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Ìl4lt4 ROMA. ALCVmi FATTI. 'FiigcEmgo c^mirccmi DELLA DAL BARONE DA DIVERSI ARTISTI. l835 DALL ABATE MELCHIOR MISSIRINI TIPOGRAFIA CAMERALE DESCRITTI

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(1)

4^

ALCVmi FATTI

DELLA

Ìl4lt4

DlPi:»Ti

DAL BARONE

'FiigcEmgo c^mirccmi

INCISI A BOLINO

DA DIVERSI ARTISTI

E DESCRITTI

DALL’ ABATE MELCHIOR MISSIRINI

ROMA

TIPOGRAFIA CAMERALE

l835

(2)
(3)

PKEFAZIOJXTE

1}

el dettare (/veste brevi illustrazioni delle

opere

del

barone

l^incenzo

Camuc-

cini , bella luce dell’ italiana pittura,

non ha

avuto

parte alcuna

la

benevolenza

di

che

questo esimio artista ci

onora

:

anzi

questa ci è stata d'

impedimento a

spiegare liberamentegl’interisensidell’

animo

nostro

,

per commendare

i lavori suoi sul loro su-

blime

merito artistico,

come

ogni giustizia richiedeva :

avvegnaché

essendosi

per

noi

composta una

ragione degli

avvedimenti

di esecuzione, e della maestria eJilosoJia

con che furono

condotte queste tele , conside- rate su tutte le parli dell arte ;

quantunque avessimo munito

il nostrodebil

parere

col- la

sapienza

di

grandi

professori

ed

intelli-

genti , egli,

per

la

sua

naturale riser-

vatezza

,

per

la nostra

mutua

consue- tudine

, ci

fece

rigoroso divieto di pubbli- carla.

(4)

(

)

Laonde

nelle presenti dichiarazioni ab-

biamo dovuto rimanerci

alla sola

parte

isto- rica ne' dipinti significata.

Ella è

però gran

ventura

che

gli argo-

menti per

esso trattati siano tanto

magni-

fici

ed

illustri,

che

quasi, indipendente-

mente

dall'arte,

per

se stessi trionfano ,

come

quelli,

che

o

consacrano un

fatto

magnanimo

, o c'insegnano

alcuna

utile virtù.

Alla

quale bontà de’

temi concorse

d’as- sai l’essere stati

prudentemente

desuntidal- la patria storia :

perchè

gli storici

che sono

aggiunti alla dignità

ed

alla gloria della nostra gente , o tenendo le veci di

una muta

tragedia , eccitano in noi le

due grandi

perturbazioni di questa

epopea

, o

infiammandoci

gli spiriti

,

ed

innalzandoci la

mente

, ci destano alti e generosi

pen-

sieri,

ed a magnanime imprese

ci confor- tano

con

bella

emulazione.

Le

invenzioni tolte dalle

favole possono per avventura prendere l’immaginazione

:

ma

le storie

romane

drittamente ci assal-

gono

il

cuore

:

ed

ogni oggetto

che

colla

forza

, colla

grazia

, col

decoro

, e colla

(5)

bellezza tocca il

cuore umano

, già

per- suade

e

determina

la volontà I

Perchè mentre a nome

della patria co-

mune ringraziamo

il

degno

autore di

aver posto a

questo

scopo

nobilissimo il suo pri-

mo

intendimentof in

una

età

che vuol

es- sere

con ogni maniera

di studi

ed

artiav- valorata alla virtù; ci confidiamo

ancora

^

che

la

grandezza

degli stessi

argomenti debba

giovarci

a compensare

il difetto di queste nostre

,

forse

troppo umili e scarse parole.

MELCHIOR MISSIRINI

NB. Essendo state pubblicale recentemente, dopo lapar- tenza da Roma del eh. sig. abate Missirini,le incisioni dei due quadri rappresentanti Lucrezia e Pompeo , essi sono

stati descritti dal sig. marchese Luigi Biondi.

In fine si è aggiunta la Incisione del quadro mitologico

il Convito degli Dei operato dal Camuccini pur esso

, e già desCiitio dal lodato sig. abate Missiriui.

