RASSEGNA SINDACALE E PREVIDENZIALE DEL 20 AGOSTO
a cura di Massimo Pipino
1) Il licenziamento è illegittimo se al lavoratore viene negata l’assistenza sindacale 2) Riforma del mercato del Lavoro – lavoro intermittente
3) Le imprese di costruzioni non sono tenute al pagamento del contributo integrativo Inarcassa
4) D.lgs. n. 108/2012 – Ingresso di cittadini extracomunitari per prestazioni lavorative altamente qualificate
5) Lavoratori "salvaguardati": definiti i criteri di ammissione al beneficio
6) Imprese di pulizia: è stato firmato l’accordo sull’apprendistato professionalizzante
7) Indici nazionali dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati – Indice generale al netto dei consumi di tabacchi – Variazioni percentuali del mese indicato rispetto allo stesso mese dell’anno precedente
GLI APPROFONDIMENTI DELLA RASSEGNA SINDACALE E PREVIDENZIALE La riforma del mercato del lavoro – Esposizione sintetica dei principali contenuti della legge
del 28 giugno 2012, n. 92 Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita
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1) Il licenziamento è illegittimo se al lavoratore viene negata l’assistenza sindacale
Il lavoratore incolpato ha diritto, a richiesta, di essere sentito oralmente a propria difesa e con l’eventuale assistenza di un rappresentante sindacale, anche nel caso in cui abbia comunicato le proprie giustificazioni scritte, ancorché queste appaiano già di per sé ampie ed esaustive (CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 luglio 2012, n. 11543). La fattispecie in esame riguarda la richiesta di un autista di un’azienda di autolinee di annullamento del licenziamento intimatogli dalla stessa per non avere aderito, in violazione dell’art. 7 Legge n. 300 del 1970, alla sua richiesta di essere ascoltato con l’assistenza di un rappresentante sindacale per difendersi dagli addebiti contestatigli. In proposito, in primo grado, la Corte territoriale aveva già ritenuto l’applicabilità diretta al caso in esame della disciplina di cui all’art. 7, 2° e 3° comma della legge n. 300 del 1970, escludendo, in via alternativa, le norme collettive applicabili nel settore. Ciò è stato, poi, confermato anche dalla Corte d’appello di Catanzaro, con conseguente ricorso da parte dell’impresa e controricorso del dipendente. I Supremi giudici hanno ritenuto disattesa la deduzione addotta dall’impresa secondo la quale non sarebbe identificabile con sufficiente chiarezza una richiesta dell’incolpato di essere sentito a sua difesa con l’assistenza di un rappresentante sindacale, in ragione della nebulosità delle espressioni in proposito contenute nella lettera di giustificazioni
scritte da parte del dipendente. A riguardo, infatti, gia i giudici di merito avevano dato per pacifica tra le parti la circostanza relativa all’esistenza di una tale richiesta e avevano accertato che essa non era stata accolta e la società non aveva formulato già allora l’obiezione comportante un accertamento di fatto, che perciò non può essere compiuto per la prima volta in sede di legittimità.
Inoltre, “nel caso in cui l’agente sia accusato di mancanze per le quali sia prevista la retrocessione o la destituzione, i suddetti funzionari (che hanno eseguito le indagini e le costatazioni necessarie per l’accertamento dei fatti) devono contestare all’agente i fatti di cui è imputato, invitandolo a giustificarsi” (cfr. art. 53, secondo comma dell’Allegato A al R.D. n. 148/1931). Inoltre, continua la Cassazione, circa la forma in cui devono essere espresse tali giustificazioni, la norma citata deve essere interpretata coerentemente con quella che è allo stato la disciplina universalmente applicabile a tutti i rapporti di lavoro alle dipendenze sia di privati che di pubbliche amministrazioni, vale a dire l’art. 7, in particolare commi 2 e 3 della legge n. 300 del 1970, in base al quale “Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa. Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato…”.
La stessa Corte costituzionale ha assunto tali citati commi a “parametro di indefettibile regola di formazione delle misure disciplinari” (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 204/1982), ritenendoli espressione di principi di civiltà giuridica, la cui efficacia espansiva nell’Ordinamento deriva altresì da un’innegabile esigenza di parità di trattamento (cfr. Corte Costituzionale sentenza n. 427/1989).
Pertanto, l’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione citata di cui all’Allegato A al R.D. nel 1931 “comporta l’espansione di quest’ultima (nel quadro della libertà di forme possibili di difesa cui allude) in direzione dell’attribuzione all’incolpato del diritto di integrare oralmente le proprie giustificazioni scritte, con l’assistenza di un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.” Ed è su tale interpretazione che va inteso l’art. 53 sullo stato giuridico degli autoferrotranvieri, articolo che stabilisce, in materia di procedimento disciplinare, che i funzionari competenti “devono contestare all’agente i fatti di cui è imputato, invitandolo a giustificarsi”.
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2) Riforma del mercato del Lavoro – lavoro intermittente
Con la circolare 20/2012, il Ministero del Lavoro torna nuovamente sul tema del lavoro intermittente così come disciplinato, da ultimo, dalla Legge n. 92/2012. Nel premettere che si tratta di una particolare tipologia di lavoro subordinato, caratterizzata dall’espletamento di prestazioni a carattere discontinuo o intermittente, il Dicastero ha evidenziato che, a tal fine, deve sempre esserci una o più interruzioni tra una prestazione e un’altra di lavoro, di modo che la durata del contratto non coincida con la durata della prestazione. Il Ministero, inoltre, ha ribadito i diversi casi in cui ora è prevista la possibilità di ricorrere al lavoro intermittente e, in particolare:
1) per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo e saltuario secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative ovvero per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese, dell’anno;
2) con soggetti con più di 55 anni e con soggetti con meno di 24 anni fermo restando che le prestazioni lavorative devono svolgersi entro il 25° anno di età.
Per ciò che riguarda il requisito soggettivo dell’età è stato precisato che:
i lavoratori non devono aver compiuto 24 anni;
i lavoratori devono avere almeno 55 anni, anche se pensionati;
3) in base a quanto disposto dal D.M. 23 ottobre 2004, in relazione alle attività elencate nella tabella approvata con il R.D. n. 2657/1923.
Il dicastero ha ribadito che spetterà alla contrattazione collettiva, oltre che l’individuazione delle esigenze, anche l’individuazione dei periodi predeterminati, precisando che rimettere quest’ultima alla contrattazione individuale vorrebbe dire rendere vane le altre ipotesi giustificatrici del lavoro intermittente. Non è inoltre possibile ricorrere al lavoro intermittente nei seguenti casi:
sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
salva diversa disposizione di accordi sindacali, nelle unità produttive dove si sia proceduto nei sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi, sospensione dei rapporti o riduzione dell’orario di lavoro con integrazioni salariali, comunque per lavoratori adibiti alle medesime mansioni;
nel caso di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.
Il contratto può prevedere la corresponsione dell’indennità di disponibilità nel caso in cui il lavoratore assuma l’obbligo alla risposta della chiamata del datore di lavoro nel rispetto del termine di preavviso non inferiore ad un giorno lavorativo (art. 35, D.Lgs. n. 276/2003). La misura di tale indennità, se non stabilita dalla contrattazione collettiva, è fissata dal D.M. 10 marzo 2004 in misura non inferiore al 20% della retribuzione. In virtù dell’abrogazione dell’art. 37 del D.Lgs. n.
