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Omelia per le Ordinazioni

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Academic year: 2022

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Omelia per le Ordinazioni diaconali e per la Dedicazione della chiesa Cattedrale

Il Signore costruisce la casa

Omelia per le Ordinazioni diaconali

e per la Dedicazione della chiesa Cattedrale, Sora, 9 ottobre 2015

Carissimi sorelle e fratelli, consacrati, diaconi e confratelli sacerdoti,

ci ritroviamo oggi per lasciarci rigenerare dalla grazia misericordiosa del Signore che effonde l’abbondanza dei suoi doni. La nostra celebrazione eucaristica è particolarmente impregnata di affetti spirituali. Immagino il fiume descritto dal profeta Ezechiele come le acque della commozione e dello stupore che oggi riempiono questo Tempio, del quale ricorre la Dedicazione, per poi fluire fresche, abbondanti e rigeneratrici nel mare salato delle nostre amarezze, e così risanare ogni segno di morte. Questo ‘edificio di Dio’ rimanda al tempio vivo della Chiesa che vive in Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo: “La diocesi è una porzione del popolo di Dio affidata alle cure pastorali del

vescovo, coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore, e da questi radunata nello Spirito Santo per mezzo del Vangelo e della eucaristia,

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costituisca una Chiesa particolare nella quale è presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica” (Christus Dominus, 11). L’unzione crismale del battesimo ci consacra come Dimora di Dio. Ci ricorda l’apostolo:

“Noi siamo il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo”

(2Cor 6,16b).

Poggiare sulla roccia

Non si può edificare verso l’alto senza prima andare in profondità. Quando si apre un cantiere per la costruzione di un edificio la prima fase dell’intervento deve prevedere le operazioni di scavo, con tutte le possibili sorprese. La

costruzione da realizzare deve poggiare saldamente sulla roccia per garantire la sua stabilità. Non di rado la pietra viva viene trovata molto in profondità, ma non bisogna né scoraggiarsi né demordere dall’impresa. Scavare è scrutare, conoscere, aderire alla salda roccia del mistero di Cristo: “Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio…” (1Pt 2,4). Cristo è il fondamento su cui costruire la vita cristiana

personale e l’agire della comunità cristiana. Ci ammonisce l’apostolo: “Come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra.

Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo” (1Cor 3,10-11).

Carissimi è importante all’inizio del nuovo anno pastorale sentirsi dire con chiarezza dalla parola di Dio queste verità. La comunità cristiana, diocesi o parrocchia che sia, si edifica soltanto sulla fede in Gesù Cristo, altrimenti la costruzione poggia rovinosamente sulla sabbia di elementi e criteri umani che foraggiano il protagonismo umano, il prestigio, le rivalità, l’apparenza, le gratificazioni, tutti sentimenti carnali che generano invidia e discordia (cfr 1Cor 3,3). “Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia” (Mt 7,25). Roccia è uno dei simboli preferiti dalla Bibbia per parlare di Dio: “Il nostro Dio è una roccia eterna” (Is 26,4); “Egli è la Roccia, perfetta è l’opera sua” (Dt

32,4).

Se questo riguarda tutti, in modo particolare impegna voi carissimi Giuseppe e Cristian. La parte più importante del sacro ministero è ciò che non si vede, come per ogni casa. Nella vostra vita dovrà prevalere e precedere l’adesione

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reale a Lui nella contemplazione del suo volto, nella scrutatio della Parola, nel silenzio dell’amore, nel dialogo confidenziale “faccia a faccia”. La parte migliore del vostro tempo la dedicherete alla preghiera liturgica e personale.

Con gli impegni che tra poco assumerete davanti a Dio promettete di “custodire il mistero della fede” che è Cristo, di impegnare nel segno del celibato la vostra vita in una totale dedizione a Lui, di alimentare lo spirito di orazione, e di conformare a Cristo la vostra vita. Siete chiamati da Lui ad un amore

esclusivo e totale, in anima, mente, cuore e corpo, per “stringervi a Lui”

secondo lo spirito dell eparole conclusive del rito di ordinazione: “Credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”.

Diaconia delle relazioni

Dopo aver scavato e raggiunta la pietra viva su cui poggiare le fondazioni, la costruzione dell’edificio comincia dal piano terra. La comunità cristiana si costruisce a partire dalle relazioni basse e umili: sono le più forti e stabili.

Gesù per rimettere in ordine i cuori e i ragionamenti degli apostoli ha cercato di usare parole pesanti: “Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti” (Mc 9,34-35). Diamo respiro a relazioni sincere e autentiche, mature ed equilibrate. Sappiamo custodire i rapporti, evitando sotterfugi e inganni.

Nel Cenacolo compie un gesto concreto e inequivocabile per farci capire la qualità delle relazioni fraterne. La prima lavanda dei piedi l’ha compiuta la donna peccatrice, la quale si getta ai piedi di Gesù, li lava con le sue lacrime e li asciuga con i suoi capelli per mendicare il suo affetto misericordioso.

Gesù davanti agli apostoli, i quali meritavano solo una lavata di testa per il loro orgoglio, lava i piedi alla pari di uno schiavo per dimostrare l’affetto della sua amicizia e mendicare la comprensione del suo grande amore per loro.

Spiega poi il gesto con le parole del comandamento nuovo dell’amore quale suprema regola della vita ecclesiale. D’ora in avanti, amare sarà consegnarsi all’altro, piegarsi ai bisogni dell’altro piuttosto che piegare gli altri ai propri egoismi. Si edifica la comunità a partire dal basso della nostra cordialità che non ammette distinzione tra amici e nemici, simpatici e antipatici, favorevoli e contrari, collaboratori e dissidenti.

I primi ai quali dobbiamo imparare a lavare i piedi sono quelli di casa nostra.

Scrive don Tonino Bello: “Spendersi per i poveri va bene…Ma prima ancora dei

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marocchini, degli handicappati, dei barboni, degli oppressi, ci sono coloro che condividono con noi la casa, la mensa, il tempio, la Parola. Solo quando hanno asciugato le caviglie dei fratelli, le nostre mani potranno fare miracoli sui polpacci degli altri senza graffiarli” (19 marzo 1989).

La logica della lavanda dei piedi grida all’ipocrisia quando in una qualsiasi realtà ecclesiale lacerata dai protagonismi e dilaniata dalle rivalità, pretende di organizzare il pediluvio alla gente che è fuori.

Con l’ordinazione diaconale voi per primi Giuseppe e Cristian dovrete esercitare la diaconia delle relazioni. Il rito di ordinazione oggi vi impegna a

“esercitare il ministero del diaconato con umiltà e carità”.

Edificare secondo Dio

Per costruire il Tempio vivo di Dio bisogna edificare secondo Dio, adoperandosi di agire in conformità alla sua volontà, perché “se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori” (Sal 127,1).

E’ questa la ragione dell’obbedienza nella Chiesa, sull’esempio di Cristo servo obbediente al Padre, il quale non nei momenti di gloria ma nel momento estremo dell’agonia nel Getsemani chiede: “non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42). Regola tanto semplice quanto eversiva: obbedire è rimettere la mia

volontà nella volontà di Dio. E questo non perché la mia volontà non sia valida, o non abbia fondamento, o non sia suffragata da ragioni valide, ma perché non potrà mai essere superiore alla volontà di Dio.

Il significato etimologico del verbo obbedire, ob-audire è “udire dinanzi a…”, dinanzi a Dio, quindi ascoltare Dio, comprendere le ragioni di Dio. Nell’Antico Testamento l’ascolto obbediente del Signore è un evento di popolo: “Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!».

Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo” (Es 19,8).

All’interno del popolo di Dio, il primo chiamato ad obbedire, sull’esempio di Cristo, è il Vescovo. Se partecipa della pienezza del sacerdozio di Cristo, il Vescovo deve pur vivere la pienezza dell’obbedienza di Cristo al Padre. E’ lui per primo che deve discernere la volontà di Dio per la cura spirituale delle comunità, operando con una coscienza retta e illuminata dalla Parola di Dio, non secondo i propri interessi ma per il bene di ogni comunità. E’ anche

l’obbedienza dei presbiteri e dei diaconi che, per esercitare il proprio

ministero secondo Dio, legano la propria volontà a quella di Gesù buon Pastore attarverso la persona del Vescovo. E’ l’obbedienza dei fedeli laici che credono e riconoscono nel pastore non un rappresentante eletto dalla base, ma uno scelto

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dal popolo e costituito da Cristo sacramento della sua presenza di capo e pastore.

