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Aspetti fiscali della impresa agricola: le attività agricole per connessione

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Aspetti fiscali della impresa agricola: le attività agricole per connessione

di Isabella Buscema

Pubblicato il 30 settembre 2017

quali sono le cosiddette le attività connesse all’impresa agricola (manipolazione, commercializzazione e trasformazione) aventi ad oggetto prodotti agricoli acquisiti prevalentemente da terzi? Analizziamo come vanno tassati i redditi agricoli in base alle regole del Testo Unico

Premessa

L’attività di controllo del Fisco è indirizzata nei confronti di imprese che svolgono le cosiddette attività connesse (manipolazione, commercializzazione e trasformazione) aventi ad oggetto prodotti agricoli acquisiti prevalentemente da terzi.

Le attività essenzialmente agricole

Occorre differenziare l’attività essenzialmente agricola (la coltivazione del fondo, la selvicoltura e l’allevamento di animali) dall’attività agricola per connessione. L’art. 2135 c.c. statuisce che “è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”.

Le attività agricole per connessione

Chi esercita un’attività essenzialmente agricola rimane imprenditore agricolo anche se svolge, oltre a tale attività, una delle attività che si chiamano agricole per connessione. Le attività connesse, sono attività che nascono come commerciali e che per una fictio iuris, nel momento in cui sono esercitate da un imprenditore agricolo e rispettano determinati parametri predefiniti si considerano connesse con tutte le conseguenze che ne derivano. Le attività connesse sono di natura commerciali ma, per effetto di una finzione giuridica, vengono equiparate a quelle agricole. Un’attività si considera connessa solamente quando viene esercitata utilizzando prevalentemente1 prodotti provenienti da un’attività agricola per natura

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(coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali).

Si reputano connesse quelle attività che in sé agricole non sono (tanto che, se esercitate autonomamente, fanno acquistare la qualità di imprenditore commerciale), ma che, se svolte da chi esercita un’attività agricola essenziale, sono giuridicamente assorbite da questa (e perciò non fanno acquisire la qualità di imprenditore commerciale).

Nella circolare 14 maggio 2002 n. 44 l’Agenzia delle entrate ha sostenuto che l’utilizzo di prodotti acquistati presso terzi è ammesso al fine di migliorare la qualità del prodotto finale e di aumentare la redditività complessiva dell’impresa agricola; è il caso, ad esempio, dell’imprenditore vitivinicolo che acquista vino da taglio presso terzi per migliorare la qualità del proprio prodotto.

Tassazione catastale

Le attività agricole connesse possono essere considerate produttive di reddito agrario, e quindi assoggettate alla tassazione catastale, a condizione che siano contemplate nell’elenco contenuto in un apposito Decreto da aggiornare con cadenza biennale2.

E’ considerato agricolo il reddito che l’imprenditore realizza a seguito ad esempio della commercializzazione del vino derivante da un processo di lavorazione di uve ottenute in misura prevalente dalla coltivazione del fondo da lui stesso effettuata. Infatti, in tal caso trova applicazione la norma che prevede che le attività connesse e cioè quelle dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti rientrano nel reddito agrario, anche se non svolte sul terreno, purché:

· i beni e le attività rientrino in quelle previste da un apposito decreto emanato con cadenza annuale;

· i beni siano ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo.

Da ultimo occorre fare riferimento al Decreto 13.2.2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 62 del 16.3.20153.

Prevalenza

Sono attività oggettivamente connesse quelle dirette:

– alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente da un’attività agricola essenziale;

– alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata.

In entrambe le ipotesi si fa uso del concetto di prevalenza per delimitare il perimetro della connessione. Nel primo caso deve trattarsi di prevalenza dell’attività agricola essenziale su quella connessa; nel secondo deve trattarsi di prevalenza, nell’esercizio dell’attività connessa,

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delle attrezzature e delle risorse che normalmente sono impiegate nell’attività agricola essenziale. Ad esempio, in presenza di un’attività di servizi svolta utilizzando un trattore normalmente impiegato nell’attività agricola principale e una mototrebbiatrice normalmente non utilizzata per l’attività principale, il requisito della prevalenza andrà verificato sulla base del raffronto tra il fatturato ottenuto con l’utilizzo del trattore nell’attività di servizi per conto terzi (ad esempio, 40mila euro) e il fatturato ottenuto con la mototrebbiatrice (ad esempio, 35mila euro).

