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1. Il Traslocatore Proteico (TSPO)

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Academic year: 2021

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Introduzione

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Introduzione

2

1. Il Traslocatore Proteico (TSPO)

Il Traslocatore Proteico (TSPO), precedentemente conosciuto con il nome di recettore periferico delle benzodiazepine (PBR) è stato identificato per la prima volta negli anni settanta attraverso l’ utilizzo di Diazepam radiomarcato. Questi studi hanno evidenziato la presenza di tale proteina dapprima nel rene e poi in molti altri tessuti principalmente in quelli deputati alla steroidogenesi.

Nonostante l’esatta funzione del TSPO non sia ancora definitivamente

chiarita, il suo coinvolgimento è stato osservato in numerosi processi

cellulari, tra cui la respirazione mitocondriale, la modulazione dei

canali del calcio voltaggio-dipendenti, l’immuno-modulazione, il

trasporto delle porfirine, la biosintesi dell’eme, la crescita e il

differenziamento cellulare, l’induzione dell’apoptosi, la risposta allo

stress e la steroidogenesi; processo quest’ultimo deputato alla sintesi

degli ormoni steroidei e neurosteroidi. Molti studi hanno dimostrato

un coinvolgimento diretto del TSPO nel trasportare il colesterolo

all’interno del mitocondrio, passaggio considerato step limitante nella

biosintesi degli ormoni steroidei. Infatti il colesterolo, una volta

entrato nel mitocondrio, viene convertito in pregnenolone, precursore

degli ormoni steroidei e neurosteroidi, dall’enzima citocromo P450

side-chain cleavage (CYP450scc, ora chiamato CYP11A1), il primo

enzima steroidogenico (Rone et al.,2009).

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1.1 Struttura molecolare

Il TSPO è una proteina avente peso molecolare di 18 KDa, è costituita da 169 amminoacidi e presenta una sequenza amminoacidica fortemente conservata. La sua struttura è costituita da cinque domini transmembrana ad α-elica, ciascuno costituito da circa 21 amminoacidi, che attraversano il doppio strato fosfolipidico della membrana mitocondriale esterna (OMM) (Rone et al 2009). L’estremità carbossil-terminale è situata nel citoplasma, e quella ammino-terminale è invece rivolta verso l’interno del mitocondrio (Jamin et al 2005) (Fig. 1).

Fig. 1 .: Struttura molecolare del TSPO; OMM membrana mitocondriale esterna;

IMS spazio intermembrana [adattata da Papadopoulos et al.].

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Introduzione

4

1.2 Localizzazione subcellulare

il Traslocatore Proteico è localizzato a livello dei siti di contatto delle membrane mitocondriali interna (IMM) ed esterna(Fig. 2).

Fig. 2.: Modello del TSPO sugli studi di molecular modeling e strutturali. Il TSPO, situato a livello dei siti di contatto delle membrane mitocondriali esterna/interna, agendo da “schermo”, nasconde il colesterolo dalla porzione idrofoba interna della membrana, trasportandolo dall’esterno all’interno della membrana mitocondriale e favorendo la sua interazione con l’enzima CYP11A1, situato sul lato interno della membrana mitocondriale a contatto con la matrice

A questo livello è presente un complesso multimerico costituito da tre principali subunità, che mostrano un elevato grado di omologia tra le specie:

 TSPO: lega composti sintetici con struttura isochinolinica e

benzodiazepinica e per questo è stato anche chiamato isoquinoline-

(5)

5

binding protein (IBP) e recettore periferico delle benzodiazepine (PBR)

 VDAC: un canale anionico voltaggio-dipendente di 32 kDa che regola il passaggio di ioni e piccole molecole dal citoplasma allo spazio intermembrana mitocondriale, determinando così il potenziale di membrana. Inoltre è capace di legare le benzodiazepine

 ANT: un trasportatore di nucleotidi adeninici di 30 kDa, situato a livello della membrana mitocondriale interna ed anch’esso in grado di legare le benzodiazepine (Rone et al 2009).

Questo complesso, responsabile della permeabilità di transizione del mitocondrio, costituisce l’ MPT-poro.

A livello mitocondriale è stata inoltre evidenziata la presenza di altre proteine che interagiscono con il complesso del TSPO:

 una proteina di 10 kDa (pk 10)

 la Proteina-1 associata al TSPO (PRAX-1), che sembra essere normalmente localizzata nel citoplasma e che trasloca nel mitocondrio associandosi al TSPO

 la proteina StAR (Steroidogenesis Acute Regulatory)

 la proteina-7 associata al TSPO (PAP7) (Veenman et al 2006) (Fig.

3).

(6)

Fig. 3.: Localizzazione subcellulare e struttura del TSPO Pharmacological Sciences

1.3 Localizzazione tissutale

il TSPO è stato riconosciuto come una proteina

ubiquitaria proprio alla luce del fatto che la sua presenza è stata evidenziata nel rene, nel cuore, nel polmone, nell’intestino, nel tessuto ematopoietico, nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) e nei tessuti endocrini, specialmente quelli coinvolti nel processo di sinte

steroidi, come il surrene, l’ovario, il testicolo, le ghiandole surrenali e salivari, la placenta. A livello del SNC, il TSPO è espresso quasi esclusivamente nelle cellule gliali, cellule steroidogeniche deputate alla biosintesi dei neurosteroidi,

questo motivo è stato distinto dal CBR (recettore centrale delle benzodiazepine) (Campiani et al 1996

Introduzione

Localizzazione subcellulare e struttura del TSPO (adattata da TRENDS in Pharmacological Sciences).

Localizzazione tissutale

il TSPO è stato riconosciuto come una proteina pressoché proprio alla luce del fatto che la sua presenza è stata evidenziata nel rene, nel cuore, nel polmone, nell’intestino, nel tessuto ematopoietico, nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) e nei tessuti endocrini, specialmente quelli coinvolti nel processo di sinte

steroidi, come il surrene, l’ovario, il testicolo, le ghiandole surrenali e salivari, la placenta. A livello del SNC, il TSPO è espresso quasi esclusivamente nelle cellule gliali, cellule steroidogeniche deputate alla biosintesi dei neurosteroidi, e a livelli minori nei neuroni. Per questo motivo è stato distinto dal CBR (recettore centrale delle

Campiani et al 1996).

Introduzione

TRENDS in

pressoché

proprio alla luce del fatto che la sua presenza è stata

evidenziata nel rene, nel cuore, nel polmone, nell’intestino, nel tessuto

ematopoietico, nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) e nei tessuti

endocrini, specialmente quelli coinvolti nel processo di sintesi degli

steroidi, come il surrene, l’ovario, il testicolo, le ghiandole surrenali e

salivari, la placenta. A livello del SNC, il TSPO è espresso quasi

esclusivamente nelle cellule gliali, cellule steroidogeniche deputate

e a livelli minori nei neuroni. Per

questo motivo è stato distinto dal CBR (recettore centrale delle

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1.4 Il gene del TSPO

La caratterizzazione della sequenza del gene umano del TSPO ha evidenziato che il gene, lungo 13 kb, è presente in singola copia sul cromosoma 22 (banda 22q13.31) (Fig. 4).

Fig. 4.: Rappresentazione schematica del cromosoma 22 con relative bande.(riadattata da www.genecards.org)

La sequenza nucleotidica genomica di riferimento NC_000022.9 presente in banca dati (www.ncbi.nlm.nih.gov) per il TSPO umano è costituita da 13942 pb. Tale gene è costituito da quattro esoni, separati da tre introni (Fig. 5).

Fig. 5.: Schema del DNA del gene del TSPO umano.

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Introduzione

8

L’esone 1 contiene la regione 5’UTR (untraslated region), che in parte si estende anche all’interno dell’esone 2 dove è presente la tripletta di inizio della trascrizione (ATG) in posizione 87, mentre il codone di stop della trascrizione (TGA) è situato nell’esone 4, in posizione 594, in quest’ultimo esone si trova anche la regione 3’ UTR.

