanto se le righe sono ben distanziate, ovvero nel range superiore delle costanti di tempo. Di contro, in presenza di una moltitudine fitta di righe, accade che tale procedura tende a raggruppare dei cluster di righe in un’unica costante di tempo equivalente, pur realizzando una ottima approssimazione tra curva reale e curva interpolante con scostamenti al di sotto del livello del rumore. Nella stessa figura 13 sono riportate in rosso le righe estratte con Padè dal transitorio corrispondente allo spettro nero.

Quanto detto comporta un limite superiore al numero di costanti di tempo che possiamo identificare a partire dal transitorio, e di conseguenza un limite alla risoluzione spaziale con la quale riusciamo ad analizzare i sistemi sotto esame (ricordiamo come il numero di esponenziali estratto corrisponda al numero di celle RC del circuito termico equivalente).

(17)

Il metodo di Szechely invece consegue i risultati migliori proprio laddove noi non riusciamo a spingerci, perché uno spettro continuo di costanti di tempo costituisce appunto una buona approssimazione dello spettro discreto reale nella sua parte iniziale, dove le righe sono talmente fitte da risultare praticamente indistinguibili.

Sarebbe pertanto auspicabile per il futuro lo sviluppo di una teoria che consenta di inglobare i pregi di entrambi i sistemi, ossia la precisione e la correttezza fornita dal metodo TRAIT per quanto riguarda le costanti di tempo lunghe, e la capacità del sistema di Szechely di identificare i contributi delle costanti di tempo veloci grazie all’approssimazione continua dello spettro.

Figura

Figura 1: andamento qualitativo della temperatura nei due casi di interesse
Figura 2: funzione w(z)
Figura 3: passaggio dalla rete di Foster alla rete di Cauer
Figura 4: Spettro continuo ottenuto col metodo NID
+4

Riferimenti

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