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Sinistri esteri: La convenzione interbureaux

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Academic year: 2022

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Avv. Riccardo del Giudice

Responsabile Ramo Sinistri delle Toro Assicurazioni, Torino

Sinistri esteri:

La convenzione interbureaux

Parlare di sinistri esteri induce a richiamarsi a quelle tematiche che in questi ultimi decenni hanno visto operatori economici, uomini politici e giuristi puntigliosamente impegnati nel cercare di realizzare il massimo “avvicinamento” tra le legislazioni dei diversi Stati e di quelli facenti parte della CEE in particolare.

Di qui la creazione di organismi internazionali così finalizzati, la ricerca di istituti giuridici comuni, la realizzazione di norme processuali ravvicinate e compatibili, ove impossibile averle, identiche, riconoscimenti automatici di giudicati stranieri, seppur con la garanzia di cautele etico- costituzionali.

Di identico segno gli sforzi comuni tra i vari Stati nella lotta alla criminalità, nella creazione di paritarie soluzioni nel campo del diritto di famiglia, nella realizzazione di Organismi Internazionali per dirimere questioni insorte dalla conflittualità nascente dalla circolazione degli autoveicoli.

La legge 218/1995 di portata internazionale

A queste motivazioni di fondo ha recentemente dato coerente risposta il nostro Legislatore con la legge n. 218 del maggio 1995, di portata internazionale in quanto supera i confini dell’Unione Europea, nell’ambito della quale siamo solitamente abituati a misurarci sui problemi della circolazione.

Possiamo intanto dire che prima di allora la materia era regolata dalle disposizioni contenute negli articoli 16-31 delle “disposizioni sulla legge in generale”, comunemente dette disposizioni preliminari, che la citata legge 218 ha in blocco abrogato salvando il solo articolo 16.

Volendo pertanto circoscrivere il discorso a quel che avviene nel campo della circolazione dei veicoli ed in quello affine degli spostamenti di persone da e per i vari Stati Europei, l’articolo 16 delle preleggi per approdare con un breve accenno sull’innovativa disposizione dell’art. 62 della legge di riforma (c.d. L. 218).

Ci muoviamo quindi da un epoca qualitativamente nonché cronologicamente lontana dalla attuale realtà, siamo negli anni ‘40, nella quale tuttavia si avvertì la necessità di dare una coerente regolamentazione ai rapporti tra i cittadini dei diversi Stati, tant’è che proprio nella lettura del più volte chiamato articolo 16 individuiamo questa preoccupazione così come viene tradotta in una normativa con la quale così si dispone:

“Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali”.

Ciò significa che si desidera vedere applicata una volontà di non discriminare negli ordinamenti moderni, tra i quali va a collocarsi il nostro.

Questa norma, seppur con qualche significativa alternanza, è stata prevalentemente interpretata in maniera estensiva nel senso di applicare al cittadino straniero anche istituti ignorati nel proprio paese, previa la sola verifica della reciprocità intesa come non discriminazione nei confronti del cittadino italiano.

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Idoneità del contesto socioeconomico per i criteri liquidativi

Recentemente un interessante giudicato della Corte d’Appello di Trieste (25.1.95) ha introdotto un principio secondo il quale l’ammontare del risarcimento, “nell’applicazione dei criteri liquidativi del danno biologico e morale”, riguardante un cittadino straniero (nella fattispecie sloveno) deve essere commisurato alla concreta idoneità della somma da corrispondere ad adempiere alla sua propria ontologica funzione riparatrice.

E più precisamente “non si può prescindere dalle peculiarità dell’ambiente di vita e dei costi dei beni in cui il danneggiato opera ed è immerso. Davanti a queste differenze, una liquidazione dei danni che si ispira a questi criteri non assume carattere discriminatorio, in quanto si riferisce all’oggettività del contesto socioeconomico, indipendentemente dalla cittadinanza del danneggiato”.

