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Il merletto ANDREA VITTORIA VALERIANO. ABA ROMA- Culture e tecnologie della moda Cultura tessile- Prof.ssa D. Leoni A.A.2019/2020

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(1)

ANDREA VITTORIA VALERIANO

ABA ROMA- Culture e tecnologie della moda

Cultura tessile- Prof.ssa D. Leoni A.A.2019/2020

Il merletto

(2)

INDICE

o Il merletto- La storia

o Il merletto Italiano- Introduzione o Il merletto Italiano nel tempo

oIl costume negli anni o Costume Femminile

o Costume Maschile o Il merletto a Tombolo

o Merletto di Cantù o Lavorazione

oApplicazione nella moda: Dolce&Gabbana

oCampionatura

(3)

IL MERLETTO

Il merletto nacque nella seconda metà del XV secolo a Venezia, per ornare la biancheria e casa; esempi antichi li troviamo nella Bibbia, la quale accenna alle cortine a reticella del tempio di Salomone. Altri pizzi addirittura ritrovati sulle mummie d’Antico Egitto.

Prima apparizione in Oriente e successivamente in Occidente.

Il ricamo ancor prima nell’arte figurativa dove lo

strumento più importante è sempre stato l’ago che, nei tempi antichi era d’osso, in seguito di bronzo fino ad arrivare all’attuale in acciaio.

Come prima accennato, fu l’Italia del ‘400 a darne una vera e propria dignità e solo nel XVIII secolo raggiunse

notorietà.

Il tessuto generalmente usato è il lino, il cotone, la seta o anche tessuti d’oro e d’argento, cuoio e pelle.

I punti di ricamo più comuni sono il p. Erba, il p. Inglese passato, il p.a. croce, il p. steso, il p. Serrato, il p. Pieno, il

(LARCHIVIO.COM)

(4)

Le notizie più antiche risalgono all’850 d.C., provenienti dall’Asia centrale, dove ancora oggi se ne fa un largo per decorare costumi tradizionali.

Storia certa risale al X e XII sec. Dove, nei lunghi

pomeriggi e nelle sere solitarie, le donne copiavano a punto croce i motivi dei tappeti che i loro uomini portavano dall’Oriente.

Nel rinascimento si diffonde in tutta Europa, usato soprattutto per ornare paramenti ed altri addobbi sacri come le stole, le vesti liturgiche sacerdotali, oltre alle tovaglie degli altari.

Passano anni e incominciarono a circolare i primi schemi stampati; arrivano in particolare dall’Italia e Germania e, nel 1856 in Francia, si pubblica un libretto con motivi di fiori e animali stilizzati caratteristici del mondo

Orientale.

Addirittura a Berlino, vennero stampati schemi colorati a mano su sfondo quadrettato e, nel 1840 ne vennero

pubblicati più di 14.000.

Diviene una passione del secolo ma alla fine di

quest’ultimo ne vediamo la sua fine. Ai primi del’900 le

donne preferiscono punti liberi, con motivi Liberty.

(5)

IL MERLETTO ITALIANO

Come già accennato, non vi sono certezze sul momento esatto in cui parve il merletto, né sulla sua paternità, ma è certo che l’Italia in questa storia gioca un ruolo da protagonista.

Uno dei primi riferimenti documentati comparve in una legge sontuaria del 1476, la quale prevede sanzioni per chi non limiti nel proprio

abbigliamento il ‘point in aiere’. Lo scopo era il contenimento dell’uso di oggetti preziosi e di lusso, dello sfoggio di questi.

Molteplici indizi che portano ad ipotizzare un’origine veneziana; una grande impronta ebbe il‘Nun Modelbuch’, edito a Zurigo nel 1961-62,

quest’ultimo fa ritenere altamente importante e probabile anche in questo caso, un’origine se non veneziana, Italiana.

(MERLETTOITALIANO.IT)

(VENEZIA.ITALIANI.IT)

«Tra le varie arti non va dimenticata quella iniziata venticinque anni fa nel nostro paese.

Il merletto è stato introdotto nel 1536 da

mercanti provenienti da Venezia»

(6)

Il successo del merletto, ago e fuselli, nella moda e nell’arredo, determina un forte aumento della domanda e di conseguenza anche della

produzione. In Italia e in Europa, generando flussi di denaro consistenti e dando origine a vere e proprie guerre commerciali. In particolar , la nascita dell’industria del merletto in Francia per opera di Luigi XIV ed del suo ministro Colbert, il quale nel 1665 decretò l’apertura di

‘manifatture’ di ogni tipo di lavoro con il filo, tanto ago quanto fuselli, alla moda dei punti prodotti a Venezia, a Genova […] chiamandoli

‘Pointes de France’.

