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DIPENDE DALLA SCHIENA

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Academic year: 2022

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L

Il libro

:

essa non dipende solo la salute della schiena ma del nostro corpo nella sua interezza. A influenzarla sono sia fa ori meccanici e fisiologici, sia i nostri vissuti emotivi e sensoriali: un insieme complesso e articolato che si traduce in quella postura che è solo nostra e ci contraddistingue. Come i tronchi degli alberi sono modellati dall’ambiente che li circonda, così gli uomini sono meravigliose sculture viventi, plasmate dalla vita.

Laura Bertelè, medico ortopedico, vanta una lunghissima esperienza clinica, maturata dapprima lavorando al fianco di Françoise Mézières e poi integrando il suo rivoluzionario metodo di rieducazione posturale con la le ura emozionale del corpo. In Dipende dalla schiena, raccoglie i consigli che da anni offre ai suoi pazienti e agli allievi dei suoi corsi di formazione. Partendo dalla propria esperienza professionale e personale, in questo libro Laura Bertelè insegna a correggere i più comuni dife i di postura e a prevenire così molti problemi di salute, nelle diverse fasi della vita: durante la gravidanza, l’infanzia, l’adolescenza, fino all’età adulta e matura.

Un libro chiaro e indispensabile, che illustra gli esercizi fondamentali e alcuni semplici accorgimenti da ado are nella vita di tu i i giorni per mantenere l’elasticità dei muscoli e delle articolazioni. E o enere una postura più armonica, più sana, oltre che più bella.

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L’autrice

Laura Bertelè, medico fisiatra specialista in terapia fisica e riabilitazione motoria, è iscri a all’albo degli psicologi. Al suo metodo sono state dedicate, in Italia e all’estero, tesi di laurea in fisioterapia, medicina, psicologia e bioingegneria. Tiene corsi di formazione per figure sanitarie (medici, psicologi, terapisti della riabilitazione e psicomotricisti) e per armonizzatori muscolari, una nuova professione nell’ambito del benessere e dello sport.

Svolge il suo lavoro terapeutico presso il Centro di rieducazione Gino Rigamonti della Fondazione Apostolo a Merate (Lecco). Per Baldini & Castoldi ha pubblicato Il tuo corpo ti parla (1995), Se anche avessi… (2000) e Il linguaggio emozionale del corpo (2005), per Mondadori Ascolta e guarisci il tuo corpo (2011) e per la Fondazione Apostolo Basta saper vedere (2013).

www.metodobertele.it

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Laura Bertelè

DIPENDE DALLA SCHIENA

Come la postura influenza il tuo benessere fisico ed emotivo

Disegni di Pierangelo Marucco

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Dipende dalla schiena

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Introduzione

Da quasi quarant’anni cerco di comunicare ai genitori e ai ragazzi che visito per problemi posturali, e agli adulti che arrivano per patologie e dolori vari, che stare bene è possibile: si può imparare. Il primo passo è ascoltare il proprio corpo.

Ogni volta è un percorso di conoscenza, in cui accompagno la persona a vedere non solo lo scheletro, i muscoli, le articolazioni, ma anche, e sopra u o, l’inscindibile insieme psico-neuro-muscolare che si traduce in quella posizione, in quel preciso momento della sua vita affe ivo-relazionale.

Per comprendere la meravigliosa complessità dell’uomo, in continuo mutamento e costante evoluzione, è necessario mantenere uno sguardo aperto e una visione non se oriale.

Dopo una lunga esperienza clinica, prima al fianco di Françoise Mézières e poi integrando il suo rivoluzionario metodo di rieducazione posturale con la le ura emozionale del corpo, mi sono resa conto che la postura, così come il benessere, è il risultato di interferenze perce ive provenienti dall’ambiente interno oltre che da quello esterno. Perché stare «bene» non è solo non avere dolori.

Siamo «sani» quando siamo in un dialogo armonico con noi stessi e con ciò che ci circonda.

Le esperienze positive o negative modificano i canali di interrelazione della persona con l’ambiente, conservandoli aperti e dire i, oppure rendendoli tortuosi e deficitari, anche a livello immunologico.

Questo libro raccoglie i consigli che da anni trasme o ai miei allievi nei corsi di formazione e che quotidianamente tu i noi terapeuti del metodo offriamo ai nostri pazienti.

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Nella prima parte ho affrontato le interrelazioni tra il sistema muscolo-scheletrico, l’occlusione, le vie sensitive e il sistema immunitario.

La seconda parte intende tracciare, a raverso la mia esperienza personale e professionale, una mappa verso il benessere, nelle varie fasi della vita.

La terza parte, infine, raccoglie esercizi e consigli per mantenere l’elasticità dei muscoli e delle articolazioni.

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Prima parte

LA COMPLESSITÀ DEL CORPO

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Il conce o di postura

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L’uomo è al tempo stesso complessità e semplicità, unità e molteplicità. Ogni individuo è una storia diversa da tu e le altre. È un aspe o unico dell’universo.

Alexis Carrel, Le rôle futur de la médecine

Il termine postura deriva dal latino ponere, «porre», e le eralmente significa: «Posizione assunta specialmente in corrispondenza della disponibilità di spazio o della possibilità di spostamento; stato che assume il corpo in seguito all’a eggiamento delle membra o di alcune di esse».1

Poiché il corpo reagisce con gli stessi muscoli per sostenere un peso materiale e uno emotivo, la postura ci parla anche, anzi sopra u o, di come ci poniamo nello spazio e della possibilità di spostamento che il nostro io inconscio percepisce intorno a sé.

La nostra posizione non è solo il risultato di rapporti fisici fra segmenti corporei, ma è il nostro modo di essere nel mondo, di

«prendere il nostro spazio». È influenzata da fa ori meccanici, da apparati e organi che plasmano e modellano il nostro corpo: un insieme complesso e articolato che si traduce in quella postura che è solo nostra e ci contraddistingue. Come i tronchi degli ulivi presso Ostuni, sulla strada vecchia che dalla «ci à bianca» va al mare, sono la risposta della natura all’ambiente – un pioppo, con la sua verticalità, lì non potrebbe sopravvivere – anche gli uomini sono meravigliose sculture viventi, modellate dalla vita.

La natura è intelligente e l’ada amento è sempre funzionale. Così anche il corpo rivela, con il suo linguaggio di sintomi e postura, il

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nostro essere e i vissuti profondi.

Sto come posso, non come voglio

Innanzitu o è necessario ricordare che la postura è spontanea, e non può essere controllata dalla volontà. Non ha quindi senso, anzi è proprio sbagliato, voler decidere arbitrariamente di avere un portamento più ere o, dandosi ordini tipo: «Pe o in fuori, pancia in dentro», oppure dire a qualcuno: «Sta’ diri o».

La posizione subisce l’influenza continua del sistema limbico (sede delle emozioni), dove vengono registrati i successi o i fallimenti delle nostre azioni. Il sistema limbico fa parte del sistema energetico, è un cervello nel cervello: un insieme di stru ure collegate funzionalmente con lo scopo di ricevere stimoli, accumulare energia e distribuirla a quelle zone cerebrali (lobo frontale e prefrontale) deputate alla programmazione delle azioni e alla scelta degli obie ivi.

Gli stimoli per alimentare questo sistema sono le informazioni sensitive che originano dalla sensibilità ta ile della pelle, dagli stimoli uditivi, visivi, da muscoli, articolazioni e tendini. Le informazioni si traducono in energia che, a raverso le vie ascendenti di diffusione, carica la formazione reticolare, quella straordinaria

«pila» posizionata nel mesencefalo che, modulata dal sistema limbico, invia da una parte impulsi alla zona prefrontale del cervello e dall’altra regola il tono, cioè la contrazione di base di tu i i muscoli del corpo.

In altre parole, solo se siamo adeguatamente stimolati a raverso la sensibilità cutanea (cioè se siamo toccati, accarezzati), visiva (tramite la luce e le immagini), uditiva (con i suoni e la musica) e proprioce iva (per mezzo del movimento a ivo e passivo) avremo le risorse per vivere in modo creativo ed essere presenti nel mondo fisico, emotivo e spirituale con una nostra individualità unica e insostituibile.

