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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.17 (1890) n.833, 20 aprile

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI P R I V A T I

Anno XVII - Voi. XXI Domenica 20 Aprile 1890 N. 833

I PARTITI E LA FINANZA

Fra qualche giorno a Napoli ]' on. Magliani par-lerà della situazione finanziaria adattando le sue ve-dute alle esigenze della politica dell'oli. Nicotera, come a suo tempo le fece adattare a quelle dell'on. De-pretis e più tardi a quelle dell'on. Crispi ; — non passerà molto tempo che anche il gruppo formatosi a Milano dietro l'iniziativa o col nome dell'on. Sa-racco, farà conoscere, meglio c h e colle interviste coi giornalisti, il proprio intendimento. E certamente la discussione dei bilanci di previsione per 1' esercizio venturo darà modo agli attuali Ministri del Tesoro e delle Finanze di manifestare anche gli intendimenti del Governo sulla questione finanziaria.

Siamo adunque giunti al momento critico e la discussione sull'indirizzo generale della politica n a -zionale iti relazione ai mezzi di cui dispone, sembra all'ordine del giorno, cosi da fornire il punto di par-tenza a movimenti parlamentari.

Forse ci sarebbe da domandarsi se questo risve-glio dei partiti debba attribuirsi veramente ad uua sana resipiscenza, dopo tanto tempo nel quale o si ac-cumularono errori, o si cooperò a crearli, o si osò appena una timida critica; ovvero se la causa im-pellente di questo movimento n o n debba cercarsi, per alcuni almeno degli uomini politici, nella pros-sima campagna elettorale, che può esigere le prove, almeno, di una tardiva attività. Ma il passato p u ò essere volentieri e senza sforzo dimenticato quando le nuove situazioni promettano una sufficente garanzia per l'avvenire. E per questo appuuto, crediamo do-veroso c h e l'Economista, il quale uelle recenti di-scussioni finanziarie ed economiche ha presa una chiara posizione, anche oggi in cui si fanuo p r e -sentire nuovi movimenti, esprima chiaramente il suo pensiero. E cominciamo da una breve analisi.

Nelle questioni finanziarie ed economiche ci tro-viamo di fronte a tre gruppi parlamentari. Il primo è rappresentato dagli uomini c h e sono al Governo e specialmente dai Ministri delle Finanze e del Tesoro onorevoli Giolitti, e Doda ; quali sono i loro inten-dimenti? Come valutano l'attuale situazione ed in qual modo pensano di vincere le difficoltà che essa presenta ?

In quanto alla situazione finanziaria pare che l'in-dirizzo risulti abbastanza chiaro. — L'on. Giolitti si trova davanti ad un debito fluttuante del Tesoro di 5 0 2 milioni, e davanti ad un disavanzo del b i -lancio c h e oscillerà tra i 5 0 od i 6 0 milioni almeno. Del debito del Tesoro per ora non si preoccupa in quanto crede che la situazione di cassa sia e rimanga

tale da non impensierire. Però l'espediente col quale viene retto l'equilibrio del Tesoro non è, a nostro avviso, nè legittimo, nè durevole. Il Tesoro non sente gli imbarazzi c h e dovrebbero creargli i 5 0 2 milioni di debito (poco meno di un terzo di tutte le entrate) solo perchè ha forzata la emissione delle obbligazioni ferroviarie, una buona parte defle quali, ed i residui del bilancio lo indicano, non sono state ancora i m -piegate nelle costruzioni che si dovevano compiere. Non vogliamo dire se il Governo avesse la facoltà dalla legge di emettere delle "obbligazioni ferroviarie per una somma molto maggiore dei pagamenti c h e doveva compiere per le costruzioni effettivamente ul-timate, e se sia regolare il residuo in cassa di 1 5 0 milioni circa ; è un fatto però c h e di questa ecce-denza di emissione il Tesoro si è giovato e si giova, e solamente per questo ha potuto procrastinare la vendita della rendita derivante dalla Cassa delle pen-sioni, vendita c h e nelle attuali condizioni del mer-cato sarebbe stata molto dannosa alle quotazioni del nostro consolidato. Da questo lato adunque l'on. Gio-litti rimane tranquillo, disposto come è a servirsi delle obbligazioni ferroviarie come di mezzo per r i -fornire le casse del Tesoro e menomare le conse-guenze dell' enorme passività, oggi arrivata a 5 0 2 milioni.

In quanto poi al disavanzo corrente, cioè ai 5 0 o 6 0 milioni di deficenza che presenterà il bilancio attuale, l'on. Giolitti intende di colmarlo colla ven-dita appunto di altrettanta reuven-dita derivante dai 2 4 0 milioni della soppressa cassa delle pensioni.

Così però il piano dell' on. Perazzi rimane adulterato e compromesso ; egli aveva proposta la v e n -dita dei 2 4 0 milioni di consolidato per colmare la somma dei deficit esistenti, e nello stesso tempo d o -mandava provvedimenti per restituire il pareggio al bilancio. L'on. Giolitti invece comincia ad intaccare per i bisogni presenti quella specie di riserva, e se mai i disavanzi continuassero darà fondo alla ri-serva stessa, lasciando però al Tesoro il disavanzo che l'on. Perazzi aveva divisato di colmare.

È chiaro pertanto c h e la politica dei Ministri at-tuali è quella di prender tempo senza venire ad al-cuna definitiva decisione; è possibile che migliorino le condizioni generali del paese e le imposte diano da sè maggiori entrate; è possibile che la politica generale permetta delle economie od almeno di non aumentare le spese ; è possibile infine un mutato stato economico del paese renda meno ostico a l'impor nuove tasse.

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verificassero e se per qualunque evento la situazione peggiorasse, sorgono due gruppi di opposizione, l'uno capitanato dall' on. Magliani, I' altro dagli onorevoli Saracco e Luzzatti. Che cosa o p p o n g o n o alla politica del ministero ? c h e affidamento presentano ?

Non imiteremo certo i giornali politici i quali danno già il sunto del discorso che pronuneierà a Na-poli fra qualche giorno l ' o n . Magliani; ma rileve-r e m o soltanto la unanimità colla quale gli si attrileve-ri- attri-buisce l'intendimento di dimostrare c h e la politica generale del paese n o n è c o u f o r m e ai mezzi di c u i il paese stesso dispone.

Se veramente r on. Magliani userà la sua e l o -quenza ad illustrare e provare questo punto, \'Eco-nomista n o n potrà c h e essere lieto di vedere l ' e x Ministro convertito a quei concetti c h e invano c o n amichevoli suggerimenti prima , c o n vivaci rimpro-veri poi gli siamo andati ripetendo negli ultimi anni nei quali resse la pubblica finanza. Nessuno ha s c o nosciuto la utilità p e r l'Italia dell'alleanza colle p o -tenze centrali, nessuno nega che mentre tutte le na-zioni si affrettano a prendere una posizione in Africa, l'Italia potrebbe troppo tardi rimproverarsi di n o n averle imitate, ma in pari tempo nessuno u o m o di Stato previdente poteva credere che u n troppo intimo legame colla Germania non conducesse ad alienarci il mercato francese e c h e il prendere una posizione in Africa non dovesse costare parecchie diecine di m i -lioni. N o n discuteremo ora se l'Italia potesse o n o n potesse sopportare quegli oneri, diciamo soltanto c h e ebbe torto il Ministro Magliani quando assunse il c o m -pito audace di far credere al paese c h e la politica estera e la politica affricana n o n avrebbero d o m a n dato grandi sacrifizi n è avrebbero disturbato s o v e r -chiamente il bilancio.

Se pertanto l'on. Magliani a Napoli ci dirà c h e si deve seguire una politica estera m e n o dispendiosa, e si d e v e abbandonare o restringere la impresa africana, l ' E c o n o m i s t a applaudirà certamente ali' ex-Ministro c o m e al figliuol prodigo che ritorna al tetto paterno pentito degli errori commessi e disposto a non c o m metterli più. Però l ' E c o n o m i s t a , ed il paese, c r e -diamo, terranno conto dei fatti avvenuti e n o n potranno avere per l'on. Magliani pentito quella stessa fiducia c h e avevano in lui prima che peccasse.

L'altro partito, se le rivelazioni de! Corriere della sera sono esatte, ha già presentato un proprio p r o -g r a m m a c h e si riassume nei se-guenti capi :

4° Anzitutto, evitare n u o v e imposte. L a maggio-ranza di n o i si è pronunciata p e r un mai assoluto: qualcuno n o n sarebbe alieno dal votare qualche nuova tassa, quando il G o v e r n o ci desse garanzie d'una rigida politica finanziaria.

2° R i d u r r e le spese militari. Q u i intendiamoci bene : n o n vogliamo, c o m e ci sì mosse accusa, toc-care alla c o m p a g i n e dell'esercito, e n e m m e n o ai due corpi d'armata recentemente istituiti. È sulle spese strordinarie del bilancio della guerra c h e si d e v e risecare ; si è molto esagerato su parecchie di q u e -ste spese, senza una riconosciuta urgenza. V o g l i a m o insomma evitare c h e il pubblico, vedendo le finanze dello Stato c o m p r o m e s s e dalle spese militari, c o n s i -deri l'esercito c o m e una piaga.

5 ° P o r r e u n freno allè^ costruzioni navali. In materia di nuovi bastimenti n o n si sa più d o v e si andrà a finire : tanto vale la teoria di colui che v u o l e 5 0 bastimenti i n linea, c o m e coloro c h e n e preten-dono 1 0 0 . S i seguita a costruire e n o n si hanno i

mezzi p e r utilizzare le n u o v e navi, poiché manca il personale di c o m a n d o , e sono difettosi gli approv-vigionamenti.