276/2003, l’indennità di disponibilità, a decorrere dal 18 luglio 2012, se pattuita, va sempre riconosciuta per i periodi predeterminati, anche per i contratti stipulati anteriormente a tale data. La Riforma ha previsto importanti novità anche in merito agli obblighi di comunicazione alla Dtl delle prestazione di lavoro intermittente o anche di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, mediante fax o posta elettronica e, in via di definizione, è anche la modalità di comunicazione attraverso sms. La comunicazione deve avvenire, se pur il giorno dell’inizio della prestazione, comunque sempre prima della stessa. La comunicazione dell’annullamento o la modifica della stessa deve essere effettuata sempre prima della prestazione e, laddove il lavoratore non si presenti, entro le 48 h successive. Il Ministero ha fornito precisazioni sulla corretta interpretazione della norma riguardante le comunicazioni. In particolare, ha precisato che il riferimento ai 30 giorni deve essere connesso ai giorni di chiamata complessivi di un lavoratore, in un arco temporale, pertanto, anche superiore ai trenta giorni. Nel caso in cui poi un lavoratore sia chiamato a svolgere prestazioni lavorative continuative o frazionate di durata superiore a 30 giorni, dovranno effettuarsi più comunicazioni. Il Ministero ha poi ribadito che, a decorrere dal 18 luglio 2012, non potranno concludersi contratti di lavoro intermittente secondo la previgente normativa e quelli già esistenti termineranno di produrre effetti trascorsi 12 mesi dall’entrata in vigore della Riforma. Anche al fine di istruire il personale ispettivo, il dicastero ha ribadito che, in mancanza delle condizioni di legge richiamate, i rapporti di lavoro si considereranno a tempo pieno e indeterminato.
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3) Le imprese di costruzioni non sono tenute al pagamento del contributo integrativo Inarcassa
A fronte dell’invio da parte di INARCASSA (Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza degli ingegneri e degli architetti) di richieste di pagamento ad imprese di costruzione qualificate anche per l’attività di progettazione, del contributo previdenziale integrativo, sulla base delle disposizioni di cui all’art. 23 del proprio Statuto, l’Associazione nazionale di categoria ha presentato in merito istanza di interpello al Ministero del lavoro.
In particolare, INARCASSA rivendicherebbe il diritto al versamento della contribuzione integrativa, in quanto, secondo la medesima Cassa Nazionale di previdenza ed assistenza, le predette imprese edili sarebbero in possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi che qualificano una società di ingegneria, di cui all’articolo 90, comma 2, lett. B), del codice dei contratti pubblici, D.lgs. n. 163/2006.
Le pretese di INARCASSA, quindi, trarrebbero le proprie origini dalla convinzione, ritenuta erronea dall’Associazione nazionale di categoria, che le società di costruzione, risultando essere in possesso di entrambi i suddetti requisiti, si comporterebbero come società di ingegneria e per questo motivo sarebbero tenute alla comunicazione annuale obbligatoria, ai sensi dell’art. 36.1 dello statuto INARCASSA, nonché al versamento del contributo integrativo di cui all’art. 23.1 del citato statuto, pari al 4%, su tutti i corrispettivi rientranti nel volume IVA afferente alle attività professionali di cui sopra. Sul punto, va precisato che le richieste avanzate dalla Cassa Previdenziale non sono apparse sin dall’inizio legittime o tantomeno, fondate su argomentazioni giuridicamente sostenibili, tanto che, come sopra accennato, l’Associazione nazionale di categoria ha presentato specifica istanza di interpello al Ministero del Lavoro. Il Ministero, con la nota n. 17/12, ha fornito opportuni chiarimenti circa l’obbligo di versamento all’INARCASSA del contributo integrativo di cui all’art.
10 della Legge n. 6/81 da parte delle imprese edili qualificate per l’attività di progettazione e, conseguentemente, sulla corretta interpretazione della disciplina previdenziale per le categorie professionali degli ingegneri e degli architetti. Da un’approfondita disamina dell’articolo 10 della Legge n. 6/81, il Dicastero, acquisito il parere della Direzione generale per le Politiche previdenziali e assicurative, ha evidenziato, preliminarmente, che il contributo integrativo afferisce esclusivamente agli iscritti agli albi di ingegneri e di architetti che svolgono attività di natura libero – professionale, nonché alle associazioni o società di professionisti con riferimento al proprio personale, con qualifica di soggetti, iscritti ai medesimi albi. L’articolo 23 dello statuto INARCASSA, al riguardo, integra il novero dei soggetti obbligati al versamento del contributo in parola, facendo rientrare fra questi anche le società di ingegneria, così come sono definite dall’articolo 90 comma 2, lettera b), D.Lgs. n. 163/06, le quali sono “tenute ad applicare la medesima maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi rientranti nel volume di affari IVA relativi alle attività professionali”.
In virtù della disciplina sopra richiamata, la Direzione generale per l’Attività Ispettiva ha rilevato che le imprese di costruzioni del settore edile non rientrano in nessuna delle categorie di soggetti individuati dalle norme di legge o statutarie citate, né, tantomeno, sembrerebbero essere assimilabili alle stesse. Infatti, sebbene i requisiti soggettivi (forma costitutiva di società di capitali) ed oggettivi (oggetto sociale che contempla attività professionali quali progettazione lavori o direzione lavori) che qualificano le società di ingegneria risultino connotati, in parte, da elementi comuni con quelli presenti nelle società che svolgono attività di costruzione, le due tipologie societarie, ossia quella di ingegneria e quella edile, si distinguono con riferimento allo svolgimento dell’attività di progettazione.
A tale riguardo, il Ministero ha confermato che, qualora l’attività di progettazione rivesta per l’impresa edile un ruolo interno e strumentale all’espletamento dell’attività principale, costituita dalla realizzazione di un’opera, non è dovuto il versamento del contributo integrativo all’Inarcassa.
Diversamente, il contributo di cui all’articolo 10 della Legge n. 6/81 è dovuto anche da parte di una realtà organizzativa costituita in forma di impresa edile, qualora l’attività di progettazione sia svolta in conto terzi, identificandosi la stessa attività nel prodotto finale dell’opera intellettuale prestata dai dipendenti della medesima impresa.
4) D.lgs. n. 108/2012 – Ingresso di cittadini extracomunitari per prestazioni lavorative altamente qualificate
Nella Gazzetta Ufficiale n. 171/12 è stato pubblicato il decreto legislativo n. 108/2012 di attuazione della direttiva 2009/50/CE sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati. Il provvedimento in parola va a modificare la disciplina dell’immigrazione prevista dal D.lgs. n. 286/98 e s.m. e istituisce nel nostro ordinamento la “Carta Blu UE” per lavoratori stranieri altamente qualificati. Con l’introduzione dell’articolo 27- quater nel T.U. dell’immigrazione, gli stranieri altamente qualificati, che intendano lavorare per conto o sotto la direzione o il coordinamento di un’altra persona fisica o giuridica, potranno liberamente entrare e soggiornare in Italia per periodi superiori a tre mesi, al di fuori delle quote. I cittadini stranieri dovranno essere in possesso:
a. del titolo di istruzione superiore, rilasciato da autorità competente nel Paese dove è stato conseguito, attestante un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale, e della relativa qualifica professionale superiore, come rientrante nei livelli 1, 2 e 3 della classificazione Istat delle professioni CP 2011 e s.m., riconosciuta in Italia;
b. dei requisiti previsti dal D.lgs. n. 206/2007, limitatamente all’esercizio di professioni regolamentate.