Cristian e Giuseppe, tra poco vi chiederò: “Prometti a me e ai miei successori filiale rispetto e obbedienza?”. Il vostro “Sì, lo prometto” non può ridursi alla formula di un rito da espletare, ma interpella la vostra coscienza e la vostra libertà dinanzi a Dio e ai fratelli per sempre.

Edificare nella comunione

Tale obbedienza cristiana rende forte la compattezza dell’edificio sacro, cioè la comunione ecclesiale. Nessuno è un “lavoratore autonomo”, non il Vescovo, né i presbiteri; non lo sono i diaconi e nemmeno i fedeli laici. L’obbedienza a Cristo e ai suoi Pastori non è servilismo, ma serve la vita di un copo ben ordinato, alla pari del corpo umano nel quale ogni membro obbedisce alla testa perché si articoli in modo armonico con le altre membra (1Cor 12). La Chiesa non un Parlamento, non é una società democratica o un’organizzazione sindacale. Ciò che non è vissuto nel segno della comunione non edifica, ma al contrario

disgrega, offrendo così il fianco all’azione del diavolo che ha tutto

l’interesse di dividere, di mettere l’uno contro l’altro, di spargere il veleno del sospetto, dell’invidia, del pregiudizio, della maldicenza, delle rivalità, dell’orgoglio, dei protagonismi e personalismi: “Quando uno dice: “Io sono di Paolo, e un altro: Io sono di Apollo, non vi dimostrate semplicemente

uomini?” (1Cor 3,4). Dobbiamo ammettere che spesso la nostra è una comunione ferita dalla divisione: “Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà

restare in piedi (Mc 3,24-25).

Affidiamo a Maria, la “serva del Signore”, la diaconia della nostra fede in Gesù Cristo, la diaconia dell’obbedienza a Cristo, la diaconia della comunione con Cristo.

+Gerardo Antonazzo

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Omelia per il 25° di elevazione a Basilica Minore Santuario S. Maria di Leuca

UN AMORE “DE FINIBUS TERRAE”

Omelia per il 25° di elevazione a Basilica Minore Santuario S. Maria di Leuca, 7 ottobre 2015

Sorelle e fratelli, amici miei carissimi,

presiedere oggi questa solenne celebrazione eucaristica è per me motivo di speciale commozione spirituale e intima gioia.

Era impossibile immaginare venticinque anni fa di ritrovarci per celebrare la nostra lode al Signore in questo tempio spirituale mariano elevato a Basilica Minore, è per noi oggi occasione di speciale grazia spirituale rinnovare l’atto di affidamento alla Vergine di Leuca.

Rendo grazie al Signore perché nel suo imprevedibile disegno

dispone della vita di ciascuno secondo i suoi pensieri, non

tenendo assolutamente conto dei nostri difetti e demeriti, che

lui pur conosce meglio di noi stessi. In tale maniera ancora

di più traspare la sua iniziativa libera e gratuita, lasciando

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a noi solo la possibilità di sentirci piccoli e indegni di fronte alla delicatezza della sua fiducia.

Nazareth, la prima basilica cristiana

Nella celebrazione odierna facciamo memoria dell’elevazione a titolo di “basilica” di questo tempio. Nell’antica Roma la basilica era un edificio pubblico, utilizzato come luogo di riunioni e di amministrazione della giustizia. Significava il luogo dove si decidevano le questioni importanti della vita pubblica e comunitaria. Era il luogo dove prendevano forma le sorti degli individui o dell’intera collettività. La basilica romana ospitava riunioni di vario genere e usata per attività pubbliche di ogni genere. Con l’arrivo del cristianesimo il significato della parola “basilica” si è esteso, a partire dal IV secolo, ai luoghi di culto cristiano. Così a Roma le quattro chiese principali furono chiamate “basiliche maggiori”. Poi col tempo, per indicare questo legame particolare con Roma, ma anche per indicare che una chiesa ha un valore particolare per un certo territorio, il Papa ha cominciato a dare il titolo di “basilica minore”.

Con i testi della parola di Dio che oggi abbiamo proclamato, siamo stati sollecitati ad abitare spiritualmente due dimore

‘basilicali’: la casa di Maria a Nazareth, dove inizia la vita umana del Verbo di Dio, e il Cenacolo degli apostoli a Gerusalemme, dove inizia la vita straordinaria della Chiesa.

Abbiamo la vita di una giovane donna, ignara delle intenzioni

di Dio su di lei, e le primizie della giovane Chiesa in attesa

di capire la sua missione. Come si vede sono soprattutto le

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persone, e quindi anche ciascuno di noi divenuto tempi di Dio con il battesimo, a diventare “basilica” grazie ad una vita cristsiana davvaero importante nell’impegno ed esemplare nella testimonianza.

La fede di Maria è l’epicentro della storia della salvezza, il punto cruciale e decisivivo da dove prende avvio l’iniziativa concreta di Dio a favore dell’uomo. Maria di Nazareth, la sua anima immacolata, il suo corpo verginale, la sua mente pura, la sua vita irreprensibile è la ‘basilica’ del silenzio interiore e della meditazione assidua della Torah. Il cuore di Maria è il tempio delle intuizioni profonde dell’animo che vive gli amplessi spirituali dell’abbandono nuziale alla volontà di Dio. Oltretutto, il termine ‘basilica’ fa riferimento al “re” (basileus), è la dimora del Re. Maria di Nazareth diviene la dimora del gran Re, il Messia. Il grembo di Maria diventa dimora basilicale, luogo “pubblico” e decisivo delle sorti di tutto il genere umano. Nazarth è la basilica che accoglie e custodisce l’effusione della “grazia”

di Dio, cioè l’amore gratuito ed eccezionale con cui il Signore ha guardato alla “umiltà della sua serva”. Le parole dell’angelo fanno diventare il cuore di Maria anche basilica del dubbio e delle domande. Maria non diffida di Dio, non dubita di Lui, ma desidera meglio comprendere le inesplorate prospettive inaugurate da quelle parole inusuali. Per questo il cuore di Maria diventa la ‘basilica dell’impossibile umano’

reso possibile dalla potenza dello Spirito. E’ la basilica del discernimento che la porterà a diventare basilica dell’Eccomi, del ‘Sì’ della creatura al suo Creatore. Maria diventa così la dimora sacra della massima obbedienza a Dio, tempio della nuzialità tra la Parola che si fa carne e le parole umane di una Donna che si fanno grembo accogliente.

Il Cenacolo, basilica della prima comunità

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La prima lettura oggi descrive l’architettura spirituale della comunità degli Undici apostoli in attesa della Pentecoste.

Notiamo la presenza di alcune donne, fra cui la madre di Gesù e i suoi parenti. Gerusalemme città santa, luogo della passione e della risurrezione e il Cenacolo rappresentano la continuità tra la storia di Gesù e la storia della prima comunità cristiana. Il Cenacolo è il luogo basilicale delle origini del cristianesimo. Il Cenacolo si presenta a noi come la ‘basilica’ che ospita la prima Chiesa nascente. Le prime ore di questo ‘inizio’ sono tra le più importanti. Se Maria non è mai mancata negli eventi decisivi della vita del suo Figlio, in particolare il momento della Croce, non poteva certo nel Cenacolo. Maria ha preso molto sul serio le parole del Figlio crocifisso. Così, nel Cenacolo si delinea in maniera nitida la necessaria maternità di Maria sulla Chiesa.

Il Cenacolo è la basilica della Pentecoste che spingerà quella comunità nascente all’uscita della missione.

Questa comunità del Cenacolo, quindi la Chiesa, è ‘basilica’

abitata da Pietro e Maria: la prima comunità è riunita intorno a Pietro e a Maria. Ogni comunità cristiana si edifica sempre nella preghiera e nella comunione spirituale con Pietro e con Maria.

Come non riandare all’omelia pronunciata da Benedetto XVI durante la celebrazione eucaristica sul piazzale della nostra basilica, quando ebbe a dire: “La fede di Pietro e la fede di Maria si coniugano in questo Santuario. Qui si può attingere al duplice principio dell’esperienza cristiana: quello mariano e quello petrino. Entrambi, insieme, vi aiuteranno, cari fratelli e sorelle, a “ripartire da Cristo”, a rinnovare la vostra fede, perché risponda alle esigenze del nostro tempo.

