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ESTATE CONCERTISTICA DI LAMOLE

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Academic year: 2022

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ESTATE CONCERTISTICA DI LAMOLE 1989 – 2018

ovvero

L’EREDITÀ DI PADRE VALENTE

Il libro presenta i ricordi sulla vita e sull’eredità musicale di PadreValente Gori, uno degli ultimi Maestri di Cappella presso la chiesa della Ss. Annunziata a Firenze, e la storia di una lunga serie di concerti da lui lanciata già negli anni sessanta del secolo scorso. Arricchito di diversi saggi storico-culturali, questo volume è diventato un vero e proprio compendio di un paese rinommato per il suo vino e le sue olive fin dai tempi del Rinascimento, raccontando, fra l’altro, la storia della Parrocchia e del Castello di Lamole, delle sue chiese, oratori, ospedali, confraternite e cappelle, compreso i loro tesori d’arte; ci parla della santa Brigida di Svezia, della rivolta delle donne lamolesi contro la Prima guerra mondiale e della creatività artistica contemporanea grevigiana, contenente anche una licenza sullo StvdivmfaeSvlanvm, le sue attività toscane

ed il suo legame con l’Estate concertistica di Lamole.

EST A TE CONCER TISTIC A DI LAMOLE 1989 – 2018

ISBN 978-3-99012-565-6

a cura di

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eCilia

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uno

t

rientbaCher STVDIVM FÆSVLANVM

Cintoia • Greve • Chianti 7

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Cintoia • Greve • Chianti

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ESTATE CONCERTISTICA DI LAMOLE 1989 – 2018

ovvero

L’EREDITÀ DI PADRE VALENTE

a Cura di

C

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uno

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rientbaCher

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Realizzato con il contributo del

Centro Ricerche STVDIVM FÆSVLANVM, Vienna

CeCILIA GorI e KuNo TrIeNTbACher (a cura di):

Estate concertistica di Lamole 1989 – 2018 ovvvero l’eredità di Padre Valente.

Vienna: hoLLITzer VerLAG, 2018 (= Cintoia • Greve • Chianti 7)

Lettorato: Antonella Mazzon (Bologna) Redazione: Kuno Trientbacher (Vienna)

Impaginazione e design copertina: Daniela Seiler (Vienna) Copertina: Stefano Querci (fronte e retro)

Prodotto nell’UE

© hoLLITzer VerLAG, Wien 2018 Tutti i diritti riservati.

hoLLITzer VerLAG

della

hoLLITzer bAuSToFFwerKe GrAz GMbh

ISBN 978-3-99012-566-3

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GREVE IN MUSICA 1989 – 2018

Ubi amici ibidem opes (Plautus, Truculentus, a. IV, v. 88) Al trentennio dell’Estate concertistica di Lamole e al suo spirito creatore – il fu padre Valente Gori, Maestro di Cappella della Ss. Annunziata di Firenze, curatore di anime e insigne musicista – è dedicato questo settimo volume della Collana Cintoia • Greve • Chianti.

Salutiamo, così, la terza edizione, arricchita e rivisitata, della versione promossa in occasione del XXV anniversario dell’Estate lamolese (2013), che a sua volta costituiva il primo volume illustrativo delle arti musicali nel Comune di Greve in Chianti.

Chi si occupa di musica invoca le Muse – nel ben noto capoluogo in valle se ne invocano tre: Tersicore, Erato e Talia, cioè danza, canti amorosi, e la commedia;

nei monti di Lamole altre due: Polimnia ed Euterpe, inni sacri e canto melico; e da un quinquennio ha fatto la sua comparsa – come si confà ad uno StvdivM che si intitola FÆSvlanvM – attraverso dei libri la sesta, Clio, la Storia.

A ciò che fu “croce e delizia” degli artisti, la penna di Clio accorda ‘memoria e luce’. Chi, però, non vuol solo ricordarsi di “croce e delizia”, ma seguirle, oggi e in futuro, dal vivo, non si accontenti di frequentare concerti e rappresentazioni, ma vada oltre: riconosca con piacere la sua responsabilità personale nel tramandare ai propri figli un gioiello per la vita – la gioia del far musica.

È un investimento lungimirante, un mandato culturale ed etico nei riguardi dei giovani – nel loro presente e per il loro futuro, per il loro animo e il loro cuore, per la loro esistenza privata così come a rinnovato tessuto connettivo delle loro relazioni sociali –, che si traduce in lievito di crescita nella sostanza e stimolo a sfruttar interessi dal primo fino all’ultimo momento nel cammino della vita. Quale altro investimento ancora potrebbe mai offrire di meglio? Detto in lamolese: “il bello ci vuol posto”.