4 . Si possono senza stenti realizzare ogni anno da otto a dieci milioni di e c o n o m i e in genere sui vari bilanci.

E b b e n e ; il p r o g r a m m a è chiaro, è senza reticenze accettabile; m a p u r troppo esso pure, firmato dagli onorevoli Saracco e Luzzatti, rappresenta una resipi-s c e n z a ; l ' o n . Saracco fu Miniresipi-stro coll'on. Magliani e di molti atti di questo ha la responsabilità ; ì'on. L u z zatti f u presidente della Giunta del bilancio e, s e b bene avesse in varie occasioni fatti presentire i p e ricoli c h e la situazione presentava, n o n f u c o n s e -guente alle proprie previsioni e votò le spese prima di essere sicuro c h e si votassero le entrate.

A d ogni m o d o , l o r i p e l i a m o , siamo dispostissimi a n o n o c c u p a r c i del passato q u a n d o la nuova situa-zione ci offra serio garanzie p e r l'avvenire; e siamo veramente soddisfatti di vedere oggi ripetuto e for-mulate in p r o g r a m m i dipartiti politici quelle osservazioni che da tre anni VEconomista ha cercato di s v o l -gere. Infatti la questione si presenta a noi ancora quale la p o n e v a m o fino dal 2 5 d i c e m b r e 1 8 8 8 « l'Italia è ormai in condizioni tali da d o v e r sciegliere tra la politica estera brillante e la finanza rovinata, o la politica estera modesta e la finanza brillante » e non v e d e v a m o altra via di uscita c h e la costituzione di due partiti : — « quello che appoggia il G o v e r n o , il quale vuole le spese perchè sono necessarie; e quello dell'opposizione, la quale d o m a n d e r e b b e c h e la p o -litica fosse proporzionala alla potenzialità economica e finanziaria del paese ».

D o p o d u e anni e mezzo da questo discorso, a l -lora inascoltato, vediamo molti convertiti e c e n e rallegriamo.

T r o v i a m o nei giornali la seguente notizia: La Deputazione Provinciale di Venezia, c o n s i d e -rato c h e la Società anglo-italiana della navigazione fluviale a vapore tra Venezia e Milano non si è a n -cora costituita e non ha eseguito gli impegni assunti, deliberò di procedere p e r le v i e giudiziarie, s e q u e -strando intanto, p e r decaduto contratto, la cauzione di 2 5 mila lire depositate alla Cassa provinciale.

La stessa notizia era già corsa fino dall'estate u l -tima ; e difatti nel nostro n u m e r o dell'8 Settembre 1 8 8 9 non m a n c a m m o di rilevarla, facendola seguire da diverse considerazioni ch'essa ci suggeriva. P o c o tempo d o p o però vari giornali annunziarono c h e la Società anglo-italiana, tanto aspettata, si era costi-tuita finalmente, ed anzi la più parte delle sue azioni era già stata collocata a L o n d r a ; tantoché p o c h e ne sarebbero rimaste da collocarsi in Italia.

V e n i v a n o così a cadere, b e n c h é senza danno, tutti i nostri ragionamenti, c h e ora invece tornano in t a -glio più c h e mai, e c h e perciò siamo indotti a rias-sumere.

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stati votati dalle Provincie di Milano, Piacenza, C r e -mona, Ferrara, e d altre; il c u i territorio sarebbe o attraversato o toccato dalle v i e acquee da p e r c o r -rersi colla nuova regolare navigazione; e c h e tutte quante avrebbero dovuto imitare quella di Venezia nell'asseguare u n termine p e r la condizione r i s o l u tiva dell'impegno preso. N e sarebbe, d i c e v a m o , d e -rivata o l'uua o l'altra conseguenza : o i promotori della Società anglo-italiana si sarebbero affrettati a presentarla effettivamente costituita e autorizzata, c o n tutte le formalità di legge, ad operare nel R e g n o , nonché pronta a mettersi subito al lavoro; o v v e r o si sarebbe potuto dar opera a costituire senz'altro — valendosi degli studi già fatti e delle promesse di sussidi già ottenute — a costituire p e r lo stesso in-tento una Società tutta italiana, senza lasciare sfuggire una seconda volta l'occasione di impiegare c a -pitali nazionali in una industria c h e p e r intero nel territorio nazionale è destinata a svolgersi.

Adesso è chiaro c h e delle d u e ipotesi la prima non ha più luogo. E s a r e m m o per dire tanto meglio ! quando la seconda accennasse a divenire una realtà. Noi n o n siamo m a i stati avversi ai capitali esteri che, essendo p i ù abbondanti dei nostri, spesso sono venuti e v e n g o n o a dar vita i n Italia a industrie che altrimenti n o n sorgerebbero. Ma a parità di c o n dizioni, quando cioè il capitale occorrente sia m o desto e il paese in grado di fornirlo, nulla di m e -glio c h e in paese, oltre alla prosperità e c o n o m i c a che viene determinata da ogni data forma di atti-vità industriale, rimanga anche l'interesse c h e essa procura al capitale medesimo.

In fondo di c h e si trattava? S e quei progetti non erano stati fatti troppo leggermente ( e crediamo di no, se si considera la poca entità dell'impianto c h e ci vuole p e r navigare su fiumi e canali, e il c a p i tale c h e basta all'esercizio di alcune piccole C o m p a -gnie di navigazione marittima) si trattava di mettere assieme sette milioni e mezzo di lire. S u p p o n i a m o pure sia necessario qualcosa, ma n o n molto, di più. Potremo s e m p r e ripetere c i ò c h e d i c e v a m o n e l c i tato articolo. « U n siffatto interesse di Venezia d o vrebbe invogliare i capitali n o n scarsi, m a un p o ' p i gri, di quella città a dar vita in parte a una i m presa c h e promette loro onesta e forse lauta r i m u -nerazione. In parte, diciamo, perchè una porzione di essi potrebbe venire fornita dalla restante regione veneta e un'altra da quella lombarda colla danarosa Milano a capo ».

E quale era l'interesse di Venezia a c u i ci rife-rimmo ? Questo c h e le v i e fluviali della valle d e l Po abbiano allacciamento n e l s u o porto colle linee marittime c h e anche oggi vi fanno capo, m a che v i faranno poi capo più n u m e r o s e e d importanti q u a n d o vengano riordinati tutti i servizi marittimi italiani. Ora appunto quel giorno si v a avvicinando: n o n solo perchè, essendo trascorso qualche tempo, siamo già più prossimi alla scadenza delle Convenzioni ma-rittime vigenti, c h e è il 3 1 D i c e m b r e 1 8 9 1 m a anche perchè sembra c h e il G o v e r n o intenda p r e s e n -tare alle C a m e r e fra b r e v e il progetto di legge p e r le Convenzioni nuove, in guisa c h e alla scadenza suindicata n o n si renda necessaria quella p r o r o g a che molti prevedevano.

In quanto alla necessità assoluta che gli esercenti la navigazione fluviale ne! l o m b a r d o v e n e t o p r o c e -dano tecnicamente ed e c o n o m i c a m e n t e d ' a c c o r d o c o n quelli della navigazione marittima dell'Adriatico, ci

riserbiamo a dimostrarlo in u n prossimo nostro n u m e r o .

Ma anzitutto occorre c h e i primi ci sieno. E p p e r ò ci sia lecito citare un'altra volta n o i stessi, t e r m i -nando - poiché n e è il caso - col dire c o m e sette mesi o r s o n o : « Bisogna muoversi !j Ci rivolgiamo a tutti i nostri confratelli della stampa veneta e lombarda, sperando che dai medesimi ci venga lume di n o -tizie e magari consentimento e autorevole appoggio » .

LA GIORNATA DI LAVORO DI 8 ORE

Fra le molte questioni c h e c o n c o r r o n o a formare « la questione operaia » la durata della giornata di lavoro è u n a delle più importanti p e r le s u e c o n -seguenze e c o n o m i c h e , igieniche e morali, e d u n a delle più difficili a risolvere, perchè p e r molte ra-gioni politiche e tecniche, l'ingerenza della legislazione a s u o riguardo, è assai pericolosa e c o n trastata. N o n solo la osteggiano i liberali, m a a n -cora molti radicali, moltissime associazioni operaie e non pochi socialisti, combattono risolutamente la azione p e r determinare u n a giornata massima di lavoro, senza c h e i loro ragionamenti, possano esser sospetti c o m e quelli fatti nello stesso senso, dagli industriali e dagli economisti liberali. Il deputato Bebel, u n o dei capi del partito socialista g e r m a n i c o , pubblicò nella rivista « D i e N e u e Zeit » del g e n -naio 1 8 8 6 (quindi d o p o c h e la deputazione sociali-sta aveva presentato al Reichsociali-stag la proposociali-sta di fis-sare a 1 0 o r e la lunghezza massima della giornata di lavoro) u n articolo, nel quale dichiarava l'intro-duzione d'una giornata normale d i lavoro illogica e d inutile, e d affermava c h e « ogni ingerenza dello Stato nella questione del salario è impossibile, p o i -ché essa è inseparabile dalla forma di produzione ». In Inghilterra, radicali c o m e L a b o u c h è r e , Mundella e Bradlaugh, si sono pure dichiarati recisamente contrari a d ogni intervento dell' azione dello Stato, nella fissazione del tempo massimo di lavoro degli adulti.

Malgrado però le difficoltà c h e si o p p o n g o n o alla risoluzione della questione sulla giornata di lavoro, e particolarmente all'azione legislativa a s u o riguardo essa ha g i à fatto notevoli progressi.

