UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI BARI
FACOLT ` A DI SCIENZE MM.FF.NN.
CORSO DI LAUREA DI II LIVELLO IN FISICA
TESI DI LAUREA IN FISICA TEORICA
SUPERFLUIDIT ` A
OLTRE LA TEORIA BCS
Relatore:
Chiar.mo Prof. Giuseppe NARDULLI
Laureanda:
Dr.ssa Floriana GIANNUZZI
Anno Accademico 2005/2006
Indice
1 Introduzione: Superfluidit`a e superconduttivit`a al di l`a della
teoria di campo medio 5
2 Superfluidi a bassa temperatura 12
2.1 La teoria BCS . . . 12
2.2 Condensazione di Bose-Einstein . . . 18
2.3 Evidenze sperimentali della BEC su atomi bosonici . . . 21
2.4 Risonanza di Feshbach . . . 28
3 Superconduttori ad alta temperatura 34 3.1 Crossover BCS-BEC Modello non relativistico in 2D e 3D . . . 37
3.2 Crossover BCS-BEC Modello non relativistico in 2D e 3D . . . 37
3.2.1 Studio di un modello bidimensionale . . . 38
3.2.2 Studio di un modello tridimensionale . . . 49
3.2.3 Pseudogap . . . 52
3.3 Transizione BKT . . . 55
4 Superfluidit`a di sistemi non omogenei 61 4.1 Gas di Fermi costituiti da due specie . . . 61
4.1.1 Fase di Breached Pairing . . . 63
4.1.2 Fase FFLO . . . 68
4.1.3 Diagramma di fase . . . 77
4.2 Tre specie interagenti . . . 81
4.2.1 Tre specie con costanti d’interazione diverse . . . 81 4.2.2 Tre specie con potenziali chimici diversi . . . 94
5 Conclusioni 99
A Il punto di Lifshitz 101
B Analisi con il gruppo di rinormalizzazione 105
C Cenni sulla teoria di Eliashberg 109
Bibliografia 114
Capitolo 1
Introduzione: Superfluidit` a e
superconduttivit` a al di l` a della
teoria di campo medio
La superconduttivit`a fu scoperta nel 1911 dal fisico olandese Kamerlingh On- nes, mentre eseguiva una serie di esperimenti in condizioni di basse tempe- rature. Egli not`o che il mercurio, portato a temperature inferiori a 4K, di- venta superconduttore, cio`e in grado di trasportare corrente elettrica senza resistenza e senza perdite energetiche. Tale comportamento non era mai stato osservato prima di tale data poich´e mancavano le tecniche sperimentali per il raggiungimento delle basse temperature alle quali il fenomeno si manifesta.
Successivamente cominciarono gli studi in questo campo, sia per trovare un modello teorico per la descrizione microscopica del fenomeno, sia nella ricerca di nuovi materiali che potessero presentare le stesse propriet`a superconduttive a temperature pi`u alte di quelle fino ad allora osservate, quindi pi`u facilmente riproducibili sperimentalmente, soprattutto in vista di applicazioni pratiche.
Il fisico R. Gavaler scopr`ı che il Nb3Ge diventa superconduttore a 23K e furono scoperti altri materiali con temperature critiche dello stesso ordine. I primi superconduttori scoperti furono classificati come superconduttori di I tipo mentre questi ultimi come superconduttori di II tipo. Oltre alla tempe- ratura critica, c’`e un’altra fondamentale differenza fra queste due generazioni
e riguarda il loro comportamento in presenza di un campo magnetico esterno:
mentre i primi hanno la caratteristica di espellere dal loro interno il campo ma- gnetico durante la fase superconduttiva, se la sua intensit`a non supera un certo valore critico, i secondi, invece, sono caratterizzati da due campi magnetici cri- tici e permettono una parziale penetrazione delle linee di flusso del campo nel range intermedio fra questi due valori. Nei primi, si verifica una transizione di fase del primo ordine quando il campo magnetico supera il valore critico, mentre nei secondi una transizione di fase del secondo ordine all’aumentare dell’intensit`a del campo magnetico, dal primo valore critico al secondo, al di l`a del quale il materiale torna nello stato normale.
Nel 1986 G. Bednorz e K. A. Muller scoprirono che l’ “LBCO”, un ossido di lantanio, bario e rame, diventa superconduttore a circa 35K; data la rile- vanza della scoperta, i due fisici ricevettero il premio Nobel per la Fisica del 1987. Oggi si conoscono materiali che diventano superconduttori a temperatu- re intorno ai 100K; questi materiali, sono stati battezzati col nome di HTSC, High Temperature Superconductors, e sono costituiti da ossidi (spesso ossido di rame) e da metalli prevalentemente delle terre rare.
In questi ultimi venti anni, successivi alla scoperta degli HTSC, lo studio della superconduttivit`a ha avuto un grande sviluppo. Questo evento ha, in- fatti, da una parte, stimolato la ricerca sperimentale, rendendo pi`u facilmente riproducibili gli esperimenti sulla superconduttivit`a, e, dall’altra, ha stimola- to la ricerca teorica, che, fino a quel momento, aveva previsto temperature critiche al massimo di 20K, mentre si scopriva che la superconduttivit`a era possibile gi`a a 100K.
Un’ulteriore stimolo alle ricerche in questo campo `e stato generato dagli stu- di sulla condensazione di Bose-Einstein (BEC) in atomi ultrafreddi. Nel 1995 si ebbe la prima osservazione di un condensato di bosoni presso i laboratori del JILA, negli Stati Uniti , mediante tecniche che consentono il raffreddamento del gas a bassissime temperature e contemporaneamente ne evitano la lique- fazione. Il fenomeno della condensazione era stato previsto gi`a dal 1925 da Einstein e Bose ma, fino a dieci anni fa, le ricerche sperimentali erano basate solo sull’osservazione della superfluidit`a, che avviene in liquidi quantistici e pu`o pertanto avere caratteristiche diverse rispetto alla condensazione di Bose-
Einstein. Recentemente, invece, sono stati effettuati studi sulla condensazione prima in gas bosonici e, successivamente, in gas fermionici.
Come si `e detto, la BEC `e stata osservata in atomi ultrafreddi, cio`e gas di atomi che, a basse temperature (100 nK), hanno una transizione di fase e for- mano un condensato. Con questi materiali, si possono effettuare esperimenti in cui si pu`o far variare la temperatura, la densit`a e l’intensit`a d’interazione, cambiando semplicemente il campo magnetico esterno, sfruttando un metodo detto risonanza di Feshbach: si pu`o in questo modo studiare il comportamento del gas in diverse condizioni e, in particolare, il passaggio fra regimi in cui le particelle in un gas sono debolmente interagenti, come accade nei supercon- duttori metallici a basse temperature, a regimi in cui esse sono fortemente interagenti, come accade nella BEC. D’altra parte, l’importanza dell’analisi del crossover fra queste due regioni, risiede nel fatto che si ritiene che i nuovi materiali superconduttori ad alta temperatura siano proprio in questo stato intermedio. A conferma di questa ipotesi, c’`e il fatto che gli HTSC hanno caratteristiche intermedie fra quelle dei due limiti e che il passaggio da un lim- te all’altro avviene, come dimostreremo, in maniera continua, attraverso un crossover.
La necessit`a di nuovi studi teorici in materia di superconduttivit`a `e dovuta alla inadeguatezza della teoria di Bardeen, Cooper e Schrieffer nello spiegare le caratteristiche dei nuovi superconduttori.
Ricordiamo che la teoria BCS, introdotta nel 1957, `e stata la prima teoria microscopica della superconduttivit`a metallica ed `e risultata una teoria straor- dinariamente efficace nella spiegazione di questo fenomeno per questa classe di materiali.