Un tale posto ha creato, assieme al fratello maggiore padre Valente, don Luigi Gori, da mezza vita parroco del paese. Egli ha favorito il sorgere e lo sviluppo di un luogo definito in questo libro, da un musicista “ospite di san Donato” dal 2011, un «paradiso in terra». Un paradiso – è vero –, non solo per Polimnia ed Euterpe e chi le segue, ma anche per Clio, come posso attestare di persona e come dovrebbe essere testimoniato anche dal presente volume.

Grazie di cuore a tutti quelli che hanno reso possibile la realizzazione di quest’opera e i suoi antefatti scientifici ed editoriali, in particolare a Cecilia Gori di Lamole-Casole, ad Alessandra Molletti e Italo Baldini di Greve in Chianti, a Stefania Gitto di Firenze, a Stefano Cavallerin e Christoph Prückl di Perugia, a

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Pierantonio Piatti del Vaticano, a Stefan David Hummel di Salisburgo, a Joy Ferro di New York, a Kuno Trientbacher di Vienna e a Marcel L. Molnár (Komárno).

Ben conscio che per il custode di questo paradiso, don Luigi, i rinnovati ringraziamenti non bastano, cerco di supplirvi col ricordo dei nostri inizi, di quella felice cena di san Martino del 1988 che vide entrare per la prima volta in casa mia – dopo don Pietro Polverini, il tanto amato pievano e parroco dei miei primi anni a Sezzate, e grazie al fu don Mauro Ermini pievano di S. Pietro a Cintoia e S. Donato a Mugnana – esponenti del clero diocesano: S. Ecc.za Rev.

ma di Fiesole Mons. Luciano Giovannetti; l’archivista capitolare e vescovile mons.

Giuseppe Raspini – che gettò tanta luce sulla memoria della nostra diocesi alla quale appartiene «tutta Greve» e con essa Lamole e Sezzate, e alla cui memoria lo StvdivMFÆSvlanvM deve la sua fondazione – e i due fratelli Gori, padre Valente di cui si parla ampiamente in questo libro e il ‘cadetto’ don Luigi.

Nei trent’anni da quella cena davanti al camino del “refettorio” al castello, è germogliato un “trifoglio” di libri dello StvdivM, in riconoscenza della ‘Greve in musica’: il primo quale documento dell’Estate concertistica di Lamole, in memoria di padre Valente, il secondo riservato ai venti anni del Daniel Ferro Vocal Program come omaggio nel ricordo dell’indimenticato Maestro del Belcanto, e il terzo per i giovani di Bella Musica fra Salisburgo, Greve e l’Italia di Mozart, dato alle stampe in due edizioni, dedicato a mia madre.

Nel vivo spirito di quella fausta, felice e fortunata sera di san Martino del 1988, oggi, il giorno di san Donato, il ricordo dei trent’anni passati si intreccia con l’odierno giubileo dalla trentesima Estate concertistica di Lamole. Sia “caso o fortuna, sia treccia bionda o bruna”, è vero che “L’arte nel suo mistero le diverse bellezze insiem confonde”, come dice il poeta fiorentino del Maestro Puccini.

Con sommo gaudio, rallegrato nel mistero delle differenti bellezze, ovvero arte e storia commiste, e dopo trent’anni di amicizia e sodalità, ho il piacere di dedicare il “trifoglio” di studi sulla “Greve in musica 1989–2018”, raccolto in un sobrio cofanetto, a

don luiGi Gori,

alla sua opera di buon pastore di trecento anime e di tre Muse.

Maria Zell in Stiria, 7 agosto 2018

Giovanni Weidinger

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SOMMARIO

LETTERA DEDICATORIA 11

un dono al Grande Fratello 13

don luiGi Gori

PADRE VALENTE – MUSICA DI UNA VITA 17

reSurreXit – alleluia 19

Fra riCCardo Maria CaSaGrande, o.S.M.

la naSCita di Greve in MuSiCa NEL 1988 21 alberto benCiStà

il Padre MaeStro 23

Gabriele MiCheli

LAMOLE – VITA DI UN PAESE 25

la ParroCChia e il CaStello di laMole nel Medioevo 27 italo baldini

ediFiCi e iStituzioni reliGioSi dei PoPoli di laMole

e CaSole 83

italo baldini

San donato – la ChieSa e i Suoi Santi 103 CeCilia Gori

NEL PAESE IL MONDO 125

SANTA BRIGIDA DI SVEZIA NEL ‘GRANDE LAMOLESE’ 127 CeCilia Gori

laMole, 1 MaGGio 1917: la rivolta delle donne

Contro la Guerra 137

roberto bianChi

GiorGio PiCCini SCultore a CaSole 145

MiChele PiCCini

IL MONDO DI PADRE VALENTE 155

PADRE VALENTE GORI, LA SS. ANNUNZATA E LE STAGIONI

di laMole 157

FranCo viCiani

l’aSSoCiazione e il CoMPleSSo Pro MuSiCa Firenze 175 FranCo viCiani

valente artiSta aMiCo 235

rené CleMenCiCe Kuno trientbaCher

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NELLO SPIRITO DI PADRE VALENTE –