La Rivoluzione Francese con la caduta

dell’Aincièn Regime, la Rivoluzione Industriale in Inghilterra, con l’avvento del merletto a

macchina, determinò il crollo del merletto a mano, ma non la sua scomparsa.

Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, fiorirono in Italia una serie di iniziative a

sostegno dell’arte, in linea con la tendenza alla riscoperta dell’antico o revival e con il

diffondersi delle linee di movimento della «Arts and Crafts» di William Morris.

Si tratta di attività per lo più filantropiche e gestite da nobili dame, le quali però hanno un notevole successo ed una valenza inedita per il loro farsi strumento di emancipazione delle donne impegnate nella produzione. Il culmine di queste iniziative si ha con la costituzione del 1903 delle ‘Industrie femminili Italiane’.

La grande Guerra porta nuovi cambiamenti nella moda femminile ed il merletto adesso è ridotto alla sola guarnizione dei capi di corredo, biancheria intima o di abiti da cerimonia; si cercano così nuovi sbocchi e nel periodo tra le due guerre nasce il

merletto d’arte. Numerosi artisti disegnavano modelli per ricami e merletti che

propongono sulle più note riviste del settore dell’epoca.

(Partendo da destra:

fiorelliartedesign.com Merlettoitaliano.it Pinterest.com)

(7)

Il sessantotto è l’emancipazione femminile, con il rifiuto dei modelli e delle attività tradizionali, le quali sembrano dare al

merletto il colpo di grazia; ma ancora una volta non è del tutto così: nel 1977 la mostra

‘I pizzi, la moda e il simboli’ (Milano-Venezia, 1977) ottenne un grande successo. E’ l’inizio di un percorso in cui si susseguirono mostre ed iniziative di ogni genere in tutto il

territorio italiano, portando ad un rifiorire quasi prodigioso dell’arte che, giustamente, è stato definito ‘Nuovo Rinascimento’.

Attualmente il merletto vive una stagione matura ed è solidamente presente nel territorio italiano con un gran numero di musei e raccolte private, scuole, associazioni,

insegnanti ed appassionati che operano sia per la riscoperta e la valorizzazione, sia per la sua

rivisitazione in chiave moderna.

(Fonte immagini:

Pinterest.com)

(8)

IL MERLETTO ITALIANO NEL TEMPO

Ci sono varie fasi di lavorazioni, che impiegano personale più o meno esperto ed è molto probabile che accanto alle gentildonne ideatrici, trovassero impiego via via personale più modesto, anche perché il

disegno può essere composto di più pezzi.

Una forte spinta alla sua diffusione fu data dalla dogaressa Morosini, moglie di Marino Grinami, incoronata dogaressa nel 1597 che,

innamoratasi dell’arte del merletto, riuscì ad ottenere la

promulgazione di leggi protettive e l’istituzione nel 1595, il primo

laboratorio di merlettaie, nel quale trovarono impiego 130 lavoratrici e la cui produzione serviva in parte ad aumentare il corredo personale della dogaressa, in parte per essere inviato in dono alle sue amiche nelle più prestigiose corti di Europa. Alla sua morte il laboratorio fu chiuso, ma l’arte del merletto continuò a vivere attraverso le mani delle più brave merlettaie.

La richiesta di trine vaporose portò alla trasformazione del merletto ad ago, che abbandonò i grossi rilievi per una leggera rete di fondo, denominata più tardi merletto di Burano per distinguerlo dal classico di Venezia, da parte di famosi incisori, molti modellari.

(LARCHIVIO.COM)

(9)

Il merletto

veneziano veniva esportato in tutta Europa e aveva

commissioni anche dal Re di Francia Luigi XIV, tanto che nella sua

incoronazione sfoggiava un

originale e prezioso collare di merletto che faceva spicco sul suo mantello,

eseguito da abili

merlettaie di Burano in due anni di

paziente lavoro.