Secondo la teoria BCS, durante la fase superconduttiva, i portatori della corrente elettrica sono coppie di elettroni debolmente legati, chiamate coppie di Cooper. Esse, per scambiare energia con gli ioni del reticolo, devono superare una barriera energetica (gap) e quindi non possono dissipare energia.
I modelli precedenti alla teoria BCS avevano avuto carattere pi`u fenome-
nologico. Ad esempio, i fisici F. e H. London scrissero delle equazioni in grado di descrivere il comportamento dei superconduttori in presenza di un campo magnetico.
Successivamente, nel 1950, Ginzburg e Landau costruirono una teoria che de- scrive la transizione di fase del secondo ordine che avviene nel passaggio dallo stato normale a quello superconduttivo.
Nel 1959 Gor’kov riusc`ı a unificare la teoria BCS e quella di Ginzburg-Landau, mostrando che il gap energetico, introdotto dalla teoria BCS, `e proporzionale alla funzione d’onda di Ginzburg-Landau.
Nel 1957 Abrikosov costru`ı una teoria per spiegare il comportamento dei superconduttori di II tipo.
Per gli HTSC non c’`e ancora una teoria completa. Come gi`a sottolineato, sembra che essi siano in un regime intermedio fra quello relativo alla teoria BCS e quello relativo alla condensazione di Bose-Einstein(BEC).
Lo scopo della tesi `e quello di presentare alcuni sviluppi teorici recenti in questo campo. Questi sviluppi hanno riguardato sia alcune caratteristiche peculiari dei superconduttori ad alta temperatura, come la presenza di uno pseudogap nello spettro di energia dello stato normale o la loro maggiore lun- ghezza di correlazione, sia la superconduttivit`a degli atomi freddi, per esempio di atomi bosonici, come il 7Li, o fermionici, come il 6Li e il 40K.
Quanto detto, quindi, suggerisce che, per descrivere i nuovi supercondutto- ri, non `e pi`u possibile utilizzare un modello basato sulle due ipotesi fondamen- tali della teoria BCS, ovvero l’ipotesi di accoppiamento debole fra le particelle e l’approssimazione di campo medio. La prima ipotesi va superata poich´e, come gi`a sottolineato, le particelle nei nuovi superconduttori hanno accoppiamenti pi`u forti. La seconda ipotesi va superata poich´e le fluttuazioni del parametro d’ordine per accoppiamenti pi`u forti diventano importanti e determinano lo pseudogap osservato.
Nella tesi si passeranno in rassegna alcuni studi recenti riguardanti i meto- di per andare al di l`a dell’accoppiamento debole, per descrivere il crossover e per superare l’approssimazione di campo medio, mediante l’introduzione nel- l’Hamiltoniana della teoria di termini contenenti le fluttuazioni del parametro d’ordine.
La descrizione del crossover sar`a poi estesa al caso di sistemi non omoge- nei, costituiti cio`e da atomi diversi. Per questi si presentano altre possibili fasi, oltre alla fase normale e quella condensata, cio`e la fase di Breached Pairing e la fase FFLO (Fulde-Ferrell-Larkin-Ovchinnikov). La prima `e caratterizzata dalla contemporanea presenza di condensato e particelle nello stato normale e generalizza la fase BEC per sistemi non omogenei. La seconda `e caratterizzata da coppie di Cooper con impulso totale non nullo e generalizza la fase BCS.
Inoltre, si sono analizzate le fasi BEC e BCS per sistemi costituiti da tre spe- cie di atomi fermionici. In questo caso lo scopo `e capire quali accoppiamenti sono favoriti al variare del potenziale chimico delle specie o delle costanti di accoppiamento che caratterizzano le tre possibili interazioni binarie degli ato- mi fermionici. Sottolineiamo che questa generalizzazione `e necessaria perch´e l’Hamiltoniana di Hubbard, che `e la pi`u semplice Hamiltoniana utilizzata per questi sistemi, prevede sempre un’interazione fra specie diverse (nel caso pi`u semplice, come nella teoria BCS, fra elettroni di spin opposto).
Vogliamo infine sottolineare che la BEC si verifica in molti campi della fisica, non solo nella materia condensata. Ad esempio, fenomeni simili sono noti in fisica nucleare, delle particelle elementari e in astrofisica. Essa `e prevista anche dalla QCD, in cui sono coppie di q ¯q (a basse densit`a) e qq (ad alte densit`a) a condensare. In tabella sono elencati alcuni sistemi di bosoni che mostrano il fenomeno della superfluidit`a.
La tesi `e organizzata nel modo seguente.
Nei primi due paragrafi del capitolo 2 sono richiamati i concetti fondamen- tali della teoria BCS e della BEC. Nel primo paragrafo `e descritto il modello introdotto da Berdeen, Cooper e Schrieffer e i risultati che esso prevede, men- tre nel secondo sono riportati gli argomenti statistici che provano il fenomeno della condensazione dei bosoni a basse temperature.
Tabella 1.1: Alcuni sistemi di bosoni in cui avviene il fenomeno della condensazione.
Particella Composta da in manifestazione coerenza
coppia di Cooper e− e− metalli superconduttivit`a coppia di Cooper h+ h+ ossidi di rame superconduttivit`a ad alta temperatura
4He 4He2+ 2e− 4He superfluidit`a
3He 2(3He2+ 2e−) 3He superfluidit`a
condensati chirali h¯qqi vuoto struttura delle
particelle elem.
condensato di colore hqqi stelle compatte rottura SU(3)c
Nel paragrafo successivo sono descritte le tecniche sperimentali introdotte negli ultimi dieci anni per realizzare un condensato di bosoni. Il procedimento che oggi si utilizza prevede pi`u fasi, che hanno l’obiettivo di raffreddare e intrap- polare il gas: all’inizio, c’`e una fase di raffreddamento, mediante luce laser, e, contemporaneamente, di intrappolamento mediante un campo magnetico esterno; poi il gas viene messo all’interno di una trappola magnetica e infine viene fatto evaporare, per abbassare ulteriormente la sua temperatura.
Nell’ultimo paragrafo, `e descritta la risonanza di Feshbach, tecnica mediante la quale `e possibile variare l’interazione fra le particelle di un gas fermionico cam- biando il campo magnetico esterno. L’importanza di questa tecnica in questo contesto `e dovuta al fatto che essa offre la possibilit`a di studiare il crossover fra la regione BCS e quella BEC.
Nel capitolo 3 sono descritti i superconduttori ad alta temperatura, cio`e gli HTSC. `E trattato il modello di Hubbard bidimensionale e tridimensiona- le in approssimazione di campo medio, a T=0, per la descrizione teorica del crossover BCS-BEC. Si giustifica il motivo per cui questo passaggio viene in- dicato come un crossover e perch´e gli HTSC possono essere descritti da tale
modello. Sono inoltre ricavate l’equazione di gap e quella per il numero medio di particelle, valide per qualsiasi valore della costante d’interazione: entrambe le equazioni sono quindi in grado di descrivere sia il regime BCS, sia il re- gime BEC (con risultati compatibili con quelli gi`a noti) ed anche la regione intermedia, che interessa gli HTSC. In seguito sono riportati i risultati previsti dal modello a temperature finite e quando si abbandona l’approssimazione di campo medio. In particolare, viene descritto lo pseudogap e la transizione di Berezinskii-Kosterlitz-Thouless, che si verifica quando diventano importanti le fluttuazioni termiche nel sistema.
Nel capitolo 4 vengono descritti gas non omogenei, costituiti da atomi di specie diverse. Inizialmente `e affrontato il caso di due specie: si analizza il comportamento del sistema quando la differenza dei potenziali chimici delle due specie diventa sempre pi`u grande. Vengono determinati i limiti a cui la fase BEC e quella BCS non sono pi`u stabili e sono descritte le fasi che si pos- sono presentare, oltre allo stato normale, quando il condensato viene rotto.