La nuova normativa si applica:
- agli stranieri in possesso dei suddetti requisiti soggiornanti in un altro Stato membro o regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale;
- ai lavoratori stranieri altamente qualificati, titolari della Carta Blu rilasciata in un altro Stato membro.
Il datore di lavoro, al momento della richiesta del nulla osta, oltre a quanto previsto dal comma 2 dell’art. 22 del T.U., deve indicare, a pena di rigetto della domanda:
a. la proposta di contratto di lavoro o l’offerta di lavoro vincolante della durata di almeno un anno, per un’attività lavorativa che richieda una qualifica professionale superiore;
b. il titolo di istruzione e la relativa qualifica professionale superiore posseduti dallo straniero;
c. l’importo dello stipendio annuale lordo, che non deve essere inferiore al triplo del livello minimo previsto per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.
Lo sportello unico per l’immigrazione, non oltre 90 giorni dalla presentazione della domanda, rilascia o nega il nulla osta al lavoro. Il nulla osta al lavoro è sostituito da una comunicazione del datore di lavoro della proposta di contratto di lavoro o dell’offerta di lavoro vincolante, applicandosi le disposizioni di cui all’articolo 27, comma 1-ter, qualora il datore di lavoro abbia sottoscritto con il Ministero dell’interno un apposito protocollo di intesa. A seguito della stipula del contratto di soggiorno e della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, al lavoratore straniero è rilasciata dal Questore la Carta Blu UE, un permesso di soggiorno con durata biennale, nel caso di contratto di lavoro a tempo indeterminato, ovvero con durata pari a quella del rapporto di lavoro più tre mesi, negli altri casi. Il titolare della Carta Blu UE, nei primi due anni di occupazione legale sul territorio nazionale, potrà esercitare esclusivamente attività lavorative conformi alle condizioni di ammissione e limitatamente a quelle per le quali è stata rilasciata la Carta stessa. Eventuali cambiamenti di datore di lavoro nel corso dei primi due anni sono soggetti all’autorizzazione preliminare da parte della Dtl competente, il cui parere si intende acquisito decorsi 15 giorni dalla ricezione della documentazione inerente al nuovo contratto di lavoro od offerta vincolante. L’accesso al lavoro è escluso se le attività:
- comportino, anche in via occasionale, l’esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri;
- attengano la tutela dell’interesse nazionale;
- siano riservate, conformemente alla legge nazionale o comunitaria, ai cittadini nazionali, ai cittadini dell’Unione o ai cittadini del SEE.
Il decreto stabilisce, inoltre, che dopo 18 mesi di soggiorno legale in un altro Stato membro che abbia rilasciato allo straniero la Carta Blu UE, lo straniero stesso, al fine di esercitare un’attività lavorativa, potrà fare ingresso in Italia senza necessità del visto. Entro un mese dall’ingresso nel territorio nazionale nonché se il titolare della Carta Blu UE soggiorna ancora nel primo Stato membro, il datore di lavoro deve presentare allo sportello unico la domanda di nulla osta al lavoro, che viene rilasciato entro 60 giorni. Viene quindi aggiunto al T.U. sull’immigrazione l’articolo 9-ter che consente allo straniero titolare della Carta Blu UE rilasciata da un altro Stato membro e autorizzato al soggiorno in Italia, di chiedere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo che, si rammenta, è a tempo indeterminato (v. art. 9 T.U.). La domanda può essere presentata dagli stranieri che dimostrino:
di aver soggiornato, legalmente ed ininterrottamente, per cinque anni nel territorio dell’Unione in quanto titolari di Carta Blu UE;
di essere in possesso, da un periodo di tempo non inferiore ad almeno due anni, di un permesso Carta Blu UE. Le assenze dello straniero dal territorio dell’Unione non interrompono la durata del periodo e sono incluse nel computo del medesimo periodo quando sono inferiori a 12 mesi consecutivi e non superano complessivamente i 18 mesi nel periodo quinquennale di cui alla lettera a).
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5) Lavoratori “salvaguardati”: definiti i criteri di ammissione al beneficio
L’Inps, con il proprio messaggio del 03 agosto 2012, n. 13052, nel fornire le prime istruzioni operative in merito alla verifica del diritto a pensione dei lavoratori “salvaguardati”, che maturano i requisiti per il diritto e per l’accesso al trattamento pensionistico sino al 2019, riepiloga la normativa vigente alla data del 5 dicembre 2011 a cui fare riferimento ai fini della individuazione dei predetti requisiti.
Come noto, secondo la previsione di cui all’articolo 24, comma 14, del Decreto Legge n. 201 del 6 dicembre 2011 (convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 214 del 22 dicembre 2011), le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del suddetto Decreto Legge n. 201 continuano ad applicarsi a determinate categorie di soggetti, ancorché maturino i requisiti per l’accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011. Tali lavoratori continueranno ad accedere alla pensione di vecchiaia o anzianità sulla base dei requisiti vigenti anteriormente al 6 dicembre 2011 (data di entrata in vigore del D.L. n. 201/2011) ovvero sulla base del regime delle decorrenze introdotto dalla Legge n.
122/2010 (finestra mobile). In sintesi, le tipologie di lavoratori ed i criteri di ammissione al beneficio.
Lavoratori in mobilità ordinaria
Potenziali destinatari sono i lavoratori collocati in mobilità ordinaria con cessazione dell’attività lavorativa alla data del 4 dicembre 2011 e che abbiano perfezionato i requisiti pensionistici, previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti o per gli iscritti nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (CD/CM, ART E COMM), vigenti anteriormente all’entrata in vigore del Decreto Legge n. 201, entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità ordinaria (art. 7, co. 1 e 2, L. 23 luglio 1991 n. 223). Nel computo di detti lavoratori devono essere considerati anche quelli per i quali interventi legislativi successivi hanno esteso l’applicazione della Legge n. 223/1991 come:
- i lavoratori licenziati da aziende del commercio con più di 50 dipendenti e fino a 200, da aziende costituite per l’espletamento di attività di logistica, che occupino più di 200
dipendenti, o che occupino più di 50 dipendenti fino a 200 (in procedura dsweb codice intervento 013) e per i lavoratori licenziati da agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti e da imprese di vigilanza (in procedura dsweb codice intervento 014);
- i lavoratori del trasporto aereo e delle società derivate” (in procedura dsweb codice intervento 562 o 747 );
- i lavoratori delle società di gestione aeroportuale e delle società da questi derivate (in procedura dsweb codice intervento 561 o 747).
L’Inps precisa che il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità ordinaria entro il quale deve avvenire la maturazione dei requisiti per il pensionamento, deve essere verificato alla data del 24 luglio 2012, data di pubblicazione del decreto interministeriale 1° giugno 2012 nella Gazzetta Ufficiale n. 171. Pertanto, eventuali periodi di sospensione della percezione dell’indennità di mobilità successive al 24 luglio 2012 non possono essere considerati rilevanti ai fini del prolungamento del periodo di fruizione entro il quale devono essere maturati i requisiti per il pensionamento.