Maria vi insegna a restare sempre in ascolto del Signore nel

silenzio della preghiera, ad accogliere con generosa

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disponibilità la sua Parola col profondo desiderio di offrire voi stessi a Dio, la vostra vita concreta, affinché il suo Verbo eterno, per la potenza dello Spirito Santo, possa ancora

“farsi carne” oggi, nella nostra storia. Maria vi aiuterà a seguire Gesù con fedeltà, ad unirvi a Lui nell’offerta del Sacrificio, a portare nel cuore la gioia della sua Risurrezione e a vivere in costante docilità allo Spirito della Pentecoste. In modo complementare, anche san Pietro vi insegnerà a sentire e credere con la Chiesa, saldi nella fede cattolica; vi porterà ad avere il gusto e la passione dell’unità, della comunione, la gioia di camminare insieme con i Pastori; e, al tempo stesso, vi parteciperà l’ansia della missione, di condividere il Vangelo con tutti, di farlo giungere fino agli estremi confini della terra” (14 giugno 2008).

Un amore “de finibus terrae”

Il terzo luogo basilicale è questo vetusto e amato santuario dedicato a Maria “de finibus terrae”. Ma anche queste pietre, come quelle di Nazareth e del Cenacolo, accolgono la

‘basilica’ vivente di anime credenti innamorate della Madre di Dio che nei secoli hanno espresso la radicata devozione e il genuino culto a Maria.

Non perdiamo mai di vista la bellezza spiritule dell’

invocazione “de finibus terrae”, che questa sera voglio tradurre non “ai confini” ma “oltre i confini”, perché questo luogo di spiritualità mariana è davvero la basilica dell’amore

“de finibus terrae”, un sconfinato.

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Qui Maria, la Madre, allarga le braccia verso i suoi figli, per attestare un amore talmente grande da superare ogni limite e confine.

Un amore oltre i confini della terra, un amore che è davvero

‘la fine del mondo’, nel doppio significato di “amore speciale” e di “amore senza limiti”! L’amore “sconfinato” di Maria si lascia rispecchiare nelle profondità inesplorate di questo nostro mare, ritenuto nell’immaginario popolare

“sconfinato” quanto l’amore di Maria, appunto senza misura.

“S. Maria de finibus terrae” è più di un bel titolo mariano:

esprime la nostra fiducia nel suo grande amore. Un amore, quello della Madonna, capace di arrivare “in capo al mondo”, pur di non trascurare nessuno dei suoi figli. Il titolo “de finibus terrae” ci fa pensare ad una Donna che in fretta si mette in cammino, una Madre che non si dà pace e che continua il suo viaggio per donare a tutti un Amore che viene dalla Croce del suo Figlio. Qui, a s. Maria di Leuca, non è come altrove. E’ ben altro! La collocazione del Santuario sull’estremo lembo di terra salentina che si tuffa nel mare e l’invocazione a Maria “de finibus terrae”, si abbracciano in un intreccio di misteriosa complicità per la commozione del viandante e il silenzio fascinoso del pellegrino, il cui stupore spirituale non si scolora con il tramonto dell’ultimo raggio di sole.

+ Gerardo Antonazzo

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Avvenire Laziosette del 4

ottobre 2015

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L

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Veglia Missionaria Diocesana

Veglia Missionaria Diocesana Venerdì 16 ottobre 2015 – ore 20:30 Parrocchia diSan Giovanni – Cassino Presieduta da mons. Gerardo Antonazzo

Vescovo diocesano

VEGLIA MISSIONARIA 2015

La sfida del gender

Relatore l’Avv. Gianfranco Amato, Presidente del Movimento “Giuristi per la vita”.

Domenica 4 ottobre, nel giorno di inizio dei lavori del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, nella nostra Diocesi si è tenuto a Cassino, presso l’Aula Pacis, un interessante convegno, promosso dall’Ufficio diocesano di Pastorale Familiare, su un tema particolarmente importante riguardante Famiglia e Persona, dal titolo

“La sfida del gender – istruzioni per l’uso”.

In apertura si è voluto dedicare un intenso e partecipato momento alla preghiera, in continuità, ha spiegato il Vescovo Mons. Gerardo Antonazzo, con la grande Veglia di Preghiera in piazza S. Pietro la sera precedente e con la Messa del Papa di apertura del Sinodo la mattina. In un “inverno culturale” un po’

rigido, non facile, come quello attuale, ha proseguito il Vescovo, noi dobbiamo credere, per fede e per grazia di Dio, che c’è una primavera che ci attende e che la storia è guidata da Dio. Perciò è fondamentale credere, pregare e accompagnare questo momento da credenti. Come Papa Francesco ha detto commentando le letture bibliche del giorno e in particolare il Vangelo (Mc 10, 2-16), provvidenziale dono di Dio perché riguardanti proprio il matrimonio, la Chiesa “è chiamata a vivere la sua missione nella verità che non si muta secondo le mode passeggere o le opinioni dominanti”. La cultura moderna, ha detto ancora il Vescovo Gerardo facendo eco a quanto dice il Papa, ha introdotto anche molti

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dubbi e scetticismo e c’è da chiedersi «se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione». Allora, ha concluso, dobbiamo gustare la bellezza della verità nella sua interezza, che non può essere decurtata. La preghiera corale alla Santa Famiglia per il Sinodo ha chiuso questa prima parte della serata, poi la parola è passata al relatore, l’Avv. Gianfranco Amato, Presidente del Movimento “Giuristi per la vita”.

Egli ha subito dichiarato che la teoria del gender è per la stragrande maggioranza del mondo cattolico sconosciuta o ci sono, al riguardo, idee confuse. Eppure è il tema su cui Papa Francesco si è soffermato più volte, ben 40 volte, in modo duro e tranchant, paragonandola ad “una bomba atomica”. E’ una teoria devastante e semplice, secondo la quale ogni persona, maschio o femmina, è quello “che sente di essere”, in modo transitorio. E servendosi di eloquenti slide, ha illustrato in maniera estremamente documentata i modi, i tempi ed i luoghi, fisici ed immateriali, in cui la teoria si è insinuata e diffusa.

Tanta documentazione, con la specifica delle fonti, deriva dal fatto che l’Avv.

Romano, che viaggia molto per far conoscere la questione attraverso le sue conferenze ed i suoi interventi, spesso viene aspramente contestato dai sostenitori della teoria gender che, incredibile ma vero, affermano che “non esiste una teoria del gender”, e che è un’invenzione dei cattolici integralisti (e retrogradi, naturalmente!). E allora lui porta citazioni ben precise (edizioni, pagine, date, numeri), proposte di leggi, regolamenti o iniziative in Italia e nel resto del mondo che mirano ad affermare come ovvia, democratica, libera ed evoluta e perciò superiore, l’accettazione dell’idea che non ci siano più solo due generi ben definiti, maschile e femminile, e neanche più omosessuale, ma che l’ identità di genere, parola politically correct, è il senso soggettivo, intimo e profondo che permette alla persona di dire: sono uomo / donna o molto altro. Sono stati contati da Facebook ben 51 tipi diversi di generi, ma qualcuno ha anche superato abbondantemente tale numero.

Il relatore ha citato le “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT”, con cui il governo italiano ha imposto regole ai giornalisti perché usino un linguaggio non offensivo: non usino il termine “gender” ma

“identità di genere”, non “utero in affitto” ma “gestazione di sostegno”… In Nuova Zelanda (luglio 2015) per legge è stato inserito nella raccolta e condivisione delle informazioni pubbliche, il terzo genere, “gender diverse”, per coloro che non si sentono né femmine né maschi. Nel Dizionario inglese di Oxford è stato inserito, oltre a Mr (Mister), Mrs (Misses) e Miss, Mx, a significare persona di genere indeterminato.

La condizione è tanto variabile nella stessa persona, che addirittura adesso si tende a rifiutare il concetto che esistono due generi, prende piede il termine

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“gender fluid”, che significa non identificarsi né come maschio né come femmina, oppure entrambi: un’indecisione di orientamento sessuale che diventa sempre più comune e di moda in America. Lanciata sul mercato una T-Shirt “Genderfluid and Still Human” con la scritta che avvisa che il portatore va di qua e di là, perché appartiene alla “gender fluid generation”. Odore di business a molte cifre.

La moda del gender neutro, ha sottolineato Romano, sta dilagando attraverso 4 canali: il canale legislativo, quello giudiziario, quello mediatico e quello educativo.