Sono riportati i diagrammi di fase che rappresentano la fase del sistema in funzione della differenza dei potenziali chimici. Successivamente `e trattato il caso di tre specie, nell’ipotesi che due dei tre accoppiamenti che si possono stabilire fra atomi di specie diverse siano descritti dalla stessa costante d’in- terazione mentre l’altro `e descritto da una costante diversa. Si `e determinato quali coppie si formano per diversi valori delle due costanti d’accoppiamento e, successivamente, per diversi valori dei potenziali chimici.
Capitolo 2
Superfluidi a bassa temperatura
2.1 La teoria BCS
La teoria BCS `e stata formulata nel 1957 dai fisici J. Bardeen, L. N. Cooper e J. R. Schrieffer [1]. Essa rappresenta storicamente la prima interpretazione microscopica del fenomeno della superconduttivit`a.
Alla base di questa teoria c’`e l’idea che nei superconduttori la corrente elet- trica viene trasportata da coppie di elettroni, debolmente legati, che possono muoversi nel metallo senza urtare gli ioni e quindi senza perdite di energia.
Queste coppie hanno il nome di coppie di Cooper, essendo state ipotizzate per la prima volta da Cooper in un lavoro del 1956 [2]. In questo lavoro egli dimostra che, in presenza di un’interazione attrattiva fra gli elettroni, arbitrariamente piccola, lo stato fondamentale diventa instabile rispetto alla formazione di coppie di elettroni. Poich´e uno stato legato di due elettroni segue la statistica di Bose-Einstein, esso pu`o condensare: da qui ha origine la superconduttivit`a.
Nei metalli l’interazione attrattiva, che `e alla base di questo fenomeno e che deve competere con la repulsione coulombiana, ha origine dall’interazione dei due elettroni con gli ioni del reticolo. Questa interazione pu`o essere descritta nel modo seguente: un elettrone, muovendosi all’interno del reticolo cristallino, crea una distorsione del reticolo a causa dell’attrazione che esercita sugli ioni positivi che lo costituiscono; se questa distorsione persiste per un tempo finito,
pu`o essere sentita da un secondo elettrone in moto, che quindi risulta debol- mente attratto dal primo. Poich´e l’energia che tiene unita la coppia `e molto piccola, `e sufficiente innalzare la temperatura anche di poco per separare gli elettroni: esiste cio`e una temperatura critica al di sopra della quale le coppie si rompono e il metallo non `e pi`u superconduttore.
Dal punto di vista quanto-meccanico, questa interazione viene mediata dai fononi, i quanti delle vibrazioni degli atomi di un reticolo, aventi massa nulla e spin 1.
Si tratta di un’interazione debole, che coinvolge solo gli elettroni con im- pulso vicino all’impulso di Fermi: solo questi possono essere eccitati negli stati vuoti che si trovano al di l`a della superficie di Fermi, mentre gli elettroni pi`u interni non riusciranno a guadagnare abbastanza energia per l’eccitazione.
Le coppie di Cooper sono caratterizzate da un’estensione nello spazio molto pi`u grande rispetto alla distanza media fra le particelle nel metallo e sono formate da elettroni aventi spin e impulso opposti. L’argomento con cui si pu`o dimostrare che solo elettroni con impulsi opposti riescono ad accoppiarsi
`
e riportato nell’Appendice B.
Analizziamo il modello BCS in dettaglio: consideriamo un gas di Fermi quasi degenere, quindi a basse temperature e alte densit`a, in cui `e presente un potenziale attrattivo fra le particelle.
Introduciamo gli operatori a†p,α e ap,α, che, rispettivamente, creano e di- struggono un elettrone di impulso p e spin α (↑ o ↓). Essi verificano regole di anticommutazione:
na†p,α, ap0,β
o = δ(α − β)δ(p − p0) {a†p,α, a†p0,β} = 0
{ap,α, ap0,β} = 0
L’Hamiltoniana del sistema `e:
H − µN =X
p,α
p2 2m − µ
!
a†p,αap,α− gX
p,p0
a†p0,+a†−p0,−a−p,−ap,+ (2.1)
in cui
N =X
p,α
a†p,αap,α
`
e l’operatore numero di particelle, introdotto, attraverso il moltiplicatore di Lagrange µ, poich´e si considera il gas di elettroni come un sistema con numero variabile di particelle. Se si impone la condizione che hN i sia uguale al numero di particelle del sistema, allora µ assume il significato di potenziale chimico e si ottiene un’equazione che lo determina. g `e la costante di accoppiamento e rappresenta l’intensit`a dell’interazione fra un elettrone di impulso p e spin ↑ e un elettrone di impulso -p e spin ↓ che, dopo l’interazione, avranno impulso p0 e −p0 e spin ↑ e ↓; si pu`o definire la lunghezza di scattering a < 0 a partire dalla costante di accoppiamento:
g = 4π|a|
m .
Il modello considera solo interazioni fra elettroni che si trovano entro un piccolo guscio intorno alla superficie di Fermi, con spin antiparalleli e im- pulsi opposti perch´e queste danno i contributi fondamentali all’Hamiltoniana, mentre gli altri sono trascurabili.
Se siamo in regime di accoppiamento debole, si pu`o fare l’approssimazione di campo medio, che consiste nel trascurare le fluttuazioni del prodotto di due operatori di creazione o distruzione intorno al valor medio, cio`e:
a†p0,↑a†−p0,↓a−p,↓ap,↑=a†p0,↑a†−p0,↓−Da†p0,↑a†−p0,↓
E(a−p,↓ap,↑− ha−p,↓ap,↑i) +
+a†p0,↑a†−p0,↓ha−p,↓ap,↑i +Da†p0,↑a†−p0,↓
Ea−p,↓ap,↑−Da†p0,↑a†−p0,↓
Eha−p,↓ap,↑i ≈
≈ +a†p0,↑a†−p0,↓ha−p,↓ap,↑i +Da†p0,↑a†−p0,↓
Ea−p,↓ap,↑−Da†p0,↑a†−p0,↓
Eha−p,↓ap,↑i .
Introduciamo la seguente grandezza:
∆ = gX
p
hap,↑a−p,↓i (2.2)
che rappresenta la funzione d’onda del condensato.
Se utilizziamo l’approssimazione di campo medio, l’Hamiltoniana diventa qua- dratica:
H − µN =X
p,α
p2 2m − µ
!
a†p,αap,α−X
p
∆a†p,↑a†−p,↓+ ∆∗a−p,↓ap,↑
e, scritta in forma matriciale, pu`o essere diagonalizzata, ottenendo:
U†HU =
Ep 0 0 −Ep
con ±Ep = ±
r
p2
2m− µ2+ |∆|2 autovalori della matrice H.
Possiamo supporre che ∆ sia reale, attraverso un’opportuna definizione dei valori di aspettazione.
La matrice U che diagonalizza l’Hamiltoniana definisce i nuovi operatori bp,α e b†p,α:
bp,↑
b†−p,↓
= U†
ap,↑
a†−p,↓
U =
up vp∗
−v∗p u∗p
dove up e vp sono gli autovettori dell’Hamiltoniana:
|up|2 = 1 2
1 +
p2 2m− µ
Ep
|vp|2 = 1 2
1 −
p2 2m − µ
Ep
tali che |up|2+ |vp|2 = 1.
Essi verificano le stesse regole di anticommutazione degli operatori a, a† e assumono il significato di operatori di creazione e distruzione di quasi-particelle fermioniche, che corrispondono alle eccitazioni rispetto allo stato fondamentale.
L’Hamiltoniana diventa, in funzione di questi nuovi operatori:
H =X
p
Epb†p,↑bp,↑+ b†−p,↓b−p,↓
.
Ep definisce lo spettro energetico delle quasi-particelle, riportato in figura 2.1.
