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A n r. be a me, sebben d' altro luogo, ma non d' altro

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L' ASSOOIAZIOIIE Semestre e trimestre in proponionr.

per un anno anticipati f. 4.·

Si pubblica ogni sabato.

I. ANNO. Sabato 16 Maggio •1846.

Sulle

~.o.ndizioni

di Rovigno.

A

n r. be a me, sebben d' altro luogo, ma non d' al- tro cielo, si concedano due parole intorno Rovigno. Av- verto però non ne aver chiesta informazione alla came- riera della locanda, cui norma dar potrebbe il riguardo onde i Rovignesi parlarono dei fatti suoi, nè al cafl'ettiere che me li dipingerebbe come una gente rozza perchè poco usano il caffè; che non vidi Rovigno soltanto col tempo piovoso, ma col sereno, che dall'esterno delle abitazioni non ne giudicai l'interno, n è dagli abiti l'a- nimo di chi li portava.

Nella. presente scarsità, se dir non si voglia man- canza, dei documenti letterar~ tanto cartacei come lapidari, c d'altro genere, nulla dirò intorno all'origine ed alle vicende di Rovigno. Lascio intatto questo campo spet- tante di diritto ai soli Rovignesi, i quali, essendovene di abili ed amanti del patrio bene, non tarderanno a congiungere la loro storia alla generale, ora che non solo citlà, ma terre e villaggi lodevolmente faticano in- torno questa essenzial~ bisogna per chi non voglia sviare dal sentiero assegnatogli nel lungo pellegrinaggio del- l' umana famiglia. L' assiduità e l'amorosa diligenza non possono fare che alcuna cosa non riesca a raggranellare, la quale serva a diradare in parte almeno le fitte tene- bre. Raccogliere, prima che l' ery1ice a vapore le spiani, le tradizioni, <Jucsti fedecommessi che gran parte della vita di un popolo in sè nascondono, è urgente argo- mento, siccome è lavoro pazient.e e di gran lena il ca- varne la significazione, sceverando il genuino dall' estra- neo, tanto più ove trattisi di popolo che di buon'ora in contatto si trovò con altri, ed ebbe ad assimilare a sè genti diverse, ognuna delle quali suoi recar in comune la sua porzione. Io mi Jimilerò ad accennare soltanto, come dalla tradizione ''iva tuttavia, che la salma di santa Eufemia- la quale, composta nella grand'urna marmorcn, è venerata nella dignitosa chiesa eollegiata- venendo di Calcedonia approdasse dapprima a Saline, donde a Rovi- gno si tramutasse, senza menomamente revocare in dub- bio la possibilità del miracoloso. tragitto, si possa con- ghiet-turare essere di qui i primi abitatori di Rovigno, passati a cercare sopra uno scoglio quella sicurtà che la prima sede loro non dava; sendochè la pmzione for- mante l'antica citlà univasi a mezzo di un ponte al

·continente, e non è che da pochi anni stabilmente ri- congiunta all'altra surta da poco più di due secoli. Que- sto luogo in fatti, di amena posizione, in vista dell'aerea

Orsera, presso al maraviglioso canale del L eme, che percorso tortuoso un tratto di sette miglia fra dirupate montagne, s' innoltra asciutto in forma ora di valle, ora di burrone nell' Istria interna, con ruderi di edifizi, ed una cisterna della capacità di circa 500 barili, proba- bilmente un im]Jlltvium,-spira tale una mestizia, come di persona decaduta, e l'uomo vorrebbe poter C\'Ocarc gli estinti perché gli dicessero quale si fosse nei secoli an- dati. A ricordo della t.raslazione anzidetta esiste qui una chiesetta dedicata alla Santa , mezzo in terra t a, col tetto crollante e le muraglie vestite del lutlo dell'edera, c se i Rovignesi non curanti dei doveri di piet.à commessi loro da erli avi non s'affrettano a ristorarla, in breve a- Yranno 0 perduta una tanto preziosa memoria. Parimenti lo scorgere

r

agro di Rovigno, oggi dì disabUat_o , . sparso quà e là di avanzi di aggregate abitazioni, d1 Cisterne, di. sarcofaghi romani, autorizza a supporre che, abban- donati i casali esposti alle. sCorrerie terrestri, la gente accorress~ ~u questo _scoglio ~ qua~i in fortezza. E che R:ovigno, compresa enl.ro le anticl1e mura, sia stal!P-'fitb- hricata con ~fretta, riei -giorni del pericolo, il dimostrano le vie anguste e irregolari, nelle quali frequenti i cavai- cavie, le case alte, alcune senza fondamenta, con muri senza pro irregolari.

Bella quanto altra mai si ·è la posizione di lei fra due porti entro a' quali si specchia, coronata di vaghe iso- lette, gran numero delle quali, quasi figliuole che tenen- dosi per mano danzino al sonito delle onde attutandone l'ira, sono schierate lungo la costa da Parenzo alle Promon- tore, e sicurissimi ne rendono i porti. Dal freddo l\lne- stro e dalle nebbie, che le rive d'Italia talvolta sull' !stria riversano, è dessa protetta dalle spalle del colle su cui s'assi de distendendosi a forma di piramide, cui termina la chiesa e lo svelto campanile; da borea valido schermo le sono digradanti colline e promontori, e similmente da scirocco, di guisa che mite ne è il •cielo e salubre il suo clima. Chi traguardando da questa scena, poss•mte per varietà, potè mirare un tramonto di estate, quando il sole tuffandosi in un mare senza confine, colora delle calde sue tinte morbide nuvolette, che quasi drappo rabescato sopra fondo di vivissimo zaffiro, cascano d'ogni parte nelle più fantastiche pi~ghe e a brani per l' acre si dileguano;

e vedere immobili librarsi sull' onde tacite navigli d' ogni bandiera, quasi adoranti unanimi il mistero che Dio ce- l~bra a tutte le genti; e senti nell' anima profonda la _divina armonia di quest'arpa tocca dalle dita degli angeli:

colui meglio che per istudi estetici comprese la sovru- mana virtù della bellezza.