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strare quanto possa essere vantaggiosa in certi casi e per tutta la società l'ingerenza governativa, m a c h e sono ancora ben lontane dallo avere raggiunto lo s v i -luppo necessario. In proposito è particolarmente istrut-tivo l'esame di quanto avviene in Inghilterra, perchè nelle relazioni delle frequenti commissioni parlamentari, dei 5 0 ispettori delle fabbriche, nelle p u b -blicazioni del Board of Trade e nelle numerosis-sime statistiche, possiamo trovare una copia di rag-guagli sulle condizioni delle classi operaie, quali in nessun altro paese.

In Inghilterra ferve attualmente un movimento operaio — a detta dello Standard, il più considere-vole dal 1 8 4 0 in poi — una parte del quale, è di • retto ad ottenere la giornata di lavoro o legale o semplicemente reale, ai 8 ore : analogo movimento si verifica negli Stati Uniti d'America, e c o m ' è noto col 1 ° m a g g i o venturo un'agitazione in n o m e dello stesso seopo scoppierà in parecchi Stati d'Europa. — Prima di passare allo studio deb' importanza di questo generale movimento, dei suoi moventi, delle sue conseguenze, ed all'esame della opportunità della giornata di lavoro di 8 ore in generale, ed in Italia in particolare, importa però rilevare che l'agitazione in favore di una così corta giornata di lavoro, n o n deve far nascere idee ottimiste intorno alla generale condizione degli operai , e n o n si deve credere

che essa incominci, perchè tutti hanno già ottenuta la giornata di 1 0 o 1 2 o r e . L e cifre seguenti c h e ci sono fornite dall' ultimo rapporto al Parlamento inglese, e c h e si riferiscono agli operai occupati nelle ferrovie inglesi, potrebbero da soie essere suffi-cienti a dissipare una così rosea opinione : durante un mese 2 5 2 , 2 0 9 operai lavorarono quotidianamente 1 3 ore, 1 6 0 , 1 2 3 1 4 o r e , 1 1 0 , 1 9 0 1 5 o r e , 5 7 , 8 3 5 1 6 ore, 2 7 , 0 6 6 1 7 o r e e 2 5 5 2 5 1 8 ore e p i ù ; sul Great Northern Bailway la media delle giornate di lavoro, varia fra le 1 4 e le 1 5 o r e . — I sarti d e l -l'Ostenti ( d i L o n d r a ) che hanno ottenuto ora una gior-nata normale di 1 2 ore, prima ne lavoravano in media •16 ; così pure fino a pochi mesi sono i fornai; i ca-merieri degli alberghi e delle trattorie sono sovente occupali 1 6 o r e e p i ù ; le persone impiegate nelle c o m p a g n i e di vetture, omnibus e tramvai in media 1 4 a 1 6 o r e ; quelle poi impiegate nelle botteghe, nelle trattorie, negli spedali, nei caffè, nei bagni e c c . non sono n e m m e n o protette dal Factory and Work-shop Act del 1 8 7 8 , il quale concerne soltanto gli ope-rai delle « fabbriche » ed intende p e r fabbriche gli « stabilimenti industriali, nei quali si adoperano m a c chine a v a p o r e o d altre forze meccaniche, » e l a -v o r a n o n o n di rado 1 6 o r e .

All' opposto p e r altro, si afferma sovente c h e il lavoro della maggioranza degli operai adulti per l'ap-punto in Inghilterra, è assai corto e c h e n o n oltre-passa le 9 o 1 0 ore. Questo è v e r o soltanto per gli operai delle grandi industrie organizzati in Unions, e piuttosto nominalmente c h e effettivamente. Essi cercano di ottenere una corta giornata normale di lavoro, m a in realtà lavorano quasi sempre più a lungo di quanto apparirebbe dalla durata nominale delle loro giornate, perchè le ore addizionali ( o v e r Urne) sono retribuite c o n tariffe più elevate ; di s o -lito la prima ora addizionale viene computata c o m e un'ora e u n quarto (time and a quarter), le s u c c e s -sive c o m e ore e mezza e le notturne c o m e ore doppie (doublé time). In quasi tutti i casi in c u i le Unions, ottengono una giornata normale di 9 o r e essa n o n

è c h e nominale e n o n serve c h e per ottenere una certa quantità di lavoro addizionale meglio pagato e l i b e r o : di solito nulla vieta agli operai skilled, (istrui-ti, aventi u n mestiere, un' occupazione determinata) che fino all'agosto del 1 8 8 9 formavano quasi esclu-sivamente le Unions, di allungare la durata della giornata normale, facendosi pagare c o n tariffe più elevate le ore addizionali. Tutto questo abbiamo d e t -to, per mostrare le condizioni reali della durata del lavoro e per dissipare la possibile persuasione che il moto in favore della giornata di 8 ore sia conse-guenza di avere già ottenuta in generale una giornata di 9 , 1 0 o 1 2 ore. Non insistiamo sullo stato di cose dei paesi del continente, poiché, salvo forse in alcune parti o d in alcune industrie della Francia, trove-r e m m o una situazione analoga a l l ' i n g l e s e , se n o n peggiore.

C o m e mai adunque, si fa strada il m o v i m e n t o in favore della giornata di 8 o r e ? da c h e criteri par-tono coloro c h e lo provocano ? da chi sono spinti ?

Rispondiamo subito in breve, all'ultima di queste domande, p e r poi passare ad occuparci più m i n u -tamente delle prime.

La giornata effettiva di 8 ore è propugnata da lungo tempo dagli operai — specialmente inglesi, americani, francesi e belgi — e da alcuni uomini politici, senza distinzione di partiti ; la determinazione per legge di una giornata massima di 8 ore è voluta da una parte dei radicali, e specialmente dai socialisti,

dei diversi paesi. » F u il congresso della « Federazione americana del

lavoro » riunitosi nel d i c e m b r e 1 8 8 8 , che pel primo decise di p r o m u o v e r e una generale agitazione a f a -v o r e della giornata legale di 8 ore : poi il congresso internazionale socialista radunatosi nel luglio del-l'anno scorso in P a r i g i , votò una identica risoluzione e stabilì c h e l'agitazione dovesse incominciare il 1° m a g g i o 1 8 9 0 , accettando così la data già fissata dalla federazione a m e r i c a n a , p e r dare maggiore imponenza all'agitazione. Non sappiamo se essa sarà cagione di disordini, di violenze, di inutili scioperi, ma tutto c i ò però n o n sarebbe conseguenza n e c e s -saria della risoluzione adottata dal congresso sociali-sta, poiché essa raccomanda al paragrafo 3 ° c h e in ogni paese la manifestazione del 1 ° maggio si faccia nel m o d o « permesso dalle leggi e dalle circostan-ze ». L a Àrbeiter-circostan-zeitung, o r g a n o della Sozialde-mohratie austriaca, scrive in proposito: « L a mani-festazione deve aver luogo, si capisce, strettamente entro i limiti delle l e g g i . . . . Noi combattiamo l'idea utopistica, per quanto legale, di uno sciopero generale affatto irrealizzabile. N o n devonsi far scioperi. Il primo m a g g i o d e v ' essere soltanto un giorno di f e sta in cui gli operai pensino alla necessità di m i -gliorare la loro posizione, lo c h e si otterrà sopra-tutto diminuendo la durata del l a v o r o . . . . Il primo m a g g i o d e v ' e s s e r e giorno di festa per lutti i lavora-tori d ' E u r o p a , d ' A m e r i c a o d'Australia, per rendere generale la coscienza della necessità di accorciare il lavoro ». Analogamente scrivono la VolkstribUne, la Miinchener Zeitung e gli altri giornali socialisti di Germania, c h e abbiamo potuto esaminare.

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siano assai più importanti e più meritevoli di accu-rato studio e di matura ponderazione.

Le ragioni morali sono assai n o t e : quanto meno, dicesi, l'operaio avrà bisogno di spendere forza e tempo per guadagnarsi il salario e tanto più potrà attendere alla propria educazione, al proprio sviluppo fisico ed intellettuale e preparare quindi una genera-zione migliore della attuale; la ignoranza e la rozzezza dei costumi scompariranno soltanto quando l'operaio non sarà più ridotto alla condizione di macchina o di bestia da soma ; .soltanto accorciando la giornata di lavoro tutta la società incomincierà a ricavare u n bene-fizio dalle invenzioni meccaniche. E se n o n tutti gli operai forse approfitteranno in un m o d o lodevole della loro maggiore libertà, certo la maggioranza loro sa-prà valersene in guisa cha torni a vantaggio della intera società, e le classi elevale saranno costrette ad usare colle sottoposte modi più umani, più consoni colla dignità d e l l ' u o m o e si abitueranno a r i s p e t -tarle, a « trattare » c o n loro, anziché a comandare semplicemente.

A taluni queste considerazioni non sembrano per-suasive e moltissimi le disprezzano addirittura p e r vari motivi ; ma n o n ci fermeremo a discutere i n -torno a cotesti modi di v e d e r e perchè a nostro pa-rere il nodo della nostra questione sta nella seguente domanda : è possibile rendere generale la giornata di 8 ore senza che n e venga u n danno e c o n o m i c o alla classe o p e r a i a ?