Il sistema energetico si carica quando i nostri bisogni sono soddisfa i e si impoverisce quando vengono frustrati. Questo

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meccanismo è a ivo fin dalla prima infanzia. La risposta dell’ambiente è determinata dai modelli di comportamento sociali.

Ho notato che tanti pazienti traducono nel corpo la rigidità delle loro famiglie, alle quali sentono di doversi adeguare.

La deprivazione sensoriale (in incubatrici, sale di rianimazione) provoca un crollo del tono muscolare e della «presenza», ma, all’estremo opposto, anche una stimolazione sensoriale aggressiva per la persona (luce e suoni troppo forti, eccesso di movimento) tende analogamente a fare aumentare il tono muscolare, con un drastico calo delle capacità corticali di programmazione e di vigilanza. La stimolazione con suoni, voci e musiche amate e massaggi di conta o è fondamentale anche nell’accompagnamento di persone con esiti di coma.

La nostra postura è quindi modulata, determinata e plasmata dai nostri vissuti emotivi e sensoriali. Un equilibrio fisico corre o e armonioso si o iene, e si può mantenere, solo in modo so ocorticale, ossia inconscio. L’eventuale controllo volontario dura quanto il tempo dell’a enzione, dopo di che ha comunque il sopravvento l’automatismo della parte più antica del cervello.

1. Definizione tra a da: Giacomo Devoto, Gian Carlo Oli, Dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze 1971.

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Guardare per comprendere

2

Il controllo motorio è una dote congenita che si rivela fin dai primi anni di vita.1 Ognuno di noi, nel corso degli anni, può farlo maturare, perfezionarlo.

Come si nasce con una predisposizione per la musica, per la matematica o per il disegno, così ci sono persone che hanno un controllo posturale e motorio particolarmente performante: corpi

«fuori serie».2

I muscoli scheletrici sono la parte dinamica del corpo, e muovendo o frenando le articolazioni modellano il nostro aspe o fisico e la nostra postura.

Come Françoise Mézières ha visto per prima, e mi ha insegnato, il corpo è un tu ’uno, per cui ogni movimento, anche piccolo, comporta degli aggiustamenti, delle reazioni, delle compensazioni in altre regioni, anche lontane. E questo è tanto più evidente quanto più i muscoli sono tesi e contra i.

Mézières è giunta a elaborare il suo metodo empiricamente, a partire dall’«osservazione principale». Ha saputo «vedere» ciò che gli altri, tu i gli altri, si limitavano a guardare.3

Raccontava che nel 1947 arrivò da lei una donna per chiederle aiuto. Era già in cura da un famoso ortopedico e portava un corse o che le procurava delle piaghe sui punti di appoggio del bacino e so o le ascelle. Mézières la fece distendere, poi esercitò una leggera pressione sulle spalle, molto anteposte, per farle scendere verso il le ino. La pressione, seppure delicata, provocò un’accentuazione della lordosi lombare che Mézières cercò di correggere, facendo fle ere alla paziente le ginocchia, senza sollevare i piedi. Questo movimento, però, ebbe come conseguenza un ulteriore

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aggravamento irriducibile della lordosi cervicale. Mézières ripeté più volte la sequenza: le reazioni erano costanti. La conclusione le sembrò evidente: i muscoli dorsali di quella signora si comportavano come un solo, potente elastico troppo corto e la lordosi si spostava lungo la colonna «come un anello che scivola lungo un bastone».

Notò lo stesso fenomeno in tu i gli altri pazienti che vide da allora in poi: i muscoli dorsali reagivano sempre come un’unità funzionale.

Un altro episodio che la impressionò molto fu quando, giovane massaggiatrice nella Parigi degli anni Venti, era andata a rendere omaggio alla salma di un vicino di casa che incontrava ogni giorno, curvo e deformato da una grave scoliosi. Si rese conto che il suo corpo era molto più «lungo» rispe o a prima. I muscoli, rilasciati dalla morte, avevano permesso alla colonna vertebrale di allungarsi.4

Le cinque catene muscolari

Al riconoscimento della prima unità funzionale, o «catena posteriore», Françoise Mézières ha poi aggiunto altri qua ro insiemi muscolari, che si comportano anch’essi come elastici troppo corti.

Le due catene delle braccia sono costituite dai muscoli flessori e pronatori, cioè quelli che ci perme ono di portare il cibo alla bocca.

Chiunque può osservare, infa i, su se stesso o sugli altri, che stando in piedi in posizione naturale, le braccia lungo il corpo non sono mai completamente stese né con il palmo ruotato verso l’avanti come si vede nei manuali di anatomia. Nell’uomo vivente, il gomito è sempre più o meno flesso, l’avambraccio pronato (con il palmo rivolto all’indietro), il polso e le dita in flessione. In particolare, si nota che quanto più la persona usa gli arti superiori per lavori pesanti (chi solleva pesi, anche in palestra, operai, muratori, mamme casalinghe, infermieri e fisioterapisti, sopra u o nel caso di pazienti alle ati) o di precisione (musicisti, parrucchieri, sarti, chi usa molto il computer e in particolare il mouse), tanto più la catena si accorcia, favorendo tendiniti alle spalle (periartriti), ai gomiti (epicondiliti o

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«gomito del tennista»), ai polsi e alle dita, sofferenze dei nervi al gomito o al tunnel carpale.

Il quarto elastico che ci schiaccia e deforma è la catena anteriore interna al corpo, formata dai seguenti muscoli: il diaframma, che è il mantice, il motore della respirazione, inserito posteriormente sulle prime vertebre lombari, e l’ileopsoas, che si a acca in alto su tu e le vertebre lombari e in basso su una protuberanza nella parte superiore e interna del femore, il piccolo trocantere. Questi due muscoli si potenziano reciprocamente nella loro funzione comune di

«lordosare» la colonna, cioè di far inarcare la regione lombare. Si ha così una rotazione del bacino in avanti, quella cioè che rende il sedere piacevolmente rotondo, ma che comprime le vertebre lombari e i dischi interposti, favorendo ernie discali, sciatalgie e artrosi delle anche, perché con il bacino antiverso le articolazioni coxofemorali lavorano male e si usurano precocemente. Se il diaframma è bloccato, quasi sempre in inspirazione, si possono avere anche ernie diaframmatiche, con conseguenti esofagiti da reflusso dell’acido gastrico.

La quinta catena descri a da Mézières negli ultimi anni di vita è quella del collo, in seguito all’osservazione che in quasi tu e le persone, con l’avanzare dell’età o come conseguenza di un potenziamento muscolare indiscriminato, il collo non solo si accorcia, infossandosi fra le spalle, ma spinge anche il capo in avanti.

Questa postura è dovuta ai potenti e profondi muscoli anteriori della colonna cervicale che, unendosi all’azione di quelli posteriori, schiacciano sempre di più le vertebre cervicali e i dischi interposti.

La conseguenza è l’insorgenza di ernie discali e lo stiramento del plesso cervico-brachiale, cioè dei nervi che, partendo dal collo, muovono i muscoli, regolano la circolazione del sangue (come nella mala ia di Raynaud) e portano la sensibilità dalla periferia al centro negli arti superiori, così come fanno i nervi sciatici del plesso lombo- sacrale negli arti inferiori.

Questi cinque elastici sono tu i interdipendenti, per cui agendo su un punto qualsiasi di una delle catene si ha una risposta, de a compensazione, in una zona, anche distante, di un’altra catena. Di conseguenza non ha mai senso intervenire sul corpo in modo

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g p

«segmentario», cioè localizzato, e bisogna invece tenere presente sempre tu o l’insieme.

La catena posteriore, costituita dai muscoli più antichi e potenti, è quella più importante. Su di essa si rifle ono tu e le compensazioni.

Ogni movimento degli arti influenza il tra o vertebrale di questa catena. Poiché i muscoli addominali profondi (obliqui e traversi) si inseriscono posteriormente sulla regione lombare, quando si eseguono esercizi di potenziamento degli addominali – tanto amati da sportivi e culturisti per procurarsi la famosa «tartaruga» o dalle donne per appia ire il ventre e far rientrare la «pance a» – l’effe o che si o iene è quello di irrigidire la regione lombare e comprimere i dischi. Invece basta allungare e riequilibrare la catena posteriore per avere addominali e pe orali tonici (sistema più efficace di panciere e reggiseni push-up!).