Vengono pubblicati libri e presentati spettacoli teatrali o cinematografici con storie come quella di “George”, il bambino che voleva chiamarsi Melissa, e subito i giornali ne parlano e danno grande risalto, anzi fioccano i premi a simili opere (come il Premio “Scenario infanzia 2015” all’opera “Mi chiamo Alex e sono un dinosauro” di Giuliano Scarpinato) e gli “esperti” intervistati si affannano a spiegare che gli adulti debbono aiutare i bambini, meglio se a scuola, a capire che non è una patologia, ma semplicemente una delle modalità in cui si esprime il genere! Persino in testi di Biologia si afferma che

“l’identità di genere non sempre coincide con il corredo cromosomico”. A Pisa, nello scorso aprile, è stata allestita una mostra presso il Centro di Arte moderna, su “Identità fluide”; il Cassero lgbt Center di Bologna organizza un festival internazionale sul tema. La Regione Piemonte ha deliberato di dare la possibilità a chi lo richiede di avere un tesserino di riconoscimento consono al genere di elezione”, anche se non c’è corrispondenza con il corpo biologico.

Papa Francesco, nella recente visita a Napoli e Pompei, parlando ai giovani ha affermato: “La teoria del gender è uno sbaglio della mente umana che crea tanta confusione”. E il Card. Bagnasco, nella Prolusione al Consiglio Permanente della Cei il 30 settembre ha parlato di questo problema, additando anche le tecniche persuasive di massa che vengono utilizzate, in particolare la “finestra di Overton”, una finestra mentale che si allarga sempre di più attraverso sei fasi per cui anche l’inaccettabile viene introdotto e alfine legalizzato come fosse giusto, in una “cultura degli eufemismi”.

E i negazionisti continuano ad affermare che non esiste la teoria del gender!

Intanto vengono modificate le sagome che segnalano l’accesso alle toelette pubbliche, il via o lo stop ai semafori per pedoni. In Svezia propongono di educare i bambini secondo un genere “neutro” con linguaggio unisex. Essere

“gender-fluid”, “gender-neutral”, “flexy” non significa essere confusi ma alla moda. Ne parlano ampiamente i rotocalchi: Grazia, Elle, Marie Claire, “D” di Repubblica. Grandi magazzini di lusso a Londra dedicano tre piani al reparto moda “Agender”, Pitti Italia va “oltre i generi” con abbigliamento, trucchi, biancheria intima, borse. Nella moda il nuovo gioco è essere senza genere, basculanti tra l’x e l’y, senza per forza essere “il” o “la”, ha detto Romano,

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portando una quantità di altri esempi, sempre ben documentati. Addirittura si vuole bloccare chimicamente la pubertà con iniezioni di Gonapeptyl, per lasciare indeterminato il genere.

Si mira a far entrare nella mente dei più giovani, dei bambini in tenera età tali teorie; ci sono rischi nella “Buona Scuola”; in molte scuole italiane sono fatti tentativi ed esperimenti per far entrare questo tipo di educazione attraverso i libretti e i giochi gender, a volte riusciti a volte contrastati dai genitori, a cui invece è riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, all’art. 26 c. 3, il diritto “di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli”. Ma il tentativo di estromettere i genitori dall’educazione dei ragazzi è ricorrente nelle dittature (nazismo, comunismo…)!

E citando ancora Pasolini, Gaber, Testori, il relatore si è rifatto ancora a Papa Francesco che parla di colonizzazione ideologica: «Occorre sostenere il diritto dei genitori all’educazione dei propri figli e rifiutare ogni tipo di sperimentazione educativa sui bambini e giovani, usati come cavie da laboratorio, in scuole che somigliano sempre di più a campi di rieducazione e che ricordano gli orrori della manipolazione educativa già vissuta nelle grandi dittature genocide del secolo XX, oggi sostituite dalla dittatura del “pensiero unico”».

D’altronde, un uomo confuso e fragile a chi fa comodo se non al potere? Così ha concluso l’Avv. Romano, che ha tenuto l’uditorio incollato alle sedie in ascolto attento e allibito con la valanga di informazioni sconvolgenti che ha saputo fornire. Nel tirare le conclusioni, il Vescovo Gerardo ha sottolineato l’urgenza di un problema molto serio che implica una responsabilità che non va delegata, perché la scuola, i media, le leggi toccano tutti, nessuno escluso. Tutti siamo impegnati all’attenzione e alla responsabilità, tenuti ad intervenire da protagonisti. Ha ringraziato i “Giuristi per la vita” e l’avv. Romano per l’impegno profuso in questo fatto culturalmente forte in cui tutti siamo responsabili del futuro. La benedizione finale che ha impartito all’uditorio ha siglato la chiusura del convegno, che tuttavia è continuato in maniera informale nei capannelli di persone che continuavano a parlare e confrontarsi. E’ chiaro che occorrerà continuare su questa strada di presa di coscienza e informazione.

– Adriana Letta

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Annuario Scuola diocesana di formazione teologica 2015-16

Di seguito è possibile scaricare l’Annuario Scuola diocesana di formazione teologica San Tommaso d’Aquino.

Annuario Scuola diocesana di formazione teologica

Nomina di Don Ercole Di Zazzo a Parroco di Broccostella

“Ad maiorem Dei gloriam”, con queste parole don Ercole Di Zazzo ha voluto iniziare il suo ministero come parroco nella parrocchia di Santa Maria della Stella e San Michele Arcangelo, a Broccostella. Tutto il suo operato per la maggior gloria di Dio.

Una celebrazione solenne nel pomeriggio di ieri (03 ottobre 2015) ha seguito l’accoglienza riservata al neo eletto parroco don Ercole e al vescovo mons. Gerardo Antonazzo, che lo ha accompagnato presso la sua chiesa, atteso dal Sindaco e dalle autorità civili e militari, dalla Banda di Broccostella, da centinaia di fedeli, amici, presbiteri, i volontari dell’Unitalsi, gli scout Agesci, il consiglio diocesano dell’Azione Cattolica.

Tutti si sono riuniti sotto lo sguardo della Madonna della

Stella, affidandole la loro guida, il loro pastore, che, come

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don Ercole stesso ha sottolineato nel suo saluto, facendo sue le parole di Papa Francesco, deve puzzare del suo gregge.

Un rito solenne, dunque, con cui Mons. Antonazzo ha confermato don Ercole alla guida di questa comunità, che lui stesso ha retto per due anni come amministratore parrocchiale. Nel corso dell’omelia Mons. Gerardo ha preso lo spunto dal passo della Lettera agli Ebrei della seconda lettura (Eb 2, 9-11) per illustrare l’operato di ogni sacerdote, equiparandolo al modello incarnato da Gesù.

Innanzitutto la divinità di Cristo, che si abbassa fino al l i v e l l o u m a n o d i v e n e n d o u o m o t r a g l i u o m i n i ; p o i l’umiliazione, la sofferenza di Cristo, che si sacrifica per realizzare la nuova alleanza tra Dio e gli uomini: è questo il momento della prova, che purifica e rende idoneo a svolgere il ministero sacerdotale; infine come Gesù non si vergogna di chiamare fratelli gli uomini, così il presbitero non deve mai perdere di vista la solidarietà verso i fratelli che è stato chiamato a servire.

(per leggere il testo completo dell’omelia, cliccate sul link qui sotto:

Omelia per l’inizio del ministero di parroco di don Ercole Di Zazzo

Al termine dell’Eucaristia, il saluto ed il grazie a don Ercole da parte del Sindaco Sergio Cippitelli, di una componente del gruppo giovani, Maria Pia Urbano, e di un rappresentante della comunità parrocchiale, Vincenzo Ferri, che hanno rivolto innanzitutto il loro grazie al Vescovo per aver donato don Ercole alla comunità, poi allo stesso don Ercole, per gli anni passati insieme e per quelli che verranno.

Infine don Ercole ha voluto ringraziare mons. Antonazzo per

a v e r l o r i c o n f e r m a t o g u i d a d e l l a p a r r o c c h i a e l a

sua famiglia parrocchiale per l’affetto e la continua e

(20)

costante collaborazione ed il vescovo ha chiesto alla comunità di pregare affinché il frutto più prezioso del ministero di don Ercole possa essere raccolto sotto forma di vocazioni alla vita sacerdotale.

La celebrazione, animata dalla corale parrocchiale, si è chiusa poi con una sorpresa: il canto finale, Scatenate la gioia, donato dai bambini e dai ragazzi del gruppo giovani al loro caro don Ercole.