Ξ
pE
pD
-D
Figura 2.1: Spettro di energia. Le linee tratteggiate rappresentano lo spettro dello stato normale mentre la curva continua rappresenta lo spettro delle quasi particelle. ξp = p2/2m − µ.
Come mostra la figura 2.1, ∆ rappresenta il gap energetico fra il minimo dello spettro e lo zero, cio`e la quantit`a di energia che bisogna fornire per creare una quasi-particella, ∆ funge da parametro d’ordine e ∆ 6= 0 caratterizza la fase superconduttiva.
Il passaggio dalla fase superconduttiva alla fase normale `e una vera e propria transizione di fase. Infatti le due fasi sono caratterizzate da una rottura della simmetria U(1), che comporta anche l’effetto Meissner, cio`e l’espulsione del campo magnetico dal superconduttore.
Le quasi-particelle verificano, come detto, regole di anticommutazione e pertanto seguono la statistica di Fermi-Dirac, con µ = 0:
Db†p,↑bp,↑E= f (Ep) = 1 1 + eβEp
Db−p,↓b†−p,↓E= 1 − f (Ep). (2.3) Le relazioni che legano gli operatori a, a† ai nuovi operatori sono dette trasfor- mazioni di Bogoliubov e si presentano nella forma seguente
ap,↑ = upbp,↑+ vp∗b†−p,↓
ap,↓ = upbp,↓− vp∗b†−p,↑. Dalle 2.3, si ottiene:
ha−p,↓ap,↑i = upv∗ptanhβEp
2 = ∆
2Ep tanhβEp
2 e, dalla 3.2:
∆ = g2X
p
∆
2Ep tanhβEp
2 .
Trasformando la sommatoria in integrale sui valori dell’energia compresi entro il sottile guscio intorno all’energia di Fermi, si ottiene la gap equation:
∆ = g2
Z
dE ∆
√E2+ ∆2 tanhβ√
E2+ ∆2 2 che lega il parametro di gap alla temperatura.
La temperatura critica Tc che segna la transizione fra le due fasi si ottiene risolvendo la gap equation per ∆ = 0: per T < Tc si ha ∆ 6= 0 mentre per T ≥ Tc si ha ∆ = 0 e il sistema non `e pi`u nello stato superconduttivo.
Lo stato del sistema nella fase BCS `e descritto dalla funzione d’onda:
|ΨBCSi =Y
p
(u∗p+ vp∗a†p,↑a†−p,↓) |0i
dove |0i `e lo stato di vuoto, in cui non ci sono particelle. Questa funzione d’onda, cos`ı definita, non fissa il numero di particelle, ma `e una sovrapposizione di stati contenenti zero o un numero pari di elettroni; per un dato impulso p, |vp|2 rappresenta la probabilit`a che la coppia sia presente mentre |up|2 la probabilit`a che la coppia sia assente.
Alcune grandezze importanti per la fase BCS sono la lunghezza di corre- lazione e la lunghezza di fase. La lunghezza di correlazione rappresenta la distanza fra particelle con momenti correlati, cio`e fra i due elettroni della cop- pia. Si determina attraverso il principio di indeterminazione, nota l’incertezza sull’impulso, dell’ordine di ∆/vF:
ξ0 = ¯hvF
∆ .
La lunghezza di correlazione risulta molto pi`u grande della distanza media fra le particelle in un gas di Fermi degenere: questo `e il motivo per cui le coppie di Cooper vengono indicate come coppie a lungo raggio. Le coppie di Cooper presenti si sovrappongono fra loro e fra i due elettroni legati possono trovarsi molti altri elettroni. La lunghezza di fase, invece, definisce la distanza entro cui varia il parametro d’ordine scelto per la descrizione della transizione di fase, cio`e la funzione d’onda del condensato.
2.2 Condensazione di Bose-Einstein
La condensazione di Bose-Einstein `e un fenomeno statistico che riguarda si- stemi di bosoni identici. Essa consiste nell’occupazione da parte di un numero grande di bosoni di un unico stato quantistico, lo stato fondamentale; si veri-
fica a temperature inferiori ad una temperatura critica, anche nel caso in cui i bosoni non interagiscono fra loro poich´e la sua origine `e esclusivamente sta- tistica ed `e legata all’indistinguibilit`a delle particelle. Immediata conseguenza di questo comportamento `e che, se molte particelle occupano lo stesso stato, la loro funzione d’onda diventa misurabile in ampiezza e fase, cio`e diventa un oggetto classico.
Il fenomeno della condensazione di Bose-Einstein riguarda, in generale, sistemi di bosoni interagenti. Tuttavia, per semplicit`a e per fissare la notazione, consideriamo il modello studiato separatamente da Bose e da Einstein, cio`e un gas di bosoni non interagenti.
Queste particelle nel gas vengono viste come dei pacchetti d’onda, carat- terizzati da un’estensione data dalla lunghezza d’onda termica, che dipende dalla temperatura a cui si trova il gas mediante la relazione:
λ =
s
2π¯h2 mkT.
I pacchetti d’onda possono essere considerati distinti finch´e λ resta minore della distanza media fra le particelle nel gas; a basse temperature, per`o, le due grandezze possono diventare confrontabili e di conseguenza si crea una sovrapposizione della funzione d’onda dei bosoni, che diventano cos`ı particelle indistinguibili.
I bosoni seguono la statistica di Bose-Einstein, secondo cui alla temperatura T il numero di bosoni che hanno impulso k `e dato da:
nk= 1
eβ(Ek−µ)− 1 = z eβEk − z
essendo µ il potenziale chimico, β = 1/kBT e z la fugacit`a, che si ottiene imponendo la condizione
hN i =X
k
hnki .
Nel limite termodinamico possiamo scrivere:
hN i = z
1 − z +X
k6=0
z
eβEk−z ≈ z
1 − z +V (2m)3/2 (2π)2h¯3
Z ∞ 0
dE√
E z
eβEk − z =
= z
1 − z + V
λ3g3/2(z),
in cui `e stato isolato il termine relativo allo stato fondamentale, avente k = 0, perch´e divergente e
g3/2(z) = 2
√π
Z ∞ 0
dx√
x z
eβEk−z.
1 z
2.61 g32
Figura 2.2: Andamento della funzione g3/2
La funzione g3/2, rappresentata nella figura 2.2, `e valutata nell’intervallo [0, 1] poich´e, essendo µ 6= 0, il numero di bosoni si conserva e si deve pertanto avere:
hni ≥ 0 → 0 ≤ z ≤ 1
Questa condizione pone un limite superiore al numero di bosoni che possono stare nel volume V, al di fuori del livello k = 0; questo numero `e dato da:
Nmax = 2.61V λ3.
Il numero di bosoni nello stato fondamentale dipende dalla temperatura a cui
si trova il sistema, poich´e essa fa variare Nmax: a temperature alte la lunghezza d’onda `e piccola e di conseguenza Nmax `e grande, mentre a temperature basse si pu`o avere Nmax < N e quindi condensazione. La temperatura critica `e definita come la temperatura a cui N = Nmax.
Riassumendo:
• T > Tc: N = V
λ3g3/2(z);
• T < Tc: N1 = 2.61V
λ3, N0 = N − N1 e z = 1.
2.3 Evidenze sperimentali della BEC su atomi
bosonici
La prima realizzazione sperimentale di un condensato si ottenne nel 1995 nei laboratori del JILA, negli Stati Uniti, ad opera dei fisici Eric A. Cornell e Carl E. Wieman, utilizzando un gas di atomi di rubidio; successivamente fu realizzato un esperimento al MIT di Cambridge, nel Massachusets, dal fisico Wolfgang Ketterle, utilizzando un gas di atomi di sodio. Erano passati quindi ben 70 anni dal lontano 1925, anno in cui Einstein pubblic`o il suo articolo in cui introduceva il fenomeno della condensazione, in seguito all’articolo del fisico indiano Bose del 1924 sui quanti di luce [3].