Nell’effettuare tale confronto, non possono essere annoverate fra le attrezzature “normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata” della propria azienda beni le cui potenzialità siano sproporzionate rispetto all’estensione dei terreni dell’imprenditore agricolo o che non siano necessari nello svolgimento delle sue colture4. Le attrezzature impiegate per le prestazioni di servizi devono essere le stesse utilizzate normalmente nell’azienda agricola (p.e. un agricoltore senza animali non può svolgere il servizio di smaltimento liquami per conto di terzi)5; le attrezzature utilizzate nelle attività di servizi devono essere impiegate prevalentemente nell’attività agricola.

Il limite, va ricercato nei criteri di:prevalenza6 dei servizi operati sul proprio fondo o sui propri prodotti rispetto a quelli resi a terzi7;attinenza dell’attività svolta, con l’attività agricola principale.

Diversa tassazione E’ possibile affermare che:

· l’attività di trasformazione e manipolazione di prodotti propri indicati nel decreto ministeriale è considerata attività agricola e la tassazione rientra nel reddito agrario;

· la trasformazione e manipolazione di prodotti agricoli acquistati da terzi, purché compresi tra quelli indicati nel citato decreto, è considerata come attività agricola e quindi si applica la tassazione in base al reddito agrario, purché vi sia integrazione con i prodotti propri e sia rispettato il criterio di prevalenza;

· l’attività di mera commercializzazione, conservazione e valorizzazione di prodotti acquistati presso terzi determina, invece, reddito d’impresa.

In mancanza della condizione della prevalenza, occorrerà distinguere il caso in cui l’attività connessa abbia ad oggetto beni che rientrano fra quelli elencati nel decreto ministeriale dal caso in cui riguardi beni diversi da questi ultimi.

Infatti, nella prima ipotesi opera la c.d. franchigia e, quindi, sono da qualificarsi come redditi agrari ai sensi dell’art. 32 i redditi rivenienti dall’attività di trasformazione dei prodotti agricoli nei limiti del doppio delle quantità prodotte in proprio dall’imprenditore agricolo (o, nel caso di acquisti per un miglioramento della gamma, nei limiti del doppio del valore normale delle

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medesime); i redditi ottenuti dalla trasformazione delle quantità eccedenti devono, invece, essere determinati in base alle regole in materia di reddito d’impresa ai sensi dell’art. 56 del Tuir.

Nel caso in cui l’attività di trasformazione o manipolazione riguardi beni che non rientrano fra quelli elencati nel citato decreto ministeriale, non essendo soddisfatto il requisito della prevalenza, esplicitamente richiesto dal menzionato art. 56 bis del Tuir, l’intero reddito prodotto costituisce reddito d’impresa da determinarsi analiticamente in base all’art. 56 del Tuir.

Attività rientranti tra quelle di cui al decreto 13.02.2015:

1. rispetto della prevalenza – assoggettamento a reddito agrario dell’attività connessa;

2. mancato rispetto della prevalenza – nel limite del doppio delle quantità prodotte in proprio dall’imprenditore agricolo o del valore normale delle stesse si ha reddito agrario, mentre, per l’eccedenza, il reddito sarà di impresa e quindi determinato analiticamente ex art.

56 del Tuir.

Attività non ricompresa nell’elenco di cui al decreto ministeriale:

1. rispetto della prevalenza – tassazione forfettizzata ex articolo 56-bis, comma 2 Tuir (COEFFICIENTE DI REDDITIVITA’ DEL 15%);

2. mancato rispetto della prevalenza – l’intero reddito è reddito di impresa.

Esempi

Nel caso dell’imprenditore agricolo che produce vini utilizzando anche uva acquistata presso terzi, ad esempio, è necessario, affinché possa mantenere lo status di imprenditore agricolo, che l’uva di produzione propria impiegata nel processo produttivo sia quantitativamente superiore a quella acquistata all’esterno.