L’ESTATE CONCERTISTICA DI LAMOLE 239

Pro MuSiCa e la SCuola di MuSiCa

di Greve in Chianti 241

Sabrina aCquarelli

un Cielo in terra: la “bella MuSiCa SaliSburGo”

a laMole 245

SteFan david huMMel

StaGioni FeStive 249

riCCardo riSaliti

le 30 StaGioni 1989–2018 251

aCura di riCCardo riSaliti

LICENZA 323

il CaStello di Sezzate 325

italo baldini

Sezzate: lo StvdivM FÆSvlanvM,

la MuSiCa e laMole 347

aCura di SteFano Cavallerin

Per i “trent’anni” di laMole 395

aCura di Kuno trientbaCher

CODA 415

ELENCO DELLE ILLUSTRAZIONI 417

Gli autori del voluMe 419

I VOLUMI DELLA COLLANA CINTOIA • GREVE • CHIANTI 425

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LETTERA DEDICATORIA

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UN DONO AL GRANDE FRATELLO

don luiGi Gori

Era un caldo pomeriggio d’estate del 1936 quando ci incontrai per la prima volta mio fratello e di quell'evento conservo un vago ricordo. Lui quindicenne, passava dal collegio della Poggerina al convento di Montesenario per intraprendere un percorso apparentemente obbligato, lasciando una famiglia e le sue piccole ovvietà.

Aveva da tempo posato su di me il suo calore rigonfio d’amore, nel momento esatto in cui scelse per me quel nome che mi avrebbe accompagnato per la vita.

Valente appariva, sin da ragazzo, sicuro delle sue scelte e determinato nel volerle perseguire. L’aspetto più terreno di lui è sempre stato la coerenza.

Mi nasce spontaneo un sorriso al solo pensiero della sua avversione al compromesso, all’eccesso, alla scarsa indulgenza. Per difendere i suoi principi, radicati e giusti, si è spesso trovato in difficili circostanze, sopportate ed affrontate ogni voltacon estrema dignità e serenità.

Ho sempre ammirato questo aspetto limpido e rassicurante del suo essere cristiano. La purezza del suo sentimento sincero, del suo voler imparare per poter donare, mi hanno accompagnato in tutte le mie scelte. Averlo vicino è stata per me una fortuna sconfinata e sapere che in qualche modo potevo sempre contare su di lui, una salvezza. Il mio futuro è stato segnato dalla sua figura, ma sempre in maniera impercettibile ed estremamente delicata. Il suo talento, mai imposto, il suo desiderio di esprimersi per non disperdere l’immenso valore che era in grado di trasmettere, gli hanno permesso di entrare di diritto nella storia della musica antica. La sua persona, la sua benevolenza, la sua voglia di condivisione invece lo hanno impresso nel cuore della gente che incontrava.

Questo volume è un dono, umile come lui è stato, per dichiarare un affetto profondo per un uomo, un fratello, un padre che ha trasformato la sua vita nello strumento di sé in favore di chiunque voglia farne uso. Mi riempie di gioia aver partecipato alle sue giornate, ai suoi momenti felici, averlo sostenuto negli attimi difficili e faticosi di un cammino segnato. Ricordarlo, sempre, ogni giorno, parlare di lui, raccontare della pienezza della sua esistenza, è una gioia, un dovere, pari al desiderio di sapere che non potrà essere dimenticato.

Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno contribuito con la propria collabora- zione ed esperienza alla stesura di questo libro.Soprattutto vorrei ringraziare lo

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Franco Viciani

StvdivM FÆSvlanvM per il sostegno senza il quale non avremmo potuto perseguire questo significativo progetto editoriale.

Don luiGi Gori Casole (Lamole), 12 Aprile 2013

Fino alla sua permanenza nel convento della SS.ma Annunziata, padre Gori usò il nome da lui scelto al momento della professione religiosa, cioè padre Enrico.

Dopo aver deciso di vivere in una piccola comunità di frati vicino all’antico col- legio dei Servi di Maria, alla Poggerina (Comune di Figline Valdarno, presso Ponte agli Stolli), optò per il suo nome di battesimo, cioè Valente. Questo per spiegare perché alcune partiture musicali da lui trascritte sono connotate dal nome Enrico ed altre, successive, dal nome Valente.

