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Memorie dal sottosuolo : una nuova tomba a schiena di età sannita nella necropoli di Cuma

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Academic year: 2022

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Jean-Pierre Brun, Priscilla Munzi, Claude Pouzadoux

To cite this version:

Jean-Pierre Brun, Priscilla Munzi, Claude Pouzadoux. ‘Memorie dal sottosuolo’: una nuova tomba ‘a schiena’ di età sannita nella necropoli di Cuma. Luigi Cicala; Bianca Ferrara. ”Kithon Lydios”. Studi di storia e archeologia con Giovanna Greco, pp.375-391, 2017, 978-88-7478-044-0. �hal-01673855�

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Università degli Studi di Napoli Federico II

Dipartimento di Studi Umanistici

Centro Interdipartimentale di Studi per la Magna Grecia

« Kithon Lydios »

Studi di storia e archeologia con Giovanna Greco

a cura di Luigi Cicala e Bianca Ferrara

Naus Editoria 2017

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“Memorie dal sottosuolo”:

una nuova tomba “a schiena”

di età sannita nella necropoli di Cuma

Jean-Pierre Brun Priscilla Munzi Claude Pouzadoux

Nel 2009, nell’area della necropoli posta immediatamente al di fuori della Porta mediana delle fortificazioni settentrionali, lungo l’asse stradale che dalla porta si dirigeva verso N, fu rinvenuta una tomba a camera ipogea con tetto a doppio spiovente, dipinta sul- le pareti interne e su quella di ingresso esterna. Sfortunatamente la sepoltura risultava già depredata in antico e completamente sconvolta. La sua scoperta offre lo spunto per una breve riflessione sulla necropoli cumana di IV-III sec. a.C. e in particolare sulla tipologia architettonica delle tombe “a schiena”.

Intorno al 421 a.C. Cuma soccombe all’avanzata dei Campani che la conquistano.

L’arrivo dei Sanniti determina grandi trasformazioni sia all’interno della città sia nelle aree immediatemente al di fuori delle mura e nelle necropoli. Quasi un secolo più tardi, nel 334 a.C., la città ottiene la civitas sine suffragio e nel 318 a.C. è sottoposta alla giurisdizione della Praefectura Capuam Cumas.

Con l’occupazione osco-campana di Cuma, la cesura è netta e la necropoli riflette chiaramente i cambiamenti avvenuti nella compagine sociale, come ben sottolineato da N.

Valenza Mele: «Subito dopo la conquista campana, la necropoli cumana mostra indiscuti- bili segni della trasformazione violenta subita dalla città. Scompaiono le tombe ad incine- razione totalmente; tutto il contesto dei corredi subisce una totale trasformazione; scompa- iono le casse monolite, sostituite da casse a lastroni»1.

I risultati delle ricerche degli ultimi anni hanno ampliato notevolmente il quadro delle conoscenze sul periodo osco a Cuma e confermano i profondi mutamenti.

La zona presa in esame in questo contributo si estende fuori le mura settentrionali, tra i due assi stradali che, uscendo dalla Porta orientale, il primo e dalla Porta mediana, il secondo, si dirigevano verso N, per poi probabilmente ricongiungersi poco più a N2.

I dati di cui oggi dispone la ricerca provengono quasi esclusivamente dall’area fune- raria settentrionale. Quest’ultima si estendeva a N/E del Monte di Cuma (acropoli) e si

1 VALENZA MELE 1990, 23.

2 PELOSI 1993, 70-71.

In 2009 a hypogeic chamber tomb was found in Cumae, outside the so-called Porta Mediana along the Northen fortification walls. It showed a gabled roof and wall paintings decorating the internal chamber and the entrance. Unfortunately, this tomb appears to have been already looted. Nevertheless, it allows us to analyzed some aspects of the Cumean necropolis during the 4th and the 3rd century BC, with particular at- tention to the architectural typology of the so-called a schiena chamber tombs.

Abstract

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sviluppava nella valle che è delimitata a O dal prosciugato lago di Licola e a E dalle colline conosciute come le Coste di Cuma.

Com’è noto, sono le esplorazioni condotte nella seconda metà dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento che ne hanno mostrato la notevole estensione e articolazione, dall’età arcaica fino all’età romana3. Gli scavi interessarono in maniera particolare gli anti- chi fondi L. Correale, Artiaco, G. Palumbo, M. Maiorano, P. Scala e D’Isanto, dai nomi dei proprietari, corrispondenti alle aree situate lungo l’attuale Via Provinciale Cuma-Licola, già Via Vecchia Palombara, coincidente con l’antico asse extraurbano Cumis Capuam, uscente in origine dalla Porta orientale delle mura settentrionali (fig. 1, a)4.

Furono in particolare gli interventi condotti prima dal Conte di Siracusa, Leopoldo di Borbone, tra il 1852 e il 1857, poi quelli di Emilio Stevens tra il 1878 e il 1884 (primo periodo) e il 1886 e il 1893 (secondo periodo) e nel 1896, uno studioso inglese residente a Napoli, a mettere in luce gran parte delle necropoli cumane5. Con lo Stevens, in particolare, venne introdotta una nuova metodologia caratterizzata da descrizioni, disegni e misure.

Quest’ultimo intuì l’importanza dei contesti d’appartenenza e fu attento a tener distinti i corredi funerari, e questo in totale opposizione con la cultura antiquaria del semplice recu- pero di oggetti preziosi. I Taccuini e Giornali di scavo dello Stevens furono utilissimi ad Ettore Gabrici per lo studio dei materiali portati alla luce dagli scavi dello studioso inglese e editi nella sua monografia su Cuma del 19136.

1. La tomba “a schiena” della necropoli della Porta mediana (SP66143)

Nel 2009, durante un approfondimento stratigrafico effettuato lungo i margini orien- tali dell’asse N-S che dall’età arcaica usciva dalla Porta mediana e si dirigeva verso N, è stata messa in luce una tomba a camera ipogea (fig. 1, b). Il settore indagato, posto a circa una ventina di metri dalla Porta, ha restituito su 2,50 m una sequenza stratigrafica che va dal IV sec. a.C. al VI sec. d.C. riferibile alle diverse fasi di frequentazione della necropoli cumana nell’area7.

1.1. La struttura architettonica (figg. 2-3)

La sepoltura è stata rinvenuta depredata e sconvolta in età moderna, priva di alcune lastre della copertura e ricolma di terra; due fosse di spoliazione sono state intercettate du- rante lo scavo. La presenza della falda freatica dalla quota di 1,50 m sotto il piano di cam- pagna ha reso molto difficile una adeguata esplorazione e documentazione della struttura.

Al suo interno non si sono rinvenuti resti ossei o elementi del corredo. Orientata E-O, è costruita in lastre di tufo, senza legante, con tetto a doppio spiovente. L’accesso alla came- ra avveniva attraverso una porta con architrave arcuato monoblocco, rinvenuta chiusa da un monolite di tufo. La tomba era costruita all’interno di una fossa realizzata appositamen- te e successivamente ricoperta da uno strato di terra.

All’interno della camera il piano di calpestio era in terra battuta e per accedere al vano si scendeva un gradino. In origine doveva essere completamente intonacata e in parte dipinta, ma la falda acquifera ha eroso completamente i rivestimenti. Le dimensioni del vano interno sono: lunghezza 2,19 m x larghezza 1,20 m, altezza culmine 2,31 m; il vano d’accesso invece misura 1,52 m di altezza per una larghezza di 0,66 m ed era chiuso da una

3 Per la storia delle ricerche a Cuma: GABRICI 1913, 32-52; CAPUTO 1987, 21-34; sugli scavi del Conte di Siracusa e dello Stevens: GABRICI 1913, 52-62; per una sintesi sulle ricerche nelle necropoli cumane:

BRUN-MUNZI 2009, 637-651.

4 GABRICI 1913, tav. I. Sull’esistenza di un asse antico intorno al quale si addensavano le sepolture si era già espresso Gabrici: GABRICI 1913, 21-22.

5 GABRICI 1913, 54.

6 GABRICI 1913, 54-60.

7 Per un’edizione preliminare dello scavo in questo settore: BRUN et alii 2010, 267-271.

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1. Cuma.

a. Planimetria dell’agro cumano;

b. Pianta della necropoli della Porta mediana.