(6)

;

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.I11

(7)

LUCREZIA TROVATA AL LAVORO DA COLLATIAO

E DAI FIGLIUOLI DI TARQUIATO

Erano

i

romani

airassedio di

Ardea

,

quando cenando

Collalino

, marito di

Lu-

crezia

, insieme coi figliuoli di

Tarquinio cognominato

il superbo ,

cadde

il ragiona- re sulle loro

donne

: c

ciascheduno

lodava la sua.

Ma

Collatino :

A che giovano

, dis- se , tante

parole

?

Fra poche

ore vi

potrà

essere manifesto

quanto a

tutte le altre sia

da

antiporre la

mia. Montiamo a

cavallo :

presentiamoci ad

esse inaspettati;

da

ciò

che

elle si

facciano trarremo argomento

della bontà loro : Eccoli in

Roma

: le

don- ne

dei giovani Tarquinii

erano con

molte

compagne

in festa e in convito :

Lucre-

zia , in chiusa stanza,

sedeva

a tarda notte fra le sue ancelle , lavorando lane. Ella in tal guisa si meritò lode su ciascheduna.

Questo

fatto fu rappresentalo dal

Camucci-

(8)

(

8

)

ni ,

ponendo

la scena in

una

sala illumi- nata da' lucerna a tre

lumi che pende

giù dal soffitto.

La

porta è a destra degli spet- tatori ; alla sinistra è

un

piedistallo

con

so- pravi il simulacro della lupa

che

fu nutri- ce

a Romolo

e a

Remo

: nel

mezzo

è

un

desco rotondo

, presso al quale siede

Lu-

crezia- circondata dalle sue ancelle. Colla- tino , seguito dai. figliuoli di Tarquinio, è già entrato

con

essi nella sala ; e mostran-

do

la

donna

sua a Sesto

che

gli è

da

la- to , pare

che

dica :

La

vedete voi?

Non è

ella

degna

di lode

più che

le altre

non

so-

no

?

Ma mentre

la casta

donna

,

volgendo maestosamente

la persona inverso il mari- to , e

abbandonando

la clamide di lana

che

lavorava

,

sembra che

lo interroghi intor-

no

a quel venir suo intempestivo, vedesi

come

Sesto-, alla vista di lei

, concepisca nel

malnato animo

queiraffetto disordinato ,

che

fu cagione di

morte

a Lucrezia , c di discacciaraento aiTarquinii.

Tre

giovani an- celle siedono daU’altra parte del desco : l’una c in allo di torcere il fuso

; e le

gode

l’ani-

mo

per quelle lodi nelle quali si

pensa

pu- re aver parte: l’altra, per effetto di sua

(9)

( 9 )

soverchia giovinezza , è stala vinta dal son-

no

, e,

appoggiando

sul desco il sinistro

go- mito

, fa della

mano

letto alla

guancia

,

men-

tre

che

la terza

a

lei vicina si

muove

a de- starla

, dicendole dellavenuta del signor loro.

Stanno

in piedi

due

fantesche di età

matu-

ra:

r una

, presso Lucrezia

, torce il fuso ; l’altra

, presso il simulacro della lupa , di- stende in filo le lane

onde ha

ripiena la

rocca.

(10)

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1 I.

(11)

( )

ORAZIO COCLITE

9

-L

eroico ardire di Orazio Coclite, che ,*

opponendosi

esso solo sul ponte sublicio al passaggio deiresercìlo di

Porsenna

, salvò

Poma

, gli valse

prima una

statua erettagli

da

Pubhlicola nel tempio di

Vulcano,

indi lo fece

degno

di magnifiche lodi presso tutti gli storici , e di esser fatto

immortale

dai dipintori

,

che

quella sua splendida e

ma- gnanima

azione tolsero asoggetto delle loro tavole.

Col presente

quadro

parimenti si

aggiun- ge nuova

luce alla gloria di Coelite

, ve-

nendo

qui rappresentalo in quell’atto di di- fesa ,

con un componimento

pieno di

moto

e di

romano

valore.

La scena non

significa soltanto il

momen-

to istantaneo dell’intrepidezza di Coelite ,

ma

toglie a

rammentare

gli antecedenti relativi alla battaglia perduta dai romani.

Quindi

è

che

in

due

parli si divide la disposizione della storia.