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15 Padre Valente Gori (1921 – 1999)

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PADRE VALENTE – MUSICA DI UNA VITA

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Padre Valente Gori

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RESURREXIT - ALLELUIA

L’11 agosto 1999, nell’ospedale di Figline Valdarno (FI), è deceduto all’età di 77 anni, dopo 61 di vita religiosa, f r a E n r i c o M a r i a ( Va l e n t e ) G O R I , O. S . M . , frate presbitero di voti solenni, figlio della Provincia Toscana,

di famiglia nella comunità de La Poggerina.

Nato il 15 ottobre 1921 a Torri di Rignano sull’Arno, provincia di Firenze, diocesi di Fiesole, figlio di Settimio e Giulia Gerini, entrò appena adolescente nel nostro collegio de La Poggerina, dove compì gli studi medio-ginnasiali. Entrato in noviziato a Montesenario il 25 ottobre 1936, emise la prima professione il 28 ottobre dell’anno successivo. Frequentò il corso filosofico in Firenze e quello teologico a Roma, nel collegio di S. Alessio, dove emise la professione solenne il 5 novembre 1942. In attesa dell’ordinazione presbiteriale, tornò in Provincia e fu mandato ad insegnare nel collegio de La Poggerina dove restò anche dopo l’ordinazione avvenuta il 18 maggio 1944.

Nel 1946 tornò a Roma, dove frequentò l’Istituto di Musica Sacra e fu aiutante di Segreteria nella Curia dell’Ordine nostro a San Marcello. Nel 1949 fu chiamato a dirigere la Cappella Musicale della SS.ma Annunziata in Firenze. Dopo un breve periodo trascorso in Inghilterra per apprendervi la lingua inglese, tornò alla SS.ma Annunziata, dove continuò ad occuparsi di musica, insegnando anche ai giovani professi ivi residenti.

Vi ricoprì anche l’ufficio di economo conventuale e in tale funzione dovette seguire i lunghi e ingenti lavori di restauro dello storico e antico convento.

Finito il Concilio Vaticano II e iniziata la riforma liturgica, nel 1963 passò nel convento dei Sette Santi a Firenze e nel 1966 in quello di Ponterosso a Figline Valdarno; qui riprese l’attività musicale curando un piccolo coro, cercò di sviluppare alcune opere ricreative e caritative e si dedicò al lavoro manuale di imbianchino e di coltivatore di fiori. Nel 1978, avendo la Provincia dell’Ordine dei Servi di Maria riconsegnato al vescovo [di Fiesole] la parrocchia di Ponterosso, si trasferì con gli altri due frati della comunità a La Poggerina, dove continuò il lavoro manuale-agricolo e sviluppò la sua attività musicale con il complesso vocale “Pro Musica”, che si esibì in molti concerti (laudi medievali, composizioni rinascimentali di Palestrina e Monteverdi e oratori sacri di Carissimi, ecc.) offerti in varie occasioni e in più luoghi, nei nostri conventi e soprattutto nella zona di Greve in Chianti.

Fra Valente, dotato di particolari qualità di mente e di cuore, di eminente intuito artistico, ha servito l’Ordine e la Chiesa mettendo a frutto i suoi talenti. Moltissime persone dentro e fuori dell’Ordine hanno goduto dell’arte musicale da lui coltivata.

Religioso “artista”, sapeva scorgere nelle persone e negli avvenimenti, aspetti, finezze,

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Padre Valente Gori

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problematiche, che poi cercava di comunicare agli altri come un pressante bisogno.

Religioso per certi aspetti “inquieto e battagliero”, ha cercato di realizzare nuove forme di testimonianza religiosa, impegnandosi nel lavoro manuale e ad essere vicino alla gente del luogo, prestando attenzione ai suoi problemi e offrendo aiuto quando necessario. La testimonianza della “povertà” è stata per lui un assillo che non lo ha lasciato mai tranquillo.

Le esequie hanno avuto luogo nella chiesa de La Poggerina; erano presenti con il vicario generale e il priore provinciale molti frati della Provincia, numerosi sacerdoti, tra cui il fratello don Luigi, gli altri fratelli e familiari, i suoi “cantori” e numeroso popolo che lo aveva conosciuto e apprezzato. Il vescovo di Fiesole che ha presieduto la Messa esequiale ha ricordato con riconoscenza, del padre Valente, la famiglia di origine che ha dato alla Chiesa due sacerdoti, e il lungo, più che trentennale, servizio alla Chiesa fiesolana, sottolineandone, oltre all’impegno musicale, la sensibilità caritativa che si concretizzava in frequenti gesti di generosità: in ciò si è manifestata la sua identità di servo di Maria che, secondo il racconto della Visitazione, si è messa a servire e ha lodato il Signore cantando con il cuore il “Magnificat”. Come prescrivono le nostre Costituzioni (cap. III, art. 32), verso il fratello defunto manifestiamo il nostro amore implorandogli la misericordia del Signore.