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Siccome da quando si nasce i muscoli delle catene tendono ad accorciarsi, per mantenere l’elasticità, la mobilità delle articolazioni e prevenire problemi ai tendini e ai nervi è fondamentale un costante lavoro di allungamento.

Ma come si sono formate le unità funzionali muscolari nell’uomo?

1. Non a caso nell’ex Unione Sovietica la selezione dei futuri atleti avveniva a orno ai tre anni, perché a quell’età la velocità di reazione e la contra ilità muscolare sono già evidenti.

2. Penso, per esempio, al campione di atletica dei 100 e dei 200 metri Usain Bolt o al tennista Novak Djokovic, ambedue dotati di riflessi, elasticità e coordinazione straordinari.

3. Françoise Mézières (1909-1991), fisioterapeuta francese, ha creato un metodo basato sulla cosidde a observation princeps, oltre che su una perfe a conoscenza dell’apparato muscolare (aveva insegnato anatomia, fisiologia e ginnastica medica alla Scuola di ortopedia e massaggio di Parigi e per qua ro anni ginnastica medica all’ospedale della Salpêtrière).

4. Lo stesso avviene in anestesia generale, anche se con la morte il risultato è più evidente. Invece, quando siamo svegli, il tono muscolare, o contrazione di base, è presente, poco o molto, a seconda dei fa ori che lo influenzano: di quelli emozionali ho già parlato e degli altri parlerò più avanti.

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L’evoluzione nell’evoluzione

3

Le unità funzionali muscolari nell’uomo sono costituite da muscoli filogeneticamente antichi. Se si considera la scala evolutiva, dopo i serpenti (in cui è presente solo la catena posteriore), i coccodrilli, per esempio, hanno nelle zampe anteriori i muscoli corrispondenti alle catene dei nostri arti superiori, cioè i pronatori e i flessori; mancano i supinatori, ossia i muscoli che perme ono all’uomo di ruotare il palmo della mano verso l’alto. Per questa ragione i coccodrilli non possono fare marcia indietro.

Nell’evoluzione si osserva un parallelismo tra il cambio di postura e lo sviluppo del linguaggio. Con il verticalizzarsi del capo, per mezzo della catena anteriore del collo, nell’orecchio interno all’utricolo, che controlla i movimenti orizzontali, si aggiunge il sacculo. Nel momento in cui si forma anche la lagena, abbozzo della coclea o chiocciola, compaiono i primi suoni modulati (uccelli).

Quando poi si raddrizza anche il tronco, avviene il passaggio dalla quadrupedia alla posizione ere a. Parallelamente si perfezionano la coclea e la recezione delle alte frequenze, che sono la fonte di ricarica energetica prioritaria della corteccia cerebrale, in particolare di quella frontale e prefrontale. L’uomo si verticalizza per ascoltare.

Dal punto di vista muscolare, questo passaggio ha comportato il grande sforzo di spostare il peso dei visceri da so o a davanti la colonna vertebrale. I due muscoli che contraddistinguono l’uomo da tu i gli altri animali sono il grande gluteo, la grande lamina muscolare delle natiche – che perme e il raddrizzamento del tronco sulle gambe – e l’opponente del pollice, che ci perme e di stringere un ogge o fra pollice e indice, come sto facendo io in questo momento per impugnare la penna con cui scrivere.

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Nell’essere umano la stazione ere a si acquisisce intorno all’anno di età. Quando tu o procede fisiologicamente, si hanno prima i vocalizzi (quando inizia il controllo del capo), poi la lallazione (quando il bambino si me e seduto) e infine la parola (quando si me e in piedi). Nelle femmine spesso la parola precede la stazione ere a, mentre nei maschi è più facile che la segua.

Queste due acquisizioni, il cambio di postura e il linguaggio,

«dovrebbero» cara erizzare l’Homo sapiens.

Compensazioni e danni

Dal punto di vista evolutivo, la postura verticale è una conquista relativamente recente e ancora instabile. L’uomo, infa i, si trova difficilmente in uno stato di equilibrio, anzi non lo è quasi mai, perché il suo centro di gravità si è alzato e il poligono di sostegno è ora limitato ai due piedi. L’instabilità posturale comporta quindi continui aggiustamenti.

Questa costante ricerca di riequilibrio sollecita i muscoli dorsali e i posteriori delle gambe – cioè la catena posteriore – che diventano sempre più corti e rigidi, schiacciandoci. Con l’avanzare dell’età, ma anche durante il giorno, la muscolatura ci comprime e ci deforma in modo più o meno vistoso, a seconda delle nostre a ività. Avete mai fa o caso che verso sera è necessario aumentare l’inclinazione dello specchie o retrovisore?

L’accorciamento della catena posteriore fa inclinare lateralmente, all’indietro (lordosi) e ruotare la colonna vertebrale, a orcigliandola a spirale su se stessa e deformando il torace (scoliosi); nelle gambe provoca deformazioni in varismo (a parentesi) e in valgismo (a X) delle ginocchia; nei piedi l’alluce valgo, le dita flesse e i piedi pia i.

Come vedremo qui di seguito, questo accorciamento è aggravato da altri fa ori.

1. La catena anteriore del collo rende sempre più difficile

riallineare la nuca con le scapole e il sacro, per cui la testa va

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sempre più in avanti (posizione da biberon), trascinando il tronco, e questo accorcia ulteriormente la catena posteriore.

2. Le catene delle braccia accorciandosi portano come conseguenza limitazioni alle spalle (periartriti e patologie della cuffia dei

rotatori), ai gomiti (epicondiliti ed epitrocleiti), deformazioni del palmo delle mani e delle dita (tunnel carpale, dito a sca o,

morbo di De Quervain, morbo di Dupuytren).

3. La catena antero-interna del diaframma e dell’ileopsoas tende a bloccare la respirazione, sopra u o in inspirazione, e mantiene il bacino in avanti (antiversione).

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Vedere per curare

4

Mézières mi ha insegnato, oltre che a «vedere» le funzioni muscolari, anche a individuare e a sciogliere i nodi affinché la postura si liberi.

La posizione corre a esiste in ogni persona. Il nostro lavoro consiste nell’avvicinare il più possibile la forma a uale a quella ideale, pur sapendo che non la si raggiungerà mai.

Fin dai primi anni di pratica del metodo, mi accorsi che allungare i muscoli e allentare le tensioni provocava spesso nella persona reazioni emotive anche intense. Ho quindi verificato, direi «toccato con mano» nel vero senso del termine, che quando ciò che viviamo è troppo doloroso o semplicemente troppo intenso immagazziniamo le nostre emozioni nei muscoli. Queste «corazze muscolari» – come le ha chiamate lo psicoterapeuta Wilhelm Reich – ci difendono, ma poi diventano ingombranti e finiscono per bloccarci.

Ogni seduta è una ricerca a ritroso delle compensazioni, iniziando dalle più evidenti e recenti – quelle per cui la persona viene a chiedere aiuto e che causano dolori, patologie o lievi malesseri – fino alle cause a monte, talvolta molto antiche. Una «caccia», come diceva Mézières, o un filo d’Arianna, come piace dire a me, per risalire all’origine del problema. Lo scopo è arrivare a una postura più armonica, meno dispendiosa energeticamente e più sana, oltre che più bella.

Il falso mito del potenziamento muscolare

In un corpo in equilibrio, il lavoro muscolare è efficace quando gli agonisti, cioè i muscoli che compiono il movimento, non sono frenati dagli antagonisti, le articolazioni sono libere, i tendini nella loro

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posizione in asse, i nervi non sono stirati. È quindi inutile, anzi è dannoso, praticare esercizi mirati per potenziare i quadricipiti e gli addominali, tanto amati dagli sportivi, se contemporaneamente non si allungano le catene che li tra engono.