Nell’ultimo quarto del XVIII secolo, nel periodo di decadenza politica e crisi economica, anche il merletto tornò ad essere un’occupazione domestica. L’arte sarà comunque estesa dalle nobildonne che lavoravano ai propri corredi, alle fanciulle allevate nei vari istituti di carità, che con questi lavori si guadagnavano da vivere. Se le prime erano vere e proprie virtuose dell’ago, negli istituti si andava diffondendo il più rapido pizzo a fuselli, che si erano diffusi in Italia arrivati agli inizi del 1400, probabilmente dalla Magna Grecia e dall’Asia minore, sviluppato poi in molte città ed evolvendosi in stili e modelli diversi che ancora oggi caratterizzano le varie lavorazioni di Milano, Genova, Cantù, Venezia con l’isola di Pellestrina e la vicina Chioggia. Le famosissime ‘Baruffe Chiozzotte’ di Goldoni si aprono per l’appunto su un campo dove le donne, attendono i mariti pescatori, lavorano a fuselli [...]

La lavorazione di questi di Pellestrina è documentata fino dalla metà del XVI secolo, diventandone la caratteristica, come il pizzo ad ago era la specialistica di Burano e va detto (7.06.1654

Conoscerela

storia.it)

(10)

Questo pizzo è caratterizzato dal sinuoso contorcersi di un nastrino continuo, compatto, a tratti traforato, con elementi floreali, stilizzati, simile ad una filigrana: la ‘bisetta’ in gergo. Il nastrino è appoggiato al disegno solo nei punti dove è segnato un occhiolino, negli altri fa da sé ed è come una treccia di dieci o dodici fili sostenuta nelle rapide voltate da un filo che la costringe internamente, mentre all’esterno si sviluppa dilatandosi secondo la legge naturale.

(LARCHIVIO.COM)

(11)

La lavorazione è fitta tale da copiare il più famoso punto piatto del merletto ad ago, fissata al disegno solo raramente, mentre le barrette a due fili collegavano le

volute.

Gli elementi decorativi venivano creati senza interrompere la ‘bisetta’ con alcuni fili del nastrino stesso, delineando il

motivo per poi completarlo, ritornando indietro e proseguendo la lavorazione del nastrino.

Oggi la tecnica è rimasta pressoché immutata pur con soluzioni ed

accorgimenti nuovi.

Nel corso del ‘500 si diffuse in tutta Europa, contrastando per certi aspetti il più difficile ricamo ad aghi, finché anche la trina a fuselli divenne a poco a poco un segno di distinzione ed un simbolo di ricchezza e potere: colletti, polsini, cuffie, fazzoletti e a volte anche ai modelli più impegnativi. In particolare i due libri ‘Le Pompe’ (1557) sono la prima pubblicazione veneziana dedicata esclusivamente ai fuselli e in cui l’autore dimostra una buona conoscenza della tecnica, senza dare spiegazioni per l’esecuzione, perché si rivolge verosimilmente a merlettaie esperte.

Il fusello, non ha mai prevalso nell’ago,

differenziandosi anche nel prezzo, sempre

meno caro perché eseguito con fili molto

fini, perciò ritenuto meno laborioso.

(12)

Ci fu un periodo nel XVIII sec., in cui si sviluppa in bellezza, vaporosità, preziosismo e virtuosismo,

adoperando 1500 fuselli, passando semplicemente dal bordo per camicie e grembiulini a decorazioni

importanti su lenzuola, tende e tovaglie.

Raggiunge l’apice quando diventa simbolo di

prestigio sociale, la produzione aumenta e le Fiandre producono manufatti di ottima qualità ed in così grande quantità da esportare. Nel 1665 il ‘Punto in aria’ diventa ‘Point de France’: iniziò così una forte concorrenza con il merletto di Burano.

Nonostante ciò il punto di Francia non riuscì mai ad eguagliare quello veneziano. Questi aveva fatto del pizzo un’arte, i francesi un’industria.

Per arginare l’introduzione e vendita di ‘merli bianchi e neri di seta ad uso di Fiandra’, nel 1758 il merletto viene marchiato con sigillo di fabbrica e garanzia di autenticità (un bollo di piombo con il segno di S. Marco). Per la prima volta una

produzione di merletti è regolamentata ed, all’inizio del 1700 nel laboratorio veneziano ‘Ranieri e Gabrieli’

trovarono impiego 600 operaie, ma, gran parte del lavoro venne affidato all’attività domestica in casa e negli istituti.

(conoscerelastoria.it)

(13)

Inoltre, grazie al costante interessamento della contessa Adriana Marcello, molte nobildonne dell’epoca, tra cui la principessa di Sassonia Weimar, la duchessa di Hamilton, la contessa di Bismark, la principessa Metternich, la Regina d’Olanda, la Regina margherita, affidarono alle scuole importanti commissioni, tanto che nel 1875 le merlettaie erano più di cento.