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HO

La popolazione, se guardisi al !ipo della flsono~ia!

alle grandi e franche e ben pronunciate sue hnee, e di fondo italiano e dell' Italia mediana se al dialetto (*). E comechè si c~mponga di na·zioni d~v_e~_se. e .di diversi ele- menti, pure la forza preva!ente de .m~_hon effetto? una vantaggiosa fusione,. da cm caratteris.tic~ emersero Il co- raggio e il prontonsolvere del manna10, l~_.pa~.Ienza e. pietà del campagnuolo, la pulitezza del siguore, Il senno italiano, la lealtà slava, la greca accortezza. ~erò s~

l'infelicità dci tempi andati spingeva ad emigrar<~. 1 buom ed a cercar rifugio dove l'invidia, la vendetta del prepotente non li potesse raggiugnere, è di presente con. altra Iance misurato chi la patnn abbandona. Saranno 1 temp1; ma io penso che come Roviguo deve ai profughi la sua vi- goria, ella andrà corrott~ per quella torma di fami\l"li slavi cliC, non trovando d1 far bene alle case loro, quiVI si rc'cano quasi in traccia di ventura, e con troppo Hgia fedeltà, con mariuolerie fin anco, tanto sanno gratificarsi i padroni, che da famigli in breve diventano famigliari, finalmente padroni essi pure, molt.i facendosi stato a danno altrui, e dello stesso padrone, che, tacitamente disonesto, accettava poc' aìlzi servigt cui avrebbe dovuto rigettare non pure ma denunziare. La transizione dallo stato di servo a quello di padrone, di mercenario a quello di proprietario è sempre accompagnata da avidità, da ran- cori, da vendette, da malafede; i vecchi possidenti sono mai sempre in conflitto coi· nuovi, peggio se diversità di 1ing1.1aggio, di usi, di costumi vi si associano. Provvegga- no i Rovignesi, finchè ne hanno il tempo, al durevole loro benessere col non aver di mira e starsi paghi soltanto al tenue salario , àl modico vitto de' famigli, ma richie- dano le prove più rigorose del loro contegno in patria, della loro onoratezza, e si guardino bene dal conside- rarli quali strumenti di l or voglie illecite, imperciocchè l'arma ch'eglino avranno affilata per altrui, volgerassi più tardi, castigo meritato , in essi medesimi.

•) Il dialetto di Rovigno, diverso dagli altri parlati in Istria, tranne quello forse di Dignano, sembra essere, di poche eccezioni in fuori recate dal tempo, dal contatto e dalla mistione di gent.i di diffe- rente origine, simigliante assai a quello usato anticamente nell'Italia di mezzo. J .. a sua ricchezza ed eleganza, gran copia di voci antiquate e di modi che i buoni scrittori del trecento ricordano, la pronuncia stessa sembrano confermarlo. Non è questo il luogo, nè io da tanto di avvalorare siiTatto giudizio, mediante confronti e filolouiche elu- cubrazioni; basterà avvertire intorno la pronuncia, elemen'ìo che più d' ogni altro sembra rendere imbarazzante la soluzione dell' intricato quesit-o, che nell' antica lingua italiana spesso si scambiano l' u e l' o: md, v"i, altura, lome, officio, foci le, i11gio1Jgere ccc. il che nel dialetto rovignese accnde ))Cr l'appunto; ed è proprio del dialet.to toscrmo, c non d'altro, preporre la u all'o di molte parole latine p.

e. buo1w, trovo,. ttom&, cuore, c simili , e della lingua nostra ndope- r~rc spesso. a vacenda l'o e 1: io: miltero, impero, mùtlerio, impe- riO; scam?mre e c l'i: respingere, rispi119ere, d!!voto, divoto, come fa 1! rov1gnese. E nella vita di Cola di 1\ienzo (Nicola di Re~zo, Lorenzo Gabrini) ultimo tribuno di Roma, amico a Petrarca, scntt~ da t~n co!ttempora~eo, leggesi di continuo: pWJpolo, nuobili, camptlt~oglw, mre.rs~o, swlla, cd altre tali· voci di suono simile al dialetto di Rovigno.

Chi al hu~1c d~ estesa erudizione, c d' una critica giudiziosa dèssc opera ad 1studuue profondamente l'indole di questo dialetto, ric.ercass.e l' ~riginc delle più an_tich~ famiglie del paese, la ragione d~1. no~m da t.' alle con!radc e s•tua~wni c:nnpestri, spesso conserva-

~riCI d1 patne memor1e, facesse msomma accurate investigazioni mtorno a questo argomento, verrebbe per certo a porre insieme nu-

;:~~oesed~J:"I~n:u~osJ:fn~az~~~l' avanzata opinione, e vestigia rinvcr-

È il Roviguese di taglia vantaggiosa e sufficiente- mente complessa , agile e destro , lo sguardo ha pene- trante, di espressione che ha radice nell'anima, e che massime nelle donne, si manifesta viva nell' accento del!;

voce, in ogni movimento del-corpo, in ogni gesto; talchè si p~ò dire di loro ch' e' posseggono l' eloquenza del corpq!· come la .nomava Tullio. Sentendo bisogno di eser- citare le facoltà fisiche e morali, sono socievoli, attivi intraprendenti, coraggiosi (*), ospitali ver chi con in~

sultanti preoccupazioni non se ne faccia indegno; non

·s'acconciano volentieri a servire altrui senza un diritto che della padronanza li chiami a parte; il loro capo è princi]Jale (parzianevolo) non padrone; colla persuasione prima che col rigido comando si lasciano piegare; per- donano facilmente le offese, passati i primi istanti di bol- lore, ne' quali vi scorgi l' uomo del mezzogiorno; non crudele però. E in vero, solto un cielo pressochè co- stantemente sereno, temperato l'inverno, cocente la state sopra un terreno arsiccio, che produce generosi i vlni:

e darebbe dolcissime le frutta, qua l ora più comune fosse la pratica degl' incalmi; ove prospera l'olivo, ed il ciuco corre di galoppo, e di trotto il bue aggiogato al carro, qual 1Ik1raviglia se sotto l'influsso di circostanze siffatte la ragione è tal fiata sorpresa dall' impeto? Codeste sca- riche però sono più fragorose che funeste, e procurando uno sfogo pronto al bollore degli animi, impediscono che l' ire si concentrino e divengano maligne, e insieme con- servino il prezioso tesoro della sincerità; la quale, siccome fa che l'uomo palesi il suo interno, è causa e nello stesso tempo effetto della bontà di questo, ed impone altrui, non fosse altro, di nascondere nella notte del secreto le prave sue azioni. Coloro che g1i agricoltori, i marinai, i pescatori, vorrebbero allontanati dalle nostre città per- cl!è odorano di terra, di pece, di salamoia, e colle ru- vide rascie arruffano il pelo morbido e lucente del mo- derno loro vestito, ed in altre guise gli si rendono mo- lesti, rammentino essere utile ad entrambi siffatta con- venienza. È utile alla classe così detta cfvile, imperocchè l'attenzione colla quale l' inferiore osserva e raccoglie i fatti e i detti del superiore, e la severità con· che suo!