In tal caso, quindi, l’intera attività di produzione e vendita del vino (effettuata anche attraverso la trasformazione di uva acquistata da terzi) viene qualificata come attività agricola e la tassazione viene regolata secondo le disposizioni che disciplinano il reddito agrario.

Nel caso di un imprenditore agricolo che trasforma uva nera di propria produzione e commercializza il vino rosso che ne deriva dopo un processo di imbottigliamento e che, contestualmente, acquista vino bianco da terzi già imbottigliato, il quadro fiscale è il seguente:

– limitatamente all’attività di produzione di vino rosso, il produttore è qualificato quale imprenditore agricolo e i redditi che ne derivano sono considerati redditi agrari;

– l’attività di vendita di vino bianco acquistato presso terzi (poiché non comporta alcuna attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione) è considerata attività commerciale, tassata secondo le disposizioni che regolano il reddito d’impresa.

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In conclusione, le sole attività di conservazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti (uva o vino) acquistati presso terzi (poiché tali attività non vengono esercitate congiuntamente ad un processo di trasformazione o manipolazione) non possono essere assoggettate al regime di determinazione del reddito agrario previsto dall’art. 32 del Tuir, ma vengono attratte nel regime di determinazione del reddito d’impresa.

Nel caso in cui un soggetto si occupi dell’acquisto di uve presso un imprenditore agricolo per la successiva rivendita al pubblico l’attività che ne risulta si qualifica come attività commerciale e, in quanto tale, assoggettata alle regole di determinazione del reddito d’impresa. Della stessa natura è il reddito che si origina dalla vendita di vino ottenuto dalla trasformazione di uve acquistate interamente presso terzi; in tale ipotesi, infatti, il soggetto che produce vino non svolge alcuna attività di natura agricola, né diretta (coltivazione del fondo), né connessa (produzione di vino con uva ottenuta prevalentemente dalla coltivazione del fondo svolta in prima persona), per cui mancano i presupposti affinché tornino applicabili le regole di determinazione del reddito agrario di cui all’art. 32 del Tuir. Ne deriva che l’attività in questione viene tassata secondo le disposizioni che regolano il reddito d’impresa. Di tipo commerciale è, inoltre, l’attività di vendita al pubblico di vino in bottiglia o alla mescita, quale l’attività esercitata dai commercianti al dettaglio o dalle enoteche. Anche in tale fattispecie, il reddito che ne deriva si qualifica come reddito d’impresa e segue, ai fini della tassazione diretta, le specifiche regole contenute nel Tuir.

Le attività con reddito d’impresa a determinazione forfetaria

Si applica l’art. 56-bis, c. 2, del D.P.R. 22/12/1986, n. 917, e non la tariffa di reddito agrario se le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti agricoli hanno per oggetto prodotti che sono ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento del bestiame ma che sono diversi da quelli elencati nel D.M. 13/2/2015.In questo caso il reddito è determinato applicando il coefficiente di redditività del 15% sull’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate (o soggette a registrazione) ai fini dell’IVA8. L’ articolo 56–bis del Tuir, prevede una tassazione agevolata mediante l’applicazione di un coefficiente di redditività da applicare all’ammontare dei corrispettivi conseguiti.

Si tratta, in particolare:

· delle attività connesse relative a prodotti non inclusi tra quelli indicati nel decreto ministeriale D.M. 13/2/2015, cui si applica il coefficiente di redditività del 15%;

· delle attività dirette alla fornitura a terzi di servizi effettuate mediante l’utilizzazione

prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola principale, cui si applica il coefficiente di redditività del 25%.

I PRODOTTI DI TERZI :REDDITO AGRARIO O REDDITO D’IMPRESA

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Le attività di trasformazione e commercializzazione svolte dall’imprenditore agricolo, possono avere per oggetto anche prodotti acquistati da terzi, alla condizione che:siano prevalenti9 i prodotti propri,;appartengano al medesimo comparto produttivo di quelli realizzati in proprio (es. zootecnico, carne o latte; orticolo; frutticolo…)10. Per i prodotti agricoli acquistati da terzi e commercializzati , manca la connessione con l’attività agricola principale esercitata per cui il reddito si determina mediante la differenza tra i ricavi ed i costi cioè secondo quanto è disposto dall’art. 56 del Tuir.