Lavoratori in mobilità lunga Potenziali destinatari sono:
- i lavoratori collocati in mobilità lunga (Legge n. 176/1998, n. 81/2003, n.
296/2006);
- i lavoratori ultracinquantenni inseriti nel programma di reimpiego (Legge n. 127/2006).
Per la prima categoria di lavoratori, i requisiti per la pensione di anzianità da perfezionare sono quelli di cui alla tabella C allegata alla Legge n. 449/1997, mentre per i soli lavoratori destinatari della Legge n. 176/1998, i requisiti dell’età per la pensione di vecchiaia sono 55 anni per le donne e 60 anni per gli uomini. Per la seconda categoria di lavoratori, i requisiti per la pensione di vecchiaia o anzianità sono quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti o per gli iscritti nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (CD/CM, ART E COMM), vigenti anteriormente all’entrata in vigore del citato Decreto Legge n. 201.
Lavoratori dei Fondi di solidarietà per il sostegno del reddito
Potenziali destinatari sono i soggetti titolari di assegno straordinario di sostegno al reddito (articolo 2, comma 28, Legge n. 662 del 23 dicembre 1996) e dei Regolamenti di settore:
- alla data del 4 dicembre 2011;
- nonché da data successiva al 4 dicembre 2011 sulla base di accordi collettivi stipulati entro la medesima data, a condizione che l’accesso alla prestazione risulti autorizzato dall’INPS e che gli interessati restino a carico dei Fondi fino al compimento di almeno 62 anni di età, ancorché maturino prima del compimento della predetta età i requisiti per l’accesso al pensionamento previgenti, fermo restando il limite massimo di permanenza nel Fondo previsto dai singoli Regolamenti di settore.
Per i titolari di assegno straordinario da data successiva al 4 dicembre 2011, i potenziali beneficiari della deroga potrebbero non risultare inseriti nelle liste SICO-SALVAGUARDATI (cfr. messaggio n. 12196/2012) e, quindi, potrebbero non ricevere la relativa lettera); pertanto, qualora gli stessi dovessero richiedere un appuntamento presso la Sede INPS, quest’ultima avrà comunque cura di verificare la posizione assicurativa individuale ed accertare l’eventuale diritto del soggetto interessato per la conseguente segnalazione nell’applicativo MONITORAGGIO 65MILA in corso di predisposizione.
Prosecutori volontari
Potenziali destinatari sono coloro, che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione. Ai fini dell’individuazione dei soggetti potenziali destinatari della cd. Salvaguardia le Sedi dovranno verificare:
- il perfezionamento dei requisiti anagrafici e contributivi utili a conseguire, secondo la disciplina vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 201, il diritto al pensionamento con decorrenza compresa entro un periodo non superiore a ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto legge (6 dicembre 2011);
- che tali soggetti non abbiano comunque ripreso ad esercitare un’attività lavorativa in un momento successivo all’autorizzazione in parola e possano far valere almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 201/2011.
Esonerati
Potenziali destinatari sono coloro che, alla data del 4 dicembre 2011, hanno in corso l’istituto dell’esonero dal servizio di cui all’articolo 72, comma 1, del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133. Al riguardo – precisa l’Istituto – laddove gli interessati si rivolgano presso le Strutture INPS, si dovrà preliminarmente verificare se il lavoratore sia iscritto presso la Gestione ex INPDAP o presso il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti o forme sostitutive dello stesso.
Lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave
I soggetti in questione possono essere inclusi tra i potenziali beneficiari a condizione che maturino, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito contributivo per l’accesso al pensionamento indipendentemente dall’età anagrafica (articolo 1, comma 6, lett. A), Legge 23 agosto 2004, n. 243). Potenziali destinatari del beneficio pensionistico sono, inoltre, i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di accordi individuali sottoscritti ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del c.p.c. ovvero il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011 in applicazione di accordi collettivi di incentivo all’esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Si rammenta, infine, che, in data 6 luglio 2012 il Decreto Legge n. 95/2012 ha esteso la platea dei soggetti destinatari della salvaguardia:
- ai lavoratori per i quali le imprese abbiano stipulato in sede governativa entro il 31 dicembre 2011 accordi finalizzati alla gestione delle eccedenze occupazionali con utilizzo di ammortizzatori sociali ancorché alla data del 4 dicembre 2011 gli stessi lavoratori ancora non risultino cessati dall’attività lavorativa e collocati in mobilità;
- ai lavoratori che, alla data del 4 dicembre 2011, non erano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore, ma per i quali il diritto all’accesso ai predetti fondi era previsto da accordi stipulati alla suddetta data e ferma restando la permanenza nel fondo fino al sessantaduesimo anno di età;
- ai lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, che perfezionano i requisiti anagrafici e contributivi utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente alla data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 201 in commento, nel periodo compreso fra il ventiquattresimo e il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legge;
- ai lavoratori che risultino in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla disciplina pensionistica vigente prima della data di entrata in vigore del citato Decreto Legge n. 201 del 2011, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo nel periodo compreso fra il ventiquattresimo e il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore dello stesso Decreto Legge n. 201.
Le istanze di accesso ai benefici di cui al comma 14 dell’articolo 24 del Decreto Legge n. 201 in esame alle competenti Direzioni Territoriali del Lavoro devono essere presentate entro il 21 novembre 2012 e cioè entro 120 giorni dalla data di pubblicazione del decreto interministeriale del
1° giugno 2012 nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 2012. È stata disposta l’istituzione di una Commissione per l’esame delle istanze di che trattasi, di cui un componente è un funzionario dell’INPS designato dal Direttore provinciale della Sede di appartenenza. Le decisioni di accoglimento dovranno essere comunicate con tempestività, anche con modalità telematica, all’INPS. L’interessato, avverso il provvedimento, può presentare istanza di riesame, entro 30 giorni dalla data di ricevimento dello stesso, innanzi alla Direzione Territoriale del Lavoro presso cui è stata presentata l’istanza. Ciò premesso, qualora gli interessati si rivolgano – al fine di conoscere se possano o meno rientrare tra i potenziali beneficiari della cd. Salvaguardia – presso le strutture dell’Istituto, in attesa della comunicazione di accoglimento dell’istanza da parte della Commissione competente, le stesse dovranno verificare se i lavoratori siano in possesso dei requisiti per il diritto al trattamento pensionistico in base alle disposizioni vigenti alla data del 5 dicembre 2011 ed a porre in apposita evidenza i nominativi in attesa della comunicazione da parte della DTL.
Per qualsiasi quesito di carattere normativo- tecnico – rende noto l’Inps con il messaggio in oggetto – è stata istituita la casella di posta elettronica: Salvaguardia65 ([email protected]), che non ha rilevanza esterna.