Per lo stesso motivo è controproducente mobilizzare un’articolazione bloccata da muscoli contra i. Anche in questo caso bisogna invece sempre allungare, ammorbidire i muscoli, agendo sull’insieme del corpo per liberare l’articolazione.

In particolare negli adolescenti, ho notato che i muscoli delle catene diventano troppo corti in seguito a una crescita ossea rapida, generando deformazioni della colonna vertebrale (lordosi, cifosi, scoliosi) e degli arti inferiori, sopra u o delle ginocchia.

In generale ho riscontrato che l’accorciamento delle catene causa patologie della schiena, deformazioni delle ginocchia, meniscopatie, lesioni dei legamenti, pubalgie, tendiniti del rotuleo, del tibiale posteriore e del tendine di Achille, metatarsalgie, necrosi, osteocondrosi dell’apofisi anteriore della tibia (frequenti nei giovani sportivi) e del tarso (morbo di KÖhler).1

È importante però ricordare che esiste sempre una possibilità di miglioramento, anche quando i limiti sono dovuti all’età o a lesioni fisiche permanenti. Dobbiamo abbandonare l’idea della perfezione e preconce i come: «È troppo giovane», «È troppo vecchio», «È troppo grave».

Interrelazioni

Quali altri sistemi influenzano la postura a livello meccanico?

La masticazione

I test di screening che io e i miei collaboratori eseguiamo da anni evidenziano spesso un’interrelazione fra la masticazione e la deglutizione e i sintomi per cui i pazienti vengono a consultarci

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(scoliosi, coxartrosi, dolori muscolari cervicali, lombari, alle spalle, cefalee, acufeni ecc.).

Il test dei rotatori (o delle catene anteriori) consente di verificare l’influenza dell’occlusione sulla postura. Per cominciare, osservo la posizione e il movimento della mandibola e dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM), sia a bocca chiusa sia durante l’apertura, tenendo due dita sulle articolazioni e seguendone il movimento. Poi ricontrollo la rotazione interna degli arti inferiori con il sogge o a occhi chiusi, prima a bocca aperta e poi a bocca chiusa, dopo avergli chiesto di deglutire.

Se la rotazione interna di un arto si blocca, il test è positivo:

significa che l’occlusione e/o la deglutizione interferisce con il tono muscolare di quel lato. In questo caso cerco conferma con il test di Nahmani: chiedo al sogge o di marciare a occhi chiusi sul posto, prima a bocca aperta (o con dei rotolini di cotone fra le arcate dentali), poi a bocca chiusa dopo due deglutizioni. Il sospe o di un problema posturale «discendente», cioè influenzato o dipendente da una malocclusione, è confermato se il sogge o, a bocca chiusa, ruota su se stesso più di dieci, venti gradi.

Con questo test emerge che è sufficiente un preconta o o una scorre a posizione della mandibola congenita, post-traumatica o, il più delle volte, secondaria all’apparecchio ortodontico portato in età infantile, per irrigidire la muscolatura della catena posteriore di un lato del corpo.

Quando l’occlusione viene forzata con apparecchi ortodontici fissi, specie con trazione esterna (baffo, mascherina), si crea immediatamente una compensazione nel resto del corpo. Se il sogge o è giovane, il corpo si svincola dalla costrizione avvitandosi, contorcendosi, favorendo o aggravando un problema posturale (scoliosi). Nel caso di un sogge o già maturo è più facile che compensi con contra ure muscolari dolorose, sopra u o al collo e alle spalle, che a loro volta determinano blocchi articolari e deformano il corpo in rotazioni e inclinazioni.

Anche per i bite, che spesso i pazienti portano, è necessario valutare sia clinicamente sia ecograficamente l’effe o positivo o

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negativo sull’organo masticatorio in primis e indire amente su tu o il corpo.

Una masticazione alterata e una deglutizione atipica e non fisiologica utilizzano prevalentemente un lato e si scaricano su pochi denti. Sul lato ipotonico, la funzione asimmetrica dei masseteri è compensata dai muscoli della nuca, provocando lo spostamento laterale delle prime vertebre cervicali.

A raverso la collaborazione con esperti in gnatologia, ho verificato che sono i muscoli a determinare la forma del cavo orale, la funzione della masticazione e della deglutizione, e che l’essenziale è liberare la funzionalità. Bisogna suggerire ai denti una posizione, migliore perché più efficace, senza creare vincoli decisi a priori.

La vista

L’apparato visivo può modificare la nostra postura in due modi.

Innanzitu o le alterazioni o asimmetrie dell’acuità visiva ci obbligano a posizioni di compensazione. Per esempio, sporgiamo la testa in avanti se vediamo poco da lontano (miopia), ci stortiamo per decifrare ciò che stiamo leggendo (astigmatismo e ipermetropia) o a volte ci rassegniamo a me ere gli occhiali solo quando le braccia non sono più abbastanza lunghe (presbiopia). Ruotiamo la testa e quindi tu o il tronco per favorire l’occhio che vede meglio, se un occhio «è pigro», cioè ha perso o possiede in minor grado la capacità di vedere. (Osservate i vostri bambini, in che posizione scrivono e come guardano la televisione, in modo da cogliere precocemente eventuali difficoltà.)

Un altro dife o visivo che influisce in maniera ancora più importante sulla postura è quello delle forie, o strabismi latenti, perché la persona per o enere la convergenza o l’orizzontalità dello sguardo inclina e/o ruota la testa che, a sua volta, trascina le spalle, il tronco e il resto del corpo. Per identificare eventuali difficoltà di questo genere osservo il paziente mentre parla, controllando se gli occhi hanno problemi di convergenza, o se la persona tiene il capo inclinato o ruotato. Eseguo poi sempre il test dei rotatori: con il

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paziente supino, gli arti inferiori estesi, gli occhi chiusi e la bocca aperta, valuto l’intrarotazione, facendo ruotare le caviglie con le mani. Un’eventuale limitazione monolaterale nella rotazione può essere segno di una problematica dell’anca. A questo punto chiedo al paziente di aprire gli occhi, sempre tenendo la bocca aperta per eliminare l’influenza dell’occlusione sul tono muscolare, e di guardare lontano, per esempio il soffi o; poi di fissare qualcosa vicino, per esempio una pagina a una ventina di centimetri di distanza dagli occhi. Quando ci sono problemi di visus di un occhio o di coordinazione dell’a ività dei muscoli oculomotori, l’intrarotazione di un arto inferiore si blocca.

Se necessario eseguo test specialistici: cover test, test di inseguimento visivo e test di Maddox. Quando risultano positivi, invio il paziente da un oculista esperto nell’interferenza dell’apparato visivo sulla postura.

Ho visto giovani e adulti raddrizzarsi dopo avere praticato specifici esercizi di rieducazione dei movimenti oculari o indossato le lenti prescri e. Queste correzioni esercitano anche un forte impa o emotivo.

L’udito

Nel vestibolo, più esa amente nel labirinto, risiedono organi che oltre a recepire le basse frequenze perme ono al nostro cervello di localizzarci nello spazio e di conoscere la posizione di ogni nostro segmento. Le informazioni provenienti da questi organi di recezione passano nel cervelle o più antico, dove vengono organizzate in uno schema corporeo inconscio. Dalla zona dell’archicervelle o ripartono poi le vie discendenti che controllano l’a ività di tu i i muscoli del nostro corpo. È un circuito veloce che ci perme e di avere rapide reazioni di riequilibrio e di spostamento, per esempio quando inciampiamo o ci viene addosso qualcosa all’improvviso.

I disturbi vestibolari (labirintiti e labirintosi), spesso conseguenza della paura di perdere il controllo, alterano la postura, comprome ono le nostre capacità di mantenere l’equilibrio, ci fanno

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sentire instabili, poco sicuri, provocano vertigini ogge ive accompagnate da nausea e vomito.

Anche i problemi di udito legati a lesioni della coclea influenzano la postura. Ognuno di noi ha l’esperienza di avere dialogato con una persona sorda o ipoacusica, che è costre a a sporgersi verso di noi, con il capo in avanti, le spalle spesso curve, per offrirci l’orecchio che percepisce meglio.

