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L’illecito senza sanzione. La rilevanza “criminologica” del cyberbullismo e le misure a carattere preventivo/inibitorio della legge n. 71 del 2017
The crime without punishment. Cyberbullying and the prevention measures introduced by Law No 71/2017
di Giulio Baffa
ABSTRACT
La legge n. 71 del 2017 introduce nell’ordinamento italiano strumenti preventivi e rimedi a carat- tere ripristinatorio-cautelare contro il preoccupante fenomeno del cyberbullismo, senza tuttavia prevedere una fattispecie incriminatrice ad hoc. Sebbene la definizione contenuta nell’art. 1 del- la legge Ferrara individui una classe eterogenea di “condotte” penalmente rilevanti, il legislatore continua ad apprestare una tutela penale soltanto “indiretta” al fenomeno, attingendo al bacino san- zionatorio già esistente con riferimento ad altre fattispecie incriminatrici.
This paper deals with the prevention measures and the protective measures ruled by the Law No 71/2017 against the worrying phenomenon of cyberbullying, without the introduction of a crime ad hoc. Although the definition referred to in the Article 1, Law No 71/2017 identifies a complex class of criminally relevant conducts, the legislator provides only indirect criminal protection, through the sanctioning system established for other crimes.
Sommario
1. Dal “caso Google-Vivi Down” alla legge n. 71 del 2017 (c.d. Legge Ferrara) 2. La rilevanza penale del cyberbullismo. Il tentativo di una definizione “omnibus”
3. Le misure a carattere preventivo di cui agli artt. 3, 4 e 6 della legge Ferrara. Le linee di orientamento per la pre- venzione e il contrasto dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo (aggiornamento 2021)
4. I rimedi “successivi” previsti dagli artt. 2, 5 e 7 della Legge Ferrara. La procedura di ammonimento di cui all’art. 8, d.l. n. 11 del 2009
Summary
1. From the case about “Google-Vivi Down” to Law No. 71/2017 2. The crime of cyberbullying. A complex definition
3. The prevention measures introduced by Articles 3, 4 and 5 of Law No. 71/2017. The lines for the prevention and fight against cyberbullying
4. The protective measures introduced by Articles 2, 5 and 7 of Law No. 71/2017. The warning from Authority referred to in Article 8, d.l. No 11/2009
1. Dal “caso Google-Vivi Down” alla legge n. 71 del 2017 (c.d. Legge Ferrara)
L’eco della tristemente nota vicenda umana (prima che giudiziaria) del “caso Google-Vivi Down”1 risuonava fin troppo chiaramente quando il legislatore italiano, senza mai ri-
1 Tra i numerosi commenti dedicati al “caso Google- Vivi Down” si segnalano F. SGUBBI, Parere pro verita- te, in Dir. Inf., 2009, 746 ss.; A. MASSARO, La respon- sabilità colposa per omesso impedimento di un fatto illecito altrui, Napoli, 2013, 48 ss.; F. DI CIOMMO, Pro-
grammi filtro e criteri di imputazione/esonero della responsabilità on line. A proposito della sentenza Google/Vivi Down, in Dir. inf., 2010, 829 ss.;A. ALBA- MONTE,La responsabilità penale dell’Internet Provider tra libertà di comunicazione e tutela dei singoli, in Querst. giust., 2010, 184 ss.; R. LOTIERZO, Il caso Google-Vivi Down quale emblema del difficile rappor- to degli internet providers con il codice della privacy, in Cass. pen., 2010, 3986 ss.; L. BEDUSCHI, Caso Google: libertà d’espressione in internet e tutela dell’onore e della riservatezza, in Corr. mer., 2010, 960; F.G. CATULLO, Ai confini della responsabilità penale: che colpa attribuire a Google, in Giur. mer.,
nunciare ad un tormentato iter parlamentare, elaborò un sistema di strumenti preventivi e di rimedi a carattere ripristinatorio-cautelare contro il fenomeno ancora dilagante del cy- berbullismo2. Il riferimento è alla legge del 29 maggio 2017, n. 71 (c.d. Legge Ferrara) contenente “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del feno- meno del cyberbullismo”, che all’art. 1 chia- risce come «la […] legge si pone l’obiettivo di contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione dei con- fronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeci- ti, assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione di età nell’ambito delle isti- tuzioni scolastiche»3.
Se è pur vero che il “caso Google-Vivi Down”
ha interessato il giurista tendenzialmente in relazione alla tematica della responsabilità penale dell’Internet Service Provider (in par- ticolare dei vertici di Google Italia e di Goo-
2011, 163 ss.; V. PEZZELLA,Google Italia, diffamazio- ne e riservatezza: il difficile compito del provider (e del giudice), ivi, 2255 ss.; F. RESTA,La rete e le uto- pie regressive (sulla conclusione del caso Goo- gle/Vividown), in Dir. Inf., 2014, 240 ss.; A. INGRASSIA, Il ruolo dell’isp nel ciberspazio: cittadino, controllore e tutore dell’ordine? Risposte attuali e scenari futuribili di una responsabilità penale dei provider nell’ordinamento italiano, in Internet provider e giusti- zia penale. Modelli di responsabilità e forme di colla- borazione di processuale, a cura di L. Luparia, Mila- no, 2012, 47 ss.
2 Cfr. M. ALOVISIO,Bullismo e cyberbullismo dal punto di vista giuridico, in Stalking, atti persercutori, cyber- bullismo e tutela dell’oblio, a cura di G. Cassano, Assago, 2017, 149 ss. che fornisce interessanti (e preoccupanti) dati statistici sul fenomeno de quo.