– Carla Cristini

– Foto Piercarlo Gugliotta

Omelia per l’inizio del ministero di parroco di don Ercole Di Zazzo

PADRE PERCHE’ FRATELLO

Omelia per l’inizio del ministero di parroco di don Ercole Di Zazzo

Broccostella, 3 ottobre 2015

Mi sembra opportuno meditare con voi sul testo importante

della seconda lettura della Parola di questa domenica (Eb

2,9-11), orientati a questa scelta dalla celebrazione con la

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quale oggi il carissimo don Ercole è presentato dal Vescovo come parroco per la comunità di Broccostella, che lui ha già s e r v i t o p e r d u e a n n i i n q u a l i t à d i A m m i n i s t r a t o r e parrocchiale. Non si tratta di un atto burocratico, né esclusivamente giuridico. E’ segno concreto della fiducia del Vescovo il quale, raccogliendo i ripetuti racconti di don Ercole in merito alla sua personale esperienza, e le numerose testimonianze della stessa comunità, ritiene di riconoscere in lui le qualità umane e spirituali necessarie per il buon governo pastorale. Grazie, don Ercole, per quanto hai già operato in questo periodo con discrezione e con il massimo rispetto per le persone, in particolare per i tuoi collaboratori, coinvolti direttamente nella programmazione delle attività di evangelizzazione.

Di poco inferiore agli angeli

Colui che è stato salutato come Figlio di Dio e Signore (1,5-10), è ormai assimilato all’uomo e al figlio dell’uomo (v. 6). Ecco perché,dopo aver affermato nei versetti precedenti l’assoluta superiorità del Figlio anche in rapporto agli angeli, vediamo apparire nel brano di oggi il concetto del suo abbassamento (kenosis); un abbassamento tale che lo ha portato a posizionarsi e ad operare su un piano “inferiore agli angeli” (vv. 7a.9a). Vieni così evidenziata non solo l’umanità del Figlio, ma anche la conseguente dimensione corporativa del destino del Figlio, perché in quanto vero uomo grazie a Lui ogni uomo è reso partecipe del suo destino “di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto”. E’

grazie a Lui, se uniti a Lui, che ognuno di noi può fare “una buona fine”.

Questa è una prospettiva estremamente importante anche per il

ministero del presbitero: abbassarsi per immedesimarsi nella

vita dei suoi fratelli e delle sue sorelle, condividere

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umilmente il cammino proponendosi come pastore che, mentre sta alla guida del gregge, sa stare anche in mezzo per fraternizzare con la vita reale della sua gente. E’ Gesù che ci invita a fare come Lui: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29). Bontà di cuore e umiltà di animo sono indispensabili per non collocarsi mai al di sopra degli altri, mai sul piedistallo o su un gradino di superiorità che genera distanza e distacco. Questo libera la nostra gente dall’illusione di pretendere il prete-perfetto, il prete- modello, il prete-ideale. Il prete è capo e guida non per le sue capacità e bravura, non per i propri meriti e titoli, ma soltanto perché scelto da Dio e conformato a Cristo pastore delle sue pecore. Il sacerdote è senza dubbio investito di un’alta dignità che non lo innalza, ma lo accosta con delicatezza alla vita degli altri per servirli con la stessa umiltà di Cristo.

La “perfezione” della sofferenza

L’autore afferma che Gesù è stato reso “perfetto” dalla

sofferenza che ha vissuto. L’abbassamento di Cristo, Figlio di

Dio, non consiste solo nell’assumere la condizione umana, ma

nel fatto che l’umiltà del Figlio di Dio diventerà drammatica

umiliazione nello scherno del giudizio iniquo, nel

maltrattamento dei soldati, nell’insulto della gente sul

Calvario, nella deriva drammatica della sua morte, segnata

dall’abbandono e dall’estremo dolore. Gesù accetta

volontariamente, ma non senza la lacerazione interiore fino al

rischio della disperazione, di sacrificare la propria

esistenza, consapevole che questo andasse a beneficio e a

vantaggio di tutti. E’ esaltante, caro don Ercole, anche se

faticosa, l’idea della propria vita impegnata per gli altri

nel segno della rinuncia, del sacrificio, della dedizione

diuturna, delle mortificazioni e incomprensioni, delle mancate

gratificazioni e gratitudini, pur sempre disponibili a vivere

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così per favorire il bene degli altri, per vedere gli altri felici, a vantaggio della crescita e della maturazione della loro vita cristiana.

Tale sofferenza rende “perfetti”, come hanno reso “perfetto”

Gesù. Cosa significa? Non si tratta del raggiungimento di una perfezione di natura morale, come di una persona senza errori o difetti. Nel contesto della Lettera agli Ebrei, la

“perfezione” collegata con l’esperienza dell’obbedienza nella sofferenza (vedi anche Ebr 5,8-9: “Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna) significa piuttosto la prova della sua

“idoneità” alla funzione di Sommo sacerdote perché capace di stabilire una vera e definitiva, “nuova ed eterna” alleanza tra Dio e gli uomini, stipulata non con l’offerta di animali ma con il sacrifcio della propria vita. Per questo Gesù merita in assoluto il titolo di vero Sommo sacerdote. Così anche per te, caro don Ercole: l’esperienza della prova ti purifica, e ti rende idoneo a svolgere il ministero, configurato a Gesù sommo sacerdote mediante la tua partecipazione al sacerdozio del Vescovo. L’obbedienza a Dio non di rado ha il sapore della Croce; ma è nel segno della Croce che la nostra vita viene purificata e salvata, come anche la vita dei nostri fratelli.

Non si può essere presbiteri senza l’amore crocifisso, senza vivere la passione dell’amore che spesso ci chiede di passare attraverso la passione delle cose difficili e delle prove da affrontare.

E’ questa capacità di vivere il dolore per amore che ci rende

“perfetti”, cioè idonei a svolgere il nostro ministero che è

sempre un “officium amoris”, e non un mestiere né una

professione, per quanto speciale. Non mancano ad ogni pastore

le frustrazioni per le sue fragilità, per le incomprensioni da

parte della gente, per le fatiche nel discernimento, per

l’impegno a favore del bene, per l’edificazione sofferta della

comunione ….Amare nella tribolazione richiede l’offerta della

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propria vita, donata e sacrificata per il bene degli altri. In questo modo si partecipa del sacerdozio di Cristo, passando dalla conformazione sacramentale alla conformazione esistenziale. Non si diventa presbiteri “idonei” senza la capacità di dare valore alla Croce del Signore Gesù.

Li chiama “fratelli”

Per Gesù era evidente la sua vicinanza con Dio, in quanto Figlio; ma si fa nostro “fratello” per ricondurre anche noi insieme con Lui al Padre, grazie alla riconciliazione sacerdotale compiuta per mezzo della Croce. Per questo il testo afferma: “Provengono tutti (Cristo e gli uomini) da una stessa origine (Dio Padre); per questo non si vergogna di chiamarli fratelli…”.

Lui non si vergogna di chiamare fratello ciascuno di noi.

Se ti sei accorto di aver tradito la fiducia della persone che ami, Lui non si vergogna di chiamarci fratelli.

Se hai nascosto la tua vita sotto il velo della menzogna, Lui non si vergogna di chiamarti fratello.

Se hai perso la speranza, Lui non si vergogna di chiamarti fratello.

Se, per la noia, hai fatto di tutto per anestetizzare la tua vita ed evadere da essa, Lui non si vergogna di chiamarti fratello.

Se ti sei accorto di aver fatto del lavoro, del denaro, del piacere l’unico criterio della tua esistenza, Lui non si vergogna di chiamarti fratello.

Se hai deciso, fino ad oggi, di vivere senza di Lui, Lui non

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si vergogna di chiamarti fratello.

Là dove noi proviamo vergogna di noi stessi, lui non si vergogna di chiamarci fratelli.

Ci viene incontro, per invitarci a fare un po’ di strada con Lui, a partire da quel punto esatto in cui ci troviamo. E ci invita a fare un po’ di strada con Lui, perché Lui, il Figlio di Dio, vuole farsi nostro fratello, vuole farci condividere la sua esperienza di “famiglia”, quella che ha vissuto nella Trinità: l’amore del Padre, nello Spirito Santo.