giudicarneli, le sarà sempre di freno; è utile alle classi.

secondarie o alle infime, dappoichè respirando un' aria più gentile, so n fatte partecipi di quei beni che necessa- riamente ne emanano; la pratica degli uni dà corpo alle teorie degli altri, le teorie di questi nuova vita infon- dono alle pratiche di quelli. Non è a negarsi che dimorando gli agricoltori presso le loro campagne, più facile tor~le­

rebbe ad essi di meglio sorvegliarle, e ~otrebbero Im- piegare nel travaglio il tempo che nelle g1te dell' andata

~) Se venga a scoppiare .un incendio (co~a ass~i .rara do~e la popolazione è stipata, addandoscne fin dalle prime scwtdle) e Sia pur di notte, l'annunzio n'è diffuso colla ,rattezza del lamp~; ac- corrono da tutte parti sul luogo, ognuno ~ ~ffncc~nda co~ne Sl trat- tasse del caso suo· l'interessamento sonunnus\ra 1 mezz1 e sngge- fisce i modi più a~comodati. Basta vegli~re perchè ~a f~ga non torni d'impaccio c non conduca a qualche part1t0 temcrnrw; 1l resto sanno fare da sè ottimamente, nè s' immaginano meritarsi perciò una ri- compensa. Si. dica lo stesso qualora .il dis~str~ accada. sul mare; ~ nota la perizia e l' intrepidezza de1 marma1. Però, il sapere altri chiamnti a ciò da obbligo speciale, l'essere avvezzi di tutto com- perare e vendere a prezzo, e la pi,IÌ grave natur3: del pe.rico.lo, pos:

sono in essi talvolta scemare quell alto grado d1 sollecJtudme e d1 disinteresse che nelle altre classi si nota.

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e del ritorno consumano; ma io sono d' avviso che, qual- nell'ospitale, dove pregando, riandando i corsi pericoli, le ora l'elemento buono non sia soverchiato dall'elemento durate fatiche, le patite privazioni e facendone minuto rac- cattivo, utile siffatlo vada di molto posposto all'altro conto n' consorti, attende rassegnato il colpo di grazia.

risult~nle dalla convivenza ~elle città,, la quale impedisce Il prodollo più ragguardc,ole il cui ricolto, occu- che l uomo abbrutisca solto Il peso dell assiduo ln,·oro. Se pando alcuni mesi donne e ragazzi, dà modo di campare non vi fossero villaggi intieramente, o pressochè inlie- nella stagione più temu~1 alla classe bisognosa e inetta a ram ente abitati da agricoltori (intesa questa parola nel

l

pesanti fatiche, è quello degli ulivi, che mercè la sua

più ampio suo. signific~t~), i.l m.ondo avrebbe· ~l tra I accia. buona qualità sendo rice~cato, importa vistose somme di Parlo delle ptccole mtta Simth a quelle dell Istna, che danaro. Sopra un temtono che non misura più di 10,651 dalle grandi beato chi può starsi lontano. Ad esempio iugeri e 483 tese vienn., in che tutto consiste il comune valga appunto Rovigno. Dei pressochè undicimila suoi di Rovigno, s'annoverano presso a dugencinquanta mila abitanti, più di tre qui n ti possonsi annoverare al basso piante d' olivo, dalle quali diligentemente curate bassi la popolo, come il dicono taluni più bassi di lui: eppure rendita ordinaria di 4 in 5 mila barili per anno.

quanto rari i delitti! Più frequenti si commettono nelle La vite coltivata n mo' d' llalia in Jìlari dà eccel- campagne fra una popolazione sproporzionatamente mi- lenti refoschi, moscati, bontempa ; ma la poca industria nore. Se gli uomini si accostassero più di frequente, nel fabbricarli, e più ancora lo svilimento del prezzo che se il ricco , l'illuminalo anziché fomentare e mantene- da qualche anni bersaglia questo prodotto, fa che lo re contro sè il mal animo della classe manesca , che spaccio ne rimanga_ inceppato, e induce sempre crescente in lei nasce" dalla coscienza avergli ella col suo fiato scoraggiamento nel vignaiuolo, talchè lo si vide svellere reso soffice il letto, col suo sudore saporite le frulla, la vite per surrogarvi l'olivo, od altro che gli dèsse colle sue privazioni dato agio perché il cammino del sa- profitto migliore.

pere più appianalo gli fosse; se costoro chiamassero il Di biade poca quantità, e di mezzana qualità ne povero a parte delle loro ricchezze e del loro sapere, e produce il contado, stantechè. oltre il difetto di terreni gli uni e gli altri s' avvantaggicrebbero, e, nonchè mi- all'uopo acConci, è questo in modo assai notabile trava- gliori, diverrebbero più saputi. E nella loro associazione gliato dal flagello dell' !stria, la siccità. Non ''uolsi però chi assegnar potrebbe i confini del progredimento? lacere che la fava è sì estesamente coltivata da farsene Il generale aumento nei mezzi di trasporto, l'ado- non spregevole traffico colla Dalmazia. Le frutta, tranne perarsi che tutti fanno onùe scemare la concorrenza al- le nocciuole avellane, le mandorle, i melloni, e le angu- trui, procurando a produrre da sè le cose di prima ne- rie, di cui si fa commercio, hanno generalmente poco cessità, la perdita di considerevoli capitali messi in mare buon s~pore, e ciò per l'uso riprovevole che tuttavia si che i Rovignesi patirono per opera degl'Inglesi nelle conserva di poco praticare gl'innesti, improvvidamente vicende delle ultime guerre, ha dato un forte crollo alla abbandonandone alla rude natura la produzione.