A prima vista, seguendo cioè il primo impulso del buon s e n s o , sembrerebbe c h e ad una diminuzione di durata della giornata di lavoro dovrebbe c o r r i spondere una diminuzione del salario, e che di c o n -seguenza gli operai verrebbero a disporre di maggior tempo per istruirsi, educarsi, e godersi la vita, m a di meno denaro Ora i socialisti fanno un r a g i o namento o p p o s t o ; vogliono lavorare m e n o , c o m e a b -biamo detto, non per ragioni morali soltanto, ma anche per ragioni e c o n o m i c h e , ossia per guadagnare di più. Pare un paradosso, ma e c c o c o m e in proposito, l o gicamente ragionano d u e distinti socialisti a p p a r t e -nenti a d u e diversi paesi e a due diverse scuole : il deputato tedesco Grillenberger e l'inglese H. H . Champion. — « L a più seria obbiezione (disse il Gril-lenberger nella seduta del Reichstag del 4 ° marzo 1 8 8 5 discutendosi la proposta di fissare una giornata m a s sima di 1 0 o r e ) c h e si possa elevare contro la g i o r -nata normale di l a v o r o , è q u e s t a : c h e diminuendo il tempo di lavoro debba diminuire naturalmente a n -che il salario. C o n c e d o -che sia vero in alcuni pochi casi: ci saranno imprese — specialmente quelle in cui n o n si richieda lavoro qualificato, a cui cioè può essere adoperato il p r i m o venuto — nelle quali, nei primi tempi, il salario diminuirà un poco, ma la giornata massima di lavoro porterà n o n di meno un reale aumento nel salario. H o mostrato u n momento f a , c o m e nella piccola industria c h e mi serviva d'esempio si dovrebbero impiegare 2 0 o 5 0 nuovi operai se fosse diminuita la lunghezza della loro giornata di lavoro ; accorciandola nelle migliaia di fabbriche e di opifici di Germania, vi si d o v r e b b e r o di conseguenza impiegare diecine di migliaia d ' o p e -rai nuovi : quindi l'esercito d e i disoccupati, s e m p r e pronto ad accettare lavoro a qualunque prezzo ed a cacciare dal loro posto gli operai occupati, sarebbe attratto nella produzione; i fabbricanti non avrebbero più in ogni tempo un'offerta di braccia disposte ad accettare qualunque salario, e così il salario a u m e n

terebbe naturalmente. C i ò è così chiaro, c h e si p o -trebbe sperare n o n fosse più necessario di parlarne in un'assemblea illustre quanto il Reichstag tedesco.

»-Quasi identicamente scrive il sig. Champion nella « Nineteenth Century » britannica :

« I salari sarebbero in ogni ramo d'industria ed in ogni tempo più elevati se potessero crescere se-c o n d o il desiderio degli operai. Il motivo per se-c u i non sono più alti n o n istà già nel fatto che gli i m -prenditori n o n possano pagare di più, m a nel fatto che gli operai vengono licenziati se affacciano pretese. Si consideri per esempio una fabbrica q u a l u n -q u e c h e ha 1 0 0 operai pagati c o n 2 0 scellini la settimana ; ognuno di essi preferirebbe di g u a d a gnarne uno di più, ma nè lo riceve, n è osa d o m a n -darlo, perchè sa c h e vi sono alla porta dello stabi-limento, persone senza occupazione c h e sarebbero felici di poter scambiare la loro triste posizione coi 2 0 scellini settimanali. L ' i m p r e n d i t o r e n o n ignora questo stato di cose e s i c c o m e , qualunque siano le sue opinioni politiche e religiose, esso amministra i suoi affari s e c o n d o i « sani principii dell'economia » non darà a nessuno u n centesimo di p i ù di quanto è necessario p e r avere il lavoro dei disoccupati. Il fattore sfavorevole all'operaio nella questione del sa-lario è il disoccupato. In ogni agitazione per un rialzo del salario, la presenza o l'assenza di disoccupati è ciò che determina la vittoria del capitale o del lavoro. » Il ragionamento dei d u e socialisti appare logico, e confortato dai fatti.

La Relazione della Commissione tedesca mandata in Inghilterra nell'ottobre del 1 8 8 9 a studiarvi i rap-porti fra capitale e lavoro lo conferma più v o l t e ; e noi p o t r e m m o anche a c c u m u l a r e cifre per a p p o g -giarlo, ma basti un fatto noto e recente : lo sciopero degli operai delle fabbriche di gas di Londra del giugno 1 8 8 9 c h e fece ridurre la giornata di lavoro ad 8 o r e , c o m e volevano, fece sì che fossero i m p i e gati in cotesti stabilimenti da 3 a 4000 nuovi o p e -rai. A questo proposito ci sia lecito invece di insistere sulla esistenza di molti disoccupati accennata dai si-gnori Grillenberger e Champion. In Italia il ricordo dei fatti d e l l ' 8 febbraio 1 8 8 9 a R o m a , delle recenti passeggiate di beneficenza pei disoccupati a Milano e e T o r i n o , sono troppo freschi e troppo dolorosi, p e r c h è alcuno possa negare la mancanza di lavoro p e r molte braccia vigorose; ma potrebbe credersi p e r a v v e n -tura c h e essa sia f e n o m e n o passeggiero proprio sol-tanto del nostro paese e del periodo di crise che attra-v e r s i a m o ; se non che statistiche inglesi ci p n attra-v a n o il trario. Nel 1 8 8 7 il 9 per cento dei soci delle Unions fra gli operai di 7 fra le principali industrie inglesi era d i s o c c u p a t o : nell'ottobre del 1 8 8 8 il 4 . 4 p e r cento nel settembre del 1 8 8 9 il 2 . 1 p e r cento, e l'industria inglese è attualmente in uno stato di grande floridezza. Si noti inoltre, che nel 1 8 8 7 i soci delle Trades-Unions n o n arrivavano c h e ad un totale di 8 8 5 0 0 0 persone pari ai 9 / 1 0 del totale degli operai inglesi, e che fra gli operai n o n unionisti la p r o p o r -zione dei disoccupati è sempre assai p i ù elevata. Il sig. Harold C o x la calcolava del 1 8 al 2 0 per cento pel 1 8 8 7 (Nineteenth Century luglio 4 8 8 9 ) .

Il fatto è evidente : dato c h e si fissi o p e r forza di coalizioni operaie, o per forza di legge la giornata massima di 8 o r e , il n u m e r o dei disoccupati d o v r à decrescere, e , stando alla logica del principio dell'of-ferta e della domanda, il salario aumentare.

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.246 L' E C 0 N O M I S T A 20 aprile 1890

e dato pure c h e avesse ragione n o n sappiamo fino a qual punto potrebbe essere duraturo l'aumento nel prezzo della mano d'opera, del resto, lasciamo pure impregiudicato questo punto importante della nostra questione; resta da determinarsi se per la società sia più e c o n o m i c a una generale giornata di lavoro così corta da rendere necessario l'impiego di tutti gli operai attualmente disoccupati, o se al contrario, sia più economica una lunga giornata, c h e porta c o m e conseguenza, la disponibilità d ' u n certo n u m e r o di lavoratori.

In Inghilterra molte Trades-XJnions assicurano ai loro soci nel caso di mancanza di lavoro, s o m m e c h e variano fra l e 1 2 e le 1 7 lire settimanali: a d u n q u e vi sono operai che, mentre lavorano molto a lungo, sono poi costretti a c e d e r e una parte del loro gua-dagno ai colleghi c h e in conseguenza del lungo la-v o r o dei primi n o n riescono a trola-vare u n i m p i e g o . In Italia assistiamo al duplice f e n o m e n o della gior-nata di lavoro assai lunga e della beneficenza privata obbligata a sostentare u n gran n u m e r o d i d i -soccupati.

Da n o i gli operai c h e chiedono d ' a v e r diminuite le o r e di lavoro sono p o c o numerosi mentre spesso se n e incontrano c h e d o m a n d a n o u n ' o c c u p a z i o n e per quanto prolungata c h e loro consenta di v i v e r e , tuttavia n o n per questo si ha il diritto di affermare senza riserve, c o m e da taluni è stato fatto, che non d o b b i a m o in Italia o c c u p a r c i della limitazione della giornata di l a v o r o ma soltanto « della creazione d ' u n lavoro sufficiente e sufficientemente remunerato p e r la nostra esuberante popolazione » ; poiché la durata delle giornate di lavoro e la domanda di lavoro sono questioni fino ad un certo punto strettamente collegate.

L'Italia è povera di capitali, povera d ' i n d u s t r i e estrattive, povera di colonie fruttifere ; e per rial-zarne le condizioni e c o n o m i c h e è necessario v i si lavori più c h e in altri paesi già ricchi : noi adun-q u e n o n s a p r e m m o per ora approvare un' agitazione a favore della giornata di 8 ore, se ci fosse a b b o n -dante lavoro c o n lunghe giornate per tutti gli operai italiani.

Gli è evidente c h e la superiorità materiale di u n epoca sulle condizioni di u n ' epoca anteriore, i n d i -pendentemente da importazioni e conquiste, è la conseguenza della m a g g i o r e applicazione di lavoro alla produzione di materie prime e delle m o d i f i c a -zioni fatte subire a loro e d ai prodotti anteriori mediante il lavoro m e d e s i m o . Chi v u o l e arrivare a godere una buona posizione di fortuna, d e v e avere il coraggio di lavorare assiduamente e di risparmiare per parecchi anni, epperciò l'Italia, m e n o delle na-zioni settentrionali, ha il diritto all'ozio o d al riposo.

Nel sistema e c o n o m i c o odierno n o n vi p u ò essere lavoro produttivo senza corrispondente impiego d i capitali, e p e r ottenerli o dalla tarda iniziativa dei capitalisti italiani o dall' estero, è necessario offrire larghi profitti : e questi derivano in buona parte dalla modicità, dalla bassezza dei salari. — L a quale p u ò presentarsi sotto due aspetti, sotto d u e forme diverse, e c i o è : di una tenue s o m m a in c o m p e n s o d'una corta giornata di lavoro o d ' una s o m m a p o c o vistosa, m a un p o ' m a g g i o r e di quella del caso precedente, c o m p e n -so d'una lunghissima giornata. L a seconda forma d e l doloroso f e n o m e n o e c o n o m i c o è più vantaggiosa della prima per gli imprenditori, e per le industrie nostre, ancora b e n lontane da quelle condizioni d i sviluppo e di perfezionamento già raggiunto dalla produzione

nazionale straniera, il b u o n mercato della m a n o d'opera, p u ò essere uno dei mezzi migliori per resi-stere alla sopraffattrice concorrenza delle industrie estere più progredite e c h e hanno già ammortizzate in gran parte le loro spese d'impianto.