(12)

(

»

)

Nella parte inferiore

,

ore

il

Tebro

discor- re

, yedesi al lato

manco un

vecchio soldato su

bruno

destriero ,

che

tenta

scampare

, e

guadagnare

l’opposta

sponda

: indi si

am- mirano due

giovani guerrieri , i quali ba-

lestrati dagli etruschi e colpiti

da

gravi pie- tre (

dopo

aver

consumato

ogni sforzo per difendersi),

cedono

all’impeto de’vincitori , e

cadono

supini nelle onde.

Dall’opposto lato

sono

introdotti

due

altri guerrieri

romani

natanti nel fiume : e di- resti essere dessi Tito

Erminio

e Spurio Lar- gio

compagni

di Coelite.

L’uno

,

premendo un

cavallo di

nere

tinte

, si tiene stretta

,

come

caro

pegno

, l’insegna militare

per

es- so salvata : e l’altro

,

che

sale

un

bianco cor- ridore

, stende la

mano

afferrando il brac- cio di

un romano

combattente per soccor- rerlo

,

mentre un

giovinetto gli si afferra alla coscia ,

cercando pur

esso

schermo

alla

morte

inevitabile.

Nel mezzo

di questi episodi sorge il

pon-

te , clic ricorda gli avanzi antichi detti vol-

garmente

ponte di Orazio

, i quali

danno

passo dal Gianicolo all’Aventiiio : e perciò nel

campo

del

quadro

vedesi prossimo esso

(13)

( >3

)

Avenlìiio , col

tempio

di

Diana

: il qual luogo è

animato da

molto concorso di po-

jx»lo radunalo a vedere l’esito della battaglia.

Il

generoso duce

sta in

un

bell’ atto di battaglia : c

mentre che

dietro di esso i

guastatori

romani con

legni e scuri

hanno

già rotto il ponte

, e

danno

leva ai travi perchè

meglio

si

scommettano

e

cadano

,

ei calca intrepido i cadaveri de’nemici uc-

cisi dalla sua lancia , e seguita tuttavia

a

combattere.

Se non che

saettandolo

sempre

i nemici,

benché

volti in fuga, e

accorgen-

dosi

che

il ponte è investito dalla cavalle- ria ostile

che

sprona i suoi destrieri a pas- sarlo

j si direbbe ch’egli aspetti impaziente ,

che

il ponte sìa guasto interamente , per

gittarsi a nuoto a salvamento.

Lascererao

,

che

i professori dell’ arte notino in questa storia la fiera e

generosa sembianza

di Orazio: la sollecitudine ne’gua- slatori ; lo sbigottimento incusso dalla ca- valleria

nemica

; e sopratutto rintelligenza

con che

sono trattati gl’ignudi.

Noi

ci sia-

mo

prescritti di

non

toccare i meriti arti- stici

; e perciò

quanto

talora

siamo

larghi di lodi ai giovani dipintori per animarli

(14)

( i4 ) vieppÌLi a nobili lavori

, ci

taceremo

altret- tanto di

un maestro

,

che

,

avendo

di già

confermato con

opere esimie la sua

fama

nel

mondo

, per le nostre parole

non

po- trebbe crescere in

maggior

grido.

Diremo

bensì ,

che

alla maestria della parte intellettuale pittoresca risponde l’os-

servanza del

costume

, il quale negli etru- schi è preso dagli antichi bronzi cortone-

si ;

ed

è vario ne’

gambali

e negli scudi dal

costume romano. Specialmente sono da

notarsi i combattenti ,

che

si

recano

alla

pugna

vestiti

non

d’altro

che

di

un

breve pallio

,

siccome

ne’ vasi etruschi si osserva.

Quanto

poi aireffetlo del

quadro

, ci fa

gran

senso all’animo , fra tanto

movimento

di battersi , di cadere , e di essere

sommer-

so , e fra le grida di chi

pugna

, i lamenti di chi

muore

, e le percosse de’ ponlonie-

ri, veder trionfare nel

mezzo

il

muto

e costante valore di Coelite.

(15)

( >5 )

.VIKGI.\IA

iVppio

Claudio

,

capo

de’decemviri

, in-

vaghito dell’esimia bellezza di Virginia one- sta donzella

romana

, sedusse

un

suo confi- dente

ad immaginare una

frode ,

con che

la vergine fosse reputata schiava trafugala al

medesimo

, é quindi venisse tolta alla sua famiglia per darla in

preda

al tiranno.