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6) Imprese di pulizia: è stato firmato l’accordo sull’apprendistato professionalizzante
È stato sottoscritto il 19/7/2012, tra la FISE – Anip, la LEGACOOPSERVIZI, la FEDERLAVORO – CONFCOOPERATIVE, l’AGCI SERVIZI, l’UNIONSERVIZI – CONFAPI e la FILCAMS – CGIL, la FISASCAT – CISL, la UILTRASPORTI – UIL, l’accordo in materia di apprendistato professionalizzante per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi, assunto con contratto di apprendistato professionalizzante a far data dal 20/7/2012, ai sensi del D.Lgs. n. 167/2011. La validità dell’accordo decorre dal 20/7/2012. Per i contratti di apprendistato professionalizzante sottoscritti fino alla data del 24/4/2012 si applicano le norme previste all’art. 12 del CCNL 31/5/2011, per i contratti di apprendistato professionalizzante sottoscritti fino alla data del 19/7/2012 si applicano gli Accordi Interconfederali vigenti.
Sfera di applicazione
L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani per il conseguimento di una qualificazione attraverso un’adeguata formazione volta all’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali ed è ammesso per tutte le qualifiche e mansioni comprese nei livelli dal II al VII.
Percentuale di assunzione e limiti d’età
Il numero degli apprendisti in forza che il datore di lavoro ha facoltà di assumere, non può essere superiore al 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio con riferimento al singolo appalto o servizio. Il contratto di apprendistato professionalizzante può essere instaurato con i giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni compiuti e con giovani che abbiano compiuto i 17 anni di età e siano in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi della legge 28/3/2003 n.
53.
Periodo di prova
La durata massima del periodo di prova per gli apprendisti è fissata in 30 giorni di lavoro effettivo
Durata dell’apprendistato
Livello Mesi
II 24
III 30
IV 30
V 36
VI 36
VII 36
Per i lavoratori con destinazione finale a partire dal V al VII livello, in possesso di diploma riguardante la professionalità da acquisire, la durata sarà ridotta di 6 mesi; se in possesso di laurea riguardante la professionalità da acquisire, la durata sarà ridotta di 12 mesi.
Trattamento economico
Il lavoratore assunto con contratto di apprendistato professionalizzante è inquadrato due livelli sotto quello di destinazione finale, per la prima metà del periodo e ad un livello inferiore per la seconda metà. Gli apprendisti con destinazione finale al secondo livello, saranno inquadrati al primo livello per tutto il periodo.
Percentuale di conferma
Le aziende si impegnano a mantenere in servizio almeno il 65% dei lavoratori che abbiano completato il loro contratto di apprendistato nell’arco dei 24 mesi precedenti.
A tal fine non si computano i lavoratori che si siano dimessi, quelli licenziati per giusta causa, per cessazione di appalto, per mancato superamento del periodo di prova e quelli che, al termine del periodo di apprendistato, abbiano rifiutato la proposta di rimanere in servizio.
La limitazione di cui sopra non si applica quando nel biennio precedente sia venuto a scadere un solo contratto di apprendistato.
Riconoscimento precedenti periodi di apprendistato
Il periodo di apprendistato effettuato presso altre aziende sarà computato presso la nuova, fatta salva la durata minima prevista dalla legislazione vigente, ai fini del completamento del periodo prescritto dal presente contratto, purché l’addestramento si riferisca alle stesse attività e non sia intercorsa, tra un periodo e l’altro, una interruzione superiore ad un anno.
Durata della Formazione
Ai sensi del comma 3 dell’art. 4 del D.Lgs.n. 167/2011, la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la responsabilità della azienda per un numero di ore non inferiore a 80 ore medie annue (compresa la formazione teorica iniziale relativa al rischio specifico prevista dall’accordo Stato-Regioni del 21/12/2011), è integrata dall’offerta formativa pubblica, laddove esistente, ai sensi del comma 3 dell’art. 4 del D.Lgs. n. 167/2011.
7) Indici nazionali dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati – Indice generale al netto dei consumi di tabacchi – Variazioni percentuali del mese indicato rispetto allo stesso mese dell’anno precedente
ANNO GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC ANNO
1978 … … … … … … … … … +12,3 +11,6 +11,9 1978
1979 +12,9 +13,4 +13,7 +14,3 +14,5 +14,7 +14,9 +15,5 +16,8 +18,2 +18,7 +19,8 1979 1980 +21,4 +21,7 +21,3 +21,2 +20,7 +20,7 +21,6 +21,6 +21,2 +20,5 +21,5 +21,1 1980 1981 +19,4 +19,5 +20,1 +19,9 +20,5 +20,6 +19,6 +19,2 +18,3 +18,6 +18,2 +17,9 1981 1982 +17,3 +16,7 +16,1 +15,5 +15,2 +15,2 +15,9 +17,2 +17,2 +17,2 +16,7 +16,3 1982 1983 +16,4 +16,4 +16,4 +16,6 +16,4 +16,0 +15,4 +13,7 +13,6 +13,3 +13,0 +12,8 1983 1984 +12,5 +12,2 +12,0 +11,6 +11,2 +11,2 +10,5 +10,4 +9,8 +9,1 +8,6 +8,8 1984 1985 +8,6 +8,6 +8,6 +8,8 +8,8 +8,7 +8,7 +8,6 +8,3 +8,5 +8,6 +8,6 1985 1986 +8,0 +7,6 +7,2 +6,6 +6,4 +6,3 +5,9 +5,9 +5,8 +5,1 +4,7 +4,3 1986 1987 +4,5 +4,2 +4,2 +4,2 +4,2 +4,1 +4,4 +4,5 +5,0 +5,3 +5,2 +5,1 1987 1988 +5,0 +4,9 +4,9 +5,0 +4,9 +4,9 +4,9 +5,0 +4,8 +4,7 +5,3 +5,5 1988 1989 +5,7 +6,3 +6,4 +6,7 +6,8 +7,0 +7,0 +6,7 +6,6 +6,8 +6,4 +6,5 1989 1990 +6,4 +6,2 +6,1 +5,8 +5,7 +5,6 +5,7 +6,3 +6,3 +6,2 +6,5 +6,4 1990 1991 +6,5 +6,7 +6,6 +6,7 +6,8 +6,9 +6,7 +6,3 +6,2 +6,1 +6,2 +6,0 1991 1992 +6,1 +5,4 +5,6 +5,6 +5,7 +5,5 +5,5 +5,3 +5,2 +5,0 +4,9 +4,8 1992 1993 +4,3 +4,5 +4,2 +4,2 +4,0 +4,2 +4,4 +4,4 +4,2 +4,3 +4,2 +4,0 1993 1994 +4,2 +4,2 +4,2 +4,1 +4,1 +3,7 +3,6 +3,7 +3,9 +3,8 +3,7 +4,1 1994 1995 +3,8 +4,3 +4,9 +5,2 +5,5 +5,8 +5,6 +5,8 +5,8 +5,8 +6,0 +5,8 1995 1996 +5,5 +5,0 +4,5 +4,5 +4,3 +3,9 +3,6 +3,4 +3,4 +3,0 +2,6 +2,6 1996 1997 +2,6 +2,4 +2,2 +1,7 +1,6 +1,4 +1,6 +1,5 +1,4 +1,6 +1,6 +1,5 1997 1998 +1,6 +1,8 +1,7 +1,8 +1,7 +1,8 +1,8 +1,9 +1,8 +1,7 +1,5 +1,5 1998 1999 +1,3 +1,2 +1,4 +1,6 +1,6 +1,5 +1,7 +1,6 +1,8 +1,8 +2,0 +2,1 1999 2000 +2,1 +2,4 +2,5 +2,2 +2,3 +2,7 +2,7 +2,7 +2,6 +2,6 +2,7 +2,7 2000 2001 +3,1 +3,0 +2,8 +3,1 +3,0 +2,9 +2,7 +2,7 +2,6 +2,6 +2,3 +2,3 2001 2002 +2,3 +2,3 +2,4 +2,4 +2,3 +2,3 +2,3 +2,5 +2,6 +2,6 +2,7 +2,7 2002 2003 +2,7 +2,5 +2,6 +2,5 +2,4 +2,3 +2,5 +2,5 +2,5 +2,4 +2,4 +2,3 2003 2004 +2,0 +2,2 +1,9 +2,0 +2,1 +2,2 +2,1 +2,1 +1,8 +1,7 +1,7 +1,7 2004 2005 +1,6 +1,6 +1,6 +1,7 +1,7 +1,6 +1,8 +1,8 +1,9 +2,0 +1,8 +1,9 2005 2006 +2,2 +2,1 +2,1 +2,0 +2,2 +2,1 +2,1 +2,1 +2,0 +1,7 +1,7 +1,7 2006 2007 +1,5 +1,5 +1,5 +1,4 +1,4 +1,6 +1,6 +1,6 +1,6 +2,0 +2,3 +2,6 2007 2008 +2,9 +2,9 +3,3 +3,3 +3,5 +3,8 +4,0 +3,9 +3,7 +3,4 +2,6 +2,0 2008 2009 +1,5 +1,5 +1,0 +1,0 +0,7 +0,4 -0,1 +0,2 +0,1 +0,2 +0,7 +1,0 2009 2010 +1,3 +1,3 +1,5 +1,6 +1,5 +1,3 +1,7 +1,5 +1,6 +1,7 +1,7 +1,9 2010 2011 +2,2 +2,3 +2,5 +2,6 +2,6 +2,7 +2,7 +2,8 +3,0 +3,2 +3,2 +3,2 2011