La semplice commercializzazione di prodotti altrui è del tutto priva di ogni legame di strumentalità e complementarietà con l’attività di coltivazione del fondo o di allevamento ; pertanto essa non ha natura agricola11. Al contrario la trasformazione del proprio prodotto con l’aggiunta anche di prodotti di terzi necessari per miglioralo , assume una funzione strumentale all’attività di produzione . Ha natura agricola la trasformazione del vino anche con l’aggiunta di altro vino acquistato in misura non prevalente presso terzi.

Analogamente la produzione di conserve o di marmellate giustifica l’acquisto all’esterno di prodotti. Invece per un florovivaista la rivendita di piante e fiori acquistati presso terzi, senza che si sia verificato un incremento qualitativo ha sempre natura commerciale poiché e’

inverosimile che i prodotti propri non fossero vendibili senza la commercializzazione di altri prodotti. L’attività di manipolazione può conferire tuttavia al prodotto natura agricola; quindi se il produttore acquista piante e poi procede allo svasamento , alla potatura ovvero se attribuisce alla pianta una forma diversa l’attività ha natura agricola. Nella circ. n. 44/E del 15 novembre 2004, l’Agenzia delle entrate cita l’esempio del produttore di radicchio che acquista radicchio da terzi e, dopo la pulitura ed il confezionamento, lo rivende insieme a quello proprio.

Utilità del tutto indipendenti dall’impresa agricola o comunque prevalenti rispetto ad essa

Nell’attività dell’impresa agricola rientrano, oltre alla coltivazione del fondo, anche le lavorazioni connesse12, complementari ed accessorie dirette alla trasformazione ed alienazione dei prodotti agricoli, purché, però, sia riscontrabile uno stretto collegamento fra l’attività agricola principale e quella di trasformazione dei prodotti, come finalizzata all’integrazione od al completamento dell’utilità economica derivante dalla prima secondo il naturale svolgimento del ciclo produttivo.Si deve, invece escludere questo vincolo di strumentalità o complementarietà funzionale quando l’attività dell’imprenditore, oltre a perseguire finalità inerenti alla produzione agricola, risponda soprattutto ad altri scopi, commerciali o industriali, e realizzi quindi utilità del tutto indipendenti dall’impresa agricola o comunque prevalenti rispetto ad essa (Cass., sez. un., 13 gennaio 1997, n. 265; Cassazione 21 gennaio 2013, n. 1344).

Ai fini tributari, l’attività di commercializzazione dei prodotti svolta da un’impresa, per essere considerata agraria per connessione, deve riguardare, almeno prevalentemente, i prodotti propri dell’impresa agricola e non assumere dimensioni tecnico-organizzative tali da assurgere ad attività del tutto autonoma; in nessun caso, inoltre, l’attività di commercializzazione di prodotti acquistati da terzi può considerarsi agraria per connessione, se su detti prodotti l’imprenditore, prima di operarne la rivendita, non esegua alcun intervento (ad esempio, di manipolazione o di trasformazione) idoneo ad inserire in qualche modo i prodotti stessi nel proprio ciclo intermediario per la collocazione sul mercato di prodotti di altri imprenditori, realizzando utilità del tutto indipendenti dall’impresa agricola o comunque prevalenti rispetto ad essa (Cass. 10 aprile 2015, n. 7238).

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ONERE PROBATORIO

Spetta al fisco l’onere prima di allegare e provare nel giudizio di merito che l’attività di commercializzazione di prodotti di terzi è prevalente e/o che l’attività di lavorazione e commercializzazione dei prodotti dei soci travalichi i limiti previsti, realizzando utilità indipendenti o prevalenti rispetto all’attività agricola.