L a d d o v e n o n si p u ò pensare ai bisogni di lusso, ma soltanto a soddisfare i più impazienti fra quelli di prima necessità, sarebbe in ultima analisi contrario all'interesse stesso degli operai, il volere spendere una minore quantità di quanto è possibile delle loro forze e del loro tempo nella creazione della ricchezza, la quale a p o c o a p o c o c o m e sangue arterioso vivificherà e darà forza a tutte le parti dell' organismo nazionale, e permetterà alle classi lavoratrici di agitarsi c o n probabilità di riuscita p e r ottenere il duraturo m i -glioramento desiderabile nelle l o r o condizioni e p e r far valere c o n autorità, i diritti del lavoro di fronte ai diritti d e l capitale, senza pericolo di danneggiare il paese.

La ricchezza è la base della civiltà e d il p r i m o elemento necessario per la risoluzione della questione operaia ; osserviamo q u i che, c o m e potrebbe forse parere a taluno, n o n confondiamo il profitto degli i m -prenditori, le modificazioni nella distribuzione sociale della ricchezza, colla ricchezza stessa ; a nostro p a -rere i larghi profitti e i lauti guadagni, corrispondono ad u n aumento reale di ricchezza p e r un paese, a l -lorché s o n o paralleli ad u n a larga esplicazione di lavoro nello strappare alla terra materie prime, nel trasformarle in prodotti, o nel far subire utili m o d i -ficazioni, a prodotti anteriormente ottenuti.

Ma torniamo, al nostro argomento e f e r m i a m o c i ad esaminare u n a frequente affermazione, la quale contraddice quanto diciamo sull* opportunità di una lunga giornata di lavoro nei paesi poveri ; lunga giornata di lavoro, intendiamoci, c h e secondo la g i u -stizia sociale non d o v r e b b e essere soltanto per l'ope-raio, ma sotto u n a o d u n altra forma, tale eziandio per tutti i cittadini del paese. V i e n e sovente affermato, che 8 o r e quotidiane di lavoro, corrispondono al la-v o r o massimo c h e si p u ò utilmente richiedere da un u o m o sano. O r a , se, colla parola lavoro s ' i n -tende applicazione costante e faticosissima di forza muscolare e cerebrale quale è quella che si verifica a nio' d'esempio nel portare u n peso, nello scaricare un bastimento, n o i accettiamo di buon grado c o m e fondata la obbiezione e c r e d i a m o anzi di poter a g -giungere c h e anche oggidì, n o n vi sono impieghi quotidiani in cui ad u n lavoro così inteso, si richiedano

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nuovo sistema c h e risparmiava metà del c o m b u s t i -bile, ne voleva acquistare 2 p e r risparmiarlo interamente. — Nei lavori manuali si p u ò forse a r r i -vare c o n una grande diligenza a produrre in 8 o r e ciò c h e prima si produceva in I O ed è anche p r o b a -bile che per più di 8 ore non potrebbesi continuare il lavoro manuale eseguito con cotesta massima diligenza. In questo caso, quiudi, la breve giornata di lavoro pro-durrebbe ilvantaggio di allungare la durata del tempo che l'operaio può dedicare ad occupazioni più elevate, più attraenti del lavoro manuale, ed ancora il vantag-gio non lieve, di diminuire certe spese di produzione, quali l'illuminazione ed il riscaldamento in alcune circostanze. Ma nel lavoro di sorveglianza d ' una m a c -china a vapore o d'un apparecchio distillatorio, potrà mai la maggiore diligenza dell'operaio, far produrre alle macchine in 8 o r e c i ò c h e producono n o r m a l -mente in 1 0 ? E si p u ò dire in m o d o certo c h e una sorveglianza di 8 ore è il massimo lavoro che si p u ò onestamente richiedere da un individuo robusto ?

Abbiamo molto insistito nello spiegare fino a qual punto la giornata di lavoro si può ridurre senza dimi nuirne la produttività, allo scopo di giustificare quanto abbiamo affermato sulT opportunità di una lunga giornata di lavoro in un paese p o v e r o , e forti dì coteste osservazioni ripetiamo, che, tale essendo l'Italia, n o n reputiamo per ora consona all' interesse italiano u n a generale riduzione ad 8 ore del tempo di lavoro, sia essa strappata da agitazioni violente sia imposta dal Parlamento. Ne verrebbe c o m e conseguenza una dimi-nuzione nella produttività del paese e per gli operai, anche se fosse mantenuta la media dei salari attuali, un benefizio in alcuna parte illusorio, perchè gli in-dustriali cercherebbero di riparare alla diminuzione dei loro profitti mediante u n rialzo nei prezzi dei prodotti. Notiamo p e r a m o r e d'imparzialità, c h e di questo forse poco ed indirettamente soffrireb-bero, poiché p u r troppo i loro consumi si d e v o n o ancora, o quasi, limitare ai generi di prima n e c e s -sità, il cui prezzo n o n verrebbe alterato se non d o p o una serie di ripercussioni così lunga, che nel tempo a loro necessario, i progressi nella fabbricazione avrebbero probabilmente diminuiti i costi dei prodotti in una misura sufficiente, p e r rendere gli aumenti insensibili agli operai. Il fui q u i detto vaie, secondo il nostro modesto parere, per l'Italia m a non pei paesi ricchi, poiché la ricchezza c h e abbiamo detta base della civiltà non d e v ' essere s c o p o a se stessa, scopo ultimo di una società, o non lo può senza che questo presto decada.

Se n o n c h è le conclusioni a cui siamo arrivati fin qui, n o n hanno anche p e r l'Italia che un valore relativo ; relativo alla condizione c h e noi stessi vi abbiamo posto e cioè che « c i sia per tutti gli operai nostri, abbondante lavoro con lunghe giornate ». Ora, sventuratamente, l'ipotesi è assai lontana dal c o r r i -spondere alla realtà delle cose e dobbiamo quindi studiare anche noi, se n o n sarebbe bene di ridurre in quanto è possibile, le lunghe giornate di lavoro, attuali, affinchè i numerosi disoccupati possano t r o -vare u n ' i m p i e g o . —

Lasciamo ad altri la risposta a questo grave que-sito, poiché a noi mancano le svariatissime cognizioni necessarie a ponderarla utilmente e per finire ci limi-tiamo a poche osservazioni.

Il quesito p u ò e deve essere discusso sotto d u e punti di v i s t a : d e l l ' i m p r e n d i t o r e e d e l l ' o p e r a i o ; ci pare però c h e — detto imparzialmente — il s e

-condo meriti maggiore rispetto p e r la urgenza dei bisogni delle classi lavoratrici e per i mali gravis-simi economici e morali ehe per loro, non solo, m a per la società tutta scaturiscono dalla mancanza di lavoro.

Dopo quanto abbiamo fin' ora affermato sulla n e cessità pel nostro paese di lunghe giornate di l a -v o r o , sarebbe possibile ed opportuno di ridursi la durata delle giornate mantenendo lo stesso salario? e nel caso negativo si v o r r e b b e r o gli operai adat-tare a vederlo diminuito per dare un' occupazione, agli sventurati compagni c h e n e sono p r i v i ? Data la attuale tenue retribuzione, probabilmente no. Ma n o n è affatto detto però c o n questo che uno studio a c c u rato delle condizioni dei profitti e dei salari non p o -trebbe portare ad un responso d i v e r s o , favorevole cioè alla riduzione momentanea della durata d e l lavoro.

Per ultimo osserviamo c h e i disoccupati sono presto o tardi mantenuti dalla carità cittadina : ora non sarebbe forse preferibile all' attuale m o d o di distribuzione delle sue elargizioni, un sistema più d i gnitoso, più morale pei disoccupati e che a v v a n t a g -giasse anche gli occupati, dove per avventura fosse attuabile? N o n sarebbe bene — almeno in alcuni casi — diminuire l'orario di lavoro degli operai o c -cupati per render necessario l'impiego di un più gran n u m e r o di lavoratori ed assegnare agli imprenditori le s o m m e raccolte dalla pubblica beneficenza, nella proporzione necessaria ad indennizzarli della loro maggiore spesa in salari ? Non è certamente possibile in tutti i rami d'industria, n è un pomposo edilizio legislativo ed amministrativo servirebbe a renderlo più attuabile, ma non devesi disprezzare il bene p e r quanto piccolo, allorché si tratta di lenire miserie e patimenti inenarrabili.

A u g u r i a m o di vedere presto discusse ampiamente e c o n dottrina, le n u m e r o s e questioni, che a b b i a m o appena saputo formulare.

Emilio Lepetit.

LETTERE PARLAMENTARI

L'on, Maglioni e i'on, Crispi — Probabilità di rim-pasti ministeriali.

Roma, 18.

L ' o n . Crispi si era p e r un breve m o m e n t o preoc-cupato della ribellione dell'on. Magliani, e, c h e c c h é ne abbiano detto gli organi officiosi, u n tentativo p e r ricondurre 1' ex-ministro delle finanze sulla via del pentimento, eh' era p o i la via del potere, c ' è stato.