Tutte le sequenze delle coppie introni/esoni seguono rigorosamente la

regola GT/AG.

(9)

2. Il dominio carbossil-terminale del TSPO contiene

una sequenza consenso di

riconoscimento/interazione del colesterolo

Studi di molecular modeling e di mutagenesi sito-specifica sono stati svolti nel tentativo di identificare potenziali siti di legame del colesterolo al TSPO, al fine di chiarire il ruolo di questa proteina traslocatrice. Dall’ analisi della struttura 3-D della proteina è emerso che i cinque domini ad α-elica collaborano per formare un canale avente una superficie interna idrofila ma non carica, in grado di legare una molecola di colesterolo. Questi risultati confermano quindi la funzione del TSPO come trasportatore di colesterolo attraverso la membrana mitocondriale (Fig. 6) (Rone et al 2009).

Fig. 6.: Modello molecolare dei cinque domini ad α-elica del TSPO in presenza di

una molecola di colesterolo (in arancione) (da Rone et al 2009) .

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Introduzione

10

Sono stati svolti inoltre studi di mutagenesi sito-specifica ed esperimenti in vitro, che hanno evidenziato un coinvolgimento della regione carbossil-terminale del TSPO nel trasporto del colesterolo, evidenziando in tale regione una sequenza amminoacidica consenso di riconoscimento del colesterolo (CRAC).

Attraverso la ricostruzione di un TSPO ricombinante di topo, in proteoliposomi, è stato osservato che la proteina manteneva la capacità di legare sia il colesterolo che un suo ligando specifico (PK11195) con un’affinità nell’ordine del nanomolare e che inoltre venivano conservate le caratteristiche della proteina nativa. Questi risultati hanno permesso di indagare più a fondo la funzionalità del TSPO e la sua capacità di legare la molecola del colesterolo.

A tale scopo è stata prodotta una proteina priva del complesso proteico della regione carbossil-terminale (dall’amminoacido 144 all’amminoacido 169), che è stata poi ricostituita in liposomi, si è potuto così osservare che tale delezione provocava una quasi totale perdita della capacità di legare sia il colesterolo che il PK11195. Sono stati quindi svolti studi di mutagenesi sito specifica che hanno mostrato una drastica riduzione nella capacità di legare il colesterolo da parte del traslocatore proteico, mentre si è mantenuta praticamente inalterata la capacità di interazione con il PK11195.

In particolare la mutazione sito specifica dell’amminoacido Y152 (Tirosina152), il più conservato nei mammiferi e presente all’interno della regione carbossil-terminale, ha prodotto una proteina che non presentava variazioni nella capacità di legame del ligando PK11195, mentre perdeva completamente la capacità di legare il colesterolo.

Risultati analoghi sono stati ottenuti dalla mutazione sito specifica

degli amminoacidi Y153 e R156.

(11)

Attraverso studi circa la distribuzione delle catene laterali dei residui amminoacidici costituenti il peptide, è emerso che quasi tutte le catene laterali più ingombranti sono situate da un lato della struttura ad elica, escludendo quindi questa zona come possibile sito di attacco per il colesterolo, al contrario il lato opposto della struttura presenta un solco delineato da un lato dagli amminoacidi Y152, T148 e L144 (Tirosina152, Treonina148, Leucina144) e dall’altro lato dagli amminoacidi Y153, M149 e A145 (Tirosina153, Metionina149, Alanina145).

Gli amminoacidi in posizione 152 e 153 sono risultati avere un ruolo fondamentale nel legame del colesterolo in quanto costituiscono il

“cancello” del solco(Fig. 7).

Fig. 7.: Modello ricavato attraverso analisi NMR del peptide carbossil-terminale del TSPO. Visione laterale (a sinistra) e dall’alto (a destra).

Gli atomi delle catene laterali degli amminoacidi Y152 Y153 sono colorate in

arancione (da Jamin et al 2005).

(12)

Introduzione

Fig. 8. Modello del legame del TSPO con il colesterolo. Nella figura è rappresentato il solco (rosso) in cui si posiziona la molecola di colesterolo (blu) [da Jamin et al, 2005].

Questi risultati forniscono la prova funzionale e strutturale che la

regione citosolica carbossil-terminale (amminoacido 144-169) del

TSPO, in cui si trova il dominio CRAC, contiene la maggior parte

degli elementi critici che regolano il legame ed il trasporto del

colesterolo (Jamin et al 2005).

(13)

3. La proteina StAR

Attraverso studi svolti in situ ed in vitro è stata evidenziato che, all’interno di cellule steroidogeniche, la proteina StAR (Steroidogenic acute regulatory protein), implicata nella regolazione della steroidogenesi, induce il trasporto del colesterolo all’interno dei mitocondri, mediato dalla porzione del TSPO situata sulla membrana mitocondriale esterna. Questo ha reso evidente l’esistenza di un interazione funzionale tra StAR e TSPO necessaria per l’ingresso del colesterolo nel mitocondrio e quindi per l’ottimale svolgimento del processo di biosintesi degli ormoni steroidei

All’interno della proteina StAR è stato identificato un dominio chiamato START (StAR-related lipid transfer) che svolge un’importante funzione nel legame con il colesterolo. Questo dominio è costituito da una sequenza di 210 amminoacidi e forma un canale idrofobico in grado di accogliere una molecola di colesterolo (Fig. 9) (Rone et al 2009).

Fig. 9.: Modello molecolare della proteina StAR, contenente una molecola di

colesterolo (in arancione) (da Rone et al 2009) .

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Introduzione

14

E’ stato inoltre osservato che la sintesi de novo di StAR, in risposta a stimolazione ormonale, corrisponde alla massima sintesi steroidea in cellule surrenali e gonadiche; ed inoltre solo la StAR di nuova sintesi, di 37 KDa, è funzionale e lega con alta affinità il colesterolo citoplasmatico. Questa pre-proteina citosolica una volta giunta al livello della membrana mitocondriale, in particolare nelle regioni di contatto tra le due membrane, subisce un trasformazione che porta ad una StAR di 30 KDa inattiva.

Studi successivi hanno dimostrato che l’azione della proteina StAR si esplica a livello della membrana mitocondriale esterna; infatti, a questo livello, la proteina StAR viene fosforilata dalla proteina chinasi A (PKA) e interagisce con la proteina adattatrice PAP7 mediando il trasporto del colesterolo al TSPO.

In base ai risultati ottenuti è stato ipotizzato che il TSPO possa essere

considerato una sorta di “cancello” implicato nel passaggio di proteine

e colesterolo nel mitocondrio e che la proteina StAR svolga il ruolo di

attivatore ormone-indotto, collaborando entrambi nel trasportare il

colesterolo dal citoplasma all’interno del mitocondrio (Fig. 10).

(15)

Fig. 10.: Rappresentazione schematica del complesso mitocondriale per il trasporto del colesterolo e la biosintesi degli steroidi .

4. TSPO e steroidogenesi

Il TSPO svolge quindi un ruolo fondamentale nella steroidogenesi e l’ingresso del colesterolo nel mitocondrio è considerata la tappa limitante l’intero processo di biosintesi degli steroidi.

Una volta entrato nel mitocondrio il colesterolo viene convertito in pregnenolone dall’enzima CYP11A1 chiamato proprio C27 cholesterol side-chain cleavage in quanto, attraverso la catalisi di tre reazioni distinte, porta ad un risultato finale che consiste nel taglio della catena laterale del colesterlo.

Le tre reazioni sono:

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• L’idrossilazione in posizione 22

• L’idrossilazione in posizione 20

• La scissione del legame carbonio carbonio 22

Fig. 11.: Struttura chimica del colesterolo, s e 22.