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2. Cuma. Pianta e sezioni della tomba “a schiena”

(SP66143) della necropoli della Porta mediana.

lastra di 1,66 m di altezza per 0,88 m di larghezza e 14,5 cm di spessore.

Le pareti laterali sono costituite da due filari di blocchi disposti in oriz- zontale sui quali poggiano le lastre di copertura a doppio spiovente, 3 per lato; la parete di fondo, invece, è composta da 3 filari di blocchi dispo- sti in verticale. La presenza di alcuni blocchi di tufo all’interno lascia pre- supporre che la camera dovesse ac- cogliere un “basso” letto funerario.

All’esterno, lo scavo ha per- messo di evidenziare la presenza di un taglio rivestito da alcuni bloc- chetti di tufo, disposti su almeno tre assise, che si appoggiavano al blocco sommitale della facciata. Appare plausibile immaginare che si tratti della parete N del dromos d’accesso alla camera.

1.2. La decorazione

L’interno della camera è into- nacato di bianco e sono visibili, in alcuni punti, le tracce di una decora- zione dipinta. La parete meglio con- servata è quella orientale (fig. 3, c), dove si intravede nella parte alta una fascia orizzontale rossa che delimita la parte superiore della scena. Al di sotto è appena visibile il capo di una figura femminile di profilo, ricono- scibile dai resti della capigliatura re- sa con brevi pennellate gialle e mar- roni. Alle sue spalle, nel campo a si- nistra, sembra che ci sia una mela- grana.

Resti della decorazione dipinta sono conservati sul sommo della parete esterna che decorano l’arco d’ingresso (fig. 3, b): al centro, una palmetta a 5 foglie allungate, a colori alterni, rosso e nero, affiancata su entrambi i lati da due melagrane e, forse, da una benda appesa a sinistra.

La palmetta rientra nella decorazione del frontone di numerose tombe in area cam- pana, da Capua a Paestum8, ed è presente anche ad Alife, a Pontecagnano, a S. Angelo di Ogliara. A Cuma è attestata in tre tombe9. Malgrado la variabilità delle palmette che rende difficile una classificazione tipologica, quella di Cuma con le sue foglie estroflesse, tranne

8 PONTRANDOLFO-ROUVERET 1992, 35.

9 BENASSAI 2001, 146-147, Cu. 2, 3 e 12: due tombe a “schiena” femminili rinvenute nel fondo G. Palumbo e datate nell’ultimo quarto del IV sec. a.C.: tomba Stevens 185 = Gabrici CLVII; tomba Stevens 193 = Gabrici CLXII; una tomba “schiena” (= Wegge 2), località ignota, datata all’ultimo quarto del IV sec. a.C. sulla base anche degli elementi del corredo rinvenuti. Su quest’ultima tomba: MINERVINI 1853, 163-165.

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377 quelle di colore rosso a forma di girali, curve verso l’interno, affiancate alla base, richiama

quelle capuane10, dalle quali si discosta per la larghezza delle foglie.

La presenza di melagrane ai lati riallaccia la decorazione cumana ai tipi pestani11, con un trattamento molto più semplice. Mentre a Paestum questi motivi decorativi sono all’interno della tomba, quello di Cuma orna la facciata. Oltre all’effetto visivo, le melagra- ne rimandano a una simbologia funeraria largamente condivisa dalle popolazioni sannite, osche e lucane. Raffigurate sulla facciata esterna segnano il passaggio dal mondo dei vivi al mondo dei morti.

10 BENASSAI 2001, figg. 161-162.

11 Andriuolo, tomba 114 (palmetta bicroma e melograni): PONTRANDOLFO-ROUVERET 1992, 177; Andri- uolo, tomba 61 (palmetta bicroma e melograni): PONTRANDOLFO-ROUVERET 1992, 120; Andriuolo, tomba 8 (palmetta bicroma e melograni): PONTRANDOLFO-ROUVERET 1992, 166.

3. Cuma. La tomba “a schiena”

(SP66143) della necropoli della Porta mediana.

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2. Le necropoli cumane nel IV-III sec. a.C. e le tombe “a schiena”

Diversi sono gli studi dedicati alle necropoli cumane dopo la conquista sannita. Sul- la tipologia dei sepolcri oltre alle pagine dello Stevens nelle Notizie degli Scavi del 188312, utili sono i paragrafi del Gabrici nel suo volume del 191313. E fondamentali rimangono sia l’articolo di Nazarena Valenza Mele del 1990, La necropoli di Cuma: il superamento della comunità primitiva14, sia il recente volume curato dalla studiosa e da Carlo Rescigno, dedi- cato agli scavi Stevens tra il 1878 e il 1896 con una particolare attenzione alla necropoli cumana di età arcaica e classica15.

2.1. Le necropoli cumane nel IV-III sec. a.C.

La rilettura dei vecchi dati di scavo, sommata al quadro introduttivo già delineato dai diversi studiosi, ha permesso recentemente di tracciare una nuova sintesi dello sviluppo topografico della necropoli cumana16. Quest’ultimo, in effetti, è condizionato dagli assi stradali che sin dall’età arcaica uscivano dalle porte situate lungo le fortificazioni setten- trionali, la Porta mediana e la supposta Porta orientale.

Era opinione comune che il settore più antico del sepolcreto, con tombe risalenti ai periodi orientalizzante, arcaico e classico, dovesse localizzarsi a N, a una certa distanza dalla città, nei fondi Maiorano-Scala-D’Isanto, ai margini dell’asse stradale che usciva dalla Porta nord-orientale. In quest’area era stato registrato un vuoto corrispondente gros- somodo a tutto il VI e agli inizi del V sec. a.C., compensato però dai ritrovamenti del Con- te di Siracusa nel fondo Correale, situato più a S/O.

Gli studi recenti hanno proposto un’ipotesi di lettura diversa, in cui «l’asse generan- te nella necropoli appare la proiezione extra urbana della strada A»17, la via che uscendo dalla Porta mediana si dirigeva verso N, attraversando quel tratto di piana “insicura” tra il lago di Licola a O e i rilievi collinari a E e che la fase più antica del sepolcreto accompa- gnasse quest’asse in uscita. In questo senso andrebbero letti i rinvenimenti di tombe arcai- che negli scavi del Conte di Siracusa e del Granata nel fondo Correale, documentando in questo settore una certa prossimità del sepolcreto arcaico alla città18. Gli scavi condotti dal Centre Jean Bérard al di fuori della Porta mediana, a E dell’asse stradale “A”, non hanno raggiunto i livelli più antichi a causa della falda freatica, ma la presenza negli strati di nu- merosi frammenti di ceramica arcaica e classica non esclude la presenza di tombe riferibili a questi periodi.

Con il periodo sannitico vengono sfruttate, accanto alle vecchie aree, anche nuovi settori di necropoli. Il sepolcreto di IV sec. a.C. sembra svilupparsi in particolare nelle aree più prossime alle mura settentrionali ed è documentato dagli scavi Stevens del primo perio- do (1878-1884) nei fondi G. Palumbo, G. Esposito e Fratelli Pascariello. Inoltre, in questi due ultimi fondi, le sepolture sono tutte sannitiche e successive e non si è rinvenuto nulla di antecedente al IV sec. a.C. Attestazioni relative a questa fase, invece, sono documentate anche nei fondi situati a N (Maiorano-Scala-D’Isanto), caratterizzati dalla presenza di nu- merose tombe del periodo precedente.

La tipologia dei sepolcri è documentata per questa fase negli schizzi editi dallo Ste- vens nella tavola IV delle Notizie degli Scavi del 1883 ed è composta soprattutto da tombe

“a cassa piana” (A), presenti anche nella variante “a cassa a baule” per il trattamento della lastra di copertura. Meno numerose sono le tombe “a cònnola” (B) o “a culla”19 e rare quel-

12 STEVENS 1883, 270-284.

13 GABRICI 1913, 671-678.

14 VALENZA MELE 1990, 23-33.

15 VALENZA MELE-RESCIGNO 2010.

16 RESCIGNO 2010, 259-268.

17 RESCIGNO 2010, 267.

18 RESCIGNO 2010, 266-267.

19 STEVENS 1883, 274: «La tomba a cònnola è fatta con quattro muricciuoli laterali, piantati similmente a quel-

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379 le “a tegole” e “a cassa monolita”, queste ultime generalmente riservate in questo periodo

solo agli infanti. Accanto a questi tipi “strutturalmente” più semplici, sono attestate alcune sepolture “monumentali” del tipo “a schiena” (G)20. Ad eccezione del tipo “a tegole”, sono tutte realizzate con lastroni tufacei e solo raramente dotate di un rivestimento di intonaco21. Il rito funerario adottato è essenzialmente quello dell’inumazione, anche se sono testimo- niati casi di cremazione, rinvenuti in particolare in alcune tombe “a schiena”.