Caro don Ercole, il presbitero, sull’esempio e nella forza dell’amore di Cristo solidale con gli uomini non deve mai perdere di vista la sua strutturale solidarietà con i suoi

“fratelli”. Il presbitero è scelto tra i fratelli per servire i fratelli, fratello tra fratelli. Questa condivisione autentica e reale si fa solidarietà tra la propria umanità e l’umanità del popolo di Dio. Solidarietà significa innanzitutto rispetto per la dignità degli altri, figli di Dio e tuoi fratelli, partecipazione piena alla loro esistenza reale, comprensione delle loro fatiche e stanchezze, aspirazioni, desideri e bisogni. Tu sei fratello tra fratelli per camminare anche tu con loro sulla strada del ritorno al Padre, grazie alla comune fede in Gesù Cristo. Non puoi oggi essere costituito come “segno” della paternità di Dio senza continuare a vivere da fratello con la tua gente. Nessuno sa diventare padre senza aver vissuto da fratello.

A volte nelle parrocchie vediamo una certa disgregazione del

senso di fraternità per i tanti ‘distinguo’ … “ma noi non

siamo di quelli”, “non sono i nostri”, “noi siamo altri”. Gesù

non si vergogna di chiamarci tutti indistintamente fratelli! È

venuto come fratello nostro mandato dal Padre, per parlarci

del Padre e per donarci l’amore del Padre, il perdono del

Padre, per riportarci al Padre, per donarci il titolo di figli

adottivi e fratelli suoi, e quindi anche fratelli fra di noi.

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La fraternità è l’inizio della pace, è il principio del Regno che si instaura nei cuori. Quando vengono abbattuti i muri di divisione, i muri di separazione, e quando veramente lo Spirito Santo crea legami nuovi ecco allora l’instaurazione del Regno: il Signore Gesù Cristo assume autorità sui cuori, assume autorità sulla vita delle persone, sulla qualità delle loro relazioni, sulle menti, sulle azioni, sui progetti, sulle opere.

+ Gerardo Antonazzo

Castrocielo: il Vescovo al

“Convegno sulla Famiglia”

L’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia, nella parrocchia di Santa Lucia in Castrocielo, nel pomeriggio del 3 ottobre, ha ospitato, presso i locali della propria struttura, un convegno sulla Famiglia.

L’incontro di ieri, più che un convegno è stato un momento di

gioia per la Famiglia e per tutte le famiglie presenti,

caratterizzato da accoglienza, testimonianze, preghiere e un

momento musicale e ricreativo, associato alle animazioni

ludiche per i bambini, un momento conviviale ma, soprattutto

tanta voglia di stare insieme, espressa dalle numerose

famiglie intervenute. Fortemente voluto dall’Associazione

parrocchiale Famiglia di Nazareth, di Castrocielo, guidata e

sostenuta in primis dai coniugi Alessandro e Antonietta Ricci,

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e poi da molte famiglie della parrocchia, il convegno, introdotto dall’esecuzione di due brani lirici eseguiti dal Soprano Maristella Mariani, accompagnata al pianoforte dal Maestro Michele D’Agostino, e dal saluto della Madre Superiore generale dell’Istituto, Suor Angela Merici Pattaro, è stato caratterizzato da uno stile di conduzione vivo, fatto non tanto da conferenze di tipo contenutistico ma piuttosto da testimonianze spontanee, come quella offerta all’uditorio dei presenti, intervenuti in gran numero, dai coniugi Luigi Pietroluongo e Paola Pappalardo, che hanno raccontato la nascita del loro nucleo familiare e le vicissitudini legate al desiderio di avere dei figli che non arrivavano, fino alla decisione di aprirsi al dono dell’adozione, seguito alle cure mediche ed agli interventi chirurgici che avevano precluso in modo definitivo il dono della maternità per Paola. Sennonché, e da qui scaturisce il valore della testimonianza dei due coniugi, reso in un convegno sulla misericordia di Dio nella famiglia, la bontà divina ha fatto dono, a Paola ed a Luigi, della tanto desiderata maternità e paternità, portando loro la nascita di una bimba.

A questo momento ha fatto seguito l’intervento dell’Avvocato Marco De Angelis che ha tracciato lo stato di diffusione della Teoria del Gender, soprattutto in alcuni paesi della Comunità europea, come ad esempio Malta, dove, per porre rimedio alla presunta crisi di identità sessuale e “cambiare” sesso è sufficiente una dichiarazione spontanea al cospetto di un Notaio. Al discorso dell’Avvocato De Angelis è seguito il momento liturgico della celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo Mons. Antonazzo e concelebrata da don Natalino Manna, parroco di Castrocielo, e da don Emanuele Secondi, responsabile diocesano della Pastorale familiare. Nell’omelia della celebrazione il vescovo, meditando sulle letture, in particolare sul Vangelo, tratto dal brano di Marco (cap.

10,2-16) in cui Gesù ha sottolineato come il matrimonio

costituisca una realtà in cui l’uomo e la donna divengono una

r e a l t à u n i c a , u n a m o r e i n d i s s o l u b i l e e c o n s a c r a t o

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reciprocamente. Dopo questo spunto di meditazione il vescovo ha posto una domanda all’assemblea dei fedeli, chiedendo in quale modo guardiamo alla famiglia e ad ogni coppia di sposi cristiani. La risposta al suo quesito è venuta sempre dal Vangelo proclamato qualche minuto prima. Nella conclusione del brano di Marco, infatti, Gesù dopo la domanda tendenziosa rivoltagli dai Farisei, porta l’esempio dell’innocenza di un bambino e del suo modo limpido ed innocente di vedere la realtà che lo circonda, tanto da essere il punto di riferimento per chi è chiamato ad entrare nel Regno dei Cieli:

«Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il Regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».

Terminata la celebrazione, la festa della famiglia ha avuto seguito con un intrattenimento musicale ed un momento conviviale, segno e simbolo di amicizia tra le famiglie convenute. Il convegno, tuttavia, oltre che un momento di festa, vissuto nella spontanea semplicità delle testimonianze, è stato un motivo profondo di riflessione e, soprattutto di comunione ecclesiale, vissuto negli stessi istanti in cui a Roma, in Piazza san Pietro, stava prendendo vita la veglia di preghiera voluta da Papa Francesco, in preparazione al Sinodo sulla famiglia, che si svolgerà a Roma dal 4 al 25 ottobre 2015.

– Giovanni Mancini

Agenda Pastorale del Vescovo

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5-11 ottobre 2015

AGENDA PASTORALE DEL VESCOVO 5-11 ottobre 2015

5 L

10.30 UDIENZE (Curia Sora)

6 M

09.15 PONTECORVO-Centro pastorale “S. Cuore”: RITIRO DEL CLERO

7 Me

18.00 S. MARIA DI LEUCA: S. Messa per il XXV di elevazione del Santuario a titolo di Basilica Minore

9 V

18,30 SORA-Dedicazione della chiesa Cattedrale: Ordinazioni diaconali e Inizio Anno pastorale

10 S

10.00 UDIENZE (Curia Cassino)

18,00 CASSINO: Parr. S. Antonio – Cresime

11 D

11,00 CASSINO: Parr. S. Pietro – Cresime

16.30 ALVITO-Oasi Betania: Celebrazione di preghiera per il 25°

annivers.

18.00 ARCE: Inizio ministero del parroco don Arcangelo D’Anastasio

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Veglia vocazionale di preghiera per l’Ordinazione diaconale di Cristian Di Silvio e Giuseppe Rizzo.

E’ la sera del 2 ottobre, ci troviamo riuniti nella chiesa parrocchiale di S.

Giovanni Battista in Cassino: ci sono i giovani, i gruppi, le associazioni, i loro commossi familiari, i fedeli della diocesi e ci sono loro, i Seminaristi Cristian Di Silvio e Giuseppe Rizzo, che riceveranno a giorni l’Ordinazione diaconale, passo decisivo e impegnativo che li conduce al Sacerdozio. Siedono al primo banco vicino al Vescovo Gerardo Antonazzo nella Veglia vocazionale di preghiera.

E’ un momento intenso e commovente, soprattutto per noi della ex diocesi di Montecassino, a cui appartenevano Cristian e Giuseppe, perché li abbiamo seguiti passo passo nel loro cammino di formazione. Entrarono nel Pontificio Collegio Leoniano di Anagni e lì frequentarono insieme, anno dopo anno, il corso

propedeutico, gli anni di Filosofia, quelli di Teologia… Il sabato e la domenica tornavano a casa per prestare il loro servizio pastorale nelle parrocchie che venivano loro assegnate dall’Ordinario, generalmente diverse ogni anno. Li

ricordiamo con affetto nelle nostre parrocchie, sempre disponibili e sorridenti, amici di tutti; nella grande Missione popolare a Cassino nel settembre 2011, insieme ai Seminaristi di Anagni, con i quali fecero anche un concerto.