Ma

Virginio

,

padre

di Virginia , venuto al tri-

bunale

di Claudio

quando

si vide .stretto

dalla prepotenza

, piuttosto

che

cedere la fi-

glia , di sua

mano

l’uccise.

Questa

tavola rappresenta l’istante di

una

tale uccisione.

Il nostro autore , nel

condurre

la storia di questo fatto

, ordinò

prima

di tutto il

loco dell’azione. Perciò rappresentò la tra- gedia sulla piazza de’comizi

,

ove

ergevasi

il tribunale di Claudio verso il foro di

Ner-

va : e fece

che da un angolo

del

campo

si

vedesse alcun

poco

il Campidoglio , la c;t-

2

(16)

( i6 ) tadella

,

ed

il

tempio

di

Giove

Statore ,

e

più innanzi apparissero

da un

lato le fab- briche del foro

, e dall’altro peristili.

I personaggi del

gruppo

di

mezzo sono

i se- guenti

,

Virginia, donzella disputata.

Virginio decurione ,

e padre

della

me- desima.

Nutrice di Virginia

, recatasi al foro per attestare di averla veduta nascere.

Icilio

, già tribuno della plebe

,

promesso

sposo

a

Virginia.

Numitorio

, zio della donzella.

Due

avvocati difensori della vergine, ve- nuti avanti per

deporre a

di lei favore.

Fra

gli attori del

gruppo

a

mano

destra si ri-

conoscono

,

Appio

Claudio sedente sul tribunale.

Marco

Claudio , falso accusatore.

Doppio

stuolo di littori

che circondano Appio.

Un augure

dietro il tribunale di Claudio

;

personaggio che decorava

la

maestà

de’con-

soli c decemviri.

(17)

{ '7 )

Gran

frequenza di popolo accorso al giu- dizio : e legioni

romane che

si

veggono da

lungi comparire.

Finalmente

ne’personaggi del terzo

gruppo

si

annovera

,

Un numeroso

stuolo di

donne romane mosse ad accompagnare

Virginia.

Una

schiera di littori

che

si

oppone

al tumulto delle

medesime

, alle quali

sono

frammisti alcuni giovani.

E

il-macellaio

,

dal

banco

del quale dicesi

che

Virginio to- gliesse il coltello per uccidere la figlia.

Virginio è nel

momento

in cui ,

avendo

di già ucciso la donzella , alza il coltello verso

Appio

, e grida

con

entusiasmo le

parole del nostro tragico:

{( Agl’infernali dei

«

Con

questo

sangue

il

capo

tuo consacro!

Cade

Virginia,

ed

è sorretta dallo sposo Icilio

, e dallo zio Numitorio.

La

nutrice grida

,

ed

erge le braccia

come

presa

da

disperato dolore.

, Gli avvocati

rimangono

incerti

, e pare

che non

si facciano capaci di

grande

al- tezza

d’animo

in Virginio : quindi estatico

(18)

( >8 ) è il più giovine

, e il più grave d’anni si

avanza

forse per convincere

meglio

se slesso del fatto.

Appio

,

come

giudice

, fa

sembianza

di restarsi tranquillo a tanto spettacolo.

Marco

Claudio s’arretra d’un passo

, e

non

osa

mirare

l’animosa azione di Virginio.

Il

punto

dell’azione si definisce dal litto-

re , il quale è già disceso dal tribunale

,

ove rimaneva

più presso al

decemviro

, per

istrappare Virginia dalle

mani

del padre.

L’augure

, raccolto in se stesso

,

contem-

pla quell’evento

con profonda

meditazione

,

come

già

ne prevedeva

le funeste conse- guenze.

Dalla parte opposta

, quale delle

donne

risospinte dai littori s’arresta

come

forsen-

nata al tragico

avvenimento

; quale grida \ quale

piange

: e

una

fra le altre è intesa

a

salvare

un bambino

perdutosi fra la

mol-

titudine.

Il macellaio ò salito su i

marmi

vicini,

c appoggiandosi sulla

manca ad un

trave

,

alza

sdegnoso

il braccio destro

, partecipan-

do

esso pure alla pubblica indignazione.