Fallito il tentativo, perchè l'on. Magliaio, n e l l ' e c c i tamento cagionatogli dalle astute adulazioni d e l -l ' o n . Nicotera, d e -l -l ' o n . Tajani e d e -l -l ' o n . Baccarini,

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248 L' E C O N O M I S T A 20 aprile 1890

Consiglio, dimenticava di avere egli stesso affermato nel discorso di T o r i n o c h e l'on. Magliani aveva p o -sto sopra basi granitiche il nostro credito.

Q u a l u n q u e sia l ' o p i n i o n e c h e si abbia del M a -gliani finanziere — e alla Camera tale opinione gli è indubbiameute favorevole — è certo c h e 1' idea del Magliani Presidente del Consiglio n o n trova c h e increduli fra gli uomini parlamentari , quando n o n m u o v e al sorriso, o non dà motivo ad epigrammi. — Per dirla in m o d o c r u d o , m a preciso, l'on. Magliani politicamente n o n conta nulla. Ora noti p u ò p r e -tendersi di succedere all' on. Crispi, senz'essere una figura politica. L ' o n . Crispi n o n avrebbe c h e da alzarsi in piedi dal s u o banco di opposizione, per far fuggire il n u o v o Presidente del Consiglio se fosse personificato nell' on. Magliani. — Moltissimi degli avversari del Crispi nell' adoperarsi alla caduta di lui, dimenticano che egli in poche settimane d i v e r -rebbe il capo di una opposizione formidabile, perchè può, in certe emergenze, disporre di forze c h e uua volta n o n avrebbe potuto sperare. N o n si tratta p i ò dell o n . Crispi, c h e faceva paura a quasi tutta la Camera, contro il quale più volte si è diretto il m o -vimento parlamentare p e r impedirgli l ' a c c e s s o al potere. Ora l ' o n . Crispi è stato assai tempo al G o -verno per avere avuto d e i contatti n o n iuutili c o n vari gruppi della Camera, nei quali ha trovato e troverebbe appoggio e per la politica estera e p e r la politica coloniale e, in complesso, sebbene un p o c o meno, p e r la politica iuterna. La Camera manca di uomini eminenti, di veri capo-partiti ; sarebbe d u n q u e naturalissimo c h e l ' o n . Crispi, all'indomani della caduta dal potere, avesse un s e guito tale da mettere in una posizione difficile q u a l -siasi Ministero, a meno c h e causa della crisi fosse un grave errore o u n grave accecamento di politica estera e di politica coloniale, che ridondasse a danno del paese. M a , finché si tratti di battaglie parlamentari o di colpi di mano, c o m e quello dell'on. N i c o -tera, rimane sempre una grandissima forza all' o n . Crispi, a n c o r c h é fosse vinto.

Infatti, se voi interrogate i deputati, che seguono realmente da vicino l'azione parlamentare, n e r i l e verete c o m e quasi inammissibile c h e , allo stato a t -tuale delle cose, l'on. Crispi debba lasciare il potere, ed un altro succedergli per fare le elezioni. Si a m -mette invece c h e l'on. Crispi abbia a fare ogni p i ù inaspettata combinazione ministeriale, ed o c c o r r e n d o , anche più d ' u n a . E d e c c o perchè diversa da quella del banchetto di Napoli è state l'impressione della formazione di un gruppo politico dell'Alta Italia; perchè, se quel g r u p p o fosse organico, s ' i m -p o r r e b b e , direttamente o indirettamente, al Presidente del Consiglio, potrebbe determinarne u n mutamento nelle linee di condotta, e, forse, a n o n lontana s c a denza, una crisi ministeriale parziale. E si c o m -prende che mentre il Triumvirato di Napoli (a cui incerto sempre per le consuete riserve, aderiva l ' o n o -revole Baccarini) n o n rappresenta p e r I' on. Crispi, all'infuori delle parole, una lotta politica e una lotta d'interessi, m a una piccola guerra delle persone c h e p r o m u o v o n o il banchetto, perchè nel mezzogiorno Crispi ha la grandissima maggioranza c o n sé, e , salvo in d u e o tre collegi n o n ha da temere i r a -dicali, — un g r u p p o di deputati e senatori del setten-trione è cosa b e n diversa. In regioni nelle quali è gran parte della vera ricchezza d' Italia, ed è vivace la lotta politica perchè collegata a maggiori

interessi, è importante p e r qualsiasi g o v e r n o di avere una base larga e sicura. L ' onorevole Crispi non ha mai celato a sé stesso ed agli amici la difficoltà della sua posizione in Lombardia, e in qualche paese limitrofo ^ da u n lato gli e l e -menti temperati , c h e gli hanno creato ostacoli ed imbarazzi sino da principio, e c h e hanno s e m pre diffidato di l u i ; dall'altro assai forti ed a u -daci, i radicali, c h e p e r convinzione intima e p e r condizione di cose, si sente trascinato a combattere. Insomma una larga, importantissima regione c h e sfuggiva all'azione del G o v e r n o . Ora la sola minac-cia c h e di là prendesse origine un m o v i m e n t o di opposizione doveva impensierire il capo del M i n i -s t e r o ; e co-sì è -stato. Mentre il pubblico, c h e bada più all'apparenza c h e alla sostanza, vedeva il G o -verno intento a sventare le macchinazioni di Napoli, l'on. Crispi si occupava specialmente di Milano. S a rebbe troppo il dire c h e sono avvenuti degli a c -cordi, ma certo n o n sono mancate quelle c h e in linguaggio diplomatico si chiamano le nuvertures. S e avranno u n esito concreto si avvererà ciò che si pre-vedeva l'indomani della votazione p e r l'affare Costa (21 marzo), allorché si diceva c h e la situazione parlamentare tendeva a mutarsi, tenendo conto che n u -merosi amici di Sinistra abbandonarono il Ministero, e questo trovò il suo appoggio nella compattezza del Centro e di buona parte! della Dastra « quel voto, ripetè recentemente l'on. Crispi, non sarà senza c o n -seguenze » ma egli n o n deve aspettare tutto dalla sua Dea, la Fortuna ; la situazione ancora buona per lui p u ò tornare ottima se veglia attentamente, se agisce c o n prudenza. Intanto è notizia attendibile questa, c h e il Presidente del Consiglio n o n intende lasciare la opinione pubblica sótto la impressione più o m e n o esatta delle riunioni di Milano, e del discorso dell'on. Magliani. Pochi giorni d o p o egli vorrebbe parlare o alla Camera, o prima ancora in una riunione degli amici del Ministero, per manife-stare le idee s u e in contrapposto a quel discorso e alle lettere di uomini politici, quali l'on. Baccarini e f o n . S a r a c c o , c h e si pubblicarono sui giornali.

Rivista Bibliografica

Ch. Morisseaux. — Conseils de l'industrie et da travati — Bi-uxelles Th. Falk editeur, 1890, pag. 334.

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-striale, bisogna trovare il mezzo di evitare quegli scioperi colossali c h e frequeutemenie sono annunciati.

Il Belgio ha istituito c o n la legge del 1 6 agosto 1 8 8 7 , promossa dall'on. F r è r e - O r b a n , i consigli del-l'industria e del lavoro, che per la costituzione loro data non si possono confondere coi consigli di c o n -ciliazione e arbitrali. Questi ultimi hanno per scopo esclusivo di prevenire e di risolvere i conflitti indu-striali. Invece i Consigli dell' industria e del lavoro istituiti nel Belgio hanno una sfera d'azione più larga; essi costituiscono una rappresentanza speciale degli interessi dell'industria, di quelli del lavoro c o m e di quelli del capitale. Loro scopo principale è di met-tere in luce quegli inmet-teressi e di esprimere la loro opinione sulle questioni e sui progetti c h e riguar-dano quegli interessi; in linea accessoria possono, quando si dimostri necessario, prevenire o risol-vere le controversie.

Di questi Consigli dell' industria e del lavoro il sig. Morisseaux, Direttore dell'industria al Ministero belga dell'agricoltura, dell'industria e dei lavori pubblici, si occupa largamente nel s u o pregevole v o -lume. Egli studia anzitutto i consigli arbitrali e di conciliazione, di cui indica le prime origini in In-ghilterra, ed esamina i progetti dei prof. Brants e Denis e deli'on. F r è r e - O r b a n p e r la istituzione nel Belgio dei detti Consigli dell'industria e del lavoro. Ih sistema proposto dall'on. F r è r e - O r b a n è stato poi accolto colla legge del 1 8 8 7 , della quale l'Autore di questo libro fa un'analisi accurata, articolo per arti-colo (pag. 1 6 3 a 2 4 3 ) . E questo studio della legge belga è preceduta dall'esame della situazione indu-striale di vari paesi e dell'azione correlativa eserci-tata dai consigli arbitrali e di conciliazione.

Nulla dice l'Autore degli effetti prodotti dalla legge belga del 1 8 8 7 , la qual cosa si spiega certo pel breve tempo trascorso dal giorno in c u i è andata in vigore, ed è quindi desiderabile c h e egli stesso n e segua l'applicazione e poscia n e renda conto al pubblico. Intanto il libro del signor Morisseaux è a nostro avviso meritevole di prendere posto f r a le migliori pubblicazioni sull'argomento, sia per lo studio d i l i -gente della legge belga, sia p e r la vasta conoscenza della questione, c h e T Autore dimostra nella parte del s u o lavoro dedicata alla situazione industriale e ai consigli di conciliazione di vari paesi.

Esso sarà letto e consultato c o n molto profitto da chiunque si occupa di questioni operaie.

R . D . V .

(Rivista (Economica

Il Congresso operaio svizzero di Olten — La recente riforma doganale degli Stati Uniti e l'industria lionese — La relazione dell' on. Cadolini sul dise-gno di legge intorno all' industria mineraria.