loro marina e insieme al Joro commercio, gran parte di A minorare lo spendio dell'industria agricola, molto economia. Non pertanto, essendo Rovigno pori o di mare varrebbe per mio avviso 1' accrescere le vie campestri a mezzo la costa dell' ]stria bassa, viene ad essere di carreggiabili, scemando alquanto quell'immensa quantit-à questa lo scalo principale, onde di continuo s' estraggono di bestie da soma che tutti i proprietari non pOnno nn- e introduconsi mercanzie. Nuovo impulso ne venne alla drire per scarsità di foraggio e che cagionano continui sua industria dalle corse del vapore, che visitando l' 1- danneggiamenti ai fondi coltivati, e risse e li Li intermi- stria, a mare una volta In settimana nell'inverno e due la nabili. Non parlando di quelli che abbisognano alla per- state, fra sè e colla sua capitale più strettamente l'unisce: sona per le lunghe gite di andata e di ritorno dalle così non fosse fatale che al grano debba crescere com- campagne, <1uanti non servono ad altro che a sciupare misto il loglio. Le barche Uovignesi, più che in altro, il tempo nel lento trasporto delle derrate! Il loro scc- s' impiegano nel commercio della Dalmazia, donde espor- mamento provvederebbe altresì alla maggior nettezza tando olio, vino, lana, salumi, v' importano commestibili della cit-tà, entro la quale gran parte è duopo se ne ri- e telerie, ch' essi medesimi spacciano agli abitanti a prezzi covri la notte, fintantochè non sia accresciuto il numero modici, non ignorando il maggior guadagno consistere delle stalle fuor l'abitato; intorno alla qual bisogna pare nel pronto smercio e nel giro dei capitali (*). E perchè s'incominci a lavorare di proposito.

il marinaio ci mella tutta l'attività e l'ingegno suo, egli Si querelano taluni che una ragazzaglia sfrenata, è sempre a parte del negozio; non è servo, ma socio cenciosa, accattona e sùdicia giuoca schiamazzando e che mise in comune per lo meno l'opera sua. Il prsca- s'azzuffa nelle piazze, nelle vie più popolate del.Ja città, tore batte, sì, il mare si aggira fra scogli e le sirti per- a grande molestia e ripugnanza del forestiero. E vero;

fino dell'Arcipelago greco, ma suo retaggio fia sempre la le madri, togliendo qualche ora alle geniali conversa- miseria; e quando gli acciacchi dell' età l'abbiano ridotto a zioni del cortile e dinanzi la porta di casa, o ve se tiensi terra, siccome sua casa è la barca, deve cercarsi un ricovero mercato di unii idee, se ne mettono in circolazione, pur

<~t) La brazzera rovignese è il più parlante documento della

storia di Rovigno. Tutta coperta di vele, colle lunghe sue antenne, sormontata da tre alberi, due nel quartiere di prora, il primo inclinato all'innanzi sull'onde, armata quasi di lancia a poppa e a prora di bastone parallelo al mare, questa sfidatrice delle procelle traduce in atto il maschi.o ardire, la minaccia risoluta, la generosa impazienza. Così i forli sentimenti non solo lasciano dovunque profonda traccia di sè, ma, meglio che non i precetti, dirigono la mano secura.

troppo, anche di perniciose, potrebbero di leggieri me- glio curare la propria e la nettezza dei figli. Però dei cenciosi in un paese di clima assai temperato, dove l' in- verno passa non avvertito, come a Rovigno , chi lutti li riputasse mendichi, errerebbe. La gente dei paesi più freddi starà meglio a vestiti ed avrà più fame. Quella moneta che al paesano non avrebbero osato di chiedere,

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e càvarono ilL forestiere non già con due strimp~llate di chitarra o quattro sconcie capriole, nè facendogh vedere una scimia, una marmotta, ma dicendogli « ~·ignore mi dia uu caranta1lo ~ è probabile che costoro la vadano giuocare, come i chiodi cavati dal pavimen~o e i bottoni strappatisi di dosso . .In tal caso, e per ragwm altre pa- recchie, non avendosi ·una palestra dove sorvegliati que-. sti futuri marinai, campagnuoli, cavatori di pietre possano acquistare lo sviluppo, la robustezza, l' agilità di. corpo (e d'animo insieme) necessaria a sostenere le fallche, e ad affrontare i pericoli di che tutta s' intesse la loro vita;

è meglio vederli guizzare fra la gente, ov' è tolta ad essi l' opportunità di trascorrere ad eccessi, ai quali, nep- pur fatti uomini, sono sì di leggieri condotti.

Senza accrescere con improvvida facilità ìl numero de' poverelli, quellì che tali sono daddovero e gl'infermi vengono soccorsi a sufficienza mercè i fondi del pio istituto di carità. In generale poi v'ha qui vi una tale ripartizione di ricchezza che pochi essendo i stra•·ìcchi, sono anche pochi i miserabili; equilibrio solo possibile, la cui conservazione è sopra ogni cosa da desiderarsi, perchè indice di egua- glianza che in sè armonizza i più vitali elementi di un popolo.

Chi faccia consistere la coltura nell'arte del dire e del fare diverso dal sentire e in tutte quelle squisite smancerie che dell'uomo fanno macchina, colui non la cerchi a Rovigno. Quì l'animo mite e sincero, il senti- mento religioso e della propria dignità celansi, e, pur si dica, si conservano sotto apparenze di rozzezza per coloro che non ne sappiano interpretare il vergine lin- guaggio. E facesse Dio, per codesta:· rozzezza valesse a tener fronte contro la proteiforme éorruttela che d' ogni parte allarga il campo e fatalmente vien compagna alla pretesa civiltà de' nostri giorni, la quale intesa alla pu~

lìtura degli atti esterni, e poco brigandosi degli interni, si contenta di apparenze, neglige l' educazione per l' i- struzione, soggetta alla tortura di una forma inflessibìle, e schiaccia, per così dire, gli animi più espansivi. Ne' giovani mandati all'università ad attingere i semi del sapere e del ben vivere, è a buon diritto posta ogni speranza di conservazione e di miglioramento. S' eglino in luogo di considerare la doltl'ina qual vano addobbo dello spirito, o strumento di voglie ambiziose, la ter- ranno in conto di debito sacrosanto, cui impunemente non si fallisce, verso la società in genere e la patria in particolare; se non isdegneranno tendere la mano al de- bole, al povero, all'ignorante, al fanciullo, confortando, dirigendo, istruendo, più che a parole, coll'irresistibile potenza dell'esempio, allora, traendo a sè la volonterosa moltitudine, la domineranno nell'amore e nella stima. - . All'invidia, alla maldicenza, alle vuote ciarle dei saccenti,

invece di risposta dieno compianto; che il male non i- sfugge alla punizione di sè medesimo , siccome al bene non può venir meno il guiderdone di sè stesso.