Un’altra funzione molto importante dell’udito è quella di alimentare il sistema energetico di cui abbiamo già parlato in precedenza (vedi pp. 14-15).

Inoltre, le onde vibrazionali acustiche si trasformano, in particolare nella coclea, in impulsi ele rici che a raverso le vie centrali «caricano» la corteccia temporale, l’area corticale deputata prevalentemente al linguaggio, al pensiero e alla creazione musicale, dove i suoni, una volta recepiti, analizzati e integrati, da sensazioni diventano percezioni.

Anche nel caso dei suoni si nota che lo stimolo agisce sia sullo stato di veglia sia sul tono muscolare. Se lo stimolo è basso o povero di alte frequenze (come nelle incubatrici e nelle sale di rianimazione), lo stato di veglia ne risente e anche il tono muscolare.

Man mano che la stimolazione sonora aumenta, migliorano anche lo stato di veglia e il tono muscolare, fino alla cosidde a soglia di

«eutonia». Quando diventa eccessiva, lo stato di presenza crolla e il tono muscolare si alza troppo. Questo spiega perché la musica e i rumori ad alta intensità possono provocare reazioni fisiche oltre che emozionali.

A livello posturale, i suoni acuti, le alte frequenze, ci spingono a raddrizzarci (canto gregoriano, om), mentre quelli gravi (basse frequenze) ci tirano verso il basso e, se ritmati, sollecitano il movimento degli arti inferiori (discoteche).

Il sistema immunitario

La psiconeuroendocrinoimmunologia è una branca della medicina che studia le reti di comunicazione tra gli organi. Una rete

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complessa, che crea vie di interrelazione fra emozioni, sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunologico, in uno scambio continuo di informazioni e un ada arsi costante di tu i gli organi.

Un dialogo ininterro o, anche nel sonno, che sintonizza il nostro microcosmo (il nostro io fisico) con il macrocosmo che ci circonda (ambiente familiare e sociale, credenze, stereotipi comportamentali ecc.).

Il sistema immunitario è organizzato a più livelli, di crescente specificità. Il sistema immunitario “innato” cerca di impedire agli agenti patogeni di introdursi nell’organismo, con una risposta immediata ma non specifica. Se l’elemento estraneo riesce comunque a penetrare, entra in azione quello “ada ivo”, più lento e specifico.

Gli antichi cinesi dicevano che l’intestino è il secondo cervello. Gli studi scientifici moderni sono giunti a una conclusione non lontana da questo conce o: più del 90% delle difese immunitarie dell’organismo sono prodo e nell’intestino.

Intossicazioni o intolleranze alimentari (principalmente al glutine e al la osio) possono affaticarlo, inibendo l’assorbimento di sostanze importanti (come il calcio e il ferro, per cui si avranno osteoporosi, anemia) e indebolendo la sua azione difensiva. Viene così favorito l’ingresso e l’insediamento di virus come quello della mononucleosi (EBV) o l’herpes, che alterando la risposta immunologica inducono l’insorgenza di mala ie autoimmuni (neuropatie, fibromialgia, polimialgia reumatica, sclerosi multipla, tiroiditi, psoriasi, cancri ecc.) o allergiche.

Da una ricerca che stiamo portando a termine si rileva che un’altissima percentuale dei pazienti con scoliosi presenta intolleranza al glutine, infezioni a uali o pregresse di EBV e herpes.

All’intestino sono inoltre connesse le ghiandole endocrine, cioè quelle che producono gli ormoni (tiroide, corticosurreni, ipofisi, ovaie ecc.). L’ipofisi, che fa parte del sistema nervoso centrale, è in relazione con l’ipotalamo che è, a sua volta, stre amente collegato con la sostanza reticolare, la quale controlla il tono muscolare.

Dell’interferenza costante fra sistema limbico e sostanza reticolare ho già parlato in precedenza (vedi p. 15).

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1. Ricordo, tra le nostre pazienti, due giovani atlete della nazionale canadese di pa inaggio sincronizzato che, per una tendinite del tibiale posteriore, rischiavano di dover interrompere la loro carriera. E così anche la campionessa italiana di pa inaggio artistico, per una infiammazione del tendine di Achille. I loro problemi sono stati risolti grazie al riequilibrio delle catene muscolari.

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Il ben-essere come scelta

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Una postura corre a è specchio di un equilibrio con sé e con l’ambiente circostante. Quando siamo in conta o con le nostre emozioni, i nostri desideri e proge i, ci sentiamo bene e viviamo il nostro corpo come elastico e «bello», a ogni età. In una parola ci sentiamo gli artefici della nostra vita.

Troppo spesso vedo persone, in particolare ragazze e donne, che mi portano il loro corpo di dolore come se fosse un ogge o estraneo, una macchina che non funziona più.

Invece il corpo è sempre «collaborante», ci aiuta a immagazzinare le emozioni che non siamo ancora in grado di elaborare. Solo un lavoro sul corpo che ci aiuti ad ascoltare il suo linguaggio e i suoi messaggi ci perme erà di riconta are e accogliere quelle emozioni rimosse.

Sono sempre più convinta che la via del cambiamento parta da noi, perché, a prescindere dagli approcci terapeutici utilizzati, ogni guarigione è sempre un’autoguarigione.

Il primo passo è darsi degli spazi per me ersi «in ascolto» della nostra voce interiore, facendo via via tacere il chiacchiericcio della mente che, come dice il suo nome, spesso «mente». Quello che non mente mai è invece il corpo il quale, con il suo linguaggio di dolori, contra ure, mala ie ci indica sempre il cammino verso la nostra essenza e il nostro ben-essere.

Un’a ività motoria regolare, adeguata alla propria età e alle proprie capacità, facilita le funzioni viscerali: quella cardio- circolatoria che fornisce l’ossigenazione del cervello necessaria per le funzioni corticali; la digestione; la funzione emuntoria (fegato e reni) e la respirazione, permessa da una forma armoniosa e simmetrica della gabbia toracica che libera anche il diaframma.

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Viceversa, un’a ività eccessiva può provocare un’usura precoceg dell’apparato muscolo-scheletrico-articolare e un’acidificazione progressiva del sangue, prodromo di tante patologie cronico- degenerative (cancro e patologie vascolari).

La morfologica umana ideale è quella in cui la parte destra e sinistra sono simmetriche e speculari. Stando in piedi, i malleoli si trovano sullo stesso livello, le ginocchia nel giusto asse, cioè non ruotate all’interno, come quasi sempre avviene, né all’esterno.

Scapole, spalle, mammelle sono alla stessa altezza. I profili del torace appaiono re ilinei, il capo al centro delle spalle senza rotazioni né inclinazioni, le braccia lungo il corpo, i gomiti e le dita estesi. Di profilo, la nuca è sullo stesso piano di scapole, osso sacro e talloni.

È la forma che risponde ai parametri della sezione aurea, quella dei kouroi immortalati nelle statue della Grecia classica. Una forma che in realtà non esiste: in natura, il nostro corpo si deforma negli anni per gli sforzi, le posture scorre e e sopra u o gli stress.

Quando portiamo un peso emozionale, contraiamo gli stessi muscoli che ci perme ono di portare un peso reale. Se la rabbia ci spingerebbe a dare un calcio o un pugno a qualcuno da cui ci sentiamo aggrediti, i muscoli delle cosce o delle spalle si contraggono. Solo che il peso emozionale non lo appoggiamo a terra come faremmo con una valigia troppo pesante. Il calcio e il pugno rimangono (in un certo senso, possiamo dire “per fortuna!”) nei muscoli, bloccati dall’educazione, dal controllo. A lungo andare, se la contrazione persiste, comprime nervi, frena le articolazioni, schiaccia e incurva la colonna vertebrale.

Inoltre lo stress prolungato determina acidosi nel sangue che, a sua volta, favorisce problemi cardiocircolatori (infarto, arteriosclerosi) e degenerativi anche muscolari (tendiniti, strappi).

Come ho più volte ripetuto, il primo passo per stare bene è quello di creare spazio, allentare le tensioni, così da suggerire al corpo la posizione corre a, risvegliando in esso la memoria dell’armonia.