I corredi recuperati nelle tombe, indicano usi e costumi perfettamente aderenti a quelli noti per gli altri centri campani22. Costante è la presenza dell’olla acroma e dei vasi figurati e a vernice nera, spesso attestati in diversi esemplari. Nei corredi identificati come maschili è generalmente documentata la cuspide di lancia, occasionalmente il cinturone, mentre in quelli femminili sono presenti gli oggetti di ornamento (fibule, anelli, orecchini, elementi di collana). Lo strigile non sembra essere attestato nei corredi sanniti prima della fine del IV sec. a.C., quando Cuma è oramai entrata nell’orbita romana23.

2.2. Le tombe “a schiena” cumane24

Una delle prime segnalazioni di tombe “a schiena” nella necropoli cumana si deve al canonico Andrea de Jorio nel suo volume sul Metodo di rinvenire e frugare i sepolcri degli antichi del 182425: “questa specie di sepolcri di tufo non sono rari nel sepolcreto cumano, e per quanto ho inteso, lo stesso accade nel pestano”26. L’autore, per il quale questi sepolcri sono greci, ne riproduce in maniera dettagliata un esempio nella tavola II (fig. 4, a), inda- gato da lui stesso nel 1822 e i cui oggetti «rinvenutivi fanno parte della ricchissima colle- zione del Duca di Blacas»27.

Una tomba molto simile è illustrata qualche tempo dopo da Raffaele Gargiulo (fig.

4, d), che assistette nel 1843 agli scavi del nobile inglese Lord Vernon a Cuma28, nel volume Cenni sulla maniera di rinvenire i vasi fittili Italo-greci29.

Durante gli scavi del Conte di Siracusa a Cuma nel 1853 si mise in luce una tomba

“a schiena” dipinta, con resti di cremazione e con un corredo composto da diversi vasi, tra i quali un prochous in bronzo e un kantharos a vernice nera con iscrizione osca (Upils Ufìis). Purtroppo non furono precisate le circostanze del rinvenimento30.

li di una tomba piana; ma sul prim’ordine di lastroni poggia un secondo filare, sporgente all’interno e tagliato a cornice. La faccia superiore del coverchio offre comunemente un piano rettangolare; più di rado due pioventi».

20 Sulla tipologia dei sepolcri per la fase sannita: STEVENS 1883, 273-276, tav. IV; GABRICI 1913, 671-674.

21 GABRICI 1913, 672.

22 Sulla composizione dei corredi nelle tombe sannite rimandiamo all’articolo VALENZA MELE 1990, in parti- colare 23-27, e agli appunti della studiosa confluiti nel volume edito recentemente (VALENZA MELE 2010, 206- 210).

23 VALENZA MELE 2010, 207 e 210.

24 Nei rinvii alle tombe il numero in cifre romane è quello dato dal Gabrici nella monografia su Cuma del 1913, mentre quello in numeri arabi è quello dato dallo Stevens nei Taccuini. Per alcune tombe si è fatto riferimento alla Statistica delle tombe presente alla fine del volume del Gabrici (GABRICI 1913).

25 DE JORIO 1824, 13-16: «I sepolcri greci composti di pietra sono i più comuni e frequenti nella Magnagrecia.

La loro forma è doppia. La più gran parte è perfettamente rettangolare, l’altra ha la covertura come fatta ad ango- lo».26 DE JORIO 1824, 173-174, tav. II.

27 DE JORIO 1824, 101-103 dove viene descritta la scoperta della tomba e il suo scavo. Sull’ubicazione esatta del rinvenimento l’autore non fornisce indicazioni. Si può supporre che il luogo dovesse trovarsi nel settore di necro- poli posto nelle adiacenze della Masseria di Matteo Scotto di Aniello il Procidano, vicino alla Porta mediana delle fortificazioni settentrionali.

28 Sugli scavi di Lord Vernon: FIORELLI 1855-56, 51-52, in particolare 51: «Una terza strada, che aveva la me- desima direzione delle due precedenti, usciva pure dalla città poco lungi dal mare, ed era in simil guisa decorata di sepolcri: quivi ebbero luogo gli scavi praticati da lord Vernon (...)». Si veda anche PELOSI 1993, 62, nota 14 e 71, nota 65.

29 GARGIULO 1843, 12 e tav. 1.

30 FIORELLI 1853, 13-14, tavv. III (parte del corredo), IV (pianta, prospetto e sezione della tomba); MINERVINI 1853, 163-165. Per il kantharos a vernice nera con iscrizione: KHARSEKIN 1959, 153-155.

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4. Cuma. Esempi di tombe “a schiena”: a. Scavi A. de Jorio; b.

Scavi E. Stevens (T03 - Stevens 1878-79); c. Scavi Soprintendenza archeologica; d.

scavi Lord Vernon.

Il maggior numero di dettagli proviene dalle ricerche condotte nelle necropoli cuma- ne da E. Stevens. Dai Giornali di scavo e dai Taccuini redatti dallo studioso inglese risulta- no attestate 11 tombe “a schiena” riferibili al periodo arcaico e classico31 mentre 21 sono quelle attribuite al periodo sannitico nelle Notizie degli scavi del 188332.

Le sepolture arcaiche e classiche furono intercettate quasi esclusivamente nel secon- do periodo degli scavi Stevens (1886-1893), nei fondi situati a N della città - M. Maiorano (5), G. D’Isanto (2) e Scala (4)33 -, mentre quelle di età sannitica furono indagate piuttosto nel primo periodo (1878-1884) nelle aree più prossime alle fortificazioni soprattutto nel

31 VALENZA MELE-RESCIGNO 2010, 241 e nota 450.

32 STEVENS 1883, 276.

33 Tombe scavate dallo Stevens per il periodo arcaico e classico sono 11 in totale di cui 2 nel fondo G. D’Isanto, 5 nel fondo M. Maiorano e 4 nel fondo Scala, di cui 6 saccheggiate, 4 con corredo e 1 senza corredo. Nel suo artico- lo del 1981, nella tabella 2, la Valenza Mele ne segnala, invece, 14 di cui 10 nel fondo M. Maiorano, 3 nel fondo Scala e 1 nel fondo G. D’Isanto (VALENZA MELE 1981). Nell’edizione recente delle tombe Stevens, a cura di N.

Valenza Mele e C. Rescigno, sono indicate come arcaiche le seguenti tombe a schiena: 86001, 86003, 86038, 88063, 88064, 88101, scavate nel fondo G. D’Isanto; 90055, 90059, 90064, 91006 indagate nel fondo Scala (VA- LENZA MELE-RESCIGNO 2010).

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381 fondo G. Palumbo (19) (fig. 4, b), ma anche in quelli dei Fratelli Pascariello (2), di S. Pa-

lumbo (1) e di M. De Costanzo (1)34.

Altre tombe “a schiena” di IV-III sec. a.C. furono rinvenute negli scavi realizzati per la bonifica del lago di Licola nel fondo L. Correale nel 1884 (1), in occasione della costru- zione della fognatura di Napoli nel 1889 nel fondo Correale (1), negli scavi condotti da G.

Maglione nel 1902 nel fondo Artiaco (3), in quelli di L. Granata nel 1908 nel fondo E.

Correale (1), negli scavi del 2003 della Soprintendenza nel fondo Correale (1) (fig. 4, c) e in quelli del 2009 del Centre Jean Bérard in prossimità della Porta mediana (1), tutte aree prossime alla città.

Complessivamente è oggi possibile enumerare poco più di una decina (12) di tombe

“a schiena” per il periodo arcaico e classico e più di una trentina (35) per l’età sannitica.