Questa distanza temporale si spiega per il fatto che solo negli anni ’90 furono introdotte tecniche tali da consentire il raggiungimento di temperature molto basse e densit`a molto alte senza alterare lo stato del gas, senza cio`e farlo solidificare o liquefare. Questo risultato si ottiene lavorando con campioni molto diluiti, in cui `e molto bassa la probabilit`a di collisioni anelastiche a tre corpi, responsabili del cambiamento di fase.
Oggi in molti laboratori si fanno esperimenti sui condensati. Si utilizzano campioni di isotopi bosonici di atomi alcalini come rubidio, litio, sodio, po- tassio, cesio poich´e le transizioni fra livelli energetici per questi elementi sono compatibili con le caratteristiche dei laser a disposizione.
Finora `e stato applicato agli atomi 87Rb, 23Na e 7Li [4] un metodo di raffreddamento che prevede le seguenti tre fasi [5], [6], [7], [8]:
1. raffreddamento mediante laser;
2. intrappolamento magnetico;
3. evaporazione.
La necessit`a di utilizzare pi`u fasi di raffreddamento risiede nel fatto che, mentre i metodi ottici funzionano meglio a basse densit`a, nellequali la luce laser non viene completamente assorbita dal campione, e vengono quindi applicati all’inizio, l’evaporazione, al contrario, funziona meglio ad alte densit`a, che assicurano rapide ritermalizzazioni, e pu`o essere effettuata solo in un secondo momento.
Si parte da un gas di bosoni identici, diluito e in equilibrio termico, in cui sono presenti interazioni fra gli atomi di tipo repulsivo, cio`e caratterizzate da una lunghezza di scattering positiva: in questo modo si ottiene un condensato stabile e di dimensioni maggiori rispetto ad uno ottenuto a partire da un gas in assenza di interazioni. L’obiettivo `e quello che, a partire da un gas in condizioni normali, avente pressione 105Pa, temperatura 300K e densit`a nello spazio delle fasi nλ3dB = 10−8, dove n `e la densit`a del campione e λ `e la lunghezza d’onda di de Broglie, si raggiungano temperature dell’ordine di 10−7K e densit`a nello spazio delle fasi di 2.612, corrispondenti a densit`a del gas dell’ordine di 1014 atomi/cm3.
1. I fase: Raffreddamento mediante laser
Nella prima fase il gas viene raffreddato mediante luce laser, sfruttando i processi di assorbimento ed emissione spontanea. Negli esperimenti, di solito, si utilizza una trappola magneto-ottica (MOT), che ha il duplice risultato di raffreddare e nello stesso tempo confinare gli atomi.
Quando il gas viene introdotto in una MOT, esso viene investito da tre paia di fasci laser, nelle tre direzioni dello spazio, che si propagano con versi opposti e tali che quelli che si propagano lungo lo stesso asse hanno polarizzazione circolare opposta: positiva quella del fascio proveniente
dal semiasse negativo e negativa per il fascio opposto, come mostrato nella figura 2.3.
Figura 2.3: Schema semplificato di una MOT. Le frecce rappresentano i fasci laser nella trappola: quelli che provengono dai semiasse negativi (in rosso) han- no polarizzazione positiva e quelli verdi negativa. I due anelli rappresentano le due spire percorse da corrente in versi opposti, in configurazione anti-Helmotz.
Essi hanno la funzione di rallentare e quindi raffreddare il gas: la fre- quenza della luce emessa dai laser `e scelta leggermente inferiore a quella di risonanza del gas in modo che, per effetto Doppler, gli atomi tendono ad assorbire solo i fotoni del fascio contro cui si muovono, come mostra- to in figura 2.4. Dopo l’assorbimento, gli atomi acquistano un impulso
¯
hk nella stessa direzione di propagazione del fotone assorbito e passano allo stato eccitato: di conseguenza, risentono, a causa del rinculo, di una forza dovuta alla pressione di radiazione, in direzione sempre opposta a quella della loro velocit`a, concorde invece a quella del laser, e data da:
F = −γv
dove γ > 0 `e una costante che dipende dall’intensit`a e dalla frequenza
del laser e v `e la velocit`a dell’atomo. Successivamente tornano allo sta- to fondamentale per emissione spontanea, ma il fotone viene emesso in direzione casuale. L’effetto complessivo dello scambio di impulso fra gli atomi e la luce `e quello di diminuire la velocit`a dell’atomo e pertanto abbassare la temperatura del gas.
Figura 2.4: Un atomo che si muove in avanti tende ad assorbire, per effetto Doppler, il fascio in moto nella direzione opposta e ne viene rallentato.
Nella MOT sono presenti anche due spire percorse da corrente di uguale intensit`a ma di verso opposto, in configurazione anti-Helmoltz, che ge- nerano un campo magnetico di quadrupolo, nullo al centro delle spire e crescente linearmente in ogni direzione.
Consideriamo un atomo il cui livello fondamentale ha momento angolare totale nullo e il cui livello eccitato ha momento angolare totale pari a 1.
Il campo di quadrupolo genera uno shift del livello eccitato dato dalla seguente relazione:
∆E(x) = gµBmB(x)
dove g `e il fattore di Land´e dello stato eccitato, µB`e il magnetone di Bohr e m=-1,0,1 `e la componente del momento angolare. Lo shift varia quindi linearmente con la distanza, poich´e ha la stessa dipendenza spaziale del campo magnetico.
Come mostra la figura 2.5, a causa della scelta di laser con frequenza piccola rispetto a quella di risonanza del gas, per un atomo che si muove lungo il semiasse positivo risulta favorita la transizione dal livello fonda- mentale avente m=0 a quello eccitato avente m=-1 per cui l’atomo tende ad assorbire fotoni con polarizzazione negativa; la situazione opposta si
verifica nel caso di un atomo in moto lungo il semiasse negativo. Poich´e il fascio laser con polarizzazione negativa `e quello diretto verso il semiasse negativo e quello con polarizzazione positiva `e diretto verso il semiasse positivo, l’atomo risente di una forza di richiamo diretta sempre verso il centro della trappola, che causa un intrappolamento [61].
Figura 2.5: Schema in una dimensione dei livelli energetici di un atomo avente stato fondamentale con L=0 e stato eccitato con L=1 in presenza del campo magnetico generato dalla MOT.
Complessivamente, un atomo che assorbe un fotone in una MOT risente della forza
F = −mω2x − γv che descrive un oscillatore armonico smorzato.
In questa prima fase si riescono a raggiungere temperature dell’ordine del µK e densit`a nello spazio delle fasi dell’ordine di 10−6. Il limite inferiore della temperatura `e dovuto all’energia che un atomo acquista in seguito all’assorbimento di un fotone mentre quello della densit`a `e legato alla forza repulsiva che si stabilisce fra gli atomi a causa dell’emissione spontanea e conseguente assorbimento di fotoni.
Per raggiungere le temperature volute, si deve ricorrere pertanto ad un’ulteriore fase di raffreddamento, quella evaporativa. Essa tuttavia ri- chiede che in precedenza avvenga un ulteriore processo di confinamento del gas, che gli permetta di essere isolato termicamente dall’esterno.
2. II fase: Intrappolamento magnetico
Una trappola magnetica si ottiene dall’interazione fra il momento di di- polo magnetico dell’atomo e un campo magnetico esterno non omogeneo.
Tipicamente si sceglie un campo di tipo armonico, con un minimo diverso da zero. L’energia che si sviluppa `e data da
U (r) = −µ · B(r) = gµBm|B(r)|
Gli atomi tendono ad andare verso il minimo di energia, che si ha nel centro della trappola se gm > 0, condizione per l’intrappolamento.
3. III fase: Evaporazione
Infine si passa alla fase di raffreddamento evaporativo, mediante la quale si eliminano dal gas gli atomi pi`u veloci.