3 Per una prima analisi della l. n. 71 del 2017 v., in particolare, C. GRANDI,Il “reato che non c’è”: le finali- tà preventive della legge n. 71 del 2017 e la rilevanza penale del cyberbullismo, in Studium Iuris, 12/2017, 1440 ss.; V. SELLAROLI, Il nuovo reato di cyberbulli- smo (l.29 maggio 2017, n. 71), Milano, 2017 e l’opera collettanea Cyberbullismo alla luce della legge 29 maggio 2017, n. 71, a cura di M. Alovisio, G.B. Gal- lus, F.P. Micozzi, Roma, 2017. Per un’indagine socio- logica del fenomeno si rinvia all’opera collettanea Cyberbullismo, a cura di S. Bolognini, Milano, 2017.
gle Inc.) per omesso impedimento del delitto di diffamazione aggravata (artt. 110, 40, cpv, 595, primo e secondo comma, c.p.) e per trattamento illecito di dati personali (artt. 110, 167, primo e secondo comma, d.lgs. n. 196 del 2003)4, la vicenda fattuale suggerisce di
4 Volendo tentare una ricognizione della vicenda pro- cessuale del “caso Google-Vivi Down”, il Tribunale di Milano (Trib. Milano, 12 aprile 2010, n. 1972) se da una parte escludeva la sussistenza in capo ai vertici di Google di una posizione di garanzia tale da ricono- scere la penale responsabilità per concorso omissivo nel delitto di diffamazione aggravata, dall’altra parte condannava gli imputati per illecito trattamento di dati personali di cui all’art. 167 d.lgs. n. 196 del 2003, in considerazione della vaghezza delle informazioni in materia di privacy che la piattaforma di Google forni- va agli utenti in sede di upload del materiale audiovi- sivo. La Corte d’Appello di Milano, tuttavia, assolveva gli imputati anche in riferimento al delitto di trattamen- to illecito di dati personali (Corte App. Milano, Sez. I pen., 27 febbraio 2013, n. 8611); decisione conferma- ta anche dai Giudici di legittimità secondo cui la posi- zione dei vertici di Google «è quella di mero Internet host provider, soggetto che si limita a fornire una piattaforma sulla quale gli utenti possono liberamente caricare i loro video; video del cui contenuto restano gli esclusivi responsabili. Ne consegue che gli impu- tati non sono titolari di alcun trattamento e che gli unici titolari del trattamento dei dati sensibili even- tualmente contenuti nei video caricati sul sito sono gli stessi utenti che li hanno caricati, ai quali solo posso- no essere applicate le sanzioni, amministrative e penali, previste per il titolare del trattamento dal Codi- ce Privacy» (Cass., Sez. III pen., 3 febbraio 2014, n.
5107, punto 8 del Considerato in diritto). Sul punto v.
A. MASSARO,G.BAFFA,Pedopornografia online: stru- menti di prevenzione e di contrasto, Caltanissetta, 2020, 131 ss. In generale, sulla tematica della re- sponsabilità dell’Internet Service Provider v. A. MAS- SARO,La responsabilità colposa per omesso impedi- mento di un fatto illecito altrui, cit., 41 ss.; V.ZENO- ZENCOVICH, I rapporti tra responsabilità civile e re- sponsabilità penale nelle comunicazioni su Internet (riflessioni preliminari), in Dir. Inf., 1999, 1050 ss.; T.
PASQUINO, Servizi telematici e criteri di responsabilità, Milano, 2003;F. DI CIOMMO, Evoluzione tecnologica e regole di responsabilità civile, Napoli, 2003; S. SICA, Le responsabilità civili, in Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione, a cura di E.
Tosi, Milano, 2003, 267 ss.; M.GAMBINI, Le respon- sabilità civili dell’Internet service provider, Napoli, 2006; E.TOSI, Diritto privato dell’informatica e di In- ternet. I beni – I contratti – Le responsabilità, Milano, 2006; M.DE CATA, La responsabilità civile dell’internet
per sé validi spunti di riflessione sulla tema- tica del cyberbullismo: un utente italiano ca- ricava, per la successiva diffusione, un file video sulla piattaforma Google Video, che mostrava alcuni studenti minorenni di un istituto scolastico torinese intenti ad umiliare ed offendere un compagno affetto da sin- drome di Down. A seguito di numerose se- gnalazioni in rete e della richiesta della Poli- zia postale e delle comunicazioni, il video veniva rimosso due mesi dopo l’upload.
Non pare dunque possa mettersi seriamente in dubbio come il “caso Google-Vivi Down”
sia esemplificativo del fenomeno criminolo- gico del cyberbullismo: invero, le immagini delle azioni vessatorie e offensive nei con- fronti del soggetto “debole” venivano diffuse attraverso le reti globali con l’irrimediabile conseguenza di essere astrattamente ripro- ducibili per un numero illimitato di volte.
Un’ultima precisazione di carattere prelimi- nare si rende tuttavia necessaria: la legge n.
71 del 2017 se, da una parte, descrive in modo dettagliato, attraverso lo strumento definitorio, le condotte del cyberbullo, dall’altra parte non prevede alcuna conse- guenza sanzionatoria di tali comportamenti.
Il legislatore del 2017, detto altrimenti, non ha introdotto il nuovo (e auspicato) reato di
“cyberbullismo”5, posto che non vi può esse- re alcun comando senza sanzione e che l’unico indice normativo per stabilire la rile- vanza penale di un certo comportamento
“tipico” è, appunto, la sanzione penale6.
service provider, Milano, 2010; A. MANTELERO, La responsabilità online: il contratto nella prospettiva dell’impresa, in Dir. Inf., 2010, 405 ss.; E. TOSI, La responsabilità civile per fatto illecito degli Internet Service Provider e dei motori di ricerca a margine di recenti casi «Google Suggest» per errata program- mazione dei Software di ricerca e «Yahoo Italia!» per link illecito in violazione dei diritti di proprietà intellet- tuale, in Riv. Dir. Ind., 2012, 44 ss.
5 Quest’aspetto viene chiaramente evidenziato da C.
GRANDI, Il “reato che non c’è”: le finalità preventive della legge n. 71 del 2017 e la rilevanza penale del cyberbullismo, cit., 1440.
6 Sulla relazione tra sanzioni e comandi v. R. GUASTI- NI,La sintassi del diritto, II ed., Torino, 2014, 59.Nella
Ancora una volta, dunque, ne esce confer- mata l’impressione per cui il legislatore abbia predisposto una tutela penale solo “indiretta”
del fenomeno criminologico de quo – e, quindi, non sempre effettiva, considerato il carattere peculiare e multiforme delle con- dotte illecite in rete –, attingendo, di fatto, al bacino sanzionatorio già esistente con rife- rimento ad altre fattispecie incriminatrici che potrebbero venire in considerazione nei sin- goli casi concreti.
