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Nel V secolo si chiamarono sofisti quegli intellettuali che facevano professione di sapienza e la insegnavano dietro compenso.

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I SOFISTI

Anticamente il termine sophisés (=sapiente) era sinonimo di sophós (=saggio) e alludeva ad un uomo esperto, conoscitore di tecniche particolari e dotato di una vasta cultura generale.

Nel V secolo si chiamarono sofisti quegli intellettuali che facevano professione di sapienza e la insegnavano dietro compenso.

Furono Platone e Aristotele a “demonizzare” i sofisti. Li giudicarono falsi sapienti, interessati al successo e ai soldi più che alla verità. Il giudizio di Platone e Aristotele ha fatto sì che nel mondo greco i sofisti venissero definiti pseudofilosofi.

Oggi, l’aggettivo “sofistico” ha perso il suo significato filosofico originario ed equivale spesso, nel linguaggio comune, a “falso”, “artificioso”.

La critica contemporanea appare obiettiva e favorevole ad una rivalutazione globale della sofistica e della sua importanza storica e filosofica.

L’ambiente storico-politico

I sofisti hanno operato una “rivoluzione filosofica” spostando l’asse della speculazione dalla natura all’uomo.

Non ricercano il “principio” del cosmo, essi si concentrano sulla politica, le leggi, la religione, ecc. diventano così i filosofi dell’uomo e della città. sfiducia nella ricerca naturalistica

Questo spostamento dell’asse della filosofia si comprende anche in relazione al cambiamento del contesto storico-politico dell’Atena del V secolo, uscita vittoriosa dalla guerra contro i Persiani. Significativi di questo periodo sono la crisi dell’aristocrazia, l’accresciuta potenza della borghesia cittadina, l’allargarsi dei traffici e dei commerci, il raffinarsi delle tecniche e l’avvento della democrazia.

Caratteristiche culturali della sofistica

Alcuni degli aspetti più importanti e significativi della sofistica:

a. È stata definita “Illuminismo greco”. L’Illuminismo è il movimento culturale che si è verifica in Europa nel XVIII secolo, e aveva come insegna l’uso libero e spregiudicato della ragione in tutti i campi. Lo strumento dell’Illuminismo è la critica e ha la pretesa di svincolare l’uomo da ogni pregiudizio. Un carattere simile presenta la sofistica e la cultura ateniese dell’epoca. La sofistica consiste nella liberazione critica del passato in nome della ragione.

b. I sofisti hanno riconosciuto il valore formativo del sapere e, per primi, hanno elaborato il concetto di “cultura” intesa come la formazione globale di un individuo nell’ambito di un popolo o di un contesto sociale. Il problema educativo passa in primo piano perché si ritiene che la virtù non venga dai natali, ma dal sapere.

c. Per via della loro professione che li portava a viaggiare, i sofisti di fecero portatori di istanze cosmopolitiche, che contribuirono all’allargamento della mentalità greca e antica.

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PROTAGORA (490 a. C.)

Il primo e più importante esponente della sofistica.

La dottrina dell’uomo-misura

La tesi fondamentale di Protagora risiede nel principio:

“L’uomo è misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono”

l’uomo è il metro, il soggetto di giudizio, della realtà o della irrealtà delle cose e del loro modo d’essere e significato.

Esistono varie interpretazioni per questa tesi:

1. Una prima interpretazione, diventata tradizionale e risalente a Platone, intende per uomo l’individuo singolo e per cose gli oggetti percepiti attraverso i sensi. La tesi di Protagora alluderebbe al fatto che le cose appaiono diversamente a seconda degli individui e dei loro stati fisici e psichici, per cui tante teste e tante situazioni, tante misure;

2. “Uomo” = significato universale “umanità”, “natura umana”

“cose” = “realtà in generale”

La tesi di Protagora vorrebbe dire che gli individui giudicano la realtà tramite parametri comuni tipici della specie razionale cui appartengono, cioè l’umanità.