(19)

( '9 )

I grandi inlclligenli deU’arle

hanno

no- talo,

che

il scmbianle ed il

movimento

di Virginio ritengono in se

un

misto di forti perturbazioni

, e

rammentano veracemente

que’versi del Petrarca:

« Virginia appresso al fero padre

armato

{( Di disdegno

, di ferro , e di pietale.

Virginia sviene in

un

suo dolce cadere :

e condotta a quel passo dalla sua virtù,

e daU’amore

pel suo

promesso

sposo

, pare

che

non

le incresca il morire ;

ma volgendo

tut- tavia le languide luci

ad

Icilio

, colla de- stra

mano

afferra il

manto

paterno: e

non

potendolo colle parole, diresti

che

gli espri-

ma con

quell’atto

un

priego di vendetta.

Numitorio con

truce

sguardo mira

al de-

cemviro

, e si unisce nell’ira sua alla pre- ghiera della nipote.

La

nutrice

ed

Icilio, lacerati l’anima

da uno

strale

d’amore

, intendono

meno

al de- siderio della vendetta

,

ma

sono rivolti al solo oggetto

che occupa

il loro cuore. Per- ciò la nutrice in lei tutta si diffonde

com-

iniserandola:

ed

Icilio abbraccia la vergi-

(20)

(

20

)

ne

in bellatto di pietà

, e le stringe la ferita.

Appio

finge

invano una

forzata costanza;

le raltratte estremità,

ed

i turbati segni del volto,

accusano apertamente da

quale

tem-

pestosa

guerra

di affetti sia

internamen-

te agitato :

sdegno

,

amore

, orgoglio e paura.

Crederiasi

Marco

accusatore essqr preso

da

rimorso e

pentimento

, e starsi

come

coperto di confusione

,

temendo

i supplizi ne’quali espiò il

grave

fallo di essere stato vile stru-

mento

deir

indegna

passione del

decem-

viro.

Il

moto

j

onde ha

vita tutta questa tragica azione, è accresciuto dall’impeto de’littori, dal subbollimento della plebe.

Vediamo

il

romano costume

religiosamen- te osservato in questa tavola ,

perchè

Vir- ginio e

Numitorio sono

vestili

secondo

la loro condizione di militari. Virginia, all’uso delle donzelle latine

, è cinta della tunica e ornata del pallio quadrato , c Icilio

come

tribuno si fregia del

manto.

- Fra’difensori il più vecchio tiene la toga,

(21)

(

*

)

c l’allro il semplice

manto

; Claudio

ha

tu- nica e toga

; c

Marco

tunica e

manto.

I littori

tengono

del

costume

loro proprio

,

significalo dai bassi rilievi de’tempi di

Tra-

iano posti nell’arco di Costantino.

Le donne

s’adornano di pallio e tunica, c il macellaio è vestilo di breve tunica suc- cinta

con

fascia, alla foggia dc’villimari.

(22)

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(23)

LA MAGAAAIUIITA^

DELLE D0A1¥£ RODAIVE

Per

accrescere il

denaro

della

guerra

usarono i

romani un

tratto di

molta gene-

rosità ;

perocché

i più doviziosi si offersero a sostenerne il carico colle private loro ric- chezze

; e le

magnanime donne romane emulando

la virile splendidezza

,

ed anche

vincendola

, si risolsero di

donare

al

pub-

blico erario i loro ori e le gioie

, e

quan-

to

formava

il decoro del loro

ornamento.

più far

potevano

quelle

matrone

: imper- ciocché lo spogliarsi degli oggetti del lusso e della vanità

, per cui al presente

sono

tan- to arrendevoli i petti femminili

, si

deve

considerare

come

l’ultimo sforzo di

un animo

liberale

ed

acceso

veramente

dell’amordella patria.

Fu dunque

nella repubblica destinato

un

corpo di magistrati per ricevere queste offerte : e

venne

fissato per

luogo

della rac- colta il

tempio

di

Saturno

, ov’era riposto

il tesoro della nazione.

(24)

(

24

)

L’autore del dipinto

ha

ritratto in telail

momento

in cui- si presentano dalle

femmi- ne romane'

queste obblazioni

; e per atte- nersi alla verità dellastoria e del

costume

,

ha

figurato

un

loco

,

come

il

tempio

del

Dio

, nel quale si

conservavano

le tavole' delle leggi , e le aquile di argento ,

famose

insegne deffe legioni

romane.