Nel 1874 Michelangelo Jesurum e Paulo Fanbri, affrontarono la questione di Pellestrina, fondando la Società per la Manifattura Veneziana dei merletti, devolvendo il 10% del ricavato annuo alle scuole professionali ì, infatti nel 1877 viene aperta una scuola a Pellestrina ed una a Venezia.

Quest’ultima fu chiusa per mancanza di allieve, mentre quella dell’isola rimase aperta dando splendidi risultati; Jesurum per rinnovare l’antica arte del merletto, nel 1878 avvia la produzione di merletti policromi, realizzati a fuselli, con filati di seta dalle delicate decorazioni e colorazioni, conferendogli la medaglia d’oro a Parigi e l’appellativo di «Michelangelo dei fuselli». Il 23 gennaio 1893 muore la contessa Adriana Marcello, la quale però prima di morire affidò al figlio, Conte Girolamo Marcello, l’incarico di continuare la propria opera.

La produzione della scuola ebbe un continuo crescendo fino al 1915, data in cui cominciò, Con l’avvento delle macchine tessili,

durante la produzione della

Rivoluzione Industriale, il merletto fatto a mano venne quasi

completamente abbandonato, per

lasciar posto ad altri tipi di trina fatti a macchina e molto meno costosi.

L’Inghilterra nel 1810 produce tulle

meccanico molto simile a quello fatto a mano con risparmio di tempo e

denaro; l Regina Vittoria si sposa con un pizzo meccanico.

Il prodotto a mano cerca di stare al passo con quello meccanico,

raggiungendo gli stessi tipi di

esecuzione,

mantenendo i bassi costi e riesumando

‘le tecniche sommarie e più rapide del

merletto a tombolo’.

La grande

produzione di merletto

continuerà fino agli anni settanta, quando la nascita

(wikipedia.it)

(14)

IL COSTUME NEGLI ANNI:

COSTUME FEMMINILE

La donna nel suo bellissimo costume, porta il capo

coperto da un velo, uno scialle o una cuffia. La gonna è lunga e plissettata oppure, può esser a ‘baldani’(righe blu e rosse), a ‘indrollan’ (ossia di broccato con le maniche del corsetto a sbuffo).

Il grembiule è ricamato, nella maggior parte dei casi le donne sovrappongono alle vesti, se pur non essendo sempre di fattura antica, ripropongono

un’antichissima usanza di tutti i popoli e di tutti i

(LARCHIVIO.COM)

(Fonte immagini:

Pinterest.com)

(15)

IL COSTUME MASCHILE

Il costume maschile, comprende la giacca che è molto simile al bolero che portano i portoghesi e confezionato in orbace nero

scuro o grigio con bordi verdini. La camicia, anch’essa ricamata, ha un

colletto alto inamidato tutto cosparso di ricami ed ampie maniche.

Le bragas(pantaloni) sono larghe in tela di lino bianca e a metà polpaccio si vede la

lunga camicia a tunica e nella cintura di pelle vi è un curioso amuleto che viene

usato contro il malocchio.

Entrambi i costumi sono impreziositi da delicatissimi ricami di grande valore e strettamente legati da collane, catene,

ciondoli, amuleti, gioielli che le donne sarde conservavano con religiosità e che

vengono tramandati di generazione in generazione come fossero oggetti più

sacri che preziosi.

Naturalmente i costumi variano di religione in religione, questo è solo uno (Fonte immagini: Pinterest.com)

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Il merletto nacque nella seconda metà del XV secolo a Venezia, per ornare la biancheria e casa

l’Italia in questa storia gioca un ruolo da protagonista.

Uno dei primi riferimenti documentati comparve in una legge sontuaria del 1476, la quale prevede sanzioni per chi non limiti nel proprio abbigliamento il ‘point in aiere’. Lo scopo era il contenimento dell’uso di oggetti preziosi e di lusso, dello sfoggio di questi.

Una forte spinta alla sua diffusione fu data dalla dogaressa Morosini, moglie di Marino Grinami, incoronata dogaressa nel 1597 che, innamoratasi dell’arte del merletto, riuscì ad ottenere la promulgazione di leggi protettive e l’istituzione nel 1595, il primo laboratorio di merlettaie, nel quale trovarono impiego 130 lavoratrici e la cui produzione serviva in parte ad aumentare il corredo personale della dogaressa, in parte per essere inviato in dono alle sue amiche nelle più prestigiose corti di Europa. Alla sua morte il laboratorio fu chiuso, ma l’arte del merletto continuò a vivere attraverso le mani delle più brave merlettaie.