2. La rilevanza penale del cyberbullismo.
Il tentativo di una definizione “omnibus”
Muovendo dalla premessa per cui la Legge Ferrara non ha introdotto nell’ordinamento penale italiano alcuna fattispecie incrimina- trice ad hoc di cyberbullismo, si è tuttavia enucleata una “definizione” ampia del feno- meno criminale. Il secondo comma dell’art. 1 l. n. 71 del 2017 statuisce infatti che per
«“cyberbullismo” si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del mi- nore il cui scopo intenzionale e predominan- te sia quello di isolare un minore o un grup- po di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso o la loro messa in ridico- lo»7.
dottrina penalistica, per tutti M. TRAPANI,La divergen- za tra il “voluto” e il “realizzato”, Torino, 2006, 235.
7 Cfr. C. GRANDI,Il “reato che non c’è”: le finalità pre- ventive della legge n. 71 del 2017 e la rilevanza pe- nale del cyberbullismo, cit., 1448 ss. che propone l’efficace distinzione tra fattispecie incriminatrici appli- cabili al c.d. cyberbullismo improprio (si pensi ai casi a.e. di cyberashing o di happy slapping), che si verifi- ca quando un episodio di bullismo off-line già di per sé penalmente rilevante viene documentato con im- magini o riprese, diffuse successivamente in rete; al c.d cyberbullismo proprio (si pensi agli episodi di fla- ming, di harassment, di denigration o di impersona- tion), che si esplicita con condotte vessatorie perpe- trate ab origine nel mondo digitale; ed infine, al c.d.
Il legislatore dunque individua una classe eterogena di comportamenti prevaricatori, realizzati attraverso l’utilizzo dei canali web a danno di minori e caratterizzati dalla finalità di ghettizzare la vittima all’interno del conte- sto sociale di riferimento, lasciando tuttavia all’interprete l’arduo compito di selezionare le singole fattispecie incriminatrici di parte speciale rilevanti per il singolo caso concre- to8. A venire in considerazione sono anzitut- to il delitto di diffamazione, nell’ipotesi ag- gravata dal fatto commesso «col mezzo del- la stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità» di cui all’art. 595, terzo comma, c.p.9 e il delitto di trattamento illecito di dati
cyberbullismo ibrido (si pensi alle condotte di outing and trickery), caratterizzato dal fatto che le immagini digitali di un episodio della vita reale di per sé penal- mente irrilevante vengono immesse in rete, con con- seguente assunzione di rilevanza penale della stessa condotta di diffusione.
8 Sulla rilevanza penale del cyberbullismo, v. per tutti M.C. PARMIGGIANI, Il cyberbullismo, in Cybercrime, diretto da A. Cadoppi, S. Canestrari, A. Manna, M.
Papa, Torino, 2019, 631 ss.; EAD.,Il Cyberbullismo:
verso la tutela della riservatezza, in Web, social ed etica. Dove non arriva la privacy: come creare una cultura della riservatezza, a cura di E. Romanelli, Pisa, 2018, 67 ss.; F. DI RESTA, I nuovi percorsi di tutela del minore nella legge sul cyberbullismo, in Stalking, atti persercutori, cyberbullismo e tutela dell’oblio, cit., 177 ss.; E. VIRELLI, Riflessione sulla tutela giurisdizionale penale del minore: bullismo e cyberbullismo, ivi, 209 ss.; V. SELLAROLI,I reati fami- liari e relazionali, in Diritto penale dell’informatica, a cura di C. Parodi, V. Sellaroli, Milano, 2020, 235 ss.
9 È da considerarsi ormai del tutto consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in caso di contenuti diffamatori immessi in siti web, blog, fo- rum, giornali online, ravvisa la fattispecie di diffama- zione aggravata dall’uso di mezzo di pubblicità, data la particolare diffusività di tali mezzi di comunicazione (ex multis, Cass., Sez. V pen., 28 settembre 2017, n.
52743; Cass., Sez. V pen., 23 gennaio 2017, n. 8482;
Cass., Sez. V pen., 16 ottobre 2012, n. 44980; Cass., Sez. V pen., 15 marzo 2011, n. 16307; Cass., Sez. V pen., 1° luglio 2008, n. 31392; Cass., Sez. V pen., 4 aprile 2008, n. 16262). Particolare attenzione è da riservare, poi, alla pubblicazione di contenuti offensivi sui social network, come ad esempio Facebook: a ben vedere, le bacheche Facebook ricomprendono per comune esperienza un numero apprezzabile di persone, le quali se ne avvalgono per instaurare e coltivare relazioni interpersonali allargate ad un grup-
personali di cui all’art. 167 d.lgs. n. 196 del 2003 (c.d. Codice privacy)10, esplicitamente richiamate dalla definizione contenuta nel secondo comma dell’art. 1 della l. n. 71 del 2017. Per ciò che concerne la condotta di molestia – anch’essa identificata come com- portamento “tipico” del cyberbullo – deve intendersi, almeno nel linguaggio comune, ogni interferenza indiscreta, non gradita ov- vero diretta a destabilizzare l’equilibrio psico- logico e la sfera intima, affettiva e relazione del singolo, nonché ogni comportamento che produca un effetto condizionante sulla libertà di scelta e di autodeterminazione del- la vittima11. Pressoché automatici sono il riferimento alla contravvenzione di cui all’art.
660 c.p. “Molestia o disturbo alle persone” e, nel caso di molestia sessuale, ai delitti di cui agli artt. 609-bis c.p. ss., in particolare il de-
po non determinato di aderenti, al fine di una costante socializzazione. Detto altrimenti, il social network per sua natura possiede la potenziale capacità di rag- giungere un numero indeterminato di persone (v., solo a titolo meramente esemplificativo Cass., Sez. I pen., 2 dicembre 2016, n. 50; Cass., Sez. V pen., 14 novembre 2016, n. 4873; Cass., Sez. V pen., 7 otto- bre 2016, n. 2723; Cass., Sez. V pen., 13 luglio 2015, n. 8328; Cass., Sez. I pen., 28 aprile 2015, n. 24431;
Cass., Sez. I pen., 22 gennaio 2014, n. 16712). In argomento, per tutti F. CECCHINI, La diffamazione.