La tipologia costruttiva della tomba “a schiena” di età sannitica è descritta minuzio- samente da E. Stevens nelle Notizie degli scavi del 188335. Nella sua classificazione, queste ultime vengono prima delle tombe “a camera”: «La tomba a schiena somiglia una piccola capanna rettangolare; vi si accede per un vano praticato nel muro di prospetto; questo vano ora rettangolare, ora tagliato superiormente ad arco di cerchio, è chiuso mercè d’un blocco applicatovi dallo esterno; raramente si veggono a tal’uopo adoprati due o tre lastroni so- vrapposti. Il tetto è formato di lastroni di tufo, poggiati sui muri laterali e inclinati verso la linea mediana della tomba, ove incontrano i lastroni opposti; un dente praticato alla base di essi, e un piano di contatto tagliato al vertice, assicurano la stabilità del tetto e la sua resi- stenza alle pressioni esterne.

Dentro la tomba, a manca di chi entra e lughesso il muro, trovasi una panchina fatta ora di grossi blocchi, ora di pietre più piccole; su di essa si deponeva il cadavere. In un sol caso si son trovate due banchine, l’una a destra l’altra a manca, che lasciavano libero tra loro un angusto passaggio. Talvolta manca affatto il letto funebre, e si trova lo scheletro disteso sul lastrico. Alcune tombe a schiena di minor mole sono prive altresì del vano d’in- gresso»36.

Le tombe, quando annotato dallo Stevens, erano orientate sia E-O che N-S; l’ingresso, quando presente, era a O o a S. Il vano di passaggio era o rettangolare o con architrave arcua- to monoblocco. Non tutte avevano un pavimento in tufo; in molti casi il suolo era in terra battuta. Il rito utilizzato è essenzialmente quello dell’inumazione e i corpi erano deposti su un letto funebre (“poggiuolo”), generalmente basso, composto da lastroni di tufo messi di piatto;

qualche sepoltura era priva di letto. I sepolcri sono quasi tutti monosomi, tranne che in due casi. La tomba Stevens 247 (= Gabrici CLXXXV) indagata nel 1880 nel fondo G. Palumbo presentava due letti con due inumati, un uomo e una donna e i loro corredi; nel secondo caso, nella tomba Stevens 284 scavata nel 1880 nel fondo dei Fratelli Pascariello, priva del letto funebre e senza vano di accesso, «si rinvennero tre scheletri sovrapposti» e un corredo fune- bre composto di nove elementi, omogeneo cronologicamente37.

In quattro tombe è attestata la cremazione38 per la presenza della quale nel 1913 il Gabrici ipotizzava un riuso successivo39. I corredi funerari, nei quattro casi documentati, sono omogenei e tutti riferibili alla stessa fase cronologica (fine IV - primi decenni del III sec. a.C.) e la “manomissione” non sembra giustificabile40. Le ceneri erano probabilmente conservate in contenitori in materiale deperibile deposti sui letti41.

34 GABRICI 1913.

35 Il Fiorelli, riprendendo un rapporto consegnato dallo Stevens, anticipa e illustra qualche dato della classifica- zione delle “tombe in pietra” nelle Notizie degli scavi del 1878 (FIORELLI 1878, 348-350).

36 STEVENS 1883, 274.

37 G08-11 - Stevens XX A5_3, 16-17, nel CD allegato al volume di VALENZA MELE-RESCIGNO 2010.

38 Conte di Siracusa 1853 = Weege 2; T. Stevens 18 = Gabrici CXVI; T. Stevens 21 = Gabrici CXVII; T. Stevens 194 = Gabrici CLXIII.

39 GABRICI 1913, 589. Nel caso della tomba Stevens 21 = Gabrici CXVIII, scavata il 19 febbraio 1878 nel fondo G. Palumbo, il Gabrici così giustifica la presenza di ossa cremate sul letto funebre: «Qua e là sul letto funebre si rinvennero frammenti di ossa combuste; evidentemente la camera era stata frugata e utilizzata dagli antichi stessi».

40 Già VALENZA MELE 1990, 25 e nota 73.

41 GABRICI 1913, 588, a proposito della tomba Stevens 18 (= Gabrici CXVI): «Mucchio di ossa combuste verso la estremità orientale del letto, forse chiuse in cassetta di legno, della quale si rinvennero le tracce».

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382

Nell’articolo Stevens fornisce anche una serie di informazioni sul corridoio d’acces- so e sulle facciate dei monumenti: «Tutti i sepolcri a inumazione erano piantati interamen- te sotterra, e vi si accedeva per una via a piano inclinato, di cui si scorgono chiaramente i limiti nello strato di terra vergine, essendo le terre di riempimento per natura e colore affat- to diversi. Le vie che menavano alle tombe a schiena ed a camera erano arginate, pel tratto immediato all’ingresso, da lastroni di tufo; ed essendosi in alcuni incontri osservato, che la facciata di siffatti ipogei aveva dovuto essere rivestita d’intonaco, e fregiata con rilievi di stucco, può avanzarsi l’ipotesi che queste tombe, preparate anzitempo da chi o per chi do- veva poscia esservi inumato, fossero rimaste scoperte sino al momento dell’inumazione;

compiuta la quale, era interrata la via, ed affatto coperto l’intero sepolcro»42. 2.3. Le tombe “a schiena” dipinte

Fino alla fine del IV sec. a.C., nelle necropoli cumane sono quasi del tutto assenti le tombe dipinte43. Rita Benassai nel suo volume del 2001 dedicato alla pittura dei Campani e dei Sanniti segnala la presenza a Cuma di 12 tombe dotate di partito decorativo. In partico- lare, 1 dal fondo Correale, 6 dal fondo di G. Palumbo, 3 dal fondo Artiaco e 2 da località ignote. Inoltre, viene segnalato il frammento dipinto cd. di legio linteata discusso dalla Valenza Mele e la cui pertinenza a una sepoltura non è certa44. A queste evidenze va aggiun- ta, infine, la tomba indagata nel 2003 da Paolo Caputo nel fondo Correale45.

Se si tiene conto della tipologia architettonica, 9 sepolture sono del tipo “a schiena”

(2 dal fondo Correale, 3 dal fondo G. Palumbo, 3 dal fondo Artiaco, 1 da località ignota) e 3 “a cassa” (fondo G. Palumbo). Nelle sepolture “a cassa” l’interno poteva essere intera- mente intonacato e verniciato (generalmente di rosso) o esibire delle fasce come motivo decorativo. Nelle tombe “a schiena” le pareti della camera potevano essere rivestite unica- mente di intonaco bianco, presentare motivi decorativi come fasce, palmette, ovoli, fregi con onda corrente, volatili (tombe rinvenute nei fondi G. Palumbo e Artiaco) o decorazioni figurate (tombe rinvenute nel fondo Correale).

Gli scavi Stevens effettuati nel fondo G. Palumbo portarono alla luce tre tombe “a schiena” con partito decorativo, tutte databili sulla base dei corredi nell’ultimo quarto del IV sec. a.C.46 Il Fiorelli descrive il rinvenimento nel 1853 di una tomba dello stesso tipo, con le pareti intonacate di bianco con zoccolo rosso, con fregio ad onda nero, fascia rossa e sulla parete di fondo una grande palmetta dipinta di rosso, giallo e nero, purtroppo senza precisare il luogo del ritrovamento47. Altre tombe “a schiena” con decorazione dipinta si rinvennero nel fondo Artiaco, la prima nel 1902 durante gli scavi di Gaetano Maglione48 e le altre due nel mese di aprile 1962 in occasione dei lavori per il Consorzio Bonifica Basso Volturno49.

Unicamente le due tombe rinvenute nel fondo Correale, in realtà non molto distanti l’una dall’altra, hanno restituito sulle pareti interne una decorazione con scene figurate. La prima è recuperata il 27 giugno 1889, in occasione della costruzione della fognatura di Napoli50. La tomba (2,52 x 1,62 m; alt. 1,25 m) è orientata E-O ed è «coperta a padiglione (…) Ad O, trovasi il vano d’ingresso, di forma arcuata, largo m. 0,60 e alto, sino all’estra- dosso dell’arco m. 2». Sulla parete orientale, di fronte al vano d’ingresso, composta da tre

42 STEVENS 1883, 275.

43 VALENZA MELE 1990, 27-28.

44 BENASSAI 2001, 80-91. La Benassai inserisce nel suo catalogo anche la tomba “a camera” con volta a botte rinvenuta dallo Stevens nel 1879 nel fondo G. Palumbo (T. Stevens 221 = Gabrici CLXXVII) la cui datazione è probabilmente da riferire al II sec. a.C. Sul frammento di blocco di tufo con intonaco dipinto cd. di legio linteata:

VALENZA MELE 1996; CAPUTO 2000; Museo Archeologico dei Campi Flegrei 2008, 267.