2012 +3,2 +3,3 +3,2 +3,2 +3,0 +3,1 +3,1 2012
GLI APPROFONDIMENTI DELLA RASSEGNA SINDACALE E PREVIDENZIALE La riforma del mercato del lavoro – Esposizione sintetica dei principali contenuti della legge
del 28 giugno 2012, n. 92 Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita
Contratto a tempo determinato (art. 1, comma 9)
La legge 28 giugno 2012, n. 92 rende la disciplina dell’istituto complessivamente più gravosa e sicuramente più onerosa per i datori di lavori che intendano farvi ricorso. Un elemento positivo è, invece, quello che riguarda la previsione di due ipotesi alternative in base alle quali è possibile ricorrere al contratto a tempo determinato (ma anche alla somministrazione a tempo determinato) senza bisogno di apporre una giustificazione causale (“ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”):
1. per il primo rapporto di lavoro con un lavoratore che, in tal caso, non può durare più di 12 mesi;
2. al ricorrere di specifiche condizioni relative all’attività produttiva (avvio di una nuova attività; lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; rinnovo o proroga di una commessa consistente), con accordo collettivo (vedi nota n. 1) è possibile assumere senza causale, per non più del 6% dei lavoratori occupati nell’unità produttiva di riferimento.
I contratti a tempo determinato “acausali” non possono essere prorogati. È previsto un generale incremento del costo dell’istituto attraverso l’introduzione di un contributo addizionale, pari all’1,4% a carico del datore di lavoro (cfr. articolo 2, commi 28 - 30).
L’esenzione dal versamento del contributo addizionale è prevista nelle seguenti ipotesi:
1. per i lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti;
2. per le attività stagionali sia quelle previste dal D.P.R. n. 1525/1963 che quelle individuate dai contratti collettivi nazionali (quest’ultima solo fino al 2015).
Viene altresì prevista la restituzione di 6 mensilità del contributo addizionale pagato in caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In caso di assunzione successiva alla scadenza del rapporto a tempo determinato, la restituzione viene ridotta di un numero di mensilità pari a quelle intercorse tra la cessazione del primo rapporto e l’instaurazione di quello a tempo indeterminato.
La riforma eleva gli intervalli tra singoli contratti a termine (da 10 a 60 giorni – per i contratti di durata fino a 6 mesi – da 20 a 90 giorni – per i contratti di durata superiore). È stato previsto che gli stessi accordi collettivi che possono introdurre “l’acausalità” del contratto, al ricorrere delle stesse ipotesi già elencate, possono anche ridurre gli intervalli fino a un minimo, rispettivamente, di 20 e di 30 giorni. Viene, inoltre, ampliato il periodo di “tolleranza” durante il quale la prosecuzione del rapporto a tempo determinato oltre la scadenza del termine non determina la conversione del rapporto a tempo determinato (da 20 a 30 giorni – per i contratti di durata fino a 6 mesi – da 30 a 50 giorni – per i contratti di durata superiore). È, tuttavia, introdotto un onere di preventiva comunicazione al Centro per l’impiego territorialmente competente della decisione di avvalersi di tale periodo di prosecuzione del rapporto a tempo determinato. Le modalità della comunicazione saranno definite con decreto ministeriale. Nel computo del termine di durata massima di trentasei mesi dei rapporti a tempo determinato conclusi tra lo stesso lavoratore e lo stesso datore
di lavoro devono essere inclusi anche gli eventuali periodi di somministrazione a tempo determinato. La riforma chiarisce, con disposizione di interpretazione autentica, che l’indennità introdotta dal collegato lavoro per le ipotesi di conversione in sede giudiziaria del contratto a tempo determinato “ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive” (cfr. articolo 1, comma 13).
Sempre con riferimento al cd. collegato lavoro, viene elevato a 120 giorni il termine per l’impugnazione stragiudiziale del contratto a tempo determinato, qualora la questione verta sulla nullità del termine apposto al contratto (cfr. articolo 1, comma 11). Le novità introdotte dalla riforma entreranno in vigore dalla data di entrata in vigore del provvedimento, ad eccezione della modifica dei termini di impugnazione che si applicherà ai contratti cessati a partire dal 1° gennaio 2013 (cfr. comma 12).
Novità Entrata in vigore
Modifica del termine stragiudiziale di impugnazione nelle ipotesi di contestazione della nullità del termine apposto dal contratto da 60 a 120 giorni
1° gennaio 2013
Nuova disciplina dei rinnovi, della causale e della durata
massima con la somministrazione (vedi nota n. 2) 18 luglio 2012 Contratto di inserimento (art. 1, commi 14-15; art. 4, commi 8-11)
La legge abroga il contratto di inserimento, introducendo al suo posto incentivi all’occupazione rivolti a due categorie di lavoratori:
i lavoratori sopra i cinquant’anni, disoccupati da oltre dodici mesi;
le donne di qualsiasi età, residenti in aree svantaggiate del Paese e disoccupate da almeno sei mesi o disoccupate da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti.
L’incentivo, consistente in una riduzione peri al 50% dei contributi a carico del datore di lavoro per una durata complessiva di 12 mesi, viene corrisposto in relazione alle assunzioni a tempo determinato, anche in somministrazione, a partire dalla data del 1° gennaio 2013. Nel caso di una trasformazione a tempo indeterminato, oppure qualora l’assunzione sia stata fatta direttamente a tempo indeterminato la riduzione dei contributi raggiungerà una durata complessiva di 18 mesi.