29 settembre 2017 Isabella Buscema

1 Ai fini della verifica della prevalenza il profilo qualitativo è definito esclusivamente con riferimento alla provenienza dei prodotti, senza che assuma alcun rilievo la qualità e, quindi, il valore economico degli stessi, elementi completamente ignorati dal legislatore; quindi, per quanto riguarda il profilo quantitativo, il riferimento alla “metà” dei prodotti non consente una interpretazione diversa da quella riferibile al calcolo quantitativo, secondo l’unità di misura utilizzata per il prodotto in discussione, stante la assenza di criteri ulteriori e diversi che ricolleghino il concetto di metà, non già alla quantità, ma al valore. In altri termini, “nessun elemento normativo consente di ritenere che la prevalenza quantitativa del prodotto possa essere stimata mediante raffronto tra il valore economico dei prodotti utilizzati” (Corte di Cassazione sentenza n. 18071 del 21 luglio 2017; cfr. Sentenza n. 4 dell’ 8 gennaio 2010, ud. 22 ottobre 2009, CTR, Pescara, Sez. X – secondo cui l’esercizio della attività connesse all’agricoltura può dar luogo ad una qualificazione complessiva in reddito d’impresa del reddito prodotto dall’azienda agricola soltanto se viene meno il carattere agricolo dell’attività, con conseguente inquadramento nell’impresa commerciale; il che si realizza, esclusivamente se non è soddisfatto il limite qualitativo “dell’esercizio normale dell’agricoltura secondo la tecnica che lo governa“).

2 In tema di imposte sui redditi, le attività agricole vanno qualificate come connesse quando ricorrono le condizioni previste dall’art. 2135 c.c. ovvero quando i prodotti conseguenti ricadono tra quelli individuati dal decreto ministeriale emesso con cadenza periodica ai sensi dell’art. 32, c. 2, lett. c, del d.P.R. n. 917 del 1986, per cui, qualora l’attività oggetto di verifica fiscale ed i relativi prodotti (nella specie, pane e altri prodotti da forno) non siano sussumibili nell’ambito applicativo dell’art. 2135 c.c. o, alla luce del decreto ministeriale vigente ratione temporis, dell’art. 32 del d.P.R. n. 917 del 1986, è esclusa anche l’operatività del regime fiscale forfettario di cui all’art. 56 bis, c. 2, del d.P.R. n. 917 del 1986 e si applica quello ordinario (Cass. civ. Sez.

V, 22-04-2016, n. 8128)

3 Il Decreto 13.02.2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 62 del 16.03.2015, ha ampliato notevolmente l’elenco delle attività connesse ricomprendendo:la produzione di paste alimentari fresche e secche; la produzione di sciroppi di frutta;la manipolazione dei prodotti derivanti dalla silvicoltura (segagione e riduzione in tondelli, tavole, travi e altri prodotti similari compresi i sottoprodotti, i semilavorati e gli scarti di segagione delle piante).

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4 Secondo la risoluzione n. 17 del 15 febbraio 2005 dell’Agenzia delle Entrate qualora l’attività di produzione di energia elettrica venga svolta con mezzi non impiegati nell’attività agricola, ne consegue che si è in presenza di un’attività commerciale soggetta al seguente trattamento: i redditi, non essendo riconducibili nella categoria dei redditi agrari o dei redditi forfetizzati, sono tassabili analiticamente come redditi d’impresa ai sensi dell’art. 56 del Tuir.

5 La circolare n 44/2004 ammette la possibilità di utilizzare delle attrezzature non utilizzate normalmente nella azienda agricola purchè il loro impiego, misurato in base al fatturato, sia inferiore.

6 La Legge 350/2003 (finanziaria per il 2004) ha introdotto nuove regole per la determinazione del reddito agrario, ampliando la gamma delle attività considerate agricole per connessione e prevedendo una nuova modalità di determinazione del reddito di impresa per le attività che eccedono i limiti di reddito agrario. Il reddito agrario, pertanto, non viene più calcolato facendo riferimento alla nozione di “esercizio normale dell’agricoltura“, ma sulla base del criterio di prevalenza, in base al quale si devono considerare attività agricole per connessione tutte quelle attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento a particolari beni individuati ogni due anni con apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze (Sentenza n. 159 del 2 ottobre 2012 della CTR Palermo, Sez. XXIV).

