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, ai quali l'interesse era rivolto per comprendere il significato e le intenzioni progettuali, in particolare in relazione alla loro localizzazione sul territorio.

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Il seguente lavoro è nato dal mio interesse per l'estetica della città e prende spunto da una riflessione sull'architettura di due edifici, il teatro Michelucci

1

e il Centro commerciale Terranova

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, ai quali l'interesse era rivolto per comprendere il significato e le intenzioni progettuali, in particolare in relazione alla loro localizzazione sul territorio.

In entrambi i casi, nonostante l'estrema diversità degli edifici, tuttavia ascrivibili all'architettura razionalista italiana, ad imporsi all'attenzione del lettore è il ruolo che il genius loci ha assolto nella progettazione e nel caso particolare il racconto storico e archeologico. Dunque, se in tale modo si dischiude alla riflessione un vasto orizzonte costituito dalle numerose citazioni storiche materializzate negli edifici, ho scelto di considerare specificamente la situazione della Sardegna e la sua storia.

1 Cfr. il catalogo della mostra Giovanni Michelucci a Sant’ Agostino, disegni per il teatro di Olbia, a cura di E.Ranzani, L.Ravera, Sagep, Genova, 1991, pp. 15, 22. "Si può pensare l'ipotesi che uno spazio per le manifestazioni sceniche esistesse in epoca antica ad Olbia. Ne sono conferma le grosse colonne di granito ritrovate, i pavimenti mosaicati [..] le statue, le decorazioni marmoree, il Foro dietro al porto [..] E' insomma ipotizzabile che i liberti imperiali e i cittadini [..] non si privassero di uno spazio teatrale [..] Al mare, elemento unificatore o separatore, a cui offrirsi o da cui difendersi, con cui avere un rapporto domestico o drammatico [..] Al porto [..] oggi il primo dell'isola per passeggeri ed il secondo per le merci, sono legatre le frequentazioni di questo specchio di mare, i flussi di uomini e di merci. Queste le ragioni per cui abbiamo ritenuto opportuno pensare ad un teatro in prossimità del mare." E aggiungono i curatori, spiegando le ragioni di questa opera, "l'architettura teatrale può avere un ruolo nella definizione della nuova città, per conferirle identità e riconoscibilità."

2 Cfr. Aldo Rossi: disegni 1990-1997, a cura di M. Brandolisio, P. Portoghesi, Motta, Milano, 1999, p. 6, 15-17, 158. "Utilizzando più punti di vista, così da evitare l'esito realistico e tenere viva quell'atmosfera surreale che così felicemente trasmigra dai disegni alle opere costruite [..]

un modo per mantenere un contatto con la memoria senza abbandoni, senza illusioni redentrici". E Aggiunge ancora Rossi "la città forma il contesto dell'opera [..] sintesi di edifici che si imprimono nella memoria e danno della città in quanto architettura civile l'insieme dei segni che meglio la identifica [..] Le citazioni servono dunque a stabilire parentele, rivelare amicizie e far capire a chi guarda che la freccia del tempo domina l'architettura e la città; fa della città, si potrebbe dire, il luogo del dialogo tra generazioni diverse". In dettaglio su tale edificio Rossi scrive "Il fronte principale, segnato dall'asse d'ingresso, si presenta come una scena fissa composta da elementi architettonici puristi ricavati da un lessico familiare e da quello ricavato dai monumenti sardi, dalla costruzione in pietra dell'epoca nuragica e del romanico. Il complesso è costruito come una città impostata sul suo asse ordinatore dal quale si aprono una serie di corti porticate che introducono ai vari blocchi commerciali." Cfr. anche Centro commerciale Terranova, in Abitare, n. 373, 1998, pp. 192-197.

I

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Nel considerare l'architettura popolare sarda emerge un carattere peculiare legato alla forte presenza del passato, ovvero ruderi e rovine di antiche civiltà

3

la cui diffusione capillare caratterizza il paesaggio isolano come fortemente antropizzato, caratteristica questa propria del paesaggio italiano che per la massima parte è appunto un «paesaggio culturale».

A questo punto la discussione sull'architettura è connessa intimamente a quella del paesaggio, il quale, considerato come un «libro aperto che narra la sua storia e che occorre imparare a leggere e interpretare»

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in quanto continua ad «agire sul presente», manifesta una «tendenza a conservare nel tempo le linee più profonde e tenaci che hanno segnato la sua storia»

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.