Ricordiamo le tappe del loro lungo percorso, in particolare l’ammissione ai Sacri Ordini, il 30 settembre 2012, in una celebrazione particolarmente toccante. E poi i ministeri istituiti, il lettorato nel marzo 2013, e

l’accolitato, il 21 novembre dello stesso anno. Hanno vissuto da Seminaristi il momento delicato della fusione delle due diocesi ed ora, passati nel Seminario diocesano con sede a Sora, sono giunti ad un importante gradino, il diaconato, ministero “ordinato” o maggiore. La meta si avvicina.

Un gruppo musicale, che vede impegnati giovani dell’AC di Aquino, Esperia e Cassino, anima la liturgia della Parola, presieduta da Don Nello Crescenzi.

Viene letto un brano del profeta Geremia, il salmo 139 ed il passo di Luca sui discepoli di Emmaus. A commentare queste letture vengono chiamati proprio i due ordinandi diaconi, i quali, saliti all’ambone, con emozione per la prima volta

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spiegano la scrittura, suggerendo brevi ma significative riflessioni, che si vede son passate attraverso la loro personale esperienza. E’ seguito il momento culminante della Veglia, quello in cui i due candidati al diaconato fanno la loro professione di fede proclamando il Credo ed il solenne giuramento

ecclesiastico che, come spiega il Vescovo, li impegna per tutta la vita. Essi dichiarano di voler ricevere il Sacro Ordine spontaneamente e liberamente e che si dedicheranno per sempre al ministero ecclesiastico, nella diocesi di Sora- Cassino-Aquino-Pontecorvo.

Sono emozionati, ma i loro sguardi sono sicuri e sereni e la loro bocca si apre al sorriso, nella consapevolezza della bontà della scelta fatta. Il loro

pubblico impegno viene da loro firmato e controfirmato dal Vescovo. In un passaggio così solenne e decisivo non si può far altro che contemplare e pregare: infatti viene esposto il SS.mo Sacramento e segue un momento di adorazione eucaristica carico di concentrazione, in cui ognuno, come è stato spiegato, scrive su un foglio una sua intenzione di preghiera e silenziosamente va a deporlo in uno dei due zaini che sono ai piedi dell’altare.

Dopo la benedizione eucaristica, è il Vescovo Gerardo ad aiutare Cristian e Giuseppe a caricare sulle spalle lo zaino, a simboleggiare il bagaglio di formazione ma anche l’accompagnamento di preghiera della intera comunità per questi due giovani che venerdì 9, nella cattedrale di Sora, saranno ordinati diaconi con l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione del Vescovo diocesano Antonazzo.

L’animo di tutti è colmo di trepidazione, di affetto ma anche di gratitudine, al Signore innanzitutto, a Cristian e Giuseppe che hanno saputo rispondere con generosità alla Sua chiamata, e a tutti coloro che hanno contribuito al

discernimento della loro vocazione, alla loro formazione e all’accompagnamento nella preghiera.

– Adriana Letta

Giornata Mondiale Missionaria

2015: Centro Missionario

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Diocesano

UN CALOROSO APPELLO-INVITO AI PARROCI, SACERDOTI, RELIGIOSI/E, DIACONI, GRUPPI MISSIONARI, ASSOCIAZIONI

A CELEBRARE, SOLENNEMENTE, LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE (DOMENICA 18 OTTOBRE), CON LA PREGHIERA DI RACCOGLIERE OFFERTE DURANTE LE SS. MESSE E SENSIBILIZZARE I FEDELI ALLA CONDIVISIONE, GENEROSITA’, SOLIDARIETA’ E CARITA’ CRISTIANA VERSO LE CHIESE POVERE DI MISSIONE.

IL TEMA DELLA GIORNATA “DALLA PARTE DEI POVERI” CI INVITA AD ESSERE POPOLO DI MISERICORDIA, CIOE’ UOMINI E DONNE CHE SANNO FARSI COMPAGNI DI VIAGGIO DI QUALUNQUE FRATELLO E SORELLA, SOPRATTUTTO POVERI COME GESU’. VIVERE DALLA “PARTE DEI POVERI” DEVE ESSERE LA NORMALE CONSEGUENZA DI UN CUORE CONVERTITO DALL’AMORE E DALLA CARITA’.

DIVENTIAMO “POPOLO DI MISERICORDIA” NEL RISCOPRIRE, RISVEGLIARE IL VOLTO MISSIONARIO DI TUTTE LE COMPONENTI DELLA NOSTRA CHIESA DIOCESANA.

LE OFFERTE RACCOLTE DOVRANNO ESSERE VERSATE SUL C/C/POSTALE N.

12096038 INTESTATO A DIOCESI SORA-CASSINO-AQUINO-PONTECORVO – CURIA VESCOVILE – 03039 SORA – OPPURE CONSEGNATE DIRETTAMENTE ALLA CURIA VESCOVILE DI SORA O CASSINO, SPECIFICANDO NELLA CAUSALE DEL VERSAMENTO: GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2015, ENTRO IL 15 NOVEMBRE.

– Don Pasqualino Porretta

GMM 2015

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Inizio del Ministero Pastorale di Don Ruggero Martini nella Cattedrale di Sora

Privilegiare i poveri, perché se un membro soffre soffrono tutte le membra

Domenica 27 settembre la comunità della parrocchia di Santa Maria Assunta in Sora ha accolto il suo nuovo parroco don Ruggero Martini ed il suo collaboratore pastorale don Joele Tamiok.

La celebrazione eucaristica, presieduta da Sua Ecc. Mons. Gerardo Antonazzo, ha visto la partecipazione di molti sacerdoti provenienti sia dalla zona di Sora che da altre zone pastorali e delle autorità civili, tra cui il sindaco di Sora, Ernesto Tersigni, insieme ad un folto gruppo di fedeli provenienti da Arce, che hanno voluto fortemente essere vicini al loro ex parroco in questo importante momento che sancisce per lui l’inizio di un nuovo cammino pastorale.

A rendere ancora più solenne la cerimonia è stata l’animazione musicale dalla Corale della Cattedrale “S. Maria Assunta di Sora” diretta dal M° Giacomo Cellucci, accompagnata dall’organista Marianna Polsinelli e coadiuvata dai solisti Andrea Conti e Giulia D’Ovidio.

Durante l’omelia il vescovo, citando la Prima Lettura, si è soffermato sullo Spirito che deve assumere ciascun sacerdote nel governo del suo gregge: essere responsabile della responsabilità degli altri; è saggio, infatti, colui che fa crescere gli altri e nello stesso tempo sa crescere insieme agli altri, e non lo è invece chi si arrocca nella solitudine dell’arroganza e della presunzione.

Questa “corresponsabilità” non deve conoscere gelosie, invidie o limiti e nessun membro di una comunità cristiana può costringere un altro all’inattività,

scacciandolo solo per difendere il proprio equilibrio con la famosa frase “non è dei nostri”; il membro che ferisce il prossimo fino ad allontanarlo dal Regno dei cieli non può essere difeso e conservato poiché è motivo di scandalo, come ci ricorda Gesù nel brano del Vangelo.

L’invito di Mons. Antonazzo a vivere ogni giorno nella collaborazione e nella fratellanza cercando di essere ciascuno modello per l’altro, è rivolto a tutti coloro che sono parte integrante di una comunità cristiana, sacerdoti e laici, perché “se un membro soffre, ne soffrono insieme tutte le membra”.

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All’interno della Messa, non poteva mancare il saluto di benvenuto al

neoparroco, da parte di una rappresentante della parrocchia, che ha lasciato trasparire come la comunità sia pronta a collaborare con don Ruggero per

continuare il suo percorso di formazione ed evangelizzazione a tutti i livelli.

Tra i momenti più toccanti, vi raccontiamo quello della comunione, in cui il Vescovo con don Ruggero affianco hanno distribuito insieme l’Eucarestia, in una sinergia che sembrava simboleggiare lo stretto legame che c’è tra un Vescovo ed uno dei suoi sacerdoti.

I passaggi istituzionali hanno poi sancito l’insediamento di Mons. Martini nella cattedrale, dalla solenne “seduta” sulla sedia, alla consegna delle ostie dalle mani del Vescovo a quelle del neoparroco con la susseguente deposizione delle stesse nel tabernacolo, proprio da parte di don Ruggero.

Infine, la lettura della nomina ufficiale da parte del cancelliere Don Mario Santoro e la conseguente firma degli atti.