45 SAMPAOLO 2004; CAPUTO 2007, 25-33; CAPUTO 2008, 267-268.

46 T. Stevens 185 = Gabrici CLVII, T. Stevens 193 = Gabrici CLXII, T. Stevens 198 = Gabrici CLXV.

47 FIORELLI 1853, 13-14, tavv. III-IV; MINERVINI 1853, 163-165; BENASSAI 2001, 90, Cu.12 (= Weege 2).

48 GABRICI 1913, 841, n. 3.

49 MNA inv. 153727 e MNA inv. 153728. GALLINA 1970, 274, fig. 287; CAPUTO 2000, 77, figg. 2 e 3.

50 MNA inv. 123929. Per la descrizione della tomba: CASELLI 1891, 235.

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383 lastre, sono rappresentati due personaggi femminili in una scena di toeletta51: seduta su un

seggio con alta spalliera una figura femminile, la defunta, che si guarda in uno specchio e una seconda figura femminile, stante, che le porge un kalathos con melograni e un alaba- stron. Altri due melograni sono appesi nella parte superiore della parete della stanza che fa da sfondo alla scena definita in basso da una zoccolatura rossa con un fregio a onda conti- nua. Nelle relazioni non viene fatta menzione del corredo. La tomba era in parte riempita di terra. La datazione proposta è intorno al 300 a.C.

La seconda tomba è di recente scoperta. Nel mese di ottobre 2003, in occasione dei lavori di straordinaria manutenzione a una masseria privata, posta sul lato O della via Pro- vinciale Cuma-Licola, si è rinvenuta una tomba “a schiena”, dipinta all’interno e sulla fronte esterna52. La tomba (2,27 x 1,38 m; alt. 2,37 m), profanata in antico o al più tardi nel XVIII secolo, era orientata E-O, con tetto a doppio spiovente, vano d’ingresso arcuato a O e pavimento in lastre di tufo. Della sepoltura è stato indagato anche parte del dromos, co- stituito da pareti in blocchetti irregolari di tufo messi in opera senza malta e forse con la volta in conci di tufo. La decorazione è realizzata nella tecnica a fresco direttamente sulle pareti bianche. La parte bassa è caratterizzata da uno zoccolo rosso definito in alto da un fregio a onda continua al di sopra del quale si sviluppano le scene figurate. Sulla parete di fondo una scena di banchetto funerario con tre personaggi: una figura maschile sdraiata su una kline che mantiene una coppa e una femminile seduta su uno scanno con melograni nelle mani. Entrambe le figure hanno sul capo corone di fiori di melograno. Alla destra dell’uomo, un’ancella stante che mantiene un vaso per versare; davanti ai personaggi una trapeza con cibo e oggetti. Sui personaggi pende una ghirlanda di fiori di melograno. Sotto la tavola, un levriere bianco. Sugli spioventi N e S, scene di danza con diversi personaggi - suonatori e danzatrici - resi al tratto. All’esterno, la sommità dell’arco d’ingresso è deco- rata da due fasce nere e da una linea rossa, concentriche e distanziate; melograni pendono agli angoli. La datazione proposta è 300-290 a.C.

Oggi alla lista si può aggiungere, malgrado il suo cattivo stato di conservazione, anche la tomba “a schiena” scoperta in prossimità della Porta mediana.

Le tombe dipinte di Cuma documentano, secondo Paolo Caputo, «l’evoluzione sto- rico-artistica e le vicende di una città che, sannita di cultura, appare in fase di romanizza- zione»53. Confrontabili con quelle delle altre città campane come quelle a N di Capua, Nola, Alife e a S di Paestum, stupiscono per il loro numero ridotto rispetto agli altri centri e per la loro quasi esclusiva pertinenza alla tipologia delle tombe “a schiena”. Quando con- servato, il corredo rinvenuto all’interno delle sepolture permette di confermare la loro per- tinenza ai ceti emergenti della società cumana. L’evidenza archeologica sembra, inoltre, documentare come l’élite cumana decida di adottare l’uso di decorare con pitture figurate l’interno delle proprie tombe solo dall’ultimo quarto del IV sec. a.C., discostandosi dagli usi delle altre città campane e della vicina Capua, con la quale però condivide nel corso della seconda metà dello stesso secolo l’ampliamento dei corredi54.

2.4. Aspetti cronologici

Nel volume del 1913, il Gabrici tentò per primo una classificazione delle tombe gre- co-sannitiche, suddividendo le tombe “tipiche - quelle a “schiena” e “a culla” (o “connòla”) - in tre gruppi sulla base della composizione dei corredi e della presenza di vasi a figure rosse di “fabbrica cumana” (primo gruppo), della progressiva preminenza della ceramica a vernice nera “detta pure etrusco-campana” su quella figurata (secondo gruppo) e dalla comparsa di “prodotti indigeni decadenti” (terzo gruppo)55. L’autore incontrò maggiori dif-

51 BENASSAI 2001, 80, Cu.1 (= Weege 1), con bibliografia precedente.

52 SAMPAOLO 2004; CAPUTO 2007, 25-33; CAPUTO 2008, 267-268.

53 CAPUTO 2008, 265.

54 VALENZA MELE 1990.

55 GABRICI 1913, 674-678.

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ficoltà d’inquadramento cronologico per quelle “a cassa”: «pur presentando le stesse fasi delle tombe dei due altri tipi, le manifestano in misura assai limitata, da non permettere di fondarvi sopra una classificazione, che abbia valore cronologico».

Gli studi condotti da N. Valenza Mele hanno permesso di apportare nuovi dati e di precisare l’evoluzione cronologica e socio-culturale della necropoli di età sannitica56.

Tra le più antiche tombe “a schiena” è la Stevens 204 (= Gabrici CLXVI), ritrovata nel fondo G. Palumbo57. La tomba presenta delle dimensioni inferiori rispetto alle altre (2,22 x 1,00 m; alt. 1,32 m), non ha vano d’accesso ed è priva del letto funebre. Secondo la Valenza Mele, essa «può considerarsi un primo tentativo di monumentalizzazione della comune tomba a cassa, che poi porterà alle tombe a schiena “regolamentari”»58. Il corredo era composto da un ciondolo d’ambra circolare, due fibule in argento rivestite d’oro, un’ol- la acroma sulla quale, a chiusura, era deposta una scodella monoansata decorata a fasce contenente ossa animali, uno stamnos decorato a fasce e uno skyphos a vernice nera.

Nella seconda metà del IV sec. a.C. si nota un ampliamento molto più consistente del corredo ceramico. Persiste sempre l’olla acroma di notevoli dimensioni e lo stamnos sem- pre acromo; ma a essi si affiancano ora i grandi vasi figurati: il cratere, l’hydria, l’anfora, la situla, generalmente provenienti dalle stesse botteghe. I corredi maschili sono spesso caratterizzati dalle armi e dai cinturoni.

Indicativa per questa fase è la tomba “a schiena” 247 (= Gabrici CLXXXV) con deposizione maschile e femminile indagata dallo Stevens nel fondo G. Palumbo e datata nel terzo quarto del IV sec. a.C. La tomba (2,20 x 1,80 m) orientata E-O e con vano d’ac- cesso rettangolare fu rinvenuta priva del tetto. Al suo interno erano sistemati, lungo le pa- reti N e S, due letti59. I corredi erano composti da numerosi vasi figurati, da alcuni vasi potori a vernice nera e dalle olle acrome, eguali per l’una e per l’altra deposizione. Su uno dei due letti era presente la punta di lancia60.

All’ultimo quarto del IV sec. a.C. è riferibile anche la tomba dipinta Stevens 185 (=

Gabrici CLVII), con ingresso conformato ad arco e letto funebre, indagata nel fondo G.

Palumbo. La camera ospitava i resti inumati di una donna di elevato status sociale, accom- pagnata da un ricco corredo composto da numerosi oggetti di ornamento in oro e argento, uno specchio in bronzo, resti di un’oggetto in osso, quattro lekanai di cui due a figure rosse, una lekythos e una bottiglia a reticolo, due coppette a vernice nera, uno stamnos con una decorazione figurata (?), diverse ollette tipo kemai, un alabastron fittile ingobbiato di bian- co, diversi unguentari e due statuette muliebri61.