Questo preambolo ha il fine di chiarire le motivazioni di alcuni accordi già realizzati e del perché si tenda a dare adeguate risposte ad istanze sempre nuove.

Tali esigenze hanno creato tra le legislazioni dei singoli Stati, un punto di contatto che è quello di garantire ad ogni cittadino che scambievolmente si trovi in una posizione di ospite, un trattamento il più possibile omogeneo: quanto meno a livello di tendenza e di aspirazione.

Cosicché, laddove la pressione della Società si è fatta più forte tant’è che il diritto ha trovato maggiore possibilità di concretizzarsi, si è passati da accordi singoli tra i vari Stati a Conversazioni di più ampio respiro sulla scia di raccomandazioni degli organismi internazionali, quali CEE od altri, aventi maggiore o minore forza di persuasione.

Va da sé che il fenomeno della circolazione degli autoveicoli, e per la insita carica di coinvolgimento e per numero degli interessati (e quindi anche per il moltiplicarsi delle situazioni di conflitto), in un’economia sempre più dinamica e fatta di interscambi, ha avuto modo di fare la parte del leone.

L’istituzione di Bureaux Internazionali

Conseguentemente, in uno scenario circoscritto alla maggior parte degli Stati Europei e ad alcuni Paesi extraeuropei, si sono creati alcuni “Bureaux internazionali” che sono diventati portavoce qualificati di tali problematiche, assumendosi alternativamente il compito ora di “gestori” ora di concreti “pagatori” per conto degli assicuratori, a fronte dei risarcimenti, in relazione ai danni derivanti dalla circolazione.

Per quanto riguarda l’Italia, il 2 gennaio del 1954 ad iniziativa di alcune Compagnie di Assicurazione operanti sul mercato, ha iniziato ad operare il Bureau Italiano che ha preso il nome di U.C.I. (fondato il 23.4.1953), società a responsabilità limitata in cui sono socie tutte le imprese di Assicurazione autorizzate ad esercitare il ramo RCA in Italia.

Questi i suoi compiti istituzionali:

• fornire alle imprese Socie le carte verdi da rilasciare agli assicurati fungendo da garante nei confronti degli altri Bureaux per il ristoro dei danni provocati dai veicoli muniti di carte verdi emesse sotto la sua responsabilità;

• intervenire in caso di sinistri provocati in Italia da veicoli immatricolati all’estero;

• rilasciare, per conto delle Imprese socie, polizze temporanee di frontiera agli automobilisti stranieri in transito privi di copertura assicurativa.

Il Bureau Italiano

Per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali l’UCI (Ufficio Centrale Italiano con sede a Milano) ha ottenuto nel tempo il riconoscimento ufficiale, in diverse occasioni sia a livello di decreti ministeriali che, infine, con la legge 242 dell’agosto 1990 e, sull’impulso della Direttiva Comunitaria n. 166/72, va qui meglio chiarito, ispirata all’intento di facilitare la circolazione

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internazionale dei veicoli, ha trovato attuazione un sistema basato non più sull’esistenza di una valida carta verde bensì sul concetto di stanziamento abituale dei veicoli.

In base a tale principio, sancito da Accordi internazionali, ogni Bureaux risponde dei danni provocati da un veicolo regolarmente immatricolato (ossia abitualmente stazionante) nel proprio Paese in conseguenza di un incidente in uno degli altri Stati aderenti a detti accordi internazionali anche nell’eventualità che il veicolo non fosse assicurato.

Gli Stati Europei nei quali non occorre carta verde sono quelli dello Spazio Economico Europeo (comprendente i paesi dell’Unione Europea, l’Islanda e la Norvegia), oltre alla Repubblica Ceca, la Repubblica Slovacca e l’Ungheria.

Conseguentemente le polizze di assicurazione RCA prevedono la estensione automatica al territorio di tutti questi Stati. Invece gli Stati per i quali occorre ancora la carta verde sono, per limitarsi ai più vicini all’Italia, la Svizzera, la Slovenia. la Croazia, la Repubblica di Andorra e il Principato di Monaco.