Tutela penale della reputazione e responsabilità per omesso contro nelle offese “a mezzo stampa” e “a mezzo internet”, in Temi penali., Volume II, Delitti contro la persona. Delitti contro il patrimonio, a cura di M. Trapani, A. Massaro, 2018, 192 ss.
10 Per un commento della fattispecie prevista nel Co- dice privacy sia consentito il rinvio a G. BAFFA,Il si- stema sanzionatorio previsto dal codice della privacy.
Obblighi eurounitari di tutela (penale?) e fattispecie incriminatrici “meramente sanzionatorie”, in Diritto penale e privacy, a cura di A. Massaro, Pisa, 2020, 67 ss. anche per tutti gli ulteriori riferimenti dottrinali e giurisprudenziali.
11 G. CONTENTO, Molestie o disturbo alle persone, in Enc. giur. Treccani, vol. XX, 1990, 2, l’A. definisce il concetto di molestia «ogni comportamento idoneo a ledere il diritto del soggetto a disporre, in modo paci- fico ed esclusivo, del proprio tempo, della propria persona, del proprio modo d’agire, in definitiva, del proprio modo di vivere, senza dover subire interfe- renze motivazionali, non accette né gradite, che siano idonee ad alterare il normale processo di formazione della sua volontà».
litto di atti sessuali con minorenne (art. 609- quater c.p.) e il delitto di corruzione di mino- renne (art. 609-quinquies) c.p.12.
La molestia, unitamente alla minaccia – il cui concetto può essere sostanzialmente ricon- dotto a quello di “ricatto”, impiegato nella definizione proposta dal legislatore del 2017 –, costituiscono, inoltre, le condotte tipiche, in forma reiterata, del delitto di atti persecu- tori di cui all’art. 612-bis c.p., la cui applicabi- lità ai casi di cyberbullismo non sembra par- ticolarmente problematica, soprattutto nelle ipotesi aggravate del secondo comma (fatto commesso attraverso strumenti informatici o telematici) e del terzo comma (fatto com- messo a danno di minore o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104), sempreché si verifi- chi (almeno) uno degli eventi naturalistici previsti dalla norma.
Nulla esclude poi un’eventuale configurazio- ne dei delitti di sostituzione di persona (art.
494 c.p.), di minaccia (art. 612 c.p.), di vio- lenza privata (art. 610 c.p.), di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), di accesso abusivo a sistema informatico (art.
615-ter c.p.), di diffusione di riprese e regi- strazioni fraudolente (art. 617-septies c.p.), i cui modelli legali astratti appaiono del tutto
“compatibili” con quanto descritto dal secon- do comma dell’art. 1 l. n. 71 del 2017.
Una trattazione a parte merita la possibile rilevanza penale delle condotte di cyberbulli- smo ai sensi del “nuovo” delitto di cui all’art.
612-ter c.p. “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, introdotto con il c.d. codice rosso (legge n. 69 del 2019 13 e
12 Sulla molestia sessuale, soprattutto nel discrimen tra la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p., il delitto di atti persecutori e il delitto di violenza sessuale sia consentito un rinvio a G. BAFFA,Gli atti persecutori.
Gli elementi costitutivi della fattispecie e la definizione dei rapporti reciproci con altre norme incriminatrici, in Temi penali, cit., 238 ss.
13 Per alcune prime riflessioni (anche critiche) sul disegno di legge c.d. “Codice Rosso” v. L.ALGHERI, Il c.d. codice rosso: tempi rapidi per la tutela delle vitti- me di violenza domestica e di genere, in Dir. pen.
proc., 10/2019, 1363 ss.
presentato fin da subito come la risposta dell’ordinamento italiano al fenomeno del c.d.
revenge porn14.
I “riflettori” sulla c.d. pornovendetta si sono accesi in Italia a seguito del tristemente noto suicidio di Tiziana Cantone, avvenuto in se- guito alla diffusione “virale” di alcuni filmati a contenuto erotico che ritraevano la vittima15. Il caso, per quanto non possa essere ricon- dotto nell’alveo delle ipotesi di cyberbullismo, in considerazione della maggiore età della persona offesa, presenta, mutatis mutandis, evidenti affinità con il fenomeno criminale qui in esame, ossia la diffusione in rete di con- tenuti multimediali, al fine di recare un attac- co denigratorio o la messa in ridicolo della vittima.
Al riguardo, sul versante penalistico, l’ordinamento italiano ha mostrato un’evidente ineffettività di tutela, registrando ben due archiviazioni del caso giudiziario:
dapprima, il Gip di Napoli ha archiviato il procedimento per diffamazione nei confronti dei quattro uomini che avrebbero diffuso i video in questione e, successivamente, quello contro ignoti per istigazione al suici- dio16.
L’emergenza è, poi, riemersa di recente a danno di una Parlamentare della Repubblica Italiana, vicenda che ha dato un forte impul- so “politico” all’approvazione del nuovo art.
612-ter c.p.
La norma, salvo che il fatto costituisca più grave reato, punisce con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 5.000 a
14 Sul complesso fenomeno del c.d. revenge porn, anche in chiave comparatistica e per importanti preci- sazioni terminologiche v. G.M. CALETTI, “Revenge porn” e tutela penale. Prime riflessioni sulla crimina- lizzazione specifica della pornografia non consensua- le alla luce delle esperienze angloamericane, in Dir.
pen. cont. – Riv. Trim., 3/2018, 65 ss.
15 Un’efficace ricostruzione del caso di Tiziana Can- tone è offerta da G.M. CALETTI, “Revenge porn” e tutela penale, cit., 65 ss.