Queste reazioni promuovono la conversione del colesterolo in pregnenolone passando prima attraverso la formazione di due intermedi, il 22R-idrossicolesterolo e il 20,22R

(Miller 2007). A ques

all’interno del mitocondrio, dove viene idrossilato a 20 idrossipregnenolone dallo stesso enzima CYP11A1, oppure uscirne e raggiungere il reticolo endoplasmatico, qui

enzimatiche differenti, portando alla formaz (Fig.12) quali:

- 20α-diidro-pregnenolone

- progesterone (PROG), che viene trasformato in androstenedione quindi in testosterone ed infine in estradiolo

Introduzione

L’idrossilazione in posizione 22 L’idrossilazione in posizione 20

La scissione del legame carbonio-carbonio tra il carbonio 20 e il

Struttura chimica del colesterolo, sono indicati i carboni in posizione 20

Queste reazioni promuovono la conversione del colesterolo in pregnenolone passando prima attraverso la formazione di due idrossicolesterolo e il 20,22R-idrossicolesterolo ). A questo punto il pregnenolone formatosi può rimanere all’interno del mitocondrio, dove viene idrossilato a 20 idrossipregnenolone dallo stesso enzima CYP11A1, oppure uscirne e

il reticolo endoplasmatico, qui può intraprendere vie enti, portando alla formazione di importanti ormoni

pregnenolone

progesterone (PROG), che viene trasformato in androstenedione quindi in testosterone ed infine in estradiolo

Introduzione

carbonio tra il carbonio 20 e il

ono indicati i carboni in posizione 20

Queste reazioni promuovono la conversione del colesterolo in pregnenolone passando prima attraverso la formazione di due idrossicolesterolo to punto il pregnenolone formatosi può rimanere all’interno del mitocondrio, dove viene idrossilato a 20α- idrossipregnenolone dallo stesso enzima CYP11A1, oppure uscirne e

può intraprendere vie ione di importanti ormoni

progesterone (PROG), che viene trasformato in androstenedione

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- deidroepiandrosterone (DHEA) da cui si possono ottenere androstenedione, testosterone ed estradiolo.

- 7α-idrossipregnenolone che viene anch’esso trasformato in DHEA (Rupprecht, 2003).

Fig. 12.: Schema della sintesi degli steroidi [adattata da http://lem.ch.unito.it ]

(18)

Introduzione

18

5. Polimorfismo Ala147Thr (G>A, rs6971) del TSPO

In tutti gli organismi sono presenti variazioni naturali nella sequenza del DNA, distribuite in tutto il genoma. Poiché la maggior parte del genoma umano non codifica per proteine, è tollerato che nell’uomo vi sia un gran numero di variazioni nella sequenza del DNA (una ogni circa 200 nucleotidi). Le mutazioni avvengono maggiormente nella regione non codificante, senza riportare alcun effetto sulla funzionalità; alcune mutazioni, però, possono avvenire nella sequenza codificante, dando luogo alla produzione di sequenze proteiche alterate.

Generalmente, una mutazione che coinvolge l’alterazione di una singola coppia di basi, oppure la delezione di poche paia di basi, interessa la funzionalità di un singolo gene e può dare luogo a vari tipi di mutazioni:

- mutazione missenso, che provoca la sintesi di una proteina in cui un amminoacido è sostituito con un altro

- mutazione non senso, nella quale un codone di stop sostituisce il codone di un amminoacido provocando la fine prematura della traduzione

- mutazione frameshift, che provoca uno slittamento del modulo di lettura.

L’analisi mutazionale del gene del TSPO ha evidenziato la presenza di

un polimorfismo missenso sull’esone 4 (GCG→ACG), che

corrisponde alla sostituzione di una alanina con una treonina

(Ala147Thr) in posizione 147. Tale polimorfismo corrisponde alla

(19)

19

variante allelica rs6971 annotata in banca dati NCBI (www.ncbi.nlm.nih.gov).

L'amminoacido in posizione 147 è localizzato nel quinto dominio transmembrana del carbossil-terminale del TSPO.

6. Scopo della tesi

Alla luce di quanto riportato sugli studi riguardanti il TSPO, risulta evidente la sua importanza nel processo di steroidogenesi, in quanto trasporta il colesterolo all’interno del mitocondrio, step fondamentale per la successiva produzione di pregnenolone e quindi per lo sviluppo dell’intero processo biosintetico.

Considerando quindi:

• L’importanza dell’estremità carbossil-terminale del TSPO, nel legame con il colesterolo

• La presenza di un polimorfismo (rs6971), che porta al cambiamento di un amminoacido, nel dominio carbossil- terminale (Ala147Thr)

Lo scopo della presente tesi è stato quello di valutare se la spontanea

sostituzione amminoacidica Ala147Thr nella regione carbossil-

terminale del TSPO potesse influenzare la prima tappa biosintetica

degli ormoni steroidei, rappresentata dalla conversione di colesterolo

in pregnenolone. Vista l’impossibilità di intraprendere lo studio in

tessuti steroidogenici umani, la misurazione del pregnenolone è stata

investigata in un modello periferico di cellule del sangue, i

linfomonociti. E’ stato scelto questo modello cellulare in quanto è

stato ampiamente dimostrato che tali cellule esprimono alti livelli di

(20)

Introduzione

20

TSPO.

Poiché in tali cellule mancano evidenze circa l’espressione

dell’enzima CYP11A1, che converte il colesterolo in pregnenolone, in

prima analisi è stata indagata la presenza e l’attività catalitica

dell'enzima.

(21)

Materiali e

Metodi

(22)

Materiali e Metodi

22

1. Metodiche per la genotipizzazione del polimorfismo Ala147Thr del gene TSPO

1.1 Estrazione di DNA da saliva

Il DNA genomico è stato isolato da saliva di soggetti sani Caucasici di origine italiana, dai quali è stato ottenuto il consenso informato scritto prima dell’adesione. Tutti i soggetti partecipanti sono stati informati sulla natura delle procedure e sulle finalità dello studio stesso, che è stato condotto in accordo alla Dichiarazione di Helsinki secondo un protocollo approvato dal Comitato Etico dell’Università di Pisa.

Per ciascun paziente i campioni di saliva sono stati raccolti in provette falcon da 15 ml.

L’estrazione del DNA genomico è stata effettuata utilizzando il JETQUICK Blood & Cell Culture DNA Spin Kit (Genomed GmbH, Löhne Germany cat. No. 440 250 per 250 preparazioni) secondo le istruzioni fornite dalla ditta fornitrice.

Il processo di estrazione del DNA genomico consiste nel trattare il campione di saliva, fresca o scongelata, con un tampone di lisi contenente un detergente che rompe le membrane cellulari, e con una proteasi, un enzima necessario per la digestione delle componenti cellulari proteiche. Questa miscela viene successivamente trasferita in colonnine contenenti una membrana di silica-gel che lega selettivamente il DNA, lasciando passare i polisaccaridi e le proteine.

Gli acidi nucleici si legano infatti in modo specifico e reversibile alla

superficie dei materiali silicati in presenza di sali, i quali determinano

la rottura della struttura organizzata dell’acqua che circonda le

molecole di DNA, favorendone l’assorbimento.

(23)

23

L’acido nucleico viene quindi eluito tramite lavaggi con un opportuno tampone a bassa concentrazione salina, permettendo l’ottenimento di un eluato di DNA puro.

Le provette impiegate nella procedura di estrazione consistono in provette da 1.5 ml, a fondo conico con tappo, utilizzabili per effettuare centrifugazioni.

La procedura è schematizzata in Fig. 13.