Roma, dal nostro convento di San Marcello, 25 ottobre 1999 memoria del b. Giovannangelo Porro.

Fra’ Riccardo Maria Casagrande, o.s.m., Vicario generale

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LA NASCITA DI GREVE IN MUSICA NEL 1988

alberto benCiStà

La scuola di musica nasce su iniziativa dell’Amministrazione comunale, che, con la delibera delle giunta n. 223 del 7 marzo 1988, “istituisce la scuola comunale di musica e corsi di jazz dance e danza classica e avviamento al canto corale”. La delibera riporta i nomi degli insegnanti, fra i quali i grevigiani Maurizio Matteuzzi e Stefano Bravi, ed un nome prestigioso, quello di padre Valente Gori, già Maestro di Cappella presso la chiesa della SS. Annunziata a Firenze.

Ripensando a quegli anni, posso affermare che il progetto della scuola di musica prende corpo grazie all’incontro con padre Valente, che era stato favorito da suo fratello, don Luigi Gori, parroco di Lamole e dal rapporto umano e culturale che si stabilì da subito fra noi.

Padre Valente a Greve trovò un terreno fertile, molti sinceri amici ed estimatori, con i quali l’anno dopo, nel 1989, dette vita alla stagione musicale estiva di Lamole insieme al maestro Riccardo Risaliti, arricchendo in modo straordinario la cultura musicale del territorio.

Con padre Valente non parlavamo solamente di musica. Personalmente ero interessato a conoscere più in profondità le vicende storiche ed attuali dell’ordine dei Servi di Maria, mosso a questo interesse anche dalla precedente conoscenza di padre Giovanni Vannucci, fondatore dell’Eremo di San Pietro a Le Stinche nel 1967, con il quale avevo avuto il privilegio di alcune conversazioni.

Come scrive Franco Viciani, un corista della SS. Annunziata: “Per un certo periodo, padre Giovanni Vannucci – e, mi pare, in qualche occasione, padre Davide Turoldo – proponevano delle meditazioni in chiesa, specie durante la Settimana Santa, la sera tardi. Le parole di padre Vannucci si alternavano ad interventi di un piccolo gruppo di noi cantori che, celato con padre Valente dietro l’altar maggiore nell’emiciclo dalla splendida acustica, eseguiva brani vocali a cappella appropriati al periodo liturgico, quali responsori, mottetti e laudi. Si trattava di incontri di profonda spiritualità che hanno lasciato il segno in molti di noi, cantori e ascoltatori.”

Così come lasciò in noi il segno l’incontro che si tenne, grazie a padre Valente, con David Maria Turoldo nella sala consiliare del Comune.

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Nel 1998 in un articolo titolato “In principio fu il canto gregoriano” padre Valente scrisse:

«In me non ha prevalso la gratificazione dei concerti e degli apprezzamenti.

Piuttosto la consapevolezza di aver comunicato ad altri, in gioioso servizio, il dono ricevuto. Perché la via pulchritudinis, come tutti i doni di Dio, per essere pienamente goduta va divisa con altri. Pur nei limiti della mia insufficienzaho cercato di esprimere e dispensare bellezza.»

Grazie per sempre, padre Valente!

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IL PADRE MAESTRO

M.° Gabriele MiCheli

La prima volta che arrivai a Lamole non riuscivo a capire come un borgo così piccolo potesse ospitare una stagione concertistica così prestigiosa, tale da includere artisti di fama internazionale.

La buona volontà di pochi compie grandi opere per tutti.

Arrivai in un piovoso pomeriggio di settembre, alla fine degli anni ‘80 del secolo scorso, per ascoltare un concerto nel quale si esibivano amici - colleghi di una vita: Andrea, Paolo, Lucia ed Ester.

Potei assistere a parte della prova, poi al piacevolissimo concerto, nel quale presentarono l’esecuzione di alcuni oratori di Carissimi.

Fu anche la prima volta che incontrai padre Valente Gori, al quale fui presentato da Andrea Perugi. Con lui ebbi modo di conversare durante la cena che seguì il concerto. Che bel ricordo, musicisti e cantanti che si intrattenevano ridendo e scherzando, uniti come compagni della stessa squadra.

Poco tempo dopo fui coinvolto dal gruppo come cantore e a volte come clavicembalista o organista, a seconda delle necessità.

Vale senza dubbio la pena entrare nel dettaglio dello svolgimento delle prove, che spesso si tenevano, al pomeriggio, nella chiesa dei Sette Santi a Firenze.