16 Nell’ambito della responsabilità civile, invece, v. M.
MONTANARI, La responsabilità delle piattaforme on- line (il caso Tiziana Cantone), in Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, II/2017, 254 ss.
(commento a Trib. Napoli Nord, 03 novembre 2016).
15.000 euro, la condotta di chi, dopo averli realizzati o sottratti e senza il consenso delle persone rappresentate, invia, consegna, ce- de, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati (primo comma). Il secondo comma, configurando una modalità di realiz- zazione dell’offesa “alternativa” allo schema descritto dalla prima fattispecie, incrimina colui il quale, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li invia, con- segna, cede, pubblica o diffonde al fine di recare nocumento ai soggetti raffigurati17. Il discrimen delle due disposizioni “equiva- lenti” è segnato dalla diversa modalità con cui l’agente sia entrato in possesso del ma- teriale “intimo”: mentre nell’ipotesi disciplina- ta dal primo comma, il distributore produce
“di mano propria”, anche con il consenso della vittima, ovvero sottrae dalla persona rappresentata il materiale pornografico (c.d.
distributore originario), in quella prevista dal secondo comma, il soggetto attivo divulga le immagini intime o sessuali, ricevute da terze persone o diversamente acquisite (c.d. se- condo distributore). In quest’ultimo caso, ai fini di tipicità, il legislatore richiede il perse- guimento di una particolare finalità (c.d. dolo specifico di ulteriore offesa), ossia che il soggetto agisca al fine di recare nocumento alle persone rappresentate. Proprio tale re- quisito potrebbe sollevare non pochi pro- blemi nella prassi applicativa, posto che all’interno del fenomeno del revenge porn coesistono situazioni fattuali molto diverse
17 Sull’art. 612-ter c.p. si segnalano i commenti di B.
ROMANO, L’introduzione dell’art. 612-ter del codice penale in materia di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 10, l. 19 luglio 2019, n. 69), in Commento alla L. 19 luglio 2019, n. 69 in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, a cura di B. Romano, A. Marandola, Pacini Editore, 2020, 105 ss.; S.LOMETTI, Dei delitti contro la persona e delle leggi ad essi connesse. Il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, in Il codice rosso commento organico alla legge 19 luglio 2019, n. 69, in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, a cura di A.
Conz, L. Levita, Dike, 2019, 228 ss.
tra loro e che, non raramente, possono pre- scindere da un’intenzione di “vendetta”, co- me appunto nei casi di bullismo e cyberbulli- smo in cui la finalità è generalmente quella di ridicolizzare la vittima nel contesto sociale di riferimento: l’accertamento giudiziale del dolo specifico, in effetti, potrebbe risolversi una probatio diabolica.
In definitiva, sembra potersi affermare che se, da una parte, le “nuove” fattispecie in- criminatrici sono in grado di ricomprendere nella sfera del penalmente rilevante ipotesi non perfettamente riconducibili al fenomeno della pornovendetta da parte dell’ex partner, considerando che nella formulazione astrat- ta il legislatore non richiede quale presuppo- sto del reato alcuna dinamica relazionale pregressa o in fieri, dall’altra parte il rischio è quello di lasciare impunite condotte partico- larmente lesive della libertà sessuale della vittima. Già nel caso di Tiziana Cantone, infatti, la finalità vendicativa non è apparsa di immediata evidenza.
La nuova fattispecie, inoltre, sembrerebbe in un certo senso colmare “i vuoti di tutela” de- rivanti dai delitti sessuali contro minori e, in particolare, dall’art. 600-ter c.p., che, secon- do la giurisprudenza di legittimità, può trova- re applicazione solo allorquando il materiale erotico non sia autoprodotto dal minore stesso ovvero ceduto spontaneamente a terzi (fenomeno del c.d. sexting, tanto nelle ipotesi di sexting primario, quanto in quelle di sexting secondario)18.
Da ultimo, si rende necessario approfondire brevemente quei casi, tutt’altro che infre- quenti nelle pagine di cronaca nera, in cui dai comportamenti denigratori e offensivi derivi come conseguenza drammatica il sui- cidio della vittima minore. Pressoché obbli- gato diviene dunque il riferimento al delitto di
18 Cass., Sez. III pen., 21 marzo 2016, n. 11675, sulla quale v. M. BIANCHI, Il “sexting”minorile non è più reato? Riflessioni a margine di Cass. pen., sez. III, 21 marzo 2016, n. 11675, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 1/2016, 139 ss. In argomento, amplius A. MASSARO, G. BAFFA, Pedopornografia online: strumenti di pre- venzione e di contrasto, cit., 53 ss.
istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.).
Più nel dettaglio, a venire in rilievo in queste ipotesi potrebbe essere l’art. 580 c.p. sotto il profilo dell’aiuto morale19: la diffusione del materiale multimediale potrebbe infatti de- terminare la vittima al suicidio in quanto re- puta insopportabile e irreversibile l’offesa alla propria dignità, riservatezza e alla libertà morale. Non si può non rilevare tuttavia co- me in sede applicativa la partecipazione (morale) all’altrui suicidio da parte del cyber- bullo potrebbe dar luogo, ancora una volta, ad una probatio diabolica, sotto il profilo dell’accertamento della causalità psichica.
Tra le fattispecie incriminatrici che potrebbe- ro poi venire in considerazione in caso di suicidio della vittima come conseguenza dei comportamenti penalmente rilevanti vi è cer- tamente l’art. 586 c.p. il quale stabilisce che
«quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non volu- ta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell’art.
83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate»20.
Il soggetto risponderà quindi del delitto dolo- so voluto (e realizzato) e, in concorso forma- le, dell’omicidio colposo o delle lesioni col- pose, con un trattamento sanzionatorio più severo di quello che deriverebbe dagli artt.
589 e 590 c.p. L’art. 586 c.p. rappresenta chiaramente una norma di chiusura del si- stema dei delitti posti a tutela della vita e dell’incolumità individuale, in quanto destina- to a comprendere tutti i casi in cui, da una parte, non possa trovare applicazione l’omicidio preterintenzionale e, dall’altra par- te, la responsabilità per la morte o le lesioni come conseguenza non voluta non sia già prevista da altre fattispecie di parte speciale, riconducibili alla categoria dei delitti aggrava-
19 Per un’analisi della fattispecie di cui all’art. 580 c.p.
si rinvia a A.MASSARO,Questioni di fine vita e diritto penale, Torino, 2020, 37 ss.