• sono stati messi:

-20 µl di proteasi (20 mg/ml) -200 µl di saliva

-200 µl di Buffer K1 (tampone di lisi)

• dopo agitazione per 30 secondi le provette sono state incubate per 10 minuti in un bagnetto termostatato a 58 °C

• sono stati aggiunti 200 µl di etanolo assoluto, e le provette sono state poste in agitazione per altri 15 secondi; la soluzione è stata trasferita in un apposito tubo raccoglitore provvisto di colonnina interna, e sottoposta a centrifugazione a 10000 g (10400 rpm con rotore F45-24-11 in microcentrifuga modello 5415D) per 1 minuto e 30 secondi a temperatura ambiente

• dopo aver scartato il filtrato, sono stati aggiunti nella colonnina 500 µl di Buffer KX (tampone di lavaggio) ed è stata effettuata una centrifugazione a 10000 g (10400 rpm) per 1 minuto e 30 secondi a temperatura ambiente

• è stato scartato nuovamente il filtrato e quindi alla colonnina

sono stati aggiunti 500 µl di Buffer K2 (tampone di lavaggio), e

sono state effettuate due centrifugazioni rispettivamente a

(24)

Materiali e Metodi

24

10000 g (10400 rpm) per 1 minuto e 30 secondi e a 15700 g (13000 rpm) per 1 minuto e 30 secondi a temperatura ambiente

• è stato scartato il filtrato e la colonnina trasferita in una provetta a cui sono stati aggiunti 100 µl di Buffer Tris-HCl (Tris·Cl 10 mM; pH 8.5 tampone di eluizione) riscaldato precedentemente a 70 °C; è stato incubato per 3 minuti a temperatura ambiente

• quindi è stato centrifugato a 10000 g (10400 rpm) per 2 minuti e 30 secondi

• è stata trasferita la colonnina in un’altra provetta da 1.5 ml e l’eluato ottenuto è stato scaldato nel bagnetto a 70 ºC per 2 minuti

• l’eluato è stato trasferito nella colonnina ed incubato per 3 minuti a temperatura ambiente

• è stata effettuata quindi un ultima centrifuga a 10000 g (10.400 rpm) per 2 minuti e 30 secondi

l’eluato ottenuto contiene il DNA altamente concentrato

(25)

Fig. 13.: Schema riassuntivo del processo di estrazione di DNA da saliva Trasferire la miscela

nella colonnina

1) Incubare a 58° C per 10’

2) 200 µl di etanolo

Centrifugare a 10000g (10400 rpm) per 1’30’’

+ 20 µl di proteasi + 200 µl di Buffer K1

Ritrasferire nella colonnina l’eluato di DNA Eluato di DNA

Scartare il filtrato e aggiungere 500 µl di

Buffer KX

Scartare il filtrato e aggiungere 500 µl di Buffer K2

Scartare il filtrato e trasferire la colonnina in una provetta

da

1,5 ml + 100 µl di Buffer Tris HCL riscaldato a 70° C

Centrifugare a 10000g (10400 rpm) per 1,30 minuti

1) Centrifugare a 10 000g (10400 rpm) per 1’30’’

2) Scartare il filtrato e centrifugare a 15700g (13000 rpm) per 1’30’’

1) Incubare a T ambiente per 3’

2) Centrifugare a 10000 g (10400 rpm) per 2’30’’

1) Incubare a T ambiente per 3 minuti 2) Centrifugare a 10000 g

(10400 rpm) per 2’30’’

Scaldare a 70° C per 2’ in bagnetto termostato

Eluato di DNA

altamente

concentrato

(26)

Materiali e Metodi

26

1.2 Determinazione della concentrazione di DNA genomico tramite spettrofotometria

La determinazione della concentrazione e della purezza del DNA genomico è stata effettuata tramite lettura spettrofotometrica ai raggi UV:

• inizialmente è stata effettuata la calibrazione dello strumento con acqua in una cuvetta di quarzo ad una lunghezza d’onda di 260 nm. E’ stata poi valutata l’interferenza della lettura dell’assorbanza del tampone usato per sospendere il campione di DNA, aggiungendo nella cuvetta 50 µl di buffer Tris-HCl e 150 µl di acqua (diluizione 1:4)

• nella cuvetta sono stati successivamente inseriti 50 µl di eluato contenente il campione di DNA, e 150 µl di acqua (diluizione 1:4)

• è stata letta l’assorbanza (A) a 260 nm

• è stata infine effettuata una lettura a 280 nm per stimare l’interferenza dell’eventuale presenza di proteine

• quindi è stata calcolata la concentrazione del DNA sapendo che:

a 260 nm il DNA a doppio filamento, alla concentrazione di 50µg/ml in una cuvetta con un cammino di 1 cm, presenta un assorbimento pari a 1. Il fattore di diluizione applicato è 4 (diluizione 1:4→ f.d.d. = 4)

Concentrazione DNA µg/ml = A 260 nm x 50 µg/ml x 4 1 Unità di assorbimento

La quantità di DNA totale estratto sarà pertanto:

(27)

27

µg/ml(ng/µl) x volume di DNA eluito

Per valutare la purezza del DNA è stato calcolato il rapporto delle letture a 260 nm e 280 nm (A 260/A 280). Un rapporto compreso tra 1.7 e 1.9 indica una soluzione di DNA puro, mentre, un valore minore di 1.7 indica la presenza di una contaminazione da parte delle proteine.

1.3 Polymerase chain reaction (PCR)

La PCR, ossia la reazione a catena della polimerasi, è una tecnica che viene impiegata per amplificare selettivamente brevi tratti di DNA di cui si conosce la sequenza, sfrutta la reazione di sintesi catalizzata dalla DNA polimerasi. L'amplificazione mediante PCR consente di ottenere in vitro molto rapidamente centinaia di migliaia di copie della sequenza nucleotidica d’interesse necessario per le successive applicazioni.

Per ottenere la polimerizzazione sono necessari:

- il DNA genomico

- l’enzima polimerasi, in particolare la Taq polimerasi, una variante termostabile ricavata dal batterio termofilo Thermus aquaticus (Taq DNA polimerasi), che vive in sorgenti termali ed è quindi resistente a temperature elevate, alle quali le polimerasi di altri organismi si denaturerebbero

- una coppia di primers: oligonucleotidi sintetici complementari

alle due sequenze a monte e a valle del frammento di DNA che

si desidera amplificare. Essi forniscono l’innesco per la DNA

polimerasi e sono generalmente della lunghezza di 18-30

nucleotidi.

(28)

Materiali e Metodi

28

E’ opportuno evitare che i due primers abbiano tratti di sequenza complementari tra loro in modo da ridurre la possibilità di dimerizzazione e la conseguente riduzione della loro concentrazione nella miscela di reazione.

E’ inoltre importante valutare la loro temperatura di denaturazione:

Tm (temperatura di melting) = 2 x (A+T) + 4 x (G+C), e avere informazioni sulla loro temperatura di appaiamento:

Ta (temperatura di annealing) = Tm - (4-5°C)

 ioni magnesio (Mg 2+ ), la cui concentrazione è un fattore importante per l’attivazione dell’enzima polimerasi; infatti in assenza di un’adeguata concentrazione di magnesio libero è inattiva, mentre quando è in eccesso può aumentare il livello di amplificazione aspecifica

 nucleotidi trifosfato (dATP - dGTP - dTTP - dCTP) la cui concentrazione non deve essere inferiore ai 200 µM, sia per evitare che la frequenza di incorporazioni errate aumenti fortemente, sia per riuscire a mantenere la loro concentrazione elevata anche negli ultimi cicli di amplificazione

 un tampone salino nel quale far avvenire la reazione.

La procedura di PCR consiste in:

- I a FASE: denaturazione del DNA. Avviene a 95°C e serve a denaturare i doppi filamenti di DNA, quindi a separare le due eliche complementari

- II a FASE: annealing (o appaiamento). Avviene a temperature variabili

tra i 40-68°C, a seconda della sequenza del frammento di DNA da

amplificare e delle caratteristiche dei primers. In questa fase si ha

l’appaiamento dei primers con la loro sequenza complementare sul

(29)

29

genoma

- III a FASE: allungamento. Avviene a 72°C ad opera della DNA polimerasi, la quale partendo dai primers inizierà, in presenza dei desossinucleotidi trifosfato, a costruire una copia complementare del frammento di interesse.

Nell’arco di 25-35 cicli la sintesi porta all’amplificazione esponenziale del segmento di DNA compreso tra i due primers (2 n per la precisione, dove n è il numero dei cicli).