3. L’“uomo” del frammento sarebbe la comunità cui l’individuo appartiene e le “cose” sarebbero i valori o gli ideali che vi stanno alla base. Protagora intenderebbe dire che ognuno valuta le cose secondo la

“mentalità” del gruppo sociale cui appartiene.

Queste letture prese singolarmente sono insufficienti e risultano vere solo se combinate insieme. L’uomo di Protagora è misura delle cose a diversi livelli della sua umanità: in primo luogo come singolo, poi come comunità o civiltà, infine come specie. Si ritiene che Protagora parlando dell’uomo non intendesse riferirsi unicamente a uno dei tre significati, ma li avesse tutti presentati e, a seconda dei diversi contesti, si riferisse a uno di essi in particolare.

L’umanesimo e il relativismo

La posizione di Protagora possiamo considerarla una forma di:

• Umanesimo, perché ciò che si afferma o si nega sulla realtà presuppone sempre l’uomo come soggetto del discorso e come metro di giudizio;

• Fenomenismo, in quanto noi non abbiamo mai a che fare con la realtà in sé stessa, ma con il

“fenomeno”, ossia la realtà quale “appare” a noi;

• Relativismo conoscitivo e morale, perché non esiste una verità “assoluta”, cioè sciolta dai vari punti di vista, ma ogni verità è “relativa” a chi giudica nell’ambito di una certa situazione.

L’utile come criterio di scelta

Il relativismo potrebbe condurre alla tesi dell’equivalenza ideale delle opinioni, cioè della dottrina secondo cui “tutto è vero”.

Significa che l’unico sbocco della riflessione di Protagora è una forma di soggettivismo anarchico pronto a legittimare ogni comportamento? No, perché Protagora credeva in un principio di scelta.

Ma se non esistono verità teoriche assolute, quale sarà il criterio della scelta? Perché si riterranno preferibili alcune opinioni a scapito di altre? Protagora rispondeva che nel vuoto di verità “forti”, l’unico criterio a cui l’uomo può attenersi al principio “debole” della utilità privata e pubblica delle credenze. Come principio di scelta, l’utile – inteso come il bene del singolo e della comunità – diventa per Protagora lo strumento di verifica e legittimazione delle teorie stesse. In questo modo, alla concezione oggettivistica e assolutistica (=il vero è

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qualcosa di già dato e scoperto una volta per sempre, che si impone a tutti allo stesso modo), Protagora sostituisce una concezione umanistico-storicistica (=la verità è ciò che si è dimostrato storicamente e socialmente utile all’individuo, alla comunità e alla specie).

Perciò, il sofista, per Protagora, si presenta soprattutto come un “propagandista dell’utile”, ossia come un intellettuale che mediante l’arte della parola tenta di modificare le opinioni nel senso dell’utilità.

GORGIA (485 a. C.)

L’altra grande figura della sofistica che, rispetto a Protagora, presenta una dottrina più negativa nei confronti delle possibilità conoscitive e pratiche dell’uomo.

L’impensabilità e inesprimibilità dell’essere Le sue tre tesi fondamentali sono:

1. Nulla c’è

2. Se anche qualcosa c’è, non è conoscibile dall’uomo 3. Se anche è conoscibile, è incomunicabile agli altri

1. Quando Gorgia sostiene che “nulla esiste” egli intende far “sparire” la realtà testimoniata dai nostri sensi.

Intende negare la pensabilità logica e ontologica dell’essere in generale Gorgia intende chiarire che take struttura non risulta filosoficamente asseribile.

2. Se anche qualcosa esistesse, noi non la potremmo conoscere, in quanto, per conoscerla, dovremmo presupporre che la nostra mente sia una fotografia esatta della realtà. Ma questo non accade. Infatti, se pensiamo l’inesistente, vuol dire che il pensiero non rispecchia necessariamente la realtà o che la realtà non si rispecchia necessariamente nel pensiero.