Attraverso la fase di intrappolamento magnetico, si `e ottenuto un gas di bosoni concentrato intorno al centro della trappola, che verifica la condizione di intrappolamento mg > 0. Si pu`o rappresentare questa situazione mediante la figura 2.6, che mostra due livelli energetici in funzione della distanza dal centro della trappola: nel livello superiore, quello popolato, c’`e intrappolamento mentre in quello inferiore gli stati sono non intrappolati.
Si noti che la differenza di energia fra i due livelli varia con la distanza:
scegliendo opportunamente il campo a radiofrequenza, si pu`o allora in- durre una transizione fra questi livelli per atomi ad una certa distanza dal centro della trappola. Nel nostro caso, si vuole far avvenire la tran- sizione per gli atomi pi`u lontani dal centro della trappola poich´e questi sono i pi`u energetici e si sceglie un campo a radiofrequenza opportuno per questo obiettivo. Su questi quindi si inducono transizioni fra i due livelli Zeeman, al termine delle quali gli atomi invertono il proprio momento magnetico: la forza magnetica diventa per essi deconfinante e vengono cos`ı espulsi dalla trappola.
Si attende poi la ritermalizzazione del gas, al termine della quale, attra-
x E
Figura 2.6: Livelli energetici di uno stato intrappolato (quello superiore) ed uno libero. Le frecce indicano due diversi salti energetici, per due valori della distanza dal centro della trappola
verso collisioni elastiche fra gli atomi del gas, le loro velocit`a saranno nuo- vamente distribuite secondo la Maxwell-Boltzmann, caratterizzata per`o da una temperatura pi`u piccola.
Si ripete questo procedimento riducendo progressivamente la frequenza di risonanza in modo da eliminare atomi con energia cinetica sempre pi`u bassa. Perch´e il metodo funzioni, occorre che sia verificata la condizione che il tempo di ritermalizzazione sia molto pi`u piccolo della vita media degli atomi nella trappola.
La difficolt`a di questa tecnica consiste nell’evitare che ci siano collisioni anelastiche fra gli atomi, che provocherebbero la perdita di atomi con conseguente diminuzione della densit`a.
Alla fine di queste tre fasi si riescono ad ottenere le giuste condizioni per determinare la condensazione: temperatura di ∼ 100nK e densit`a di
∼ 1013cm−3.
4. Osservazione del condensato
Per l’osservazione del condensato si utilizzano telecamere a CCD, che re- gistrano lo spettro di assorbimento proveniente dagli atomi del gas, dopo che questo `e stato fatto espandere ed `e stato illuminato da un fascio di
luce risonante. La componente normale e quella condensata danno due immagini diverse, dovute ad una diversa legge di espansione e ad una diversa densit`a, pi`u omogenea nel primo caso e con un picco pronunciato nel secondo. Prima dell’espansione, nella trappola, il gas ha una simme- tria cilindrica. Durante l’espansione, questa simmetria viene preservata dal gas nello stato normale, poich´e esso si espande classicamente, quindi in modo isotropo. Essa, invece, viene modificata dal condensato: que- sto, infatti, si espande quantisticamente, quindi, a causa del principio di indeterminazione di Heisenberg, pi`u velocemente dove `e meno allungato, cio`e nella direzione radiale del cilindro.
Inoltre, il condensato si trova nel minimo stato energetico e pertanto si espande lentamente: nel suo spettro appare quindi un picco pronunciato di atomi al centro dell’immagine.
Questo metodo di osservazione `e distruttivo proprio perch´e si basa sul- l’espansione del gas e perch`e causa un aumento della temperatura, in conseguenza dell’assorbimento di fotoni: alla fine della rilevazione, il gas non `e pi`u condensato.
2.4 Risonanza di Feshbach
Sebbene il fenomeno della condensazione sia strettamente legato alle caratteri- stiche dei bosoni, `e tuttavia possibile realizzare un condensato di Bose-Einstein a partire da un gas degenere di atomi fermionici. Perch´e ci`o accada, i fermioni del gas devono accoppiarsi per formare degli stati legati e diventare molecole di tipo bosonico, quindi in grado di condensare.
D’altra parte lo studio della condensazione di atomi fermionici risulta molto interessante poich´e permette di studiare il crossover BCS-BEC: dalle coppie di Cooper, debolmente legate e a lungo raggio, si pu`o passare, aumentando il potenziale di interazione fra gli atomi, alle molecole diatomiche. Questo fenomeno `e stato gi`a osservato in esperimenti che utilizzavano gas di 40K e6Li [9], [10].
Sperimentalmente, per raffreddare un gas di fermioni e quindi renderlo
degenere, si possono utilizzare le stesse tecniche viste precedentemente per i bosoni, ad eccezione del raffreddamento per evaporazione poich´e esso richiede la ritermalizzazione del gas che, nel caso dei fermioni, non pu`o avvenire, dato che fra i fermioni sono inibite le collisioni elastiche.
Il raffreddamento evaporativo viene quindi sostituito dal raffreddamento simpatetico: si aggiungono al gas degli atomi di tipo bosonico che hanno la funzione di refrigerante poich´e, attraverso collisioni elastiche con i fermioni, consentono la ritermalizzazione. Per esempio, nell’esperimento eseguito con atomi di litio, si utilizzano, come refrigeranti, atomi di sodio. Successivamente si pu`o ottenere un gas di soli atomi di litio eliminando il sodio per evaporazione oppure si pu`o scegliere di studiare la miscela contenente anche il sodio.
A questo punto, a seconda del tipo di interazione esistente fra gli atomi, si pu`o ottenere un BEC o il regime BCS.
L’interazione fra gli atomi all’interno di un gas `e repulsiva entro distanze piccolissime fra gli atomi e diventa poi, al crescere della distanza, debolmente attrattiva, a causa delle forze di Van Der Walls. Questo potenziale, mostrato in figura 2.7 in funzione della distanza relativa fra gli atomi, `e abbastanza profondo da contenere diversi livelli vibrazionali relativi a stati legati di tipo molecolare.
Consideriamo due curve di energia potenziale, relative a due diverse confi- gurazioni dello spin di una coppia di atomi. Esse sono ottenute aggiungendo al potenziale un termine iperfine, che induce, a seconda del suo segno, uno splitting delle due curve, verso l’alto per una e verso il basso per l’altra. Consi- deriamo inoltre due atomi con energia cinetica molto pi`u piccola dello splitting fra le due curve, tale che i due atomi non possono, in seguito alla collisione, saltare nel livello superiore. In questo caso, la curva inferiore viene associata ad un canale “aperto” mentre quella superiore ad un canale “chiuso”, per- ch´e non raggiungibile dagli atomi. Questa condizione sperimentale si ottiene utilizzando atomi alcalini ultrafreddi.
Se, per`o, l’energia cinetica dei due atomi in collisione risulta uguale all’e-
Figura 2.7: Potenziale d’interazione fra gli atomi di un gas
nergia di uno stato legato del canale chiuso, si verifica una risonanza, detta risonanza di Feshbach, [11], [12], [13]. In altre parole, essa accade quando uno stato legato del canale chiuso attraversa l’asintoto del canale aperto.
La posizione relativa fra il livello energetico corrispondente allo stato legato e quello corrispondente all’energia cinetica degli atomi in collisione, determi- na la lunghezza di scattering dell’interazione fra i costituenti del gas. Alla risonanza di Feshbach, la lunghezza di scattering diverge, mentre essa risulta negativa quando il livello molecolare ha energia pi`u grande di quella dei due atomi separati, positiva nel caso contrario.
Poich´e le due curve si riferiscono a due configurazioni di spin diverse, la presenza di un campo magnetico esterno induce su di esse traslazioni diverse.
Ci`o significa che, variando il campo magnetico esterno, `e possibile variare lo splitting fra le curve e di conseguenza l’interazione fra le particelle.