Dopo l’ultimo ciclo si entra nella fase di estensione finale (a 72°c per 7 min) in cui l’enzima ha il tempo di riempire ogni lacuna che dovesse essere eventualmente presente all’estremo 3’ di qualche filamento.

Le condizioni sperimentali ottimali della PCR per lo studio del polimorfismo Ala147Thr (rs6971) sono riportate nella seguente tabella

Eurotaq (5U/µl) 0.2 µl (0.04U/µl) Buffer (10X) 3 µl (1X)

MgCl 2 (50mM) 0.75 µl (1.25 mM) dNTP (10mM) 0.6 µl (200 µM) Primer Rev (3µM) 4.5µl (450 nM) Primer For (3µM) 4.5µl (450 nM)

DNA 0.5ng/µl

H 2 O q.b. a 30µl

La PCR ha previsto una fase iniziale a 95 °C di 5 min, seguita da 30

cicli costituiti ciascuno da: denaturazione a 94 °C per 1 min,

appaiamento a 66 °C per 30 secondi, estensione a 72 °C per 1 minuto

ed infine un ciclo finale a 72 °C di 7 minuti.

(30)

Materiali e Metodi

30

1.4 Individuazione del polimorfismo Ala147Thr tramite analisi RFLP

Per polimorfismi del DNA si intendono variazioni nella sequenza del DNA genomico che si manifestano con una frequenza pari ad almeno l’1% della popolazione. Nel caso dei polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) se il cambiamento nucleotidico è presente all’interno di un sito di restrizione è possibile mettere in evidenza il polimorfismo mediante l’individuazione di RFLP (Restriction Fragment Lenght Polymorphisms) o polimorfismi della lunghezza dei frammenti di restrizione.

In particolare in questo caso, per la digestione dei prodotti amplificati mediante PCR, è stato utilizzato l’enzima di restrizione di tipo II NruI (New England Biolabs,). L’enzima NruI, presente in Norcardia Rubra,

“taglia” il filamento di DNA in corrispondenza della sequenza sotto riportata:

5’- …T C G C G A… -3’

3’- …A G C G C T… -5’

Il DNA amplificato tramite PCR è stato digerito con l’enzima di restrizione secondo il seguente protocollo:

- 10 µl amplificato

- 2 µl NEBuffer 3 (1X) - 6 µl H2O

- 2 µl NruI

I campioni, dopo essere stati incubati in un bagnetto a secco alla temperatura di 37°C per un’ora e mezzo circa, sono stati sottoposti a corsa elettroforetica su gel di agarosio, che consente di separare i

Volume totale = 20 µl

(31)

campioni di DNA in base alla lunghezza.

L’enzima di restrizione taglia il filamento di DNA non mutato. Si possono così osservare due bande una di 184 pb e una di 145 pb. Per quanto riguarda il mutato viene evidenziata un’ unica banda a 329 pb.

Si possono così individuare i genotipi dei campioni analizzati:

- Omozigote Ala147 - Eterozigote - OmozigoteThr147

Fig. 14: Foto di corsa elettroforetica per il polimorfismo Ala147Thr.

campioni di DNA in base alla lunghezza.

L’enzima di restrizione taglia il filamento di DNA non mutato. Si possono così osservare due bande una di 184 pb e una di 145 pb. Per nto riguarda il mutato viene evidenziata un’ unica banda a 329 pb.

Si possono così individuare i genotipi dei campioni analizzati:

Ala147  due bande (184pb e 145pb)

 tre bande (329 pb, 184 pb e 145 pb) OmozigoteThr147  una banda (329 pb)

corsa elettroforetica per il polimorfismo Ala147Thr.

L’enzima di restrizione taglia il filamento di DNA non mutato. Si possono così osservare due bande una di 184 pb e una di 145 pb. Per nto riguarda il mutato viene evidenziata un’ unica banda a 329 pb.

Si possono così individuare i genotipi dei campioni analizzati:

tre bande (329 pb, 184 pb e 145 pb)

(32)

Materiali e Metodi

32

2. Metodiche per la valutazione dell’espressione dell’enzima CYP11A1 in linfomonociti umani

2.1 Preparazione dei linfomonociti

 il pellet di cellule, ottenuto dalla separazione dagli altri componenti del sangue, è stato sospeso in 10 ml del mezzo di coltura completo precedentemente preparato;

 10 µl di questa sospensione sono stati addizionati a 90 µl di mezzo di coltura completo e 20 µl di Trypan Blue allo 0,4%;

 dopo 2.5 minuti, 10 µl della soluzione preparata sono stati utilizzati per la conta delle cellule, effettuata al microscopio mediante l'utilizzo della camera di Bürcher, una camera utilizzata per la conta cellulare;

 in ciascun pozzetto di una piastra multiwell MW 96 (Sarsted, Nümbrecht, Germany) sono state seminate circa 250.000 cellule sospese nel mezzo di coltura completo

 le cellule sono state incubate per 24 ore a 37°C con una pressione parziale di CO 2 pari al 5%

Le cellule linfomonocitarie sono state separate dagli altri componenti del sangue mediante stratificazione su gradiente di densità, secondo il metodo di Boyum.

Il sangue, trattato con anticoaugulanti, è stato diluito con soluzione

fisiologica, stratificato sopra una soluzione di Lymphoprep (Fresenius

Kabi Norge, Axis-Shield,Oslo, Norway) e centrifugato. Gli eritrociti e

i leucociti polinucleati, avendo una densità maggiore, durante la

centrifugazione passano attraveso il Lymphoprep, mentre le cellule

mononucleate, linfociti e monociti, stratificano all'interfase.

(33)

33

La separazione di linfociti e monociti (linfomonociti) dal sangue è stata effettuata utilizzando il seguente protocollo:

 in una provetta, a 3 ml di sangue eparinizzato sono stati aggiunti 5 ml di soluzione fisiologica di NaCl allo 0,9% a temperatura ambiente, omogenando la soluzione

 in una provetta da 15 ml, 6 ml della soluzione precedentemente preparata sono stati stratificati su 3 ml di una soluzione Lymphoprep a temperatura ambiente; la stratificazione è stata fatta molto lentamente in modo che non si verificasse un mescolamento delle due fasi

 la sospensione ottenuta è stata centrifugata per 30 minuti a 2300 rpm (800g; centrifuga Beckman con rotore GH 3.7), a temperatura ambiente

 è stato raccolto l'anello contenente la frazione linfomonocitaria depositatosi all'interfaccia tra il Lymphoprep e il plasma

 le cellule linfomonocitarie sono state centrifugate a 3200 rpm (1600g) per 15 minuti a temperatura ambiente

 è stato scartato il sovranatante e il pellet è stato sospeso in 5 ml di soluzione fisiologica e centrifugato a 1500 rpm (400g) per 10 minuti a temperatura ambiente

 Quest’ultimo passaggio è stato effettuato nuovamente

 è stato scartato il sovranatante e il pellet ottenuto è costituito

dalle cellule linfomonocitarie.

(34)

Materiali e Metodi

Fig. 15.: Schema di estrazione di linfomonociti da sangue intero

2.2 Western Blot

Il Western Blot è una tecnica che permette di indagare la presenza di una specifica proteina in una determinata popolazione cellulare, mediante l’utilizzo di specifici anticorpi.

Come primo step le proteine,opportunamente solubilizzate e denaturate per aggiunta di sodio dodecil solfato (SDS), detergente fortemente anionico che conferisce una carica elettrica negativa alle proteine permettendone la separazione in base al peso molecolare, vengono separate mediante elettroforesi su un gel di poliacrilammide.

Una volta effettuata la corsa elettroforetica le proteine vengono

trasferite dal gel di poliacrillamide ad una membrana di nitrocellulosa

tramite la tecnica dell’elettroblotting. Il gel viene messo a contatto con

la membrana di nitrocellulosa e inserito in una camera elettroforetica,

contenente un tampone.