Fingesi per- ciò

che

i penetrali del

tempio non

siano

molto

estesi,

come

quelli

dove

i sacerdoti

e

i sacrificatori

avevano

luogo.

Dai

penetrali

però

,

o

sia dalla cella interna

, si discen-

de ad un ampio

e

maestoso

vestibolo ,

o

vo-

gliam

dire

magnifica

sala

,

ad

imitazione' di quelle delle antiche

terme da

grandiosi in- tercolunni decorata.

Questa

sala

appunto

è il sito delle ofier- tc.

In

essa

sono

le tavole de’pagatori della ihilizia , e quelle per le accettazioni delle obblazioni. Sette edili

formano

il

corpo

de- stinato

a

questa

incombenza. Tre

di loro si

stanno sedenti rìmpelto alle tavole, c quattro

rimangono

in piedi. Il

costume romano è rigorosamente

serbalo nelle vestiinenla di questi edili ,

c

le loro clamidi ed i

manti

si

ripiegano c si girano

con

molta ricchezza c varietà.

(25)

(

25

)

Il pittore poi ,

come

poeta

,

ha molto

sfoggiato nella

immaginazione

di

accomo-

dati episodi ; talché

ha

reso questa scena

uno

spettacolo

che

interessa il

cuore

, e spi- ra all’animo di

chiunque grandezza ed amo-

re di patria.

Perchè

vi

sono

introdotte

ma-

trone

che

,

variamente

atteggiate e disposte , varie cose offrono : e chi si fa recare il co- fano delle gioie dalla piccola ancella

, chi

presenta l’anello

, chi il braccialetto

, e chi la collana: oltre

che

la tavola

è

già spar- sa di fermagli , di

diademi

, e di altro

mon- do muliebre

; e già

uno

degli edili ripone in serbo gli oggetti offerti in

una

cassa del- l’erario. Presentasi, quasi nel

mezzo

del

qua-

dro, l’invenzione leggiadrissima di

una bam- bina che

presta ai consigli

materni

si leva gli orecchini per consegnarli essa

pure

in

dono

alla patria.

Vien dopo una donna che

apre lo scrigno degli

adornamenti

, e

, quasi

compiacendosi

di spogliarsene

per

si bella

cagione

, quelli mostra alla

compagna

la

quale pare

che

tacita

ne ammiri

il coraggio.

Indi si

vede un gruppo

di altre

due don-

ne

,

una

delle quali ,

avendo

di già con- segnato la sua offerta , sollecita la

compa-

(26)

( 26 )

gna

a fare altrettanto

, e le mostra gli edili destinati a ricevere gli atti della sua libe- ralità.

Tutto il

quadro

è operato

con grande

amore ed

affetto : e

quanto

alla squi- sitezza deir arte

, alla precisione del dise-

gno

, al vivo colorito

, all’

armonia

gene- rale,

ed

agli affetti

che

vi son dentro , gli esperti della pittura potranno di per se giu- dicare , e vedere

come

il

barone

Camiic- cini sostenga in questa parte l’onore del pennello italiano.

(27)

( 27 )

CURIO DEI^TATO

ennero

in

fama

anlicamenlc i sabini per merito di valor militare , e di gravi c severi costumi. Il

Venosino

li descrive co-

me una

gente

maschia

di rustici militi

,

paziente

ed

indomita.

Quel

viver loro

andava

singolarmente a cuore a Curio Dentato , illustre capitanoro-

mano

, di antica severità : e perciò soleva

spesso

dimorare

in

Sabina

in

una

sua an- gusta villetta , i ruderi della quale

venne-

ro poi più volte dal rigido

Catone come

cosa sacra onorati.

Ora

,

rimanendosi

in quella sua rustica casa ,

avvenne

che fu

un

giorno dagli

am-

basciatori sanniti visitato

, i quali recaronsi supplichevoli perch’egli si facesse

mezzo

alla

pace

co’romani; e perciò di alcuni bei vasi d’oro osarono presentarlo.

Sedeva

il

romano

a parca

mensa

, ricon- fortandosi

non

d’altro ristoro che di

poche

(28)

(

28

)

rape lessate :

ed aveva

d’intorno la fami- gliola

amorosa.