Anche il sindaco di Sora ha speso poi delle parole di saluto e di

incoraggiamento per il nuovo parroco, sottolineando l’importanza di quanto una parrocchia, come la Cattedrale, possa e debba fare per la città di Sora.

In ultimo ma non per ultimo, per la prima volta Mons. Ruggero Martini, da

Parroco della Cattedrale di Sora, si è rivolto alla comunità tutta. Egli stesso ha raccontato brevemente la sua “storia” di parroco, che lo ha portato prima a Roccasecca, poi a Sora, come rettore del Seminario, a Casalvieri per un breve periodo, a seguire ad Arce per lungo tempo, per poi approdare di nuovo a Sora.

Ha sottolineato quanto sia forte e “spirituale” il legame con Don Joele Tamiok, conosciuto proprio nell’avvicendamento nella parrocchia di Casalvieri e che lo aiuterà anche in questo nuovo percorso.

Dopo aver ringraziato Sua Ecc. Mons. Gerardo Antonazzo e tutti i presenti per i saluti di benvenuto, don Ruggero si è rivolto all’assemblea manifestando uno spirito di servizio al Signore e alla sua nuova parrocchia, affermando in

particolare: “ […] i poveri saranno i privilegiati della mia azione pastorale…”.

Al termine della Messa, la tensione si è sciolta nei numerosissimi abbracci che don Ruggero ha ricevuto dalle tante persone che hanno voluto salutarlo con

affetto e gratitudine sia per quello che ha fatto che per quello che sicuramente farà.

E come in ogni momento di gioia che si rispetti, la festa è continuata in

fraternità presso il seminario per un rinfresco offerto a tutti i partecipanti.

Auguri a don Ruggero per la sua missione, affinché sia pastore attento e

premuroso di un gregge forte e sano, che possa crescere e prosperare sempre di più sotto la sua guida!

(35)

– Marianna Polsinelli

Guarda il Video sulla WebTv

Festeggiamenti in Onore di San Michele

FESTEGGIAMENTI IN ONORE DI SAN MICHELE

In occasione dei festeggiamenti di S. Michele Arcangelo, S.E.

il Vescovo Mons. Gerardo Antonazzo si è recato, ieri martedì 29 settembre, in quel di Valleluce, frazione di S.Elia F.Rapido, dove, alla presenza di numerosi fedeli, ha celebrato la Santa Messa in onore del Santo protettore della parrocchia a Lui intitolata, unitamente al parroco Don Mihail Octavian Frentusca (Don Michele). Hanno concelebrato anche Don William Di Cicco, Don Gianni Leo e Don Giuseppe Indino, quest’ultimi due provenienti dal Santuario di S.Maria di Leuca.

Il Vescovo, nella sua omelia, ha voluto ricordare ai fedeli intervenuti, l’importanza dell’Arcangelo Michele nella continua lotta contro il male rappresentato da Satana che, nella lettura del Vangelo, aveva le sembianze di un drago rosso. Egli è il difensore della nostra fede e della nostra Chiesa. Colui che, per volontà di Dio, riesce a imbrigliare il diavolo nel profondo dell’inferno. Proprio per questo Sua Eccellenza ha voluto, alla fine della celebrazione eucaristica, rivolgere a S.Michele una preghiera di invocazione e di protezione verso tutta l’umanità ed in particolare per i parrocchiani di Valleluce.

Dopo il momento spirituale, il parroco Don Michele,

profondamente emozionato per la bella celebrazione, ha voluto

ringraziare personalmente il Vescovo anche a nome di tutta la

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comunità, offrendo a tutti i presenti, nell’oratorio adiacente la chiesa, un ricco buffet, preparato da alcuni parrocchiani, che è terminato con il taglio della torta sulla quale vi era raffigurata l’immagine di S.Michele.

– Maurizio Facchini & Simona Fiorillo

Atina festeggia San Marco Galileo

Discepolo di Pietro e promotore della fede: San Marco Galileo

«L’importanza della testimonianza è alla base del cristianesimo e della fede personale di ciascuno di noi». Una verità fondamentale in cui riconoscersi cristiani, per poi rilanciare alla trasmissione della fede. Oggi, 1 ottobre festa liturgica di San Marco Galileo, ad Atina alle ore 18, la chiesa di Santa Maria Assunta, gremita di fedeli accorsi sotto la battente pioggia per

festeggiare il tanto amato Santo, ha celebrato l’eucaristia attorno al vescovo diocesano Gerardo Antonazzo.

Diamo però onore e storia a questo “grande uomo della fede”: Marco di Atina, detto Galileo (morto ad Atina, Frosinone, 96 d.C circa), è venerato come santo dalla Chiesa Cattolica. Secondo la tradizione era uno dei discepoli dell’apostolo Pietro, il quale lo avrebbe consacrato vescovo e gli avrebbe affidato l’evangelizzazione di alcune zone d’Italia: avrebbe diffuso il cristianesimo nella Marsica, in Ciociaria e in diverse zone della

Campania. Avrebbe subito il martirio ad Atina sotto l’impero di Domiziano, motivo della sua venerazione come santo da parte della Chiesa cattolica, che ne celebra la memoria liturgica il 28 Aprile: ad Atina viene celebrato il 1

ottobre di ogni anno. Tale data corrisponde alla dedicazione della cattedrale a Santa Maria Assunta che ospita le reliquie e la statua del santo dopo la

distruzione, durante il II conflitto mondiale, della chiesa a lui dedicata.

Quest’anno, anche sotto la pioggia, la processione in forma breve, è riuscita a

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portare la statua all’esterno della chiesa; solo nel 1984, anno del terribile terremoto che pochi mesi addietro aveva devastato la Valle di Comino, l’effige, causa pioggia battente, non uscì il primo ottobre per la tradizionale

processione che fu però spostata alla domenica successiva.

– Don Alessandro Rea – Foto di Simone Buzzeo

Ordinazione Diaconale di

Cristian Di Silvio e Giuseppe

Rizzo

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“La sfida del Gender” –

Convegno diocesano Ufficio di

Pastorale Familiare

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Santa Messa per la festa della Polizia di Stato ad Arpino

Il giorno 29 settembre, festa degli Arcangeli Michele, Raffaele, Gabriele, presso la parrocchia di S.Michele Arcangelo in Arpino è stata celebrata una santa Messa per la Polizia di Stato. La celebrazione è stata presieduta da S.E.

Mons.Gerardo Antonazzo.

Erano presenti oltre alla Polizia di Stato i rappresentanti di tutte le forze dell’ordine.

Il vescovo, dopo un saluto iniziale rivolto al Questore dott. Santarelli, ha spiegato perché San Michele Arcangelo sia stato scelto come patrono della Polizia di Stato.

Tale decisione fu presa da Papa Pio XII il 29 settembre 1949 a seguito di una richiesta pervenuta da parte dell’ordinario militare Mons. Carlo Alberto Ferrero al cardinale Clemente Micara il 24 gennaio 1949.

San Michele è invocato come patrono della giustizia poiché rende giustizia alla verità del mistero dell’unico vero Dio che si è rivelato in Gesù Cristo.

Durante l’omelia è stato ribadito più volte quanto il male invada l’uomo, poiché la vita morale, la nostra coscienza umana e cristiana, diventa molto spesso un campo di battaglia dove il maligno ci assedia con il lancio delle bombe molotov incendiarie, della lussuria, della cupidigia,dell’invidia e di ogni genere di pensieri e sentimenti distruttivi.

Dopo la benedizione finale ha preso la parola il Questore dott. Filippo

Santarelli, ringraziando quanti hanno partecipato alla cerimonia e ricordando, in particolare, coloro che non sono più tra noi, ma che hanno messo la loro vita a servizio della giustizia del nostro Paese.

– Simona Giovannone – Foto di Gianna Reale

Inaugurazione Scuola di

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Formazione Teologica: Nuovo Umanesimo e Atropologia Cristiana

Riparte la Scuola di Formazione Teologica San Tommaso d’Aquino a Sora e a Cassino. L’inaugurazione dell’anno accademico 2015-2016 si svolgerà lunedì 19 ottobre 2015 alle ore 18:00 presso la chiesa di Santa Maria Assunta a

Roccasecca. Per l’occasione si terrà il convegno Nuovo Umanesimo ed Antropologia Cristiana tenuto dal don Giovanni Ancona, professore ordinario presso la

Pontificia Università Urbaniana di Roma, dal titolo.

Anno accademico 2015-2016 –

locandina

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