Con padre Valente le prove erano incontri culturali che spaziavano, partendo dalla musica e dai testi eseguiti, alla teologia, filosofia, analisi psicologica, semiografia, storia della musica stessa. Si discuteva con molta partecipazione e padre Valente era un moderatore fantastico. La musica e l’esecuzione venivano affinate partendo dalla visione condivisa dello spartito, sotto tutti gli aspetti possibili ed immaginabili. I pomeriggi trascorrevano velocemente, così come sono trascorsi gli anni a seguire e tanti appuntamenti musicali.

Parlai con padre Valente per l’ultima volta in una sera d’estate. Giaceva in un letto di ospedale, sereno come sempre. Mentre uscivo dalla stanza, dopo esserci salutati, mi richiamò indietro e mi chiese se avessi potuto pensare alla prosecuzione dell’attività del gruppo. Convenimmo che ne avremmo discusso al nostro prossimo incontro. Fu l’ultima volta che ci parlammo. Il secolo volgeva al termine e finiva un’epoca.

Qualche anno dopo cominciai veramente a prendermi cura della gestione del gruppo, pur conscio di non possedere né lo spessore culturale né le doti carismatiche di padre Valente.

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Eravamo agli inizi del nuovo secolo, quasi un mondo nuovo.

Sfogliai i programmi delle stagioni passate e vidi un immenso numero di autori, di brani, di interpreti. Una varietà veramente impressionante di capolavori della musica.

Riprendere tutti i lavori che erano stati eseguiti dal Pro Musica Firenze nel corso di 50 anni di attività sarebbe stato assai difficile. Molta della musica che padre Gori sapientemente aveva tratto dall’oblio delle biblioteche di Firenze per farla tornare materia viva e diffonderla agli ascoltatori, adesso è accessibile molto facilmente a chiunque ne volesse far uso.

Bisogna altresì convenire che lo spirito con cui gli esecutori odierni la affrontano si diversifica ampiamente da quello proposto in origine dal nostro gruppo. Forse più cognizione musicologica e rigore filologico, ma senza la profonda istintività spirituale che rende la musica il linguaggio dell’anima.

Negli anni in cui mi sono occupato del Pro Musica ho introdotto anche autori

‘più moderni’ rispetto al repertorio frequentato abitualmente dal gruppo.

Il modus operandi, familiare ai cantori, di arrivare all’interpretazione attraverso la discussione del testo è sempre stata una soluzione valida e funzionante e per questo motivo è rimasto il sistema di lavoro che ha sempre contraddistinto il gruppo. Questo modo di interagire con la musica è sempre stato gratificante anche se sicuramente più faticoso rispetto al tradizionale “qui crescendo, qui si rallenta” etc. etc.

Accanto a Palestrina, Monteverdi, Carissimi, Schütz adesso sono comparsi Pasquini, Scarlatti, Bach, Mozart per il piacere di fare della musica – motivo di condivisione con i nostri ascoltatori della gioa dell’esecuzione.

Come si ringraziano i propri cari del bene quotidiano che ci rivolgono, pur attraverso mille difficoltà che la vita ci presenta? Rivolgendo loro lo stesso affetto, semplicemente.

Credo sia l’unico segno tangibile di ringraziamento che si possa tributare ad un genitore, ad una persona cara.

Lo stesso vale per gli amici con cui ho condiviso e condivido questa esperienza da tanti anni. Dopo aver attraversato mille difficoltà continuiamo a volerci bene e a rispettarci.

Alla fine anche per tutti noi il tempo è passato e molte cose sono cambiate.

Quella che più rimpiango è la disponibilità a passare insieme bei pomeriggi a parlare, discutere e cantare.

Vuoi per l’incolmabile mancanza di padre Gori, vuoi per il respiro del mondo che è cambiato e costringe tutti in spazi temporali più stretti, questa magia adesso non si ripete più.

Forse in un a ltro mondo sarà possibile.

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LAMOLE – VITA DI UN PAESE

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LA PARROCCHIA E IL CASTELLO DI LAMOLE NEL MEDIOEVO

italo baldini

Non sono molte le memorie scritte sino al XIII secolo che trattano del castello o della parrocchia di Lamole. Anche l’appellativo ‘Loci’ che a quanto pare indicava nell’alto Medioevo Lamole, non è d’aiuto per una sicura individuazione.1 Il castello non è mai nominato nell’archivio della badia di Montescalari e lo è per sole tre volte in quello di Passignano. Purtroppo non è pervenuto a noi l’archivio della badia a Montemuro, dove avremmo sicuramente reperito un’importante quantità di notizie su di esso, sulla chiesa parrocchiale e sui personaggi di quei territori.

Inoltre, sono da tener presente altri tre fattori che hanno contribuito a una ridotta produzione documentale. Il primo di questi è la sua posizione discretamente isolata, lontana dalla strada “di Ricorboli in Chianti” – l’odierna regionale “Chiantigiana”, ex strada statale n. 222 – che è stata la maggior fortuna (e durante le guerre, sfortuna) di Montefioralle (ossia di Greve) e di Panzano.