3. Se anche la realtà fosse conoscibile non sarebbe spiegabile con parole, poiché il linguaggio è altra cosa dalla realtà e non possiede un’adeguata capacità rivelativa nei suoi confronti.

Queste tesi di Gorgia acquistano ulteriore valore speculativo se riferite all’“essere” di cui parlava Parmenide o a quella realtà assoluta che va sotto il nome di “Dio”. Un’entità del genere, o non c’è (1° tesi), o è inconoscibile (2° tesi) o è inesprimibile (3° tesi). La prima affermazione sembra giungere ad una negazione radicale dell’essere, mentre la seconda si mantiene nello scetticismo o nell’agnostico metafisico e teologico, ossia nella teoria secondo cui l’uomo non ha strumenti adeguati, né per affrontare né per negare l’esistenza dell’essere o di Dio.

Lo scetticismo metafisico

Il messaggio più profondo di Gorgia sembra essere l’agnosticismo o lo scetticismo metafisico, cioè la persuasione dell’importanza umana a parlare dell’essere e delle strutture del reale. Il risultato conclusivo della sua dottrina è dunque la distruzione di ogni possibile metafisica, cosmologia e teologia e la sfiducia completa nelle possibilità conoscitive della nostra mente.

Slegati dall’essere e dalla verità il pensiero e il linguaggio perdono ogni valore. Se nulla è vero, cioè dimostrabile come tale, vuol dire, per Gorgia, che “tutto è falso”. Mentre in Protagora troviamo ancora un criterio di verità, cioè l’utile, in Gorgia non vediamo nessun criterio. L’unica cosa che conta – in assenza di ogni verità o concretezza – è la potenza del linguaggio, inteso come forza ammaliatrice che permette il dominio degli stati d’animo. Da ciò la celebre affermazione gorgiana della retorica.

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ARISTOTELE (384/383 a. C. – 322/321 a. C.)

Gli anni che separano Platone da Aristotele sono relativamente pochi. Eppure, il tempo in cui Aristotele si trovava è già profondamente diverso. La CRISI DELLA POLIS appare ormai irreversibile. In questa mutata situazione il cittadino greco, non più direttamente coinvolto nelle faccende del governo perde quella passione per la politica che aveva costituito anche la molla del platonismo. Da questo emerge di altri interessi, soprattutto conoscitivi ed etici.

Aristotele nacque a Stagira nel 384/383 a. C. ed entrò nella scuola di Platone a 17 anni. Vi rimase sino alla morte del maestro (348/347 a. C.), cioè per 20 anni. La sua formazione spirituale si compì dunque interamente sotto l’influenza dell’insegnamento e della personalità di Platone. Nel 322/321 a. C. una malattia di stomaco pose fine ai suoi giorni: aveva 63 anni.

Il problema degli scritti

Le opere che ci sono pervenute comprendono solo gli scritti che Aristotele compose per le necessità del suo insegnamento.

• ESOTERICI (acromatici): racchiudenti una dottrina segreta, che sono solo gli appunti di cui si serviva per le lezioni.

• ESSOTERICI: scritti in forma dialogica, destinati al pubblico, ma non ci sono rimasti che pochi frammenti. In questi scritti si serviva di miti e altri ornamenti.

Gli scritti ESOTERICI (destinati all’insegnamento)

Cominciarono a essere conosciuti soltanto quando furono pubblicati da Adriano di Rodi. Per molto tempo Aristotele fu conosciuto solo attraverso i dialoghi e solo dopo la pubblicazione degli scritti esoterici furono via via oscurati dai trattati per la scuola. Nasce così il problema di vedere in che rapporto sono i dialoghi con gli scritti scolastici e fino a che punto contribuiscono a farci intendere la personalità di Aristotele.