Udite egli le parole de’sanniti , si volse lo-

ro colla dignità propria della virtù sua, e rispose ((

Amo meglio comandare a chi possiede

questi tesori,

che

possederli io

medesimo.

»

Questo

fatto è il

tema

di

un quadro

del

barone Camuccini

:

quadro che

io

non

cre-

do

ch’esser potesse più

amorosamente

con- dotto : tanta grazia

e decoro ha

saputo il

valente artista dalla nobiltà del soggetto de- rivare!

Siede il capitano alla

povera mensa

, for- nita di

poche

erbe e di

un

vaso di ter-

ra ; e all’arrivo degli ambasciatori co’doni

,

in

un

suo bel volgersi pieno di

grandezza

,

ti pare udirlo pronunciare le anzidette

me-

morabili parole. Così nel

mezzo

della

com-

posizione egli agisce , e ratlenziouc degli spettatori

richiama

!

Tutto in quella stanza romita è parcilà ,

semplicità e modestia.

Le mura

si adorna-

no unicamente

delle

armi

,

quanto

più po- vere , tanto più formidate dai nemici.

Ma

nonostante il consiglio e l’onestà della

ma-

(29)

i.

29

)

drc e della sposa di

Curio

,

e rammirabil

bellezza di

due

suoi piccoli figli, coirisqui- sita grazia c l’amoroso

candore

impresso

ne’ loro volti

, l’umiltà di quel solitario ostel- lo rallegrano.

La

figlia ,

come a

oggetto insolito

,

par

che

lievemente si

compiaccia

all’ oro offer- to dai sanniti

, e lo addita al piccolo fra- tello

,

che

voglioso si protende

a

mirarlo.

Se non che

la

madre ne

li diverte

da

quelgio- vanile pensiero: e la vecchia si

applaude

dell’eroica risposta di Curio.

Un

focolare

,

posto presso lo

scanno

dell’eroe, giova

a

maraviglia

a mandare

addietro la scena.

Non

è a dirsi

come

siano veri i costu-

mi

; efficace il contrasto delle età

;

magi-

strale il disegno

; caratteristiche le fisono-

mie

; ricco e ragionato il volgersi de’pan- ni ; e

vago

e sentito l’effetto generale.

Quin-

di

non dubitiamo

asserire

, esser questo

uno

de’più bei lavori

che

fanno gloria al nostro artefice.

(30)

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(31)

( )

LA PARTENZA

DI ATTILIO REGOLO

famosa

nella

memoria

de’ fatti ,

che onorarono

la

romana

grandezza , la costanr za di Attilio

Regolo

, il quale

,

dopo

segna- late vittorie sull’

emula

Cartagine

,

rimaso

prigione nella battaglia capitanata pei car- taginesi

da

Santippe spartano , e inviato a

Roma

per aprire

un

patto di

pace

e

un cam-

bio di prigionieri

, si oppose

con magnani-

me

parole all’oggetto della sua missione.

Sdegnando

esso di trar vantaggio dalla stima e dall’ affetto in ch’egli era presso il

popolo

romano

, e

unicamente mirando

al miglior

bene

della patria

, dissentì

con

prov- vida

mente

,

come

Orazio cantò ,

da

sozze condizioni , e

da un esempio che

tornar do-

vea

pernicioso alle generazioni future.

Ho

visto

, ei gridò

, le

romane

insegne affisse ai templi di Cartagine : vidi le

armi

strap-

3

(32)

(

32

)

paté di

mano

ai soldati senza strage

, e le

braccia de’ cittadini avvinte al libero tergo.

Avendo

cosi persuaso il rifiutodegli schia- vi , si dispose

a

tornare

a

Cartagine ,

ove

lo

chiamava

la religione del giuramento.

Il

momento

della partenza di

Regolo

è significato in questa tavola.

Si rappresenta la

scena

sulla riva del

Te-

vere al porto d’Ostia

,

ove

i principali di

Roma avevano accompagnato

Regolo.

Gran- deggia

nel

campo

esso porto coperto di

un

cielo nuvoloso e turbato

,

come

se gli ele-

menti

stessi prendessero parte a quel

pub-

blico cordoglio.

Vedesi

in distanza il vascel- lo cartaginese presto a partire

,

mentre un

palischermo si c avvicinato alla riva

, sten-

dendo

il ponte per

condurre Regolo

al va-

scello.'