È possibile assumere con contratto di inserimento sino al 31 dicembre 2012.
Novità Entrata in vigore
Abrogazione del contratto di inserimento 1° gennaio 2013
Introduzione degli incentivi all’occupazione per i lavoratori sopra i cinquant’anni e le donne disoccupate da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti
1° gennaio 2013
Introduzione degli incentivi all’occupazione per le donne residenti in aree svantaggiate del Paese e disoccupate da almeno sei mesi
In attesa di Decreto Ministeriale
Apprendistato (art. 1, commi 16-19)
La legge introduce una serie di novità nel recente Testo Unico dell’apprendistato (D.Lgs.
167/2011):
– viene prevista una durata minima del contratto pari a sei mesi, dalla quale sono esclusi gli apprendisti assunti per lo svolgimento di attività stagionali;
– si chiarisce che in caso di recesso dal rapporto di apprendistato, al termine del periodo di formazione, per il periodo di preavviso continua a trovare applicazione il trattamento economico, normativo e contributivo previsto dal contratto di apprendistato;
– dal 1° gennaio 2013, il rapporto tra il numero di apprendisti e le maestranze specializzate e qualificate in servizio presso lo stesso datore di lavoro, sale a 3 a 2 (mentre resta 1 a 1 per i datori di lavoro con meno di 10 dipendenti);
– è esclusa la possibilità di assumere apprendisti con un contratto di somministrazione a tempo determinato.
Viene inserito il vincolo secondo il quale la possibilità di assumere nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione, nei 36 mesi precedenti, di una percentuale pari ad almeno il 50% dei rapporti di apprendistato instaurati (la percentuale scende, tuttavia, al 30% nei primi 36 mesi dall’entrata in vigore della legge). Tale norma non viene applicata ai datori di lavoro con un numero di dipendenti inferiore a 10, con l’intento di favorire in questo modo l’accesso all’istituto. È, in ogni caso, consentita l’assunzione di un apprendista anche nel caso in cui si concretizzi il mancato rispetto della percentuale di conferma nel triennio di riferimento.
Novità Entrata in vigore
Conferma di un numero minimo di apprendisti come condizione per assumerne altri
18 luglio 2012, ma:
sino al 18 luglio 2015, la percentuale è fissata nella misura del 30% nei 36 mesi
precedenti
dal 19 luglio 2015, la percentuale è fissata nella misura del 50% nei 36 mesi precedenti
Limiti per l’assunzione: 3 apprendisti ogni 2
lavoratori 1° gennaio 2013
Esclusione della possibilità di assumere apprendisti per il tramite della somministrazione a tempo determinato
1° gennaio 2013
Part-time (art. 1, comma 20)
Viene previsto che i contratti collettivi (vedi Nota n. 3) disciplinino a quali condizioni e con quali modalità il lavoratore potrà richiedere di eliminare ovvero modificare le clausole flessibili od elastiche che caratterizzano il suo contratto.
Viene inoltre previsto che i lavoratori affetti da particolari patologie nonché i lavoratori studenti possono revocare il consenso alla prestazione di lavoro reso secondo clausole elastiche o flessibili.
Lavoro intermittente (art. 1, commi 21-22)
Viene significativamente ristretto l’ambito di applicazione dell’istituto sia dal punto di vista
“soggettivo” perché potranno essere avviati rapporti solo con soggetti con più di 55 anni (prima il limite era di 45 anni) ovvero con giovani entro il compimento del 24° anno di età. In quest’ultimo caso, il contratto dovrà necessariamente concludersi entro il compimento del 25° anno di età del lavoratore. Sono altresì eliminate le ipotesi di legge di ricorso al lavoro intermittente in particolari periodi dell’anno: si ritiene, pertanto, che l’individuazione dei periodi sarà affidata alla contrattazione collettiva.
Infine, si introduce, in funzione anti-elusiva, uno specifico onere di comunicazione alla Direzione Territoriale del Lavoro da inviare prima dell’inizio della prestazione o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni.
I contratti di lavoro intermittente stipulati prima del 18 luglio 2012, che non risultino più compatibili con la nuova disciplina dell’istituto, cessano di produrre effetti il 18 luglio 2013.
Novità Entrata in vigore
Onere di comunicazione alla DTL 18 luglio 2012
Cessazione dei contratti lavoro intermittente incompatibili con la nuova disciplina
18 luglio 2013
Lavoro a progetto (art. 1, commi 23-25)
Le modifiche introdotte dalla riforma rendono la disciplina del contratto di lavoro a progetto complessivamente più gravosa e sicuramente più onerosa per i datori di lavori che intendono farvi ricorso. Le modifiche apportate dalla riforma alla disciplina del contratto a progetto sono le seguenti:
– il contratto di lavoro a progetto deve essere riconducibile a progetti specifici e si esclude che il progetto possa consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente o nello svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi. I compiti meramente esecutivi o ripetitivi potranno essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Resta ferma la disciplina degli agenti e rappresentanti di commercio;
– la descrizione del progetto deve essere tale da permettere l’individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire;
– il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e non può essere inferiore ai minimi stabiliti, per mansioni equiparabili, dai contratti collettivi;
– viene limitata la facoltà, per il committente, di recedere prima della scadenza del termine, ai soli casi in cui siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto;
– si chiarisce definitivamente che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, siano considerati rapporti di lavoro subordinato, sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui manchi il progetto;
– si presume che il rapporto di lavoro sia di natura subordinata, qualora l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe rispetto a quelle svolte dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente. È ammessa la prova contraria a carico del committente e comunque la presunzione non opera per le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Con disposizione di interpretazione autentica, si chiarisce che l’esclusione dell’obbligo di riconducibilità della collaborazione ad un progetto previsto per le professioni intellettuali che richiedono l’iscrizione in albi professionali, opera nel solo caso in cui il collaboratore sia chiamato a svolgere l’attività specifica per la quale è necessaria tale iscrizione.
Con la notevole riduzione del potere di recesso da parte del committente e con la modifica apportata dalla riforma alle ipotesi di applicazione del doppio termine di decadenza introdotto con il cd.
collegato lavoro (vedi Nota n. 4), viene de facto fortemente limitata per il contratto a progetto la necessità di impugnare entro precisi termini decadenziali il contratto a progetto ritenuto invalido.
Le nuove norme trovano applicazione per i contratti di collaborazione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.
Novità Validità
Presunzione di subordinazione e divieti Per i contratti stipulati successivamente al 18 luglio 2012
Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo (art. 1, commi 26-27)
La legge introduce una presunzione in base alla quale le prestazioni lavorative assoggettabili all’imposta sul valore aggiunto sono considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quando ricorrono 2 dei 3 presupposti seguenti:
1. la durata della collaborazione sia complessivamente superiore agli 8 mesi nell’arco dell’anno solare;
2. il corrispettivo costituisca più del 80% dei corrispettivi percepiti nell’arco dell’anno solare (anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro di imputazione di interessi);
3. il collaboratore abbia una postazione fissa presso una delle sedi del committente.