(35)

Perché avvenga il trasferimento delle proteine dal gel alla membrana di nitrocellulosa, avendo l’SDS conferito una carica negativa alle proteine, il gel deve essere rivolto verso il catodo e la nitrocellulosa verso l’anodo. Una volta avvenuto il trasferimento la membrana di nitrocellulosa viene immersa in una soluzione di bloccaggio (milk), che consente di bloccare i siti idrofobici rimasti liberi sulla membrana, in quanto possibili siti di legame aspecifici per l’anticorpo primario utilizzato per l’individuazione della proteina stessa.

Fig. 16: Rappresentazione schematica della struttura utilizzata per il trasferimento

Il secondo step ha inizio con l’incubazione della membrana di nitrocellulosa con un anticorpo primario che riconosce in modo specifico la proteina indagata.

La visualizzazione proteina-anticorpo viene effettuata mediante

l’aggiunta di un anticorpo secondario diretto contro le IGg

dell’animale utilizzato per la produzione dell’anticorpo primario.

(36)

Materiali e Metodi

L’anticorpo secondario è coniugato con una perossidasi di rafano che in presenza di perossido d’idrogeno ossida il suo substrato portando ad uno sviluppo di luminescenza, sfruttata per impressionare una lastra fotografica. Lo sviluppo della lastra permette di visualizzare la banda corrispondente alla proteina d’interesse.

.

Fig. 17: Passaggi effettuati sulla membrana di nitrocellulosa per la visualizzazione della proteina indagata.

Per eseguire l’analisi Western blot, il pellet di linfomonociti umani è stato trattato con un tampone di lisi, provocando la rottura delle membrane cellulari e favorendo il rilascio delle proteine.

La soluzione così ottenuta è stata sottoposta ad un dosaggio proteico

utilizzando un agente colorimetrico: il Biorad rosso (metodo di

(37)

37

Bradford). Tramite l’utilizzo di una retta di taratura, costruita con concentrazioni note di albumina, è possibile risalire alla concentrazione proteica di una soluzione effettuando una lettura spettrofotometrica a 595 nm.

Preparazione dei gel di poliacrilammide:

- gel d’ impaccamento (Upper gel): è il gel all’interno del quale vengono costituiti i pozzetti per il caricamento dei campioni. Ha la funzione di concentrare il campione proteico in una sottile banda prima che inizi la corsa elettroforetica e che quindi questo entri nel gel di separazione.

- gel di separazione (Lower gel): è il gel dove avviene la separazione delle proteine in base al peso molecolare. La concentrazione di acrilamide varia in base alle dimensioni della proteina in esame (nel caso specifico la concentrazione è pari al 12.5%)

La polimerizzazione avviene tra monomeri di acrilamide e una sostanza che formi legami crociati (in genere viene utilizzata la N,N’- metilenbisacrilammide, comunemente nota come bis-acrilamide) attraverso una reazione di catalisi radicalica, che ha inizio con l’aggiunta di ammonio persolfato (APS) che funziona da iniziatore della reazione e di N,N,N’,N’-tetrametilendiammina (TEMED) che invece svolge il ruolo di catalizzatore.

Circa 50 µg di proteine sono stati addizionati della soluzione di Laemmli e caricati nel gel.

La soluzione di Laemmli contiene:

- SDS che denatura le proteine fornendo loro una carica negativa - Glicerolo utilizzato come addensante per favorire il

caricamento del campione nel pozzetto

(38)

Materiali e Metodi

38

- 2-mercaptoetanolo che riduce i ponti disolfuro

- Blu di bromofenolo colorante inerte, che rappresenta il fronte di migrazione.

- ditiotreitolo (DTT) agente riducente, in grado di ridurre i ponti disolfuro determinando la completa perdita della struttura terziaria e quaternaria delle proteine.

E’ stata quindi effettuata una corsa elettroforetica per circa un’ora mantenendo l’amperaggio costante.

Quindi il gel è stato messo a contatto con una membrana di nitrocellulosa per il trasferimento (blotting) delle proteine dal gel alla membrana. Per il trasferimento il gel a contatto con la membrana è stato posizionato in un supporto all’interno di una camera elettroforetica riempita con un tampone, mantenendo un voltaggio costante di circa 100 volt per due ore.

Una volta avvenuto il trasferimento la membrana è stata immersa in una soluzione di bloccaggio (milk), a 4 °C per tutta la notte.

La membrana di nitrocellulosa è stata poi incubata per due ore con un anticorpo primario diluito 1:1000 (Millipore Corporation, sviluppato per il riconoscimanto della sequenza amminoacidica 421-441 del CYP11A1 di ratto)

Dopo aver effettuato dei lavaggi con TBS, è stato aggiunto l’anticorpo secondario diluito 1:5000, per circa un ora.

La membrana di nitrocellulosa è stata nuovamente lavata con TBS e

sono stati aggiunti i reagenti E.C.L. (Amersham, Pharmacia Biotech)

dando luogo ad un fenomeno di chemiluminescenza in grado di

impressionare una lastra fotografica in seguito sviluppata.

(39)

39

3. Determinazione dei livelli di pregnenolone prodotti dai linfomonociti mediante test ELISA

Il test ELISA è un metodo di analisi immunologica che permette di analizzare particolari proteine nei fluidi biologici.

Per la determinazione della concentrazione di pregnenolone è stato utilizzato il Pregnenolone Direct ELISA kit (IBL, Hamburg).

Questo kit utilizza un protocollo basato sulla competizione tra un antigene libero (soluzione contenente la proteina in esame) e un antigene coniugato con un enzima per un numero limitato di siti di legame di un anticorpo situato sul fondo dei pozzetti di una piastra multiwell. L' antigene coniugato e l'antigene libero competono per il legame dell'anticorpo presente sul fondo dei pozzetti. Dopo alcuni lavaggi effettuati per allontanare i materiali che non sono stati legati, viene aggiunto un substrato per l'enzima, in modo da innescare una reazione enzimatica che porti alla formazione di un prodotto colorato.

L'aggiunta di una soluzione di stop blocca la reazione enzimatica e viene quindi effettuata una lettura dell’assorbanza. L'intensità del colore sviluppatosi a seguito della reazione enzimatica è inversamente proporzionale alla concentrazione di proteina presente nel campione.

Una maggiore concentrazione di proteina diminuisce le possibilità

dell'antigene coniugato con l'enzima di legarsi all’anticorpo presente

sulla superficie dei pozzetti e quindi minore sarà la produzione del

composto colorato rilevato dallo spettrofotometro. Analizzando

composti standard, a concentrazioni note, è possibile costruire una

curva di taratura, utilizzata per risalire alla concentrazione di

pregnenolone dei campioni da saggiare ( Fig.18).

(40)

Materiali e Metodi

Fig. 18: Schema della procedura del test ELISA di tipo competitivo [ adattata da www.mouseclinic.de]

Per la determinazione della produzione di prgnenolone nelle cellule linfomonocitarie è stato utilizzato il seguente protocollo fornito dalla ditta:

• È stato aspirato dai pozzetti del multiwell il mezzo di coltura contenente i linfomonociti ed è stato raccolto in provette

• i pozzetti sono stati lavati con 50 µl di mezzo salino A

precedentemente riscaldato, che è stato poi aspirato e riunito

(41)

41

alla sospensione di linfomonociti

 soluzione A (mezzo salino):

- NaCl 140 mM - KCl 5 mM - Glucosio 10mM - CaCl 2 1.8 mM - MgSO 4 1mM - HEPES 10mM - H 2 O mQ

pH =7.4

 è stata effettuata una centrifugazione a 2800 g (centrifuga PK 110, Conacon Italia; rotore O-G26) per 5 minuti ed è stato scartato il surnatante

 il pellet è stato sospeso in 60 µl di mezzo completo (soluzione C)

 soluzione C (mezzo completo):

- soluzione B - Trilostano 25 µM - SU 10603 10 µM

 soluzione B (mezzo salino + BSA 0,1%):