Oltre le pubbliche scuole normali ove s' insegna nella lmgua del paese, per le classi più agiate vi so n due scuole private, e 15 a 18 conservatori pei piccini dell'uno e dell'altro sesso; e nei var1 ginnasi e alle università dello stato si contano ìn oggi oltre a 20 gio- vani, il cui numero va ogni anno crescendo.

Rovigno va lieta inoltre dì una scuola di musica dì fresco rintegrata. Quand'anche nell'attuale sua condizione,

troppo artificiale e lontana dai suoi principi e dalla sua missione, la musica non valga a produrre i portentosi elfellì dei tempi antichi, quando ìl bello dell' arte ispi- randosi alla poesia del cuore si faceva banditore del buono, non per tanto giova a sollevare gli animi ìn re- gioni più tranquille, e a metterli, per così dire, in ·con- tatto; contatto, che nulla avendo d'impuro, ·quanto pit\

ripetuto sarà, tanto più nobilitante. Occupazione· sì gen~

tile varrà inoltre a sminuire i tristi frutti dell'ozio e sia per la coscienza del meritato guiderdone, ·sia per.~na tal quale vanità, la distinzione solita d'accordarsi ai cultori della musica spesso fa sì, ch'e' temperino quando gli alli, qnando insieme e i sentimenti a. maggiore gen- tilezza. Non so se ·in Istria vi abbia luogo ove più sia sentito il bìsog.no della. musica che a Rovigno, e vì si odono voci più belle, più espressive cantilene. Fanciulli ancÒr balbettanti cantano per le vie con tale un'intonazione e sì animata da restarne maravigliati. Si coltivino con ogni sollecitudine, sopra tutto coll'esempio, si manifesti indizi di animo affettuoso, fondamento ad ogni virtù. Si richia- mi in vita il bell'istituto, da poco sgraziatamente disciol- to , della società filarmonica, avvivatrice potente della scuola; cui vuolsi favorire con rettitudine di animo, né biasimare il poco che per anco può prestare sotto Io specioso pretesto del meglio che si desidera, chè ogni ingiustizia è grave torto, e ritarda d' assai le migliora- zioni. ~fostrino ì Rovignesi che apprezzar san no non meno delle circonvicine città un mezzo d'incivilimento, il cui alto concetto gli antichi ci tramandarono nei fa- volosi raccon tì dì Orfeo, che col suono della cetra am- mansa le fiere, e di Anfione che trattando la lira fab- brica le mura di Tebe.

È stato detto essere superstizioso il popolo dì Ro- vigno, nè tutt'affatto a torto. Ma sia pure la supersti- zione segno d'ignoranza, ella sarà mai sempre minore di quella del iniscredente, l' eccesso della fede non di- struggendo la fede stessa, ed abbiamo dalla storia, che ì popoli e le epoche maggiormente superstiziosi erano per l'appunto quelli ove la fede avea più profonde radici. Non vuolsi con ciò ammettere che la fede vada associata all'igno- ranza, e tornino fatali a quella i lumi che questa valgono a dissipare; mentre è certo per lo contrario la ragione veracemente illuminata insegnare ad ogni uomo sincero, infinite essere le cose ignorate, e la fede essere il faro che, mentre rischiara la notte procellosa del nostro vi- vere quaggiù, ci addita il porto. -Epperò non sarà mai troppo lo zelo e il paziente accorgimento dei venerandi depositar! della Relig-ione ìn attendere alla vigna che il Si- gnore loro affidò, badando con ogni solleettudme a non recar guasto·alla tenera pianticella nello strapparne la mal' erba.

Per non incorrere la taccia aver io tessuto le lodi di Rovigno e dissimulatone i mali, accenn.erò ad u~? pur troppo assai grave e generale (colpa det temp1 pm che delle persone), ed è, che i vincoli di famiglia ogni giorno più che altro si vanno qui pure nlassando e vengon?

meno le domestiche virtù, nè andrà guan che la soCieta converrà sì sobbarchi al peso della famiglia con quel profitto che puossi presagire. Il vivere in pubblico, se- èondato da circostanze molte, cui superfluo sarebbe an- noverare, è tendenza caratteristica dell'età nostra.

Il despot.ismo unificante tolse di mezzo la feudalità,

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e bene fece; l' 1111anismo rischia portare un simile colpo alla famiglia; farà bene o male?

« . . . .. • . ...•. ni posteri L' ardua sentenza . .. .... . »

Io quest' una cosa dirò , che a innalzare un tutto perfetto conviene dapprima adattamente preparare le parli che 'l debbono comporre. V. C.u.unA CAnEa.

Sulla strada c he da Montona andrà a congiungersi colla confinante Carniola.

I distretti di Castelnuovo, di Pinguenle e di Mon- lona co' mezzi loro propri s'adoperano da qualche tempo per formare e ridurre a compimento una strada rotabile, che partirà dalla Valle di quest' uliimo luogo, e li t.raverserà, mettendo così in comunicazione direUa il circolo dell' !stria colla Carniola, e quindi colla Mo- nal·chia tutta'

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. E siccome questa nuova strada, come si accennò d1 sopra, incomincia nella. Valle di l!ontona ed in v1c1- nanza al fiume Quieto, bella impresa sarebb~ quella che fosse mandato ad effetto l' antico piano immaginatd an-

?Ora nel 1663 dal veneto governo, e specialmente da' m allora provveditori sopra la detta Valle, Polo Nani e

~1rolamo Corner, per rendere cioè navigabile quel fiume, 11 quale va a sboccare nel magnifico porto situato fra Citlanuova e la punta del Dente, che appunto prende la denominazione di Porto Quieto, ricordato nella storia de- gli Argonauti come Na!tporlo.