Nelle pagine seguenti, riporto due esercizi preziosi. Il primo è una posizione di allungamento che suggeriamo sempre ai nostri pazienti come mantenimento a casa.

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Il secondo è un riequilibrio posturale ada o a tu i i bambini, e necessario in caso di patologie.

Prenderci del tempo per stabilire un conta o con noi stessi e con i nostri figli è una forma di investimento amorevole e sicuro, a breve e lungo termine.

ESERCIZIO DI MANTENIMENTO POSTURALE

Prima di cominciare, l’ideale sarebbe fare un bagno o una doccia caldi, in modo da ammorbidire le tensioni muscolari.

Siediti su un tappetino (tipo quelli da palestra) e legati le caviglie con un foulard (o con la cintura dell’accappatoio).

Poi sdraiati a pancia in su, passando dalla posizione su un fianco (come quando ci si alza). Vedi di stare al caldo. Se necessario, puoi coprirti con un plaid.

Allarga le braccia aperte a novanta gradi.

Respira tranquillamente a bocca aperta. A ogni espirazione, cerca di rilasciare i muscoli e abbandonarti al sostegno del terreno.

Puoi anche addormentarti o ascoltare musica rilassante.

Mantieni la posizione per almeno 15-20 minuti.

Poi, per alzarti, fletti le gambe, girati sul fianco e mettiti in ginocchio, molto lentamente.

Attenzione: se quando sei disteso il mento sale verso l’alto, usa un cuscinetto per mantenere la testa in asse.

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MASSAGGIO DI ALLUNGAMENTO PER I BAMBINI (0-2 ANNI) Si esegue in due persone (possibilmente i genitori o comunque qualcuno di familiare). Sdraiare il bambino su un piano semi-rigido (per i più piccoli va bene il fasciatoio).

La persona A (consiglio in genere che sia la mamma, che intanto parla al bambino) esercita una lieve trazione del capo senza sollevarlo dal piano d’appoggio, con le mani a coppa, poste lateralmente, senza stringere. Contemporaneamente, controlla con gli indici (o per i bambini più piccoli con i pollici) che le spalle non risalgano. Se il bambino è collaborante, apre le braccia a novanta gradi (raramente succede). Comunque vale la regola di non forzarlo mai.

La persona B si mette ai piedi del bambino, di fronte alla persona A, ed esercita una trazione lenta sui muscoli dorsali fino al bacino, con le mani parallele alla colonna vertebrale.

Mantenere l’allungamento per qualche minuto (quello che si riesce).

Ripetere per due o tre volte.

Se la situazione lo consente, proseguire la trazione anche sui glutei e la regione posteriore delle gambe, fino alle caviglie accostate.

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L’esercizio va eseguito possibilmente per circa 5 minuti al giorno, in modo da arrivare a mezz’ora la settimana.

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Seconda parte

LE STAGIONI DELLA VITA

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La gravidanza

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Il tempo dell’a esa e dell’accoglienza

Femmine un giorno e poi madri per sempre nella stagione

che stagioni non sente.

Fabrizio De Andrè, Ave Maria

Positivo. La linea rossa non lascia dubbi. Sono incinta a quarantadue anni. Avevo sempre sognato di avere un figlio, ma la vita mi aveva portato altrove.

Fin dai primi giorni dopo il test cominciai ad avvertire un cambiamento nella postura, non certo per il peso del feto, ma evidentemente per gli ormoni, che già orchestravano il mutamento.

Mi resi conto che il mio sguardo sul mondo era irrimediabilmente e irreversibilmente mutato e da allora l’o ica avrebbe continuato a modificarsi sempre di più. «Un figlio ti cambia la vita» si dice, ma non sai quanto.

La scala di valori viene a più riprese rimaneggiata, per non dire capovolta. Il lavoro, che consideravo una missione a cui avevo dedicato tu e le mie energie, era ed è rimasto importante, ma sin da quel primo giorno avvertii la responsabilità di avere scelto di ospitare in me un’anima che a sua volta mi aveva scelto per avere un corpo.

Avevo l’impressione di essere come la natura che d’inverno protegge il seme nella terra, riservando le sue risorse a ciò che deve crescere. Mi sentivo sempre meno a irata da feste, cene e serate mondane, percependo il bisogno di entrare in me.

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Da quindici anni vegetariana, cercavo di nutrirmi con cibi il più possibile naturali, aumentando l’apporto di proteine vegetali e di cereali integrali, ricchi di sali minerali, e riducendo i formaggi, in prevalenza freschi e di capra. Per tamponare l’acidità provocata dal reflusso gastroesofageo, frequente sopra u o negli ultimi mesi, mangiavo poco e spesso, coricandomi non meno di due ore dopo i pasti.

Dormigliona di natura, dall’inizio della gravidanza sono entrata in uno stato di profondo rilassamento: dovevo riposarmi di più,

«staccare» la mente, per perme ere all’intelligenza del corpo di lavorare senza essere disturbata.

La posizione nel sonno è importante per la circolazione. Fino al sesto mese ho dormito supina, poi sul fianco sinistro per favorire il ritorno venoso al fegato e al cuore, con un grande cuscino a semiluna fra le ginocchia e le braccia che mi dava sollievo alle anche e alle spalle. Usavo come sempre il materasso e il cuscino di la ice che si ada ano alla forma e al peso del corpo.

Durante tu o il periodo della gestazione ho ascoltato molta musica classica, sopra u o Mozart,1 preferibilmente in concerti dal vivo o con buoni impianti hi-fi, in modo che il corpo fosse avvolto dalle onde sonore di tu e le frequenze.2

Da sempre amante del canto, in particolare quello gregoriano, usavo la mia voce per esprimere la felicità, liberare l’ansia e iniziare a comunicare con il mio piccolo.3 Cercavo di stare più diri a possibile, in modo che la laringe entrasse in conta o con la colonna vertebrale facendo scendere le vibrazioni delle corde vocali fino al bacino.

Proprio perché esiste questa trasmissione ossea, è fondamentale per la salute del feto che la mamma in gravidanza non frequenti ambienti troppo rumorosi.4

Trascorso il periodo più delicato per l’impianto e la formazione del feto, mi sono so oposta a sedute se imanali o quindicinali di rieducazione posturale secondo il metodo Mézières. Tramite i tra amenti riequilibravo i muscoli che, rimanendo elastici, assecondavano le modificazioni del corpo orchestrate dal circuito neuro-endocrino, senza irrigidimenti e contra ure.

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La postura corre a della mamma in a esa è importante, oltre che per il benessere della colonna vertebrale, anche per il buon funzionamento dell’intestino, perché se nuca, scapole e sacro sono allineati, gli addominali, stirati, lavorano in maniera corre a e massaggiano l’intestino.

Nel corso della gravidanza il bacino va in retroversione, mentre il pube ruota in avanti, per accogliere il feto (proprio per questo motivo alle future mamme sono sconsigliati i tacchi, in quanto tenendo il piede in equino mandano al contrario la regione lombare in lordosi e il bacino in antiversione).

Con il passare del tempo, la regione lombare si verticalizza per mantenere l’equilibrio e non lasciarsi trascinare in avanti dal peso del bambino. I muscoli dorsali diventano allora come le corde di un arco, e anche la regione cervicale compensa, accentuando la lordosi e irrigidendosi. È quindi utile, sopra u o negli ultimi mesi, so oporsi a qualche seduta di osteopatia craniosacrale.

Il cambiamento posturale in a o, inoltre, sollecita il sistema neurovegetativo e quello vascolare delle due regioni, provocando un accumulo di liquidi negli arti superiori e inferiori, con la possibile formazione di edemi alle mani e ai piedi (favoriti dallo squilibrio metabolico, specie negli ultimi mesi), tendiniti o sofferenza del nervo mediano nel tunnel carpale, causa di fastidiosi formicolii alle dita.

Per il mio benessere e per lasciare spazio a Giovanni, in modo che non assumesse posizioni viziate,5 evitavo di stare seduta troppo a lungo, specialmente su poltrone o divani, per non sovraffaticare la schiena e le anche. Camminavo almeno mezz’ora al giorno, dandomi il tempo di farlo lentamente, con pause che mi perme essero di riprendere il fiato che ormai mi mancava, ma sopra u o per potermi gustare quei momenti.