Un n u o v o segno della prevalenza c h e le q u e -stioni sociali vanno sempre più acquistando sulle altre, c e lo ha dato in questi giorni il Congresso della federazione operaia svizzera c h e si riunì a Olten, una città industriale del cantone di Soletta. L' assemblea contava circa duecento cinquanta d e -legati di Associazioni, la m a g g i o r parte delle quali sono composte di operai cattolici o di amici e p r o

-tettori di operai cattolici. Promotore del Congresso fu il consigliere federale Decurtins, c h e aveva già propugnata l'idea di un Congresso internazionale "a Berna e c h e venne di recente a R o m a per chie-dere c h e il Papa benedicesse la nuova Università cattolica di Friburgo e il Congresso di cui parliamo.

Le discussioni dell' assemblea durarono tre giorni. T r e furono le questioni che si esaminarono : l ' a s s i curazione contro le malattie e gli infortuni, i s i n -dacati professionali, la revisione della legge attuale sulle fabbriche. A questo esame servirono di base principalmente le relazioni c h e furono presentate al Congresso dal Decurtins, dal Greulich, dal Cornaz e dal Curti, i quali domandarono che l'assicurazione contro le malattie e l'assicurazione contro gli infor-tunii formassero d u e istituzioni separate. L a prima dovrebbe essere alimentata dalle sole quote degli operai assicurati, i quali amministreranno essi m e -desimi la loro cassa. L a seconda d o v r e b b e essere simile a quella c h e si fondò in Germania. 1 padroni e gli imprenditori d o v r e b b e r o somministrare le quote per I' assicurazione contro gli infortuni, la quale diverrebbe una vera istituzione di Stato accentrata in una cassa c o m u n e a tutta la Confederazione svizzera, e la quale dovrebbe addossarsi le spese d ' o r -ganizzazione. S e c o n d o una proposta del Curti, p e r sopperire a queste spese, lo Stato d o v r e b b e ricorrere al monopolio sul tabacco, sui biglietti di Banca, sulle strade ferrate, sui fiammiferi e anche sui cereali.

Il Congresso votò, in tesi generale, c h e si p o t e -vano prelevare dei sussidi sul progetto dei monopoli federali. Giusta il calcolo del Greulich il sussidio a n -nuale da dividersi fra le d u e istituzioni di assicu-razione ascenderebbe a sette milioni.

Riguardo alla questione dei sindacati professionali, il Greulich d o m a n d ò la fondazione di tre categorie d'istituzioni : le corporazioni dei mestieri, le c a m e r e operaie simili a quelle c h e saranno ammesse nella legislazione prussiana, la Camera industriale. 11 D e -curtins e lo Scherrer fecero votare la revisione della legge sulle fabbriche c h e d o v r e b b e essere estesa, secondo il voto dell' Assemblea, anche alle piccole officine. Inoltre la giornata normale del lavoro d o -vrebbe fissarsi a dieci ó r e .

Per dare una specie di sanzione pratica a queste decisioni generali, il Congresso decise di far sottoscrivere delle petizioni nei vari Cantoni della C o n federazione. S e le sottoscrizioni giungeranno al n u -m e r o di cinquanta-mila, che si richiede per proporre al referendum, le modificazioni della Costituzione, ai membri del Congresso parrà dischiusa la via p e r ottenere le riforme da essi desiderate.

I voti emessi dall' Assemblea di Olten n o n sono una delle prove m e n o evidenti del mutamento a v -venuto generalmente nel concetto sui doveri dello Stato. È palese c h e ci allontaniamo sempre più dal tempo in c u i restringevasi la parte dello Stato a quella di u n semplice tutore dell' ordine p u b b l i c o ; ma se questo segn u n progresso o un regresso n o n abbiamo bisogno di dire.

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250 L' E C O N O M I S T A 20 aprile 1890

ad valorem alla loro introduzione negli Stati Uniti. Gli articoli 1 2 e 1 3 di questo regolamento, per e s e m pio, tolgono agli importatori il diritto di farsi r a p presentare nella Commissione incaricata di c o n t r o l -lare le dichiarazioni di valore, fatte da essi presso la dogana americana.

Da diversi anni, questa n o n risparmia vessazioni di ogni genere agli industriali lionesi ; essa ha s u c -cessivamente imposto le formalità più noiose circa le fatture, che d e b b o n o essere accompagnate da cam-pioni e da note molto ragguagliate, e che, certificate esatte sotto la fede del giuramento e vistate al luogo di origine dagli agenti consolari americani, non sono m e n o però contestate assai spesso al loro arrivo a Nuova Y o r c k .

N o n pertanto finora l'importatore aveva sempre avuto il diritto, nel caso di contestazione sul valore dichiarato, di assistere alla perizia, ed esso vi era rappresentato da u n altro esportatore, c h e aveva v o c e deliberativa nel giurì dei periti in dogana.

Gli articoli 1 2 e 1 3 del bill Mac Kinley ricusano agli interessati queste ultime soddisfazioni. Essi con-feriscono ad u n giurì, composto esclusivamente di periti doganali, cioè di funzionari, i pieni poteri p e r pronunziare sull'esattezza delle dichiarazioni di v a -lore, e la decisione di questo giurì, armato così di un potere discrezionale, sarà senza appello. Questa procedura s o m m a r i a , contraria a tutte le leggi a m -messe dai popoli civilizzati, ricusa agli importatori il diritto della difesa, c h e la giustizia penale c o n -cede ai malfattori.

Egli è, del resto, da veri delinquenti c h e il bill Mac Kinley tratta gli importatori esteri. Nel caso in cui la differenza" tra il valore dichiarato ed il v a -lore arbitrariamente valutato da questo giurì sovrano ecceda il 2 0 p e r cento, la fattura viene ipso facto qualificata p e r fraudolenta (articolo 7 ) .

Indipendentemente dalla confisca della m e r c e e da una multa, c h e p u ò ascendere fino a 5 0 0 0 dollari, l'importatore è passibile della prigione che può esten-dersi fino a 2 anni (art. 7 ) .

A g g i u n g e r e m o c h e siffatti rigori sono riservati alle 'spedizioni fatte per consegna dai produttori euro-pei, cioè vanno applicati sopra stoffe il c u i valore reale, variabilissimo a seconda delle condizioni del mercato, n o n p u ò essere esattamente stabilito e dà luogo più facilmente a divergenze di valutazione. I compratori americani, che importano per loro c o n -to, conservano essi soli la facoltà di aumentare il valore indicato sulle fatture e di schivare in tal m o d o le eccessive penalità dianzi menzionate (art. 7 ) .

La Camera di c o m m e r c i o di Lione ha redatta una protesta contro questo bill e l'ha fatta pervenire al ministero del c o m m e r c i o francese.

— Un fato avverso i n c o m b e finora sulle proposte tendenti a migliorare la nostra legislazione mineraria.

Quindici progetti, dal primo che presentò nel 1 8 6 2 G. Pepoli, lino al disegno di legge d e l l ' o n . Grimaldi portato alla Camera nel 1 8 8 7 , si s u c c e d e r o n o l'uno all' altro, a v e n d o c o m u n e il destino di rimanere in-discussi.

Dopo tanta avversità, l ' u l t i m o progetto presentato dall' on. Miceli, e sul quale ha ora riferito l'on. Ca-dolini, è v i c i n o a giungere in porto.

De' quattro punti c h e formavano lo schema 'del ministro del c o m m e r c i o , la Commissione ha omesso 1' ultimo, c o l quale si disciplinava la ricerca delle miniere, giudicando c h e n o n sia ancora venuto il

m o m e n t o di definire 1' ardua conlesa se debbasi con-cedere la prelazione dei diritti del proprietario su quelli del ricercatore.

G o v e r n o e Commissione sono concordi nelle n o r m e generali p e r le espropriazioni.

R i m a n e integralmente l ' a r t i c o l o primo, pome lo proponeva il ministero, per dichiarare :

« L e opere necessarie a difendere e liberare dalle acque le miniere, cave e torbiere, alla ventilazione dei lavori sotterranei, al deposito e d al trasporto delle materie scavate, al transito dei materiali n e -cessari p e r 1' esercizio, ed alla conservazione delle sorgenti minerali e termali di u s o sanitario, sono annoverate tra quelle per cui si p u ò far luogo alla dichiarazione di utilità pubblica.

Il relativo decreto sarà proposto dal ministro di agricoltura, industria e c o m m e r c i o , sentite le osser-vazioni di tutti gi' interessati, udito il Consiglio delle miniere e d osservate le n o r m e della legge sulla espro-priazione p e r causa di pubblica utilità ».

Per evitare poi ogni appiglio a contestazioni, la Giunta propone di disporre inoltre, allo stesso art. \ : « L a dichiarazione di pubblica utilità avrà tutti gli effetti derivanti dalla legge del 2 5 giugno 1 8 6 5 n. 2 3 5 9 e dalle successive leggi emanate sulle e s p r o -priazioni p e r pubblica utilità.

Il relativo decreto reale sarà proposto dal m i n i -stro d'agricoltura, industria e c o m m e r c i o , sentite le osservazioni di tutti gli interessati, udito il Consiglio delle miniere, ed osservate le n o r m e stabilite nelle suddette leggi sulle espropriazioni »

A molte difficoltà dava luogo la costituzione dei c o n s o r z i ; m a la Giunta crede di averle superate, formulando così l'articolo 2 :

« I proprietari o possessori di miniere, c a v e e torbiere contigue o vicine, p e r l'utile coltivazione

delle quali sieno riconosciute necessarie opere in c o m u n e al fine di provvedere allo scolo delle acque, ad agevolare la ventilazione spontanea dei lavori, alla costruzione delle strede ed alla sicurezza dei l a -vori, possono essere uniti in consorzio obbligatorio al fine di eseguire e mantenere le opere m e d e s i m e , quando sia voluto dalla maggioranze.