In un pallone da 50 ml sono stati disciolti 0.05 g di BSA (albumina sierica bovina) nel mezzo salino A e la soluzione è stata quindi portata a volume;

 il pellet sospeso nel mezzo completo è stato reinserito nei pozzetti del multiwell da cui era stato aspirato

 le cellule sono state incubate per 2 ore a 37°C con una pressione parziale di CO 2 pari al 5%

 il sovranatante è stato nuovamente aspirato, raccolto in provette inibitori della

steroidogenesi

(42)

Materiali e Metodi

42

e centrifugato a 2800 g per 5 minuti

 in pozzetti separati della piastra multiwell fornita dal kit (Rabbit Anti-Pregnenolone Antibody Coated Microwell Plate-Break Apart Wells), sul cui fondo è adeso l'anticorpo specifico per il pregnenolone, sono stati inseriti:

- 50 µl di sovranatante dei campioni da saggiare

- 50 µl di soluzione C (che rappresenterà il bianco per la lettura allo spettrofotometro)

- 50 µl di Pregnenolone Calibrators (soluzioni standard a concentrazione note di pregnenolone, necessarie per costruire la curva di taratura utilizzata per la determinazione della concentrazione dei campioni incogniti)

 in ciascun pozzetto sono stati aggiunti 100 µl di Pregnenolone- Horseradish Peroxisase (HRP) Conjugate (antigene coniugato con un enzima) e la piastra è stata posta in agitazione per 1 ora su un oscillatore basculante (Intercontinental Equipment)

 dopo tre lavaggi consecutivi con Wash Buffer , a ciascun

pozzetto sono stati aggiunti 150 µl di TMB Substrate e lasciati

incubare per 10-15 minuti o comunque fino a che i pozzetti

contenenti le soluzioni standard avessero sviluppato una

colorazione blu (Fig. 19)

(43)

43 Fig. 19: Variazione nello sviluppo di colore in base alla concentrazione di pregnenolone negli Standard.

 sono stati quindi aggiunti 50 µl di Stopping Solution ed effettuata una lettura spettrofotometrica ad una lunghezza d'onda di 450 nm (Wallac VICTOR² 1420 multilabel counter, Perkin Elmer)

Per ogni campione saggiato sono state fatte prove in quadruplo, inoltre 10 campioni sono stati saggiati in presenza di amminoglutetimmide (inibitori dell’enzima CYP11A1) 20 µM.

CONCENTRAZIONE DI

PREGNENOLONE CRESCENTE

Standard a concentrazione

zero di

pregnenolone

(44)

Risultati e

Discussione

(45)

45

ll TSPO è una proteina espressa ad alto livello nei tessuti che sintetizzano steroidi ed a livello subcellulare è localizzato nei punti di contatto della membrana esterna e interna del mitocondrio. Il TSPO risulta essere un elemento chiave per il processo biosintetico degli ormoni steroidei in quanto media la prima tappa limitante dell'intero processo biosintetico, che consiste nella traslocazione del colesterolo dal citoplasma all' interno del mitocondrio. A livello delle creste mitocondriali il colesterolo è convertito a pregnenolone dall’enzima citocromo P450 side-chain cleavage (CYP450scc, ora chiamato CYP11A1). Questo primo metabolita del processo steroidogenico può rimanere nel mitocondrio ed essere idrossilato a 20α- idrossipregnenolone dallo stesso enzima CYP11A1 oppure, una volta lasciato l’organulo, può raggiungere il reticolo endoplasmatico dove può intraprendere vie enzimatiche differenti, portando alla formazione di vari ormoni steroidei/neurosteroidi.

Da studi di mutagenesi sito-specifica è stato possibile determinare il dominio amminoacidico implicato nella funzione di traslocazione del colesterolo mediata dal TSPO. La regione implicata in tale funzione consiste nel dominio carbossil-terminale che si estende dall’amminoacido 144 all’amminoacido 169. A conferma di ciò è stata infatti trovata all’interno di tale dominio una sequenza consenso di riconoscimento del colesterolo che è comunemente presente nelle proteine che legano il colesterolo.

La sequenza amminoacidica del dominio carbossil-terminale del

TSPO è molto conservata nelle varie specie, confermando il suo

cruciale ruolo nello svolgimento della funzione di traslocazione del

colesterolo. Tuttavia, in questo dominio carbossil-terminale nell’uomo

è stato trovato un polimorfismo missenso (rs6971; 439 G>A), che

(46)

Risultati e Discussione

46

porta alla sostituzione di una alanina con una treonina in posizione 147 (Ala147Thr).

Lo scopo della presente tesi è stato quello di valutare se la spontanea sostituzione amminoacidica Ala147Thr nella regione carbossil-terminale del TSPO potesse influenzare la prima tappa biosintetica degli ormoni steroidei, rappresentata dalla conversione di colesterolo in pregnenolone.

Lo studio si è articolato in due fasi. Nella prima fase è stata effettuata la genotipizzazione del polimorfismo in un ampio campione, rappresentato da 232 soggetti sani Caucasici di origine Italiana, al fine di valutare la frequenza allelica del polimorfismo e per verificare se il polimorfismo seguisse l’equilibrio di Hardy-Weinberg. In una seconda fase è stata effettuata la sperimentazione per la valutazione dei livelli di pregnenolone in un numero più ristretto di soggetti sani (n=33). Gli individui che hanno partecipato allo studio, dopo aver ricevuto informazioni riguardo il progetto di ricerca, approvato dal Comitato Etico, hanno accettato di farne parte tramite un consenso firmato.

Per quanto riguarda la prima fase della genotipizzazione, ai soggetti è stato prelevato un campione di saliva, da cui è stato estratto il DNA, poi amplificato attraverso la tecnica della PCR e sottoposto ad analisi RFLP (come riportato in materiali e metodi). La distribuzione genotipica del polimorfismo ha evidenziato: 113 omozigoti Ala147, 98 eterozigoti e 21 omozigoti Thr147, ed è risultata seguire l’equilibrio di Hardy-Weinberg.

Il fatto che il polimorfismo segua l’equilibrio di Hardy-Weinberg

suggerisce che nella popolazione il polimorfismo non sia stato

soggetto alla selezione naturale, esclude il fenomeno

dell’accoppiamento non casuale, della stratificazione etnica e che

(47)

47

possano essere stati introdotti errori sistematici nella sperimentazione della genotipizzazione.

Per quanto riguarda la seconda fase della sperimentazione, vista l’impossibilità di poter valutare la produzione di pregnenolone in tessuti steroidogenici, tale valutazione è stata effettuata in un modello di cellule circolanti, rappresentato dai linfomonociti. E’ stato scelto questo modello cellulare in quanto è stato ampiamente dimostrato che sia i linfociti che i monociti esprimono alti livelli di TSPO. Tuttavia, poiché in letteratura per tale modello cellulare non sono disponibili evidenze circa l’espressione dell’enzima che catalizza la conversione del colesterolo in pregnenolone (CYP11A1) è stato, in prima analisi, indagato se questo enzima fosse espresso nei linfomonociti. Nel presente lavoro di tesi è stata dimostrata l’espressione dell’enzima CYP11A1 mediante analisi Western-blot. In un precedente lavoro di tesi era stata dimostrata anche la presenza del trascritto del gene, mediante analisi RT-PCR.

Per l’analisi Western-blot, poiché l’anticorpo primario specifico per

l’enzima CYP11A1, commercialmente disponibile, è stato sviluppato

utilizzando l’epitopo compreso tra l’amminoacido 421 e

l’amminoacido 441della sequenza amminoacidica dell’enzima di ratto

ed è risultato adatto a riconoscere l’enzima di altre specie (bovino,

cavia, topo, maiale, ratto e coniglio), è stato effettuato un allineamento

delle sequenze amminoacidiche nelle varie specie al fine di poter

confrontare il grado di omologia. Dall’allineamento delle sequenze è

stato osservato che la sequenza dell’uomo mostrava un alto grado di

omologia con quella bovina. Al fine di verificare il potenziale

riconoscimento della proteina umana da parte dell’anticorpo primario

è stata effettuata una prima prova che ha previsto l’impiego di linee

(48)

cellulari steroidogeniche, che quindi esprimono alti livelli della proteina CYP11A1 di uomo

di ratto (linea cellulare di glioblastoma C6).