Come mi aveva consigliato un’amica ostetrica, già dal quinto mese avevo iniziato a rinforzare la cute del capezzolo, massaggiandola delicatamente con un guanto di crine. Inoltre ogni sera mi massaggiavo l’addome con olio di mandorle dolci o vaselina bianca per aiutare la cute a distendersi. Nonostante l’età, non mi si sono

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formate smagliature, anche perché non sono aumentata troppo di peso, grazie all’alimentazione controllata e al movimento adeguato.

Dal se imo mese ho iniziato a partecipare al corso pre-parto organizzato presso l’ospedale, e ho così integrato con esercizi specifici il bagaglio che avevo acquisito negli anni a raverso molti metodi di percezione del corpo (antiginnastica, tecnica Alexander, eutonia, metodo Feldenkrais).

In gravidanza ogni donna può continuare le a ività che ama (per esempio ballare, andare in bicicle a, nuotare) ma deve farlo con moderazione, evitando sforzi, urti, scossoni che possono rallentare o bloccare l’afflusso di sangue al feto.

La regola d’oro è che la mamma ascolti sempre i propri bisogni: la stanchezza, il sonno, il desiderio di stare da sola, il silenzio. Perché, come dice Silvana De Mari nel libro Il drago come realtà, «Non esiste nessun bambino felice figlio di una madre infelice. […] Se la madre non è una persona, se è una cosa, una fa rice di figli, il bambino non acquisisce l’idea della propria identità; quindi da grande sarà sempre uno che cerca di muoversi insieme agli altri, perché non sa chi accidenti è».

Quando ero incinta sentivo in modo ancora più accentuato il dolore degli altri: mi emozionavo per tu o e mi commuovevo per un nonnulla. Per questo negli ultimi mesi ho rido o le visite, evitando di entrare in dire o conta o con pazienti affe i da gravi problemi fisici, e ho sospeso i tra amenti per non avvertire la sofferenza dell’altro nelle mie mani ed esserne invasa.

Mio marito Carlo mi ha accompagnato a tu e le visite dal ginecologo, condividendo quel periodo meraviglioso di cambiamento. Non sapevamo che il vero sconquasso doveva ancora venire.

A tra i mi prendeva l’ansia. Avevamo acquisito un equilibrio di convivenza da persone adulte e autonome. Che cosa sarebbe successo dopo la nascita di nostro figlio? Saremmo riusciti a trovare nuovi equilibri?

La data prevista per la nascita era il 26 febbraio. L’emozione aumentava ogni giorno e anche la paura che qualcosa non andasse

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bene (il mio lavoro mi porta ad accompagnare molti bambini con lesioni cerebrali da parto).

Il 15 ho perso il tappo mucoso e ho sentito Giovanni abbassarsi.

Alle due del 24 sono iniziate le contrazioni. Siamo partiti in una no e limpida e fredda. «Ci siamo» pensavo.

Il travaglio è stato breve, dalle cinque alle nove, breve ma intenso.

Il ba ito di Giovanni era monitorato di continuo. Appena mi era possibile cercavo di camminare, con Carlo al mio fianco. Alle nove mi hanno portato in sala parto ed è iniziata la fase di espulsione, quel meraviglioso meccanismo di sinergia madre-figlio in cui, mentre il bambino inizia il suo cammino di autonomia, la madre deve riconoscere che non fa più parte di lei e diventa altro, e anche dal punto di vista immunologico avviene una reazione di rige o per aiutarlo a «staccarsi».

Mentre ero sul le o da parto pensavo che doveva senz’altro essere stato ideato da un uomo. Avvertivo la posizione come innaturale, comoda soltanto per il medico che assisteva al travaglio, in particolare quando il bacino sarebbe dovuto passare da retroverso ad antiverso per perme ere l’uscita dal canale del parto. Le donne hanno partorito da sempre in piedi, accovacciate, carponi, sostenute dalle altre donne. Con i piedi sospesi, senza appoggio, e le anche flesse e aperte faticavo a contrarre gli addominali, cioè a utilizzare il torchio addominale. Mi aggrappavo alle maniglie per cercare di sollevare il capo e le spalle, ma questo mi impediva di respirare profondamente. Per di più, una vecchia fra ura mi aveva lasciato un coccige a uncino che quindi non si fle eva dorsalmente per lasciar passare la testina. A questo proposito, consiglio vivamente a tu e le donne di controllare ed eventualmente correggere con apposite sedute il coccige prima o durante la gravidanza, e di mobilizzarlo prima del parto qualora sia rigido e uncinato. Avevo dimenticato di farlo per me.

Giovanni non usciva. È stato un momento di puro terrore. Poi mentre l’amico ginecologo e l’ostetrica premevano energicamente sulla mia pancia, anch’io spingevo con tu e le mie forze residue. In quei momenti, il femminino che è in ognuna di noi assopito e spesso

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q g p p deviato dalla nostra cultura esplode prepotentemente. E finalmente ce l’abbiamo fa a. Con un filo di voce ho chiesto: «È sano?». Per fortuna sì, con il visino leggermente schiacciato a sinistra per l’«uscita» un po’ forzata, ma per me già bellissimo.

Appena nato, il bambino ha un unico bisogno vitale: quello di stare «a accato alla sua mamma». Le donne africane si tengono i neonati le eralmente addosso, legati sulla schiena o sul ventre con fasce colorate. I bambini passano così dallo «stare dentro» allo «stare addosso» alla propria madre, e possono continuare a sentirne il calore, l’odore e il ba ito del cuore, che è la musica più dolce e rassicurante che un piccolo possa desiderare di ascoltare. La posizione nella fascia è l’ideale anche da un punto di vista fisico: la schiena è verticale, ma sopra u o il conta o materno lo aiuta a percepire e definire i propri confini. Il neonato, che si è formato all’interno delle pareti uterine, ha bisogno di sentirsi contenuto: è importante tenerlo in culle piccole o circondato da cuscini, ideali sono quelli a semiluna. Anche il massaggio perme e di trasferire, a raverso le mani, amore e a enzione al piccolo, che ne ricaverà piacere e appagamento. Consiglio sempre alle mamme di massaggiare molto i loro bambini con oli ada i, alle mandorle dolci o alla calendula.

A conclusione di questo capitolo, vorrei so olineare che la gravidanza non è una mala ia, nonostante la tendenza ancora troppo diffusa a medicalizzarla, come altri momenti della donna (menopausa). Con un’amica ginecologa abbiamo accompagnato negli anni durante la gravidanza con sedute di rieducazione posturale molte donne con problemi anche gravi ortopedici (artrosi d’anca giovanili, scoliosi gravi) e neurologici (emiplegie, tetraparesi), trovando per ognuna di loro la postura idonea a un parto per vie naturali.6

1. Per anni avevo insegnato e utilizzato il metodo di rieducazione audio-psico- fonologica Tomatis. In seguito me n’ero allontanata, per gli effe i indesiderati che avevo notato in molti pazienti (ho già parlato diffusamente

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di questa esperienza in Ascolta e guarisci il tuo corpo, Mondadori, Milano 2001, pp. 55-58). Ho però continuato a utilizzare, e tu ora consiglio, la musica di Mozart come prezioso e insostituibile supporto nel lavoro di rieducazione posturale e come aiuto alle persone in momenti di cambiamento psicofisico.

2. Sugli apparecchi di basso livello, infa i, le alte frequenze vengono tagliate, per cui la musica perde gran parte delle potenzialità di ricarica cerebrale.

3. In particolare canto gregoriano, che ho studiato per anni, oltre a frequentare corsi audiovocali e seguire il metodo funzionale della voce Rohmert.

4. Dal sesto mese l’apparato uditivo del feto è funzionante ma molto delicato, perché ancora immaturo; va quindi prote o da traumi acustici.

5. Ho avuto in cura molti bambini che hanno mantenuto anche dopo la nascita queste posture distorte, evidenti sopra u o durante il sonno: torcicolli congeniti, a eggiamenti scoliotici, piedi torti.