La richiesta di trine vaporose portò alla trasformazione del merletto ad ago, che abbandonò i grossi rilievi per una leggera rete di fondo, denominata più tardi merletto di Burano per distinguerlo dal classico di Venezia, da parte di famosi incisori, molti modellari.

Alla fine del XVI secolo i merletti divennero accessori di moda molto importanti: iniziò dunque una produzione di enormi porzioni a Burano. Il merletto veneziano veniva esportato in tutta Europa e aveva commissioni anche dal Re di Francia Luigi XIV, tanto che nella sua incoronazione sfoggiava un originale e prezioso collare di merletto che faceva spicco sul suo mantello, eseguito da abili merlettaie di Burano in due anni di paziente lavoro.

Tra le varie arti non va dimenticata

quella iniziata venticinque anni fa

nel nostro paese.

Il merletto è stato introdotto nel 1536

da mercanti provenienti da

Venezia»

(17)

Nell’ultimo quarto del XVIII secolo, nel periodo di

decadenza politica e crisi economica, anche il merletto tornò ad essere un’occupazione domestica. L’arte sarà comunque estesa dalle nobildonne che lavoravano ai propri corredi, alle fanciulle allevate nei vari istituti di carità, che con questi lavori si guadagnavano da vivere.

Se le prime erano vere e proprie virtuose dell’ago, negli istituti si andava diffondendo il più rapido pizzo a

fuselli, che si erano diffusi in Italia arrivati agli inizi del 1400, probabilmente dalla Magna Grecia e dall’Asia minore, sviluppato poi in molte città ed evolvendosi in stili e

modelli diversi che ancora oggi caratterizzano le varie lavorazioni di Milano, Genova, Cantù, Venezia con l’isola di Pellestrina e la vicina Chioggia. Le famosissime ‘Baruffe Chiozzotte’ di Goldoni si aprono per l’appunto su un campo dove le donne, attendono i mariti pescatori, lavorano a fuselli [...]

La lavorazione di questi di Pellestrina è documentata fino dalla metà del XVI secolo, diventandone la

caratteristica, come il pizzo ad ago era la specialità di

Burano e va detto che se in città il pizzo è lusso, nelle

isole diventata presto un buon sostegno per la famiglia

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Nel corso del ‘500 si diffuse in tutta Europa, contrastando per certi aspetti il più difficile ricamo ad aghi, finché anche la trina a fuselli divenne a poco a poco un segno di

distinzione ed un simbolo di ricchezza e potere: colletti, polsini, cuffie, fazzoletti e a

volte anche ai modelli più impegnativi. In particolare i due libri ‘Le Pompe’ (1557) sono la prima pubblicazione veneziana dedicata

esclusivamente ai fuselli e in cui l’autore dimostra una buona

conoscenza della tecnica, senza dare spiegazioni per l’esecuzione, perché si rivolge verosimilmente a merlettaie esperte.

Il fusello, non ha mai prevalso nell’ago, differenziandosi anche nel prezzo, sempre meno caro perché eseguito con fili molto fini, perciò ritenuto meno laborioso.

Ci fu un periodo nel XVIII sec., in cui si sviluppa in bellezza, vaporosità, preziosismo e virtuosismo, adoperando 1500 fuselli, passando

semplicemente dal bordo per camicie e grembiulini a decorazioni importanti su lenzuola, tende e tovaglie.

Raggiunge l’apice quando diventa simbolo di prestigio sociale, la produzione aumenta e le Fiandre producono manufatti di ottima qualità ed in così grande quantità da esportare. Nel 1665 il ‘Punto in aria’ diventa ‘Point de France’: iniziò così una forte concorrenza con il merletto di Burano.

Nonostante ciò il punto di Francia non riuscì mai ad eguagliare quello veneziano. Questi aveva fatto del pizzo un’arte, i francesi un’industria.

Per arginare l’introduzione e vendita di ‘merli bianchi e neri di seta

(19)

Con l’avvento delle macchine tessili, durante la produzione della Rivoluzione Industriale, il merletto fatto a mano venne quasi completamente abbandonato, per lasciar posto ad altri tipi di trina fatti a macchina e molto meno costosi. L’Inghilterra nel 1810 produce tulle

meccanico molto simile a quello fatto a mano con risparmio di tempo e denaro; l Regina Vittoria si sposa con un pizzo meccanico.