20 Per tutti i necessari riferimenti e per una efficace sintesi si rinvia a A. MASSARO, L’omicidio preterinten- zionale. Il consenso della vittima e l’imputazione dell’evento ulteriore, in Temi penale, cit., 112 ss.
ti dall’evento: si pensi, a quest’ultimo propo- sito, agli articoli 571, secondo comma c.p., 572, terzo comma c.p., 588, secondo com- ma c.p., 591, terzo comma c.p., 592, terzo comma c.p.
Muovendo da queste premesse di carattere strettamente teorico, nulla esclude l’integrazione dell’art. 586 c.p. nel caso in cui dal reato, ad esempio, di diffamazione ovve- ro di trattamento illecito di dati personali de- rivi il suicidio della cybervittima, fermo re- stando l’accertamento della dimensione og- gettivo-causale tra il reato doloso base e il suicidio del minore e della sussistenza della colpa in concreto dell’evento morte “ulterio- re”, secondo i criteri elaborati dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza Ronci21. In questo caso, se da una parte verrebbe risolta ogni difficoltà legata all’omogeneità delle offese, dall’altra parte si potrebbe discutere sulla possibilità o meno di applicare la fattispecie de qua anche nell’ipotesi di morte da suicidio, atto posto in essere di mano propria dalla vittima e giuri- dicamente tollerato dall’ordinamento.
3. Le misure a carattere preventivo di cui agli artt. 3, 4 e 6 della legge Ferrara. Le linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo (aggiornamento 2021) Si è già avuto modo di chiarire come la leg- ge Ferrara abbia in realtà predisposto sol- tanto strumenti di tutela extrapenale. Tra questi è possibile distinguere gli interventi di natura preventiva, la cui finalità è quella di contenere gli episodi di cyberbullismo, attra- verso azioni a carattere formativo-
21 Cass., Sez. Un. pen., 22 gennaio 2009, n. 22676, Ronci, in Cass. pen., 12/2009, 4585, con nota di A.
CARMONA, La “colpa in concreto” nelle attività illecite secondo le Sezioni Unite. Riflessi sullo statuto della colpa penale. Sulla medesima pronuncia, tra gli altri, R. BARTOLI, “Colpa” in attività illecita: un discorso ancora da sviluppare, in Dir. pen. proc., 1/2010, 55 ss.; A.TESAURO, Responsabilità dello spacciatore per la morte del tossicodipendente: le sezioni unite opta- no per la colpa in concreto, in Foro it., II/2009, 450 ss.
educativo22, e rimedi di natura cautelare- ripristinatoria, volti a “contenere” le conse- guenze dannose derivanti dalla condotta offensiva.
Tra i meccanismi preventivi a carattere ge- nerale23 vi è, anzitutto, il Piano di azione in- tegrato previsto dall’art. 3. Più nel dettaglio, il primo comma prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sia isti- tuito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo – composto da una pluralità di dicasteri, di autorità garanti, di associazioni a tutela dei diritti dei minori, di associazioni studentesche e di genitori, nonché di operatori della rete internet e di gestori di servizi di social networtk – con il precipuo compito di redigere un piano di azione integrato, anche in armonia con il diritto materiale dell’Unione Europea, e di realizzare un sistema di raccolta di dati fina- lizzato al monitoraggio dell’evoluzione dei fenomeni e, anche avvalendosi della colla- borazione con la Polizia postale e delle co- municazioni e con altre Forze di polizia, al controllo dei contenuti per la tutela dei minori (secondo comma). Il predetto piano, integra- to con il codice di co-regolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbulli- smo, a cui devono attenersi gli operatori che forniscono servizi di social network e gli altri
22 Cfr., ancora, C. GRANDI, Il “reato che non c’è”: le finalità preventive della legge n. 71 del 2017 e la rile- vanza penale del cyberbullismo, cit., 1441-1442 che evidenzia come le misure prefigurate dagli artt. 3 e 4 della Legge Ferrara risultino animate da finalità di prevenzione generale e sociale, da non confondere con la prevenzione generale speciale: mentre, infatti, quest’ultima è volta a distogliere gli individui da attivi- tà criminose anzitutto mediante la minaccia di una pena, la prima «intende promuovere l’adesione spon- tanea della generalità dei consociati ai valori sottesi all’ordinamento giuridico attraverso interventi di carat- tere educativo e culturale, ovvero attivando sistemi di controllo sociale, in primis famiglia e istituzioni scola- stiche».
23 In argomento, v. M. ALOVISIO, Gli strumenti di go- vernance previsti dalla L. 71/2017 (artt. 3-4-5-6), in Cyberbullismo alla luce della legge 29 maggio 2017, n. 71, cit., 50 ss.
operatori della rete internet (terzo comma), stabilisce le iniziative di informazione e di prevenzione del fenomeno del cyberbullismo rivolte ai cittadini, coinvolgendo primaria- mente i servizi socio-educativi presenti sul territorio in sinergia con le scuole (quarto comma). Al quinto comma, si prescrive inol- tre che la Presidenza del Consiglio dei Mini- stri, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e con l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni, predisponga periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sul fenomeno del cyberbul- lismo, avvalendosi dei principali media, non- ché degli organi di comunicazione e di stampa e di soggetti privati.
In secondo luogo, l’art. 4 assegna sempre al MIUR il compito di adottare e aggiornare con cadenza biennale le “linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyber- bullismo nelle scuole, anche avvalendosi della Polizia postale e delle comunicazioni”
(primo comma), le quali nel triennio 2017- 2019 hanno incluso la formazione del per- sonale scolastico, prevedendo la partecipa- zione di un proprio referente per ogni auto- nomia scolastica; la promozione di un ruolo attivo degli studenti, nonché di ex studenti che abbiano già operato all’interno dell’istituto scolastico in attività di peer edu- cation, nella prevenzione e nel contrasto del cyberbullismo nelle scuole; la previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti; un efficace sistema di governance diretto dallo stesso MIUR (secondo comma).