Per l'esecuzione delle opere suindicate e di q u a -lunque alra opera riconosciata necessaria in c o m u n e al fine di agevolare I' utile coltivazione di miniere contigue, i proprietari o possessori possono unirsi in consorzio volontario, il quale sarà costituito per atto pubblico a termine degli articoli 6 5 8 , 6 6 0 e 6 6 1 del c o d i c e civile ».

Nei successivi articoli, fino al 1 2 , espongasi le modalità p e r la formazione dei consorzi.

V e n g o n o poi le n o r m e per la polizia dei lavori ; ed esse sono tali da garantire la vita degli operai più efficacemente c h e ora n o n lo sia.

Da ultimo, eliminate le disposizioni per la ricerca delle miniere, rimanendo in vigore le attuali facoltà per gli esploratori, si prescrive nell'ultimo articolo:

« Ì1 Consiglio delle miniere è composto di otto m e m b r i , scelti nel personale tecnico governativo delle miniere e fra le persone più versate nelle arti m i -nerarie e metallurgiche.

D u e di essi però potranno essere scelti nell'ordine giudiziario.

Sarà provveduto p e r decreto reale alla ricostitu-zione del Consiglio delle miniere in conformità al

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IL CREDITO FONDIARIO IN ITALIA ALLA FINE DEL 1889

Il Credito fond iario in Italia era alla fine del 1 8 8 9 esercitato da otto istituti, cioè Banco di Napoli, Banco di Sicilia, Monte dei Paschi di Siena, Opera pia di San Paolo in Torino, Cassa di risparmio di Milano, Cassa di risparmio di Bologna, Banco di S . Spirito di Roma, Banca Nazionale nel R e g n o d'Ilalia. Negli anni precedenti gli istituti di credito fondiario erano nove ma u n o di essi, quello cioè esercitato dalla Cassa di risparmio di Cagliari n o n figura nella sta-tistica del 1 8 8 9 essendo stato dichiarato in stato di fallimento c o n sentenza della Corte di appello di Cagliari del I O settembre 1 8 8 9 .

I mutui ipotecari stipulati dal 1 ° gennaio 1 8 8 9 a tutto d i c e m b r e dagli istituti sopra indicati .ascesero a 1,915 p e r un importo di L . 1 2 9 , 5 0 2 , 5 0 5 e le s o m m e rimborsate tanto in cartelle c h e in danaro a L. 2 2 , 5 2 5 , 1 0 7 . 8 9 .

In seguito a questo m o v i m e n t o l ' i m p o r t a r e dei mutui in corso che al 1° gennaio 1 8 8 9 ammontavano a n. 12,021 p e r la somma di L . 5 7 4 , 4 6 1 , 2 2 5 . 8 6 salivano al 3 1 d i c e m b r e dello stesso anno a 1 3 , 5 2 2 per l ' i m p o r t o di L . 6 8 1 , 6 3 8 , 6 2 2 . 9 7 , la c u i garanzia ipotecaria a favore degli istituti mutuanti era r a p -presentata dalla somma di L . 1 , 4 8 7 , 8 9 1 , 2 1 9 . 5 9 .

II seguente prospetto contiene 1' ammontare dei mutui al 3 1 dicembre 1 8 8 8 e quelli esistenti al 31 dicembre 1 8 8 9 :

31 dicemb. 1888 31 dicemb. 1889

Num. Lire Num. Lire Banco di Napoli. ... 2,295 148,262,731,02 2,558 182,217,390.19 Banco di Sicilia... 537 25.037,182.32 594 26,878,892.59 Monte dei Paschi di

Siena 590 21,163,087.67 623 22,336,707.50 Opera pia di S. Paolo

in Torino 1,662 52,893,554.39 1,769 37,531,220.03 Cassa di risparmio di Milano 2,767 122,386,076.56 2,977 133,963,811.27 Cassa di risparmio di Bologna 890 27,740,798.16 917 28,557,053.01 Banco S. Spirito in Roma 505 27,579,358.32 300 27,168,550.28 Banca Naz. Italiana. 2,775 149,398,437.42 8,584 202,984,998.10 12,021 574,461.225.86 13,522 681,638,622.97

La garanzia ipotecaria c h e al 3 1 d i c e m b r e 1 8 8 9 era di L. 1 , 4 8 7 , 8 9 1 , 2 1 9 . 5 9 si divideva fra i vari istituti nelle seguenti proporzioni :

MDTUI IPOTECARIA GARANZIA

Banco di Napoli L. Banco di Sicilia

Monte dei Paschi di Siena. . Opera pia di S. Paolo in Torino Cassa di risparmio di Milano. Cassa di risparmio di Bologna Banco S. Spirito in Roma . . Banca Naz. nel Regno d'Italia.

182,217,390.19 26,878,892.59 22,336,707.50 57,531,220.03 133,963,811.27 28,557,053.01 27,168,550.28 202,984.998.10 367,759,000.00 56,434,000.00 59,765,348.68 155,310,178.00 272,417,000.00 71,797,624.64 64,045,588.27 440,362,480.00 Totali . . L . 681,638,622.97 1,487,891,219.59

L e cartelle fondiarie in circolazione al 5 1 d i c e m -bre 1 8 8 8 ascendevano a n . 1 , 1 6 4 , 1 0 4 per la s o m m a di L . 5 8 2 , 0 5 2 , 0 0 0 n o n c o m p r e s e le estratte ancora da pagarsi, e alla fine di d i c e m b r e 1 8 8 9 erano sa-lite a 1 , 3 7 5 , 9 7 0 per l'ammontare di L . 6 8 7 , 9 8 5 , 0 0 0 escluse le estinte per restituzioni anticipate e per sorteggio, cosicché nel corso del 1 8 8 9 le cartelle in circolazione aumentarono di n . 2 1 1 , 8 6 6 e il loro ammontare crebbe di L . 1 0 5 , 9 3 3 , 0 0 0 .

L e cartelle in circolaziona al 3 1 d i c e m b r e 1 8 8 9 e il loro ammontare dividevansi fra i vari istituti nel m o d o c h e segue :

Banco di Napoli N. 367,759 por L. 183,879,500 Banco di Sicilia » 54,191 » 27,095,500 Monte dei Paschi di Siena » 45,022 s> 22,511,000 Opera Pia di S. Paolo in

Torino » 116.630 => 58,315,000 Cassa di risp. di Milano. » 272,417 » 136,208,500 Cassa di risp. di Bologna. » 58,340 » 29,170,000 Banco S. Spirito di Roma. » 54,817 » 27,408,500 Bancn Nazionale italiana. » 406,794 » 203,397,000

Totale... N. 1,375,970 per L. 678,985,000

IL MOVIMENTO DEI METALLI PREZIOSI NEL 1889

Il Ministero di agricoltura, industria e c o m m e r c i o ha recentemente pubblicato la statistica del m o v i -mento dei metalli preziosi fra l'Italia e l'estero nel eorso del 1 8 8 9 .

Da questa statistica resulta che gli scambi m o n e -tari fra l'Italia e l'estero ebbero nel 1 8 8 9 u n valore complessivo di L. 1 3 2 , 1 5 8 , 2 1 9 , della qual s o m m a Lire 5 9 , 7 4 0 , 2 5 9 spettano alle importazioni e L i -re 7 2 , 4 1 7 , 9 6 0 alle esportazioni. Questi dati p-resen- presen-tano quindi un' eccedenza della esportazione sulla importazione p e r la s o m m a di L . 1 2 , 6 7 7 , 7 0 1 , e dimostrano c h e il poggioramento negli scambi m o n e -tari fra l'Italia e l'estero è andato crescendo anche nel mese di d e c e m b r e .

Il movimento monetario del 1 8 8 9 è stato nelle seguenti proporzioni : Importazione Esportazione O r o in monete v e r g h e , rottami e c c . . . L . 2 4 , 3 1 1 , 4 7 6 Argento in monete. » 3 5 , 4 2 8 , 7 8 3 3 0 , 5 6 3 , 6 3 4 4 1 , 8 5 4 , 3 2 6 L . 5 9 , 7 4 0 , 2 5 9 7 2 , 4 1 7 , 9 6 0 Da questo specchietto resulta pertanto che l ' e s p o r tezione d e l l ' o r o superò di L . 6 , 2 5 2 , 1 5 8 e l ' e s p o r -tazione dell' argento superò l ' i m p o r t a z i o n e p e r la s o m m a di L . 1 6 , 8 9 8 , 1 9 9 e così in complesso T e s p o r -tazione dei metalli preziosi superò l'impor-tazione di L . 1 2 , 6 7 7 , 7 0 1 . Dalla stessa statistica si rileva anche che dal 1 8 8 4 l'esportazione dall' Italia dei metalli preziosi superò sempre l'importazione. Dal 1 8 8 4 a tutto il 1 8 8 9 1' esportazione dell' o r o superò di L i re 1 7 3 , 6 3 7 , 7 5 6 l'importazione e l'esportazione d e l -l'argento f u superiore all' importazione p e r la cifra di L . 1 4 3 , 0 0 4 , 2 8 6 . In complesso nel detto periodo vi f u u n a esportazione netta di L . 3 1 6 , 4 9 5 , 4 3 5 di metalli preziosi. .

È da notare peraltro che la cifra netta delle esportazioni dei metalli preziosi c h e raggiunse un m a s -simo1 di oltre 1 2 3 milioni di lire nel 1 8 8 5 andò a

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