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Origini del Carnevale Le origini del Carnevale sono antichissime, affondano le radici nei riti etruschi ed in quelli romani volti a celebrare il

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Origini del Carnevale

Le origini del Carnevale sono antichissime, affondano le radici nei riti etruschi ed

in quelli romani volti a celebrare il ritorno della fertilità ed il passaggio

dall’inverno alla primavera. Nell’antica Roma, nel mese di febbraio si celebravano

i Saturnalia. Dei lunghi giorni di festa dedicati al dio Saturno. La celebrazione

dei Saturnalia consisteva in sontuosi banchetti e balli sfrenati. Le gerarchie

venivano messi da parte ed anche gli schiavi partecipavano ai festeggiamenti

eleggendo un Princeps, vestito con abiti sgargianti e una maschera, come

caricatura della classe dominante. La consuetudine di travestirsi invece

sembrerebbe risalire all’antico Egitto: secondo quanto riportato da Apuleio, era

tradizione indossare delle maschere in occasione dei festeggiamenti in onore

della dea Iside. Si è scoperto inoltre che nelle lontane terre d’oriente, ed in

particolare tra i Babilonesi, si realizzavano dei carri allegorici che celebravano la

creazione del mondo riproducendo i profili del sole e della luna. Con il passare del

tempo ed il susseguirsi delle epoche si iniziò a parlare di Festa dei Pazzi

seguendo l’antica tradizione del “è lecito essere folli una volta l’anno!” e, sebbene

la Chiesa Cattolica ne avesse per un lungo periodo vietato le celebrazioni, la

tradizione continuò a tramandarsi sino ai nostri giorni.

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Significato del Carnevale

Il Carnevale che noi tutti festeggiamo oggi è strettamente legato alla religione. La parola Carnevale deriva infatti dal latino “carnem levare” che vuol dire “eliminare la carne” e sta ad indicare il banchetto del martedì grasso prima del digiuno della Quaresima che inizia con il mercoledì delle ceneri. La data del Carnevale non è fissa ma si calcola in base a quella della Pasqua. A Milano, diocesi di rito ambrosiano, la Quaresima inizia di domenica e, proprio per questo, i festeggiamenti durano 4 giorni in più. In Italia intorno al 1600 si afferma la Commedia dell’Arte, ossia uno spettacolo teatrale che vedeva gli attori indossare maschere e costumi per interpretare dei personaggi dal carattere ben definito come il padrone, il servitore, il sapiente, l’imbroglione.

Proprio in questo periodo, ispirate dai teatri, nascono le maschere italiane più

celebri come Arlecchino, Balanzone, Pulcinella, Colombina, Pantalone... che

incarnano virtù e umani difetti senza dimenticare il gusto per lo scherzo ed il

divertimento nel perfetto spirito del Carnevale.

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La nascita del carnevale di metà Quaresima.

La Quaresima è un periodo di rinunce e di penitenze. Ma il giovedì della III settimana di Quaresima, che segna la metà del percorso penitenziale verso la Pasqua, avveniva in passato una sorta di leggera sosta dei rigori, riemergendo il desiderio di gioire, quasi una pausa prima dei solenni cortei penitenziali che caratterizzano i giorni della Settimana Santa. La tradizione della “vecchia” di mezza Quaresima, anche se con nomi e modalità diverse, era svolta in tutta Europa sin dal Medioevo fino ad arrivare all’Ottocento. L’origine di quest’usanza derivava da un’antichissima tradizione. La Quaresima veniva raffigurata con il fantoccio di una megera, detto “la vecchia”, ornato di collane di frutta secca ed esposto in piazza e bruciato come eliminazione metaforica della povertà o come atto purificatorio e propiziatorio per i buoni

raccolti della nuova stagione. L’antico rito ripescato divenne “la vècia di mezza Quaresima”. Il rogo della vecchia lasciava definitivamente alle spalle l’inverno e operava la magia di affrettare l’arrivo della primavera. Col trionfo del Cristianesimo la tradizione della festa della “vecchia” si è confusa con quella della “mezza Quaresima”, quando la Chiesa, per smorzare i rigori e

l’austerità del periodo penitenziale, permetteva una pausa prolungando i festeggiamenti tipici del Carnevale. Non è facile stabilire con sicurezza la regione d’origine di una tradizione

popolare. In ogni caso la preoccupazione principale è quella di assicurare la fertilità dei campi, l’abbondanza del raccolto, la fecondità.