Questo progetto fu immaginato da quell' avveduto governo specialmente per le sue mire, onde poter tras- portare con maggiore facilità l' immensa copia dei legni d1 costruzione, che, allora più fiorente, quel bosco po- teva somministrare alle occorrenze dell'ancora grande di lui marina; e·gli antichi 1\fontonesi, consci del vantaggio

?he avrebbe portato al loro. commercio, in quei tempi mceppato per la mancanza d1 ogni strada rotabile, ave- vano offerto per la escavazione del detto fiume la som- ma di mille ducati.

Allora sì, che, verificandosi tale lavoro, potrebbero essere veramente coronate le speranze di quelle limitrofe popolazioni, e più assicurato il vicendevole commercio fra l' Istria e l'aderente Carniola, senza spino-ere più in là le idee, che forse potrebbero essere attual~nente con- siderate quasi come iperboliche.

Montona, 30 aprile 1846.

F. P.

Dei Podestà veneti.

La nostra !stria, a dire il ycro, parlando di quel tratto di territorio che è fuori del circondario Triestino, è tutt-a conforme alla sua natura, a' suoi bisogni, ed a' suoi prodol.ti. In essa nasce quasi tutto quello che la terra può dare all' uomo or in maggiore, ora in minore quantità, e preziosità secondo le posizioni ed esposizioni varie del suolo. ~Ianca però la diffusione delle arti e delle manifatture in generale, che, attesa la scarsa sua popolazione, non potrebbero sorgere se non a danno delle braccia indispensabili all'agricoltura. Però i prodotti che si possono smerciare, quasi tutti vanno a Trieste, e tutto ciò che s' introduce ci viene da colà. Il nostro commercio è quasi esclusivamente tributario a quella

piazza, ed in specialità a' suoi speculatori, i quali con , Vive ancora la fama dei podestà vencti dell' Islria tutta ragione attirano a loro pro i guadagni di deposito, e degli arbitri loro, perpetuata nel grido che dicesi fa- di magazzinaggio e di spedizione. cessero gli abitanti al giungere di un nuovo rettore, al-

In questo modo i generi necessari al nostro con- lorquando a voci stentoree proclamavano:

sumo, come ognun vede, devono costarci più cari, per- « E"·viva el podestà novo, chè soggiacciono a tutte queste indispensabili spese. Ora « Perchè el vecio jera un lovo (lupo).

mercè questa strada , che appellare si può veramente La costanza nel diffamarli, eccettuala soltanto la carica di provinciale, ci si metterà al caso di averli o lutti o una Capodistria che corrisponderebbe all' odierna di Governo gran parte dal Cragno; mercè questa ci arriveranno per e di Tribunale di appello, sembra basarsi sopra fatti che prima commissione i legnami relativi a fabbriche, vetri,

l

noli assai al popolo, o s'ignoravano a Venezia, o si fin- burro e varie al!re cose, delle quali soprabbonda quella geva d'ignorarli, non per semplicità, che saggi furono provincia: noi d'altronde, senza passare per lo scalo della quei reggitori, ma per quella che allora dicevasi politica predetta città, a\'remo l'aggio di commutarli co' nostri e che non sapremmo oggi giorno con qual nome chia- vini e co' nostri oli, prodotti colà di sommo bisogno, mare. È più verisimile che separata l' Istria da Venezia, e per conseguenza in tal modo si aprirà una via più e nulla frequentata da quelli che al reggimento slaYano, breve di comunicazione fra due provincie, che finora e- questi ignorassero come le cose procedevano, o, come ù rano divise e separate, e che non facevano fra loro che solito di persone prevenute e che hanno a schifo la fa- un commercio indiretto, stentato e miserabile. tica, non credessero quelle cose che fossero giunte alle

Benchè i vantaggi maggiori e più pronti , è ben loro orecchie. Un fatto arrivato a nostra cognizione, sem- presumibile che andranno a cadere su' paesi continen- brerebbe assai difficile ad essere giuslificato, o colorato, tali dell' !stria, non per questo anche quelli posti al mare e noi lo narreremo , perchè indubbio. Intorno il 1796 non ne saranno in qualche maniera partecipi. avevano riparato nell' lstria alcuni profughi calabresi, ed Il Cielo faccia, che questa strada sia presto a per- il capo con vari di loro vivevano in Umago, con modi ta, come s'ha motivo di credere, nel prossimo agosto, alquanto violenti. Il capo

ru

di pieno giorno, in solen- onde veder in tal modo realizzate le aspettative di tanta nità di festa ucciso, sulla piazza di Umago, in mezzo a comune utilità; c sia questa quella che possa far rivi- frequenza di popolo, di colpo di archibuso, da uno dei vere un paese, -che sente tutti i bisogni e ne ha tutti suoi compagni, che aveva con lui confidenza; l' uccisore, gli elementi per mettersi in concorrenza colle piti civi- che avrebbe dovuto temere la forca, che aYrebbe doyuto Jizzate provincie della vastissima Monarchia. fuggire l'eccellentissimo podestà che doven appenderlo,

(6)

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si rivolsè anzi a questi, il quale non titubò ·. di rila- sciargl( il certificato: c Noi N ... Barozz1, per la serenissima Repubblica di Venezia podest~ d1 Umago, fac- ciamo colle presenti indubitata fede che ,Gmseppone ... . abbia di pieno giorno ~cciso sulla piazza d' Umag~, . ed a tradimento Don Ferdmando . . . Ed a sua riChie- sta gli rilaséiamo le presenti, munite del bollo di S. Mar- co affinchè possa servirsene dinanzi a qualunque autorità

gi~diziaria

o

~olilica

> . . . . . .

Questi difetti che erano degh uom1m SI attnbu1vano comunflmente alla Repubblica. Sitfatte esosità tolleravansi o fingevasi ignorare, per tema di macc~iare il no.me ~i gentiluomo veneto, calcolando che megho convemsse 1l lasciare operarsi ingiustizie, di quello chè manifestare con sentenze che le ingiustizie si commettessero; pure erano questi difetti di esecuzione, non pravilà del pub- blico governo, il quale anzi altamente proclamava giu- stizia e religione.

Potemmo vedere l'istruzione che il doge Pietro Lo- redan dava nel dì 10 aJlrile 1563 a Polo Querini allora mandato podestà a Dignano, e che formava il supple- mento. delle leggi generali e municipali. Il manoscritto è nella Marciana segnato I. C. 224.