7 Si pensi alla aratura per 50 ore nella azienda e 49 ore presso terzi oppure si pensi alla superficie di terreno lavorata o alla quantità di gasolio consumato.

8 Secondo la circolare 15/11/2004, n. 44/E, “alle attività di trasformazione e manipolazione di prodotti diversi da quelli sopra elencati (n.d.r. indicati ora nel D.M. 13/2/2015) si applicherà il regime forfetario previsto dall’art. 56-bis, comma 2” citato.

9 Ai sensi dell’art. 29, c. 2, del TUIR, sono considerate attività agricole, “c) le attività dirette alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ancorché non svolte sul terreno, che rientrino nell’esercizio normale dell’agricoltura secondo la tecnica che lo governa e che abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno e dagli animali allevati su di esso”. Il riferimento alla “metà” dei prodotti non consente un’interpretazione diversa da quella riferibile al calcolo quantitativo, secondo l’unità di misura utilizzata per il prodotto in discussione, stante la assenza di criteri ulteriori e diversi che ricolleghino il concetto di metà, non già alla quantità, ma al valore (Cassazione Ordinanza n.

18071 del 21 luglio 2017, udienza 3 maggio 2017). Le attività di manipolazione, trasformazione e alienazione debbono avere per oggetto prodotti agricoli o zootecnici ottenuti per almeno la metà sul terreno. Il limite quantitativo è giustificabile in quanto la rendita catastale è determinata con riferimento ai prodotti ottenibili dal fondo e perde, quindi, di significatività nella misura in cui l’attività agricola comprende la trasformazione e l’alienazione di prodotti non ottenuti tramite il fondo stesso. Se nell’arco dell’esercizio sociale i prodotti agricoli o zootecnici

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ottenuti dal proprio fondo sono inferiori quantitativamente ai prodotti di terzi, l’impresa fuoriesce dal reddito agrario per entrare nel reddito d’impresa. Non sono agricole, ma commerciali, le grandi imprese di trasformazione (caseifici, oleifici, imprese conserviere): queste imprese infatti non si limitano a trasformare prodotti prevalentemente propri.

10 La circolare n. 44 del 14 maggio 2002, ha chiarito che, in linea generale, la prevalenza può essere misurata in termini di quantità o di valore: il primo parametro (quantità) può essere utilizzato se i beni da porre a confronto risultano omogenei (ad esempio, trasformazione in marmellate di mele prodotte e mele acquistate).

Se, invece, i beni non sono omogenei, il criterio più idoneo è quello del valore (ad esempio, trasformazione in marmellate di mele prodotte e pere acquistate da terzi). E necessario procedere ad un confronto in termini quantitativi fra i prodotti ottenuti dall’attività agricola principale ed i prodotti acquistati da terzi, confronto che potrà effettuarsi solo se riguarda beni appartenenti allo stesso comparto agronomico e della stessa specie (circolare n.

44/e/2002). Successivamente, la circolare 44/E/2004, confermando quanto affermato nella precedente circolare del 2002, precisa, tuttavia, come nell’ipotesi in cui “l’imprenditore effettui acquisti di prodotti presso terzi al fine di un miglioramento della gamma dei beni offerti, non potendo confrontarsi quantità relative a beni di specie diversa (ad esempio, mele con pere, pomodori con cipolle) la condizione della prevalenza andrà verificata confrontando il valore normale dei prodotti agricoli ottenuti dall’attività agricola principale e il costo dei prodotti acquistati da terzi”.

11 Un agricoltore che produce 100 quintali di ciliegie e ne acquista 50 per rivenderle con le proprie allo stato originario , per la parte acquistata produce reddito d’impresa. L’acquisto e la rivendita di vino bianco imbottigliato da parte di un produttore di vino rosso va classificata come commerciale .

12 Macellazione di animali allevati prevalentemente sul proprio fondo; trasformazione di frutta e di pomodori in conserve; trasformazione delle mele in sidro; trasformazione dell’uva e frutta in marmellata; raffinamento dell’olio; macellazione e vendita di carni; raffinazione e confezione di cera e miele; brillatura del riso; pastorizzazione, imbottigliamento del latte; trasformazione in carbone del legname proveniente dal taglio dei propri boschi.

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