6. Per esempio, in un caso di necrosi ase ica bilaterale della testa del femore che rendeva impossibile l’apertura delle gambe, la donna ha partorito a gambe unite, flesse sul tronco.

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L’infanzia

7 Il tempo della semina

Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.

Kahlil Gibran, Il Profeta

Con Giovanni si è subito creata una sintonia incredibile: mi svegliavo un a imo prima che si svegliasse lui per la poppata e cominciavo a perdere la e nel momento in cui aveva fame.

Durante le prime se imane ho trascorso ore sul divano, con il suo corpo rilassato, come se fosse senza ossa, sul mio pe o oppure a passeggio in giardino, tenendolo nel marsupio o nella fascia.

Cercavo di dormire quando lui riposava, in modo da recuperare le ore di sonno assecondando il suo ritmo.

Per alla are mi sedevo su una poltroncina bassa, per poter appoggiare bene i piedi, e imbo ita, che mi sostenesse la schiena e le braccia. Sul bracciolo me evo un cuscino a mezzaluna, in modo da non dover reggere il peso di Giovanni che cresceva rapidamente.

Momenti preziosi di dialogo corporeo, intimo, in cui abbiamo imparato un linguaggio senza parole, di sensazioni ed emozioni.

Momenti in cui sentivo di far parte della natura.

A proposito dell’alla amento, penso che non venga mai so olineata abbastanza la sua importanza nella vita fisica ed emozionale del bambino. Dal punto di vista organico, il la e materno è l’alimento ideale per l’intestino ancora immaturo del bambino, insostituibile nel rafforzare le difese immunitarie. Inoltre per succhiare il capezzolo il bambino compie un movimento istintivo e raffinatissimo di coordinazione neuro-psicomotoria, che

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coinvolge la muscolatura intorno alla bocca e la lingua. Al contrario, con il biberon usa muscoli diversi e sopra u o la lingua rimane bassa, con possibili conseguenze a livello di articolazione della parola, deglutizione e quindi di occlusione. Ci tengo a precisare che quando la mamma non riesce ad alla are al seno può comunque mantenere un dialogo intimo con il bambino, dandogli il biberon

«pelle contro pelle», ossia tenendolo a conta o con il proprio corpo e cambiando lato, come nell’alla amento naturale: questo è importante per lo sviluppo psicomotorio e oculare del bambino.1

Trascorsi i primi quaranta giorni, per evitare l’aumento delle perdite ematiche, iniziai a so opormi ogni due o tre se imane a sedute di rieducazione posturale per equilibrare la posizione della colonna vertebrale, in modo che i muscoli addominali riprendessero tono e «la pancia» rientrasse.

Sono andata anche da un’amica osteopata per riarmonizzare il bacino e modellare la testina di Giovanni, rimasta asimmetrica. Sono bastate due sedute per migliorare la situazione di entrambi.

La puerpera deve ritrovare un equilibrio anche emotivo. Deve imparare a fidarsi del suo sentire, cercando di isolarsi dal «brusio»

circostante, perché tu i si sentono in diri o di dare consigli a una mamma, facendola sentire inadeguata. Mi ricordo, per esempio, una signora sconosciuta che mi ha fermato un giorno per strada per dirmi che Giovanni, sereno e sorridente, aveva freddo.

Nei primi mesi dopo il parto, la postura della donna è instabile, come succede in tu i i periodi in cui il livello degli ormoni nel sangue è flu uante (lo stesso accade nella pubertà e nel passaggio della menopausa). È un momento prezioso anche per la rieducazione di problematiche posturali precedenti. Consiglio alle mie pazienti, specie a quelle che hanno patologie ortopediche (scoliosi, artrosi, ernia del disco) e/o neurologiche (emiparesi, esiti di poliomielite, paraparesi), di approfi are di questo periodo, in cui il corpo è particolarmente malleabile e rece ivo agli stimoli di cambiamento, per so oporsi a sedute di rieducazione che risultano più efficaci che in altre fasi della vita.

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Due semplici movimenti perme ono di verificare rapidamente se la stru ura osteo-muscolare del neonato è in equilibrio: quando è sdraiato sulla schiena, portate le sue ginocchia verso le spalle. La schiena dovrebbe arrotondarsi armonicamente. Poi, con il bambino nella stessa posizione, prendete i piedini facendo fle ere le ginocchia con un movimento alternato e rapido (a bicicle a). Il tronco dovrebbe restare in asse senza inclinarsi lateralmente (ad arco).

Per rilevare precocemente eventuali problemi posturali, osservate il bambino quando è disteso. La testina è in asse? Le spalle e il bacino sono simmetrici? Ha un braccino più corto dell’altro? Oppure una gambina?

Nel caso di asimmetrie e rigidità, anche lievi, è importante far visitare il bambino da un fisioterapista o da un osteopata. Un controllo dall’osteopata nei primi mesi è comunque consigliabile.

Stimolazioni sensoriali Suoni e musica

Come abbiamo visto, il primo suono che emoziona il bambino, fin da quando è nell’utero, è la voce della mamma. Poi impara a riconoscere quella di chi lo accudisce (papà, nonni, tata...).

Ogni civiltà tradizionale possedeva un ricco patrimonio culturale:

ninne nanne e filastrocche preziose per il loro ritmo intrinseco, che preparavano al linguaggio, sopra u o se accompagnate da dondolii e ba iti di mani. Lasciamoci andare a giochi di relazione, di conta o, in cui il bambino può conoscere e sentire il proprio corpo e migliorare la memoria verbale. Stimolano la creatività anche dell’adulto, che può così risvegliare il suo bambino interiore, inventandosi piccole storie con sonorizzazioni improvvisate (utilizzando ogge i semplici, come sassi, rami) ed elementi di espressività corporea. Leggiamo ad alta voce per e con i nostri figli, per arricchire il loro linguaggio e avvicinarli al mondo dei libri.

La musica è uno stimolo insostituibile per lo sviluppo delle capacità intelle ive, affe ive, relazionali e motorie. Ricordo, in

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generale, che i suoni acuti, brevi e intensi tendono a creare tensione, rigidità muscolare, accelerazione del respiro e del ba ito cardiaco;

quelli gravi, prolungati e di bassa intensità inducono rilassamento muscolare e rallentamento del ba ito; quelli gravi e ritmati provocano l’impulso di muovere gli arti inferiori ritmicamente.

Per mantenere un buon equilibrio fra livello di veglia e tono muscolare (vedi p. 33), i bambini non devono essere so oposti a un sovraccarico sensoriale, perché il loro nervo acustico registra alte frequenze, che poi si perdono progressivamente dopo i vent’anni d’età. Si devono quindi evitare ambienti troppo rumorosi. Per la stessa ragione è importante anche in casa non creare rumori bruschi e intensi intorno al bambino: voci e volumi di riprodu ori (radio, TV, giochi) troppo elevati, grida, trascinamento di ogge i pesanti.

È importante fare molta a enzione alle reazioni del bambino ai suoni, ai rumori, alla musica, fin da quando è neonato, osservando se sussulta, sba e gli occhi o si muove globalmente. Eventuali difficoltà uditive, come una grave sordità, scoperte dopo i due anni potrebbero infa i comprome ere la stru urazione del linguaggio. A questo proposito, ritengo fondamentale rivolgersi al bambino, da subito, con un linguaggio grammaticalmente corre o e un tono di voce naturale, evitando fastidiose alterazioni e parole deformate.2

Luci e colori

Altre anto importante è verificare se il bambino vede bene. Alla nascita la corteccia visiva è immatura. Le fibre nervose terminano la loro maturazione, o mielinizzazione, entro i due anni. Nel neonato prevalgono i riflessi motori e vestibolari: cerca infa i di localizzare l’ogge o, ma non è ancora in grado di fissarlo. Possiamo però capire se indirizza lo sguardo in modo preferenziale. Dai tre mesi inizia la visione dei colori, ma in modo ancora contraddi orio. A qua ro mesi riesce a convergere e quindi a vedere un ogge o vicino al suo viso, a sei mesi sa coordinare la visione binoculare e i movimenti sono più stabili. La maturazione completa delle capacità visive,

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