Nei trattati scolastici, il pensiero di Aristotele appare perfettamente sistematico e compiuto: sembra escluso da essi, almeno a prima vista, che Aristotele abbia avuto oscillazioni o dubbi. La considerazione dei dialoghi consente invece di rendersi conto che la dottrina di Aristotele non è nata bella e compiuta, che il suo pensiero ha subito crisi e mutamenti. I frammenti che possediamo di tali dialoghi ci mostrano infatti un Aristotele che aderisce dapprima al pensiero platonico per poi allontanarsene e modificarlo sostanzialmente; che trasforma la natura stessa dei suoi interessi spirituali, i quali, rivolti dapprima ai problemi filosofici, si vengono in seguito concentrando su problemi scientifici particolari.

1. Scritti di LOGICA, noti complessivamente col nome di Organon (strumento di ricerca);

2. METAFISICA in 14 libri. Non è un’opera organica, ma un insieme di scritti diversi composti in epoche diverse;

3. Scritti di FISICA, di STORIA NATURALE e PSICOLOGIA.

4. Scritti di ETICA, POLITICA, ECONOMIA, POETICA e RETORICA.

Gli scritti ESSOTERICI (destinati al pubblico)

Nei suoi dialoghi Aristotele non solo riprese la forma del maestro ma anche gli argomenti e qualche volta i titoli delle opere.

Il Protrettico (=discorso esortatorio) era una esortazione alla filosofia:

“O si deve filosofare o non si deve: ma non per non decidere di filosofare è pur sempre necessario filosofare: dunque in ogni cosa filosofare è necessario.”

E il filosofare è ancora concepito nel suo senso platonico: ritrarsi dell’anima verso la contemplazione delle idee eterne.

Il dialogo Sulla Filosofia segna il distacco di Aristotele dal platonismo. Vi si trova una prima critica delle idee platoniche:

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“Se le idee sono un’altra specie di numeri, diversa da quella della matematica, noi non possiamo averne intendimento. Che infatti, almeno nella maggior parte di noi, può intendere che cosa sia un numero di specie

diversa?”

Il distacco da Platone e l’Enciclopedia del Sapere

La frattura tra Aristotele e Platone rispecchia il differente indirizzo dell’età classica e di quella ellenistica in quanto Aristotele, pur collocandosi cronologicamente nella prima, era già idealmente nella seconda.

PLATONE ARISTOTELE

• Finalità politica del sapere: il filosofo è il reggitore della città.

momento politico-educativo

• Struttura del sapere e della realtà: guarda il mondo secondo un’ottica verticale e gerarchica, che distingue tra realtà “vere” e “apparenti” e fra conoscenze “superiori” e “inferiori”

• Scopo della filosofia: conoscenza disinteressata del reale: il filosofo è sapiente, scienziato- professore dedito alla ricerca e all’insegnamento.

momento conoscitivo e scientifico

• Aristotele in un primo momento segue Platone;

nella sua maturità giunge a guardare il mondo secondo un’ottica orizzontale e unitaria, considera tutte le realtà su di un piano di pari dignità ontologia e tutte le scienze su un piano di pari dignità gnoseologica. Ritiene che la realtà, pur essendo unitaria, si divida in “regioni”, che costituiscono l’oggetto di studio di un gruppo di scienze basate su principi propri e formanti un’ENCICLOPEDIA DEL SAPERE.

L’enciclopedia delle scienze

Aristotele ritiene che la filosofia sia diversa dalle altre scienze solo perché essa, invece di prendere in considerazione le varie facce della realtà o dell’essere, si interroga sull’essere o sulla realtà in generale, studiando non questa o quella dimensione dell’essere o della realtà, ma l’essere e la realtà in quanto tali.

FILOSOFIA = SCIENZA PRIMA, che studia l’oggetto comune a tutte (=l’essere) e i principi comuni a tutti (=principi dell’essere). La filosofia appare come l’anima unificatrice e organizzatrice delle scienze, in quanto studia il loro comune fondamento prospettando un quadro completo ed esauriente di tutte le discipline. La filosofia risulta si “regina delle scienze”, ma in senso diverso da quello platonico.

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