Nella linea cellulare ADF umana sono state evidenziate due bande (Fig. 20), corrispondenti alle due isoforme dell’enzima umano CYP11A1, l’isoforma a (numero di accesso

peso molecolare di 56.1 KDa) e l’isoforma b ( GenBank: NP_001093243, peso molecolare di

L’espressione dell’isoforma a è stata identificata nei tessuti steroidogenici. Tuttavia è stata trovata anche in t

hanno come funzione principale quella di sintetizzare gli ormoni steroidei. Per l’isoforma b sono disponibili minori informazioni.

Nella linea cellulare di ratto C6 è stata evidenziata 60.4 KDa (Fig. 20)

CYP11A1. Tale risultato ha suggerito che l’anticorpo primario sviluppato verso la sequenza amminoacidica dell’enzima CYP11A1 di ratto, è in grado di riconoscere anche l’enzima CYP11A1 umano.

Fig. 20.:

Analisi Western-blot dell’enzima CYP11A1 e di astroglioma umano (ADF

E’ stata quindi effettuata l’analisi di Western Blot sulle cellule

Risultati e Discussione

cellulari steroidogeniche, che quindi esprimono alti livelli della proteina CYP11A1 di uomo (linea cellulare di glioblastoma ADF), e di ratto (linea cellulare di glioblastoma C6).

Nella linea cellulare ADF umana sono state evidenziate due bande , corrispondenti alle due isoforme dell’enzima umano CYP11A1, l’isoforma a (numero di accesso in GenBank: NP_000772, 56.1 KDa) e l’isoforma b (numero di accesso in GenBank: NP_001093243, peso molecolare di 42.0

L’espressione dell’isoforma a è stata identificata nei tessuti steroidogenici. Tuttavia è stata trovata anche in tipi cellulari che non hanno come funzione principale quella di sintetizzare gli ormoni steroidei. Per l’isoforma b sono disponibili minori informazioni.

Nella linea cellulare di ratto C6 è stata evidenziata una banda

(Fig. 20), corrispondente all’unica isoforma dell’enzima Tale risultato ha suggerito che l’anticorpo primario sviluppato verso la sequenza amminoacidica dell’enzima CYP11A1 di ratto, è in grado di riconoscere anche l’enzima CYP11A1 umano.

blot dell’enzima CYP11A1 in cellule di astroglioma di ratto no (ADF).

E’ stata quindi effettuata l’analisi di Western Blot sulle cellule

Risultati e Discussione

cellulari steroidogeniche, che quindi esprimono alti livelli della (linea cellulare di glioblastoma ADF), e

Nella linea cellulare ADF umana sono state evidenziate due bande , corrispondenti alle due isoforme dell’enzima umano in GenBank: NP_000772, numero di accesso in 42.0 KDa).

L’espressione dell’isoforma a è stata identificata nei tessuti ipi cellulari che non hanno come funzione principale quella di sintetizzare gli ormoni steroidei. Per l’isoforma b sono disponibili minori informazioni.

una banda di circa dente all’unica isoforma dell’enzima Tale risultato ha suggerito che l’anticorpo primario sviluppato verso la sequenza amminoacidica dell’enzima CYP11A1 di ratto, è in grado di riconoscere anche l’enzima CYP11A1 umano.

in cellule di astroglioma di ratto (C6)

E’ stata quindi effettuata l’analisi di Western Blot sulle cellule

(49)

linfomonocitarie umane. Come controllo positivo sono state utilizzate le cellule di ADF umane. Sia nelle cellule ADF che nei linfomonociti è stata messa in evidenza sia la banda di circa 56.1 KDa, corrispondente all’isoforma a dell’enzima citocromo CYP11A1 umano, che quella di circa 42.0 KDa che rappresenta l’isoforma b dell’enzima. Questo risultato ha suggerito che anche nei linfomonociti l’enzima CYP11A1 viene espresso.

Fig. 21.: Analisi Western Blot dell’enzima CYP11A1 in cellule di astroglioma umano (ADF), utilizzate come controllo positivo, e in linfomonociti umani (LM).

Al fine di valutare l’attività catalitica dell’enzima CYP11A1 nei linfomonociti è stata misurata la concentrazione di pregnenolone in assenza e in presenza dell’inibitore specifico per l’enzima CYP11A1, amminoglutetimmide.

Tale valutazione è stata effettuata su un gruppo di 33 soggetti.

I linfomonociti sono stati preparati a partire dal sangue come descritto in “Materiali e Metodi”, sono stati sospesi in mezzo di coltura completo e messi in un incubatore per colture cellulari.

Dopo 24 ore i linfomonociti sono stati incubati con un mezzo salino

privo di siero contenente due sostanze (Trilostano e SU10603) che

(50)

Risultati e Discussione

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inibiscono l’ulteriore metabolismo del pregnenolone. Il valore di pregnenolone è stato quantificato nel mezzo salino nel quale le cellule sono state incubate per 2 ore, mediante un test ELISA secondo il protocollo descritto nella sezione “Materiali e Metodi”. Per ogni soggetto sono state effettuate prove in quadruplo. In parallelo è stata costruita una curva di taratura necessaria per poter risalire alla concentrazione incognita di pregnenolone nei campioni derivanti dai linfomonociti.

Dall’analisi ELISA è stato evidenziato che circa 3x10 5 linfomonociti producono un valore medio di pregnenolone pari a 0.1165±0.04375 ng/ml.

Come ci si aspettava la produzione di pregnenolone è risultata molto più bassa rispetto a quella prodotta da cellule che hanno come funzione primaria quella di sintetizzare ormoni steroidei. E’ stato osservato infatti che circa la stessa quantità di cellule steroidogeniche, per esempio la linea cellulare della corticale del surrene Y-1 produce circa 21 ng/ml di pregnenolone.

I campioni di linfomonociti trattati con l’inibitore selettivo dell’enzima CYP11A1 hanno evidenziato valori di pregnenolone al di sotto del limite di sensibilità del metodo utilizzato (= 0.05 ng/ml).

Al fine di verificare se le varianti alleliche del polimorfismo Ala147Thr potessero essere messe in relazione a specifiche concentrazioni di pregnenolone, i valori di pregnenolone sono stati stratificati nei 3 gruppi genotipici:

• omozigoti Ala147 (n=15)

• eterozigoti (n=12)

• omozigoti Thr147 (n=6)

I valori medi delle concentrazioni di pregnenolone misurati per ogni

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gruppo di genotipo sono riportati in Tab. 1 e rappresentati come grafico a barre nella Fig. 22

GENOTIPO

NUMERO DI SOGGETTI

(n)

MEDIA PREGNENOLONE (ng/ml)

Omozigoti Ala147 n=15 0.1397 ± 0.0370

Eterozigoti n=12 0.1010 ± 0.0449

Omozigoti Thr147 n=6 0.0895 ± 0.0304

Tabella 1: Valore medio della produzione di pregnenolone nei 3 gruppi genotipici analizzati, espresso in ng/ml ±SEM

Il confronto dei valori medi nei tre gruppi genotipici è stato effettuato

mediante analisi della varianza ad un criterio di classificazione

ANOVA. L’ANOVA ha mostrato una differenza globale

statisticamente significativa (p=0.013) nella produzione di

pregnenolone tra i gruppi genotipici. La comparazione dei valori medi

di concentrazione di pregnenolone tra i soggetti omozigoti Ala147

verso sia i soggetti eterozigoti che verso i soggetti omozigoti Thr147,

effettuata tramite il post-hoc test di Bonferroni, ha evidenziato una

differenza statisticamente significativa. In particolare è stata

riscontrata una maggiore produzione di pregnenolone negli individui

omozigoti Ala147, sia rispetto agli eterozigoti (t=2.554, p<0.05), che

rispetto agli omozigoti Thr147 (t=2.659, p<0.05) (Fig. 22).

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