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In varie regioni d’Italia e anche nel Veneto si bruciava la strega “brùsa la vècia”, un fantoccio fatto di sterpi, canne e stracci, capro espiatorio dei mali subiti dalla comunità. Si leggeva il suo simbolico

testamento in cui, pentita dei suoi peccati, donava a tutti quello che di buono si può immaginare,

propiziando il futuro. A Peschiera si bruciava la vecchia tra schiamazzi e gioia dei presenti, mangiando le frittelle rituali. Anche a Venezia fin dal Settecento si usava questo rito. Recentemente nel trevigiano si usava celebrare un simbolico “processo alla stria”, simbolo dell’inverno e accusata di tutti i mali. Dopo la prima guerra mondiale, la tradizione di ardere la “vècia” perse la sua importanza, perché il processo burlesco non era molto gradito alle autorità; ma l’usanza si è conservata grazie alle osterie di periferia e soprattutto di campagna, che tenevano viva la manifestazione per richiamare clienti con una attrazione che rompeva la monotonia dell’inverno e invogliava la gente ad uscire di casa. Sino agli anni ‘50 questo rito era particolarmente diffuso in Toscana, Emilia-Romagna ed Umbria. La tradizione resta viva anche oggi in Campania, soprattutto in provincia di Caserta; consuetudine molto popolare anche sulla destra del Tagliamento, a Pordenone e in molte località delle province di Brescia e Bergamo dove è in uso il

segare la vecchia in due (sèga la vècia). Anche la data dell’esecuzione della “vècia” può variare dal giovedì di metà Quaresima in Alto Adige o alla notte di San Giuseppe in Emilia, sempre prima che arrivi la primavera. Ma tale festa non ha solo tradizioni italiane; si ha testimonianza, infatti, che essa, pure in modi diversi, veniva celebrata in vasta parte dei territori già dell’antico Impero Romano ed oltre. L’area di diffusione del rito comprendeva pressoché tutta l’Europa, dal Portogallo ai paesi di lingua francese e tedesca e a quelli di cultura slava.

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Il carnevale di metà quaresima a Bergamo

Della tradizionale festa di mezza Quaresima, a Bergamo, c’è traccia storica da un paio di secoli. Una manifestazione che attira ogni anno decine di migliaia di persone. Una sfilata di volti, colori, suggestioni, racconti che nascono e si sviluppano nella cornice di un carro e solleticano la fantasia: ecco cos’è la sfilata di mezza Quaresima, promosso dalla storica associazione Ducato di Piazza Pontida. Una tradizione che si perde nel tempo, quando il

carattere goliardico della parata smorzava il rigore del periodo quaresimale con la sua carica di sfrenata spensieratezza, prolungando i festeggiamenti tipici del Carnevale. Oggi la

manifestazione, persa quasi completamente la connotazione religiosa, mantiene però un vivace fascino carnascialesco dall’atmosfera gioiosa che la permea, i carri allegorici e la cerimonia del “Rasgamènt de la Égia”, con cui si mettono simbolicamente al rogo le brutture della città. Nel tempo, la festa di piazza che accompagnava questo rituale, vero nucleo

fondante di questo Carnevale, è andata via via prendendo una forma definita: da semplice momento goliardico e aggregativo, ha trovato una sua forte identità nella sfilata dei carri allegorici e dei gruppi danzanti che sfilano per le vie del centro città, secondo un percorso ormai consolidato che dalla stazione ferroviaria termina in piazza Pontida, una delle più antiche della città, dove ha sede l’associazione organizzatrice.

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Il Carnevale di Venezia (Veneto)

Il Carnevale di Venezia è uno dei più antichi e celebri al mondo. Le prime testimonianze scritte risalgono al 1094 e sembra sia stato istituito per concedere alla popolazione, soprattutto ai meno fortunati, dei giorni di allegria e spensieratezza durante i quali tutto era concesso. Evento spettacolare e ricco di suggestione, il Carnevale di Venezia mantiene vive antichissime tradizioni come la Festa delle Marie ed il Volo dell’Angelo in piazza San Marco.