Il prodotto a mano cerca di stare al passo con quello meccanico, raggiungendo gli stessi tipi di esecuzione, mantenendo i bassi costi e riesumando ‘le tecniche sommarie e più rapide del

merletto a tombolo’. La grande produzione di merletto continuerà fino agli anni settanta, quando la nascita dell’alta moda riproporrà la qualità come prerogativa essenziale di

distinzione e di classe.

La Rivoluzione Francese con la caduta dell’Aincièn Regime, la Rivoluzione Industriale in

Inghilterra, con l’avvento del merletto a macchina, determinò il crollo del merletto a mano, ma non la sua scomparsa.

Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, fiorirono in Italia una serie di iniziative a sostegno dell’arte, in linea con la tendenza alla riscoperta dell’antico o revival e con il diffondersi delle linee di movimento della «Arts and Crafts» di William Morris.

Si tratta di attività per lo più filantropiche e gestite da nobili dame, le quali però hanno un notevole successo ed una valenza inedita per il loro farsi strumento di emancipazione delle donne impegnate nella produzione. Il culmine di queste iniziative si ha con la costituzione del 1903 delle ‘Industrie femminili Italiane’.

La grande Guerra porta nuovi cambiamenti nella moda femminile ed il merletto adesso è

ridotto alla sola guarnizione dei capi di corredo, biancheria intima o di abiti da cerimonia; si cercano così nuovi sbocchi e nel periodo tra le due guerre nasce il merletto d’arte. Numerosi artisti disegnavano modelli per ricami e merletti che propongono sulle più note riviste del settore dell’epoca.

Il sessantotto è l’emancipazione femminile, con il rifiuto dei modelli e delle attività

tradizionali, le quali sembrano dare al merletto il colpo di grazia; ma ancora una volta non è del tutto così: nel 1977 la mostra ‘I pizzi, la moda e il simboli’ (Milano-Venezia, 1977) ottenne un grande successo. E’ l’inizio di un percorso in cui si susseguirono mostre ed iniziative di ogni genere in tutto il territorio italiano, portando ad un rifiorire quasi prodigioso dell’arte che, giustamente, è stato definito ‘Nuovo Rinascimento’.

Attualmente il merletto vive una stagione matura ed è solidamente presente nel territorio

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IL MERLETTO A TOMBOLO tombolo? Cos’è il

(artimondo.it)

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Il tombolo è un cuscino a forma di rollo che poggia su un piedistallo di legno spostabile e

leggermente inclinato, in sostituzione di questo può servire anche un comune cestello.

Il rullo si prepara imbottendolo bene con paglia di riso o segatura e ricoprendolo con fodera

lavabile. E’ importante che esso sia molto duro e che gli spilli si infilino facilmente. Generalmente sono le merlettaie stesse a confezionarlo; poi, occorrono gli in ottone e argento del filo di lino, poi uno schema esatto del disegno che si vuole disegnare.

Il colore è il bianco, escluso naturalmente dove si adoperano fili colorati.

(LARCHIVIO.COM)

LAVORAZIONE DEL MERLETTO ITALIANO

Il ricamo necessita di un disegno su carta, appoggiato sulla stoffa e i cui contorni sono passati a punto filza doppio. Inutile dire che questa lavorazione, ‘orditura’ per essere più corretti, era eseguita a mano, ora si esegue a macchina. Sul rapporto cartaceo si inizia il lavoro, tenendo il filo tra l’orditura ed eseguendo l’asola.

In seguito si lavorano i collegamenti che legano e riempiono gli spazi tra le forme. «Il punto Venezia», così chiamato perché ricorda i punti della città. Si contorna poi il lavoro con il rilievo, cioè un filo più grosso fissato con minuscoli punti da filo sottilissimo tutt’intorno ai contorni del disegno. In certi punti del merletto si possono fare degli smerli.

MISURE PER IL MERLETTO

Nella lunghezza e nella trama di una fascetta,

dipendono soltanto dalla diversa combinazione dei punti base ma anche dal

numero di fuselli adoperati, che può esser di 8 fino ad un massimo di 80-100; anche i

fuselli impiegati per ottenere lavorazioni particolari,

come il pregiato ‘pizzo

(Fonte immagini:ebay.it-in basso- e acam.it-in alto)

(22)

IL MERLETTO DI

CANTU’ (IT.WIKIPEDIA.IT)

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Carlo Annoni nei suoi

appunti di storia di Cantù (1835), riferisce l’origine del pizzo di Cantu’all’XI secolo.