Alla fine del IV sec. a.C. si assiste a un cambiamento. La ceramica a figure rosse diminuisce progressivamente nei corredi fino a scomparire; le dimensioni dell’olla tendono a diminuire e spesso quest’ultima viene sostituita dalle ollette tipo kemai. In questa fase emergono tombe femminili particolarmente ricche come la tomba “a schiena” 32 (= Gabri- ci CXXVI) della fine del IV - inizi del III sec. a.C.: la donna era seppellita con una collana d’oro, due fibule in oro, due in argento, un’armilla in argento, uno specchio in bronzo, una pisside di piombo, un fuso in osso, diversi balsamari in pasta vitrea e un corredo ceramico composto da numerosi vasi, tra i quali un cratere a calice, una hydria e un’anfora a vernice nera attribuite alla ceramica del tipo “West Slope Style” e nove ollette tipo kemai62.

Da questo momento ricompare nella necropoli cumana anche il rito dalla cremazio- ne. Significativa è la tomba “a schiena” 21 (= Gabrici CXVIII): sul letto funebre erano i resti di un individuo cremato e il corredo era composto da un cratere a campana e una kylix a vernice nera e da un’olla di piccole dimensioni, come è ormai uso nelle tombe coeve.

Alla stessa fase appartiene anche la tomba “a schiena” dipinta scoperta nel 1853 durante gli

56 VALENZA MELE 1990.

57 GABRICI 1913, 630-631.

58 VALENZA MELE 1990, 23 e nota 6, 30.

59 GABRICI 1913, 644-647; VALENZA MELE 1990, 25, tavv. XVII-XIX.

60 Museo Archeologico dei Campi Flegrei 2008, 275-281.

61 Museo Archeologico dei Campi Flegrei 2008, 286-289.

62 Museo Archeologico dei Campi Flegrei 2008, 290-293.

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385 scavi del Conte di Siracusa (fondo Correale?) nella quale si rinvennero tra gli elementi di

corredo, accanto ai resti cremati di un individuo, un prochous di bronzo, un cratere a calice e un’hydria del tipo “West Slope Style” e due kantharoi a vernice nera uno dei quali con la nota iscrizione dipinta in osco Upils Ufìis63.

Sulla base dell’evidenza nota, dopo i primi decenni del III sec a.C., la tipologia ar- chitettonica delle tombe “a schiena” non sembra più essere in uso nella necropoli cumana.

2.5. Note topografiche64

I rinvenimenti di tombe “a schiena” si concentrano nell’area prossima alla città, ai lati della via Cuma-Licola, che ricalca l’antico asse Cumis-Capuam. In questa zona furono dislocate le tombe degli Italici appartenenti alla classe emergente. Predominano le tombe a

“cassa” (nelle due varianti “a cassa piana” e “a baule”) e “a schiena”. Le sepolture “a cap- puccina”, a “cassa monolite” per gli infanti o in semplice fossa risultano solo occasional- mente attestate.

Il numero maggiore di tombe “a schiena” fu rinvenuto dallo Stevens nel “primo pe- riodo” delle sue ricerche, in particolare tra il 1878 e il 1880, nel fondo G. Palumbo, situato a E del fondo Artiaco, sulla costa della collina collocata a N/O dell’Arco Felice. Dai Gior- nali di scavo e dai Taccuini si deduce che lo Stevens in questo fondo riuscì a individuare 19 tombe di questo tipo di IV e III sec. a.C. Qualche altra sepoltura simile fu intercettata sem- pre sullo stesso lato della strada Cumis-Capuam nei fondi vicini di St. Palumbo (1), imme- diatamente a S, e di M. De Costanzo (1) e dei Fratelli Pascariello (2), poco più a N. Altre tombe appartenenti alla stessa tipologia si rivennero negli anni successivi nel fondo Artiaco (5) e nel fondo L. Correale (3), confermando quindi una maggiore concentrazione di queste sepolture “monumentali” in prossimità delle mura e ai lati dell’asse stradale che doveva uscire dalla Porta orientale. Da questi due ultimi fondi provengono, inoltre, le tombe con l’apparato decorativo più ricco. Purtroppo, nel caso delle tre tombe “a schiena” edite dal de Jorio, dal Gargiulo e dal Fiorelli per lo scavo del Conte di Siracusa (fondo Correale?), non viene indicato l’esatto luogo del rinvenimento. Un dato da non sottovalutare è il fatto che nel fondo G. Esposito, 100 m più a N rispetto al fondo G. Palumbo, lo Stevens trovò sepol- ture di età sannita piuttosto ricche e contenenti vasi figurati, tra le quali, però, non viene segnalata alcuna tomba “a schiena”.

3. Conclusioni

La tipologia architettonica delle tombe “a schiena” è particolarmente diffusa a Cuma nel periodo sannitico, ma sembra essere già documentata in età arcaica e classica65. Nella sua monografia del 1913 su Cuma, E. Gabrici così esordisce nel descrivere le tombe “a schiena”: «La camera sepolcrale con tetto a due pioventi, già usata a Cuma nei secoli pre- cedenti, ebbe durante il periodo greco-sannitico assai maggior fortuna»66.

Nell’articolo del 1883 lo Stevens scrive che «La tomba a schiena appartiene al pe- riodo ora indicato; alla fine del II sec. a.C. od ai principi del primo, fu sostituita dalla tom- ba a camera; questo almeno sembra risultare dalla comparazione dei monumenti e dai dati raccolti»67. E nella tav. IV allegata, con la lettera G, viene descritta la tipologia e illustrata

63 FIORELLI 1853, 13, tav. III (parte del corredo).

64 Spunti interessanti per un inquadramento topografico della necropoli di età sannita sono nella Appendice. Le tombe di epoca arcaica e classica nel contesto della necropoli cumana: appunti topografici di N. Valenza Mele in VALENZA MELE-RESCIGNO 2010, 206-210. Le riflessioni sono soprattutto sul settore di necropoli indagato da E. Stevens nel fondo G. Palumbo.

65 Per i corredi cumani e i rituali di età arcaica e classica, nonché per le tombe “a schiena” del periodo più antico, si vedano i due saggi di N. Valenza Mele (VALENZA MELE 1981, 97-128; VALENZA MELE 1990, 23-33), poi confluiti in VALENZA MELE-RESCIGNO 2010.

66 GABRICI 1913, 672.

67 STEVENS 1883, 275.

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in pianta e in elevato. Le diverse tombe individuate e indagate dallo Stevens nel corso del primo periodo (in particolare tra il 1878 e il 1881) rispecchiano esattamente la descrizione fatta dall’autore nel 188368. Malgrado alcune siano state manomesse e distrutte, la maggior parte di esse ha restituito elementi di corredo che permettono di inquadrarle cronologica- mente tra la seconda metà del IV e i primi decenni del III sec. a.C.

Con la ripresa delle ricerche nel secondo periodo, quindi tra il 1886 e il 1893, lo Stevens sposta le sue indagini più a N e indaga nuovi settori di necropoli situati a una mag- giore distanza dalle mura. Nel corso delle esplorazioni si imbatte immediatamente in nuove sepolture, tra le quali alcune tombe “a schiena” che rinviene nei fondi M. Maiorano (4, forse 5), G. D’Isanto (2) e Scala (4). La maggior parte era già stata distrutta e violata in antico.

La prima tomba “a schiena” è indagata, agli inizi del mese di aprile del 1886, nel fondo M. Maiorano69: «in parte distrutta; sita da E a O, con l’ingresso da Ponente; di pro- porzioni maggiori del consueto, conteneva dessa tre casse di pietra tufacea munite di coper- chio, disposte di fronte, a destra ed a sinistra della porta; in queste si rinvenne, tra la terra che le colmava, degli avanzi di ossa cremate; nell’altra erano due vasi dipinti che avevano entrambi serbato cadaveri combusti; l’un vaso tutto eroso e sgretolato non si poté racco- gliere, l’altro rotto in frammenti fu messo in serbo»70. Si tratta dunque secondo lo studioso di una tomba “a schiena” più grande dell’ordinario con, al suo interno, tre casse. Il rito fu- nerario è quello della cremazione. Non è segnalata la presenza di alcun oggetto di corredo tranne i cinerari che sono in due casi dei vasi figurati (“dipinti”), non meglio precisati, né per forma né per decorazione71. Nei Giornali dello Stevens non vi è nessuno schizzo della tomba.