La presunzione di cui sopra non si applica nel caso in cui la prestazione in esame sia connotata da competenze elevate (di natura teorica o tecnico-pratica), ovvero il soggetto che la svolge percepisca un reddito annuo di lavoro autonomo non inferiore a circa 18/19mila euro. Non si applica, inoltre, ai rapporti per i quali sia richiesta l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati. Occorre inoltre precisare che, poiché le prestazioni lavorative assoggettabili all’imposta sul valore aggiunto nascono normalmente senza l'individuazione di uno specifico progetto, i rapporti qualificati come collaborazioni coordinate e continuative a seguito dell’operare della summenzionata presunzione, vengono considerati immediatamente rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a partire dalla data di stipulazione del contratto, ai sensi dell’art 69, comma 1, del D.Lgs. 276/2003.
Tale disciplina si applica ai contratti successivi all’entrata in vigore della norma e, decorsi 12 mesi da tale data, anche ai contratti in essere, per consentire a questi ultimi di apporre gli opportuni adeguamenti. Nel caso in cui il contratto si configurasse quale una collaborazione a progetto, gli oneri contributivi dovuti all’INPS per il periodo antecedente la conversione, sono per due terzi a carico del committente e per il restante terzo a carico del collaboratore, al quale resta però il diritto di rivalsa nei confronti del committente.
Novità Entrata in vigore
Presunzione di subordinazione e divieti 18 luglio 2012, per i nuovi contratti
Per i contratti in corso, dal 18 luglio 2013
Associazione in partecipazione (art. 1, commi 28-31)
Se l’apporto degli associati in una medesima attività consiste in una prestazione di lavoro il loro numero non può essere superiore a tre, con l’unica eccezione degli associati legati da vincolo di parentela. Resta da chiarire l’esatto significato dell’espressione “una medesima attività”.
Si introduce una presunzione di subordinazione laddove non venga resa effettiva la partecipazione come nel caso di mancata consegna del rendiconto.
Novità Entrata in vigore
Nuovi limiti al numero di associati 18 luglio 2012 per tutti i contratti, ad eccezione dei contratti certificati, che restano in vita fino alla scadenza
Lavoro accessorio (art. 1, commi 32-33)
Viene modificata la definizione di lavoro accessorio, determinando così una forte riduzione della possibilità di utilizzare tale forma di lavoro per le imprese. Più precisamente, si introducono nuovi tetti massimi di compenso erogabili ai lavoratori, che ora ammontano a:
- 5.000 euro quale tetto massimo annuo per le prestazioni di lavoro accessorio che possono essere svolte dal singolo lavoratore con riferimento alla totalità dei committenti;
- 2.000 euro quale tetto massimo annuo erogabile da un singolo committente imprenditore commerciale (vedi Nota n. 5) o professionista (vedi Nota n. 6).
Inoltre, sempre in funzione anti-elusiva, il voucher viene conteggiato in base a parametri orari.
Novità Entrata in vigore
Utilizzo dei voucher modificati 18 luglio 2012, ad eccezione dei buoni già richiesti fino a tale data e che dovranno essere utilizzati entro il 31 maggio 2013
Tirocini (art. 1, commi 34-36)
Viene data delega al Governo per il riordino della disciplina dei tirocini.
Si segnala, in particolare, la previsione della necessità di corrispondere una congrua indennità al tirocinante.
Procedura per il licenziamento individuale per ragioni economiche (art. 1, comma 37-41) Premesso che la riforma impone di comunicare il licenziamento unitamente ai motivi che l’hanno determinato (in precedenza la comunicazione dei motivi era eventuale e su richiesta del lavoratore), viene introdotta una procedura che impone al datore con più di 15 dipendenti di comunicare alla Direzione Territoriale del Lavoro l’intenzione di intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Si svolge un tentativo di conciliazione all’esito del quale, se il licenziamento per giustificato motivo oggettivo viene confermato, sarà efficace sin dal momento della comunicazione alla DTL.
L’efficacia del licenziamento rimane sospesa solo nelle ipotesi di infortunio sul lavoro e maternità.
La disciplina della decorrenza degli effetti del licenziamento opera anche per i licenziamenti disciplinari (per i quali è previsto il procedimento di cui all’art. 7 della legge n. 300/1970).
Se la conciliazione riesce e il rapporto si estingue per mutuo consenso, il lavoratore conserva il diritto a fruire dell’Aspi.
Infine, l’art. 1, comma 38 modifica il termine di decadenza per la presentazione della domanda giudiziale, introdotto dal cd. collegato lavoro, riducendolo da 270 a 180 giorni. Ricordiamo che questo termine opera successivamente al primo termine di 60 giorni previsto per l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento.
Novità Entrata in vigore
Modifica termini di impugnazione stragiudiziale (da 270 a 180 giorni)
Licenziamenti intimati dal 18 luglio 2012
Conseguenze licenziamento illegittimo (art. 1, commi 42-43)
Per quanto riguarda i licenziamenti individuali, la riforma non modifica il regime delle causali che possono giustificare il licenziamento (giusta causa o giustificato motivo, soggettivo o oggettivo), che rimangono quelle note, ma modifica soltanto il regime degli effetti che conseguono ad un licenziamento illegittimo.
Nulla cambia anche per quanto riguarda i requisiti dimensionali necessari per l’applicazione dell’art. 18 della legge n. 300/1970.
Mentre prima della riforma l’effetto del licenziamento illegittimo era, sempre e soltanto, la reintegrazione nel posto di lavoro, con il riconoscimento di tutte le retribuzioni e la contribuzione dovuta per i periodi ante reintegrazione, ora vi sono quattro diversi tipi di conseguenze che si applicano ad almeno dieci diverse fattispecie. I quattro diversi tipi di conseguenze sono:
a) Regime della reintegrazione “pieno”, analoga all’attuale: reintegrazione; risarcimento
“integrale” dei periodi pregressi dedotto il cd. aliunde perceptum (vedi Nota n. 7); opzione per le 15 mensilità;
b) Regime della reintegrazione “attenuato”: reintegrazione; limitazione a non più di 12 mensilità di retribuzione quale risarcimento per i periodi pregressi, dedotto l’aliunde perceptum nonché l’aliunde percipiendum (vedi Nota n. 8), ma con versamento dell’intera contribuzione spettante tra il momento del recesso e quello dell’effettiva reintegrazione; opzione per le 15 mensilità;
c) Regime risarcitorio “pieno”: indennità risarcitoria onnicomprensiva da 12 a 24 mensilità;
d) Regime risarcitorio “attenuato”: indennità risarcitoria onnicomprensiva da 6 a 12.
Il regime della reintegrazione piena (a) si applica:
1) nel caso di licenziamento “discriminatorio” a vario titolo (ad es.. per cause di maternità, matrimonio ovvero licenziamento nullo tra cui quello per motivo illecito ovvero licenziamento orale);
2) nel caso di licenziamento collettivo, ove il licenziamento sia privo di forma scritta;
Il regime della reintegrazione attenuato (b) si applica:
1) nel caso di giustificato motivo soggettivo o di giusta causa per insussistenza del fatto contestato;
2) perché il fatto rientra tra condotte che nel ccnl sono punite con sanzioni conservative;
3) nel caso di licenziamento intimato illegittimamente per ragioni di inidoneità fisica o psichica, in violazione della legge sui disabili, in violazione della disciplina del comporto per malattia;
4) nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo, nel caso di “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento”;
5) nei licenziamenti collettivi, nel caso di violazione di applicazione dei criteri di scelta.