Una relazione approssimata, in accordo con i dati sperimentali, che lega la lunghezza di scattering al campo magnetico esterno `e data da:
a = abg 1 − ∆ B − Bpicco
!
, (2.4)
dove abg `e la lunghezza di scattering di background , Bpicco `e il valore del campo magnetico a cui avviene la risonanza e a diventa infinito e ∆ `e la larghezza della risonanza per il campo magnetico. La lunghezza di scattering
di background caratterizza i processi di scattering diretto fra i due atomi nel canale aperto, senza considerare accoppiamenti con canali chiusi. Di solito questi processi non vengono considerati poich´e poco interessanti rispetto alla risonanza di Feshbach, che si verifica in presenza di un canale chiuso e causa il comportamento drammatico della lunghezza di scattering appena descritto [14].
La 2.4 `e rappresentata in figura 3.11.
150 160 170 B
-20000 -10000 10000 20000
aa0
Figura 2.8: Andamento della lunghezza di scattering in funzione dell’intensit`a del campo magnetico esterno, nelle vicinanze della risonanza di Feshbach. Il grafico `e ottenuto per ∆ = 10.709 G, Bpicco = 155.041 G, abg = −443a0, con a0 raggio di Bohr. Si noti che a diverge per B = Bpicco.
Si possono utilizzare questi concetti per creare un apparato sperimentale per studiare la transizione dal regime BCS al regime BEC.
Si pu`o infatti mettere il gas all’interno di un campo magnetico in modo che, variando opportunamente il campo, si fa variare la posizione relativa dei livelli energetici del canale chiuso e di quello aperto e, di conseguenza, l’inte- razione esistente fra le particelle del gas da debolmente repulsiva (fase BEC) a debolmente attrattiva (fase BCS), passando attraverso la regione di crossover, in cui le particelle sono fortemente interagenti, cio`e alla risonanza di Feshbach.
Nella figura 2.9 sono rappresentati i due canali, nei tre possibili casi che si possono presentare; la curva blu corrisponde al canale chiuso e quella verde al canale aperto (due atomi liberi). Nel primo grafico, lo stato legato ha energia maggiore dell’energia cinetica dei due atomi in collisione (asintoto del canale aperto), pertanto lo stato molecolare non `e stabile e a < 0; nel secondo grafico i due livelli sono degeneri, per cui ci troviamo nella regione unitaria, in cui a diverge; nell’ultimo, il livello molecolare `e minore di quello dei due atomi, pertanto si forma uno stato molecolare stabile e a > 0.
stato legato canale aperto canale chiuso
r E
stato legato r E
stato legato
r E
Figura 2.9: Livelli energetici del canale aperto (atomi non legati) e del canale chiuso in funzione della distanza relativa fra i due atomi. Le linee tratteggiate rappresentano gli asintoti delle curve, quindi l’energia cinetica degli atomi;
il segmento continuo rappresenta il livello di uno stato legato entro il canale chiuso. Nel primo grafico, lo stato legato ha energia maggiore dell’asintoto del canale aperto, pertanto i due atomi restano non legati e la lunghezza di scattering `e negativa; nel secondo caso i due livelli coincidono e la lunghezza di scattering diverge; nel terzo grafico lo stato legato ha energia inferiore per cui si formano molecole e la lunghezza di scattering `e positiva.
Variando il campo magnetico si possono allontanare o avvicinare i due livelli, che saranno circa coincidenti alla risonanza: pi`u sono vicini i livelli, pi`u forte `e l’interazione.
Riassumendo:
• a > 0: il livello energetico dello stato legato `e inferiore a quello dei due atomi separati, si forma quindi un condensato di molecole diatomiche, con potenziale di interazione repulsivo e pertanto stabili (regime BEC);
• a < 0: le molecole diventano instabili a causa del potenziale attrattivo, ma due fermioni possono ancora formare una coppia a lungo range di dimensioni confrontabili o maggiori della distanza fra le particelle del gas (regime BCS).
Capitolo 3
Superconduttori ad alta
temperatura
La teoria BCS descrive il comportamento dei superconduttori di prima gene- razione, ma non `e invece adatta a descrivere i superconduttori ad alta tempe- ratura, individuati per la prima volta a met`a degli anni 080 del secolo scorso [15].
Questi nuovi materiali diventano superconduttori a temperature critiche maggiori di quelle tipiche dei superconduttori tradizionali. In alcuni casi, que- ste temperature possono raggiungere i 100K. L’interpretazione data `e che in questi materiali gli elettroni hanno interazioni molto pi`u forti con gli ioni del reticolo, quindi con i fononi, favorendo cos`ı l’accoppiamento, che resiste anche a temperature pi`u alte.
Il modello introdotto nella teoria BCS `e costruito sulle ipotesi di accoppia- mento debole fra gli elettroni e di alte densit`a di portatori di carica, caratte- ristiche ben verificate dai superconduttori di prima generazione, ma non pi`u valide per gli HTSC, che, al contrario, sono caratterizzati da accoppiamento forte fra le particelle e basse densit`a.
Le principali differenze fra le due generazioni, oltre a diverse propriet`a elettriche e magnetiche, sono:
• come gi`a ricordato e come lo stesso nome suggerisce, hanno una tempe-
ratura critica pi`u alta dei primi, quindi pi`u facilmente raggiungibile in laboratorio;
• hanno una densit`a di portatori relativamente bassa;
• sono caratterizzati da una lunghezza di correlazione delle coppie ξ0 solo poche volte pi`u grande della distanza fra i siti reticolari. Ci`o deriva dalla bassa densit`a di portatori, che comporta una distanza media fra le particelle abbastanza grande; nei superconduttori tradizionali, invece, la lunghezza di correlazione `e molto pi`u grande della distanza media fra le particelle. Per esempio, il fattore kFξ0 per il La1.95Sr0.15CuO4 `e 10-20, nel YBa2Cu3O7 `e 5-10 mentre nei superconduttori di I tipo `e 103− 104;
• presenza di uno pseudogap nello spettro di particella singola, quindi nello stato normale, a temperature maggiori di quella critica.
Gli HTSC sono costituiti da ossidi, prevalentemente ossido di rame, e me- talli delle terre rare; essi hanno una struttura a piani di ossido di rame CuO2, entro cui si stabilisce la superconduttivit`a, per cui comunemente si usa un modello in due dimensioni per descriverli.
Il nome pseudogap deriva dall’analogia con il gap superconduttivo. Es- so consiste nella soppressione, nello spettro di energia, delle basse frequenze, soppressione che diventa completa durante la fase superconduttiva (gap). La presenza di questo pseudogap `e legata alla formazione di molecole, che avviene alla temperatura T∗ >Tc.
Lo pseudogap `e stato osservato in esperimenti di fotoemissione (ARPES) [16], che mostrano un comportamento anomalo del calore specifico [17], della resistivit`a [18] e altre grandezze termodinamiche a temperature maggiori della temperatura critica. Successivamente sono stati effettuati esperimenti di scan- ning tunneling spectroscopy [19], che mettono in evidenza l’esistenza sia del gap, al di sotto della temperatura critica, sia dello pseudogap, fra Tc e T∗. La figura 3.1 mostra la conduttanza del Bi2212 in funzione della tensione appli- cata al campione, per temperature fra 4.2K e 293K, con temperatura critica pari a 83K.
V
OLUME80, N
UMBER1 P H Y S I C A L R E V I E W L E T T E R S 5 J
ANUARY1998
superconducting gap remains temperature independent up
to T
cwhere no sign is indicating that it is closing. Across
T
c, the superconducting tunneling spectra evolve continu-
ously into a normal state quasiparticle gap structure, which
we refer to as a pseudogap. It is clear from Fig. 2 that
this pseudogap also does not change much with tempera-
ture and that it is even possibly there at room temperature.
