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Seminari di preparazione all’Esame di Stato - Roma, giugno 2014

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Autorità dei bacini regionali del Lazio

Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (versione 2005 a sx e 2012 a dx) Aree a pericolosità e rischio di frana

(4)

Sulla base delle caratteristiche d’intensità dei fenomeni rilevati (volumi e velocità), il PAI disciplina l’uso del territorio nelle aree in frana in relazione a tre classi di pericolo:

Aree a pericolo A

Aree a pericolo di frana molto elevato: si

riferiscono alle porzioni di territorio che risultano essere interessate da frane caratterizzate da elevati volumi e/o movimento da estremamente rapido a rapido;

Aree a pericolo B

Aree a pericolo di frana elevato: sono riferite alle porzioni di territorio interessate da scarpate o in cui sono presenti frane caratterizzate da volumi modesti e/o movimento da rapido a lento;

Aree a pericolo C

Aree a pericolo di frana lieve: sono riferite a quelle porzioni di territorio che risultano interessate da scivolamenti lenti delle coltri superficiali e/o da frane caratterizzate da piccoli volumi e movimento lento.

Osservazione: il PAI dell’ABR Lazio

collega la pericolosità di frana alla

velocità del movimento ed ai volumi

coinvolti, e MAI allo stato di attività

(attivo, quiescente, inattivo).

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Il Piano individua il rischio nell’ambito delle aree in frana in funzione dei beni mobili ed immobili, pubblici e privati, che possono essere interessati e direttamente coinvolti dagli eventi calamitosi. Vengono definiti tre livelli di rischio:

Rischio molto elevato (R4):

quando esistono condizioni che determinano la possibilità di: perdita di vite umane o lesioni gravi alle persone; danni gravi e collasso di edifici o infrastrutture; danni gravi ad attività socio-economiche;

Rischio elevato (R3):

quando esiste la possibilità di: danni a persone o beni; danni funzionali ad edifici ed infrastrutture che ne comportino l'inagibilità; interruzione di attività socioeconomiche;

Rischio lieve (R2):

quando esistono condizioni che determinano la possibilità di danni agli edifici e alle infrastrutture senza pregiudizio diretto per l’incolumità delle persone e senza comprometterne l’agibilità.

(6)

I Comuni e tutti gli altri soggetti pubblici e privati interessati possono effettuare verifiche e presentare istanza di riperimetrazione e/o di

riclassificazione delle aree a pericolosità e rischio idrogeologico (Art. 20 NTA), in base a più specifiche conoscenze sulle condizioni effettive dei fenomeni di dissesto, alla realizzazione di interventi di stabilizzazione, al verificarsi di fenomeni di dissesto.

Riclassificazione, perimetrazione e deperimetrazione delle aree in frana devono essere effettuate seguendo le metodologie del PAI, con uno studio di compatibilità geomorfologica conforme all’allegato 7 delle NTA, “Linee guida per gli studi finalizzati alle valutazioni di stabilità dei versanti”.

Le proposte di rettifica dovranno essere riportate su cartografie di dettaglio (almeno 1:5000) e basate su specifici rilievi topografici.

Prima di eseguire uno studio di approfondimento di un’area in dissesto è opportuno effettuare un’attenta valutazione costi/benefici.

Norme di attuazione del PAI

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REQUISITI DEGLI STUDI (Allegato 7 NTA)

Le indagini devono prevedere un rilevamento geologico-tecnico, idrologico- idrogeologico e geomorfologico di dettaglio dell’intero versante e consentire di:

1.  Individuare la superficie di scorrimento o la superficie ritenuta critica, anche mediante sondaggi e prove in sito;

2.  Individuare i potenziali punti di distacco e i volumi rocciosi in equilibrio precario mediante rilevamento geologico tecnico in parete o eventuali perforazioni in

parete e/o rilievi geofisici, nel caso di fenomeni attivi o potenziali che interessano masse rocciose;

3.  Individuare i percorsi e le direzioni di deflusso delle acque dilavanti o incanalate lungo il versante (meteoriche o di scarico) e la loro influenza sulla stabilità del versante stesso;

4.  Definire i livelli piezometrici e la loro variabilità temporale, anche mediante acquisizione di dati provenienti da piezometri opportunamente posizionati, con osservazioni ripetute nel tempo;

5.  Rilevare eventuali deformazioni del versante, mediante l’uso di inclinometri o altri sistemi di misura;

6.  Valutare, mediante prove in sito, di laboratorio ed eventualmente back analysis le proprietà meccaniche dei terreni.

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