Una seconda sepoltura dello stesso tipo, per la quale disponiamo di maggiori detta- gli, è scavata nel fondo M. Maiorano il 18 maggio 1886 (= Gabrici LXXII): «La detta Tomba a schiena posta da Levante a Ponente con l’ingresso da questo ultimo lato, trovasi a metà distrutta; ne avanzano il piano inferiore ed i quattro muretti verticali. Sonovi tre sar- cofaghi la cui apertura è al medesimo livello del pavimento; il maggiore segue il muro di Levante; vi sono stati rinvenuti gli avanzi di un cadavere inumato; i due sarcofagi minori l’uno a destra l’altro a sinistra dell’ingresso, possono essere stati adoperati per serbare ossa cremate (come difatti son comparse nel primo). Sparsi qua e là vennero a luce molti fram- menti di un Kratere (tipo n) a figure rosse su fondo nero». Lo Stevens fornisce le dimensio- ni del sepolcro (3,06 x 2,63 m; alt. conservata dei muri di recinzione 0,67 m) e accompagna la descrizione nel Giornale di uno schizzo con la pianta e la sezione del sepolcro72. Anche in questo caso il monumento è parzialmente distrutto (“mancante del tetto”) ed è predispo- sto per accogliere più sepolture al suo interno, tra le quali un’inumazione e due cremazioni.

Lo Stevens definisce il cratere di “tipo n”, che nella sua tipologia corrisponde al cratere a calice, il Gabrici diversamente lo identifica con un cratere a colonnette73.

Una tomba molto simile viene indagata nello stesso fondo anche il 16 maggio 1888 e lo Stevens la descrive con dovizie di particolari nel Giornale, allegando anche uno schiz- zo con la pianta e la sezione74: all’interno della camera, destinata ad accogliere unicamente delle inumazioni, erano due sarcofagi vuoti e un sarcofago più recente intatto con corredo composto da una lekythos a figure nere, una coppa e un’olpe a vernice nera, un boccaletto acromo.

68 Cfr. nota 72.

69 VALENZA MELE-RESCIGNO 2010, 71, 86001.

70 G12 - Stevens 1886-90, 4, nel CD allegato al volume di VALENZA MELE-RESCIGNO 2010.

71 Sulla tomba si veda anche GABRICI 1913, 807-808 (Statistica delle tombe, Tab. M. Maiorano n. 1); VALEN- ZA MELE-RESCIGNO 2010, 71, 86001.

72 G12 - Stevens 1886-90, 11, nel CD allegato al volume di VALENZA MELE-RESCIGNO 2010. Sulla tomba si veda anche GABRICI 1913, 450-451, fig. 165, tav. LXXXIV, 5; 809-810 (Statistica delle tombe, Tab. M. Maio- rano n. 35); VALENZA MELE-RESCIGNO 2010, 78-80, 86038.

73 GABRICI 1913, 451, tav. LXXXIV, 5.

74 G12 - Stevens 1886-90, 85, nel CD allegato al volume di VALENZA MELE-RESCIGNO 2010, 124, 88063.

Sulla tomba si veda anche GABRICI 1913, 817-818 (Statistica delle tombe, Tab. M. Maiorano n. 219).

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387 In seguito Stevens scava altre tombe che definisce come “a schiena”, sia ancora nel

fondo Maiorano che nei fondi D’Isanto e Scala, la maggior parte delle quali distrutte e de- predate; di queste ultime però non fornisce ulteriori dettagli nei Giornali. Fanno eccezione due sepolture rinvenute nel fondo Scala, entrambe pubblicate anche nel volume del Gabri- ci. La prima (= Gabrici CX), fu rinvenuta il 12 luglio 1890 sconvolta75: «Lavorando a sgomberare la detta tomba si è riconosciuta contenere tre loculi a inumazione, ma poi se- guitando il lavoro si è venuto a constatare che un solo sarcofago di riscontro all’entrata era rimasto insieme. Alla parete destra giaceva Patera a vernice nera (tipo C) alt. 0.08» 76. Il vaso, in realtà una kylix attica di tipo C, presentava un’iscrizione sotto il piede: XE- NOPHANTO EMI77. La seconda tomba (= Gabrici CXI), indagata il 2 luglio 1891, con foro al tetto e spogliata, all’esterno, «presso il tetto di essa tomba e precisamente sul pio- vente opposto a quello ov‘era stato praticato il foro, si sono rinvenuti nella nuda terra i se- guenti fittili»: una hydria attica a figure nere, un’anforetta a figure nere, una lekythos a fi- gure nere e un calice a vernice nera78. La datazione proposta è il 500 a.C.

Alla serie indagata dallo Stevens, si aggiunge una tomba a camera con più deposizio- ni indagata nel fondo L. Correale durante i lavori di bonifica del lago di Licola nel 1884 e ben nota in bibliografia per il rinvenimento al suo interno dei blocchi con l’iscrizione arcai- ca del “lenos”79. La tomba «misurava esternamente m. 4,12 x 3,30. Essa costituiva un’am- pia cassa di grossi lastroni di tufo, coperta da altri lastroni simili inclinati a due falde, poggiati nel piede sui laterali lunghi, e nel vertice l’uno contro l’altro. I lastroni della co- pertura avevano la costante lunghezza di m. 1,80, e la grossezza di m. 0,27: e ad evitare che potessero scorrere sui punti di appoggio, nelle due teste che presentano la forma di un fa- stigio, erano stati assicurati verso la base da altri lastroni, disposti in traverso e contornati a guisa di antefisse. Sulla rimanente lunghezza di ognuno dei due lati, e per lo stesso scopo, erano stati addossati altri lastroni, nei quali era cavato un canale, che raccogliendo le acque di ciascun piovente, le versava fuori il piantato della tomba. Sul lato di prospetto, chiuso da un lastrone rettangolare adattatovi dall’esterno, è il vano per entrarvi, di metri 0,80 x 0,98, il quale, rettangolare per tre lati, ha la parte superiore formata da due piani paralleli ai pio- venti della copertura». L’interno della camera era diviso in quattro loculi da lastroni messi di taglio, cioè tre loculi disposti nel senso della lunghezza, e il quarto “per traverso” a ri- dosso dei primi tre. All’interno della camera si rinvennero diversi elementi del corredo: una cuspide di lancia, vari chiodi e pezzi indefinibili, un frammento di lama concavo-convessa in ferro, quattro monete di piccolo modulo in bronzo, due specchi in frammenti, un anello in bronzo, vari frammenti cilindrici in bronzo, 17 balsamari in ceramica, un guttus a verni- ce nera e un “urceolo”. Sul lato meridionale dell’ultima tomba descritta, ma all’esterno, fu rinvenuta un’olla in frammenti, capovolta, contenente una piccola lagena. «Difatti la poca ceramica raccolta nella tomba del fondo Correale è del secolo terzo, al più della fine del quarto, come lasciano argomentare le quattro monetine di bronzo, se sono napoletane»80. Un’iscrizione con lettere dell’alfabeto cumano era incisa sulla faccia interna dei due lastro- ni che formavano la parete settentrionale della tomba.

L’attenta rilettura dei dati di scavo fatta recentemente da C. Rescigno ha permesso, oltre agli stimolanti spunti di riflessione sull’iscrizione, di ricollocare la sepoltura da un punto di vista tipologico in quel gruppo di monumenti funerari di età tardo-arcaica e clas- sica che lo Stevens, nel suo secondo periodo, definiva come tombe “a schiena” e di ipotiz- zare un riuso della camera funeraria nel IV-III sec. a.C.81

75 GABRICI 1913, 463 (Tomba CX); 833-834 (Statistica delle tombe, tab. Scala n. 45).

76 G13 - Stevens 1890-93, 4-5, nel CD allegato al volume di VALENZA MELE-RESCIGNO 2010.

77 VALENZA MELE-RESCIGNO 2010, 195, 90055, figg. 57-59.

78 G13 - Stevens 1890-93, 20, nel CD allegato al volume di VALENZA MELE-RESCIGNO 2010; GABRICI 1913, 464 (Tomba CXI); 833-834 (Statistica delle tombe, Tab. Scala n. 69); VALENZA MELE-RESCIGNO 2010, 197-198, 91006.