Al terzo comma si prevede che ogni istituto scolastico, nell’ambito della propria autono- mia, individui fra i docenti un referente con il compito di coordinare le iniziative di preven- zione e di contrasto del cyberbullismo, an- che avvalendosi della collaborazione delle Forze di polizia nonché delle associazioni e dei centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio. Le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, nell’ambito della propria au- tonomia e nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, devono promuovere
l’educazione all’uso consapevole della rete internet e ai diritti e doveri connessi all’utilizzo delle tecnologie informatiche, qua- le elemento trasversale alle diverse discipli- ne curricolari, anche mediante la realizza- zione di apposite attività progettuali o di pro- getti elaborati da reti di scuole in collabora- zione con enti locali, servizi territoriali, organi di polizia, associazioni ed enti (quinto com- ma).
Proprio di recente, con DM n. 18 del 13 gennaio 2021, emanato con nota 482 del 18 febbraio 2021, si è proceduto all’aggiornamento delle “linee di orientamen- to per la prevenzione e il contrasto del cy- berbullismo nelle scuole, anche avvalendosi della Polizia postale e delle comunicazioni”24. Più in particolare, i principali aggiornamenti rispetto alle linee di orientamento del 2017 hanno riguardato: a) strumenti utili e buone pratiche per contrastare i fenomeni del bulli- smo e cyberbullismo; b) un focus sul Proget- to Safer Internet Centre-Generazioni Con- nesse; c) l’analisi degli aspetti relativi alla formazione in modalità e-learning dei docen- ti referenti (Piattaforma ELISA – E-learning degli Insegnanti sulle Strategie Anti bullismo);
d) indicazioni di procedure operative per elaborare azioni efficaci, individuate a loro volta, in “prioritarie” e “consigliate”; e) possi- bili modelli di prevenzione su più livelli (uni- versale-selettiva e indicata) ed esempi di implementazione degli stessi; f) un invito a costituire Gruppi di Lavoro (Team Antibulli- smo e Team per l’Emergenza) a livello sco- lastico e territoriale, integrati all’occorrenza da figure specialistiche di riferimento, ricor- rendo ad eventuali reti di scopo; g) suggeri- menti di protocolli d’intervento per un primo esame dei casi d’emergenza; h) la ricogni- zione delle iniziative e impegni degli organi
24 L’aggiornamento è consultabile sul sito istituzionale del MIUR tramite il seguente link:
https://www.miur.gov.it/web/guest/linee-guida-
prevenzione-e-contrasto. Per un commento v. S.
STANCO, Le nuove linee di orientamento per la pre- venzione e il contrasto dei fenomeni di Bullismo e Cyberbullismo, in Diritto di Internet, 3 maggio 2021.
collegiali e del personale scolastico; i) l’utilizzo di spazi web dedicati sui siti scola- stici istituzionali in ottica di diffusione e rilan- cio della cultura del rispetto dell’altro; l) un’appendice con modello fac-simile di se- gnalazione di reato o situazioni di rischio ad altri organi competenti.
4. I rimedi “successivi” previsti dagli artt.
2, 5 e 7 della Legge Ferrara. La procedura di ammonimento di cui all’art. 8, d.l. n. 11 del 2009
Per quanto concerne, invece, i rimedi a ca- rattere ripristinatorio-cautelare, l’art. 2 della l.
n. 71 del 201725 attribuisce al minore ultra- quattordicenne, nonché a ciascun genitore o soggetto esercente la responsabilità del mi- nore che abbia subito un atto di cyberbulli- smo, il potere di inoltrare al titolare del trat- tamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei dati personali diffusi in rete. Qualora, entro le ventiquattro ore successive al ricevimento dell’istanza, il soggetto responsabile non abbia comunicato di aver assunto l’incarico di provvedere all’oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto, ed entro quarantotto ore non vi abbia provveduto, o comunque nel caso in cui non sia possibile identificate il titolare del trattamento il gestore del sito internet o del social media, l’interessato può rivolgere la medesima richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali, il quale, entro quarantotto ore successiva al ricevimento della richiesta, provvede ai sensi degli artt. 143 e 144 d.lgs.
n. 196 del 200326. Si tratta di uno strumento
25 In argomento, R. ABETI, La tutela della dignità del minore, l’istanza di rimozione e il ruolo del Garante Privacy, in Il Cyberbullismo alla luce della legge 29 maggio 2017, n. 71, cit., 42 ss. e F. SARZANA DI S.
IPPOLITO, I soggetti obbligati a oscurare, rimuovere o bloccare qualsiasi altro dato personale del minore diffuso su Internet (con conservazione dei dati origi- nali), nella nuova legge sul cyberbullismo, ivi, 11ss.
26 Si precisa che l’ultimo inciso del comma 1 dell’art. 2 permette la richiesta di oscuramento e di rimozione anche allorquando le condotte in questione, benché
“inibitorio” certamente efficace in un’ottica di contenimento degli effetti negativi derivanti dalla diffusione in rete del materiale multi- mediale, tale dunque da assicurare in tempi relativamente celeri il tanto agognato diritto all’oblio su internet27.
Di indubbia importanza è la prescrizione prevista dall’art. 5: il dirigente scolastico che venga a conoscenza di atti di cyberbullismo deve informare tempestivamente i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale ovvero i tutori dei minori coinvolti e deve attivare adeguate azioni di carattere educativo.
La disposizione si apre con la clausola di riserva “salvo che il fatto costituisca reato”
che richiede un necessario coordinamento con l’obbligo di cui all’art. 331 c.p.p., secon- do cui i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell’esercizio o a cau- sa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile d’ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito.
Muovendo dalla premessa per cui il dirigente scolastico è destinatario dell’obbligo ex art.