Lamole non era posizionato nemmeno sulla strada etrusca Cetamura-Artimino, ma rappresentava un insediamento piuttosto decentrato su un suo diverticolo nel versante della Greve.2

1 Nei documenti notarili del XIV secolo troviamo: 1322 settembre: una casa a Loci; 1329 set- tembre: una casa a Loci; 1330 luglio: una casa in villa de Loci; 1348 aprile: una casa in villa de Loci. L’appellativo ‘Loci’ prosegue anche nel XV secolo: nel 1428, nella portata delle tas- se di Sant’Andrea a Casole, Lega di Greve, n. 19, si trova indicato il popolo di San Donato a Loci (Sancti Donati de L o c i); mentre in quella del 1438 – sempre nella portata di Casole – l’appellativo cambia in San Donato al C a s t r i/o, per divenire San Donato a Lamole nella portata di Lamole. Anche se il toponimo Lamole è abbastanza raro, possiamo sempre incorrere in errori di attribuzione. È il caso del conte Guifredi da Lamole che nel 1243 fu podestà di Firenze. In questo caso si tratta dell’omonimo castello di Lamole posto nei pressi di Città di Castello, nell’aretino.

vinCenzio FineSChi: Memorie istoriche che possono servire alle vite degli uomini illustri del convento di Santa Maria Novella di Firenze dall’anno 1221 al 1320, t. 1. Firenze: Gaetano Cambiagi, 1790, p.

329. L’autore precisa che i nominativi dei Consoli e Potestà della città di Firenze dall’anno 1196 fino al 1267 sono «estratti da una antica Cronichetta manoscritta contemporanea esistente nella nostra Libreria e per mezzo della quale si possono emendare alcuni sbagli presi da alcuni nostri Storici.»

2 Sull’Arno, nei pressi di Artimino, vi era un porto nel quale venivano sbarcate le some di minerali ferrosi provenienti dall’Isola d’Elba e che, su detta strada, venivano fatti transitare sino ad Arezzo e Chiusi per essere lavorati e trasformati in ferro. Questo asse viario entrava a sud nel nostro comune a Montemuro, proseguiva per Torsoli, risaliva poco dopo lungo il crinale e, ove oggi si

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Proprio questo dipendere maggiormente da quest’ultima arteria rispetto alla prima, potrebbe essere il motivo dell’appartenenza delle vicine parrocchie di Lamole e di Casole alla matrice di Santa Maria Novella in Chianti e non a quella di San Leolino a Panzano, ambedue baricentriche (a circa cinquesei chilometri di distanza, considerando le numerose “scorciatoie” stradali esistenti a quei tempi) e ambedue fondate probabilmente nello stesso periodo.3

Il secondo fattore è quello riguardante le attività svolte dalla popolazione: questa era dedita pressoché solo all’agricoltura, alla selvicoltura e all’allevamento bovino, ovino e caprino – e lo sarà addirittura sino alla prima metà del secolo scorso. Se non teniamo conto dei soliti artigiani comuni in ogni piccolo centro, quali fabbri- maniscalchi, falegnami e calzolai non vi era alcun’altra attività commerciale o piccola industria (ad esclusione di quella molitoria, che era invece piuttosto attiva, anche se basata per lo più su impianti di piccole dimensioni). La proprietà terriera era alquanto polverizzata, salvo alcune famiglie (si contavano sulle dita di una sola mano) che detenevano cospicui possedimenti fondiari ricadenti anche nelle adiacenti parrocchie.4 Troviamo, dunque, solo atti notarili di compra-vendita e qualche testamento a testimoniare i passaggi di proprietà.

Infine, il terzo fattore concerne la mancanza d’importanza del castello in generale e, dopo il XIII secolo, in particolare, non essendo “a bada” di viabilità di un qualche interesse, come invece lo erano quelli di Panzano e di Montefioralle, lo abbiamo detto, che si trovavano proprio a ridosso della ‘Strada per il Chianti’, della strada Panzano-Testalepre e di quella del Guardingo di Passignano.

trova la comunale Greve-San Michele-La Volpaia (nel Cinquecento era chiamata “strada Maestra per la Volpaia”) raggiungeva Poggio Convento e Monte Domini (ambedue luoghi di insedia- menti etruschi-romani), quindi, «circa 200 m. a nord del bivio per ‘Le C e t i n e l l e’ si trova un rettifilo con dei resti di selciatura mal conservata che indicano la via verso ‘F a b b r u z z o’» e il Passo del Sugame andrea GaruGlieri: ‘Ricerche sulla viabilità romana ed altomedioevale nel Chianti’, in: AA. VV. Dal Chianti romano al Chianti altomedioevale, Centro di studi chiantigiani Clante. S. l.:

s. n., 1994, p. 21. Il ‘Sugame’ è attestato per la prima volta in una carta di Montescalari del 1077.