L’eroe

romano

ò nell’atto di salire sul ponte, e resiste agli ultimi assalti della pa- rentevole carità : imperciocché

avendo

colla

eloquenza

consigliato l’utile e il decoro del- la repubblica , gli

rimane

ora a vincere la natura.

La

consorte , visto

che

a nulla val- sero a rattenerlo

la

brama

del senato ,

i prieghi degli amici

,

i voti di tut-

(33)

(

33

)

fa

Roma

, tenta

restrema

prova , e

scom-

posta nelle veslimcnta pel suo disperato do- lore , lo scongiura

a rimanere

: c presen- tandogli i figli in atto di chi

prega

e si duole , par

che

dica : Arrenditi

almeno

per questi pegni innocenti dell’

amor

nostro I

I figli

assecondano

la perturbazione

ma-

terna :

imperciocché

il giovinetto ,

come

più

ardito

, si afferra al

lembo

del

padre

, e lo abbraccia : c la figlia di

una mano

si strap-

pa

i capelli

, c implora coll’altra

, eh’ ei

non

voglia abbandonarla.

Ma

il

romano

eroe

, posto in questo

duro

conflitto ,

non

vacilla nella

sua

fermezza :

e ,

perché pure

i

moti

del

sangue

lo strin-

gono

d’un intenso

rammarico

,

non

osa

mi-

rare , imperturbato , l’amata prole : ciocché poteva

sembrare una

costanza feroce :

ma

fa-

cendole

segno

di scostarsi , e

non

tentar

maggiormente

la sua affezione

,

esprime

nel

tempo

stesso ne’ tratti del

sembiante un

chiu- so affanno

, misto alla

sua

deliberata sen- tenza di partire.

Gli attori intorno si

commovono

in ragio-

ne

della loro qualità

; poiché alla destra par- te il consolo

romano

,

come

colui

che da

3 *

(34)

(

34

)

uòmo

di stato

non

è tocco

da

privalo affet- to ,

medita

in atto pensoso la perdita di

un

tanto

uomo, che

lo lascia in forse se la repubblica sia per ritrarre più utile dal

suo

consiglio , o più

danno

dal privarsi di si

gran

capitano.

Il fratello di

Regolo

si diffonde in

una

più aperta

amarezza,

e pensi le

mani

fra i capelli. Il

popolo

grida

come

dissentendo dalla deliberazione di

Regolo

, e

uno

delit- tori gl’

impone

silenzio per riverenza del consolo.

Alla sinistra parte , in quella

che uno

de’servi s’inchina

a

baciare la

mano

di

Re-

golo ,

due

amici lo

piangono

: e il capita-

no

cartaginese dall’alto della

nave

, a tanto spettacolo per esso affatto

nuovo

, quasi te-

me

di perdere il suo deposito.

I marinari stessi

non rimangono

inope- rosi ,

avvegnaché uno

d’essi scioglie il ca-

napo

al legno ,

mentre

il nocchiero s’ap-

poggia

al

remo

, aspettando

Regolo

per tra- gittarlo.

Tutta la dipintura merita considerazione speciale in ciò, che,

accadendo

l’azione in aria aperta

, era

malagevole

impartire al

(35)

(

35

)

dipinto

un

efFello piccante di chiaro-scuro Tuttavia

uscendo da

quel cielo nubiloso

un

vivo raggio di luce

, questo viene

a

per- cuotere drittamente sul

gruppo

di

mezzo

,

e

lo fa trionfare.

I caratteri dei personaggi ci

paiono pen- satamente mantenuti

: conciossiachè gli at- tori

sono

veri

romani

, e

romani

dell’età di

Regolo

: forti

, gravi , severi ;

non

si però'

che

nella loro ferocia

non abbiano alcune

note di nobiltà e di

grandezza che

li distin-

gue

dai cartaginesi.

S’accorda allo stile delle figure

anche

la varietà de’panni :

perchè

la

donna

, co-

me degna

sposa di

Regolo

,

maschia

e gran-

de

, è vestita

copiosamente

, e

con molta

dignità : le vesti de’ figli

sono

più

morbide

e lievi : e il

costume

di tutti gli altri è

conforme

al

grado

e alla età loro.

(36)

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