• Dovrai stare podestà per un anno, avrai 600 lire piccole dall' entrata dei dazj; il comune ed uomini ti daranno 40 stara di biava, 40 di frumento misura di Pola, 5 can·a di strame, 14 di fieno; il comune condurrà le robe tue dal mare fino alla torre, sì nell'andare che nel venire.

• Dovrai tenere tre famigli, due cavalli a tuo soldo, ed un notaro (altuaro) che avrà dal comune lire cento, tu però gli farai le spese.

• Non avrai cancelliere cliC sia da Pola.

• Riscuoterai l'e regalie, i dazj e le entrate, le no- terai in un libro, ed il no taro in un altro; di questi red- diti dovrai rendere conto a Venezia.

• Non potrai spendere senza consenso della Signo- ria nostra.

~Non potrai mandare in servigio del reggimento di P o la quelli di Dignano; n è potrai acce Ilare nel terri- torio di Dignano gente di P o la, affinchè non si spopoli.

~ l lavori necessarj pel bene, per la sicurtà, per la conservazione di Dignano, li farai fare a carico del comune.

~Non devi tenere banditi, ma prenderli e mandarli alle terre ove hanno commesso.

«Al tuo ritorno devi mostrare all' officiale di co- mun in Venezia i conti del comune.

• Se non vieni a Venezia, otto giorni dopo finito il reggimento, manderai i conti ed i soldi avanzati.

• Pagherai al nodaro quello che gli è dovuto sotto pena di perdere il reggimento per cinque anni e lire 500.

• Nessun nobile possa assumere arrenda di dazj nelle terre marittime.

< Nessun podestà d' !stria da l\Iuggia a Pola può

spendere danari del fontego che pel fontego stesso sotto pena di dllcali 500; i fontegheri otto giorni finita 'la ca- ri.ca devono saldare tu~te le cass.e. l camerlenghi sog- g•accwno alle pene de1 fontegher1, percbè sono tenuti a pagare il dovuto al capitano di Raspo.

• Manderai •fedelmente ogni anno il dovuto al ca- pitano di Raspo per mantenere i cento cavalleggeri.

• Nessun nobile nostro potrà fare l'avvocato sotto pena di ducali 500, se non per sé e parenti.

~ Darai pena di bando di 5 anni a chi compra lite.

• Non potrai accettare compromessi.

< Lascierai che i banditi, i quali non sono a luogo

comandato, sieno ammazzati; chi terrà banditi più d' un giorno , o li accompagnerà, sia condannato al bando di 5 anni e 500 lire.

<! Nei casi atroci, confischerai i beni.

< l banditi che ritornano sotto pretesto ed abito

religioso, s'imprigionino per 5 anni e paghino 1000 lire.

a banditi non farai salvocondotti; chi prende un bandi!~

abbia 100 lire.

• L'innocente rilasciato non deve dare cosa alcuna agli officiali.

• Ai religiosi ch'esercitassero l'alchimia darai un anno di prigione e dieci di bando.

• Non si facciano adunanze in città e nelle ville senza tuo consenso, sotto pena di bando e tre scosse od altre multe a tuo piacimento. '

· • Non permetterai che si portino armi sotto pena di Ire scossi, e farai promulgare ciò al principio del tuo reggimento.

• l monetarj condannati non possono riscattare i membri con danaro.

• !\Ietterai in scrittura tutte le condannazioni pecu- niarie, ~ le riscuoterai.

• E permesso di appellarsi agli avogadori; frattanto il processo rimane sospeso.

• l condannati che fuggissero dal tuo territorio, potrai richiederli.

• Chi defrauda i dazj, o ne parla male, castigherai con un anno di prigione, due di bando, e 300 dttcati di oro; nei consigli lascierai libertà di parlare.

• Non potrai liberare alcuno dagli obblighi che ha verso il comune.

• Se rubérai il danaro del dominio , sarai punito come la~ro, perderai onori, impieghi ec.

« E tuo debito di deporre qualunque impiegato che rubi.

• Avrai cura delle possessioni del comun; non puoi alienare le possessioni del dominio senza consen.so del Consiglio dei X.

• Se un feudo si rendesse vacante, caderà alla Si- gnoria nostra, e si deve affittarlo al miglior prezzo.

• Dovrai mantenere i privilegj ed i patti concessi alla terra, e se il dominio dasse ordini contr~r1 alle pro- messe, dovrai avvertirci a ciò sia fatta giushzta.

• Se gli officiali delle ragioni (finanza) ti scrivono, devi obbedire come ti scrivesse il Senato.

• Obbedirai a noi sotto pena di lire 200.

• Ogni sabato farai promulgare che non si facciano estorsioni.

" Il nodaro non può prendere mercede dal comune.

• Non darai possesso di benefizj ecclesiastici a chi non ha consenso dal doge, se le rendite sono di più di cento ducati; in ogni caso non darai investita che a sud- diti veneti.

• Nessuno potrà impetrare brevi da Roma per an- nullare testamenti.

"Non potranno venire dal comune più ambasciatori

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che quattro; gli ambasciatori verranno con tue creden- ziali ed istruzioni.

« Chi tenterà dare la terra ai nemici, perderà la testa ; se la terra verrà occupata dai nemici, i capi del Consiglio dei X ti faranno immediatamente processo.

• N è tu, nè i tuoi famigli potranno mercanteggiare, n è accettare regali; non potrai comperare cosa alcuna senza pagare i dazj; non potrai tOrre danari ad impre- stito, n è potrai comprare roba del comune, n è donarla;

non è lecito ai tuoi di fare cosa che sia proibita.

c: Non potrai nè mangiare, n è dormire fuori di pa- lazzo, nè devi partire dal reggimento prima del suo fine.

• Darai notizia agli avogadori del comun dei figli che nascessero da nobili veneli, o dei matrimonj che in- contrassero; e darai in nota i figli che H nascessero du- rante il reggimento.

«Non avrai commercio coi stipendiarj cioè coi sol- dati, n è i tuoi famigli, n è quelli che esercitano officj pubblici.

« Sarai severo contro i bestemmiatori.

« Non permetterai che venghi condotto formento o biade in terre n li e ne; non impedirai che si conducano a Venezia.

« Non potrai far dipingere che un'arma sola nel palazzo; non terrai alcuno a battesimo, non condannerai alcuno a galera per meno di mesi 18 nè per più che 12 anni.