Il Carnevale di Putignano (Puglia)

Ci spostiamo in Puglia, per scoprire il Carnevale di Putignano, famoso

per la sfilata di carri allegorici in parata realizzati da talentuosi

artigiani del luogo. Quattro sono le sfilate dei carri ispirati al

mondo della politica, dello spettacolo e societario. Tra le tradizioni

riscoperte e celebrate davvero suggestiva è la Campana dei

Maccheroni che va a chiudere il martedì grasso e si apre al

mercoledì delle ceneri.

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Il Carnevale di Viareggio (Toscana)

Sin dal 1873 la città di Viareggio celebra il Carnevale con un’imponente sfilata di carri allegorici. Si tratta di enormi e spettacolari costruzioni in cartapesta a tema satirico sia politico che sociale. La costruzione dei carri avviene in un apposito complesso chiamato La Cittadella e le loro sfilate sono accompagnate da balli, veglioni e feste in maschera che attirano turisti da ogni parte d’Italia e d’Europa.

Il Carnevale di Acireale (Sicilia)

Tra i più suggestivi Carnevali d’Italia ricordiamo anche quello di

Acireale in Sicilia. Antichissimo e ricco di tradizioni, prevede anch’esso

la costruzione di carri allegorici in cartapesta che vengono poi fatti

sfilare in parata lungo le strade della città. Ad essi si affiancano i carri

infiorati ossia dei carri le cui figure sono composte da una moltitudine

di fiori sgargianti e luci colorate.

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SCHERZI DI CARNEVALE

Carnevale, ogni scherzo vale.

Mi metterò una maschera da Pulcinella

e dirò che ho inventato la mozzarella.

Mi metterò una maschera da Pantalone,

dirò che ogni mio sternuto vale un milione.

Mi metterò una maschera da pagliaccio,

per far credere a tutti che il sole è di ghiaccio.

Mi metterò una maschera da imperatore, avrò un impero per un paio d'ore...

Gianni Rodari

ARLECCHINO

Con un saltello ed un inchino eccomi a voi sono Arlecchino.

Son tra le maschere di Carnevale la più festosa, la più geniale.

Il mio vestito? Fu una sorpresa, lo cucì la mamma con poca spesa

perchè potessi ben figurare al gran ballo di Carnevale.

So far scherzetti, son biricchino, rido alla vita come un bambino.

Saluto tutti anche a distanza con un leggero passo di danza.

L.

Maraldi

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Il vestito di Arlecchino Per fare un vestito ad Arlecchino

ci mise una toppa Meneghino, ne mise un'altra Pulcinella, una Gianduia, una Brighella.

Pantalone, vecchio pidocchio, ci mise uno strappo sul ginocchio,

e Stenterello, largo di mano qualche macchia di vino toscano.

Colombina che lo cucì fece un vestito stretto così.

Arlecchino lo mise lo stesso ma ci stava un tantino perplesso.

Disse allora Balanzone, bolognese dottorone:

"Ti assicuro e te lo giuro che ti andrà bene il mese venturo

se osserverai la mia ricetta:

un giorno digiuno e l'altro bolletta".

Gianni Rodari

L'INVENZIONE DI PULCINELLA

Signore e signori, fatevi avanti più gente entra, più siete in tanti!

Correte a vedere la grande attrazione, la formidabile invenzione.

Non sono venuto su questo mercato per vendere il fumo affumicato.

Non sono venuto a questa fiera per vendere i buchi delgruviera.

Il mio nome è Pulcinella

ed ho inventato la moz - za - rel - la!

Da questa parte, signori e signore son Pulcinella il grande inventore!

Per consolare i poveretti ho inventato gli spaghetti.

Per rallegrare a tutti la vita creai la pizza Margherita!

Olio, farina, pomodoro nulla vale questo tesoro.

Ad ascoltarlo corre la gente, si diverte... e non compra niente!!

Gianni Rodari

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LAVORO

INTERDISCIPLINARE SVOLTO DALLE

CLASSI V A e B DEL PLESSO DI LURANO

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