Agnese di Borgogna,

proveniente dal monastero benedettino cluniacense di santa Maria di Cantù, avrebbe introdotto, insegnato e

diffuso questa attività. Le prime notizie documentate però confermano la presenza di questa lavorazione alla fine del XV secolo, realizzato con fili di cotone, seta o lino.

Inoltre il punto Cluny

comparve nella lavorazione solo verso la metà del XIX sec., legato ad un lavoro

genovese del XVII secolo e conservato nel museo di Cluny a Parigi.

Il monastero di Santa Maria con le sue benedettine e le agostine di sant’Ambrogio producevano paramenti per le chiese cittadine. Possedevano

Nei primissimi anni dell’800 si calcolava che a Cantù lavorassero circa settecento merlettaie che eseguivano merletti in tutte le misure ed altezze. A metà Ottocento con l’arrivo della moda degli scialli e dei veli, il lavoro del merletto si sviluppò notevolmente che le canturine si dedicarono in massa a questa attività più favorevole e meno faticosa rispetto al lavoro nei campi.

Dopo una completa decadenza, il pizzo di Milano ebbe un ritorno di attività; sino alla prima metà dell’800 la produzione era limitata, con disegni semplici, comune merletto per la biancheria personale, di casa, lenzuola, paramenti di chiesa.

In questo periodo non vi sono innovazioni ma, si ripetono le tecniche e modelli, copiando disegni stranieri con fiori, anfore e vasi a forma di corno riboccanti di frutta e fiori.

Nell’ultimo quarto dell’800, Cantù rappresentava insieme alla Liguria, il

(LARCHIVIO.COM)

(Fonte immagini: uputube.com-in basso e coopmerletti.it-in alto)

(24)

Iniziò a nascere un vero e proprio mercato regolato dall’insorgere dei primi commercianti. La

concorrenza straniera e lo sviluppo nella Brianza della filatura, l’incannaggio della seta furono cause del

declino nuovamente nel 1870 circa, arrivando al suo

massimo splendore, producendo abiti

interamente di pizzo, oltre che camicie, veli, mantelline.

Nel ‘900 il disegno del

merletto canturino cerca di diffondersi e di trovare

nuovi schemi, però

riuscendoci solo in parte nell’intento; ancora nel secolo scorso le figlie dei contadini imparavano fin da piccole a manovrare i fuselli, iscrivendosi a quattro anni alla scuola di tombolo. La diffusione di quest’arte avviene per mezzo delle

diverse corti attraverso il

Nel 1907 la scuola diventa un Istituto professionale ciò, purtroppo non era ben visto dai commercianti, operando come normale produttore. Nel 1929, con la riforma della scuola, si tentò di aumentare e riavviare l’interesse oltre alla conoscenza dei lavori, ottenendo così un orario continuato nella scuola.

Nel 1931 gli allievi della scuola ebbero addirittura una retribuzione. Nel 1938 la scuola divenne sede legale di esami per il Una caratteristica fondamentale della lavorazione di Cantù

ne deriva dalla grossolanità del filo usato più che dalla

ricercatezza del sottilissimo lino di Fiandra, oltre all’improvvisa creatività.

Verso il 1950 il mercato non ebbe più grande richiesta ma il pizzo rimase nella cultura canturina. Le merlettaie continuarono ad eseguire merletti per la propria casa e le giovani per la propria dote. La riuscita di un pizzo per la donna di quei tempi era una grande soddisfazione ed una realizzazione di sé stessa.

Nascono le prime scuole, le quali erano delle case dove le donne con una certa esperienza, insegnavano alle loro allieve. Fra quest’ultime si riunivano bambine dai quattro ai dodici anni; il loro numero variava da 500 a 700 d’inverno.

Nel 1850 queste scuole erano sedici, le cui allieve pagavano una quota di dieci soldi al mese, oltre al tombolo, al cuscino, gli spilli ed i fuselli. In ogni caso si sentiva la necessità di una vera e propria scuola, indispensabile per un lavoro di una certa importanza come quello di Cantù.

Nel 1881 nacque una vera e propria istituzione; nel 1883 il primo corso.

(orgwikipedia.it)

(25)

A causa di quest’ultima, solo nel 1954 ottenne l’ordine di una reale scuola d’arte di

secondo grado, con corsi quinquennali.

Cantù assieme ad altre 24 comunità presenti nelle varie regioni d’Italia, in rappresentanza di tutte le tecniche e tipologie di merletto, stanno

lavorando al dossier per poter inserire «L’arte di saper fare il merletto Italiano» quale bene

immateriale, nella lista rappresentativa nazionale.