The pseudogap structure just gets weaker with increasing
temperature. This is in striking contrast to photoemission
data which for a sample with the same doping level led to
the conclusion that the gap reduced to zero at T
!! 170 K
[11]. We believe the T
!observed in various experiments
is to be considered as a characteristic energy scale and not
as a temperature where the pseudogap is reduced to zero.
At first sight it is not clear from these data where the critical
temperature is located. A closer inspection of the spectra
shows that the peak at negative energy and the dip at about
22D
pdisappear at T
c. The positive bias peak on the mea-
sured spectra does not vanish at T
c, but remains finite and
shifts to higher energies above T
c[Fig. 3(b)]. The DOS at
the Fermi level bears no particular signature of the super-
conducting transition in this set of data. Indeed, the DOS
below the gap starts to be depleted already at room tem-
perature and gradually hollows in to reach its minimum at
4.2 K. This low bias temperature dependence is better seen
in Fig. 3(a), which is a three dimensional plot of the tunnel-
ing conductance as a function of energy and temperature of
the 83 K underdoped Bi2212. The same data are displayed
as a gray scale projection onto the energy-temperature
plane in Fig. 3(b), where white corresponds to high con-
ductivity !1.5 GV
21" and black to zero conductivity.
So far most measurements report the existence of a
pseudogap in underdoped samples. Our measurements
FIG. 2. Tunneling spectra measured as a function of tem- perature on underdoped Bi2212. The conductance scale cor- responds to the 293 K spectrum, the other spectra are offset vertically for clarity.
show that the pseudogap is present above T
cboth at
optimum doping and in overdoped samples. In Fig. 4 we
show a set of spectra for the overdoped sample with a T
cof
74.3 K. We see that the behavior is precisely the same as
for the underdoped case discussed above. The gap value
stays temperature independent and the peak at negative
energy as well as the dip at about 22D
pdisappear at T
c,
but the region below the gap evolves smoothly across T
cinto the pseudogap. The difference with the underdoped
case is that the gap and pseudogap are smaller, and the
amplitude of the pseudogap structure seems to disappear
more quickly as the temperature is increased. The fact
that the pseudogap scales with the superconducting gap
and that it is smaller in the overdoped samples than in the
underdoped ones indeed demonstrates that the pseudogap
in Fig. 4 is a property of the overdoped crystal, and not
that of an underdoped surface resulting from partial loss
of oxygen at high temperature. The two curves shown on
top of the 69 K spectrum in Fig. 4 illustrate the temperature
independence of the gap. Simply thermally smearing the
4.2 K spectrum to 69 K (dashed curve, D
69 K! D
4.2 K)
reproduces much better the position of the conductance
peaks at 69 K than thermally smearing the 4.2 K spectrum
to 69 K assuming a reduced gap (dotted curve, D
69 K!
0.8D
4.2 K). The numerical spectra show that there are
more low energy states measured than predicted by simply
thermally smearing the data. However, this feature is
beyond the scope of this Letter. We have also carried
out similar analysis for the 83 K underdoped sample with
basically the same conclusions.
Several theoretical studies have considered the possibil-
ity of the presence of superconducting phase fluctuations
FIG. 3. (a) Three dimensional view of the conductance data shown in Fig. 2. The highlighted curve is the spectrum measured at Tc. (b) Projection onto the energy-temperature plane. The line at positive bias indicates the position of the positive bias conductance peak which clearly shifts to higher energies above Tc.
151
Figura 3.1: Spettro della conduttanza del Bi2212 per temperature comprese fra 4.2K e 293K.
Nasce quindi l’esigenza di formulare una nuova teoria per spiegare lo sta- to superconduttivo di questi materiali e che riesca a giustificare le nuove caratteristiche osservate.
In particolare, questi sistemi sembrano essere in uno stato intermedio fra il regime della BCS e quello della BEC: si tratta di uno stato caratterizza- to proprio da interazioni forti fra le particelle ed `e, per questo, difficile da analizzare.
3.1 Crossover BCS-BEC
Modello non relativistico in 2D e 3D
3.2 Crossover BCS-BEC
Modello non relativistico in 2D e 3D
Abbiamo visto come la regione BEC e quella BCS siano molto diverse fra loro, anche se entrambe si basano sul fenomeno della condensazione: la differenza fondamentale fra le due `e che la prima pu`o avvenire in un gas di bosoni ideale, quindi in assenza di interazioni, mentre la seconda necessita di un’interazione attrattiva fra i fermioni, che, al contrario, nella fase BEC, distruggerebbe il condensato.
La condensazione di Bose-Einstein pu`o anche avvenire in un gas fermio- nico, quando i fermioni, fortemente interagenti fra loro a due a due, formano molecole, quindi bosoni in grado di condensare. Le coppie di Cooper, invece, che si sovrappongono fra loro nello spazio reale, non devono essere considerate bosoni, ma semplicemente coppie correlate solo nello spazio dell’impulso e non nello spazio reale. Inoltre, mentre nella regione BCS solo una piccola frazione di elettroni pu`o formare coppie, nella regione BEC tutti gli elettroni sono legati a formare molecole, quando la temperatura `e inferiore ad un limite, indicato con T∗.
Ci`o che accomuna le due fasi `e la condensazione, cio`e l’occupazione ma- croscopica di un singolo stato quantistico, mentre le loro fasi normali sono completamente diverse: nel limite BCS, `e quella di un liquido di Fermi, nel limite BEC `e quella di un liquido di Bose di molecole.
Questo comunque basta perch´e le fasi del sistema a basse temperature sia- no uguali: infatti la condensazione comporta in entrambi i casi una rottura spontanea della simmetria U(1). Questo fa prevedere che anche la regione intermedia sia nella stessa fase e che quindi, nel passaggio da un limite all’al- tro, non ci siano transizioni di fase al variare dell’interazione, ma soltanto un crossover.
Un’altra differenza fra i due limiti riguarda la temperatura critica della
transizione di fase: nel caso BCS esiste un’unica temperatura critica, sia per la formazione di coppie sia per la loro condensazione; con l’aumentare dell’in- terazione, le temperature a cui avvengono questi due processi cominciano a differenziarsi e, nel limite BEC, diventano due processi indipendenti, con sca- le energetiche separate e con un’unica transizione di fase, quella relativa alla condensazione.
Il metodo adottato per lo studio del crossover [20] `e quello di partire dalla teo- ria BCS e analizzare il comportamento del sistema all’aumentare dell’intensit`a dell’attrazione fra le particelle, in particolare nella zona di confine fra il regime di validit`a della teoria BCS e quello della BEC, poich´e qui si realizzano le con- dizioni cercate. Diversamente dalla teoria BCS, nell’ipotesi di accoppiamenti forti, bisogna considerare, nella formazione di coppie, tutti gli elettroni, non solo quelli entro un sottile guscio intorno all’energia di Fermi.
3.2.1 Studio di un modello bidimensionale
Introduciamo il modello bidimensionale della teoria BCS. Esso descrive un gas di elettroni che interagiscono attraverso un potenziale attrattivo a due corpi, agenti fra particelle con spin opposti.
Chiamiamo ψ(x) il campo fermionico e scriviamo la densit`a di Hamiltonia- na del sistema:
H = −ψσ+(x) ∇2 2m + µ
!
ψσ(x) − U ψ↑+(x)ψ↓+(x)ψ↓(x)ψ↑(x) (3.1)
in cui x = (~r, τ ), con ~r vettore a due componenti e τ tempo immaginario, σ `e l’indice di spin (↑ o ↓), U `e una costante positiva e rappresenta l’intensit`a del potenziale di interazione fra gli elettroni e µ `e il potenziale chimico, che fissa la densit`a media di elettroni. L’Hamiltoniana 3.1 `e la stessa Hamiltoniana di partenza della teoria BCS; da questa, vogliamo ottenere l’equazione di gap, minimizzando il potenziale termodinamico.