79 MINERVINI 1884, 352-357; per l’iscrizione si vedano anche il Museo Archeologico dei Campi Flegrei 2008, 206 e RESCIGNO 2010 b, 367-373 con bibliografia precedente.

80 GABRICI 1913, 571.

81 RESCIGNO 2010 b, 367-369.

(19)

388

In conclusione, la revisione dei dati consente di fare alcune considerazioni. La prima riguarda più prettamente la differenza esistente tra le caratteristiche planimetriche delle tombe del primo periodo rispetto a quelle del secondo82. Non torneremo sulle peculiarità delle prime, ampiamente descritte in precedenza. Le tombe indagate, invece, tra il 1886 e il 1891 sono simili tra loro, hanno dimensioni maggiori, contengono più sarcofagi (in ge- nere 3) e sono destinate ad accogliere più individui; come sottolineato recentemente, «ri- chiamano, nella disposizione delle sepolture, ambienti di rappresentanza sia pubblici che privati, quasi riproduzioni di andrones con la disposizione radiale dei letti lungo le pare- ti»83. Inoltre, nei quattro casi in cui la tomba viene descritta con maggiore dettaglio dallo Stevens e malgrado vengano definite da lui stesso “a schiena”, si riscontra l’assenza della copertura, cioè di quel tetto displuviato, ottenuto contrapponendo lastroni inclinati, che caratterizza la tipologia in oggetto. Fa eccezione solo la sepoltura rinvenuta il 2 luglio del 1891 nel fondo Scala (= Gabrici CXI), il cui corredo, con certezza risalente all’età arcaica, fu rinvenuto all’esterno della tomba e sul quale può essere espresso, forse, qualche dubbio sulla pertinenza84.

Una seconda osservazione può essere fatta rispetto alla datazione delle tombe “a schiena” del secondo periodo. Queste ultime restituiscono elementi di corredo, quando conservati, che confermano la loro pertinenza al periodo tardo-arcaico e classico.

Sulle base di queste osservazioni ci sembra possibile sollevare alcuni dubbi sulla cronologia “alta” proposta per l’introduzione della tipologia delle tombe “a schiena” a Cu- ma. Escludendo dal lotto le sepolture indagate dallo Stevens nel secondo periodo - ad ecce- zione forse della tomba rinvenuta nel fondo Scala (= Gabrici CXI) - la tipologia architetto- nica, così come viene descritta e illustrata dallo Stevens nel 1883, sembrerebbe essere do- cumentata esclusivamente dopo la conquista sannitica, quindi solo dal IV e non oltre i primi decenni del III sec. a.C.

In una riflessione di tipo “cronologico” sulle tombe “a schiena” cumane non possono non essere citate quelle tombe a camera ipogea costruite con blocchi di tufo, con copertura displuviata a più filari e letti funerari all’interno, attribuite alla fase tardo-arcaica e classica della necropoli e nelle quali è stato ipotizzato di vedere un modello precursore85. L’esempio più noto è quello illustrato dall’architetto inglese Arthur Ashpitel, che nel 1854 assistette agli scavi condotti dal Conte di Siracusa (fondo Correale?) e ne documentò con cura la struttura86. Già qualche tempo prima, nel 1822, il canonico A. de Jorio si era imbattuto nelle campagne cumane in una tomba analoga che descrive e illustra nel suo volume sul Metodo87. Sepolcri simili, invece, non si rinvennero negli scavi dello Stevens88. Purtroppo in entrambi i casi non sono forniti dettagli sugli oggetti trovati all’interno delle camere, rendendo l’inquadramento cronologico dei sepolcri difficile e soprattutto infondata una datazione al periodo tardo-arcaico o classico. Suggestivo a questo proposito è il collega- mento fatto recentemente da C. Rescigno, sulla base degli aspetti costruttivi, con la tomba a tholos del fondo Artiaco, la cui ultima fase di frequentazione è documentata dalla sepol- tura a cassa con iscrizione dipinta degli Heii, datata al II sec. a.C.89 E similitudini possono

82 Alcune perplessità sull’identità tra le tombe “a schiena” di I e II periodo sono già in VALENZA MELE-RESCI- GNO 2010, 241-242 e si veda anche la fig. 61, 238.

83 VALENZA MELE-RESCIGNO 2010, 241.

84 Per un’edizione recente del “corredo”: Museo Archeologico dei Campi Flegrei 2008, 203 (fine VI - inizi del V sec. a.C.).

85 Su queste tombe a camera è tornato recentemente C. Rescigno: RESCIGNO 2010 b, 366, fig. 22 e nota 62.

86 ASHPITEL 1857, 316-334, in particolare 328-329, tav. VII e figura a pagina 327; i disegni di A. Ashpitel sono ripresi da Minervini (MINERVINI 1857, 104, tav. VIII, nn. 2-4) e da Gabrici (GABRICI 1913, 569-570, fig. 210).

Una delle prime segnalazioni della scoperta fu data nel The Illustrated London News, il 29 aprile del 1854.

87 DE JORIO 1824, 175-177, tavv. III e VIII. La descrizione della tomba è a pagina 16, nel paragrafo intitolato De’ Sepolcri Greci: «Avvi un’altra specie di covertura di sepolcri, della quale non se ne addurrà che un solo esem- pio, cioè della magnifica tomba rinvenuta in Cuma nel 1822. In questa le pietre della covertura sono disposte l’una sull’altra sempre gradatamente, sporgendo in dentro ed in modo che tagliate obliquamente vanno a congiungersi insieme nella estremità della covertura. Questa specie di tetto che nell’interno è perfettamente a linea, all’esterno forma diversi gradi, come può vedersi nella Tavola III e VIII».

88 GABRICI 1913, 569-571.

89 RESCIGNO 2010 b, 366.

(20)

389 essere notate anche con le tombe “a camera” con volte a botte che secondo lo Stevens so-

stituirono quelle “a schiena” tra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C.90 e la cui cronologia è oggi confermata dai rinvenimenti recenti lungo la strada “A” uscente dalla Porta mediana delle fortificazioni settentrionali91.

«Vogliamo chiudere queste brevi osservazioni coll’avvertire che d’oggi innanzi si dovranno attentamente studiare i sepolcri di Cuma; giacché siamo persuasi che altre sco- perte osche venir potranno ad illustrare i costumi, specialmente funebri, de’ popoli sanniti- ci, che per la massima parte ci restano ignoti»92.

90 STEVENS 1883, 275.

91 MUNZI c.s.

92 MINERVINI 1853, 165.

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390

Abbreviazioni bibliografiche

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A. Ashpitel, The City of Cumae, and the Recent Exca- vations there, in Archaeologia, 38, 1857, 316-334.

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J.-P. Brun - Pr. Munzi, La necropoli monumentale di età romana a Nord della città di Cuma, in Cuma, XLVIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Ta- ranto 2008, Taranto 2009, 635-717.

BRUN et alii 2010

J.-P. Brun - E. Botte - G. Brkojewitsch - L. Cavassa - N. Meluziis - Pr. Munzi, Cumes, in MEFRA, 122, 2010, 267-271.

CAPUTO 1987

P. Caputo, Cuma. La storia degli scavi e gli interventi della Soprintendenza, in Quaderni dell’Ufficio Beni Culturali di Pozzuoli, 4, 1987, 21-34.

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P. Caputo, Su un frammento di pittura funeraria da Cuma, in Studi sull’Italia dei Sanniti, A. La Regina (ed.), Milano 2000, 74-77.

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P. Caputo, Una nuova tomba osca dipinta dalla ne- cropoli di Cuma (Pozzuoli/NA): rapporto prelimina- re, in In Itinere. Ricerche di archeologia in Campa- nia, F. Sirano (ed.), Atti del I e del II Ciclo di Confe- renze di Ricerca archeologica nell’Alto Casertano, S.

M. Capua Vetere 2007, Cava de’ Tirreni 2007.

CAPUTO 2008

P. Caputo, Tomba a schiena, dall’area dell’ex fondo Correale, in Museo Archeologico dei Campi Flegrei 2008, 267-268.

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G. Minervini, Breve notizia di una tomba Cumana, in BullNap, 111, 1857, 104.

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Riferimenti

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