Tipologia e casistiche

Che cosa si verifica in seguito a questa pluralità di rapporti? Le possibilità sono diverse ma sostanzialmente e per sintetizzare, si può verificare:

1. Un cittadino italiano, in Italia, subisce danni ad opera di un veicolo immatricolato in uno Stato estero aderente agli accordi interbureaux.

In questo caso il cittadino italiano per vedersi risarcito dei danni subiti dovrà rivolgersi direttamente all’UCI. Nel caso in cui venga radicato un giudizio nei confronti dell’UCI, il cittadino straniero responsabile del sinistro, potrà pure essere domiciliato presso detto Ufficio.

Sarà compito poi dell’UCI rientrare degli esborsi sostenuti rivalendosi nei confronti dell’Assicuratore del cittadino straniero oppure nei confronti del Bureau del Paese di stazionamento abituale del veicolo non assicurato.

Questi sinistri sono detti genericamente “sinistri UCI”.

2. Altra alternativa: Un cittadino italiano che si rechi all’estero rimanendo coinvolto in un incidente;

a) conseguentemente può verificarsi il caso che abbia responsabilità piena e si ponga solo un problema di risarcimento al cittadino straniero: in questo caso sarà lo straniero che innescherà nei confronti del Bureau locale una procedura più o meno simile a quella descritta.

b) abbia ragione o parzialmente o totalmente e intenda recuperare i propri danni. In questo caso dovrà rivolgersi all’Assicuratore del responsabile nonché al responsabile stesso informandosi però su quella che è la legislazione locale.

c) abbia un incidente che vede coinvolto come responsabile un autoveicolo appartenente e/o condotto da un altro cittadino italiano; come lui “residente” in Italia. Entrerà in questo caso in gioco il II comma dell’art. 62 L. 218 che espressamente dispone: “qualora il fatto illecito coinvolga soltanto cittadini di un medesimo stato in esso residenti, si applica la legge di tale Stato”.

Se il sinistro si è verificato in uno Stato in cui è consentita l’azione diretta contro l’assicuratore, il cittadino italiano che abbia subito un danno potrà agire direttamente contro quest’ultimo avendo presente che tale azione diretta è riconosciuta in quasi tutti i Paesi del sistema della carta verde, unica eccezione la Gran Bretagna e l’Irlanda.

Tale possibilità viene data sia dalla Convenzione di Bruxelles del settembre ‘68 che dalla legge 218 che ad essa fa esplicito richiamo.

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E per quanto riguarda la circolazione stradale, dove ampio spazio viene occupato dalla responsabilità civile extracontrattuale viene codificato il principio secondo cui “la responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui è verificato l’evento” (art. 62 L. 218).

La susseguente opzione secondo cui “tuttavia il danneggiato può chiedere l’applicazione della legge dello Stato in cui si è verificato il fatto che ha causato il danno” riteniamo trovi maggiori condizioni di applicazione in situazioni di responsabilità civile di carattere generale.

Qualche “perplessità applicativa” sembra sia possibile adombrare in relazione al dettame del 2^

comma di questo articolo 62 di cui all’esempio sub. c).

Non è tuttavia la sede per verificare dove una interpretazione esasperata di questa norma può condurre. Il respiro che queste brevi annotazioni vogliono avere consente soltanto di rilevare che finalmente il Legislatore ha dato una risposta ad aspettative da più parti avvertite, concependo un testo organico che investe aspetti processuali e sostanziali di una pluralità di istituti (diritto di famiglia, beni di transito, persone giuridiche, obbligazioni contrattuali, riconoscimento automatico delle sentenze straniere) in una visione dei rapporti internazionali che vanno, come già detto, al di là degli Spazi Europei.

Tagete n. 5-1996 Ed. Acomep

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