Archivio di Stato di Firenze (d’ora in poi ASF), Diplomatico, Montescalari, Impruneta, 1076(77) gennaio 29 (1534). L’ultimo numero racchiuso in parentesi tonde è quello dell’unità codicologi- ca, univoco e progressivo, assegnato dall’Archivio ad ogni documento del Fondo. Quello, sempre in parentesi tonde, accosto all’anno, è la traslitterazione dell’anno secondo il computo moderno;

l’anno nuovo nel calendario fiorentino del medioevo iniziava il 25 marzo.

3 La chiesa di Santa Maria Novella venne eretta probabilmente nel X secolo ed è documentata per la prima volta in una pergamena del 1010 (plebes Sanctae Mariae quae dicitur Novella). Quella di San Leo- lino è invece documentata dal 982 (plebe Sancti Leonini sito Flaciano). ASF, Diplomatico, Coltibuono, 1010 giugno 8 (212); Ibidem, Passignano, 982 aprile 30 (60).

4 Il popolo di Lamole confinava con le parrocchiali di San Michele a Monte Muro, Sant’Andrea a Casole, Santa Maria a Petriolo, San Niccolò a Montagliari, San Pietro alle Stinche e San Martino a Monterinaldi.

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29 Almeno dal Duecento, quando si ebbe quella che il grande studioso danese della prima metà del secolo scorso, Johan Plesner, chiamò rivoluzione stradale,5 la strada etrusca passante sul crinale del monte San Michele aveva perduto la sua preminente funzione di trasporto inter regionale di materie prime e merci e quella di comunicazione delle popolazioni – che aveva svolto per ben oltre un millennio – in favore di altre direttrici più brevi e più comode, per ripiegare su quella meno nobile ma pur sempre molto utile della transumanza ovina che già svolgeva ma che era rimasta del tutto secondaria quando a prevalere erano l’importanza commerciale e la comunicazione.

Per tal motivo, il castello di Lamole poteva svolgere solo il compito di fiancheggiamento a quello di Panzano ma questa prerogativa era valida solo sulla carta e non nei fatti – lo vedremo più avanti nei capitoli sulle guerre d’invasione degli aragonesi – perché era Panzano a inviare, inutilmente, rinforzi su richiesta di Firenze, nel tentativo di evitare o ritardare il più possibile la sua capitolazione, nel caso in cui fosse stato preso d’assalto. Perciò – particolarmente in occasione della guerra avvenuta nel 1478-1481 – Lamole fu più una zavorra che un sostegno per Panzano e procurò molti grattacapi non solo al commissario panzanese, Antonio Firidolfi, primogenito di Luca l’estensore delle Ricordanze, ma altresì ai Dieci di Balìa fiorentini.

Anche la badia di Montemuro – possiamo immaginare, perché come abbiamo detto il suo cartolario è stato perduto – dovette subire lo stesso inarrestabile ridimensionamento: sempre più isolata, con sempre meno pellegrini che vi transitavano e la visitavano, donazioni in calo, così come le vocazioni e troppo distante da Firenze. L’acquisto del castello di Lamole agli inizi del Duecento da parte della badia di Passignano (distante da esso oltre nove chilometri in linea d’aria), anche se si trattò di un’iniziativa fondiaria rischiosa e, alla fine, sfortunata, è la prova sin da quel periodo della mancanza di prestigio e della debolezza generale e finanziaria del cenobio di Montemuro (distante solo 3,5 chilometri in linea d’aria), che si mostrò inerte di fronte all’audacia – per non dire sfrontatezza – della badia della Valdipesa.6

Ma a ben vedere questo isolamento, comune oggi alla regione del Chianti Classico, in particolare quella senese e quella grevigiana (senza bacini industriali, senza ferrovie, senza autostrade o strade di grande comunicazione) è stata una vera

5 Johan PleSner: Una rivoluzione stradale del Dugento. Monte Oriolo (Firenze): Francesco Pappafava editore, 1980 (facsimile dell’originale Kobenhavn: Munksgaard, 1938).

6 Anche dall’ammontare della decima del 1276-77 si può vedere che la badia di Montemuro pagava poco più del 38% (30 lire) di quella di Passignano (78 lire e 7 soldi) e poco più del 46% di quella di Monte Scalari (65 lire). Dell’acquisto di Lamole, purtroppo, non vi è alcun domento nell’archivio di Passignano, ma solo quello relativo al lodo su certi contrasti e contese sorti successivamente.

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