Le riflessioni di Christian Norberg-Schulz permettono a tale riguardo di esperire i caratteri generali della relazione che sussiste fra storia, paesaggio e architettura, fra «luogo artificiale» e «luogo naturale», nonché il rapporto gestaltico fra figura e sfondo che essi intrattengono e che permette di comprendere certi caratteri fondamentali dell'abitare e l'identità dei luoghi.

L'importanza di tale rapporto emerge primariamente nella discussione dell'architettura popolare in Sardegna, laddove le costruzioni antiche

«bucano lo strato superficiale» sul quale giacciono numerose stratificazioni insediative. La straordinaria presenza del passato di cui l'architettura deve in questo caso particolare tenere conto può essere meglio compresa mediante le riflessioni di Ernst Cassirer sul «mondo espressivo» e sulla «funzione espressiva», attraverso le quali ho tratto alcune conclusioni più generali in relazione all'arte architettonica.

Quanto emerge dalla discussione dell'architettura popolare in Sardegna è infine posto in relazione con le riflessioni di Marco Romano sulla città

3 Cfr. l'appendice qui nel testo intitolata La tradizione architettonica megalitica.

4 Cfr. Carlo Tosco, Il paesaggio storico. Le fonti e i metodi di ricerca, Laterza, Roma-Bari, 2009, p. 6. "Partendo dai depositi del passato, conservati come fossili in un ambiente profondamente mutato [..] Il metodo di ricerca si caratterizza per essere un metodo regressivo [..] Si parla così di inerzia del paesaggio [..] Lo storico del paesaggio agisce come un archeologo, che però [..]

opera una sorta di scavo virtuale [..] puramente conoscitivo."

5 Ibidem.

II

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europea. In questo caso l'architettura sarda costituisce proprio una di quelle contraddizioni sulla quale egli ritiene si basi la stessa sopravvivenza della civitas nella città europea, confermando inoltre la medesima ascendenza storica. Tuttavia, nel considerare la forte presenza del passato in relazione alla riflessione sulla città, Victor Hugo mostra come essa assuma un ruolo di primo piano nel caratterizzare la città, ma si apre in tal senso uno scarto.

A questo punto, se le riflessioni antropologiche di Franco La Cecla sulle

«culture dell'abitare» permettono di comprendere i caratteri generali dell'architettura popolare sarda, la quale, essendo le città in numero limitato, è inquadrabile nella dimensione del villaggio. In questo sede la riflessione estetica sulla città, esemplificata dalla riflessione sul bello nella città europea e dal ruolo che il tema del lavoro assume nell'inquadrare storicamente la riflessione sull'architettura sarda, è intimamente legata al rapporto dell'uomo con i luoghi, relativamente al quale un problema emerge con forza, ovvero lo scarto che viene a crearsi relativamente al passaggio fondamentale che sotto il profilo architettonico avviene «dal sacro al bello».

Questo passaggio può essere chiarito dalle riflessioni cassireriane sulla

«percezione espressiva» nel mondo mitico poste in rapporto a quelle di Marco Romano sulla bellezza della città. In breve, se nel mondo mitico la realtà demonica trae la coscienza umana in suo potere, il passo decisivo affinché si abbia una «vera e propria dimensione estetica» è costituito dalla emancipazione umana da tale condizione. Infatti, solo in tal modo il terrore che l'uomo prova di fronte ad una natura incontrollabile si fa bello e ciò avviene proprio grazie all'arte.

I numerosi problemi che scaturiscono in questo senso verranno discussi in questa sede limitatamente all'architettura e senza la pretesa di offrire nessuna risposta esaustiva, ma con il solo intento di presentare il problema che si pone in ordine all'aisthesis, qualora si intenda, come qui è il caso, riflettere criticamente sulla città e sulle possibilità di una estetica urbana.

III

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La necessità di considerare i caratteri architettonici eminentemente locali della Sardegna, in relazione a quelli urbani più generali, in particolare quelli europei, assume a mio avviso il suo significato più intimo in quanto permette di comprendere appieno il rapporto che intercorre fra uomo, luoghi, architettura e paesaggio in relazione all'abitare.

Quanto fin'ora discusso costituisce il nucleo principale dal quale questa tesi prende avvio e che, nei limiti delle possibilità, discuterà ogni altro tema relativo al rapporto fra l'uomo e luoghi dell'abitare, in relazione al quale ogni aspetto emerso verrà ricondotto in una più ampia riflessione estetica sulla città. In tal senso verrà dunque considerata la possibilità che sussista un'estetica urbana e le sue condizioni, nonché i rapporti fra architettura e arte, in relazione ai quali saranno messa in opera una critica dei «bisogni».

IV

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