Nel maggio 2019 è stato firmato un protocollo d’intesa fra le comunità e contestualmente una fra le rispettive Amministrazioni a sancire la

comunanza d’intenti.

(WIKIPEDIA.IT)

(ORG.WIKIPEDIA.IT)

IL MERLETTO DI CANTU’ ALL’EXPO

L’incontro di 12 Comuni che vogliono inserirlo nel ‘patrimonio dell’UNESCO’.

Al padiglione ‘Kip School S1’ di Expo, è stato sottoscritto il ‘Protocollo d’intesa’ per sostenere tale progetto. Protagonisti dodici Comuni, tra cui naturalmente Cantù oltre a Bologna, Bolsena; Forlì, Gorizia, Orvieto, Varallo sesia, Venezia, Chiavari, Meldola, L’Aquila e Latronico.

Tra i capofila dell’amministrazione canturina, rappresentata dall’assessore alla cultura Francesco Pavesi: «La cultura del merletto rappresenta la capacità femminile di conservare nel tempo una grande tradizione artistica e lavorativa.» bisogna valorizzare la grande rete del sapere e della competenza, soltanto grazie a ciò saremo in grado di conservare e trasmettere nel tempo questo grande patrimonio di virtù.

CANTU’ OGGI

(LAPROVINCIADICOMO.IT)

(Fonte immagini:

laprovincia dicomo.it)

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LAVORAZIONE

«ui pizz», come viene chiamato nel dialetto canturino, è un merletto prodotto intrecciando fili, solitamente cotone, lino o seta, i quali vengono avvolti su fuselli, «i oss».

L’intreccio viene lavorato su una base di appoggio, il tombolo, «ul cusin»,costituito da un cuscino di forma

cilindrica imbottito di crine, appoggiato su un cavalletto,

«ul pundin» e, mantenuto inclinato tramite un’ossicella di legno, «la traperla».

Al lavoro concorrono diverse figure professionali

specifiche: la disegnatrice, progetta la trama sulla cartina, la spuntatrice, esegue i fiori sul cartone ed infine la

merlettaia, realizza il pizzo. Per ottenere il merletto desiderato occorre usare un cartoncino (detto «la cartina»), sul quale la disegnatrice elabora la traccia,

dopodiché, il lavoro passa alla spuntatrice, eseguendo fiori sul cartoncino e spuntandolo lungo le linee del tracciato fissandolo al tombolo con degli spilli, «i gugitti». In alcuni punti del lavoro viene usato anche un uncinetto di misura piccola, tra 0.40 e 0.60 mm, «ul cruscé», ed una forbicetta.

Le donne canturine addestrate dalle suore sapevano anche

(WIKIPEDIA.ORG)

Una volta terminata la lavorazione, e realizzato il disegno che si era progettato all’inizio, il pizzo di Cantù viene staccato dei punti di supporto per essere fissato ad una stoffa come ornamento o, viene utilizzato così come è stato realizzato, per pregiati bijoux per signore e donne dello spettacolo. A seconda delle dimensioni del filato e della particolarità dei disegni, il merletto più o meno pregiato e

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FUSELLI TOMBOLO

CAVALLETTO (non visibile in foto)

ASTICELLA DI LEGNO

ELEMENTI PRINCIPALI CHE COMPONGONO IL TOMBOLO

(acam.it)

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IL MERLETTO SUL CAMPO:

LA MODA (VOGUE.COM)

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Domenico Dolce e Stefano Gabbana per celebrare il 25°

anniversario della loro attività decisero, nel 2011 di creare una collezione quasi tutta bianca; quale miglior modo per spostarsi nel loro quarto di secolo, secondo il loro

pensiero, se non l’ardesia vuota di un tale colore?

L’idea alla base dello spettacolo è stata la speranza: i corredi e ciò che è stato tramandato alla sposa viene messo in valigia prima di partire per il prossimo capitolo della sua vita.

Oltre alla lingerie per le nozze, il corredo di Dolce&Gabbana era pieno di copri letti, tovaglie e tende trasformate in

familiari guaine a clessidra, gonne sexy, bambino-doll abiti, tutine e non pochi corsetti va-va-room.

Ne uscirono in borderai Anglais, quello che sembrava un antico chiacchierino a mano ed uncinetto, un velluto floreale oltre all’inconfondibile stampa leopardata. Per

finire: più pizzo soffocato in cristalli chiari per un look da

sera scintillante.

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(Fonte immagini:

Vogue.com)

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