331 c.p.p., due sono le questioni che si pon- gono con maggiore evidenza28. In primo luogo, mentre la disposizione del codice di rito si riferisce ai soli reati perseguibili d’ufficio, la clausola di esclusione dell’art. 5 non distingue tra reati perseguibili a querela della persona offesa e reati perseguibili
rientranti nell’alveo della definizione di cui all’art. 1,
«non integrino le fattispecie di trattamento illecito di dati personali previste dall’art. 167 del codice in mate- ria di protezione dei dati personali di al decreto legi- slativo 30 giugno 2003, n. 196, né altre fattispecie criminose». Esprime forti perplessità sulla reale op- portunità di tale precisazione C. GRANDI,Il “reato che non c’è”: le finalità preventive della legge n. 71 del 2017 e la rilevanza penale del cyberbullismo, cit., 1442-1443.
27 Sulla tematica del diritto all’oblio, sufficiente in que- sta sede il rinvio all’opera collettanea Il diritto all’oblio su internet dopo la sentenza Google Spain, a cura di G. Resta e V. Zeno-Zencovich, Roma, 2015.
28 Critico sul punto C. GRANDI,Il “reato che non c’è”:
le finalità preventive della legge n. 71 del 2017 e la rilevanza penale del cyberbullismo, cit., 1442.
d’ufficio: ne deriva che non sussiste alcuna ragione di incompatibilità tra l’obbligo di de- nuncia e l’informazione tempestiva della fa- miglia del minore vittima di bullismo, affinché possano essere adottati tutti i provvedimenti a tutela dello stesso, a dispetto di ogni esi- genza di segretezza delle indagini investiga- tive. In secondo luogo, pare quantomeno dubbia l’utilità della clausola de qua, posto che solo in rarissime ipotesi la condotta del cyberbullo risulta penalmente irrilevante29. Da ultimo, l’art. 7 disciplina lo strumento dell’ammonimento al questore statuendo che: «fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli artt. 594 [abrogato, N.D.A.], 595 e 612 del codice penale e all’articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giu- gno 2003, n. 196, commessi, mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro mi- norenne, è applicabile la procedura di am- monimento di cui all’articolo 8, commi 1 e 2, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive modificazio- ni». La Legge Ferrara, detto altrimenti, opera sic et simpliciter un rinvio all’omonimo stru- mento di tutela apprestato per le vittime di atti persecutori, previsto, appunto, dall’art. 8 d.l. n. 11 del 2009 e successive modifiche, il quale enuclea «una strategia di intervento di stampo preventivo, che dovrebbe assicurare alla vittima una pronta ed efficace tutela nei confronti del suo molestatore assillante, an- che in considerazione del fatto che il pro- cesso penale, a causa della sua durata e della sua complessità, non sempre è il luogo in cui si riesce ad assicurare una protezione sufficientemente pronta ed efficace delle vittime degli atti persecutori; cosicché l’intervento dell’autorità di pubblica sicurezza è chiamato a svolgere un ruolo importante
29 Così M. ALOVISIO, L’informativa alle famiglie e i regolamenti delle istituzioni scolastiche (art. 5), in Il Cyberbullismo alla luce della legge 29 maggio 2017, n. 71, cit., 62 ss.
nella fase che precede l’attivazione del mec- canismo processuale»30. In breve, si tratta di uno strumento a finalità cautelare che non richiede l’accertamento “oltre ogni ragione- vole dubbio” della commissione del reato, essendo sufficiente il riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere, con un suf- ficiente grado di attendibilità, il comporta- mento persecutorio 31 , e che consiste nell’ingiunzione (recte diffida) da parte dell’autorità di pubblica sicurezza di tenere una condotta conforme alla legge e di rispet- tare le prescrizioni imposte. In relazione al provvedimento, è possibile promuovere i ricorsi sia in sede di giustizia amministrativa, sia in via gerarchica32.
Cercando di tirare le fila delle considerazioni svolte fino a questo momento, si può tentare una risposta all’interrogativo centrale relativo alla reale portata della legge n. 71 del 2017 nella prevenzione e nel contrasto al feno- meno del cyberbullismo.
L’impressione è quella per cui il legislatore abbia confezionato un sistema sufficiente- mente efficace di strumenti preventivi contro le condotte di cyberbullismo, evitando tutta- via una tutela “completa” a valle, ossia attra- verso la predisposizione di un arsenale pe- nalistico ad hoc. Il cyberbullismo si configura infatti come un fenomeno criminologico estremamente complesso, capace di pregiu- dicare diversi aspetti della personalità del minore (solo a titolo esemplificativo il diritto alla riservatezza, il diritto alla privacy e alla protezione dei dati personali, la libertà mora-
30 Così letteralmente G. DE SIMONE, Il delitto di atti persecutori, Roma, 2013, 188, al quale si rinvia an- che per un’indagine sulla natura giuridica dell’istituto de quo. In argomento, v. altresì A.M. MAUGERI, Lo stalking tra necessità politico-criminale e promozione mediatica, Torino 2010, 230 ss.
31 Cons. Stato, Sez. III, 22 febbraio 2012, n. 1069
32 Per più ampie considerazioni critiche sulla scelta di estendere l’istituto di cui all’art. 8, d.l. n. 11 del 2009 e successive modificazioni, anche al fenomeno del cyberbullismo, in relazioni ai delitti di ingiuria (abroga- to), di diffamazione e di minaccia si rinvia a C. GRAN- DI, Il “reato che non c’è”: le finalità preventive della legge n. 71 del 2017 e la rilevanza penale del cyber- bullismo, cit., 1443, 1444.
le, il diritto all’autodeterminazione, il diritto all’onore e alla reputazione, il diritto all’immagine, al diritto all’oblio, etc.).
Un’occasione mancata, dunque, quella del legislatore, laddove, invece, la straordinaria accelerazione subita dal progresso tecnolo- gico e le sempre più complesse esigenze della “modernità” avrebbero richiesto una incisiva attenzione alle forme più sofisticate e, quindi, più insidiose di intrusione da parte di terzi nella sfera privata del minore, attra- verso la descrizione di una fattispecie incri- minatrice che tenesse conto delle peculiari caratteristiche del fenomeno del “bullismo”, prima, e del cryberbullismo, poi.
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