« Non darai investitura alcuna senza consenso di Pregadi; non comprerai crediti da Ebrei; non permette- rai che si portino arme nei consigli delle città e delle ville.

« Le sentenze andranno in appellazione al podestà di Raspo.

« Avrai cura dei beni feudali.

< Le questue religiose sono proibite sotto pena di

galera 11.

Simili istruzioni davansi anche agli altri rettori, anzi la loro minuziosità mostra come S. Marco volesse proibite ai suoi ministri non solo le cose illecite, ma perfino quelle che, sebbene innocenti, potevano dare facile occasione a prevaricare. Erano poi osservate? La fama vuole che da- naro , donne , maneggi, inducessero in tentazione quei rettori, i quali scarsi per lo più di fortune, stavano al reggimento di un comune soltanto per 16 mesi, nè erano certi di venire tosto reimpiegati. ·

Dialetto di Muggia.

In seno di mare che è degli estremi dell' !stria media, giace il castello, ora città di Muggia, semplice borgata innanzi il 1380, della del Lauro, prima che i Genovesi avessero sterrata l'antica città, le di cui mura, le porte, le macerie dei caseggiati ed una chiesa integra veggonsi tuttora sulla sommità di colle che dicesi lullo- giorno di Muggia vecchia. Era anticamente castello cen- suario, per una metà di ragione dei vescovi di Trieste, per l' altra metà di ragione di nobile famiglia tedesca; i vescovi cessero poi le loro ragioni ai pat.riarchi di Aqui- leia, i quali si ebbero pure quelle della famiglia condo- mina, poi passò alla Repubblica veneta. La quale, consi- deratala piazza di confine verso gli stati austriaci, vi

115

teneva armato e ben provveduto un castello .entro la terra del quale si veggono gli avanzi.:

Il dialetto che vi si parlava e che vi si parla an- cora da molti, scostavasi in qualche parte dal veneto · vuolsi da qualcuno che il dialetto di }!uggia sia quell~

stesso che in tempi addietro parla vasi a Trieste; opinione che ha bisogno di migliore verificazione di quella che possa oggidì farsi nella lingua parlata dal popolo.

Nel N. 0 18 di questo foglio .abbiamo pubblicato due documenti irrefragabili di dialetto scritto; di il!twgia, traen- dolo da lapide che vi si conserva, e di Trieste: traendolo da autentico documento.

Comunque sia la cosa, pubblichiamo le due solite narrazioncelle anche in questo dialetto, gentilmente favo- riteci, nella speranza che poste a confronto cogli altri pubblicati in questo foglio, possano dare indizio sull•

varietà o comunione delle origini. Gradito assai sarebbe se degli altri dialetti locali ne venisse comunicato saggio.

Do i o mi n zigua per la so strada, un de lour gà vedù una manara , e dis guara , ce che mi gai chiattà.

Quell' altro ghe dis, no li do ves favellar gai chiattà, ma gavom chiattà. Puoch tiemp dopo arriva quel, che ga- vegua perdù la manara, e avendola veduda in ma n de lui el ga principià a dierghe ladro. Nous sunon muort el dis subii: ma el so cumpagn ghe rispuont : N o n ti doveres dier sunon muort, ma son muort, perchè allora za puoc, che ti gavegui chiattada la manara, ti disegni la gai chiattada, e no l' avom chiatlada.

Giera invier, ·e glas fum·t. La formia, che gavegua ingrumà nell' istà una buogna provision, ella giera cun- tienta nella sua chiasa. La zialla giera zuda sottatierra; e la crepagua de fam, e de fret.

La ga priegià innallora la furmìa; che la ghe darès un puoc de magnar; tanl, che no la crepa de fam. La furmìa ghe dis, e dola li se zuda nel cour dell' istà?

perchè no ti ga fa t in quel tiemp provision?

In istà dis la zialla mi chiantegua; e fegua goder quei che passegua.

E la furmia va disienti: Se d' istà ti chiantiegui, ad es, che se invier, e ti baia.

Dei

~tonasteri

in Capodistria.

Da una lista fatta a privata diligenza raccogliamo le epoche nelle quali furono instituiti i monasteri entro le mura di Capodistria dalla seconda metà del medio evo in poi; così potessimo anche segnare la storia di siflhtti stabilimenti, che al promuovere la religiosità e l'educa- zione e l'influenza ch'ebbero non solo sulla città di Ca podi- stria, ma su tutta intera la provincia, della quale era metropoli.

Non sono già questi tutti i conventi che esistettero;

altri ve n' ebbero nell'agro, antichissimi, d'illustri reli- gioni, dei quali non facil cosa sarebbe averne memorie.

1220. Convento di S. Domenico dei Padri predicatori.

1265. di S. Francesco dei PP. minori conventuali.

1318. di S. Biagio delle Madri Agostiniane.

1331. di S. Chiara delle Madri Clarisse.

1453. dei Servi di Diaria V ergine.

(8)

116

1461•. Convénto delle Servite. concentrazione e riduzione dei conventi, furono sciolte le 1520. ·" di S. Gregorio dei Padri Terziari france- famiglie dei Domenicani, dei Minori conventuali, dei Gre- scani, di lingua slava. goriti; concentrate, indi a poco, sciolte le famiglie delle 1520.

1622.

1708.

di S. Anna dei Padri minori osservanti. Clarisse e delle Agostiniane; rimaste in vita le famiglie dei Padri Cappuccini. dei Minori osservanti, dei Cappuccini, e dei Scolopi.

dei Padri delle Scuole pie. All' emanarsi del Decreto Reale di Compiegne del Tra questi cenobi non sapremmo indicare nè quando, 18!0, il quale scioglieva .tutte Ie famiglie _religiose, ]' 1- nè per qual causa cessasse quello delle Servite, n è se stna era. pa~te delle pro~mcw Iihrteh~, <;d Ii ?ecreto non ebbe clausura; i Serviti vennero soppressi in sul cedere ebbe atttv.1ta; n è le legg1 delle provmc1e ilhnche erano del secolo passato per ordine della Repubblica veneta.

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avverse a1 claustrali.

Nel 1806 attivate le leggi del regno d'Italia, e la Nel 1817 veniva sciolta la famiglia t!egli Scolopi.

Osservazioni meteorologiclte (atte in Parmtz.o all' altezz.a di 1. 5 piedi austriaci sopra illit:ello del mare.

Dese di Aprile 18«G.

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